Costo del denaro e mutui, quando scendono i tassi di interesse?

Dopo dieci aumenti consecutivi del costo del denaro da parte della BCE, per la prima volta nel mese di ottobre non c’è stato un aumento, ma un freno. Questo vuol dire che a breve non ci saranno aumenti del tasso di interesse praticato su mutui e prestiti, molti però si chiedono: quando inizierà a diminuire il costo del denaro? Ecco le previsioni degli economisti.

Stop all’aumento del costo del denaro

Gli aumenti del costo del denaro della BCE sono iniziati nell’estate 2022 e sono andati avanti in modo consecutivo per oltre un anno. Ad ottobre, in vista della riunione della BCE, alcuni ritenevano che potesse esservi un nuovo aumento, ma molti economisti avevano previsto uno stop e lo stesso si è verificato. L’obiettivo degli aumenti del costo del denaro era calmierare l’inflazione, lo stop agli aumenti del costo del denaro è stato determinato proprio dal fatto che l’inflazione ha smesso di crescere.

Previsioni tagli costo del denaro e tasso interesse mutui

Molte persone a questo punto aspettano un taglio del costo del denaro, questo potrebbe portare una riduzione dei tassi di interesse sui mutui a tasso fisso e una riduzione della rata del mutuo a tasso variabile.

A un eventuale taglio del costo del denaro potrebbero seguire anche rinegoziazioni e surroghe dei mutui già stipulati. Per la maggior parte degli analisti però, sebbene a breve non siano previsti nuovi aumenti del costo del denaro, visto che l’inflazione sembra essere sotto controllo, non ci si può attendere nel breve periodo anche un taglio. Questo per ragioni di prudenza, infatti Christine Lagarde a margine dell’ultima riunione ha dichiarato che la BCE è pronta a intervenire nuovamente nel caso in cui l’inflazione dovesse ricominciare a crescere, si adotta quindi un atteggiamento prudente.

La maggior parte degli analisti ritiene che un primo taglio vi potrebbe forse essere nel terzo trimestre del 2024, una parte minoritaria ritiene che invece vi potrebbe essere un taglio nel mese di luglio 2024. Praticamente ritengono tutti improbabile un taglio nel primo semestre dell’anno.

Ne deriva che i tassi di interesse dei mutui potrebbero restare ai livelli attuali ancora per molti mesi, l’unica nota positiva è che non aumenteranno.

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Rivalutazione pensioni 2024, tutti gli importi per fasce

A fine anno tutti i pensionati si chiedono come sarà la rivalutazione pensioni applicata sui dati relativi all’aumento del costo della vita e naturalmente anche il 2024 porta gli stessi dubbi.

Ogni anno le pensioni sono sottoposte a rivalutazione in base all’ inflazione registrata dall’Istat. Si tratta di un adeguamento degli importi che dovrebbe preservare il potere di acquisto dei pensionati. Negli anni però, a causa delle difficoltà economiche che affronta il Paese, le pensioni non sono state rivalutate tutte allo stesso modo, infatti le pensioni che hanno importi più elevati sono rivalutate solo in parte. Questo meccanismo dovrebbe portare anche a una sistema maggiormente paritario.

Vediamo però come saranno rivalutate le pensioni 2024.

Pensioni, a dicembre arriva il conguaglio con arretrati

La prima novità importante è che nel mese di dicembre 2023 i pensionati italiani riceveranno l’anticipo del conguaglio della rivalutazione del 2023, si tratta di un aumento dello 0,8% su base mensile, quindi su 13 mensilità. Per molti pensionati è un bel gruzzoletto che andrà ad aggiungersi alla tredicesima. Nelle settimane trascorse si era vociferato anche di un anticipo del conguaglio già nel mese di novembre 2023 ma poi non è andata così visti i tempi stretti.

Rivalutazione pensioni 2024, gli importi

Nel frattempo si discute sulla rivalutazione pensioni 2024. La stessa dovrà essere calcolata sull’inflazione registrata dall’Istat, i dati dovrebbero arrivare intorno al 20 novembre e si vocifera di un valore tra il 5,5% e il 6%. In poche parole chi percepisce un assegno di 1.000 euro dovrebbe ricevere 55-60 euro di aumento su base mensile.

