Comprare un fabbricato da impresa non costruttrice e non di recupero, quali tasse da pagare?

Quali imposte e tasse è necessario pagare nel caso in cui si acquisti  un fabbricato strumentale da un’impresa che non sia né quella costruttrice, né quella di recupero? Innanzitutto è opportuno specificare cosa si intenda per “fabbricato strumentale“. Si tratta un immobile accatastato nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E.

Fabbricato strumentale da impresa non costruttrice e non di recupero: opzione o senza opzione Iva

Nel caso acquisto di un fabbricato strumentale, ai fini delle tasse e delle imposte da pagare, è opportuno fare una prima distinzione se l’impresa non di recupero e non costruttrice applichi o meno l’opzione Iva. Inoltre, nel caso di applicazione dell’opzione Iva, è necessario classificare l’acquirente come soggetto Iva, diverso da soggetto Iva e fondo immobiliare. Se senza opzione, la differenza del compratore è solo in un soggetto qualsiasi o fondo immobiliare.

Acquistare un fabbricato da impresa che non esercita l’opzione Iva

Nel caso in cui si acquisti un fabbricato strumentale da impresa non di recupero e non costruttrice, e quest’ultima non eserciti  l’opzione Iva, la compravendita risulta esente all’Iva secondo quanto specifica l’articolo 10 numero 8 ter, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. L’esenzione si applica sia se chi acquista è un soggetto qualsiasi, sia per gli acquisti da parte di un fondo immobiliare.

Quali imposte per acquisto di fabbricato senza opzione Iva?

Nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale da un’impresa non di recupero e non costruttrice che non eserciti l’opzione Iva sono da versare, in ogni modo, le seguenti tasse:

  • imposta di registro per 200 euro, secondo quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo di 230 euro, ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta catastale e imposta ipotecaria per acquisto fabbricato senza opzione Iva

Se un soggetto qualsiasi acquista un fabbricato strumentale dall’impresa non costruttrice e non di recupero che non eserciti l’opzione iva, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono pari rispettivamente al:

  • 3% secondo quanto prevede la Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% ai sensi del comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Nel caso in cui l’acquisto viene fatto da un fondo immobiliare, l’imposta ipotecaria è dell’1,5%. Lo specifica il comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006. L’aliquota dell’imposta catastale, invece, è applicata allo 0,5%.

Acquisto fabbricato strumentale con opzione Iva dell’impresa: si deve pagare l’Iva?

Nel caso di fabbricato strumentale acquistato da impresa, non di recupero e nemmeno costruttrice, che esercita l’opzione Iva, è necessario specificare tre figure di compratori: il soggetto Iva, quello diverso da soggetto Iva e il fondo immobiliare. Per tutti questi casi si applica l’Iva con aliquota al 22% come chiarisce l’articolo 10 numero 8 ter, articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Quali tasse si pagano se si acquista un fabbricato strumentale e l’impresa di restauro eserciti l’opzione Iva?

Il compratore soggetto Iva e quello diverso dal soggetto Iva versano le medesime tasse e imposte nel caso di acquisto di fabbricato da impresa che non è né quella che ha costruito l’immobile e nemmeno quella che l’ha recuperato. Sono da pagare, dunque, le seguenti tasse e imposte:

  • imposta di registro di 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria con aliquota del 3%;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro;
  • imposta di bollo pari a 230 euro;
  • l’imposta catastale con aliquota dell’1%.

Tasse e imposte a carico se a comprare il fabbricato è un fondo immobiliare

Se l’acquisto del fabbricato strumentale avviene da impresa non costruttrice e non di recupero e il compratore corrisponde a un fondo immobiliare, come nei due precedenti casi l’Iva si applica con aliquota corrispondente al 22%. Le altre tasse e imposte a carico del fondo immobiliare comprendono:

  • imposta di registro pari a 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria dell’1,5% (dunque ridotta dal 3% come previsto dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006);
  • imposta catastale pari allo 0,5%, ridotta dalla stessa norma precedente;
  • l’imposta di bollo del valore di 230 euro;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro.

Acquistare un fabbricato recuperato da più di 5 anni dall’impresa di recupero, quali tasse da pagare?

Quali tasse e imposte bisogna pagare per comprare un fabbricato strumentale recuperato da oltre 5 anni nel caso in cui l’acquisto è fatto direttamente dall’impresa di recupero? In primo luogo è bene specificare il concetto di “fabbricato strumentale“. Si tratta di immobili che sono accatastati nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E. Per impresa di recupero si intende qualsiasi soggetto Iva che svolga gli interventi previsti dal comma 1, lettera c), d), ed f) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001.

