Cos’è la green economy e quali politiche sono state adottate?

A chi non è mai capitato di sentire parlare di Green Economy? Molto probabilmente tutti almeno una volta abbiamo sentito questa espressione e di fatto, vista che ad essa sono collegati anche incentivi, ci siamo chiesti di cosa si tratta esattamente. Cercheremo quindi di capire di cosa si tratta e quali vantaggi può portare.

Le definizioni di green economy

Dalla definizione data da Oxford Languages emerge che si tratta di un: modello di economia che mira alla riduzione dell’impatto ambientale mediante provvedimenti in favore dello sviluppo sostenibile, come l’uso di energie rinnovabili, la riduzione dei consumi, il riciclaggio dei rifiuti.

L’enciclopedia Treccani ci dice qualcosa di più: “ In particolare la green economy è una forma economica in cui gli investimenti pubblici e privati ​​mirano a ridurre le emissioni di carbonio e l’inquinamento, ad aumentare l’efficienza energetica e delle risorse, a evitare la perdita di biodiversità e conservare l’ecosistema. Tali investimenti devono essere supportati dalla spesa pubblica, da riforme politiche e da cambiamenti delle regole miranti a mantenere, migliorare e, se necessario, ricostruire il capitale naturale come un bene economico di importanza critica.”

Come si nota dalla definizione Treccani, vi è un coinvolgimento pubblico e privato volto a migliorare le condizioni ambientali e conservare l’ecosistema attraverso una serie di attenzioni a numerosi fattori. La green economy richiede un cambiamento radicale del modo in cui ognuno di noi immagina il mondo produttivo e la vita quotidiana, attraverso un ripensamento globale della produzione e dello stile di vita che deve diventare sempre più sostenibile, teso a proteggere l’ambiente in cui si vive e la biodiversità.

Come sono adottate le politiche di  economia verde?

Per poter adottare politiche di green economy è quindi necessario, prima di fare investimenti, capire l’impatto ambientale che questi possono avere e come invece modificare l’impianto iniziale dei propri progetti al fine di ridurre l’inquinamento che si potrebbe produrre. Ad esempio utilizzando fonti energetiche alternative e rinnovabili, oppure riducendo il packaging dei prodotti, utilizzando materiali riciclati e simili iniziative che possono contribuire a ridurre le emissioni inquinanti.

Abbiamo però visto in precedenza che l’impegno verso la green economy deve essere dei privati, ma vi deve essere anche un impegno pubblico e non è detto che debba essere solo economico, infatti vi sono diverse norme che mirano ad incentivare comportamenti consapevoli e ridurre l’inquinamento, come il divieto di vendita di prodotti in plastica monouso previsto dal decreto legislativo 196 del 2021 .

Ulteriori misure di green economy sono quelle previste dal piano di transizione 4.0.

I vantaggi della green economy

Riduzione dei costi

I vantaggi della green economy sono numerosi e di diversa natura, proprio per questo nel breve periodo una conversione dell’economia può sembrare un costo, ma in realtà nel lungo periodo i vantaggi sono davvero maggiori rispetto ai costi.  La green economy può convertirsi in risparmio: riciclare vuol dire avere comunque un minore bisogno di materie prime e quindi allo stesso tempo una maggiore disponibilità a fronte di una domanda più bassa, questo si traduce anche in un costo minore delle materie prime, infatti lo stesso è determinato dall’equilibrio/squilibrio tra offerta e domanda di un determinato prodotto.

Sprecare meno vuol dire anche che diminuisce il costo della gestione dei rifiuti, infatti la green economy tende a ridurre la produzione di scarti, anche questo naturalmente si traduce in risparmio.

Crescita di posti di lavoro

La green economy porta anche alla nascita di nuovi posti di lavoro, anche denominati green jobs, si tratta di lavori connessi alle attività principali, ad esempio: addetti al recupero di rifiuti speciali, come possono essere i metalli presenti in molti dispositivi elettronici; lavoratori impegnati nel riciclo, in agricoltura. Molteplici figure professionali sono richieste nel settore delle energie rinnovabili. Tra i professionisti sempre più ricercati ci sono gli esperti in bioarchitettura, cioè specializzati nella progettazione basata sull’uso esclusivo di materiali di costruzioni e arredi “verdi” in quanto realizzati con materiali naturali (lana, legno, sughero, paglia) e in grado di ridurre i consumi energetici andando quindi a ridurre l’impatto energetico del fabbricato.