Non tutti i pensionati però riceveranno lo stesso aumento, infatti le rivalutazioni saranno diversificate.

Potranno ricevere l’aumento sul totale dell’assegno pensionistico i lavoratori che percepiscono fino a 4 volte l’importo della pensione minima. L’importo della pensione minima dovrebbe essere 525,5 euro. Questo implica che la rivalutazione al 100% sarà riservata a coloro che percepiscono fino a 2.102 euro mensili.

  • Per importi compresi tra 4 e 5 volte il minimo, cioè tra i 2.102 e i 2.627 euro la rivalutazione sarà sul 90% dell’assegno pensionistico;
  • Per gli importi compresi tra 5 e 6 volte la pensione minima, cioè 2.627 e 3152 euro la rivalutazione sarà applicata sul 53% dell’importo;
  • nel caso di assegno pensionistico tra 6 e 8 volte la pensione minima (tra i 3.152 e i 4.203 euro), rivalutazione del 47%;
  • tra 8 e 10 volte la pensione minima (tra i 4.203 e i 5.254 euro), rivalutazione del 37%;
  • sopra le 10 volte la pensione minima (sopra i 5.254 euro), rivalutazione del 22%.

Naturalmente non manca il malcontento.

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Aumento prezzo della benzina, il Governo intervenga

Il Governo non sembra voler accogliere l’appello dei consumatori, nessun intervento per ridurre il prezzo della benzina e degli altri carburanti attraverso interventi sulle accise.

Nuovo record per il prezzo della benzina

Continua la corsa del prezzo della benzina che lungo la rete autostradale arriva a costare 2,50 euro al litro, intanto le associazioni dei consumatori chiedono un intervento del Governo perché, a questi livelli, con il Governo Cobnte c’era stato il taglio delle accise supportato, dal punto di vista economico, dall’aumento delle entrate Iva.

Tagliare le accise ora per il Governo non avrebbe un costo improponibile perché, superati i due euro, di fatto aumentano le entrate Iva collegate all’aumento dei prezzi, proprio per questo sono in tanti a chiedere un deciso intervento. Dal canto suo il Governo sembra non essere sensibile a queste richieste e di fatto stanno semplicemente arrivando maggiori controlli da parte della Guardia di Finanza, gli stessi sono volti a scovare eventuali truffe, come quella sul carburante effettivamente erogato dalle pompe di servizio.

D’altronde sono in molti a ritenere che di fatto il semplice obbligo di esporre il prezzo medi dei carburanti sia un misura inconsistente e senza alcun reale valore o meglio, senza nessuna reale capacità di incidere effettivamente sui prezzi.

Governo intervenga sul prezzo della benzina

I dati ufficiali del ministero delle Imprese e del Made in Italy dicono che il costo della benzina è aumentato per 16 giorni consecutivi. Il prezzo medio nazionale della Super in autostrada è di 2,019 euro al litro. Ricordiamo che per via dei costi delle concessioni, i carburanti in autostrada costano comunque di più rispetto alla rete “ordinaria”. Considerati tali dati sono in molti a chiedersi cosa aspetta il Governo a tagliare le accise visto che comunque proprio tale taglio è una promessa elettorale della Lega ormai da decenni e che i prezzi sono diventati nuovamente proibitivi.

La Federazione Gestori Impianti Carburanti e Affini ha sottolineato che gli aumenti di questi giorni non sono dovuti a speculazioni, bensì all’aumento dei prodotti sui mercati internazionali. Proprio per questo la stessa Federazione chiede al Governo di agire sulla tassazione in modo da consentire una riduzione del prezzo finale a vantaggio dei consumatori. In questo modo è possibile anche consentire un rientro dalle vacanze più tranquillo per gli italiani.

