Costruire casa senza permessi: come e quando è possibile

Quando è possibile e in che modo, costruire una casa senza dover richiedere permessi? Queste due domande troveranno risposta nella nostra rapida ed essenziale guida.

Costruire casa senza permessi è possibile?

Innanzitutto, prima di creare falsi miti e false illusioni, va specificato che l’installazione permanente di una casa, immobile o mobile senza concessione è un reato configurato come abusivismo edilizio.

Quindi, un vero e proprio veto per quanto riguarda la concessione edilizia. Tutto ciò, a meno che non si tratti di una struttura ricettiva all’aperto, che sia dotata di un allacciamento puramente temporaneo.

Occorre sapere che un permesso di costruire è richiesto pure per l’installazione di prefabbricati in legno, case mobili, camper, e roulotte, utilizzati come abitazioniambienti di lavoro o magazzini.

Ma, allora, come e quando è possibile costruire senza permessi?

Dunque, per quanto è evidente, costruire una casa prefabbricata destinata a esigenze non temporanee sprovvisti dei permessi documentati e dei titoli abilitativi è reato.

Vi è però una sola ipotesi tollerata dalla legge, ed è quella in cui sussistano contemporaneamente i seguenti parametri:

  • la collocazione del prefabbricato deve essere all’interno di una “struttura ricettiva all’aperto”;
  • l’ancoraggio al suolo deve essere temporaneo;
  • l’autorizzazione all’esercizio delle attività deve essere conforme alla legislazione regionale;
  • destinazione turistica, quindi occasionale e a tempo limitata.

Ad ogni modo, come sottolineato nel paragrafo precedente, l’aspetto relativo a permessi, progetti e concessioni, deve avere valutazione variabile, caso per caso e vi saranno delle differenze procedurali ed operative in base alla disciplina adottata dai diversi Comuni di appartenenza.

Case in legno: normativa sui permessi

Stando all’ Articolo 6 del Testo Unico dell’edilizia viene fatto chiarimento che salvo più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale e dagli strumenti urbanistici, mantenendo il rispetto della altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e in particolare delle disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 490, del 29 Ottobre 1999, alcuni interventi possono essere eseguiti senza la necessità di possedere il titolo abitativo. 

Di seguito vediamo quali sono questi casi specifici:

  • quegli interventi riguardanti la manutenzione ordinaria, ossia quegli interventi edilizi inerenti le opere di riparazione, sostituzione e rinnovamento delle finiture degli edifici e quegli interventi inerenti l’integrazione od il mantenimento in efficienza degli impianti tecnologici esistenti già;
  • quegli interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche, i quali non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, cioè di manufatti che vadano ad alterare la sagoma dell’edificio;
  • inoltre, anche le opere a carattere temporaneo per attività di ricerca del sottosuolo, di carattere geo-gnostico ed eseguite in aree esterne al centro edificato.

Necessario, però porre l’attenzione sull’ultimo passaggio.

Tale tipo di opere dovranno essere rimosse al termine della loro temporanea necessità. E’ previsto per esse un termine e la legge consente dunque di costruire senza titoli abilitativi in caso l’opera sia destinata a soddisfare un’esigenza temporanea.

Inoltre, si può affermare che una casetta prefabbricata in legno di piccole dimensioni (ovvero dalle dimensioni dai 6 ai 20 metri quadri) rientrerebbe nella materia definita edilizia libera. Pertanto tali strutture necessiteranno solamente di una semplice comunicazione di installazione.

Edilizia libera: quali categorie

Quando si parla di Edilizia libera si fa riferimento a quell’insieme dei lavori in casa che si possono fare senza chiedere determinate autorizzazioni al Comune o senza necessità di depositare documenti e comunicazioni per l’avvio della attività, per cui non è necessario un permesso di costruire.

Si può ben dire, in linea di massima, che le varie regioni ed i comuni italiani hanno stabilito una regola più o meno comune per differenziare le strutture che necessitano di Denuncia di Inizio Attività (DIA) oppure di un Permesso di Costruire (PDC), rispetto a quelle che possono essere realizzate senza alcuna autorizzazione.

Nello specifico, vi rientrano i gazebo, gli stand fieristici, i servizi igienici mobili, tensostrutture, pressostrutture e assimilabili, elementi espositivi, aree di parcheggio provvisorio, che siano nel rispetto dell’orografia dei luoghi e della vegetazione ivi presente.

Questo dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla non possibilità di costruire casa senza permessi.

Compravendita immobile: le spese condominiali chi le paga

In questa rapida guida andiamo ad occuparci di gestione condominiali e di acquisti immobiliari. Chi paga le spese di condominio dopo una compravendita di immobile? Lo scopriamo nei prossimi paragrafi.

Spese di condominio e compravendita immobile

Per rispondere alla domanda che apre la guida, possiamo fare riferimento all’articolo 63 delle Disposizione per l’attuazione del Codice Civile, il quale recita:

“Chi subentra nei diritti di un condomino, è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore (di condominio) copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.

Dunque, stando a quanto determina la legge, nel caso di compravendita di un appartamento ubicato in uno stabile condominiale, l’acquirente ha l’ obbligo, in solido con il venditore, al pagamento delle quote condominiali relative all’anno in corso ma anche a quello precedente la vendita.

Compravendita e subentro: tipologia di spese

Andando a vedere la tipologia delle spese condominiali in subentro, che ricadono sul subentrate proprietario, la giurisprudenza fa una distinzione tra le spese correnti o di manutenzione ordinaria e le quote imputate ai condomini per lavori di manutenzione straordinaria.

In questo ultimo caso, il pagamento compete a chi è (o era) proprietario alla data di adozione della delibera dell’assemblea che ha disposto tali interventi (e, quindi, non alla successiva data di esecuzione delle opere deliberate).

Come conoscere le spese pregresse

A norma di legge, l’amministratore del condominio dovrà fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso.

In buona sostanza, quindi, è normale prassi che l’acquirente di un appartamento in condominio provveda quanto prima a richiedere all’amministratore questa attestazione delle spese pregresse, onde evitare spiacevoli sorprese.