Tutela della salute

La green economy è in grado di migliorare la vita di ognuno di noi, infatti, non vi sono solo vantaggi economici legati a nuove professioni e al risparmio energetico, ma anche e soprattutto un miglioramento delle condizioni di vita e di salute. L’inquinamento si traduce in problemi alla salute, sia sotto forma di problemi all’apparato respiratorio dovuti alla presenza di polveri sottili nell’aria, sia problemi all’apparato gastro-intestinale messo a dura prova dall’uso di pesticidi in agricoltura, dalle piogge acide dovute all’inquinamento e dalla scarsa qualità in genere del cibo che mangiamo che viene in vari modi contaminato dall’inquinamento.

Premio Invitalia per l’imprenditorialità: studenti pronti alla sfida

L’impresa vive nei giovani talenti e il Premio Invitalia per l’imprenditorialità mira a trovare nuovi talenti con idee innovative da premiare e magari aiutare nel raggiungimento di un sogno. Ecco chi può partecipare al concorso e tutte le caratteristiche.

Cos’è il Premio Invitalia per l’imprenditorialità e a chi è rivolto

Il Premio Invitalia per l’imprenditorialità è rivolto ai giovani studenti universitari, non è prevista l’iscrizione a particolari facoltà o corsi di studio, tutti gli studenti universitari possono mettersi alla prova. Il concorso è svolto in collaborazione con l’Accademia Italiana di Economia Aziendale – AIDEA e può portare alla vincita di 3.000 euro per il vincitore e per il team primo classificato, inoltre sarà data l’opportunità di fare un Experience Tour presso un incubatore/acceleratore nazionale per incontrare startupper e imprenditori. Infine, Invitalia aiuterà il vincitore a realizzare il progetto attraverso uno dei suoi incentivi per le imprese.

L’obiettivo è sensibilizzare i giovani verso il nuovo modo di fare impresa e fare in modo che siano a conoscenza dei vari strumenti che possono utilizzare per finanziare le loro idee, ad esempio mira alla conoscenza dei bandi:

Cosa deve fare chi vuole partecipare al Premio Invitalia per l’imprenditorialità?

Naturalmente per poter partecipare è necessario presentare un progetto imprenditoriale, ci sono però dei “paletti” da seguire. La prima cosa da sottolineare è che il progetto deve riguardare la Green Economy, quindi l’idea deve contribuire a ridurre l’impatto ambientale, favorire la transizione al verde, aumentare la durata media dei beni che si producono, ridurre la produzione di rifiuti o comunque avere un impatto green.

Il progetto imprenditoriale può riguardare esclusivamente 4 settori:

  1. industriale/manifatturiero;
  2. turismo;
  3. trasformazione di prodotti agricoli;
  4. servizi alle imprese e alle persone.

La proposta e la sua documentazione deve tenere in considerazione la capacità di perseguire specifici obiettivi delineati nella Nuova Agenda Sviluppo Sostenibile di ONU Italia.

Gli obiettivi da perseguire sono:

  • Obiettivo 7 – Energia pulita e accessibile
    Obiettivo 12 – Consumo e produzione responsabile
    Obiettivo 13 – Agire per il clima

Contenuto del progetto imprenditoriale

Il progetto di impresa deve avere una lunghezza massima di 20 pagine, può comprendere testo, grafici, tabelle, deve però essere in forma anonima, cioè nel documento non deve essere data indicazione circa l’autore e l’università di provenienza.

All’interno della descrizione del progetto è essenziale inserire alcuni dati

  • segmento e target della clientela (persone fisiche, aziende pubbliche, imprese, insomma deve essere indicato a quali soggetti è destinato il servizio o il prodotto che l’impresa dovrebbe realizzare);
  • canali di distribuzione e di vendita (franchising, grande distribuzione, vendita online…);
  • attività chiave;
  • partner strategici e risorse disponibili;
  • budget economico triennale in forma sintetica;
  • flussi di ricavi ed entrate (naturalmente in base alle stime);
  • relazioni con i clienti e attività di marketing che si dovrebbero intraprendere;
  • value proposition, cioè la proposta di valore innovativo che è oggetto dell’attività, indica i vantaggi che i consumatori possono ottenere attraverso il servizio o il prodotto dell’impresa (naturalmente come visto all’inizio siamo nell’ottica della green economy).