Tutti i prezzi in aumento

L’allarme sui prezzi dei carburanti non è l’unico che attende gli italiani al rientro dalle vacanze, infatti, nonostante le stime sull’inflazione siano in calo da mesi, sono in salita i prezzi di moltissimi prodotti di largo consumo. In particolare bevande analcoliche e prodotti alimentari vedono i prezzi salire del 10,7%. Per abbigliamento e calzature i prezzi sono in salita del 3,4% mentre abitazione, acqua, combustibili ed elettricità vedono i prezzi salire del 9%.

Vista la situazione è difficile capire quale impatto potrebbe avere la scelta del Governo di proporre alla grande distribuzione il programma anti-inflazione che mira a contenere i prezzi dei beni di prima necessità per il trimestre che va dal 1° ottobre al 31 dicembre.

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Trimestre anti-inflazione, prezzi calmierati per i molti beni

Inflazione in calo a luglio, le decisioni della Bce sui mutui

Buone notizie sul fronte prezzi, continua la discesa, a luglio l’inflazione scende ancora, ma la BCE parla di prospettive ancora incerte.

Sappiamo che dal 2022 è iniziato un costante aumento dell’inflazione trainato dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici che si è riversato a cascata su tutti i prodotti. A questa spirale inflazionistica che sta mettendo in ginocchio non solo gli italiani, è stata contrapposta una politica monetaria particolarmente dura con un costante aumento del costo del denaro deciso dalla BCE.

L’ultimo sta in questo momento esplicando i suoi effetti. In base alle teorie della BCE l’aumento del costo del denaro ha l’effetto di diminuire la domanda di prodotti e servizi e ciò porta a sua volta a una riduzione dei prezzi. Si sta quindi curando l’inflazione principalmente con la politica monetaria, mentre i Paesi Membri dell’Unione Europea adottano strumenti di aiuto alle famiglie, come il piano anti-inflazione dell’Italia che dovrebbe prendere il via nel mese di ottobre 2023.

L’effetto immediato dell’aumento del costo del denaro è l’aumento dei tassi di interesse sui mutui, ma si registra anche un miglior rendimento per coloro che scelgono di fare investimenti.

Di fatto sono in molti a sperare che con un’inversione di tendenza dell’inflazione, la Bce possa smettere di aumentare il costo del denaro e quindi dare un po’ di sollievo alle famiglie che si trovano a dover pagare un mutuo a tasso variabile o vogliono stipulare in questi mesi un contratto anche a tasso fisso.

Inflazione in discesa a luglio 2023: i dati

Nel mese di giugno 2023 l’inflazione si era assestata al 6,4%, in diminuzione rispetto al mese di maggio. Anche luglio ha visto un deciso ribasso dell’indice di inflazione che è al 5,9%. Il valore atteso era il 6%.

Un’altra buona notizia è data dal fatto che questo è il quinto mese successivo in cui si registra un calo dell’inflazione. Proprio per questo sono in molti a ritenere che sia un andamento costante consolidato, ma sembra di diverso avviso la Bce.

Secondo l’Istat la frenata dei prezzi è dovuta a diversi fattori, i principali sono:

  • rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti;
  • discesa dei prezzi energetici;
  • calo dei prezzi per gli alimentari lavorati (non materie prime).

Secondo l’Unione nazionale consumatori il calo dei prezzi è ancora troppo basso e la spesa alimentare continua ad essere troppo pesante per le famiglie, proprio per questo le famiglie non riescono a percepire questi cali dei prezzi. Su base annua l’aumento del costo della vita è di 1699 euro ( famiglia di 4 persone). Di questi 823 euro sono imputati alla spesa alimentare e 340 per abitazione, acqua ed elettricità.

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Rata del mutuo ancora su, BCE aumenta il costo del denaro

Rata del mutuo ancora su, BCE aumenta il costo del denaro

Già con l’aumento del mese di giugno 2023 era stato annunciato il nuovo aumento del costo del denaro del mese di luglio. Potrebbe finalmente essere l’ultimo. Questo si ripercuote direttamente sulla rata del mutuo a tasso variabile e crea difficoltà per chi nelle prossime settimane avesse intenzione di stipulare un mutuo e sebbene già vi siano proposte per contenere le rate, per ora è ancora allarme mutui.