Nelle migliori ipotesi, durante la compravendita, è il venditore stesso che si premura di ottenere dall’amministratore una certificazione liberatoria, attraverso la quale l’amministratore attesta che tutte le quote dovute sono state saldate, per esibirla all’acquirente.

Come restituire le spese al compratore

In ultimo, ma non ultimo, per completezza della questione, andiamo a vedere come avviene la restituzione delle spese condominiali pagate dal compratore.

Occorre sapere che l’obbligo di pagamento delle spese condominiali pregresse riguarda i rapporti tra il nuovo proprietario ed il condominio, tuttavia l’acquirente dell’appartamento può rivalersi nei confronti del venditore per ottenere il rimborso della parte di sua competenza, cioè quella relativa al periodo in cui egli era ancora proprietario dell’immobile.

Di fatti, l’acquirente ha la possibilità di esercitare l’azione di regresso contro il venditore in merito alle quote che quest’ultimo avrebbe dovuto versare al condominio; in caso in cui sia stato il nuovo proprietario a saldare il debito, egli vanta verso il precedente il diritto alla restituzione di quanto pagato.

In tal senso, la Corte di Cassazione, con una attuale ordinanza, ha confermato che il venditore deve restituire gli oneri pagati dall’acquirente dell’appartamento, pur quando essi si riferiscono al biennio antecedente alla compravendita immobiliare.

Questo, quindi è quanto vi sia di più utile e necessario da sapere in merito alla questione del pagamento delle spese condominiali dopo la compravendita di un immobile.

Quotazioni immobiliari OMI, cosa sono e dove scaricare gratis la banca dati

Sul mercato immobiliare nazionale, per tutti gli operatori del settore, l’Agenzia delle Entrate ha un proprio Osservatorio grazie al quale, tra l’altro, è possibile pure accedere alle banche dati. Si tratta, nello specifico, dell’OMI – Osservatorio del Mercato Immobiliare che sugli immobili in Italia, e sulle relative quotazioni, fornisce informazioni di carattere tecnico ed economico che, tra l’altro, vanno ad interessare pure il mercato degli affitti.

Andiamo allora ad approfondire quali sono tutti i dati e tutti gli strumenti che l’OMI mette a disposizione, ed anche come andare a scaricare pure le banche dati che, nella maggioranza dei casi, sono con il download gratuito.

Cosa c’è da sapere sulle quotazioni dell’OMI – Osservatorio del Mercato Immobiliare

Nel dettaglio, con una cadenza che è semestrale, attraverso l’Osservatorio dell’OMI l’Agenzia delle Entrate fornisce le quotazioni immobiliari relative ai comuni che sono censiti negli archivi catastali. Quelle fornite dal Fisco, in ogni caso, sono delle quotazioni immobiliari che, essendo frutto di processi estimativi, non sono comunque sostitutivi delle stime puntuali.

Ovverosia di quelle che, immobile per immobile, sono effettuate da tecnici professionisti. I quali, con piena efficacia ed in maniera esaustiva, valutano l’immobile e forniscono pure le motivazioni del valore che è stato attribuito.

Detto questo, le quotazioni dell’OMI – Osservatorio del Mercato Immobiliare sono comunque molto utili e indicative per ricavare quelli che sono i trend del mercato. Anche perché, dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, è possibile consultare le quotazioni immobiliare semestrali in base alla provincia, al comune, alla zona ed alla destinazione d’uso dell’immobile.

Quotazioni immobiliari OMI pure con l’app muniti di smartphone e tablet

Muniti di smartphone e di tablet, inoltre, le quotazioni immobiliari dell’OMI sono consultabili pure via app. In quanto il Fisco mette a disposizione pure l’app gratuita OMI Mobile con la possibilità di scaricarla e di installarla dagli store Google Play ed App Store. E quindi per i dispositivi con il sistema operativo Android di Google, e per quelli con il sistema operativo iOS della Apple.

Banche dati online quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare

Dal proprio sito Internet, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione, per gli operatori del settore, le banche dati online relative proprio alle quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare. In particolare, il download è gratuito per le banche dati OMI a partire dal 1° semestre dell’anno 2016. Mentre per i semestri antecedenti all’anno 2016 la fornitura dei dati è a pagamento.

Per quel che riguarda i tipi di ricerche in banca dati, l’Agenzia delle Entrate permette la ricerca delle quotazioni immobiliari sia in formato testuale, sia con ricerca su mappa. In particolare, la ricerca testuale è accessibile gratis a partire dal 1° semestre dell’anno 2006. Mentre per la ricerca su mappa le quotazioni immobiliari disponibili sono sempre quelle relative all’ultimo semestre di rilevazione OMI che è stato pubblicato.

Comproprietà immobiliare: come funziona la divisione

La comproprietà immobiliare si ha quando ci sono più soggetti che hanno un diritto reale su un bene immobile. Ecco come funziona la divisione.

Comproprietà immobiliare: cosa vuol dire?

Avere un immobile in comunione vuol dire che ci sono due o più proprietari. La proprietà viene divisa in quote o in percentuali. Le quote possono essere uguali o meno. Un esempio del primo caso è quello dei coniugi in comunione di beni. Se hanno acquistato insieme la loro casa, ne hanno il 50% della proprietà.

Mentre del secondo caso in presenza di una madre e di due figli, magari la prima avrà il 50%, mentre i figli il 25% ciascuno. La comunione spesso scaturisce per cause di successione. Muore un genitore i figli diventano proprietari dei beni del padre. Ma esiste anche comproprietà per volontà delle parti come nel caso della comunione a seguito di nozze. Infine esiste la comproprietà tra soggetti non legati da alcun vincolo, ma che decidono di acquistare insieme lo stesso bene.