Deve quindi trattarsi di un adeguato progetto imprenditoriale caratterizzato da fattibilità, ricordiamo che i partecipanti devono anche indicare un percorso di incentivi da sfruttare tra quelli proposti da Invitalia.

Le fasi del Premio Invitalia per l’imprenditorialità rivolto agli studenti universitari

Il progetto per partecipare al Premio Invitalia per l’imprenditorialità rivolto agli studenti universitari deve essere presentato entro le ore 12:00 del primo luglio 2022.

Le 15 migliori proposte potranno partecipare a un hackathon, cioè un evento a cui parteciperanno diversi esperti nell’ambito della Green Economy e al termine di questo evento saranno indicati 5 finalisti che si confronteranno in un evento conclusivo dal quale uscirà il vincitore.

La proposta può essere inviata tramite la pagina https://www.premioimprenditorialita.it/sp/invia-proposta.3sp

 

 

Green economy, motore anti-crisi

Una delle più efficaci risposte alla crisi di questi ultimi anni è stata sicuramente la green economy, che ha saputo sensibilizzare nei confronti di innovazione, ma anche all’utilizzo consapevole di energia e materia, e che viene abbracciata sempre più frequentemente da aziende grandi e piccole.
A confermarlo sono i dati di GreenItaly 2017, rapporto realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere.

Ad oggi, sono 355mila le aziende italiane, pari al 27,1% del totale, ad aver deciso di investire in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2.
Questa percentuale aumenta se si considera l’industria manifatturiera, con punte del 33,8%, tanto da rendere il Made in Italy ancora più competitivo e quindi in grado di garantire una costante crescita delle esportazioni e del fatturato.

Ovviamente, l’avvento della green economy ha portato alla creazione di nuovi posti di lavoro “verdi” che, ad oggi, sono 2 milioni 972mila, che corrispondono al 13,1% dell’occupazione complessiva nazionale, destinata a salire ancora entro dicembre, poiché sono in arrivo altri 320 mila green jobs e, considerando anche le assunzioni per le quali sono richieste competenze green, si aggiungono altri 863 mila occupati.
La green economy genera anche ricchezza, poiché i green jobs hanno contribuito, e continueranno a farlo, alla formazione di 195,8 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 13,1% del totale complessivo.

Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, ha commentato così questi risultati: “Emerge con sempre maggiore forza, la necessità di un’economia più sostenibile e a misura d’uomo e per questo più forte e competitiva. Lo si evince anche dal Nobel nuovamente dato ad un economista atipico che riflette sulle persone e sulle comunità: quest’anno a Richard Thaler che, con le sue teorie, ha spiegato come i tratti umani incidono le decisioni individuali e gli esiti del mercato. Per andare in questa direzione occorre un’economia che incroci innovazione e qualità con valori e coesione sociale; ricerca e tecnologia con design e bellezza, industria 4.0 e antichi saperi. La green economy è la frontiera più avanzata per cogliere queste opportunità. È l’Italia che fa l’Italia, che non dimentica il passato ma che è insieme innovativa e promettente oltre i luoghi comuni, in grado di affrontare le sfide del futuro, un Paese di cui andare fieri e cui dare credito”.

Ha aggiunto Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere: “Questo rapporto che sviluppiamo insieme a Symbola conferma che la green economy è da anni sinonimo di competitività. Perché è capace di coniugare tradizione e innovazione, qualità e bellezza, coesione e cura dei dettagli, rispetto dell’ambiente e crescita sostenibile. E questo connubio si traduce per le imprese che abbracciano la scelta “verde” in migliori performance in termini di ordinativi, presenza all’estero e propensione ad assumere, in particolare nell’area “R&S. Per questo conviene seguire la strada green per accelerare una crescita sostenibile, moderna e innovativa, del sistema Paese. Un tema strettamente legato al Piano Nazionale Impresa 4.0, al quale le Camere di commercio daranno il proprio contributo attraverso la costituzione di 77 Punti di impresa digitale (Pid) per diffondere la conoscenza di base sulle tecnologie”.

