Imposta di bollo assolta in maniera virtuale, che significa?

Oggi andremo a scandagliare l’uso della marca da bollo o imposta di bollo, assolta in maniera virtuale e non solo. In un tempo di fatturazione elettronica, anche l’uso della marca da bollo diventa spesso virtuale, scopriamone insieme come essa viene assolta e quale è la sua effettiva funzione fiscale.

Imposta di bollo virtuale, cosa è?

Innanzitutto, partiamo col precisare cosa sia un’ imposta di bollo o marca da bollo virtuale. La marca da bollo virtuale (o imposta di bollo) serve ad assolvere l’imposta sostitutiva all’IVA, qualora questa non sia esigibile. Essendo virtuale la marca da bollo, sarà utilizzata solo previa uso telematico, quindi per dirla in breve, in modalità online. Al contrario della marca da bollo cartacea che si compra canonicamente in tabaccheria, la marca da bollo virtuale può essere acquistata online.

Come acquistare una marca da bollo virtuale?

Per poter acquistare la marca da bollo virtuale e pagare l’importo dovuto sarà necessario utilizzare il servizio @e. bollo dell’Agenzia delle Entrate, attraverso il quale sarà consentito acquistare un contrassegno digitale, con addebito sul proprio conto corrente, su una carta di debito o su una prepagata, tramite il sistema di pagamento PagoPa.

Ma come funziona la marca da bollo virtuale?

L’imposta di bollo o marca da bollo virtuale va “consumata” in questo modo. Scopriamo nel dettaglio, come viene assolta.

I contribuenti che avranno scelto di pagare la marca da bollo in modo virtuale dovranno presentare una dichiarazione consuntiva che contenga il numero degli atti e documenti emessi nell’anno solare precedente, separati per voce di tariffa, utilizzando l’apposito modello.

La relativa dichiarazione dovrà essere trasmessa necessariamente in via telematica all’Agenzia delle Entrate, direttamente in modalità online o tramite intermediario, entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento.

In ultimo, va specificato che il modello dovrà essere utilizzato anche per la presentazione delle dichiarazioni nei seguenti casi:

  • in caso di rinunzia all’autorizzazione,
  • in caso di operazioni straordinarie
  • per rettificare e/o integrare una dichiarazione già presentata della stessa tipologia.

Appurato ciò, una volta effettuati i controlli necessari, l’Agenzia delle Entrate provvederà dunque a liquidare in maniera definitiva a consuntivo l’imposta dovuta per l’anno precedente e, quindi liquidare in maniera provvisoria l’imposta per l’anno in corso. Il contribuente riceverà, dunque, un avviso di liquidazione della sua imposta di bollo dovuta, andando a pagare il totale con cadenza bimestrale, in una tempistica pari a quanto segue:

28 febbraio, 30 aprile, 30 giugno, 31 agosto, 31 ottobre e 31 dicembre.

Andiamo in ultimo, ma non ultimo a scoprire il punto focale per l’uso o meno della marca da bollo su una fattura o ricevuta fiscale che sia.

Ma quando è necessario presentare marca di bollo?

Indipendentemente, dalla modalità di uso della marca da bollo (o imposta di bollo) sia essa cartacea che virtuale, esiste uno standard obbligato da tenere conto per l’ applicazione della stessa.

Precisiamo col dire, quindi, che l’ applicazione di una marca da bollo (cartacea o virtuale che sia) si rivela necessaria su di una fattura o su una ricevuta fiscale in taluni casi, senza esclusione di sorta. I casi specifici sono quattro e tutti prevedono l’apposizione di una marca da bollo da 2 euro in caso di importi superiori ai 77.47 euro:

  • Fuori campo IVA nel caso delle fatture emesse dai professionisti che operano nel regime forfettario o nel regime dei minimi
  • Esenti IVA
  • Escluse da IVA
  • Non imponibili ai fini IVA

Dunque, dopo questa rapida guida all’uso e consumo dell’ imposta di bollo, non vi resta che scegliere la modalità di applicazione della marca da bollo (o imposta di bollo) per le vostre fatturazioni.

Imposta di bollo su fatture: quando e come si applica

Oggi andiamo a scoprire tutto il necessario che c’è da sapere sulla marca da bollo, sulle sanzioni possibili e sul come applicare l’imposta di bollo su fatture e fatture elettroniche.

