Permuta immobiliare: la guida completa, vantaggi e svantaggi

La permuta immobiliare è la possibilità di “scambiare” il proprio immobile e cambiare casa, senza spendere una fortuna. Vediamo di cosa si tratta.

Permuta immobiliare: cos’è e come funziona

La permuta è un contratto che viene usato anche in settori come l’immobiliare. Secondo l‘articolo 1552 del codice civile è “un contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro“. Anche gli immobili, se pur bene, possono essere ceduti secondo questa tipologia contrattuale. Ma se nel baratto, che potrebbe ricordarlo, il trasferimento è gratuito e senza alcun obbligo, la permuta è differente. E questo è semplice da intuirsi. Occorre la presenza del Notaio per trasferire “lo scambio” delle proprietà delle due case e registrate il tutto nei relativi registri. Ma andiamo con ordine. Nella permuta abbiamo due parti che vogliono scambiarsi un bene. I beni potrebbero essere dello stesso valore, ma non è obbligatorio.

Permuta immobiliare: quando i beni non hanno lo stesso valore

Prima di decidere di permutare il proprio bene è corretto che vengano valutati. In altre parole attribuire un valore economico di scambio all’immobile. Il così detto “Ma quanto vale la mia casa?”, domanda che si creano molti proprietari. Pertanto il primo passo è cercare un esperto di valutazioni immobiliari. La stessa cosa farà la controparte. Se i beni hanno lo stesso valore, viene da se che è possibile eseguire la permuta senza molti pensieri. Mentre cosa fare se i due beni non hanno lo stesso valore? A questo punto il proprietario dell’immobile che ha un valore di mercato minore, pagherà all’altro una sorta di conguaglio. Attenzione però perchè non è obbligatorio, le parti potrebbero accordarsi di effettuare il solo scambio. Se entrambi si ritengono soddisfatti non vi è alcun problema.

I vantaggi e svantaggi di questa scelta

Di solito quando si compra una casa, sia per uso abitativo o meno vengono chiesti al proprietario i documenti. Gli stessi documenti sono da richiedersi anche in caso di permuta. La documentazione deve essere completa ed in regola per entrambi gli immobili. Anche perché il Notaio potrebbe sempre sospendere lo scambio. Ma tra i vantaggi che offre la permuta, c’è sicuramente un risparmio economico. Perché mentre in un acquisto tradizionale il prezzo si paga attraverso denaro o mutuo, nella permuta non vi è nessun esborso monetario. Le uniche spese riguardano di solito il professionista, il notaio che deve notificare lo scambio. Quindi tale spesa va ripartita tra le parti. Ma non solo perché l’atto è uno solo, pertanto tutto è diviso al 50% comprese le spese di registrazione nei pubblici registri immobiliari.

Gli svantaggi che possono esserci

Uno degli svantaggi potrebbe essere legato a permutare un bene gravato di ipoteche o documentazione non in regola. Per tale motivo è sempre più opportuno valutare la completezza della documentazione. Altro svantaggio è che l’operazione è soggetta all’imposta di registrocalcolata sulla base dell’appartamento avente il valore di imposta maggiore. Ad esempio se lo scambio avviene tra due appartamenti, entrambe prime case, l’imposta di registro è identica, cioè pari al “9% del valore catastale dell’appartamento del valore maggiore. Nel caso in cui il trasferimento venga tra un Individuo soggetto ad IVA e l’altro a imposta di registro, il vantaggio fiscale si perde. Pertanto l’imposta diventa del 9% e sono da pagare sia l’imposta catastale che ipotecaria. Inoltre sulla permuta si paga anche l’imposta di bollo. 

Come si calcola il valore di una servitù di passaggio?

Oggi andremo a vedere di cosa si tratta quando si parla di servitù di passaggio e come si può calcolarne il valore. In questa rapida guida, lo scopriremo assieme.

Cosa vuol dire servitù di passaggio

Dunque, la domanda più frequente che in molti si fanno è che cos’è una servitù di passaggio? La risposta è presto data, la servitù di passaggio è il diritto reale di godimento che consente al titolare di un fondo di passare su un fondo altrui per accedere al proprio. Nello specifico, possiamo dire che il diritto di servitù costituisce un peso a carico del fondo altrui, detto “fondo servente”, per l’utilità del “fondo dominante”.

Che cosa sarebbe il fondo dominante? Questa è un’altra domanda che qui trova risposta. Nel Codice civile, in particolare, si definisce la servitù come il peso imposto sopra un determinato fondo (detto “fondo servente“) per l’utilità di un altro fondo (detto “fondo dominante“), che appartiene ad un proprietario diverso.

Come si calcola il valore di una servitù di passaggio

In maniera molto semplice e diretta possiamo dire che il danno cagionato, dalla proposta costituzione di una servitù di passaggio volontaria, al fondo servente può essere più agevolmente determinato attraverso la differenza tra il più probabile valore di mercato del fondo libero dalla servitù stessa e l’analogo valore di mercato del fondo considerato gravato dalla servitù.

Va, inoltre aggiunto che per determinare tale indennità sarà necessario considerare non soltanto il valore della superficie di terreno assoggettata a servitù, ma si dovrà valutare ogni altro pregiudizio subito dal fondo servente in relazione alla sua destinazione a causa del transito di persone e veicoli.

Dunque, la servitù di passaggio può essere costituita sia volontariamente, magari raggiungendo un accordo con il proprietario del fondo confinante, che ti lascia passare sul suo terreno senza troppe problematiche o chiedendoti un’indennità, quanto coattivamente (servitù legali). Come dicevasi, per definizione la servitù di passaggio deve gravare sul fondo di proprietà di una persona diversa rispetto a quella che beneficerà della servitù. Ciò significa che il diritto di proprietà del titolare del fondo servente sarà inevitabilmente limitato dall’obbligo di consentire il transito al vicino.

Ma, quindi cosa deve fare un proprietario del diritto di passaggio? Il proprietario può chiedere al giudice di disporre la costituzione di una servitù di passaggio su uno dei fondi confinanti. Il passaggio deve arrecare il minor danno possibile al fondo servente. Questa servitù non può essere costituita sulle case, sui giardini, sulle aie.

Ma, quanto può essere larga una servitù di passaggio?