Le imprese green sono anche più propense ad investire in ricerca, tanto che nell’anno in corso la diffusione della divisione ricerca e sviluppo tra le medie imprese manifatturiere che hanno investito in prodotti e tecnologie green nel triennio 2014-2016 è a quota 27%, contro il 18% delle non investitrici.
E questo porta inevitabilmente ad un consistente incremento dell’export, aumentato nel 49% dei casi, rispetto al 33% di quelle che non investono nel verde.
Le imprese green dunque hanno visto il loro fatturato aumentare, tra il 2015 e il 2016, nel 58% dei casi, contro il 53% degli altri casi.

Le aziende green, inoltre, si dimostrano più propense non solo ad assumere ma anche ad investire in formazione, poiché è ancora difficile reperire sul mercato le figure ricercate, trattandosi di professionisti con esperienza ed un livello di qualificazione più elevato.
A livello contrattuale, si tratta nel 46% dei casi di assunzioni a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda la diffusione in Italia delle imprese green, la Lombardia è la prima per numero di aziende che investono nel settore, e per la precisione sono 63.170. Seguono il Veneto con 35.370 unità, il Lazio con 30.020 imprese green, l’Emilia-Romagna a quota 29.480 e la Toscana con 29.340. Quindi troviamo il Piemonte con 24.470, la Campania (24.230), la Sicilia (23.940), la Puglia (22.070) e Marche (9.820).
A livello provinciale, in termini assoluti, Milano e Roma guidano la graduatoria staccando nettamente le altre province italiane grazie alla presenza, rispettivamente, di 22.300 e 20.700 imprese che investono in tecnologie green. In terza, quarta e quinta posizione, con oltre 10.000 imprese eco-investitrici si collocano Napoli, Torino e Bari.

La Lombardia è prima anche per assunzioni programmate di green jobs e se ne contano in tutti 81.620, pari a poco più di un quarto del totale nazionale (25,7%), seguita a distanza dal Lazio, con 35.080 assunzioni (11% del totale nazionale), dall’Emilia Romagna con 32.960 di green jobs (10,4%), quindi da Veneto a quota 30.940 e Piemonte con 24.340. Troviamo quindi la Campania (17.680), la Toscana (16.470), la Puglia (14.300), la Sicilia (12.250) e la Liguria (9.300).
In questo caso, le prime province sono Milano, con 42.910 assunzioni, e Roma, con 29.480. In terza posizione c’è Torino, dove la domanda di green jobs è di 15.070 unità, quarta Napoli con 9.670 assunzioni, quinta Brescia con 9.110 assunzioni.

Vera MORETTI

Il lavoro? È green

Non è un mistero che la cosiddetta green economy, quella legata ai settori che ruotano intorno ad ambiente, riciclo ecc…, sia un buon bacino di opportunità professionali. Lo conferma GreenItaly 2016, settima edizione del rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con Conai e con il patrocinio del ministero dell’Ambiente.

Secondo i dati contenuti nel rapporto, gli occupati che applicano competenze green al proprio lavoro sono in Italia 2milioni 964mila, pari al 13,2% dell’occupazione nazionale.

Scendendo nel dettaglio, il 2016 dovrebbe vedere quasi 250mila nuovi occupati, tra i cosiddetti green jobs e gli impiegati con generiche competenze verdi. Una cifra pari al 44,5% della domanda di lavoro non occasionale, che arriva fino al 66% nella ricerca e sviluppo.

Interessante la stabilità che presentano le posizioni lavorative legate all’ambiente: il 53,4% di nuove assunzioni è infatti a tempo indeterminato per questi lavori, il 38% nelle altre posizioni generiche.

Nel comparto delle costruzioni è più forte la domanda di green jobs, con circa il 34% delle assunzioni previste per il 2016, mentre si stima che per il 2015 le professioni green peseranno sul totale del Pil italiano per circa il 13%, con un giro d’affari di oltre 190 miliardi di euro.

In Italia, la Lombardia è la regione nella quale si assumerà il maggior numero dei professionisti green, quasi 20mila, pari al 27,6% del totale nazionale. Seguono il Lazio (9mila assunzioni, 12,2% del totale nazionale), il Veneto (6.400, 8,9%), l’Emilia Romagna, il Piemonte (5mila), la Campania e la Sicilia (circa 4.000).

Enel si “rimangia” Enel Green Power

Prima la molla, poi la riprende. Sembra questo il destino che lega Enel a Enel Green Power, dal momento che la controllante si riporterà in casa la controllata. La notizia, prima anticipata dal giornale spagnolo El Confidencial, ha ora trovato fondamento in una nota congiunta delle due società.