Quali sono gli interventi di recupero dei fabbricati strumentali?

Gli interventi in questione riguardano il restauro o il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia o la ristrutturazione urbanistica. Nel caso di recupero da oltre 5 anni, ai fini delle tasse e delle imposte è necessario distinguere se l’impresa di recupero eserciti l’opzione Iva oppure no.

Comprare un fabbricato recuperato da oltre 5 anni da impresa che non esercita l’opzione Iva

Nel caso in cui si compri un fabbricato strumentale recuperato da più di 5 anni dall’impresa di recupero, se quest’ultima non esercita l’opzione Iva la vendita ne risulta esente all’Iva secondo quanto previsto dall’articolo 10 numero 8 ter, punto 127 quinquiesdecises, Tabella A, III, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. L’esenzione si applica sia se il compratore è un soggetto qualsiasi, che nel caso di acquisto da parte di un fondo immobiliare.

Quali imposte per acquisto di fabbricato senza opzione Iva?

Nel caso di fabbricato strumentale acquistato dall’impresa di recupero che non eserciti l’opzione Iva sono da pagare, in ogni modo, le seguenti imposte:

  • imposta di registro per 200 euro, ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo di 230 euro, secondo quanto prevede il comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta ipotecaria e imposta catastale per acquisto fabbricato senza opzione Iva

Se un soggetto qualsiasi compra un fabbricato strumentale dall’impresa che non eserciti l’opzione iva, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono pari rispettivamente al:

  • 3% ai sensi della Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% secondo quanto prevede il comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Se l’acquisto viene effettuato da un fondo immobiliare, all’imposta ipotecaria si applica la riduzione  all’1,5%. Lo dispone il comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006. L’imposta catastale, invece, è dello 0,5%.

Acquisto fabbricato strumentale recuperato da più 5 anni e con opzione Iva dell’impresa di recupero: è dovuta l’Iva?

Se il fabbricato strumentale è stato recuperato da più 5 anni e l’impresa di recupero esercita l’opzione Iva, è opportuno distinguere tre figure di compratori: il soggetto Iva, quello diverso da soggetto Iva e il fondo immobiliare. Per tutti e tre i casi si applica l’Iva al 10% secondo quanto prevede l’articolo 10 numero 8 ter, punto 127 quinquiesdecies, Tabella A, III del Dpr numero 633 del 1972.

Quali tasse si pagano se si acquista un fabbricato strumentale e l’impresa di restauro eserciti l’opzione Iva?

Il compratore soggetto Iva e quello diverso dal soggetto Iva pagano le stesse imposte e tasse nel caso di acquisto di fabbricato recuperato da oltre 5 anni e nell’ipotesi in cui l’impresa che fa fatto il restauro eserciti l’opzione Iva. Sono da versare, infatti, le seguenti imposte e tasse:

  • l’imposta di registro pari a 200 euro;
  • imposta ipotecaria corrispondente al 3%;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro;
  • l’imposta di bollo di 230 euro;
  • imposta catastale applicata all’1%.

Tasse e imposte a carico se a comprare il fabbricato è un fondo immobiliare

Se l’acquisto di un fabbricato strumentale recuperato da oltre 5 anni avviene direttamente dall’impresa di recupero e l’acquirente è un fondo immobiliare, si applica l’aliquota del 10% di Iva. Le altre imposte e tasse a carico riguardano:

  • l’imposta di registro per 200 euro;
  • imposta ipotecaria pari all’1,5% con la riduzione dal 3% prevista dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • l’imposta catastale con aliquota dello 0,5%, dimezzata dalla stessa norma precedente;
  • l’imposta di bollo pari a 230 euro;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro.

Comprare un fabbricato recuperato da meno di 5 anni da impresa di recupero: quali tasse?

Quali imposte, tasse e Iva si pagano per acquistare un fabbricato strumentale, recuperato da meno di 5 anni, comprato direttamente dall’impresa che ha provveduto al recupero? In primis si parla di un immobile accatastato nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E. Nel caso di recupero da meno di 5 anni, ai fini delle tasse da pagare, è necessario distinguere il soggetto qualsiasi dal fondo immobiliare.

Che cos’è l’impresa di recupero?

È importante sapere quale sia l’impresa di recupero. Si intende impresa di recupero qualsiasi soggetto Iva che svolga interventi previsti dal comma 1, lettera c), d) ed f), dell’articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001. E, pertanto, l’impresa di recupero svolge interventi di risanamento conservativo e di restauro, di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica.