Comproprietà immobiliare: gli obblighi di legge

Quando si ha una comproprietà l’immobile può essere utilizzato da tutti e nessuno può impedire agli altri di fare lo stesso. Pertanto, spesso si regolano i modi e i tempi di utilizzo di ciascun proprietario. Ma ci sono degli obblighi da osservare che potremmo così riassumere:

  • è vietato pregiudicare, danneggiare o distruggere il bene comune;
  • non cambiare la sua destinazione d’uso senza il consenso di tutti gli altri proprietari;
  • non impedire l’uguale utilizzo a tutti gli altri comproprietario.

Gli abusi relativi a questi punti (quindi, l’uso eccessivo del bene ai danni degli altri) possono provocare la richiesta di cessazione di uso da parte degli altri comproprietari, che hanno diritto a chiedere una indennità. Meglio quindi organizzarsi preventivamente per l’utilizzo a turni del bene.

Ma come funziona la divisione?

Un soggetto può decidere di non voler più essere proprietario può rivolgersi ad un giudice che valuterà la situazione. Questo potrebbe prevedere la ri-suddivisione delle quote e quindi il ri-carcolo del possesso di ognuno. Mentre in sede di comunione dei beni con il coniuge, si può uscire dalla comproprietà tramite la separazione.

Pertanto si può decidere di trovare un accordo oppure no. In caso di mancato accordo sulle modalità di divisione, l’interessato può rivolgersi al giudice del tribunale ove è collocato l’immobile affinché proceda alla divisione giudiziale del bene. Ma è anche vero che la propria quota di possesso può anche essere venduta o ceduta a terzi. 

Come avviene la divisione di una comproprietà?

La divisione può essere, come già anticipato, il risultato di un accordo, o tramite l’ausilio di un giudice. Nel primo caso si parla di divisione contrattuale, mentre nel secondo di divisione giudizionale. Nella divisione contrattuale o volontaria le parti stipulano un vero e proprio contratto.

Questo deve individuare il bene da dividere, le quote dei partecipanti alla divisione e le modalità con cui assegnare ai condividenti le rispettive porzioni e gli eventuali conguagli in denaro. Tuttavia molto dipende dal tipo di bene oggetto del contendere. Se un bene è divisibile in natura, può essere scorporato in tante porzioni quanti sono i proprietari. Ma in questa ipotesi i proprietari avranno delle percentuali di possesso. Nel caso contrario, ciòè di bene indivisibile, si può procedere in modi differenti:

  • vendita dell’intero bene a terzi e dividere il ricavato tra i proprietari;
  • assegnare l’intero bene ad uno dei comproprietari che pagherà in denaro le rispettive quote agli altri comproprietari.

Queste sono le strade più diffuse soprattutto nel settore immobiliare, quando appunto si diventa proprietari per successione, e già si a un proprio bene.

I comproprietario possono anche non trovare un accordo che li soddisfi. In questo caso devono provvedere ad una divisione giudiziale. Questo accade soprattutto quando:

  • i comproprietari non sono tutti disposti a vendere l’immobile;
  • si litiga sull’utilizzo turnario del bene;
  • uno dei comproprietari vorrebbe spogliarsi della sua quota di proprietà, ma gli latri non sono disposti nè a venderla a terze persone, nè a comprarla per se.

A questo punto la parola passa al giudice che dovrà tentare un accordo tra le parti. Ma se l’esito è negativo un perito valuterà la separazione delle quote per ogni proprietario. Anche se il giudice verifica se per caso c’è qualcuno disposto a comprare l’intero al prezzo di mercato, liquidando gli altri. Se invece ci sono più soggetti a comprare il bene nella sua interezza, il tribunale valuta l’interesse più meritevole di tutela. In ultima ipotesi il giudice può procede anche al sorteggio.

Se invece non ci sono manifestazioni di interesse, il tribunale procede alla vendita coattiva dell’immobile e distribuendo ai proprietario gli utili in relazione alle quote di possesso ed al netto delle spese sostenute per la procedura. Tuttavia si parla di una procedura costosa e lunga, mentre con un accordo sarebbe nettamente più facile liberarsi della proprietà.

Allineamento identificativo catastale: cos’è e quando serve

L’allineamento identificativo catastale è un procedimento che permette di “sistemare” degli errori sulle visure catastali. Ecco come funziona.

L’allineamento identificativo catastale: cos’è?

Può succedere che richiedendo delle visure catastali, possono riscontrarsi degli errori. Qualcosa che non rispecchia la realtà dei trasferimenti fatti su una proprietà. Un problema non da poco, soprattutto se si deve fare un atto di vendita su quell’immobile. Infatti se da una parte la visura catastale identifica i soggetti proprietari di un immobile, dall’altra deve essere aggiornata, altrimenti non ha valore. E soprattutto per comprare casa il Notaio ha bisogno della regolarità anche di questo documento.

In altri casi, il disallineamento può celare abusi edilizi o altre gravi incongruenze, come nel caso di una ristrutturazione abusiva che abbia comportato l’ampliamento dell’immobile senza che sia stato richiesto il titolo edilizio e senza che si sia provveduto ad aggiornare i dati catastali e la planimetria. Ecco che per correggere gli errori occorre l’allineamento identificativo catastale.

Quali errori si possono correggere?

Con la novella del 2010 è stato modificato l’art. 29 della legge 52/1985 . In particolare richiedendo che l’atto notarile di compravendita contenga una dichiarazione dell’intestatario catastale avente ad oggetto la conformità allo stato dei dati catastali e della planimetria depositata in catastato. Pertanto la correzione di eventuali diversità è un obbligo di legge. Ma i principali errori che possono essere corretti in sede di Allineamento identificativo catastale sono:

  • intestazione: di una proprietà, se non aggiornata, per mancata acquisizione nella banca data Catastali degli atti notarili, volture o pratiche connesse;
  • anagrafica dell’intestatario: cognome, nome, data di nascita e codice fiscale;
  • dati dell’immobile: sezione, foglio, particella, subalterno, indirizzo e classe, per citarne alcuni.

Dove si presenta la domanda di correzione?