Anche qui, la risposta è presto data. Le misure minime e massime della servitù di passaggio carrabile sono di metri variabili a seconda di strada o altro luogo su cui essa sussiste, perché non c’è una norma specifica in merito, ma la larghezza dovrebbe essere minimo di 2,75 metri

Come si perde la servitù di passaggio?

Una sostanziale ipotesi di cessazione della servitù di passaggio è quella per prescrizione. In pratica, secondo la legge la servitù si estingue per prescrizione quando non se ne fa uso per 20 anni. Il semplice decorso del tempo, quindi, così come può valere a far acquistare la servitù (per usucapione), può anche rilevare ai fini della sua estinzione. in linea definitiva, possiamo asserire che la servitù coattiva di passaggio si estingue per cessazione dell’interclusione, ai sensi dell’articolo 1055 del codice civile, qualora al fondo dominante, già intercluso, sia aggregato in unico lotto, facente capo ad unica proprietà, un altro fondo, con accesso alla pubblica via, in quanto, a norma dell’art. 1051 cod.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più strettamente necessario da sapere sul valore della servitù di passaggio in merito alla questione.

Leggi anche: Come comprare casa: i documenti necessari per un acquisto sereno

La concessione di vendita: cos’è e come funziona questo contratto

La concessione di vendita è un contratto atipico. Cioè non è disciplinato da un articolo del codice civile. Tuttavia ecco gli aspetti principali.

La concessione di vendita: cos’è?

Con il contratto di concessione di vendita un industriale o un grossista instaurano un rapporto privilegiato di fornitura con determinati rivenditori. La concessione di vendita è infatti il contratto con il quale una parte (concedente) si obbliga a somministrare a un’altra (concessionario) la qualità di prodotti che questa richiede e il concessionario si impegna ad acquistarne un minimo prefissato e a rivendere i prodotti in una zona determinata.

Il rischio  della mancata vendita e le spese per l’organizzazione della rivendita del prodotto gravano sul cessionario. Tuttavia però spesso vi sono delle clausole contrattuali che assoggettano il concessionario alle direttive del concedente. Quest’ultimo può infatti riservarsi la facoltà di stabilire il prezzo di vendita. Ma anche di controllare l’efficienza dell’impresa del concessionario, di chiedere al concessionario informazioni sull’andamento del mercato.

Ecco quando si ha bisogno della concessione di vendita

Per vendere un prodotto occorre che il produttore riesca a farlo avere al consumatore. L’impresa pertanto ha davanti a se due strade: vendere direttamente al consumatore, oppure venderli a commercianti che provvedono a rivenderli ai vari consumatori.

Questa via viene molto usata dai grandi marchi che operano a livello globale per aumentare la loro presenza sul mercato. I commercianti che acquistano i prodotti, possono a loro volta, venderli al consumatore finale o avvalersi di grossisti che vendono ai dettaglianti. Il produttore può quindi organizzare una rete di distribuzione ricorrendo a imprenditori autonomi professionisti del settore come gli agenti, i commissari, i concessionari e i mediatori professionali.

L’esclusiva in questo tipo di contratto

Il diritto di esclusiva può essere inserito in questo tipo di contratto. La clausola di esclusiva impegna il concedente a non fornire ad altri i propri prodotti nella zona riservata al concessionario. Si ha così il vantaggio di essere l’unico rivenditore del prodotto del concedente nella zona a lui contrattualmente riservata.

Tuttavia possono essere stipulate anche clausole di esclusiva a favore del concedente, che impegnano il concessionario a non vendere nella sua stessa zona prodotti concorrenti con quelli del concedente. Il contratto ha spesso una durata minima di 3-5 anni, per permettere alle parti di raggiungere gli obiettivi economici desiderati. E’ comunque possibile prevedere lo scioglimento automatico nel caso il rivenditore non raggiunga gli obbiettivi di vendita preventivamente concordati o non acquisti quantità minime di prodotto.

Quando si usa questa tipologia contrattuale?

Il contratto di commissione è un contratto atipico, in quanto non esiste un articolo specifico nel nostro ordinamento che lo disciplina. Comunque sia si tratta di un contratto al quale ricorrono le grandi imprese per organizzare la distribuzione di propri prodotti con marchio celebre. Ne sono classici esempi: le concessionarie automobilistiche, le grandi compagnie di bevande analcoliche (ad esempio Coca cola) o di capi di abbigliamento di moda.

Se il produttore è forte economicamente e i suoi prodotti hanno successo sul mercato, egli può anche organizzare una rete distributiva istituendo contrattualmente rapporti privilegiati di fornitura con determinati commercianti. In relazione al tipo di rischio che questi devono sopportare esistono varie tipologie contrattuali, ma la concessione di vendita è, da sempre, molto usata.

Vantaggi e svantaggi di questo tipo di contratto

Con la concessione di vendita l’impresa concedente ha il vantaggio di poter programmare le proprie vendite, grazie all’obbligo dei concessionari di ritirare e pagare il quantitativo minimo dei prodotti concordato. Inoltre si ha il vantaggio di mantenere sotto controllo la distribuzione, più o meno capillare, e la presenza sul mercato.

Lo svantaggio per il concessionario è invece quello di dover sostenere tutte le spese della distribuzione ed il rischio di mancata vendita. Il concessionario è dal punto di vista giuridico un imprenditore che esercita un’attività intermediaria nella circolazione dei beni e se ne assume tutti gli eventuali rischi. Dal canto suo il concessionario consegue il vantaggio di avere nella sua zona il monopolio della vendita di quel prodotto, dal concedente che, per il loro marchio celebre, possono essere molto richiesti dal consumatore.

Collabente: cos’è e quali sono le agevolazioni previste

Il collabente è un immobile le cui condizioni sono talmente pessime da non poter produrre reddito. Ma nonostante ciò può essere acquistato e diventare abitazione.

Collabente: cos’è?

Un collabente è un immobile rurale, senza tetto, che non può essere sfruttato in alcun modo. Quindi rientrano in questa categoria i ruderi, le costruzioni con parte o tutto il tetto ceduto, o parte della struttura demolita. In altre parole non può essere “sistemato” con della semplice manutenzione ordinaria. Questo tipo di proprietà non ha planimetria, nè tanto meno rendita catastale. Il proprietario di questa tipologia di immobile non paga né l’Imu e né Tasi. Ma ciò nonostante può rivenderlo attraverso normale rogito notarile. Infatti in catasto è presente una specifica categoria denominata “Unità collabenti- fabbricato fatiscente, ruderi, unità con tetto crollato e inutilizzabili”. 