Acquisto fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni da impresa di recupero: quale Iva va applicata?

Se il fabbricato strumentale è stato recuperato da meno di 5 anni e si tratta di qualsiasi soggetto compratore (a eccezione di un fondo immobiliare), l’Iva da applicare è al 10%. Lo disciplina l’articolo 10 numero 8 ter, punto numero 127 quinquiesdecies, Tabella A, III del Dpr numero 633 del 1972. Oltre all’imposta sul valore aggiunto, sono da pagarsi altre tasse e imposte.

Comprare un fabbricato da impresa di recupero: quali imposte per un soggetto qualsiasi?

Nel caso in cui si compri un fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni dall’impresa che ha provveduto al recupero, sono da pagarsi le seguenti imposte:

  • di registro di 200 euro, ai sensi di quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • di bollo per 230 euro, secondo quanto dispone del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria per 90 euro ai sensi di quanto disciplinato dai punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta ipotecaria e catastale nell’acquisto di un fabbricato strumentale

Se l’acquisto del fabbricato recuperato è stato effettuato da un soggetto qualsiasi, l’imposta ipotecaria e quella catastale da pagare corrispondono:

  • al 3% secondo quanto dispone la Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% nel secondo caso, secondo quanto prevede il comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposte e tasse se a comprare il fabbricato strumentale è un fondo immobiliare

L’acquisto di un fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni dall’impresa di recupero può essere effettuato anche da un fondo immobiliare. In questo caso, l’Iva da pagare è applicata al 10%. L’aliquota dunque è applicata nella stessa misura di un qualsiasi soggetto acquirente. Le altre imposte a carico corrispondono:

  • all’imposta di registro di 200 euro;
  • a quella ipotecaria dell’1,5% con la riduzione dal 3% operata dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • all’imposta catastale con percentuale dello 0,5%, ridotta dalla stessa legge precedente;
  • all’imposta di bollo di 230 euro;
  • alla tassa ipotecaria di 90 euro.

Acquistare un fabbricato strumentale da una banca o società di leasing: quali tassi si pagano?

L’acquisto di un fabbricato strumentale, oltre a poter essere effettuato da un privato, da un’impresa costruttrice, da una di recupero o da un’impresa che non sia né costruttrice, né di recupero, può avere come venditore una banca o una società di leasing che non siano né costruttrici, né recuperatrici del fabbricato stesso.  In questo caso, è importante distinguere se la banca e la società di leasing esercitino l’opzione Iva oppure no.

Si paga l’Iva sull’acquisto di un fabbricato da una banca o società di leasing che non eserciti l’opzione Iva?

Nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale, quale che sia l’epoca di costruzione, da una banca o una società di leasing che non eserciti l’opzione Iva, l’acquisto fatto da un qualsiasi soggetto è esente da Iva. Lo stabilisce l’articolo 10 numero 8 ter del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. Tuttavia, dovranno essere pagate altre tasse e imposte.

Imposta di registro e altre tasse da pagare per l’acquisto di un fabbricato strumentale

Infatti, le imposte da pagare corrispondono a quella di registro, quella ipotecaria, quella catastale, la tassa ipotecaria e l’imposta di bollo. Nel dettaglio:

  • l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono tutte di importo pari a 200 euro ai sensi di quanto dispone il comma 10 ter dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • imposta di bollo pari a 230 euro, secondo quanto dispone il comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria di 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto fabbricato con opzione Iva: qual è l’aliquota?

Nel caso in cui l’acquisto del fabbricato strumentale avvenga da una banca o da una società di leasing con esercizio dell’opzione Iva, è necessario distinguere il soggetto Iva dal soggetto diverso. In tutti e due i casi, l’Iva da versare è al 22% ai sensi di quanto dispone l’articolo 10 numero 8 ter, dell’articolo 16 del Dpr numero 633 del 1972.  L’unica differenza tra i due soggetti è che per il soggetto Iva c’è la possibilità di ricorrere al reverse change in applicazione del comma 6, lettera a bis, dell’articolo 17, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 26 ottobre 1972.

Tasse e imposte a carico se l’acquisto è fatto da una banca o società di leasing con opzione Iva

Se si tratta di acquisto di un fabbricato strumentale e il venditore è una banca o una società di leasing che eserciti l’opzione Iva, sia nel caso di acquirente soggetto Iva che di diverso soggetto, le imposte e le tasse da pagare sono le seguenti:

  • l’imposta di registro per 200 euro;
  • imposta ipotecaria di 200 euro;
  • l’imposta catastale di 200 euro;
  • imposta di bollo di 230 euro;
  • tassa ipotecaria di 90 euro.

