Tasso di interesse mutui: prospettive per i prossimi mesi

Dopo mesi di costanti aumenti dei tassi dei mutui, il mercato sembra essersi stabilizzato e, sebbene le condizioni non siano più le stesse di un anno fa, si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel. Resta ancora sconsigliata la stipula del mutuo a tasso variabile.

Aumento del costo del denaro: BCE potrebbe ripensarci

A determinare un deciso rialzo dei tassi di interesse per i mutui sono stati i costanti aumenti al costo del denaro determinati dalla BCE. Questi, a loro volta sono dovuti all’esigenza di tenere sotto controllo la domanda in modo da spingere l’inflazione verso il basso. Complici diversi fattori, tra cui il calo dei prezzi energetici, iniziano a vedersi i primi segnali di una discesa generalizzata dei prezzi. Ciò ha portato i mercati a stabilizzarsi e proprio per questo i tassi di interessi sui mutui sono in una fase di stallo. L’ultimo aumento del costo del denaro c’è stato il 2 febbraio ed è stato dello 0,5%, siamo quindi giunti a un costo del denaro al 3%.

Il prossimo rialzo annunciato è per la primavera e dovrebbe essere ancora dello 0.5%, proprio per questo può essere conveniente definire un contratto di mutuo in questo periodo. Deve però essere sottolineato che tale annuncio è stato fatto prima del crollo di Silicon Valley Bank, evento che sta avendo riflessi anche sulle Borse europee e che potrebbe determinare la BCE a non procedere oltre. Decisione già presa dalla FED, istituto che influenza molto le decisioni della BCE.

Tassi di interesse mutui attuali e prospettive

Attualmente è possibile stipulare un contratto di mutuo a tasso fisso con un TAEG, Tasso Annuale Effettivo Globale, circa 3,60% a 30 anni. Naturalmente i valori possono divergere tra i vari istituti bancari. Per quanto riguarda i mutui a tasso variabile, come sempre il tasso di interesse è leggermente più basso rispetto al tasso fisso, ma vi è il rischio che fluttuazioni del costo del denaro possano portare a un aumento e quindi la rata potrebbe subire delle ripercussioni.

Ad esempio, è stato già calcolato che con un futuro rialzo del costo del denaro da parte della BCE, dovrebbe esserci un aumento medio della rata del mutuo a tasso variabile di circa 35 euro. Naturalmente maggiori sono le somme da pagare, più elevato è l’aumento della singola rata. Proprio per questo motivo, visto che a breve non si attendono riduzioni dei tassi di interesse, ma ancora rialzi, può essere consigliato il mutuo a tasso fisso, ricordando che in un secondo momento se la stessa non dovesse più essere conveniente rispetto alle condizioni del mercato, sarà comunque possibile procedere alla rinegoziazione del mutuo o alla surroga.

Infine, se proprio si vuole procedere con la stipula di un contratto di mutuo a tasso variabile, il consiglio è scegliere la formula con CAP, cioè con tetto massimo al tasso di interesse.

Leggi anche: Detrazioni interessi di mutuo sulla prima casa, come si calcolano?

 

Prezzo del gas in forte discesa: cosa si prevede per i prossimi mesi?

Buone notizie per chi negli ultimi mesi ha visto crescere in modo costante la bolletta del gas, il prezzo sta scendendo ed è arrivato ai livelli di dicembre 2021, cioè sotto i 50 euro a Megawattora, come cambieranno le bollette nei prossimi mesi?

Crollo prezzo del gas: in pochi mesi è sceso dell’85%

Per capire l’importanza di questo crollo del prezzo del gas è bene ricordare che il livello massimo raggiunto ad agosto 2022 è stato di 340 euro a Megawattora. La riduzione del prezzo rispetto al picco di agosto è dell’85%, mentre dall’inizio del 2023, quindi poco più di un mese, è di circa il 37%. Ora il prezzo si sta attestando intorno a 50 euro e non ci sono previsioni di scossoni verso l’alto, infatti l’avvicinarsi della primavera con temperature più piacevoli e una riduzione dei consumi dovrebbe tenere l’Italia al sicuro da livelli allarmanti anche perché in questi mesi è stato fortemente ridotto l’impatto delle forniture provenienti dalla Russia.