Collabente: come viene accatastato

Per accatastare un fabbricato collabente, occorre rivolgersi ad un professionista. Un buon professionista deve necessariamente fare un sopralluogo nella struttura, o in quello che ne rimane. Sarà lui a predisporre tutta la documentazione necessaria, in particolare una relazione firmata dalla quale emerge lo stato dell’immobile.

Ad esse occorre allegare anche una documentazione fotografica necessaria a dimostrare lo stato dei luoghi. La pratica prevede anche un’autodichiarazione del proprietario con cui attesta la mancanza di allacciamento ai servizi primari: acqua, luce ed energia elettrica. Infine viene presentata la Docfa per l’accatastamento presso l’ufficio del catasto provinciale. La categoria catastale assegnata sarà F/2.

Un collabente può diventare abitazione?

La risposta è si, ma se si rispettano gli adempimenti edilizi. Un collabente può essere ciò che resta di un immobile che prima aveva ad esempio una categoria diversa. Quindi potrebbe bastare fare una visura storica per immobile, per capire cos’era prima. Pertanto occorre rispettare anche il piano urbano del luogo in cui si trova l’immobile. Fino al 2013 un intervento di demolizione e ricostruzione di unità collabente era da considerarsi nuova costruzione.

Con la legge 98/2013, il famoso decreto del Fare, si ampliano gli interventi riconducibili alla ristrutturazione edilizia. Tra questi rientrano “quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza“. Pertanto, si la ricostruzione di un rudere, può rientrare nel concetto di ristrutturazione edilizia, purché si rispetti la volumetria preesistente. Ecco perché quindi è possibile che possa diventare una civile abitazione, a maggior ragione se già lo è stato.

Alcune precisazioni urbanistiche

Com’è chiaro cambiando la destinazione d’uso dell’immobile, dovrà essere aggiornato anche in catasto fabbricati. Ma per fare ciò occorrono anche altri adempimenti. Innanzitutto verificare che dal punto di vista urbanistico, quindi ufficio tecnico del comune dove è ubicato l’immobile sia possibile realizzare il progetto di nuova casa. L’intervento di demolizione e ricostruzione di un collabente, può essere realizzato tramite SCIA, rispettando la preesistente consistente.

La Scia è una comunicazione da effettuare all’amministrazione comunale quando si intende effettuare degli interventi edilizi che comportino demolizione, restauro o ampliamento di immobili. La normativa di riferimento è costituita dagli articoli 22 e 23 del Testo unico in materia edilizia è stata oggetto di revisione. Quando questo non è possibile l’intervento comporta delle mofidiche della volumetria complessiva. Pertanto occorre Permesso di costruire.

E’ possibile avere le agevolazioni prima casa?

La risposta è un secco NO. Chi compra un’unità collabente non può godere delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa. Anche nel caso in cui si è under 36 e si possa accedere alle nuove agevolazioni previste. A chiarirlo è proprio l’Agenzia delle entrate. Per aderire alle agevolazioni prima cosa occorra che l’immobile sia pronto all’uso abitativo e l’acquirente ha 18 mesi di tempo per poter portare la propria residenza. Occorre evidenziare che l’attribuzione della categoria F/2 – Unità Collabenti è riferita ai fabbricati totalmente o parzialmente inagibili, caratterizzati da un notevole livello di degrado che ne determina l’incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio. L’aliquota agevolata del 2% per l’acquisto di immobile è invece prevista per immobili già ad uso abitativo ad eccezione delle categorie A1, A8, A9 e A10. Mentre il collabente, come già detto ha F/2 come categoria catastale.

E’ possibile sfruttare il superbonus per le ristrutturazioni?

Si le unità collabenti essendo fabbricati esistenti ed accatastati possono accedere alle detrazioni fiscali. Tutte quelle previste per chi esegue interventi di ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica. La Legge di Bilancio 2021 ha previsto che possono ottenere il Superbonus gli edifici privi di APE perché sprovvisti di tetto, di uno o più muri perimetrali, o di entrambi (unità collabenti), purché al termine dei lavori raggiungano una classe energetica in fascia A.

Inoltre la ristrutturazione di un collabente permette di accedere anche ai soli interventi di sicurezza sismica, fino ad un massimo di 96 mila euro. Viene da se che una volta apportate tutte le modifiche, previa approvazione del progetto del comune in cui ha sede l’immobile vi è un altro adempimento da fare. E cioè provvedere al nuovo riaccatastamento, e chiedere ad esempio tutte le altre autorizzazioni comunali, come l’agibilità. Solo così si potrà richiedere l’allaccio alle utenze e vivere nell’immobile.

Concessione vendita e franchising: sono lo stesso tipo di contratto?

Concessione vendita e franchising non solo la stessa cosa. Sono due tipi di contratti diversi, ma similari. Pertanto è opportuno verificare le differenze.

Concessione vendita e Franchising: i caratteri della concessione

La concessione di vendita è il contratto con il quale una parte (concedente) si obbliga a somministrare a un’altra (concessionario) la quantità di prodotti che questa richiede. Mentre il concessionario s’impegna ad acquistarne un minimo prefissato e a rivendere i prodotto in una determinata zona. Tuttavia a favore del concessionario viene normalmente stipulata una clausola di esclusiva (Art. 1567 del codice civile).

Questa impegna il concedente a non fornire ad altri soggetti, gli stessi prodotti nella zona riservata al concessionario. In altre parole il concessionario non avrà concorrenza diretta nella zona in cui opera. Anche se a volte possono essere stipulate clausole di esclusiva a favore del concedente, che impegnano il concessionario a non vendere nella sua zona prodotti concorrenti con quelli del concedente. Il rischio della mancata vendita e le spese per la rivendita dei prodotti gravano sul concessionario. Anche se il concedente può riservare il diritto di:

  • stabilire il prezzo di vendita al consumatore;
  • controllare l’efficienza dell’impresa del concessionario;
  • chiedere al concessionario informazioni sull’andamento del mercato.