 

Comprare un fabbricato con più di 5 anni dall’impresa costruttrice, quali tasse da pagare?

Quali tasse sono da pagare per l’acquisto di un fabbricato strumentale con epoca di costruzione di oltre 5 anni direttamente dall’impresa costruttrice? Innanzitutto è bene chiarire cosa si intenda per “fabbricato strumentale“. Si tratta di immobili accatastati nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E. Nel caso di costruzione da più di 5 anni, ai fini delle imposte è necessario distinguere se il costruttore eserciti l’opzione Iva oppure no.

Acquisto fabbricato con più di 5 anni da impresa che non esercita l’opzione Iva

Nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale di oltre 5 anni dall’impresa costruttrice, se l’impresa non esercita l’opzione Iva la compravendita ne risulta esente ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 10 numero 8 ter del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. L’esenzione Iva vige sia se l’acquirente è un soggetto qualsiasi, sia che si tratti di un fondo immobiliare. Sono da pagarsi, tuttavia le imposte:

  • di registro per 200 euro, secondo quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • di bollo di 230 euro, ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria di 90 euro secondo quanto disciplinato dai punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta ipotecaria e imposta catastale

Nel caso in cui l’acquisto sia effettuato da un soggetto qualsiasi, l’imposta ipotecaria e quella catastale sono rispettivamente del 3% (Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990) e dell’1% (comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990).  Se l’acquisto viene effettuato da un fondo immobiliare, l’imposta ipotecaria si riduce all’1,5% secondo quanto dispone il comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006. L’imposta catastale, invece, è dello 0,5%.

Acquisto fabbricato strumentale con più di 5 anni e con opzione Iva dell’impresa costruttrice: è dovuta l’Iva?

Se il fabbricato strumentale ha oltre 5 anni e l’impresa costruttrice esercita l’opzione Iva, è necessario distinguere tre figure di acquirenti: il soggetto Iva, quello diverso da soggetto Iva e il fondo immobiliare. In tutti e tre i casi, l’Iva si applica al 22% secondo quanto dispone l’articolo 10 numero 8 ter, punto numero 127 undecies, Tabella A, III del Dpr numero 633 del 1972. Fa eccezione l’aliquota ridotta al 10% nel caso in cui si tratti di “edificio Tupini in applicazione dell’articolo 13 della legge numero 408 del 2 luglio 1949 e modifiche successive.

Quali imposte si pagano per acquisto fabbricato nel caso in cui l’impresa eserciti l’opzione Iva?

Soggetto Iva e diverso da soggetto Iva pagano le medesime tasse e imposte nel caso di acquisto di fabbricato con più di 5 anni e nell’ipotesi in cui l’impresa costruttrice eserciti l’opzione Iva. Sono da pagarsi, infatti:

  • imposta di registro per 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria del 3%;
  • la tassa ipotecaria di 90 euro;
  • l’imposta di bollo di 230 euro;
  • imposta catastale dell’1%.

Imposte e tasse a carico se l’acquirente è un fondo immobiliare

Se si tratta di acquisto di un fabbricato strumentale costruito da più di 5 anni dall’impresa costruttrice e l’acquirente è un fondo immobiliare, l’Iva da pagare è applicata al 22%. L’aliquota scende al 10% se l’acquisto rientra nei casi di  “edificio Tupini“. Le altre imposte a carico consistono:

  • nell’imposta di registro per 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria dell’1,5% con la riduzione dal 3% operata dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • nell’imposta catastale con percentuale dello 0,5%, dimezzata dalla stessa legge precedente;
  • nell’imposta di bollo di 230 euro;
  • nella tassa ipotecaria di 90 euro.

Comprare casa, quali tasse e Iva se si acquista da impresa non costruttrice, banca o società di leasing?

Non sempre la compravendita di una casa avviene tra soggetti privati o per la vendita di un’impresa costruttrice o di recupero.  In tal senso, varie sono le possibilità di acquisto di una casa oltre alle modalità tradizionali. La compravendita può essere effettuata anche attraverso una impresa non costruttrice e non di recupero, una banca o una società di leasing. Nel caso del leasing, l’impresa non deve essere né costruttrice e nemmeno tra quelle di recupero. A seconda di chi vende casa, sono da considerare le tasse, le imposte e l’Iva da pagare.