I consigli di amministrazione di Enel ed Enel Green Power – si legge nel testo – hanno avviato l’esame di un’ipotesi di integrazione societaria delle attività di Egp all’interno di Enel, in relazione alla quale hanno provveduto alla individuazione di consulenti legali e finanziari“.

Tale ipotesi di integrazione – continua la nota – non prevede l’effettuazione di alcuna offerta pubblica di acquisto e/o di scambio avente ad oggetto azioni Egp da parte di Enel. Enel ed Egp provvederanno ad informare tempestivamente il mercato delle deliberazioni che dovessero essere adottate dai rispettivi Consigli di Amministrazione in merito all’indicata ipotesi di integrazione“.

L’approvazione dell’operazione dovrebbe avvenire a novembre e le assemblee delle due società dovrebbero riunirsi a inizio gennaio per completare il passaggio entro il mese di marzo 2016. L’operazione porterebbe così al delisting di Egp da Piazza Affari, dove aveva debuttato 5 anni fa, a novembre 2010.

Dietro questa strategia di Enel potrebbe esserci il fatto che, nella sua vita in Borsa, Egp non ha mai brillato più di tanto: dopo il debutto a 1,60 euro per azione, i titoli non sono mai saliti oltre quota 1,95 euro. Sembra però più plausibile il fatto che, con questa operazione, Enel voglia ottimizzare le proprie risorse alla luce delle sfide che dovranno affrontare nei prossimi anni le utility europee e mondiali, oltre a rimettere un piede in maniera decisa nel campo delle rinnovabili, il cui sviluppo, a oggi, è travolgente. Non è un caso che la quota del fatturato di Enel Green Power su quello totale della controllante sia arrivato oggi a oltre il 30%.

Un milione di euro per le pmi green

Cloros, Energy Service Company, ha deciso di mettere a disposizione delle piccole e medie imprese che puntano sulla sostenibilità per essere competitive, un milione di euro per diventare ancora più efficienti.

Questa iniziativa è sostenuta in partnership con Symbola, Fondazione per le qualità italiane, e prevede una selezione dei migliori progetti candidati non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche in base alla capacità di rappresentare il Made in Italy in maniera concreta ed originale.

Riccardo Caliari, Amministratore Delegato di Cloros, ha presentato il progetto: “Creatività, soluzioni su misura, innovazione. E, certamente, efficienza. La forza del Made in Italy sta qui. Ma la crisi e le difficoltà di accesso al credito non aiutano certo le imprese a investire per essere competitive. Cloros è una E.S.Co che crede nelle eccellenze italiane e ha deciso di dedicare il progetto proprio alle Piccole e Medie Imprese perché crede nella forza del nostro Paese e nei suoi talenti. E per fare questo non potevamo che scegliere di affiancarci a un partner autorevole come Symbola, la fondazione che seleziona e promuove le qualità italiane”.

Ermete Realacci, presidente di Symbola, ha aggiunto: “La green economy già oggi in Italia significa non solo qualità ambientale, benessere per i cittadini, ma competitività. Lo hanno capito quelle 341.500 aziende italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti (un quinto circa del totale) che dal 2008, in piena crisi, hanno investito in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Un dato che sale al 33% nell’industria manifatturiera”.

I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti, poiché nella manifattura il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2013, mentre tra le non investitrici è successo solo nel 17,5% dei casi.
Inoltre, le imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti sono anche più forti all’estero: il 44% esporta stabilmente, contro il 24% di quelle che non investono.

La cifra di 1 milione di euro messa a disposizione da Cloros sarà impiegata per finanziare interventi tecnologici finalizzati alla riduzione dei consumi energetici nei processi produttivi delle aziende italiane, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2.
Gli interventi saranno realizzati attraverso l’innovativo meccanismo del contratto a prestazione energetica garantita o Energy Performance Contract (EPC): il risparmio energetico generato viene condiviso tra l’impresa, che vede ridurre da subito il costo in bolletta, e Cloros, che lo utilizza per recuperare il capitale investito (in massimo 5 anni).

Gli interventi finanziabili riguardano la sostituzione dei sistemi di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, ma anche l’installazione di motori elettrici efficienti o dotati di inverter, l’adozione di macchine a basso consumo di energia e la realizzazione di impianti per la produzione di energia termica ed elettrica.