Imposta di bollo su fatture elettroniche

Partiamo col far presente, per coloro che non fossero al corrente, del fatto che l’imposta di Bollo si applica, con un costo di 2 Euro esclusivamente alle fatture, siano esse cartacee che elettroniche, emesse senza addebito di IVA. Il bollo si applica quando la fattura abbia un importo superiore a 77,47 euro. Tuttavia, per quanto riguarda le fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre solare il pagamento andrà effettuato entro, e non oltre, l’ultimo giorno del terzo mese successivo alla chiusura del trimestre.

Imposta di bollo, al tempo del Covid-19

In seguito alle disposizioni contenute nell’articolo 26 del D.L. 23/2020, meglio noto come Decreto Liquidità, sono state tuttavia introdotte delle modifiche per quanto riguarda i versamenti dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. In particolare, è disposta la facoltà di spostare alla successiva scadenza trimestrale i versamenti che non superano l’importo di 250 euro, facendo riferimento ai primi due trimestri dell’anno d’imposta 2020, mantenendo quindi invariati i termini di versamento riguardanti il terzo ed al quarto trimestre che dovranno essere versate alle scadenze ordinarie.

Imposta di bollo sulle prestazioni sanitarie

Nel caso di fatture relative a prestazioni sanitarie è stato, invece esplicato che l’imposta di bollo, pari sempre al valore di 2 Euro, va assolta su ogni fattura medica (ovviamente nel caso in cui la stessa sia esente da Iva con un importo superiore ad €. 77,47. Inoltre, il medico sarà il soggetto tenuto all’applicazione del contrassegno, poiché egli emette il documento fiscale. E’ facoltà del prestatore (medico), di addebitare l’importo dell’imposta di bollo (pari ad euro 2) al paziente. In fine, il paziente, così come il medico, ovvero il prestatore, ai fini fiscali sono paritariamente responsabili per l’eventuale mancata applicazione dell’imposta di bollo.

Ma cosa accade, quindi se il medico non mette il bollo sulla fattura?

Nel momento in cui il medico, quindi il prestatore, abbia emesso fattura, senza apporre l’apposito bollo, il cliente, ovvero il paziente, dovrà presentare entro 15 giorni, all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate la fattura medesima per la regolarizzazione, facendosi carico dell’imposta di bollo, senza però incorrere in sanzioni o aggiunte di pagamento. Sarà poi l’Ufficio a richiedere sanzioni ed interessi al medico inadempiente. Se ciò non dovesse accadere, sia prestatore che cliente sono ritenuti equamente responsabili per l’imposta di bollo, sanzioni e interessi in merito.

Fattura inviata tramite e-mail: come apporre imposta da bollo?

Nel tempo del Covid è sempre più usanza (e buona abitudine) evitare di affollare lo studio medico o, in generale gli uffici affollati. E, sempre più spesso, anche le fatture vengono inviate tramite messaggistica elettronica, previa e-mail, o in messaggistica come whatsapp. Nei casi in cui la fattura venisse inviata per mezzo elettronico, quindi occorre che la marca da bollo pari ad euro 2 sia materialmente applicata sulla fattura in possesso dell’emittente (quindi, stampando apposita fattura). Inoltre, sulla copia inviata al cliente via mail dovrà essere indicata la dicitura: “Imposta di bollo assolta sull’originale”, riportando anche il numero identificativo della marca da bollo apposta sulla fattura originale.

Come avviene il pagamento dell’imposta di bollo?

In ultimo, ma non ultimo andiamo a scoprire come avviene il pagamento dell’imposta di bollo. Il suddetto pagamento potrà avvenire attraverso le seguenti modalità, qualora avviene attraverso contrassegno, pagando all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate o presso altri Uffici autorizzati, oppure con versamento su conto corrente postale.

Pagamento dell’imposta di bollo per assolvimento virtuale

La suddetta imposta potrà essere pagata anche previa assolvimento virtuale, dopo aver ottenuto autorizzazione dall’Agenzia delle Entrate. Attraverso questa modalità, sui documenti che sono soggetti ad imposta non sarà più apposta la marca da bollo, bensì la dicitura “assolvimento virtuale dell’imposta di bollo“, con, rilasciato dalle Entrate, il numero di autorizzazione. In tal caso l’imposta di bollo dovuta sarà poi versata bimestralmente, seguendo un piano di liquidazione calcolato dall’Agenzia delle Entrate. Il saldo dovuto sarà determinato per il singolo anno solare e verrà effettuato tramite la presentazione, nel gennaio del seguente anno.