La domanda di correzione può essere presentata presso gli uffici provinciali dell’Agenzia delle entrate, dietro appuntamento fissato. Oppure si può presentare tramite il servizio Contact Center. E’ opportuno portare con se i documenti che attestano e motivino l’errore. Ad esempio se un immobile appartenuto ad un defunto, non risulta essere passato correttamente agli eredi, occorre portare con se la successione. Tuttavia oltre alla successione debitamente compilata e con gli oneri versati, occorre portare con se i propri documenti. Per questo motivo spesso si chiede aiuto ad un Visurista, geometra o personale abilitato a questo tipo di correzioni.

Per quali immobili non è obbligatorio l’allineamento?

La disciplina sull’allineamento si applica tutte le volte che occorre stipulare un atto pubblico ad oggetto un immobile. Ma sono esclusi gli atti mortis causa e i trasferimenti derivanti da sentenza. Tuttavia la norma analizza i fabbricati già esistenti che costituiscono unità immobiliari urbane. Per fabbricato esistente si considera una costruzione divenuta abitabile o comunque idonea all’abitazione.  Per questo motivo alcuni fabbricati potrebbero restarne esclusi:

  • le unità collabenti F2;
  • I fabbricati in corso di costruzione (cat. F/3) o in via di definizione (cat. F/4)
  • I lastrici solari (cat. F/5);
  • Le unità immobiliari iscritte in Catasto con attribuzione della categoria (cat. F/1);
  • I terreni inedificati;
  • I beni comuni censibili e non censibili (ad es. parti comuni condominiali)

Salvo i casi sopradescritti, è sempre necessario, a pena di nullità dell’atto, che vi sia il riferimento ai dati catastali e alla planimetria depositata in catasto e la dichiarazione da parte dell’intestatario catastale della loro conformità allo stato di fatto dell’immobile.

Alcune precisazioni sull’allineamento identificativo catastale

Il fatto che alcuni immobile sono esclusi dalla normativa non vuol dire molto. Questo perché in sede di trasferimento, un Notai può sempre chiedere al venditore di correggere l’irregolarità. Anche perché è a carico di quest’ultimo provvedere all’allineamento. Inoltre per maggiore correttezza spesso viene allegato e firmato dalle parti, davanti al notaio, l’allegato planimetrico. La planimetria cristallizza sotto forma di disegno le reali condizioni, anche in merito ai confini, dello stato dell’immobile.

E’ chiaro che l’acquirente ha già visto l’immobile, ed il notaio non andrà mai a vedere realmente l’immobile, quindi la dichiarazione per legge da parte del venditore è importante. Poiché la legge impone di conoscere la storia urbanistica e catastale dell’immobile oggetto di vendita. Il notaio può solo limitarsi a verificare che ci sia allineamento catastale tra i documenti del venditore e quelli del soggetto indicato in visura.

Accatastamento di un immoobile: quando e perchè occorre farlo

L’accatastamento di un immobile è un obbligo di legge, ai fini di combattere l’abusivismo.  Di seguito una breve guida per capire quando e come farlo.

Accatastamento di un immobile: la normativa vigente

L’accatastamento immobiliare è quel processo che ha lo scopo di identificare un fabbricato, assegnandogli i dati di base e la rendita fiscale. E’ un documento fondamentale per richiedere anche l’agibilità o l’abitabilità dello stesso. Ma crea anche un documento utile per il calcolo delle tasse, che il proprietario deve versare all’Erario in quanto tale. Ad esempio imposte come l’Imu si calcola sulla rendita. Un immobile in regola avrà anche la sua visura catastale, identificando foglio, mappale, particella, sub, categoria, classe e rendita. Non solo, sarà possibile fare anche un controllo attraverso la visura ipocatastale. Elemento utileper capire se ci sono dei pignoramenti, ipoteca su un determinato bene.

Ma quando è necessario accatastare un immobile?

Tutte le volte in cui si costruisce un nuovo immobile occorre procedere con l’accatastamento. Anche se in questo caso si tratta più che altro di un accatastamento di fabbricati con un censimento della proprietà. Ma l’operazione può riguardare anche immobili già presenti. Pertanto ogni volta che si effettuano delle ristrutturazioni, ammodernamenti, ampliamento, restauri, frazionamenti o cambi di destinazione d’uso, occorre farlo.

Infine, accatastare un immobile significa anche determinare la categoria di appartenenza delle unità immobiliari presenti. Servizio che non solo si rivolge alle nuove costruzioni, ma anche ai proprietari di immobili in ristrutturazione o altre tipologie che non hanno mai denunciato al Catasto la propria unità.

Come si accatasta un immobile?

Per accatastare un immobile occorre rispettare alcuni passi. Il primo è redigere la planimetria comprendete tutte le modifiche che sono state apportate. Per questo motivo è sempre meglio rivolgersi ad un professionista del settore come ad esempio un geometra, un architetto oppure un ingegnere edile. Sarà lui a compilare una serie di moduli, mediate il programma ministeriale denominato docfa (Documento Catasto Fabbricati), il quale permette di attribuire o aggiornare la rendita catastale dell’immobile.

Attenzione però perché quando si tratta di un nuovo immobile, occorre prestare particolare attenzione e passare prima dal Catasto terreni. Il tipico caso è quello della costruzione di una palazzina, formata da più appartamenti. Occorre stabile la proprietà dell’intero lotto costruttivo, tramite relativo atto, e successivamente assegnare gli identificativi catastali ad ogni singolo alloggio.

Quali sono i documenti necessari per un accatastamento?

Il tecnico che deve effettuare le modifiche alla planimetrica catastale ha bisogno di alcuni documenti. Il titolo di proprietà e la visura catastale che devono combaciare. Questo perché per apportare modifiche ad una costruzione, appartamento o altro occorre che sia il proprietario reale. Un altro elemento importante è la pratica edilizia con cui sono state realizzate le modifiche. Perché spesso molte modifiche devono essere autorizzate dal Comune in cui ha luogo l’immobile.