Per partecipare al progetto “Made in Italy in green. Nuove energie per la tua impresa” occorre visitare il sito Madeinitalygreen.it e compilare un breve modulo entro il 30 giugno 2015.
Ogni impresa potrà beneficiare di un budget complessivo che varierà da 30 a 250mila euro circa.
L’elenco delle aziende selezionate sarà reso noto entro il 31 luglio 2015 e gli interventi verranno portati a termine entro la fine del 2015.

Vera MORETTI

Green Economy, il petrolio dell’Alto Adige

Lo abbiamo scritto tante volte su Infoiva: la green economy tira ed è un settore da cavalcare per fare business, uscire dalla crisi e aiutare l’ambiente. E c’è una regione, in Italia, che della green economy ha fatto una bandiera: l’Alto Adige, che anche quest’anno si è aggiudicata il primo posto nello studio di Fondazione Impresa che ha fotografato l’Italia dell’economia ecosostenibile.

La quantità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e l’abbondante disponibilità di acqua hanno permesso al territorio dell’Alto Adige di raggiungere il gradino più alto del podio nell’ambito della green economy nazionale, grazie soprattutto alla capacità di valorizzare tali risorse e al circuito virtuoso del sistema economico che si è costruito intorno.

La classifica, stilata da Fondazione Impresa, è il risultato di un incrocio di dati forniti da Istat, Terna, Ispra, Sinab ed Enea attraverso 21 indicatori standardizzati. L’Alto Adige conferma il suo ruolo di leadership nel settore della green economy grazie agli ottimi risultati raggiunti in termini di energia pulita, risparmio energetico, riciclo dei rifiuti, bioagricoltura, eco-edilizia e diffusione di licenze Ecolabel. Ad accrescere il punteggio nella classifica della green economy italiana hanno contribuito anche la presenza di piste ciclabili, la diffusione del turismo ecologico, la vendita di prodotti bio e l’eco edilizia.

I parametri valutati dalla ricerca di Fondazione Impresa, negli anni hanno permesso alla provincia Bolzano di scalare le classifiche relative alla qualità della vita e di attirare sul territorio sempre più imprese operanti nel settore della green economy.

Tra i player più importanti dell’economia altoatesina, che tanto punta a valorizzare la green economy sul territorio, c’è BLS, Business Location Südtirol – Alto Adige, società per il marketing territoriale e l’insediamento di imprese che rappresenta il punto di riferimento per tutto ciò che riguarda l’insediamento, la localizzazione e le aree produttive. Il suo direttore, Ulrich Stofner, ha commentato con soddisfazione il primato regionale nella green economy“Questi nuovi risultati non fanno altro che mettere ulteriormente in luce l’impegno della Provincia di Bolzano verso sostenibilità e rispetto dell’ambiente. Il nostro territorio si conferma il luogo ideale per le imprese che operano nel settore della green economy, grazie a un ecosistema fondato su innovazione e sviluppo, alla presenza di fonti rinnovabili e al costante sostegno alla ricerca di energie alternative”.

Le imprese green continuano a tirare

In un quadro generale di crisi e stagnazione che non sembra trovare ancora sbocchi, c’è un settore, quello delle imprese green, il cui numero è in continuo aumento in tutta Italia. C’è comunque una regione, la Lombardia, che sulla crescita delle imprese green sta puntando molto.

Secondo quanto rilevano la Camera di Commercio di Milano e Unioncamere Lombardia, in un anno nella regione la crescita di imprese green è stata del 6% e le imprese green sono oltre 9mila. In cinque anni il settore ha visto un incremento regionale del 64%. Imprese green più diffuse a Milano (3.695), Brescia (1.212), Bergamo (1.034), mentre tra le province lombarde quella dove il settore green cresce maggiormente è Lecco (+14%), seguita da Bergamo e Monza (+8%).

Il settore green produce occupazione in tutta Italia: sono 48mila le imprese green nel nostro Paese e oltre 470mila gli addetti. Forte la concentrazione del settore in Lombardia, con un totale di 79mila addetti, che pesa un quinto di tutta Italia, di cui oltre 35mila addetti solo in imprese green a Milano.