Imposte patrimoniali, croce degli italiani

Quanti italiani, privati cittadini o imprenditori, hanno avuto a che fare nella vita con il salasso delle imposte patrimoniali? Moltissimi, pensiamo, per la gioia soprattutto dello Stato. Secondo una ricerca condotta dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, nel 2013 le imposte patrimoniali che pesano sui contribuenti italiani hanno portato nelle casse dell’erario la bellezza di 41,5 miliardi di euro. Secondo l’Ufficio studi, la situazione per l’anno in corso è destinata a peggiorare ulteriormente.

L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha considerato nella sua ricerca le seguenti imposte patrimoniali: imposta di registro e sostitutiva; imposte di bollo; imposta ipotecaria; diritti catastali; ICI/IMU; bollo auto; canoni su telecomunicazioni e RAI; imposta sulle transazioni finanziarie; imposta sul patrimonio netto delle imprese; imposta su secretazione dei capitali scudati; imposte sulle successioni e donazioni; imposta straordinaria sugli immobili; imposta straordinaria sui depositi; imposta sui beni di lusso.

Dopo un’attenta analisi, l’Ufficio Studi ha rilevato che nel 2012 il gettito delle imposte patrimoniali è cresciuto, rispetto al 2011, di 13.950 milioni di euro (+46%) e che nel 2013 si è registrata una temporanea flessione dovuta principalmente all’abolizione dell’Imu sulle abitazioni principali.

Proprio l’Imu è, in termini di gettito, l’imposta più onerosa per le gli italiani: lo scorso anno ha garantito alle casse dello Stato e dei Comuni la bellezza di 20,2 miliardi di euro. Molto a distanza seguono l’imposta di bollo (6,6 miliardi), il bollo auto (5,9) e l’imposta di registro (4,3). Una classifica poco invidiabile, questa delle imposte patrimoniali riscosse dallo Stato italiano, che l’Imu si aggiudica a mani basse

Secondo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, “con l’introduzione della Tasi nel 2014ritorneremo a pagare quanto abbiamo versato nel 2012: attorno ai 44 miliardi di euro. Si pensi che dal 1990 il gettito è addirittura quintuplicato. Le più onerose sono l’Imu, l’imposta di bollo, il bollo auto e l’imposta di registro: i versamenti di queste quattro imposte incidono sul gettito totale per oltre l’89%”.

La tassazione delle rendite finanziarie

Dal 1 luglio l’attuale tassazione sulle rendite finanziarie dovrebbe passare al 26%, esclusi i titoli di Stato italiani e di Paesi “white list”, che rimane al 12,5%.
Vediamo però come incide realmente la tassazione sui proventi da investimento.
Tutto dipende da quale regime fiscale avete scelto, essendo possibili quattro opzioni: dichiarativo, amministrato, gestito e polizza vita.
La grossa differenza consiste nella disparità di trattamento delle minusvalenze che derivano da OICR, quindi Fondi comuni di investimento e Etf. Infatti, se si è realizzato un valore positivo, viene considerato reddito da capitale e tassato, mentre se è negativo viene considerato reddito diverso e quindi compensabile solo con altri redditi diversi. Perchè? MIstero!
Questa, oltretutto non è una norma di legge ma una prassi bancaria. Pura follia!
Attenzione, perché molte banche non inseriscono la vostra posizione a credito, derivante da minusvalenze da OICR, in automatico, come tutti credono e come sarebbe logico, ma solo dietro richiesta del cleinte, oppure dovete essere voi stessi (nel caso abbiate l’home banking) a caricarvi tutte le minusvalenze nel dossier relativo ai redditi diversi. Se non lo fate, non potrete mai compensare nulla con eventuali redditi diversi generati, perché le minusvalenze da OICR semplicemente non risulteranno.
Pazzesco!
La tabella 1 chiarisce quali sono redditi da capitale e quali redditi diversi:


Facciamo ora riferimento alle tabelle seguenti, nelle quali sono evidenziati regimi fiscali diversi, per un investimento di 100.000 euro, in 10 anni, totalmente investito in OICR, con rendimento medio lordo del 6,5 e con il 55% di operazioni in utile e il 45% di operazioni in perdita.