E’ il tipico caso delle verande che devono essere autorizzata dal Comune e pagare gli oneri richiesti. Tuttavia capita molte volte che è lo stesso tecnico a seguire entrambe le cose. Il tutto deve essere accompagnato dal documento d’identità e dal codice fiscale del dichiarante. Anche se il tecnino effettua sempre un sopralluogo per conoscere e capire il tipo di lavoro svolto e la modifica che deve essere presentata al Catasto Fabbricati in Agenzia delle entrate.

Quando va richiesta la nuova catastazione

Il termine di legge per la presentazione della dichiarazione di accatastamento è di trenta giorni. Questi decorrono dal momento in cui l’immobile è divenuto abitabile o servibile all’uso in caso di nuova costruzione,  o alla data di ultimazione dei lavori, se non lo è. La legge prevede che se non sono rispettati i 30 giorni, occorre pagare una sanzione pecuniaria. Tuttavia le sanzioni per omessa o tardiva dichiarazione catastale vanno da un minimo di 1.032 euro ad un massimo di 8.264 euro. Il 75% di tali sanzioni viene destinato al Comune interessato.

Quanto costa un procedura di accastatamento di un immobile

In merito al costo una variabile non calcolabile è quella dell’onorario del tecnico abilitato. All’onorario del tecnico bisogna aggiungere i diritti erariali, che vanno da 50 euro a 100 euro per scheda. Mediamente il costo medio della pratica si aggire dai 1.500 ai 2.500 euro per i nuovi immobile. Mentre per quelli già iscritti in catasto, si ha un costo che oscilla dai 400 agli 800 euro. Quindi magari farsi fare qualche preventivo di spesa prima di dare il mandato potrebbe essere una mossa corretta per capire la spesa che si deve sostenere.

Le assicurazioni sulle locazioni: quali spese coprono?

Le assicurazioni sulle locazioni sono un modo semplice per aiutare il proprietario in caso di inadempienza dell’inquilino. Ecco come funzionano!

Assicurazioni sulle locazioni: come funzionano

Le assicurazioni sulle locazioni possono essere utili a risolvere alcuni problemi di locazione. Uno dei motivi per cui i proprietari di immobili non vogliono mettere le loro case a reddito è la paura di trovare un inquilino inadempiente. Il rischio locativo è inquadrato negli articoli del C.C. 1588, 1589 e 1611 in ambito della Responsabilità Civile. Cioè qualcuno che registra un regolare contratto di locazione, ma poi non ne rispetta le clausole. e si traduce in causa con tanto di legali e procedura di sfratto.

A mettere un freno a tutto questo potrebbero pensarci le assicurazioni sulle locazioni. Si tratta di uno strumento che serve ai proprietari a continuare a percepire la rendita da locazione, anche quando non è l’inquilino a pagare. Tuttavia può essere richiesta sia per i contratti ad uno abitativo, che per quelli commerciali. Vediamo bene del dettaglio come funzionano.

Le regole generali della polizza di affitto casa

Le assicurazioni sulle locazioni sono molto simili alle assicurazioni sulle auto. Una delle parti stipula la polizza che contiene le regole di funzionamento. Tutto si basa sull’affidabilità dell’inquilino. Infatti quando si stipula una polizza di questo tipo la compagnia assicurativa analizza i documenti personali e reddituali della o delle persone indicate come conduttore dell’immobile in oggetto. In altre parole la copia delle busta paga, o dichiarazioni di reddito, carta di identità e tessera sanitaria.

A questo punto la compagnia assicurativa provvede a dare il suo diniego o consenso. Nel primo caso è facile intuire che non ci sarà alcun contratto da firmare. Mentre nel caso di consenso verrà stipulato una preventivo che comprende i costi coperti nel dettaglio.

Quali sono i costi coperti dalle assicurazioni sulle locazioni?

Il valore della polizza dipende dal canone di locazione. In linea di massima il suo valore è pari a quello di una mensilità o poco più. La somma copre così l’intero periodo di locazione, ad esempio i classici quattro anni per una locazione ad uso abitativo. Ma questo costo può essere anche diviso annualmente, invece che tutto all’inizio. E’ una scelta che spetta alle parti coinvolte. Tuttavia è prevista la copertura anche di altre spese:

  • le spese legali quando un inquilino smette di pagare il canone solitamente non ha un altro posto dove andare. Il proprietario prova a prendere possesso del suo immobile, ma quanto non è possibile la gestione della controversia passa per vie legali. La polizza core queste spese. Anche se spesso c’è un importo massimo di copertura, speso pari a 2 mila euro. Ma molto dipende dalla compagnia assicurativa scelta;
  • gli oneri accessori non versati, ma legati alla locazione come ad esempio le spese condominiali, il servizio di pulizia dello stabile, le spese relative all’energia elettrica, all’acqua o al riscaldamento nello stabile.

Una gamma di servizi aggiuntivi

Ogni compagnia assicurativa offre sul mercato il proprio prodotto. In linea di massima gli altri servizi aggiuntivi riguardano:

  • Rimborso canone d’affitto per morosità dell’inquilino. In caso di mancato pagamento dell’affitto mensile, si è rimborsato fino ad un massimo di 12 mensilità
  • Danni all’immobile. Si ha diritto ad un risarcimento per i danni arrecati dall’inquilino alla proprietà immobiliare. La cifra  sarà rimborsata fino al raggiungimento di un massimale, stabilito dalla compagnia sulla base del costo mensile del canone d’affitto. Attivando questa garanzia non si ha bisogno di chiedere alcun deposito cauzionale alla persona che prende la casa in affitto
  • Assistenza Abitativa. Qualora dovesse verificarsi un danno all’abitazione, l’inquilino può beneficiare, in modo gratuito, del pronto intervento di un team di specialisti.

L’assicurazione è obbligatoria?

E’ bene chiarire subito che l’assicurazione non è obbligatoria, anche se fortemente consigliata. Ma è vero dire che con la stipulazione dell’assicurazione da parte del locatario, lo stesso scarica l’onere del risarcimento danni sulla compagnia di assicurazione che rispondere dei danni ai beni altrui. Sarà poi la stessa compagnia assicurativa a rivalersi sull’inquilino moroso, e non il proprietario dell’immobile. Ma la polizza può essere intestata sia la locatore che al conduttore, è indifferente.