A determinare la discesa dei prezzi sono stati una serie di fattori concomitanti, in particolare la diversificazione delle fonti energetiche, l’approvvigionamento dall’Oriente, le temperature miti dell’inverno. Oggi abbiamo una scorta più elevata rispetto a quella che avevamo nello stesso periodo degli altri anni.

Quando si vedranno gli effetti sulle bollette del gas?

Molti italiani si stanno chiedendo quali saranno gli effetti sulle bollette e soprattutto quando si vedranno. La bella notizia è che si vedranno a breve in particolare per coloro che sono nel mercato tutelato. Infatti Arera ( Autorità per la Regolazione Energia, Reti e Ambiente) ha stabilito l’aggiornamento mensile delle tariffe e non più trimestrale come prima. Questo implica che una volta scesi i prezzi del gas/metano, i consumatori già dopo un mese possono vedere applicare le nuove tariffe. Già dalla fattura inerente i consumi di gennaio c’è stata una riduzione del 34% rispetto al mese precedente. La stessa dovrebbe poi man mano aumentare nel tempo. Alla fine del 2023 il risparmio rispetto al 2022 dovrebbe essere di circa 600 euro.

Chi è nel mercato libero sconta invece la tariffa stipulata con il distributore e dipende dal contratto la durata della tariffa.

Ricordiamo che la discesa del prezzo del gas e dell’energia in genere dovrebbe portare a un deciso calo anche dell’inflazione, infatti dovrebbe riverbarsi anche su tutti gli altri prezzi aumentati in questi mesi, a partire dai generi alimentari, come frutta, verdura, zucchero.

Gabbie salariali: cosa sono e perché se ne parla ora?

Nelle ultime settimane si sente spesso parlare di gabbie salariali perché sono entrate nel dibattito politico e giustamente hanno creato un certo scompiglio, ma di cosa si tratta e come funzionano?

Gabbie salariali: cosa sono?

Le gabbie salariali possono essere definite uno strumento attraverso il quale le retribuzioni sono calmierate in base al costo della vita nelle varie zone del Paese. Ad esempio è notorio che il costo della vita in una metropoli come Milano è più elevato rispetto alla provincia, che generalmente le città sono più care dei piccoli paesini e che al Nord il peso di alcune voci di spesa è più elevato.

Proprio sulla scorta di tali differenze si sta pensando di differenziare i salari, e in particolare l’adeguamento degli stipendi al costo della vita/inflazione, in base alle diverse zone d’Italia. Le gabbie salariali in Italia erano vigenti dal 1945 al 1972. Inizialmente l’applicazione era vigente sono in alcune Regioni, poi fu estesa. Nelle varie Regioni d’Italia vi era una divisione in diverse fasce geografiche di retribuzione e tra la fascia più bassa e quella più alta vi era una differenza di retribuzione del 30%. Di certo una bella differenza. In seguito a pressioni e scioperi nel 1972 si pensò di eliminare questo sistema.

In questi giorni è forte la polemica intorno alle gabbie salariali perché le stesse sono rientrate nel dibattito politico.

Perché oggi si parla di gabbie salariali?

Si è parlato di differenziazioni per gli insegnanti e per coloro che sono addetti al pubblico impiego. In realtà potrebbe valere tranquillamente anche per un metalmeccanico. A parlare apertamente di gabbie salariali è stato il Ministro della Pubblica Istruzione Valditara, che però ha ipotizzato delle differenze territoriali solo per gli aumenti e non per il contratto collettivo vigente.