I caratteri principali del Franchising

Il franchising è un contratto con il quale un imprenditore (franchisor) concede ad un altro imprenditore (franchisee) il diritto di esercitare un’attività di rivendita di prodotti, di produzione di beni e prestazioni di servizio. Il franchisee utilizza il marchio o l’insegna del franchisor e si impegna a pagare un corrispettivo. Ma non solo l’attività d’impresa deve essere eseguita secondo le disposizioni ben precise sulla modalità di vendita dei vari punti vendita. Spesso appaiono come sedi di un’unica grande impresa. In realtà il franchisee è un imprenditore autonomo sia dal punto di vista economico che da quello giuridico. Nel senso che investe i suoi capitali come vuole, senza dover rendere conto a nessuno, se non a se stesso. Anche dal punto di vista giuridico perché nella costituzione della propria forma sociale o meno è libero di scegliere tutto ciò che vuole, purché legalmente riconosciute.

Tre diverse tipologie di franchising

Esistono tre diversi tipi di franchising. Il franchising è di servizi, quando il franchisee è autorizzato a prestare servizi utilizzando i segni distintivi del franchisor. Ad esempio i marchi di molti villaggi turistici presenti in tutto il mondo. Ma può essere anche industriale, quando il franchisee viene autorizzato a svolgere un’attività produttiva di bene. Ad esempio è il caso degli stabilimenti di produzione di noti marchi nel settore del beverage. Ed infine esiste il franchising di distribuzione, quando il franchisee è autorizzato a rivendere i prodotti usando i segni distintivi. Quest’ultima è comunque la forma più utilizzata. Basti pensare ai grandi marchi dell’arredamento o dell’abbigliamento.

Concessione vendita e Franchising a confronto

Partiamo subito con il dire che il contratto di franchising è regolato dalla Legge 129/2004 che stabilisce una definizione chiara, le caratteristiche, la durata massima e gli obblighi delle parti. Mentre il contratto di concessione di vendita rientra nei contratti “atipici“.  Per contratti atipici si intendono tutti quei contratti che non sono disciplinati in maniera puntuale dalla legge, dal codice civile e dal diritto civile in generale. Sono più che altro creati ad hoc, in base alle esigenze delle parti.

Altra differenza tra i due contratti riguarda l’oggetto stesso dell’accordo. L’oggetto del contratto di franchising riguarda la distribuzione sia di prodotti sia di servizi: ad esempio nel settore immobiliare, turistico e della ristorazione in cui si vendono servizi realizzati e già collaudati dall’azienda madre. La concessione di vendita, invece, limita il proprio oggetto alla distribuzione di soli prodotti materiali o immateriali che vengono acquistati e rivenduti ai propri clienti.

Concessione vendita e Franchising: il Know- how

Avendo analizzato le varie caratteristiche che contraddistinguono entrambi i contratti, possiamo affermare che sono molto differenti. Non dal punto da vista giuricdio, ma per lo più nel risvolto pratico e la presenza di alcuni vincoli specifici. In particolare un’attenzione va riposta nel Khow- how. L’azienda madre impone all’affiliato il suo bagagli di conoscenza, detto Know-how. Con questa parola si intende il complesso delle cognizioni ed esperienze per il corretto impiego di una tecnologia o anche, più semplicemente, di una macchina o di un impianto, il possesso di cognizioni specifiche necessarie per svolgere in modo ottimale un’attività, una professione.

Nel caso delle vendite è l’insieme di tecniche di vendita che devono essere adottate perfettamente. Mentre nella concessione di vendita il concessionario non è tenuto ad attuare alcuna formula o a confondersi all’immagine del concedente.

Concessione vendita e Franchising: le direttive impartite

Nel franchising l’affiliato deve osservare tutte le direttive impartite dall’azienda madre. Tra queste rientrano: la formazione del personale, la conformità degli allestimenti e le tecniche di vendita. Il Franchisor ha un ampio potere di controllo generale al quale l’imprenditore franchisee deve sottostare. Invece nella concessione di vendita questa subordinazione non esiste. Il concessionario è libero di organizzare la sua attività come vuole, gestire il suo personale e formarlo secondo quelle che sono le sue esigenze. Questo perché, come abbiamo detto, il rischio d’impresa è proprio sulle spalle del concessionario nella sua totalità. Pertanto attenzione a quale tipo di contratto si sceglie, perchè potrebbe essere un legame difficile da sciogliere!

Previsioni immobiliari 2021: cosa ci si aspetta sul mercato

Le previsioni immobiliari del 2021 non sono rosee. Il settore è in ripresa per il 2021, le vendite salgono ma i prezzi restano fermi ed in alcuni casi scendono.

Previsioni immobiliari 2021: cos’è successo in quest’ultimo anno

Il mercato immobiliare 2021 nei primi mesi ha visto una sensibile crescita delle vendite, ma i prezzi sono rimasti fermi rispetto all’anno precedente. Il 2020 è stato un anno che bloccato e cristallizzato molti mercati, compreso quello italiano dell’immobile. Basti considerare che fino al 2019 il settore del mercato immobiliare era in crescita. Anche La fiducia e l’interesse dei potenziali acquirenti, verso il settore immobiliare, stavano crescendo.

Due milioni di famiglie che volevano comprare, spesso hanno avuto bisogno di accedere al credito. Spinti anche da tassi di interessi straordinariamente bassi. Nel 2019 infatti, soprattutto negli ultimi mesi, il numero delle persone che hanno potuto accedere al credito è aumentato. Nel 2020 arriva il Coronavirus e qualcosa cambia il trend.

Previsioni immobiliari 2021: cosa ci si aspetta per i prossimi mesi

Le vendite continueranno ma i prezzi probabilmente rimarranno ancora bloccati. Anche se si registra una riduzione del 5% circa del prezzo degli immobili in molte aree urbane. Ma nel 2021 gli immobili continueranno ad attrarre gli investitori del mattone. Con molta probabilità l’eredità dell’emergenza sanitaria si concretizzerà con un riequilibrio dei valori di mercato. Inoltre si prevede un calo dei rendimenti nel breve periodo a favore di un aumento degli stessi nel lungo periodo.

Ciò che può rendere appetibili maggiormente gli immobili, possono essere una serie di agevolazioni legate all’acquisto della prima casa, come ad esempio quella prevista per gli under 36. In particolare con determinati requisiti: un posto di lavoro stabile, età inferiore a 36 anni ed un ISEE inferiore a 40.000 euro è lo Stato che fa da garante. Si tratta delle disposizioni del Decreto Sostegni bis già in vigore.

Aumenta la qualità richiesta sugli immobili

Il lockdown ha fatto che i potenziali acquirenti acquisissero maggiori informazioni in merito al tipo di immobile desiderato. Vi è sempre più maggiore attenzione alla qualità del costruito, in termini di comfort. Ma anche maggiore esigenza di ampiezza dei vani, spazi intermedi ed esterni.