Costo del denaro al 4,25%: crescono le rate del mutuo

Con il nuovo aumento del costo del denaro il tasso di interesse sui finanziamenti arriva al 4,25%, mentre il tasso di interesse sui depositi al 3,75 ( buona notizia per i risparmiatori).

Naturalmente questa scelta, ampiamente annunciata già il mese scorso, andrà a incidere sulla rata del mutuo a tasso variabile che aumenterà in breve tempo. Dal mese di luglio dell’anno scorso, in cui è iniziata la serie di aumenti, questo è il 9°, i primi sono stati dilazionati nel tempo, nel 2023 invece sono stati aumenti mensili.

L’obiettivo è frenare la domanda e di conseguenza portare a una riduzione dei prezzi e dell’inflazione. I primi timidi segnali iniziano a vedersi, ma non mancano critiche, in particolare da parte dell’Italia. Più volte è stato sottolineato che in Italia l’aumento dei prezzi non è dovuto alla domanda, ma è dovuto a fattori esterni (crisi energetica, crisi Ucraina) quindi l’aumento del costo del denaro porta solo a un rischio di perdite in termine di Pil e aumenta il rischio di recessione per l’Italia.

Quali aumenti delle rate dei mutui aspettarsi?

Nel frattempo chi ha un mutuo a tasso variabile si chiede cosa dovrà aspettarsi nei prossimi mesi, purtroppo chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile prima dell’inizio degli aumenti del costo del denaro, vedrà ancora crescere la rata, in media rispetto a un anno fa l’incremento totale è di circa il 70% in media.

Aumenti anche per il mutuo a tasso fisso, ma chi ha avuto la fortuna di stipularlo un anno fa ora paga un interesse irrisorio rispetto a chi lo stipula oggi.

Le banche in questi mesi si sono affannate a dare consigli, ad esempio passare al tasso fisso, chiedere una rinegoziazione del mutuo, abbassare la rata e allungare il piano di ammortamento, ma il risparmio che ne deriverebbe è irrisorio, potrebbe trattarsi di un effetto placebo.

Le proposte di legge per aiutare le famiglie a far fronte al caro mutui ad oggi ancora non si sono materializzate. Inoltre dalle prime indiscrezioni emerge che tali vantaggi potrebbero essere applicati solo a chi è in regola con i pagamenti, quindi chi è in difficoltà e già ora non riesce a pagare non verrebbe “tutelato”.

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BCE annuncia un nuovo aumento del costo del denaro. Critiche dall’Italia

Il presidente della Bce, Christine Lagarde, nel suo intervento in occasione dell’Ecb Forum on Central Banking 2023 del 27 giugno 2023 ha annunciato un nuovo, imminente, aumento del costo del denaro. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito che non è la soluzione.

Lagarde: nuovo aumento del costo del denaro a Luglio

L’ultimo aumento del costo del denaro è solo di qualche giorno fa, ha portato un aumento dei tassi di interesse su mutui a tasso fisso e variabile, ma ha un forte impatto anche sulle imprese che, se hanno bisogno di liquidità per fare investimenti, sanno che avranno condizioni di prestito particolarmente gravose.

L’obiettivo della BCE è contenere l’inflazione attraverso una politica monetaria in grado di incidere sulla domanda di beni e quindi sui prezzi. A un anno dall’inizio della nuova strategia della Bce, gli effetti sull’inflazione sono ridotti, le famiglie e le imprese italiane hanno difficoltà a far fronte agli impegni economici e sono in molti ad annunciare un rischio recessione per l’Italia.

Giorgia Meloni: l’aumento dei tassi non è la soluzione

Il premier Giorgia Meloni nel discorso alla Camera ha sottolineato “la semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi non pare a molti la strada più corretta da perseguire. Questa inflazione non è figlia di un economia che cresce ma di fattori esogeni come la crisi energetica. Non si può non considerare il rischio che l’aumento dei tassi finisca per colpire più le economie che l’inflazione, che la cura si riveli più dannosa della malattia”. Secondo il Presidente del Consiglio l’Italia ha bisogno di sostegno alla crescita e non di misure che rischiano di mettere in difficoltà ancora di più le persone.