Naturalmente sono in molti ad essere critici nei confronti di una tale soluzione e questo per diversi motivi. Il principale è legato al fatto che si avrebbero stipendi discriminatori a parità di lavoro, mansioni, responsabilità.

Un secondo ordine di ragione riguarda il fatto che l’inflazione che oggi attanaglia l’Italia, e non solo, è trainata dai prezzi energetici alle stelle e questi sono uguali in tutta Italia. Un litro di benzina si paga allo stesso modo al Nord, al Centro e al Sud Italia, in città e nei paesi. Lo stesso discorso può essere fatto per il costo del metano, dell’energia elettrica.

I rincari di questi prodotti sono caduti a pioggia su tutti i beni, ad esempio quelli alimentari, quindi oggi sebbene vi siano delle oscillazioni, il pane è aumentato in tutta Italia. Questo ha portato a un affievolimento delle differenze del costo della vita tra le varie zone d’Italia.

Leggi anche: Cosa accadrà nel 2023 a stipendi, mutui e bollette??

Inflazione: misure contro il caro prezzi saranno confermate

Il ministro Giorgetti, nel corso dell’appuntamento con Telefisco, organizzato da Il Sole24Ore, ha confermato che entro il mese di aprile arriverà una nuova proroga delle misure contro il caro prezzi.

Proroga delle misure contro il caro-prezzi

Famiglie e imprese possono tirare un sospiro di sollievo, infatti il ministro Giorgetti ha confermato che si sta lavorando a nuove misure volte a contrastare gli effetti del caro-prezzi in modo da mitigarne gli effetti. Sappiamo che gli ultimi mesi sono stati difficili a causa di un netto aumento dei prezzi, contemporaneamente le misure di adeguamento dei salari sono state pressoché inutili o comunque blande e di conseguenza sono numerose le famiglie e le imprese in difficoltà.

Nel corso dell’anno 2022 il Governo ha provveduto a numerosi interventi volti soprattutto a mitigare gli effetti dei rincari dei prezzi legati al settore energetico (gas, elettricità, carburanti). Con il Governo Meloni vi è stato però un primo cambio di direzione, infatti è venuto meno il taglio delle accise sui carburanti, sono state introdotte le accise mobili, si è proseguito sulla strada dei crediti di imposta riconosciuti alle imprese per i costi del settore energia, è stato confermato il bonus energia.

Ora, in base alle dichiarazioni del ministro Giorgetti ci sarà un ulteriore cambio di direzione. Ha affermato durante la partecipazione a Telefisco che le misure finora adottate sono state una risposta a un’emergenza, ma che nei prossimi provvedimenti si cercherà di andare oltre la gestione emergenziale. In particolare, visto l’andamento dei prezzi dell’energia che sembra aver preso la strada in discesa, potrebbero esservi degli interventi in grado di dare aiuti che siano flessibili cioè in grado di adeguarsi in modo immediato e automatico all’andamento dei prezzi. In base a quanto affermato si sta pensando anche a una misura omogenea nell’ambito dell’Unione Europea.

Leggi anche: Riforma fiscale: pronta la nuova bozza. Ecco cosa contiene

Revisione dell’Ires

Tali dichiarazioni potrebbero essere correlate a quelle rilasciate nell’ambito del Forum dei Commercialisti e degli Esperti Contabili rilasciate dal viceministro all’economia Maurizio Leo il quale ha ribadito che nei primi giorni di marzo sarà pronta la legge di delega per la riforma fiscale e che questa prevederà una revisione proprio delle accise.

Dalle dichiarazioni emerge anche la volontà di rivedere l’Ires con l’obiettivo di attrarre investimenti esteri. La riforma dell’Ires punterà all’allineamento tra gli utili civilistici e la base imponibile dell’Ires.

Durante l’appuntamento con il Telefisco il ministro Giorgetti ha sottolineato che si sta lavorando a un pacchetto di misure orientato ad aiutare soprattutto le famiglie che si dimostrano più virtuose.