Nella tabella 2, abbiamo tre soluzioni: con il risparmio amministrato, è evidente che tutti i crediti fiscali che derivano da operazioni in perdita, se non vengono recuperati nei 4 anni successivi da utili da redditi diversi, diventano una ulteriore tassazione. Portano quindi la fiscalità reale al 47%. E’ possibile ottenere utili da redditi diversi, ma questo significa utilizzare prodotti a rischio più elevato e che probabilmente non sono adatti all’investitore in fondi. Inoltre non è certo che questi utili si ottengano, generando quindi ulteriori perdite e crediti fiscali.

Nell’ipotesi del risparmio gestito, invece, le minusvalenze sono compensate direttamente con le plusvalenze e non generano quindi nessun credito fiscale, abbassando la tassazione reale di 18 punti, 29%.
Nell’ultima soluzione prevista, quella della polizza vita, la tassazione è differita sino al riscatto della polizza. Ciò significa che si è tassati, sul netto come per il risparmio gestitio, solo quando si preleva del denaro (in parte o tutto), con un peso fiscale del 27%, meno del risparmio gestito per via dell’imposta di bollo differita. Se invece il capitale polizza va ai beneficiari, perché si verifica l’evento (la dipartita dell’assicurato) questi non pagheranno nessuna imposta, perché esente e l’ammontare sarà escluso dall’asse ereditario, quindi non pagherà neppure imposte di successione. Totale della tassazione 3%, cioè la sola imposta di bollo.
E’ stata volutamente omessa dalla trattazione l’ipotesi del regime dichiarativo, perché in questo caso è il contribuente che deve farsi carico di indicare, nella dichiarazione dei redditi, tutte le operazioni in utile e in perdita, e pagare quindi le imposte solo sulla differenza e in base alla propria aliquota marginale.
Potrebbe forse essere conveniente, ma bisogna valutare e sopratutto non sbagliare la rendicontazione delle operazioni.
Quale regime scegliere, quindi? Dipende da molti fattori e non esiste una risposta univoca, di sicuro la tassazione è superiore al 26% e ci vuole l’aiuto di un esperto per dipanare la matassa.

LEGGI LA PRIMA PARTE

 Dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Entrate Iva in calo nel 2013

Dai dati emanati dal Bollettino del Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia è emerso che, nel periodo gennaio-settembre 2013, le entrate Iva sono risultate pari a 75.079 milioni di euro, quindi in calo di 3.697 milioni di euro, pari a -4,7%, rispetto ai primi 9 mesi del 2012).

Nel periodo di riferimento ai primi nove mesi dell’anno, le entrate totali ammontano a 291.504 milioni di euro (-895 milioni di euro, pari a -0,3%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente): “Un gettito che pur in presenza di una congiuntura economica negativa, risulta sostanzialmente invariato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente“, commenta il ministero.

Le imposte dirette nei primi nove mesi del 2013 registrano un aumento complessivo del 2,1% (+3.192 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il gettito Irpef si riduce dello 0,7% (-827 mln) per effetto dell’andamento negativo dei versamenti in autoliquidazione (-8,5%), delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente del settore privato (-0,7%) e della ritenute sui redditi di lavoro autonomo (-5,7%).

Risultano in crescita, invece, le ritenute sui redditi dei dipendenti del settore pubblico (+1,8%).
L’Ires, l’imposta sul reddito delle società, presenta una crescita del 5,0% (+952 mln di euro).
Tra le altre imposte dirette, si registra un incremento dell’imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi di capitale pari a +17,8 (+1.160 milioni), dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitale e sulle plusvalenze (+890 mln) e dell’imposta sostitutiva sulle riserve matematiche dei rami vita (+843 mln).

Il gettito dell’imposta sostitutiva sul riallineamento dei valori di bilancio relativi ad attività immateriali e’ inoltre aumentato di 1.915 milioni rispetto al corrispondente periodo del 2012. Positiva anche la variazione del gettito della cedolare secca sugli affitti (+277 mln).

Le imposte indirette registrano una diminuzione del 3% (-4.087 milioni).
In particolare, nei primi nove mesi del 2013 il gettito Iva risulta in flessione del 4,7% (-3.697 mln).
Tra le altre imposte indirette, è in flessione il gettito dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali per effetto del calo dei consumi e quello dell’imposta di consumo sul gas metano. Consistente l’aumento dell’imposta di bollo (+25,4%, +1.356 milioni di euro), per effetto delle modifiche normative introdotte nel 2011. Le entrate da giochi ”presentano, nel complesso, un incremento dello 0,7% (+71 milioni di euro).

