L’amarezza degli ingegneri per l’esclusione dal BIM

Alla fine di agosto il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha inviato una nota al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Del Rio, sul tema delle questioni legate agli adempimenti previsti dal codice appalti in tema di processi innovativi (BIM).

Il riferimento della nota è alla commissione ministeriale che si occuperà della questione, coordinata dal provveditore Ing. Pietro Baratono. A quanto pare, la commissione sarà composta da rappresentanti di alcune università italiane e non vede alcuna rappresentanza delle professioni tecniche, ingegneri in primis.

Ancora una volta – si legge nella nota firmata dal presidente del CNI, Armando Zambranocommissioni importanti per il futuro delle attività dei professionisti vengono istituite senza che questi possano dare un contributo di merito. Essere ascoltati non equivale a scrivere le regole. Il perché di questa scelta è incomprensibile, dal momento che esiste la possibilità, attraverso un unico soggetto – la Rete delle Professioni Tecniche – di coinvolgere tutti i consigli nazionali interessati senza dover aumentare in modo non utile il numero dei soggetti coinvolti”.

I processi innovativi come il BIM – prosegue il numero 1 degli ingegneriper i professionisti sono una occasione per ristrutturare i propri studi, per sperimentare nuovi modelli organizzativi, per favorire le aggregazioni, superare le competenze, fare, in concreto, multi e inter disciplinarietà. Perché non si è voluto cogliere questo aspetto? Perché, ancora una volta, non si è voluto avere una visione strategica, cogliendo l’obbligo del codice come momento di confronto con i soggetti, tra cui i professionisti, che hanno già una esperienza reale costruita sulle proprie spalle e con le proprie risorse?”.

Non abbiamo risposte a questi perché – conclude Zambrano -. Abbiamo solo la conferma di un Paese che, alla vigilia di importanti riforme istituzionali, potenzialmente capaci di proiettarlo in una nuova e diversa dimensione, procede secondo i soliti metodi ed i soliti schemi, offrendo un quadro di situazioni che sanno solo riprodursi senza mai cambiare, vanificando così gli sforzi che alcuni, nello specifico i professionisti, stanno concretamente facendo per eliminare quanto di sbagliato e di superato esiste nelle proprie organizzazioni, nelle proprie strategie, nelle proprie rappresentanze”.

Se e quando la commissione ci chiamerà – conclude il presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneriparteciperemo e daremo il nostro contributo ma non potremo evitare di veicolare a tutti gli iscritti negli ordini e collegi delle professioni tecniche il dispiacere e l’amarezza per questa ennesima dimostrazione di distanza della politica dal mondo delle professioni”.

Ingegneri fa rima con occupati

Non è certo un luogo comune quello secondo il quale gli ingegneri non conoscono disoccupazione. E, se anche non vera al 100%, questa convinzione ha delle solide basi sulle quale posarsi.

Lo conferma un rapporto pubblicato dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dal quale emerge che il leggero miglioramento della congiuntura economica italiana, a metà del 2015, ha coinciso con una lieve e incoraggiante ripresa di tono della domanda e dell’offerta di figure professionali con laurea in ingegneria.

In particolare, si è ridotto tra gli ingegneri il numero di inattivi ed è aumentato il numero di occupati, nonostante sia aumentato anche il numero degli ingegneri che risultano disoccupati.

Tra gli ingegneri, rileva il rapporto, il tasso di occupazione (vicino al 75%) e quello di attività (78,6%) restano tra i più elevati tra le diverse categorie professionali in Italia. Aumenta l’incidenza della componente femminile, con un tasso di occupazione al 70,5%, +16% rispetto al corrispondente dato medio nazionale. Persistono marcate differenze dei livelli occupazionali tra le regioni del Nord e quelle del Sud, con un divario, a sfavore delle seconde, di circa il 20%.

Sempre secondo il Centro Studi del Consiglio Nazionale, i primi tre ambiti in cui attualmente operano gli occupati con laurea in ingegneria sono quelli connessi alla progettazione in campo civile, ingegneria meccanica e progettazione in campo energetico, analisi e progettazione software.

Se invece si guarda al mercato del lavoro in cui operano gli ingegneri, si nota qualche segnale contradditorio. In base all’elaborazione dei dati estratti dall’Indagine sulle forze di lavoro 2015 dell’Istat, il numero di ingegneri fa registrare, per la prima volta, una lieve flessione (circa 1.000 individui in meno) rispetto al 2014. Sale, invece, la quota di occupati (dal 73,4% al 74,6%) e contemporaneamente sale il tasso di disoccupazione, dal 4,4% al 5,1%.