Non è mancato un riferimento al Pnrr considerato un importante strumento che necessita però di uno snellimento delle procedure al fine di ottimizzare i risultati.

Inflazione in calo, la notizia che tutti stavano aspettando

Il 2022 è stato caratterizzato da un’elevata inflazione che ha costretto la BCE a prendere importanti provvedimenti, ora sembra che ci sia un’importante inversione di tendenza con inflazione in calo. Ecco cosa sta succedendo.

Inflazione in calo: dopo mesi deludenti arrivano i primi dati positivi

L’inflazione è caratterizzata da una forte ondata di aumento dei prezzi, per il 2022 è stata in costante aumento in tutta l’area euro e anche oltre i confini europei. A determinare questa ondata sono stati i rincari del settore energetico che hanno portato aumenti a raffica in tutta la filiera. Questo ha generato un impoverimento generalizzato delle persone che hanno perso potere di acquisto. L’Unione Europea al fine di intervenire sulla domanda di beni e servizi e quindi indurre una riduzione dei prezzi, ha pensato di aumentare in modo costante il costo del denaro.

Le previsioni fatte dicevano tutte che il 2023 sarebbe stato l’anno della riscossa, cioè in cui la rincorsa dei prezzi si sarebbe fermata e ora ci sono le prime effettive avvisaglie. I dati rilevati dicono che nel mese di dicembre 2022 in Francia l’inflazione è scesa dello 0,8%, un primo dato incoraggiante. La discesa dei prezzi deriva da una riduzione del consumo del gas dovuta alle temperature molto miti a cui si è unita una riduzione dei prezzi di molti servizi. Secondo le previsioni fatte, in Francia i prezzi dovrebbero comunque avere una piccola risalita nei primi mesi del 2023, mentre l’andamento al ribasso costante e strutturale dovrebbe esservi dal prossimo mese di marzo quando la riduzione dei consumi energetici sarà effettiva.

Inflazione in calo anche in Italia?

Questa prima inversione di tendenza della Francia segue i dati di Germania e Spagna. Per la Germania a determinare il calo dell’inflazione e quindi il rallentamento della corsa dei prezzi è stata la politica interventista tedesca con il pagamento delle bollette del gas delle famiglie nel mese di dicembre.

Per quanto riguarda l’Italia deve essere sottolineato che i dati di dicembre 2022 saranno diffusi dall’Istat a breve, e potrebbero esserci belle sorprese perché in effetti anche l’Italia ha visto una riduzione dei prezzi di alcuni beni, come i carburanti, l’energia elettrica e il gas la cui domanda è diminuita a causa delle elevate temperature. A ciò si aggiungono gli interventi volti a calmierare i prezzi delle fatture energetiche come il bonus sociale. Secondo alcuni dati diffusi dalla Coop per il 2023 l’inflazione in Italia dovrebbe ridursi, ma la diminuzione dei costi non riguarderà il settore food & beverage, insomma la spesa alimentare continuerà ad essere sostenuta.

Cosa accadrà nel 2023 a stipendi, mutui e bollette??

Come sarà il 2023? Molte famiglie e imprese se lo stanno chiedendo e guardano soprattutto a stipendi, bollette, imposte da versare. Naturalmente le prime avvisaglie iniziano a intravedersi con gli aumenti che sono già alla porta.

Effetto dell’aumento del costo del denaro su mutui, prestiti e prezzi case

L’inflazione è ancora alle stelle e le previsioni dicono che molto probabilmente solo nella seconda metà del 2023 o addirittura nel 2024 ci sarà una inversione di tendenza. Il primo elemento da tenere in considerazione è la BCE che ha annunciato nuovi aumenti del costo del denaro che andranno a ripercuotersi sugli investimenti, ad esempio mutui per l’acquisto di casa oppure prestiti per le imprese che vogliono investire. Si attende quindi un nuovo aumento dei tassi sui mutui, i prezzi delle case sono invece piuttosto costanti, ed è stato confermato il bonus mobili fino a 8.000 euro per chi ristruttura.