Acquisto casa da impresa non costruttrice, da banca o da società di leasing: l’Iva è da pagare?

In tutti i casi in cui il soggetto venditore sia un’impresa non costruttrice e non di recupero, oppure una banca o una società di leasing, sia per l’acquisto della prima casa che di soggetto acquirente qualsiasi, la compravendita è esente dall’Iva. Lo stabilisce, per tutti i casi, l’articolo 10, numero 8 bis, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Comprare casa da società non costruttrice e non di recupero: quali imposte e tasse sono da pagare?

Soffermandoci su un acquisto di abitazione da impresa non di costruzione e nemmeno di recupero, rispetto agli altri casi più tradizionali, non fa differenza l’epoca di costruzione dell’immobile. Il venditore, inoltre, non può nemmeno esercitare l’opzione Iva. Nel caso in cui si tratti dell’acquisto di prima casa, l’imposta di registro può essere del 2% ai sensi dell’articolo 1, secondo periodo, del TP1, oppure dell’1,5% nel caso in cui la compravendita venga effettuato nei confronti di banche e di intermediari finanziari autorizzati all’esercizio dell’attività di leasing finanziario ed abbia per oggetto immobili di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9. L’imposta di registro sale al 9% se non si tratta di compravendita di prima casa.

Acquisto casa da società non costruttrice: quali imposte e tasse?

Oltre al pagamento dell’imposta di registro, nel caso di compravendita di immobile da società non costruttrice e non di recupero, sono da pagare 50 euro sia per l’imposta ipotecaria che per quella catastale. Sia che si tratti di prima casa che di altri scenari, la compravendita è esente sia dall’imposta di bollo che dalla tassa ipotecaria.

Quando si può comprare casa da una società di leasing?

L’acquisto di una casa da una società di leasing può avvenire nei casi disciplinati dalla legge. In particolare si deve trattare di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing. Oppure di cessioni di immobili già oggetto di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore. I casi di acquisto sono disciplinati dal comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006.

Comprare casa da una banca o società di leasing: Iva e altre imposte

Nel caso in cui la compravendita avvenga con una banca o una società di leasing che non sia costruttrice o recuperatrice, l’operazione è esente ai fini dell’Iva. Tuttavia, la compravendita è soggetta alle altre imposte. In particolare, l’imposta di registro è pari a 200 euro ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006. Lo stesso articolo disciplina l’imposta ipotecaria per altri 200 euro e l’imposta catastale per altrettanti 200 euro.

Quali altre imposte si pagano per una compravendita casa con banca o società di leasing?

Oltre alle imposte viste in precedenza, nel caso di acquisto da una banca o da una società di leasing sono da pagare altre due imposte. In particolare, la compravendita comporta l’imposta di bollo per 230 euro ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972. Infine, la compravendita è soggetta alla tassa ipotecaria di 90 euro. La norma di riferimento in questo caso rientra nei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Chi paga l’imposta di bollo sulle fatture e sulle fatture elettroniche?

L’imposta di bollo è una tassa che in Italia si paga obbligatoriamente per l’emissione e per la produzione di tanti atti e documenti. Tra questi non fanno eccezione le fatture in generale e pure quelle digitali, ovverosia le fatture elettroniche. Ed allora, chi paga l’imposta di bollo sulle fatture e sulle fatture elettroniche?

Imposta di bollo sulle ricevute e sulle fatture per le operazioni fuori campo Iva

Al riguardo c’è da dire che, in generale, l’imposta di bollo è dovuta per tutte le fatture e per tutte le ricevute che, aventi un importo superiore alla soglia dei 77,47 euro, non prevedono l’addebito dell’Iva. In tal caso, infatti, c’è l’obbligo di legge di apporre sulla fattura o sulla ricevuta una marca da bollo da 2 euro il cui contrassegno automatico si può acquistare in tabaccheria. Inoltre, la marca da bollo da 2 euro deve essere apposta ai sensi di legge sempre e solo sul documento originale.

Riguardo a chi paga la marca da bollo da 2 euro sulla fattura, questa è sempre a carico del debitore. Pur tuttavia, senza l’applicazione della marca da bollo, per il regime sanzionatorio sono obbligatamente solidali entrambe le parti in causa, ovverosia sia chi ha emesso, sia chi ha ricevuto la fattura o la ricevuta.