Certo per chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile nell’ultimo anno e che quindi ancora beneficia poco degli effetti sulla rata dell’ammortamento, ha notevoli difficoltà e ha visto la rata crescere a dismisura. Chi vuole accedere ora a un finanziamento sa che le condizioni sono proibitive, non solo perché i tassi sono alti, ma anche perché le banche hanno stretto le maglie del credito.

Antonio Tajani: errati gli annunci con largo anticipo

Sulla stessa linea il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani che è intervenuto al X Congresso confederale nazionale della Confsal, dove ha sottolineato che il costante aumento del costo del denaro non favorisce la crescita, inoltre critica la politica dell’annuncio con largo anticipo perché va a irrigidire ancora di più gli operatori. Tajani sottolinea che l’aumento del costo del denaro non è la soluzione giusta perché noi soffriamo un’inflazione non dovuta a situazioni interne, ma a fattori esterni come la guerra ai confini dell’Europa che ha portato aumenti nel settore energetico che a catena si sono riversati su tutto il sistema a causa del loro perdurare. Insomma l’aumento dei prezzi non è dovuto all’aumento della domanda quindi non si deve agire sulla domanda di beni e ricalibrare domanda/offerta.

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RcAuto, allarme aumenti dall’Ivass

Il presidente dell’Ivass, Luigi Federico Signorini, in occasione della presentazione della relazione sull’attività svolta dall’Istituto nel 2022 ha reso noto che le polizze RcAuto sono in aumento. I rincari medi sono del 4%.

Non solo alimentari ed energia, anche per la RCAuto c’è l’allarme aumenti

Nell’ultimo anno l’aumento dei prezzi ha riguardato praticamente tutti i prodotti e i servizi, dai beni alimentari, alle tariffe di luce e gas, sembra essersi arrestata la corsa dei carburanti, ma anche in questo caso i prezzi risultano più alti rispetto a prima della crisi inflazionistica. Naturalmente trattandosi di aumenti generalizzati, non potevano essere risparmiate le polizze assicurative e a darne conferma è proprio Ivass, Istituto di vigilanza sulle compagnie di assicurazione.

In base a quanto dichiarato dal presidente dell’Ivass, nel primo trimestre del 2023 si è registrato un aumento medio delle polizze RcAuto del 4% su base annua. La polizza media è di 368 euro con forti differenze che permangono tra Nord e Sud Italia.

Al Sud aumentano le scatole nere per risparmiare sulla RCAuto

Differenze vi sono anche per quanto riguarda gli sconti ottenibili, in questo caso sono più elevati al Sud Italia dove raggiungono il 40,3%, mentre nel Nord-Est sono al 30,9%. Le differenze sono dovute a due fattori, il primo è che nelle zone del Nord-Est si parte da polizze molto basse e di conseguenza il margine di sconto è ridotto, mentre al Sud c’è un maggiore margine dovuto anche al fatto che sono aumentate in questi ultimi anni le installazioni di scatole nere sui veicoli.

La scatola nera è uno strumento in grado di combattere l’antipatico fenomeno delle truffe alle assicurazioni, infatti registrando numerosi dati sulla guida riducono l’impatto dei falsi incidenti o dei sinistri le cui conseguenze sono aggravate. La media nazionale di installazione di scatola nera sul veicolo è del 22%, ma al Sud si raggiunge una diffusione del 36%, segno che c’è il desidero da parte degli automobilisti di avere un comportamento virtuoso per ottenere sconti.

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Allarme mutui, cosa potrebbe succedere agli interessi dopo il 15 giugno 2023?

Il 15 giugno 2023 c’è una nuova riunione della BCE e siamo ormai abituati che in tali occasioni si procede a un rialzo del costo del denaro che inevitabilmente si rifletterà sui mutui e sui prestiti andando ad aumentare i tassi di interesse.