Anche se al verificarsi delle prime inadempienze occorre avvisare la compagnia assicuratrice in maniera celere. Infine le polizze di assicurazione sulle locazioni possono essere stipulate anche online. Basta una semplice scannerizzazione dei documenti richiesti e una lettura allenta della bozza di polizza prima di essere firmata. Il premio è pagabile anche online attraverso la propria banca di riferimento.

La visura ipocatastale: cos’è e a cosa serve questo documento?

La visura ipocatastale è una particolare visura che permette di scoprire alcune informazioni in relazione al suo proprietario. Ecco quali sono.

Visura ipocatastale: cos’è?

Quando si vuole comprare casa sono molti i documenti da valutare. Infatti il notaio studia l’atto di provenienza, la planimetria dell’immobile e la regolarità urbanistica. Ma nel fascicolo di ogni trasferimento di immobile non può mancare la visura ipocatastale o ipotecaria. Si tratta in un’attività di indagine che ha uno scopo per preciso.

Quello di definire quali e quante proprietà risultano intestate ad una persona fisica e giuridici. Si può così accertare l’esistenza o meno di gravami che possono portare problemi in sede di rogito. I gravami sono ipoteche legali e/o giudiziarie, pignoramenti, ipoteche volontari. Non è quindi altro che un elenco, se presente, di tutto questo e che rappresenta la storia dell’immobile.

Quali informazioni danno le visure ipocatastali?

Quando si analizza una visura ipocatastale sono tre le informazioni che si ottengono: le trascrizioni, le iscrizioni e le annotazioni. Le trascrizioni sono gli atti di trasferimento o costituzione di diritti su beni immobili. A seconda se si è venditori o compratori, quindi parte a contro o a favore, vi è il nominativo di chi è stato proprietario di quell’immobile. Ad esempio un atto d’acquisto prevede una trascrizione e quindi una voce all’interno della visura ipocatastale.

L’ispezione delle trascrizioni consente di visionare la presenza di atti di costituzione di vincoli, come il pignoramento. Mentre le iscrizioni consentono di visionare le formalità relative alla costituzione di ipoteche che gravano sull’immobile. Ad esempio la presenza di un mutuo rappresenta un’ipoteca. Infine le annotazioni sono costituite da quelle formalità che modificano precedenti trascrizioni, annotazione o iscrizioni. Ne sono esempio la cancellazione di pignoramenti oppure di ipoteche.

Dove e da chi vengono richieste?

La Conservatoria dei Registri immobiliari è il posto in cui sono raccolti tutti gli atti e le scritture relativi ai beni immobiliari presenti in un territorio. Pertanto ha lo scopo di conservare, pubblicare e rendere disponibili per la consultazione tutte le vicende che riguardano un qualsiasi immobile. E’ necessario rivolgersi alla Conservatoria, chiamata Servizi di pubblicità immobiliare dell’Agenzia delle entrate, per richiedere la visura ipocatastale.

Per richiedere il documento basta presentarsi in ufficio, dietro prenotazione. Essendo un registro pubblico, chiunque può andare a consultarlo. Ma questa è una verifica che il più delle volte da un Notaio prima di fare qualsiasi atto di trasferimento della proprietà immobiliare. Quindi richiedere un consulto notarile può essere utile, prima di effettuare una proposta di acquisto.

Quali tipi di ispezioni ipotecarie esistono?

La visura ipocatastale può essere fatta su immobile o su una persona fisica e giuridica. Quando è svolta su un immobile è possibile richiederne una utilizzando solo i dati: conservatoria, catasto terreni o fabbricati, il comune in cui è ubicato l’immobile e i dati identificativi. In altre parole fornendo il foglio, la particella o mappale ed il subalterno, unito all’indirizzo completo. Invece quando l’ispezione è fatta su persona fisica occorre indicare: nome, cognome, codice fiscale, data di nascita, sesso, comune e provincia di nascita.

Mentre nel caso di persona giuridica serve la denominazione ed il codice fiscale della stessa. Infine se si vuole conoscere solo le trascrizioni e iscrizioni “contro” un soggetto, ovvero se risultano o meno gravami (ipoteche volontarie, servitù, vincoli) o pregiudizievoli (ipoteche legali, ipoteche esattoriali, fallimenti, pignoramenti, citazioni, decreti ingiuntivi, costituzione di fondo patrimoniale, ..), è necessario richiedere una visura ipotecari pregiudizievole.

Quali sono i costi per richiedere la visura ipocatastale?

Sul sito dell’Agenzia delle entrate è possibile effettuare una richiesta online. Con il servizio telematico “Consultazione personale” è possibile consultare la banca dati ipotecaria, a titolo gratuito e in esenzione da tributi, relativamente agli immobili di cui si è proprietari, anche in quota. Il servizio di Ispezione ipotecaria telematica consente l’accesso telematico alle banche dati ipotecarie anche se il richiedente non è titolare neanche in parte dell’immobile.

Tuttavia per ogni consultazione si applica la tariffa vigente diminuita del 10% in quanto telematica (tabella tasse ipotecarie – pdf), e aumentata del 50 per cento, trattandosi di ispezioni fornite non su base convenzionale. Pertanto per ogni nominativo oggetto della ricerca sono dovuti 9,45 euro. Mentre se nell’elenco sintetico relativo al soggetto sono presenti più di 30 formalità sono corrisposti ulteriori 4,73 euro per ogni gruppo di 15 formalità. Per ogni formalità consultata sono dovuti 5,40 euro.

Come effettuare il pagamento

Il pagamento è da effettuarsi attraverso il sistema pagoPA. Anche se le commissioni applicate sono variabili in base al Prestatore di Servizi di Pagamento (PSP) e allo strumento di pagamento scelto. Il servizio viene erogato a fronte della disponibilità sul sistema telematico della ricevuta di pagamento positiva (“RT”) rilasciata dal sistema pagoPA. Ordinariamente la ricevuta viene notificata entro pochi secondi dalla conclusione della transazione di pagamento da parte dell’utente.