Ecco chi paga l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche e come si versa

Per le fatture elettroniche che transitano sul Sistema di Interscambio che è gestito dall’Agenzia delle Entrate, e che sono soggette al pagamento dell’imposta di bollo, la tassa che è a carico del cliente non viene assolta con la classica marca, ma viene assolta in maniera virtuale e, tra l’altro, non deve essere specificata nell’e-documento.

Per il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, che avviene su base trimestrale, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti titolari di partita Iva due elenchi. E precisamente l’elenco A, che è non modificabile, dove sono presenti tutte le fatture per le quali è stato indicato correttamente l’assolvimento dell’imposta di bollo. E l’elenco B che, invece, è modificabile da parte del contribuente.

Scaduti i termini di visione e di eventuali correzioni dei due elenchi, sarà direttamente l’Agenzia delle Entrate a calcolare l’imposta di bollo complessivamente dovuta. Con l’importo da pagare che sarà rilevabile dal portale ‘Fatture e corrispettivi‘. Il portale da dove, tra l’altro, è possibile indicare l’Iban ai fini dell’addebito diretto su conto corrente dell’importo dell’imposta di bollo dovuta. In alternativa, l’imposta di bollo si può pagare pure in modalità telematica con il modello F24.

Per il versamento in modalità telematica dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, con il modello di pagamento unificato F24, occorre indicare e riportare correttamente i codici tributo. Ovverosia i codici tributo ‘2521‘, ‘2522‘, ‘2523‘ oppure ‘2524‘ se trattasi, rispettivamente, di imposta di bollo da pagare per il primo, per il secondo, per il terzo oppure per il quarto trimestre. Mentre i codici tributo ‘2525‘ e ‘2526‘, da indicare nel modello F24 con i relativi importi, sono quelli riguardanti, eventualmente, l’applicazione rispettivamente delle sanzioni e degli interessi.

Come si paga l’imposta di bollo all’Agenzia delle Entrate?

In Italia molti atti che sono redatti in forma scritta scontano ai sensi di legge l’imposta di bollo che, a seconda dei casi, può essere proporzionale oppure fissa. Nella maggioranza dei casi l’imposta viene assolta tramite l’apposizione di un contrassegno telematico che è noto proprio come marca da bollo.

Ma ci sono pure casi in corrispondenza dei quali l’imposta di bollo non viene assolta attraverso l’apposizione di un contrassegno telematico. Questo accade, per esempio, per l’imposta di bollo che è dovuta dalle persone fisiche ai sensi di legge sulle giacenze annue sui conti correnti superiori alla soglia dei 5.000 euro.

L’imposta di bollo assolta con il contrassegno telematico e con il tramite di un intermediario

Ma detto questo, come si paga l’imposta di bollo all’Agenzia delle Entrate? Al riguardo c’è da dire che, quando la tassa viene assolta con il contrassegno telematico, il pagamento dell’imposta di bollo all’Agenzia delle Entrate avviene sempre per il tramite di un intermediario abilitato come lo è il tabaccaio.

Per esempio, attualmente ai sensi di legge tutte le fatture e tutte le ricevute fiscali dove non viene addebitata l’imposta sul valore aggiunto (Iva), e per le quali l’importo supera i 77,47 euro, scontano l’apposizione di una marca da bollo da 2 euro. Pagando, in tabaccheria sarà possibile chiedere l’emissione del contrassegno telematico da 2 euro da apporre sul documento.

Come si paga all’Agenzia delle Entrate l’imposta di bollo sulle cambiali

Tra i casi più comuni, che sono legati proprio all’obbligo di pagamento dell’imposta di bollo, spicca la tassa che è dovuta ai sensi di legge sulle cambiali. In tal caso, infatti, sul retro della cambiale dovrà essere apposto il bollo il cui valore è pari al 12 per mille della somma sottoscritta con il titolo di credito. E questo vale, in particolare, quando si tratta di cambiali tratte, mentre per i vaglia cambiari l’imposta di bollo è all’11 per mille. Anche in questo caso l’imposta di bollo all’Agenzia delle Entrate sulle cambiali viene pagata tramite l’emissione del relativo contrassegno telematico da parte di un intermediario abilitato.

Come si paga l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche

Pur tuttavia, ci sono altri casi in corrispondenza dei quali il pagamento dell’imposta di bollo all’Agenzia delle Entrate non avviene per il tramite un intermediario abilitato. ll caso più eclatante è rappresentato dal pagamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche. In tal caso, infatti, il versamento dell’imposta di bollo non si effettua in tabaccheria, ma è direttamente l’Agenzia delle Entrate a calcolare l’importo della tassa da pagare tramite apposita procedura web che è presente sul portale ‘Fatture e Corrispettivi‘.