Allarme mutui con la politica monetaria della BCE

La politica economica della BCE è ormai chiara, aumentare il costo del denaro per diminuire la domanda di beni e quindi calmierare i prezzi andando così a ridurre il tasso di inlfazione. Questa politica monetaria è ormai iniziata da quasi un anno. Gli aumenti del costo del denaro sono stati costanti, l’ultimo è stato nel mese di maggio di 0,25 punti percentuali che hanno portato il costo del denaro al 3,75%.

In base alle prime indiscrezioni trapelate il 15 giugno dovrebbe esservi un aumento di pari importo e di conseguenza il costo del denaro dovrebbe arrivare al 4%.

In poco temo questo eventuale nuovo aumento si riverserà sui mutui andando ad aumentare la rata dei mutui già stipulati con il tasso variabile e incidendo sui nuovi mutui a tasso fisso stipulati proprio a partire da tale data.

C’è spazio per un’eventuale posticipo dell’aumento del costo del denaro?

Sembra che le politiche monetarie della BCE stiano dando i loro frutti, infatti nell’area euro nel mese di maggio l’inflazione è in calo. A ciò si aggiunge che, viste le politiche restrittive adottate dalle banche, stanno diminuendo le domande di prestito, questo dovrebbe raffreddare la corsa in salita dei prezzi.

Se questo dato potrebbe far propendere per una pausa nell’aumento costante del prezzo del denaro, dall’altro lato potrebbe dar ragione alla Bce che forte di una politica monetaria aggressiva che sta funzionando probabilmente, o meglio questo è ciò che molti si aspettano, potrebbe di fatto decidere di mantenere la rotta. Questo vorrebbe dire che il costo del denaro potrebbe arrivare al 4%.

Ricordiamo che il costo del denaro al 4% è il prezzo a cui le banche del sistema acquistano denaro dalla Bce per erogare prestiti e mutui. Nel momento in cui lo stesso denaro viene distribuito è ovvio che la banca debba applicare tassi più elevati e rientrare nelle spese di gestione di prestiti e mutui. In poche parole chi chiede un prestito o un mutuo non può ottenerlo con un tasso di interesse al 4%.

Allarme mutui, ultimi dati sui tassi di interesse

Ad aprile i tassi di interessi per mutui erano in media intorno al 4,52%, ad aprile del 2022 si poteva ottenere un mutuo con tasso al 2,15%. Per il credito al consumo il tasso di interesse è invece al 10,52%. Non sono ancora noti i dati definitivi di maggio 2023, ma sicuramente più alti rispetto ad aprile. Non si esclude che il tasso di interesse per un mutuo a tasso fisso possa arrivare dopo l’eventuale rialzo al 6%. Proprio per questo si parla di un nuovo allarme mutui.

Buone notizie vi possono invece essere per i risparmiatori, infatti il tasso di interesse sui depositi è attualmente al 3,25% e potrebbe essere aumentato al 3,50%.

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L’Inflazione è un business? Partono i controlli della Guardia di Finanza

Capita spesso che qualcuno in Italia approfitti delle situazioni di difficoltà, confusione e delle novità. È già capitato con il cambio lira/euro quando i prezzi furono arrotondati per eccesso. Ora sembra che stia capitando con l’inflazione e infatti Coldiretti ha iniziato a insinuare qualche dubbio che presto potrebbe sfociare in maggiori controlli della Guardia di Finanza. Sembra infatti che per molti l’inflazione sia un business, cioè che qualcuno ne stia approfittando per aumentare il margine di guadagno.

Inflazione è un business? L’aumento dei prezzi non è giustificato dall’aumento dei costi

L’inflazione dell’ultimo anno ha generato un aumento dei prezzi vistoso, molti però sospettano che alcune filiere abbiano aumentato i prezzi più del dovuto al fine di ottenere un maggiore lucro. Di conseguenza gli italiani starebbero affrontato un aumento non giustificato che sta mettendo in difficoltà molte famiglie. Ad esempio, si calcola che il gelato abbia avuto degli aumenti anche del 20%.