Tuttavia, le specifiche di pagoPA prevedono che i tempi per la notifica della ricevuta possano anche superare le 24 ore. Infine i documenti richiesti sono disponibili fino a 7 giorni dal pagamento. Trascorso questo tempo, non sarà più possibile visualizzarli e prelevarli. Comunque sia resta sempre la possibilità di effettuare le ispezioni presso gli sportelli dell’Agenzia delle entrate, dietro prenotazione.

Atti di provenienza: come si può diventare proprietari di un immobile

Gli atti di provenienza permettono di definire i reali proprietari di un immobile. Sono richiesti dal Notaio prima di un rogito.

Atti di provenienza: cosa sono?

Un atto di provenienza è il documento che fornisce la proprietà di un immobile ad una persona giuridica o fisica. Si tratta di un documento cartaceo registrato nei pubblici registri immobiliari. E al suo interno contiene i dati anagrafici ed identificativi dei proprietari, ma anche i passaggi precedenti relativi ad un certo immobile. Quest’ultimo è anche indicato sotto il profilo dei dati catastali e di eventuali pertinenze. Gli atti di provenienza più diffusi sono la compravendita per atto notarile, la dichiarazione di successione, la donazione o la sentenza di un tribunale. Sono obbligatori per comprare casa, per questo vengono richiesti dal Notaio in sede di rogito. Vediamo nel dettaglio cosa sono e come funzionano questi documenti importantissimi.

La compravendita immobiliare

La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa, o il trasferimento di un altro diritto, verso il corrispettivo di un prezzo (Art 1470). Tuttavia la funzione della compravendita è quella di realizzare l’attribuzione della titolarità di un diritto. Ciò avviene tramite il trasferimento da un soggetto ad un altro, con il pagamento di un prezzo. In caso di immobili la compravendita trasferisce la proprietà del bene dal vecchio al nuovo proprietario, dietro il pagamento del prezzo tramite risparmi dell’acquirente o attraverso l’intervento di un istituto bancario.

Chi si occupa della compravendita immobiliare?

Il Notaio è il soggetto che si occupa della regolarità di questa transazione. Affinché un atto possa essere valido, deve rispettare quanto disposto dalla legge. Ma deve contenere anche degli elementi imprescindibili: il nominativo del notaio che lo ha redatto, la data in cui è stato stipulato e le firme. Ed ancora non possono mancare i dati di trascrizione nei pubblici registri, il numero di repertorio notarile, il registro generale e quello particolare. Una copia dell’atto spetta sempre all’acquirente. Anche perché spesso serve per accedere alle eventuali agevolazioni per l’acquisto prima casa. Il cliente può sempre richiederne un’altra copia al Notaio, o se non più in esercizio all’archivio notarile. Tuttavia si può  affermare che la compravendita è l’atto che più usato per i trasferimenti di proprietà.

Atti di provenienza: la dichiarazione di successione per causa di morte

La dichiarazione di successione è un atto di provenienza. Deve essere presentata dagli eredi, o dai chiamati all’eredità, entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, che coincide con la morte del contribuente. La successione può essere fatta tramite:

  • un professionista abilitato alla presentazione;
  • i servizi telematici dell’agenzia delle entrate
  • presso uno ufficio dell’Agenzia delle entrate.

Oltre alla dichiarazione della successione è obbligatorio provvedere all’ allineamento catastale. In altre parole nella visura catastale come intestatario dell’immobile deve comparire il nominativo dell’erede. Questo vale anche nel caso di testamento. Il testamento è un atto giuridico unilaterale non recettizio mortis causa mediante il quale una persona manifesta il proprio volere e dispone dei propri diritti per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

La donazione in ambito immobiliare

La donazione è il contratto col quale una parte, per spirito di libertà, arricchisce l’altra tramite l’attribuzione di un diritto ovvero l’assunzione di un’obbligazione. Nella donazione di un immobile, un donante “regala” qualcosa ad un’altra parte, senza ricevere nulla in cambio. Perciò la donazione ha effetti reali sulle cose. Molto spesso però questo atto, redatto dal notaio, può prevedere delle clausole. La prima è quella della riserva di usufrutto a favore del donante. In altre parole si attribuisce al nuovo proprietario solo la nuda proprietà, mentre il diritto di godimento dell’immobile rimane al donante. La donazione però spesso dà qualche problema nel trasferimento del bene, perché può essere impugnata.  La legge infatti ha introdotto soltanto un limite di vent’anni dalla donazione, trascorso il quale sono definitivamente fatti salvi i diritti dei terzi acquirenti dei beni oggetto di donazione. Limite che scende a 10 anni nel caso di morte del donante. 

Atti di provenienza: la sentenza di un tribunale

Altro modo di acquisto della proprietà potrebbe essere legato alla sentenza di un tribunale. E’ il caso tipico dell’usucapione, in cui la proprietà deriva da un possesso continuato nel tempo di un immobile. Si parla spesso di un possesso di almeno 20 anni di un immobile o di un terreno. Il possesso deve essere continuativo e mai interrotto. A verificare che questo avvenga, vi è appunto la sentenza del giudice. L’azione di usucapione deve essere richiesta dal possessore. Nelle procedure esecutive immobiliari, la sentenza del tribunale è a tutti gli effetti un atto di provenienza.

La proposta d’acquisto immobiliare: tutto quello che non deve mancare

La proposta d’acquisto è diversa dal preliminare di vendita. Ecco tutti gli elementi che non possono mancare per essere valida.

La proposta d’acquisto: cos’è e a cosa serve?