Indicando l’Iban, l’Agenzia delle Entrate preleverà l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche direttamente dal conto corrente del contribuente. Oppure, in alternativa, il contribuente potrà versare l’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche utilizzando il modello F24 con la trasmissione che dovrà essere rigorosamente in modalità telematica.
In generale, quando il pagamento dell’imposta di bollo non avviene tramite gli intermediari abilitati, la tassa da parte del contribuente può essere versata e quindi assolta in modalità virtuale.

Cos’è l’imposta di bollo sul conto corrente? I casi di esenzione

I titolari di un conto corrente o di un libretto di risparmio postale o bancario sono tenuti al pagamento di un’imposta di bollo fissa. Il governo Monti ha stabilito la sua introduzione tramite il decreto Salva Italia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 dicembre 2011, con entrata in vigore dal 2012.

La disciplina riguardante l’applicazione dell’imposta di bollo sui conti correnti, ma anche sui conti deposito e conti carta è stata modificata più volte negli anni successivi. Alcuni casi prevedono la possibilità di non versarla, approfondiremo la questione nel corso dell’articolo.

L’importo dell’imposta di bollo per i conti correnti e i libretti di risparmio

L’imposta da pagare per estratti di conti correnti e rendiconti di libretti di risparmio bancari o postali è pari a 34,20 euro per le persone fisiche e pari a 100 euro per soggetti diversi, come società e associazioni. Il tributo indiretto si applica quando viene emesso l’estratto conto o il rendiconto con riferimento al periodo in cui avviene, anche nel caso di apertura e chiusura del conto durante l’anno.

In assenza della rendicontazione nel corso dell’anno, l’imposta di bollo viene applicata al 31 dicembre di ogni anno. Nel caso il cliente risulti intestatario di più libretti di risparmio e intrattenga più rapporti di conto corrente, il tributo annuo deve essere pagato per ogni rapporto. Il contribuente non versa direttamente l’imposta, infatti, è la banca o l’Ufficio postale a trattenere l’importo per poi girare il corrispettivo allo Stato.

Esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo in base all’importo

L’imposta di bollo non è dovuta dal titolare del conto corrente/libretto di risparmio nel caso in cui si tratti di una persona fisica e il valore della giacenza media non supera i 5.000 euro. Il valore medio si ricava con la somma dei saldi giornalieri dividendoli per il numero dei giorni di rendicontazione o di detenzione del rapporto, e si pondera la giacenza media di ogni rapporto per la quota di detenzione.

E’ importante sottolineare che la giacenza media è calcolata in modo cumulativo. Ossia, se il cliente è intestatario di più conti o libretti nella stessa banca e la somma delle giacenze medie supera il limite dei 5.000 euro, decade il diritto all’esenzione dell’imposta di bollo e scatta l’obbligo di pagamento di 34,20 € per ogni libretto di risparmio o conto corrente, quindi, senza tenere conto della giacenza media singola.

Altri casi di esenzione per titolari di conti o libretti

I correntisti con un ISEE inferiore a 7.500 euro sono esclusi dall’imposta di bollo e dalle spese bancarie.

Scatta l’esenzione di pagamento dell’imposta di bollo, nel caso dei conti correnti base che sono stati introdotti anche per limitare l’utilizzo del contante. Quest’ultimi non sono soggetti alle spese previste per la tenuta di un conto corrente classico e sono destinati solo alle persone che possiedono un Isee in corso di validità inferiore a 7.500 euro. Questo prodotto di risparmio ha un’operatività ridotta, tra i pochi servizi bancari di cui può fruire, le carte di pagamento. Il titolare deve pagare solo il canone annuo.

L’imposta di bollo non si applica ai conti correnti aperti su provvedimento dell’autorità giudiziaria. Non trova applicazione nemmeno per i rapporti intrattenuti tra gli enti gestori e i Confidi, ovvero organismi senza scopo di lucro a carattere associativo o piccole e medie imprese che si uniscono per semplificare le procedure e accedere senza difficoltà al credito finanziario.

Tra i casi di esenzione ci sono poi i conti correnti detenuti presso istituti di pagamento o Imel, un ente che emette moneta elettronica. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che in merito ai rapporti intrattenuti con le amministrazioni dello Stato, trova applicazione l’imposta di bollo ordinaria nella misura di 1,81 euro, quando la somma è superiore a 77,47 euro.