Proprio per questo motivo, nei giorni scorsi nel capoluogo lombardo Regione Lombardia, Unioncamere Lombardia e Camera di commercio hanno presentato l’iniziativa “Green Know-How Community”, un pacchetto integrato di interventi e politiche a favore di imprese green e professionisti della Green Economy. Si tratta di azioni per favorire la nascita, lo sviluppo e il consolidamento di imprese e studi professionali in questo ambito attraverso il coordinamento di misure e di progetti in collaborazione con istituzioni del territorio in tema di ambiente e sviluppo sostenibile e la creazione di occasioni di business per le imprese green.

Il settore delle imprese green – ha dichiarato Claudio De Albertis membro di giunta della Camera di commercio di Milano e Presidente Assimpredil Ance – si sta sviluppando fortemente negli ultimi anni nonostante la crisi. Questo vale anche per l’edilizia, dove si sta affermando una nuova modalità di costruire, nella direzione di una maggiore visibilità e attenzione al verde, all’ambiente e al risparmio energetico”.

Niente crisi per la green economy

Investire per combattere la crisi aiuta a rimanere a galla, soprattutto se si tratta di innovazioni nel campo della green economy.
Dal rapporto di GreenItaly 2014, redatto da Unioncamere e Fondazione Symbola, che da 5 anni fa il punto sulle eccellenze della green economy nazionale, emerge infatti che in questo periodo più di un’impresa su cinque ha scommesso su innovazione, ricerca, conoscenza, qualità e bellezza, e soprattutto sulla green economy.

Sono infatti 341.500 le aziende italiane (circa il 22%) dell’industria e dei servizi con dipendenti che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2.
La percentuale sale al 33% se si considerano le industrie manifatturiere.

L’economia verde non ha solo portato ricchezza alle aziende che vi hanno creduto, ma anche nuovi posti di lavoro, ben 3 milioni dal 2008 e la cifra è destinata a crescere ulteriormente nell’anno in corso con 234 mila assunzioni legate a competenze green: ben il 61% della domanda di lavoro.

Con questo andamento, i green jobs sono oggi al 70% per quanto riguarda le assunzioni destinate ad attività di ricerca e sviluppo, che supera dunque quel 61,2% che già aveva stupito l’anno scorso.

A questo proposito, ha dichiarato Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere: “Che la cultura green non sia oggi più soltanto patrimonio di un piccola cerchia di illuminati, ma, al contrario, sia un orientamento che sta progressivamente conquistando gran parte dei nostri connazionali, è dimostrato dalla disponibilità, che quasi 8 italiani su 10 dichiarano, a preferire prodotti eco-sostenibili all’atto dell’acquisto. Un acquisto peraltro oggi sempre più oculato e attento, visto il permanere di una sostanziale crisi dei consumi. Questa semplice constatazione deve ancora di più valorizzare l’atteggiamento seguito dalle nostre imprese, che si rivelano campioni anche nel fare un diverso tipo di made in Italy, in cui il rispetto della nostra tradizione produttiva si sposa indissolubilmente con la tutela dell’ambiente e si coniuga con una idea di business anche eticamente positiva, oltre che vincente”.

Vera MORETTI

Green economy, il futuro (del lavoro) passa da qui

 

La nuova scommessa verde di molte aziende in diversi settori non solo servirebbe a preservare l’ambiente (riducendo cioè i potenziali danni ambientali prodotti dall’intero ciclo di trasformazione delle materie prime ), ma potrebbe essere uno dei veri motori trainanti per la ripresa economica del Paese. Secondo l’ultimo dossier dalla Coldiretti, Lavorare e vivere green, presentato ad inizio giugno ma reso noto nella sua interezza solo in questi giorni, puntare sulla green economy potrebbe portare nel medio e lungo periodo alla creazione di oltre centomila posti di lavoro.

Nella maggior parte dei casi si tratterebbe di attivita’ multifunzionali, in grado di offrire una molteplicita’ di servizi (agriturismi, fattorie didattiche, vendita diretta di prodotti tipici, ecc.) in cui si stima potrebbero aprirsi importanti spazio per l’occupazione.

Inoltre, per tornare all’attualità, il fatturato degli alimenti biologici sale a 3,1 miliardi, con un aumento importante dell’8,8% rispetto al 2012, e quasi la metà degli italiani ha acquistato cibi biologici regolarmente o qualche volta.

Il nostro Paese, come se non bastasse, puo’ contare sul maggior numero di produttori biologici nel Vecchio Continente con quasi 50.000 operatori certificati tra produttori, preparatori e distributori, in crescita del 3% su base annua.

JM