Aumentano invece gli incassi derivanti dalla lotta all’evasione, pari a 5.252 milioni (+50 milioni di euro, pari a +1,0% rispetto allo stesso periodo del 2012) di cui 3.443 milioni di euro (-104 milioni di euro, pari a -2,9%) sono affluiti dalle imposte dirette e 1.809 milioni di euro (+154 milioni di euro, pari a +9,3%) dalle imposte indirette.

Vera MORETTI

Imposta di bollo, scadenza versamento assegni circolari

Scadenza

Scade il venerdì 9 agosto il termine ultimo per il versamento in modo virtuale dell’imposta di bollo sugli assegni circolari, in circolazione alla fine del 2° trimestre.

Modalità

Il versamento coinvolge Banche ed Istituti di Credito italiani autorizzati ad emettere assegni circolari e deve avvenire utilizzando il Modello F23 da presentare presso banche convenzionate, agenzie postali e concessionari della riscossione entra la data di cui sopra.

Importante

E’ prevista una sanzione amministrativa per omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo che può andare da 1 ad addirittura 5 volte l’imposta, più o meno volontariamente, evasa.

Niente imposta di bollo per le imprese che presentano la PEC

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un chiarimento tramite la Risoluzione n. 45/E del 5 luglio 2013 riguardante il pagamento dell’imposta di bollo da parte delle imprese individuali che comunicano il proprio indirizzo PEC al Registro delle Imprese: ebbene, è stato confermato che, per tale operazione, non è richiesto alcun pagamento.
L’esenzione, inoltre, vale per l’iscrizione dell’indirizzo PEC da parte delle imprese societarie vale anche per quelle individuali.

Rimane, invece, l’obbligo di pagamento se la domanda di deposito dell’indirizzo PEC viene presentata dalle imprese individuali unitamente alla domanda di prima iscrizione al Registro delle Imprese.
In questo caso, si tratta di un pagamento dell’imposta di bollo per l’avvenuta immatricolazione e non per la registrazione della PEC.

Vera MORETTI

Aumentata l’imposta di bollo

Ora, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, riferita alla Legge di conversione n. 71 del 24 giugno 2013, con modificazioni, del Decreto-Legge n. 43/2013, le misure dell’imposta fissa di bollo attualmente stabilite in euro 1,81 e in euro 14,62, ovunque ricorrano, aumentano rispettivamente in euro 2,00 e in euro 16,00.

La pubblicazione in G.U. è avvenuta il 25 giugno scorso e, di conseguenza, i nuovi importi sono in vigore già dal 26 giugno 2013.

L’aumento delle imposta di bollo è stata necessaria per far fronte ai maggiori oneri derivanti dagli interventi di ricostruzione privata nei territori dell’Abruzzo colpiti dal sisma del 2009.

Vera MORETTI

L’imposta di bollo che danneggia i piccoli risparmiatori

I risparmi che famiglie ed imprese cercano di mettere da parte, anche in tempi di crisi, vengono pesantemente tassati dalla imposta di bollo sui conti deposito incide.

I conti deposito, che offrono un rendimento anche significativo in funzione del periodo di vincolo, nel 2013 hanno subito un incremento dell’aliquota proporzionale alle somme depositate fino allo 0,15% rispetto allo 0,10% del 2012.
Inoltre, è stato eliminato il tetto massimo di 1.200 euro, e introdotto un tetto minimo di 34,20 euro.

Per i conti correnti, in cui i contribuenti versano liquidità senza vincoli, il governo Monti ha provveduto a un riordino fiscale con l’introduzione di un’imposta di bollo di 34,20 euro l’anno per giacenze medie annue oltre 5mila euro.
Se, fino all’anno scorso, le banche si accollavano l’imposta a carico del cliente, ora sono pochi gli istituti che garantiscono il pagamento dell’imposta, ovvero Banca Sistema, Banca Ifis, Banco Popolare, Ibl Banca e Bccforweb.

Per questo motivo, aziende e cittadini potrebbero decidere di optare per altre soluzioni, soprattutto i piccoli risparmiatori che, su un piccolo investimento, ricaverebbero un margine pressoché nullo.
Pagando 34,20 euro su una cifra dei mille euro, si pagherebbe il 3,4% dell’intero investimento, ovvero si annullerebbe il rendimento garantito dalla banca.

Vera MORETTI