Terremoto, ingegneri: assurdo che conti più la certificazione energetica del certificato antisismico

Le associazioni professionali più strettamente collegate al mondo dell’edilizia non hanno tardato a far sentire la propria voce all’indomani del terremoto nel centro Italia. Oltre agli architetti, anche gli ingegneri, per bocca del presidente del Consiglio Nazionale di categoria, Armando Zambrano, sono intervenuti in merito al terremoto.

Gli eventi distruttivi purtroppo non sono una novità, specialmente nella dorsale appenninica – ha scritto Zambrano in una nota sul terremoto -. In queste zone esistono ancora edifici costruiti in pietra, in anni in cui non esistevano normative antisismiche. Occorrerebbe una forte azione di adeguamento, come noi ingegneri chiediamo da anni, sin dai tempi del terremoto in Irpinia. Occorrono norme semplici che consentano di intervenire nei centri storici. Inoltre, la conoscenza del livello di sicurezza di un edificio deve diventare parte essenziale della sua carta di identità. E’ assurdo constatare come in una compravendita di un immobile venga chiesto il certificato di classe energetica e non un documento che attesti l’adeguamento dello stesso alle norme antisismiche”.

Nel nostro Paese è necessaria un’intensa azione di verifica della sicurezza delle costruzioni – ha proseguito Zambrano -. Questa è facilmente realizzabile, tanto più se si considera che noi in Italia abbiamo maturato la tradizione della conservazione. Università, professionisti e mondo scientifico hanno elaborato negli anni tutta una serie di tecniche che possono rendere tutti gli edifici sicuri. Non c’è fabbricato che non possa essere migliorato da un punto di vista sismico. Da anni studiamo queste problematiche, siamo all’avanguardia nel mondo e oggi siamo in grado di risolverle anche a costi tutto sommato accettabili”.

Zambrano si è poi soffermato sull’attività da svolgere immediatamente dopo l’emergenza terremoto. “I paesi colpiti possono sicuramente essere ricostruiti mantenendo il tessuto edilizio. E’ la direzione da seguire, evitando di ripetere gli errori commessi nel passato con le new town che, alla lunga, hanno un impatto sociale insostenibile. Anche perché costruirle spesso costa assai più che intervenire sul costruito. L’importante, però, è fare presto. In questo senso noi ingegneri siamo a disposizione per la scrittura di regole precise che superino le pastoie burocratiche e consentano alle persone di rientrare al più presto nelle proprie abitazioni”.

Infine, da Zambrano una riflessione sulla percezione di eventi come questo terremoto a livello europeo: “Va detto che abbiamo qualche difficoltà a far capire ai nostri partner europei l’importanza dell’aspetto sismico. Non a caso, a Bruxelles si dà più peso al tema del risparmio energetico che non alla messa in sicurezza degli edifici. Ciò accade perché il problema è percepito come marginale, dal momento che riguarda essenzialmente due Paesi del sud Europa, noi e la Grecia. Sarebbe importante ottenere dei risultati su questo terreno perché si potrebbero dirottare preziosi fondi europei sulla riduzione del rischio sismico”.

Gli ingegneri e l’Ilva di Taranto

L’Ilva di Taranto è ormai da anni una ferita aperta nel territorio, per sanare la quale politica, istituzioni e professioni provano a fare quello che riescono. Anche gli ingegneri sono in prima fila su questo fronte, come dimostra la conferenza stampa di presentazione del convegno “Ripensare l’industria siderurgica in Italia. Ilva: attualità e prospettive” – previsto a Taranto a metà settembre – che si è tenuta la scorsa settimana nella sede del Consiglio Nazionale degli Ingegneri a Roma.

E la posizione della categoria è chiara, come ha ricordato Armando Zambrano, presidente del Cni, nel suo intervento iniziale: “L’impegno degli ingegneri italiani sul caso Ilva parte da lontano. Oltre al tema della sicurezza, nostro compito istituzionale, già nel 2014 ci eravamo chiesti quale potesse essere il futuro della siderurgia italiana, attraverso una ricerca del nostro Centro Studi. Nel frattempo si sono succeduti tanti decreti salva Ilva che, però, non hanno portato ad alcuna soluzione. A questo proposito vogliamo dire che noi non promuoviamo o sosteniamo alcun orientamento specifico, non propendiamo per una soluzione o l’altra. Ciò che vogliamo fare, una volta che la politica renderà note le proprie scelte, è mettere a disposizione le nostre competenze per operare una verifica oggettiva dei progetti in campo, basata sulla tutela dell’ambiente, della sicurezza e della salute dei cittadini”.

Di Ilva si parla da tanto tempo – ha aggiunto il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Taranto, Antonio Curri -. Noi ingegneri vogliamo dire la nostra sul tema, avendo tutte le competenze necessarie per farlo”.