Leggi anche: Prezzi case: le 10 città dove costerà di più comprarne una nel 2023

Sul fronte caro vita, per ora si registra la discesa dei prezzi dell’elettricità per il primo trimestre del 2022, con la speranza che l’andamento possa confermarsi nell’arco dell’anno. Un’altra novità riguarda inoltre i contratti energetici, infatti salta il divieto di modifiche unilaterali per i contratti in scadenza, in questo caso quindi le società dovranno prima della scadenza comunicare le nuove condizioni contrattuali e il consumatore potrà scegliere se cambiare operatore oppure continuare con le nuove condizioni contrattuali.

Leggi anche: Energia: salta il divieto di modifica unilaterale dei contratti. Aumenti in arrivo per molti consumatori

Aumenta invece il prezzo del gas, ma anche aumenti alle sigarette e pedaggi autostradali, restano invece ferme le multe per violazioni al codice della strada.

Cosa accadrà nel 2023 ai lavoratori?

I lavoratori dipendenti potranno invece beneficiare di un ulteriore taglio del cuneo fiscale dal 2 al 3%.

I lavoratori autonomi in regime forfetario potranno invece beneficiare della flat tax al 15% con ricavi o compensi fino a 85.000 euro, in passato il limite era 65.000 euro. L’uscita automatica dalla flat tax è comunque prevista solo nel caso in cui siano superati i 100.000 euro.

Per le famiglie un’importante novità l’aumento dell’Assegno Unico e Universale per le famiglie con 4 o più figli e per ciascun figlio con meno di un anno.

Leggi anche: Assegno Unico: i chiarimenti dell’Inps per continuare a fruirne

Inoltre è stato confermato e diventa strutturale il bonus psicologo.

Per i giovani vi è la conferma del bonus cultura 18app ma con limiti rispetto al passato, infatti spetterà ai ragazzi che si trovano in nuclei con un reddito Isee inferiore a 35.000 euro e per i diciottenni diplomati con il massimo dei voti. I giovani potranno percepire fino a 1000 euro.

Multe violazioni Codice della Strada, non aumenteranno dal 1° gennaio 2023

Buone notizie per gli automobilisti italiani, infatti per il 2023 non vi saranno adeguamenti/aumenti per le multe derivanti da violazioni del Codice della Strada.

Multe per la violazione del Codice della Strada invariate per il biennio 2023-2024

Il Codice della Strada prevede che gli importi delle sanzioni amministrative applicate per la violazione delle norme del Codice della Strada, ad esempio guida senza cintura di sicurezza, siano adeguate ogni due anni in base alla variazione percentuale dell’Indice Foi (Famiglie di operai e impiegati). Naturalmente l’elevato livello di inflazione registrato nel 2022 ha portato molti automobilisti a temere aumenti spropositati rispetto a quelli che sono gli attuali importi. L’indice registrato a novembre 2022 è stato del 15,6%. In termini pratici questo implica che una semplice multa per violazione del divieto di sosta che attualmente è di 42 euro, rischiava di passare automaticamente dal 1° gennaio 2023 da 42 a 49 euro.

Considerando però l’attuale situazione economica che vede gli italiani in forte affanno e in difficoltà nel tentativo di far fronte ai rincari soprattutto energetici, ma anche relativi alla spesa alimentare, ha deciso di non applicare l’adeguamento automatico per il biennio 2023 e 2024. La norma è contenuta all’interno della Legge di Bilancio 2023. Questo vuol dire che nel caso in cui si incorra in violazioni del Codice della Strada, continueranno ad essere applicate le vecchie sanzioni e continuerà a trovare applicazione anche lo sconto per coloro che pagano la multa entro 5 giorni dall’emissione. Ricordiamo che per gli automobilisti vi è anche un’altra buona notizia, e cioè la riduzione dell’Iva su seggiolini auto. Non così bene sul fronte dei pedaggi autostradali visto che sono previsti aumenti dal 1° gennaio 2023.