Ciò significa che verranno penalizzati gli immobili in cattive condizioni, o che necessitano forti lavori di ristrutturazione. Per questi immobili sarà inevitabile una riduzione del prezzo di vendita, almeno per il prossimo anno. Ma se l’ottica continua a rimane questa alcuni immobili potranno addirittura cadere in disuso. Ma non solo anche gli immobili dedicati ad uso ufficio dovranno essere concepiti in modalità smart-working. Riduzione o rimodulazione degli spazi, almeno fino a che l’emergenza sanitaria non sarà finita.

L’importanza di terrazzi e giardini

Tuttavia i potenziali clienti potrebbero scegliere di acquistare in maniera selettiva. Spostando il loro interessi su immobili che hanno delle caratteristiche diverse. Ad esempio la presenza di terrazzi e giardini. Spazi che a seguito del Coronavirus sono diventati vitali. Il poter godere di aree in cui poter godere del sole, in cui fare palestra o semplicemente muoversi sta diventando sempre più un’esigenza.

Di solito una casa che si trova in centro città ha un valore di mercato più alto rispetto a una che si trova in periferia. Ma se quella in periferia avesse anche giardino e terrazzo? Questo potrebbe variare i prezzi? Probabilmente, potrebbe far cambiare la domanda. Con un incremento dei prezzi nelle zone in cui gli immobili hanno la possibilità di avere delle ampie pertinenze esterne.

Quali saranno gli immobili più richiesti?

Oltre all’esigenza di spazi esterni, anche il bisogno di spazi interni sta cambiando. Mediamente in Italia, l’immobile da destinare alla famiglia è il trivani. In particolare salone, cucina, due camere da letto e servizio. Ma le esigenze sono cambiate e non è più così. Prima della pandemia, le famiglie erano più orientate ad avere un unico openspace con cucina e soggiorno insieme, due camere da letto ed un bagno o lavanderia. Adesso non è più così.

L’esigenza di avere uno spazio da destinare all’attività di smart working, magari lontano dai figli in casa, è cresciuta. Così come è in aumento la richiesta di due bagni all’interno dell’immobile, soprattutto se si ha una famiglia da 3 a 4 persone. Questo, potrebbe generale l’interesse a cercare case in cui vi sia una quarta camere, o magari più. Un’opportunità maggiore per quelle case grandi che non sono state vendute, magari proprio lo scorso anno. Gli operatori prevedono un periodo di stabilità, anche se il primo trimestre 2021 fa ben sperare.

Home staging: la casa va in scena e cattura compratori

Home staging è una nuova tecnica di presentazione degli immobili. Ma si sta molto diffondendo e permette anche di creare nuove opportunità di lavoro.

Home staging: da dove deriva questa tecnica immobiliare?

Home staging è la fusione di due parole inglesi home e staging. In particolare staging deriva dal verbo inglese to stage, che in italiano vuol dire “mettere in scena“. Mentre la parola home, viene tradotta in casa. Pertanto viene da se che home staging vuol dire letteralmente “mettere la casa in scena”. Si tratta di una tecnica molto usata dalle compagnie immobiliari per presentare al meglio un immobile. E’ arrivata in Italia circa dieci anni fa, ma sembra rendere in termini scenografici.

In alte parole la casa diventa un set, dove la singola stanza è la protagonista. Un unico gioco di luci, ombre e posizione di oggetti che sembrano dare vita e rendono al meglio l’ambiente oggetto di vendita. Senza considerare che può dare anche un’idea al potenziale acquirente di come potrà modificare casa sua, subito dopo l’acquisto. Potrà così comprare casa in maniera sicura e anche con qualche prospettiva futura.

Home staging: chi è e cosa fa l’home stager

L’home stager è come un regista che crea un set in casa da vendere. E’ uno specialista del settore che accompagna tutta la fase di preparazione e allestimento. Spesso si tratta di interior design capaci di fondere nozioni di marketing. Infatti questa è una delle professioni più richieste al momento e quindi un’opportunità lavorativa non indifferente. Il suo compito è quello di trasformare, grazie dei componenti di arredo studiati ad hoc, un immobile in qualcosa di “appetibile” o “desiderabile” da parte di chi lo sta guardando.

Quindi occorre avere delle vere e proprie competenze in termini di arredamento degli interni, miscela di colori, studio del posizionamento e tecniche capaci di rendere piacevole, senza però falsificare la realtà.

Home staging: le fasi del progetto

L’home stager deve prima studiare l’immobile oggetto del suo palcoscenico. Per questo motivo la prima fase è quella del sopralluogo. E’ un passo importante perché permette di valutare gli elementi di forza e di criticità, anche in termini di spazio, del set da allestire. La seconda fase è quella più progettuale. Infatti, occorre sviluppare i progetti, l’idea che si vuole realizzare e da presentare al venditore.

Del resto è sempre casa sua, quindi ha molto interesse a partecipare a questa fase. Può essere utili predisporre anche un preventivo di spesa. Anche se spesso l’home stager è sempre munito di lampade, arredi, oggettistica varia che permette di abbattere notevolmente i costi.  La terza fase è quella della realizzazione, attraverso appunto il montaggio della scena. Un immagine che evochi solo belle sensazioni per attrarre il potenziale acquirente. Un bravo home stager:

  • analizza il contesto in cui si trova l’immobile;
  • studia il mercato immobiliare di riferimento;
  • permette di ridurre il tempo in cui il bene rimane in vendita;
  • rispetta il budget concordato.

E’ possibile utilizzare questa tecnica in qualsiasi tipo di immobile?

Questa è una domanda molto diffusa, anche se a dire il vero, è una tecnica più usata nel settore abitativo. Infatti uno degli scopi principali è quello di “far sentire a casa” il potenziale acquirente. Inoltre può essere adattato per tutti i tipi di casa. Se una casa vuota può dare senso di essere vuota o fredda, l’home stager può attraverso un arredamento che a volte può anche essere semplicemente realizzato in cartone, cambiare il volto di quelle camere. In un appartamento arredato e vissuto dal proprietario esiste una strategia diversa.