Sul mercato si possono trovare diverse promozioni che consentono al cliente di non pagare l’imposta di bollo, in quanto se ne fa carico la banca stessa. Si tratta di una strategia adottata da vari istituti bancari per allargare il giro della propria clientela.

Cos’è l’imposta di bollo e quando si utilizza

L’imposta di bollo rappresenta un tributo indiretto con importo variabile a seconda dei casi, applicata alla produzione, alla richiesta o alla presentazione di alcuni documenti. E’ “indiretta” perché come tutte le imposte di questo tipo, colpisce i consumi e non le persone.

L’utilizzo dell’imposta di bollo prevede la presenza di un atto, registro o documento redatto in forma scritta. Per i documenti soggetti al bollo solo nel caso di utilizzo (ricevute e documenti riguardanti ricevimento di denaro, oppure scritture private che non abbiano le locazioni come oggetto) Il tributo è dovuto solo nel momento in cui l’atto viene usato.

Gli importi dell’imposta di bollo

L’ammontare dell’imposta di bollo può essere fissa o proporzionale, espressa anche in termini percentuali. In questo caso l’importo cresce proporzionalmente all’aumento della somma oggetto del documento, registro o atto. Ad esempio: cambiali, conti deposito e conti titoli. L’importo è fisso nel caso di conti correnti, atti autenticati da un notaio, fatture, ma entriamo nel dettaglio.

L’imposta di bollo su fatture o ricevute di pagamento

L’ammontare dell’imposta di bollo è di 2,00 € per le fatture e ricevute di pagamento, rispettivamente esenti e senza IVA, ma solo quando l’importo riportato su di esse è superiore a 77,47 euro. Chi emette le fatture è obbligato ad apporre il contrassegno, in ogni caso l’emittente può decidere se effettuare la rivalsa di imposta, cosicché l’importo della marca da bollo possa essere addebitato al cliente/committente.

Poiché non è possibile applicare fisicamente una marca da bollo su una fattura elettronica, l’imposta relativa verrà pagata per via telematica entro il giorno 20 del primo mese successivo al trimestre di riferimento (il periodo in cui vengono emesse le fatture elettroniche).

La marca da bollo non ha una scadenza e può essere acquistata in un negozio di tabacchi o comunque presso un esercente che vende valori bollati. A determinare la regolarità della marca da bollo è la presenza di una data di emissione non successiva a quella riportata dall’atto su cui viene applicata.

La marca da bollo viene applicata sulle fatture da chi le emette, nonostante ciò, in caso di sanzioni amministrative la responsabilità è di ambo le parti. Quindi, in caso di mancata collocazione sul documento da parte dell’emittente, sarà il committente/cliente a pagare l’imposta di bollo. In questa circostanza, la sanzione per omissione del bollo interessa solo l’emittente.

L’imposta di bollo sul conto corrente e sui conti deposito o titoli

L’imposta di bollo è prevista anche per i titolari di un conto corrente, che si tratti di persone fisiche o di altri soggetti. Nel primo caso, il costo è fisso e pari a 34,20 €; nel secondo caso (persone giuridiche), il costo è di 100 euro. Il tributo indiretto viene applicato al momento dell’emissione dell’estratto conto riguardante il periodo oggetto del rendiconto, anche se il conto è stato aperto e chiuso nel corso dell’anno.

Se il cliente è una persona fisica, una giacenza media sul conto corrente inferiore ai 5.000 euro, lo rende esente dal pagamento dell’imposta di bollo.

Diversamente da quanto accade sui conti corrente, l’imposta di bollo applicata su un conto deposito è proporzionale alla somma depositata ed è espressa in percentuale. Quest’ultima è pari allo 0,20% e viene calcolata sulle giacenze. Se per le persone fisiche non sussiste alcun limite massimo, per soggetti diversi la soglia massima è di 14.000 euro.

Per quanto concerne i conti titoli, l’imposta di bollo è pari allo 0,20% annuo del controvalore di mercato dei prodotti finanziari.

Il pagamento dell’imposta di bollo

Il pagamento dell’imposta di bollo avviene tramite un intermediario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate. Oppure con l’acquisto della marca da bollo o di carta bollata filigranata su cui sia riportato il valore relativo. Non è possibile scrivere o apporre timbri sul bollo, mentre sulla carta bollata non è possibile oltrepassare il numero di linee presenti o scrivere oltre i margini. Inoltre, è vietato l’uso di marche da bollo già usate o deteriorate e anche superare le cento linee per foglio sui fogli scritti a mezzo stampa.

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