Leggi anche: Pedaggi autostradali: aumenti in vista dal 1° gennaio 2023

Rivalutazione al 120% per queste pensioni, ecco l’annuncio della Meloni

La coperta è corta e quando ciò capita, cioè spesso, è necessario fare scelte impopolari, questa sembra essere la linea adottata dal Governo che di fatto ha scelto di porre dei limiti alla rivalutazione delle pensioni, in particolare sarà rivalutata al 120% la minima, mentre per le altre ci sono diverse soglie. Vediamole tutte.

Le rivalutazioni delle pensioni in base all’inflazione

Ogni anno dal primo gennaio, nel caso in cui si sia registrato un aumento del costo della vita, c’è l’adeguamento delle pensioni. L’adeguamento scatta il 1° gennaio in base all’inflazione rilevata dall’Istat nel mese di novembre. Questa nel 2022 si è fermata, per così dire, al 7,3%. È ormai noto che il 2022 è stato un anno particolarmente difficile per i prezzi e proprio per questo i pensionati già dal mese di ottobre hanno ricevuto un anticipo di aumento della pensione pari al 2%, mentre nel mese di gennaio riceveranno la rimanente parte. Con il decreto collegato alla bozza della manovra finanziaria, che deve ora passare al vaglio dell’Unione Europea e dopo essere approvata dal Parlamento, ci sono però state delle modifiche, infatti, non tutte le pensioni avranno lo stesso adeguamento, molto dipende dagli importi.

Rivalutazione al 120% delle pensioni minime: ecco gli importi

La prima notizia positiva riguarda i pensionati che percepiscono l’assegno minimo: le pensioni minime saranno rivalutate al 120% e non al 100%. Questo vuol dire che gli incrementi per questa categoria di persone saranno più importanti rispetto a quelli della generalità dei pensionati.

L’importo dell’assegno minimo attualmente è di 524,34 euro. Con la rivalutazione del 2% del mese di ottobre è arrivata a 534,30 euro, a questo si deve aggiungere il conguaglio 2022 pari allo 0,2% applicato a novembre che ha portato le pensioni minime a 535,86. Occorre però sottolineare che la rivalutazione del 7,3% di gennaio va a riassorbire l’anticipo del 2%

Per aiutare le famiglie più bisognose si è quindi optato per una rivalutazione sul 120% e non sul 100%. La rivalutazione al 120% ha come base il minimo di 524,34 euro, quindi la base di partenza su cui calcolare gli aumenti dovrebbe essere di 629,20 euro e l’aumento di 45,93 euro rispetto ai 38,35 euro di aumento nel caso di rivalutazione al 100%. Ora sommando tale aumento all’importo della minima si ottiene un importo finale di circa 571 euro mensili. Appare evidente che siamo lontani rispetto ai 1.000 euro promessi in campagna elettorale e la differenza tra la rivalutazione al 100% e al 120% non è altissima, viste le somme siamo anche lontani dalla cifra di quasi 600 euro ventilata in conferenza stampa.

La rivalutazione delle altre pensioni

Per quanto riguarda le pensioni differenti dalla minima la rivalutazione sarà al 100% per gli importi fino a 4 volte il trattamento minimo (2100 euro), negli altri casi la rivalutazione viene calcolata solo su una parte dell’assegno pensionistico. Le rivalutazioni oscillano dal 75% fino alla soglia di 5 volte il minimo, scendono poi al 50% e al 35% per gli importi pensionistici fino a 10 volte superiori al minimo.

Leggi anche: Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Ecco quali aumenti pensioni scatteranno dal 1° gennaio. Simulazioni

Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti ha firmato il decreto di adeguamento delle pensioni al costo della vita. Ecco quanto percepiranno in più gli italiani dal 1° gennaio 2023 con gli aumenti pensioni.