Coldiretti sottolinea che alcuni prodotti, ad esempio la pasta, stanno subendo aumenti più elevati rispetto a quelli che si dovrebbero avere tenendo in considerazione gli aumenti della materia prima, ad esempio il prezzo del grano duro è sceso, e all’aumento dell’energia (i prezzi del settore energetico sono in calo).

Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha sottolineato che a questo punto è necessario iniziare dei controlli al fine di tutelare le famiglie. Nel solo mese di marzo 2023 sembra ci sia stato un aumento del prezzo della pasta del 17,5% questo vuol dire che un alimento base della nostra alimentazione rischia di avere un prezzo quasi proibitivo.

Partono i controlli della Guardia di Finanza, ma gli italiani acquistano sempre meno

In seguito all’allarme lanciato, la Guardia di Finanza ha annunciato che inizia ora il monitoraggio del prezzi, l’obiettivo è fare in modo che non vi siano speculazioni e salvare il potere di acquisto degli italiani evitando che l’inflazione sia un business.

Deve infatti essere sottolineato che è vero che aumentano i costi, ma gli italiani comprano sempre meno, rinunciano prevalentemente a frutta e verdura, ma non solo, in calo anche la vendita di carne bovina, pesce e altri ingredienti generalmente utilizzati nella dieta mediterranea. Meno spreco o semplicemente difficoltà a gestire anche la spesa quotidiana?

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Allarme mutui, nuovo aumento del costo del denaro a maggio 2023

La BCE ormai ci ha abituati a costanti aumenti del costo del denaro e anche per il mese di maggio 2023 è previsto un aumento dello 0,25% che genera un nuovo allarme mutui, è sempre più difficile ottenerne uno a tasso fisso e sul variabile c’è un elevato rischio di aumento della rata.

Bce, nuovo aumento del costo del denaro a maggio?

L’ultimo aumento del costo del denaro risale al mese di marzo 2023, esattamente il 16. Con questo ulteriore intervento della Bce il costo del denaro è arrivato al 3,50%. Naturalmente questo ha portato i tassi di interesse dei mutui a crescere e le banche a ridurre le concessioni di mutui a tasso fisso.

La Bce sta usando l’aumento del costo del denaro per tenere sotto controllo la domanda di beni, ricordiamo che una diminuzione della domanda porta anche a una riduzione dei prezzi, o almeno dovrebbe portare a tale situazione, e quindi provare a ridurre l’inflazione. Non tutti sono concordi con questa strategia, ma di fatto la Bce sta continuando sulla sua strada e finora non c’è stato alcun aumento annunciato e poi non attuato. Questo implica che nel mese di maggio il costo del denaro potrebbe arrivare al 3,75%. I mutui a tasso variabile già stipulati vedranno un aumento della rata, ma per i mutui a tasso fisso, stipulati in passato la rata resta fissa.

Allarme mutui, le banche stringono la cinghia e non concedono facilmente mutui

Proprio questo costante aumento del costo del denaro sta inducendo le banche a non concedere i mutui a tasso fisso, infatti il rischio è offrire tassi che tra qualche mese non potranno essere sopportati dalle banche senza avere difficoltà. Questo anche perché le banche sanno bene che se anche tra qualche anno dovesse esservi un’inversione di tendenza e quindi il costo del denaro dovesse scendere, ciò non si tramuterebbe in un maggiore guadagno per le banche perché i clienti a quel punto chiederanno la surroga del mutuo per avere una rata che sia in linea con i valori del momento.

Questi sono i motivi per i quali le banche tendono a concedere con parsimonia mutui a tasso fisso, a ciò si aggiunge che oggi per avere la garanzia di solvibilità dei clienti è richiesto un reddito più elevato del passato, in media 2.300 euro, mentre in passato si riteneva un reddito mensile di 2000 euro sufficiente. La rata media è infatti passata da 600 euro a 800 euro, proprio a causa dell’aumento dei tassi. Inoltre è aumentato il costo della vita e quindi le famiglie hanno bisogno di maggiori risorse per la gestione delle spese quotidiane.

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