È toccato poi al consigliere Cni Angelo Masi, promotore del convegno, aggiungere qualche dato a sostegno dell’evento di settembre: “Dall’indagine effettuata dal nostro Centro Studi risulta che gli ingegneri italiani sono ancora favorevoli alla produzione da parte dell’Ilva, purché vengano offerte tutte le garanzie possibili. A questo punto attendiamo che la politica faccia la sua parte. Una volta esaminati decreti e norme, saremo pronti a dare il nostro contributo tecnico. In questo senso il convegno di settembre sarà un importante momento di confronto”.

Anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha promosso l’iniziativa degli ingegneri: “Considero il vostro un intervento patriottico. Nel senso che con questo convegno sull’Ilva di Taranto puntate a mettere assieme tutti gli elementi che possano aiutare chi di dovere a prendere una difficile decisione. Senza un approccio tecnico alle questioni non si ottiene nulla. Il quadro a Taranto è complesso. La storia dell’Ilva è drammatica. Intanto pende un processo presso la Corte d’Assise di Taranto che parte dall’ipotesi che i fumi nell’aria abbiano avvelenato la catena alimentare e dove la Regione è parte civile. Poi ci sono le procedure di infrazione delle normative europee. Infine, l’ipotesi che i decreti del Governo sull’Ilva non siano compatibili con la dichiarazione dei diritti dell’uomo. Insomma, siamo di fronte ad una vicenda complicata che necessita di accurate valutazioni tecniche e per quelle servono gli ingegneri”.

Sanità digitale contro gli sprechi

Appuntamento oggi pomeriggio alle 15.30 a Roma nell’Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, per il convegno “Sanità digitale. Il futuro del servizio pubblico”, organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dagli Ordini degli Ingegneri di Cosenza e Roma.

Un momento per fare il punto su un settore delicato come quello della sanità, nella consapevolezza del fatto che la sostenibilità della spesa sanitaria passa attraverso la sua razionalizzazione. Che non significa tagliare le prestazioni, ma imporre un modello che consenta l’equilibrio tra costi e prestazioni, anche attraverso la semplificazione burocratica per i cittadini.

Secondo Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni), i tempi per una sanità efficace e poco dispendiosa sono ancora lunghi, poiché “sono ancora molti i punti di criticità da risolvere e superare. Questi mettono in evidenza ritardi ancora persistenti, dati dalla resistenza delle strutture sanitarie ad accettare nuove modalità organizzative e di governance che il Fascicolo Sanitario Elettronico promuove. Mi riferisco, ad esempio, al conflitto tra progetto nazionale e realtà regionali ancora troppo diversificate e disallineate tra loro per maturità tecnologica e modalità di erogazione del servizio”.

Poi – prosegue Zambranoc’è la difficoltà a rendere uniformi protocolli e comportamenti degli operatori sanitari. L’integrazione delle diverse agenzie che operano sul territorio, inoltre, non è per niente semplice. Infine, ci sono gli aspetti legati alla tutela della privacy e all’effettiva funzionalità e utilizzo dello stesso FSE nella pratica medica e assistenziale quotidiana. La strada, insomma, mi sembra ancora lunga. Siamo sicuri che la Pa abbia le competenze tecniche per risolvere tutti questi problemi?”.

Le perplessità di Zambrano sembrano trovare conferma in una recente ricerca condotta dal Centro Studi Cni, dalla quale è emerso che in numerosi uffici della Pubblica Amministrazione alcune funzioni di tipo tecnico sono svolte da personale privo di competenze adeguate.

Eppure – aggiunge Angelo Valsecchi, Consigliere Cni e Coordinatore del Gruppo Ingegneri Informazione – se si riuscisse a superare queste difficoltà, la razionalizzazione delle spese sanitarie sarebbe davvero realizzabile. Per questo il Fascicolo Sanitario Elettronico dovrà essere utilizzato da tutte le strutture sanitarie e coprire tutti i pazienti. Sarebbe un modo molto efficace per avere dati certi sulle loro necessità e passare, nell’acquisto di medicine, dalla logica promozionale a quella prestazionale. Questo si tradurrebbe in un miglioramento del livello di salute nazionale e della vita quotidiana dei cittadini”, con benefici per la sanità nazionale.

Prendiamo il caso di un paziente – conclude Valsecchiche, a causa di una patologia cronica, ha la necessità di acquistare regolarmente un determinato farmaco: col FSE non dovrebbe più andare tutte le volte dal medico per la ricetta: gli basterebbe andare in farmacia. Certo, per realizzare tutto ciò in modo uniforme a livello nazionale c’è ancora molto da lavorare”.