Aumenti pensioni 2023 del 7,3%

Le pensioni sono adeguate annualmente in base all’indice dell’inflazione. L’adeguamento avviene il 1° gennaio di ogni anno in base ai dati sul costo della vita registrati a inizio novembre. Con il decreto firmato ieri è stata disposta la perequazione con un aumento pensioni del 7,3%. Deve però essere ricordato che quest’anno dal mese di ottobre i pensionati che percepivano un assegno lordo inferiore a 2.692 euro hanno ricevuto un aumento del 2%. Si è trattato di un anticipo rispetto all’aumento pensioni di gennaio 2023 e questo perché l’inflazione troppo elevata ha creato problemi con la gestione delle spese quotidiane. A ciò deve essere aggiunto che nel mese di novembre 2022, gli italiani hanno percepito un ulteriore aumento dello 0,2% che costituisce il conguaglio della perequazione in base all’inflazione reale dell’anno 2021.

Come sono calcolati gli aumenti della pensione?

Gli aumenti di gennaio sono calcolati sempre in base ai dati provvisori dell’inflazione dell’anno precedente così come rilevati nel mese di novembre. Nel corso dell’anno arrivano però i dati definitivi sull’inflazione e di conseguenza i pensionati, solitamente nel mese di gennaio dell’anno successivo, ricevono questo conguaglio pari alla differenza tra i dati provvisori e i dati reali.

Nel mese di gennaio 2022 i pensionati avevano ricevuto l’importo calcolato su un’inflazione provvisoria di 1,7%, registrata nel mese di novembre 2021. I dati definitivi hanno portato a rilevare un’inflazione reale per il 2021 all’1,9%. Questo implica che i pensionati avrebbero dovuto ricevere nel mese di gennaio 2023 il conguaglio dello 0,2% (differenza tra i dati provvisori e i dati definitivi sull’inflazione 2021). Al fine di agevolare i pensionati, questo conguaglio è stato anticipato al mese di novembre, ecco perché gli importi sono stati superiori rispetto a quanto generalmente percepito. Ricordiamo che nel mese di novembre i pensionati con un assegno inferiore a 1.538 euro lordi hanno ricevuto anche il bonus di 150 euro.

A quanto ammonta l’aumento pensioni a gennaio 2023?

Si è detto che il Ministro Giorgetti ha firmato il decreto che autorizza l’Inps ad aumentare le pensioni del 7,3%. Questo vuol dire che su un importo lordo di 1.000 euro, l’aumento sarà di 73 euro. Naturalmente occorre poi valutare l’effetto delle imposte che sono trattenute dall’assegno pensionistico che dipendono dall’aliquota applicata. Proprio tali aumenti secondo molti potrebbero generare il fenomeno del drenaggio fiscale.

Dai primi dati emerge che l’importo della pensione minima sale da 525,38 a 563,73 euro, l’aumento dovrebbe essere di 38 euro netti. In base ai calcoli effettuati da Il Sole 24 ore, l’aumento per una pensione di 1.000 euro lordi dovrebbe essere di 52 euro netti. Chi percepisce una pensione lorda di 2.000 euro, dovrebbe ricevere un aumento netto di 100 euro.

Quanto costa la legna per riscaldarsi questo inverno?

Il caro energia sta mettendo gli italiani di fronte a scelte drastiche soprattutto per quanto riguarda i riscaldamenti, sono in molti a chiedersi quanto costa la legna per riscaldarsi questo inverno e se è possibile risparmiare.

Contro il caro energia conviene acquistare legna per riscaldarsi?

Deve essere anticipato che le quotazioni del gas stanno scendendo e che già da novembre dovrebbero esservi i primi effetti sulle bollette del metano, mentre si stima che sulle bollette dell’elettricità le prime ripercussioni dovrebbero esservi nel mese di gennaio. Fatta questa premessa continuiamo la disamina delle strade alternative al riscaldamento con metano.