Proprio perché già il proprietario ha segni evidenti della sua vita. In questo caso il professionista dovrà amalgamare e rendere armonioso già ciò che ha a disposizione. E magari aggiungere solo qualcosa, come dei semplici componenti di arredi. In un angolo buoi della casa, basta a volte puntare sul colore chiaro delle parete in ed un gioco di luci, che diventa subito in angolo romantico.

Home staging: consigli utili

Infine può capitare che un venditore, non voglia affidarsi ad un professionista, ma provare a costruire da solo a rendere casa il set perfetto. Bene a questo punto potremmo formulare alcuni consigli. Se un compratore deve sentirsi a casa propria, è meglio far subito sparire tutti gli effetti personali nelle camere. Ne sono esempio le foto di famiglia, o abbigliamento sparso per casa. L’ordine è sempre stato un buon biglietto da visita.

Quindi è giusto mantenerlo, un po’ come succedere nei book dei negozi che vendono arredamenti. Nelle foto evitare macchie di cucina o di umido, pertanto prima di avventurarsi nella vendita, riparare eventuali danni. Una bella pittura fresca, possibilmente bianca o con colori chiari dà sempre una sensazione di fresco e pulito. Se i pavimenti sono di marmo, una bella messa a lucido non può certo guastare. Infine arredare le varie stanze solo con elementi essenziali rende, da un punto di vista ottico, le case più grandi. Un set così allestito può dare la voglia di andare in quell’immobile e viverlo già da subito.

Come comprare casa: i documenti necessari per un acquisto sereno

Comprare casa è un acquisto spesso per la vita. Di seguito una breve guida con tutti i documenti necessari per un acquisto sicuro.

Come comprare casa: chi può farlo?

Quando si decide di comprare una casa comincia un tour di immobili da vedere. Tra le cose da scegliere vi è la zona, il numero di vani, i servizi, balconi o terrazzi, appartamento o villetta. Spesso questa scelta è anche vincolata dal budget che si ha a disposizione oppure da quello concesso dalla banca. Inoltre un immobile può essere comprato sia da un privato che da un costruttore. Anche le aziende possono decidere di comprare un immobile per esercitarvi la propria attività. Ma attenzione perchè l’acquisto di immobili di natura abitativa tramite società/ditta individuale risulta piuttosto penalizzato dall’attuale sistema tributario. Queste penalizzazioni sono mitigate in caso di acquisto di un immobile strumentale e, alcuni casi, possono invece strasformarsi in vantaggi.

Come comprare casa: l’atto di provenienza

Una cosa è certa: ci sono dei documenti che vanno richiesti al proprietario o all’agente immobiliare. Il primo di tutti è avere una copia dell’atto di provenienza. E’ un documento importantissimo perchè attesta la proprietà dell’immobile. A questo proposito è giusto precisare come il soggetto è diventato proprietario di casa. Infatti la proprietà di qualsiasi bene, può essere acquistata in due modi: o a titolo derivativo o a titolo originario. Nel primo caso ne fanno parte: i contratti di compravendita, la permuta, la donazione o la successione. Nel secondo caso: l’occupazione, l’invenzione, l’accessione, l’unione e commistione, la specificazione, l’usucapione e l’acquisto di buona fede dei beni mobili.

I documenti da richiedere al Catasto

Tra gli altri documenti necessari ci sono la visura e planimetria catastale. La visura catastale contiene i dati identificativi e reddituali dei beni immobili, i dati anagrafici delle persone fisiche o giuridiche e delle unità immobiliari urbane. I dati della visura ordinaria di un immobile sono: sezione urbana, foglio, particella, subalterno, comune. Ed inoltre ci sono i dati di classamento: zona censuaria, categoria catastale, classe e superficie catastale, consistenza e rendita.

E’ possibile fare una visura attuale sull’immobile, oppure storica e contiene tutti i passaggi di proprietà avvenuti in ordine cronologico. Mentre la planimetria catastale è il disegno tecnico, di solito in scala 1:200 di un qualsiasi immobile. Ne delinea i contorni, la composizione e la destinazione dei singoli ambienti. La planimetria spesso viene richiesta insieme alla visura presso l’Ufficio Catasto del comune in cui è situato il bene.

Come comprare casa: l’importanza della visura o ispezione ipotecaria

La visura ipotecaria chiamata anche visura ipocatastale o ispezione ipotecaria, è una attività di ricerca che permette di determinare se ci sono dei gravami sugli stessi. Inoltre consente di ottenere l’elenco delle formalità in capo al proprietario o registrate nella Conservatoria dei  registri immobiliari. La visura ipotecaria è di fatto un documento che riporta i dati annotati nei registri degli immobili della conservatoria. Infine la visura ipotecaria può essere richiesta:

  • per soggetto, in modo tale da conoscere tutte le proprietà immobiliari di una determinata persona, fisica o giuridica.
  • per immobile, in modo tale da conoscere i dati della proprietà di uno specifico bene immobile. Si tenga presente che, per effettuare una visura ipotecaria per immobile, occorre disporre di informazioni su Comune, catasto terreni oppure catasto urbano, sezione urbana se è presente, foglio mappale, particella dell’immobile da attenzionare.
  • per nota ipotecaria, solitamente richiesta per acquisire maggiori dettagli su uno specifico atto registrato presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di riferimento. In questo caso, occorre conoscere gli estremi riportati nell’elenco sintetico (numero di registro, anno).

Comprare casa: i certificati urbanistici

Per completare l’elenco dei documenti necessari alla vendita, occorre citare anche altri certificati. Questi, vengono concessi dall’Ufficio Tecnico del comune dove è ubicata la casa. E sono:

  1. Certificato di abitabilità o agibilità: si tratta di un documento che attesta la vivibilità della casa in termini igienico sanitari, di sicurezza degli impianti installati e la conformità dell’immobile al progetto di costruzione. Questo certificato si ottiene a seguito dell’avvenuta registrazione dell’immobile in catasto. Ma anche dopo aver provveduto a dichiarazione di conformità degli impianti, collaudo e certificazione di conformità antisismica.
  2. Certificato di destinazione urbanistica: indica i dati catastali dell’immobile. La destinazione d’uso urbanistico viene rilasciata dalla pubblica amministrazione e fornisce, oltre ai dati catastali,  altre informazioni che qualificano l’edificio.Il certificato può essere richiesto all’Ufficio Tecnico dai proprietari, potenziali acquirenti, notai, tecnici incaricati, eredi ed agenti immobiliari.