Agli italiani piace avere un immobile di proprietà ed il mercato del 2021 lo dimostra. Pertanto, prima di scegliere la propria inizia un tour di visite per la ricerca della casa ideale. A volte si trova, mentre a volte si cercano dei buoni compromessi, per concludere l’acquisto. Quando ci si avvale di esperti del settore, come gli agenti immobiliari, spesso questa ricerca diventa più veloce e meno stressante. Ma se si trova la casa giusta, si va in agenzia e si sottoscrive una proposta d’acquisto. Tuttavia spesso si tratta di un modulo prestampato, che l’agente compila con i dati delle parti interessate e dell’immobile. Il prestampato deve essere firmato dalle parti coinvolte nell’operazione. Ma attenzione si tratta di una dichiarazione in cui il compratore, propone al venditore le sue condizioni ideali per effettuare la compravendita.

L’individuazione dei proprietari

Una proposta d’acquisto immobiliare, di solito, nella parte iniziale prevede l’indicazione della proprietà. Infatti occorre indicare i nomi di tutti i proprietari, se sono più di uno. La proposta per essere comunque valida deve essere accettata da tutti coloro che hanno quote di proprietà sull’immobile. Non esiste una convalida “per maggioranza” dei proprietari. Ma tutti devono essere d’accordo all’unanimità. E’ consigliabile identificare i proprietari per i solo dati personali, compreso il codice fiscale e il luogo in cui inviare la proposta, qualora fosse in un luogo diverso da quello in cui viene sottoscritto. Per questo motivo è sempre meglio fare una visura catastale aggiornata, per capire chi sono i reali proprietari del bene oggetto di proposta d’acquisto.

I caratteri essenziali della proposta d’acquisto

La proposta è quindi una dichiarazione fatto da un probabile acquirente. Per essere valida una proposta deve essere fatta in forma scritta e deve essere completa in tutte le sue parti. Ma deve anche contenere l’intenzione a volersi impegnare e tutte le clausole affinché questo avvenga. Inoltre la proposta è regolamentata dall’arti. 1329 del codice civile, che così definisce: «Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto».

Per tale motivo viene sempre indicata una data entro cui il promittente acquirente può ritirare la sua proposta.  Infine una proposta può anche avere della clausole sospensive, come quella classica del mutuo. E’ sempre più frequente trovare la dicitura: “proposta vincolata all’accettazione del mutuo”, qualora appunto il compratore ha bisogno di accedere al mutuo per comprare un immobile.

Altre indicazioni che non possono mancare

Nella proposta deve essere indicato l’immobile oggetto di compravendita. E con esso anche tutte le sue pertinenze, come ad esempio un garage. Tutti gli immobili sono da identificare secondo i dati catastali completi. Solo attraverso questi dati è possibile identificare in modo univoco l’immobile. Una piccola descrizione non fa male, a cui aggiungere anche la classe energetica, la conformità degli impianti, la presenza di ipoteche e lo stato attuale della costruzione.

Tuttavia è da esprimere il prezzo di vendita, espresso sia in cifre che in lettere. Subito dopo si indicano anche le modalità con cui verrà corrisposto il prezzo pattuito. Spesso la proposta d’acquisto prevede l’accompagnamento di un assegno. I dati identificativi come numero, piazza, agenzia vendono riportati nel formulario. In questa fase è da esprimere il modo cui vengono corrisposte le altre somme. Cioè attraverso l’intervento di un istituto mutuante, oppure direttamente al rogito notarile.

Il merito al rogito notarile…

Anche questo è un aspetto molto importante. Il Notaio può essere o meno indicato nella proposta di acquisto, ma è meglio indicare il periodo entro cui perfezionare la vendita. Tuttavia la consegna dell’immobile, salvo accordo tra le parti, di solito avviene alla data del rogito notarile con la consegna delle chiavi. Al momento della consegna decorreranno a favore ed  a carico del proponente tutti i diritti e gli oneri. Ebbene la proprietà dell’immobile al momento dell’atto notarile dovrà essere trasferita libera da oneri, pesi, trascrizioni pregiudizievoli, pignoramenti, iscrizioni ipotecarie e senza gravami alcuno ad eccezione di NULLA. Il notaio avrà il compito di effettuare il trasferimento e registrare il rogito negli appositi registri immobiliari.

Altre clausole da inserire nella proposta d’acquisto

L’immobile deve essere trasferito, come visto e gradito, nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, con tutte le servitù attive e passive, comprensivo della quota di comproprietà sulle parti comuni dell’edificio. Pertanto tutti i vizi devono essere espressi, se presenti, già dalla fase di visita presso l’immobile. Comunque sia in proposta occorre inserire anche tutte le eventuali altre clausole o richieste che provengono da parte acquirente. E completano il tutto, l’eventuale provvigione del mediatore, la sottoscrizione della privacy e della relativa normativa. Infine la proposta è da sottoscrivere dal proponente compratore e sottoposta al venditore.

Cosa succede quando la proposta d’acquisto viene sottoposta al venditore?

Il venditore può rifiutare la proposta d’acquisto qualora le condizioni previste o il prezzo non sono di suo gradimento. Di solito in caso di mancata accettazione della presente proposta da parte del venditore il mediatore restituirà, entro una settimana dalla scadenza dell’irrevocabilità della proposta, tutte le somme ricevute senza interessi e senza la facoltà per il proponente di richiedere ulteriori somme a titolo di penale o risarcimento danni. Ma la proposta può essere accettata. E quando questo succede i possono produrre due effetti diversi:

  • se nella proposta, accettata dal promittente venditore, viene espressa la volontà di acquisto del bene identificato, rimandando però l’acquisto al rogito, si rimarrà in una fase pre-contrattuale. Comunque si parla di trattative, certamente avanzate, ma che la cui interruzione, può essere causa soltanto di responsabilità c.d. precontrattuale;
  • se nella proposta è espressamente previsto che l’accettazione del promittente venditore la trasformi in contratto preliminare, allora essa è completa. L’affare è concluso e si passerà solo al rogito notarile, mentre il mediatore avrà maturato la sua provvigione.

Per questo motivo si consiglia sempre di riempire la proposta di acquisto immobiliare in tutte le sue parti. Questo permette di concludere la trattativa in modo chiaro fino al rogito notarile e diventare proprietari di un immobile senza alcun problema.