Abbiamo visto i costi del pellet e dei suoi derivati come nocciolino e pellet di canapa, vediamo ora il più tradizionale dei combustibili cioè la legna.

Leggi anche: Prezzi pellet per tutte le tipologie: abete, faggio, nocciolino, betulla, canapa

La legna può essere bruciata nel tradizionale camino, oppure con stufe a biomassa, o stufe solo a legna. Sia il camino sia le stufe, con opportuni collegamenti agli impianti di riscaldamento, possono essere utilizzati per riscaldare tutti gli ambienti di casa e non solo quello in cui il camino è situato e possono essere utilizzati anche per la produzione di acqua sanitaria, andando così a usare il metano solo per la cucina.

Fattori da cui dipende il costo della legna da ardere

Fatta questa premessa, occorre ricordare che il costo della legna dipende da diversi fattori: ad esempio zona di taglio (alcune zone con terreni molto drenanti consentono di avere una legna con un residuo di umidità molto basso, si tratta di legna che pesa di meno, costa di più e ha un maggiore potere calorifero). Il costo dipende inoltre dal periodo di taglio, ad esempio la legna asciutta tagliata negli anni precedenti e lasciata asciugare, ha una resa molto più alta e costo maggiore.

Il costo della legna è inoltre determinato dal tipo di taglio, se, ad esempio, si acquistano grossi pezzi perché si ha un camino grande oppure perché si intende concludere in autonomia il successivo lavoro di pezzatura, il costo è ridotto rispetto all’acquisto di legna tagliata a pezzi più piccoli. Occorre poi valutare le modalità di vendita: la legna sfusa costa meno di quella acquistata su bancale. La differenza tra le varie pezzature è di circa due/tre euro a quintale. Naturalmente chi ha una casa in campagna con molto spazio esterno può acquistare legna sfusa e sistemarla poi autonomamente nella propria legnaia, ma chi ha problemi di spazio è costretto ad acquistare i bancali.

Il pellet da questo punto di vista ha minori “pretese” perché occupa meno spazio, poi è bene ricordare che un quintale di pellet e un quintale di legna non sono assolutamente paragonabili per quanto riguarda la resa perché il pellet è essiccato e ha un residuo di umidità praticamente molto basso.

Quale legna acquistare?

Infine, il costo della legna dipende dalla tipologia di albero tagliato. La legna da ardere può essere divisa in due macro-categorie: legna dolce come abete, pioppo e pino e legna forte, come faggio, olmo, frassino e rovere. I legni dolci bruciano più rapidamente, questo vuol dire una bella fiamma e acqua che arriva a temperatura più rapidamente, mentre i legni forti bruciano più lentamente questo vuol dire maggiore durata. La soluzione migliore sarebbe acquistare legno misto.

Quanto costa la legna per riscaldarsi per la stagione 2022/2023?

Fatta questa premessa andiamo ai costi della legna, considerate tutte le variabili che abbiamo visto, possiamo confrontare i prezzi e dire che mentre un anno fa la legna era acquistata a una media di 12 euro, con la possibilità di arrivare massimo a 14 euro al quintale, il costo minimo invece era anche di 8 euro. Ora il prezzo minimo trovato sul mercato è di 12 euro (naturalmente legna di bassa qualità), mentre il prezzo massimo trovato è di 25 euro al quintale. Si tratta di un’offerta trovata per legno di faggio, da ritirare presso la sede dell’azienda con una consegna minima di 20 quintali.

Occorre poi aggiungere le spese per il trasporto che dipendono dalla distanza tra il luogo in cui ha sede l’azienda presso la quale si acquista e quello in cui la legna deve essere consegnata.

Anche in questo caso abbiamo un forte aumento dei prezzi determinato dall’aumento del costo dei carburanti, ma anche della manodopera e dell’inflazione in genere.