Inoltre, tra i certificati che non possono mancare c’è l’attestato di prestazione energetica. E’ un documento che attribuisce una classe di valore al rendimento energetico degli edifici. Grazie alla consultazione di un tecnico specializzato per la redazione, è anche possibile apportare delle modifiche che permetto al proprietario di far risparmiare sui consumi in casa.

Altri documenti accessori

Spesso accompagnano la vendita anche la certificazione degli impianti ed il regolamento di condominio, se si tratta di un appartamento. Secondo il Decreto ministeriale 37/2008 la certificazione degli impianti è obbligatoria per tutte le nuove installazioni in strutture pubbliche e private. Quando si acquista un immobile in condominio, è giusto chiedere all’amministratore che venga rilasciata la quietanza di regolarità nei pagamenti.

Inoltre devono essere specificate eventuali spese approvate, che comunque rimangono in carico al venditore. Avere la copia del regolamento di condominio non guasta, anche perchè da esso dipende la buona condotta del condominio stesso. Il notaio redige l’atto di compravendita e le spese di acquisto sono in capo al compratore. Solo così e finalmente si acquista casa. Il consiglio finale è sempre quello di affidarsi a seri operatori del settore, come gli agenti immobiliari, capaci di seguire tutto l’iter di perfezionamento della vendita.

Casa ad 1 euro: come diventare proprietari solo ristrutturando

Casa ad 1 euro è il progetto contro lo spopolando di alcuni centri. Di seguito una breve guida su come comprare casa spendendo solo un euro, ma ristrutturando.

Casa ad 1 euro: come funziona il progetto

Acquistare casa ad prezzo simbolico di un euro, non è un sogno, ma una realtà. Si chiama progetto “Casa ad 1 Euro” e vi hanno aderito molti comuni italiani, e non solo. Infatti, comprare casa spendendo solo 1 euro è possibile grazie a degli accordi con i comuni aderenti. Spesso si tratta di luoghi che stanno lottando contro lo spopolamento del centro urbano. E attraverso questa iniziativa possono invogliare i giovani ad aprire anche attività turistiche e ricettive. Si tratta spesso di villini, casa o interi edifici destinati all’abbandono oppure alla demolizione. Ma che grazie a questa iniziativa potrebbero riprendere nuova vita. E’ molto probabilmente questo la motivazione che ha spinto molti sindaci dei Comuni di graziosi borghi ad aderire al progetto. Inoltre è un bene riqualificare il centro storico mettendo in vendita immobili antichi inutilizzati.

Chi può accedere al bando?

I bandi per la vendita a solo 1 euro di un immobile vengono predisposti dai comuni che hanno aderito al progetto. In linea generale possono partecipare tutti. Ma nel dettaglio si precisa che possono comprare casa ad un prezzo simbolico:

  • privati cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari;
  • Imprese, società o consorzi che abbiano come oggetto sociale la gestione di immobili ad uso turistico e ricettivo. Tali enti dovranno risultare iscritti alla C.C.I.A.A. per scopi relativi al progetto in questione, e dovranno risultare il regola col pagamento dei contributi previdenziali.

Si parla di società che si occupano anche di promuovere il turismo. In particolare si ha gestione di una casa vacanze in forma imprenditoriale quando si gestiscono con locazioni turistiche più di 3 immobili per ogni Comune. Spesso si identificano questa categoria di società come “esperti nelle locazioni brevi“. Brevi appunto perché sono sotto i 30 giorni. E legati più altro al mondo turistico e ricettivo, turisti che scelgono formule diverse rispetto a quelle alberghiere o all inclusive.

Casa ad 1 euro: le condizioni per l’acquisto

Gli immobili vendono ceduti in donaziona al Comune che tramite appositi bandi li rivende alla cifra di un euro. Ma la vendita è gravata da alcune condizioni, che potremmo così riassumere:

  • l’acquirente deve garantire la ristrutturazione dell’immobile entro 365 giorni dall’acquisto, con un valore minimo di 25-20 mila euro;
  • i lavori devono essere avviati entro due mesi dall’ottenimento dei permessi;
  • saranno a carico dell’acquirente tutte le spese di atto notarile, registrazione, accatastamento e volture;
  • l’acquirente deve stipulare una polizza fideiussoria di 5 mila euro della durata di tre anni a garanzia dell’operazione e del Comune. Se tutto procederà come da accordi la fideiussione verrà restituita.

E’ possibile godere del bonus ristrutturazione?

Si è possibile non solo comprare casa ad un euro, ma anche ristrutturarla utilizzando i bonus attualmente attivi. Infatti grazie alla legge di Bilancio 2019 sono state erogate fino al 31 dicembre 2021 queste agevolazioni. Tuttavia tutti i contribuenti possono godere sulle detrazioni Irpef, che garantiscono i bonus. Infatti grazie al Superbonus 110%, sismabonus ed ecobonus previsti per il 2021, si potranno avere detrazioni per una spesa massima di 96.000 euro. Ma gli interventi devono riguardare:

  • ristrutturazione edilizia;
  • manutenzione straordinaria;
  • restauro e risanamento conservativo.

Infine come se già tutte le agevolazioni non bastassero, è anche possibile richiedere l’IVA agevolata e le detrazioni sugli interessi passivi sui mutui. Perché anche società, oltre alle persone fisiche, possono richiedere dei mutui per il pagamento di tutte le ristrutturazioni. Comunque sia resta valido anche lo sconto in fattura e la cessione del credito.

Dov’è possibile comprare casa?

Sul ufficiale casa1euro.it è presente l’elenco completo dei Comuni dove è possibile acquistare casa:

  • Oyace (Aosta) – Valle D’Aosta;
  • Augusta (Siracusa) – Sicilia;
  • Biccari (Foggia) – Puglia;
  • Castropignano (Campobasso) – Molise;
  • Laurenzana (Potenza) – Basilicata;
  • Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila) – Abruzzo;
  • Taranto – Puglia;
  • Racalmuto (Agrigento) – Sicilia;
  • Mussumeli (Caltanissetta) – Sicilia;
  • Troina (Enna) – Sicilia;
  • Rose (Cosenza) – Calabria;
  • Itala (Messina) – Sicilia;
  • Teora (Avellino) – Campania;
  • Bisaccia (Avellino) – Campania;
  • Milano – Lombardia;
  • Montresta (Oristano) – Sardegna;
  • Cammarata (Agrigento) – Sicilia;
  • Caprarica di Lecce (Lecce) -Puglia;
  • Saponara (Messina) – Sicilia;
  • Bivona (Agrigento) – Sicilia;
  • Borgomezzavalle (Verbano Cusio Ossola) – Piemonte;
  • Sambuca (Agrigento) – Sicilia;
  • Cantiano (Pesaro Urbino) – Marche;
  • Zungoli (Avellino) – Campania;
  • Fabbriche di Vergemoli (Lucca) – Toscana;
  • Ollolai (Nuoro) – Sardegna;
  • Nulvi (Sassari) – Sardegna;
  • Gangi (Palermo) – Sicilia;
  • Regalbuto (Enna) – Sicilia;
  • Salemi (Trapani) – Sicilia;
  • Lecce nei Marsi (L’Aquila) – Abruzzo;
  • Patrica (Frosinone) – Lazio;
  • Termini Imerese (Palermo) – Sicilia;
  • Montieri (Grosseto) – Toscana

Comprare casa all’asta: una guida per saperne di più

Comprare casa all’asta attrae sempre più giovani investitori. Pertanto una breve guida che spiega come muoversi nella giungla dell’immobile.

Comprare casa all’asta: perchè un immobile va all’asta?

Le aste giudiziarie sono uno strumento per procedere alla vendita forzata di un immobile. Tuttavia sono tre le principali cause che portano un immobile ad essere venduto secondo questa metodologia. Il primo caso potrebbe essere dovuto ad un soggetto che non riesce più a pagare i propri debiti. Pertanto i creditori hanno diritto di rivalere i propri diritti sulla proprietà del debitore. E’ il tipico caso di un soggetto che non riesce più a pagare il mutuo di casa. Il secondo caso riguarda le imprese o società, che devono vendere i propri beni se sottoposte a procedura fallimentare. Mentre l’ultima causa riguarda gli enti pubblici. Questi ultimi quando decidono di vendere dei beni devono farlo per forza solo attraverso l’asta. La procedura permette di assicurare maggiore trasparenza, e quindi è obbligatoria.

Comprare casa all’asta: la vendita senza incanto

Le aste immobiliari sono di due tipi: con o senza incanto. Secondo la legge 28 dicembre 2005, n. 263 e la più recente legge 24 febbraio 2006, n. 52 prevedono che la modalità senza incanto sia quella che, in via preliminare, se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo, debba essere adottata. Solo in subordine, nel caso in cui l’asta senza incanto non ottenga risultati, si potrà procedere alla vendita con incanto. Ma cosa vuol dire in parole più semplici? Nella vendita senza incanto i partecipanti presentano le loro offerte d’acquisto in busta chiusa. Queste sono consegnate in Cancelleria, indicando il prezzo che gli offerenti sono disposti a versare. Sempre in busta è specificato il metodo di pagamento, il tempo ed ogni altro elemento utile. Le buste poi vengono aperte durante l’udienza fissata per la lettura e prese in esame. I vari offerenti sono presenti. Se l’offerta è accettata è possibile procedere alla vendita, mentre se ci sono più proposte interessanti si procede con una gara che valuta aumenti di prezzo o le migliori condizioni di vendita per i creditori.

Comprare casa all’asta: la vendita con l’incanto

Nella vendita con l’incanto si fa subito una gara tra i diversi offerenti. Il giudice dell’esecuzione fissa una data e l’ora per poter sperimentare la vendita. Inoltre viene indicato il prezzo minimo, ma anche il minimo consentito per ogni eventuale rialzo. Inoltre viene fissata anche l’ammontare della cauzione, le modalità e il termine entro il quale il prezzo deve essere depositato. Le offerte devono superare il prezzo base d’asta altrimenti non sono valide. Al vincitore della gara verrà consegnato il decreto di trasferimento che contiene:

  • il trasferimento di proprietà;
  • la relativa documentazione urbanistica;
  • la descrizione completa dell’immobile;
  • la fiscalità inerente all’acquisto;
  • le formalità che gravano sull’immobile, che comunque sono cancellate dopo 20 giorni dal decreto;
  • eventuale tassazione.

Durante la vendita all’incanto è comunque possibile provvedere alla richiesta di mutuo per l’acquisto. Nello specifico il probabile acquirente deve essere munito di una pre-delibera di mutuo.

Come si viene a conoscenza di un’asta?

E’ possibile conoscere quando e come partecipare ad un’asta attraverso l’avviso. Questi sono presenti in molti quotidiani sia economici che non. Ma anche utilizzando il web è possibile leggere gli avvisi. Ad esempio attraverso il sito www.astegiudiziarie.it basta inserire la provincia, il comune, la procedura ed il tribuna ed gioco è fatto. Ci sono anche una serie di professionisti del settore che cercano di proporre buone offerte ai propri clienti. Pertanto, gli avvisi sono importanti e rispettare le regole indicate in esso, permette di aggiudicarsi più facilmente gli immobili. E in particolare l’avviso contiene i seguenti dati:

  • indirizzo dove si trova l’immobile;
  • luogo, data ed ora in cui si terrà l’asta;
  • prezzo base;
  • rilancio minimo;
  • termine di presentazione delle offerte;
  • modalità di vendita

La nuova frontiera delle aste telematiche

Da gennaio 2018 è ammessa la modalità delle aste telematiche. Si tratta di una modalità di vendita, applicabile sia alle vendite giudiziarie che quelle private. Si basa sull’uso di internet per la manifestazione della volontà di vendita e di acquisto. Tale modalità consente agli utenti, precedentemente registrati, di leggere l’avviso e di partecipare pur essendo fisicamente lontano. Questo è possibile attraverso la cosiddetta “live auction”, ovvero la vendita in tempo reale con i rilanci temporizzati stabiliti. In questa modalità le parti sono tutte connesse per tutta la durata della sezione. Qui la vendita può essere “ad acquisto immediato”: il bene è aggiudicato al partecipante che per primo ha formulato l’offerta. Mentre nell’asincrona a ribasso progressivo la vendita ha la durata temporale indicata nell’intervallo prestabilito. Il periodo di vendita è continuativo e cadenzato in mesi, con prezzo base decrescente in ciascun mese di vendita. Infine, nell’invito ad offrire è possibile formulare le offerte per un importo libero, indicando il tempo e il metodo di pagamento. Solo dopo sarà deciso, in base a tutte le offerte valide pervenute, se ed a chi vendere il bene.