Professionisti, gli ingegneri sulla multa dell’Antritrust al Cnf

Ha fatto molto rumore, negli ambienti dei professionisti, la sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha confermato la multa da quasi un milione di euro inflitta al Consiglio nazionale forense dall’Antitrust.

Il Cnf è stato riconosciuto responsabile di aver violato le regole sulla concorrenza con l’adozione di due decisioni che limitavano l’autonomia dei professionisti: un parere con il quale avrebbe limitato l’impiego di un canale di diffusione delle informazioni e una circolare con la quale sarebbe stata reintrodotta la vincolatività dei minimi tariffari.

Tra i commenti più autorevoli segnaliamo quello di Armando Zambrano, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri: “Questa è una sentenza che va commentata su due piani differenti. Non c’è dubbio che sul mercato privato noi professionisti abbiamo un problema. Se nel settore pubblico la normativa consente di stabilire un corretto rapporto tra l’attività professionale prestata e il rispettivo valore economico, in quello privato l’abolizione delle tariffe ci ha privati di punti di riferimento. In tal senso è necessario un intervento e noi professionisti tecnici siamo pronti a fare la nostra parte”.

Tuttavia – ha proseguito Zambrano a nome dei professionisti della sua categoria – non chiediamo il ripristino dell’obbligatorietà dei corrispettivi, semplicemente perché allo stato occorre una forte apposizione anche ideologica a questa ipotesi, basata su un contestabile principio di ‘libera’ concorrenza. A nostro avviso la soluzione non sta nel ripristino della tariffa professionale ma nella definizione di standard di prestazione e di corrispettivi economici, in modo da orientare e garantire adeguatamente la committenza privata. Ciò proprio sulla scorta dell’esperienza già maturata nel settore pubblico e nel pieno rispetto della normativa sulla concorrenza e del principio di parità di trattamento”.

Nuovo Codice Appalti, le critiche dei professionisti tecnici

Presentato in pompa magna dal governo Renzi come una rivoluzione copernicana nell’ambito dei rapporti tra imprese e pubblica amministrazione, il nuovo Codice Appalti ha ricevuto dalle associazioni professionali un’accoglienza tiepida se non addirittura critica.

Critica come quella avuta dalla Rete delle Professioni Tecniche che, in una nota, ha espresso la propria posizione nei confronti del testo del nuovo Codice Appalti discusso nei giorni scorsi in via preliminare dal Consiglio dei Ministri.

Secondo Armando Zambrano, Coordinatore della Rete e Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, “si tratta di un testo che tradisce lo spirito della Legge delega circa la centralità della progettazione. Siamo di fronte a un arretramento rispetto alla normativa precedente, in particolare se ci riferiamo alla Determinazione Anac 4/2015”.

Come sottolineato anche nei giorni precedenti, la Rete delle Professioni Tecniche lamenta la scomparsa, nel nuovo Codice Appalti, di una parte specifica dedicata ai servizi di ingegneria e architettura, poiché i servizi dei professionisti tecnici risultano dispersi nelle varie pieghe del Codice.

Inoltre, i progettisti interni alla pubblica amministrazione, a differenza di quanto chiedeva la Rete, potranno continuare a essere sprovvisti dell’iscrizione a un Ordine a fronte dell’obbligo della sola abilitazione.

I professionisti tecnici italiani criticano anche, nel nuovo Codice Appalti, la non obbligatorietà del d.m. 143 (il cosiddetto “decreto parametri”) per la determinazione del corrispettivo da porre a base di gara. Inoltre, sottolineano come la limitazione all’appalto integrato sia scomparsa e la cauzione sia diventata obbligatoria anche per la progettazione.

La Rete delle Professioni Tecniche trova però anche dei punti positivi: la riproposizione dei requisiti richiesti alle Società di Ingegneria che le mette sullo stesso livello delle Società tra Professionisti, evitando una sanatoria a favore delle prime che a più riprese si era tentato di far passare.

Queste le conclusioni di Zambrano sul nuovo Codice Appalti: “Il testo non ha tenuto conto delle osservazioni dei professionisti tecnici e per questo ci auguriamo che, in occasione del prossimo Consiglio dei Ministri, che varerà il testo definitivo, vengano apportate le giuste correzioni. In ogni caso riproporremo le nostre idee in tutte le sedi istituzionali, a cominciare dalle commissioni parlamentari che dovranno esprimere il loro parere sul provvedimento”.

A Napoli l’Osservatorio dei Giovani Professionisti

La città di Napoli guarda con entusiasmo ai giovani professionisti. Lo dimostra l’istituzione dell’Osservatorio dei Giovani Professionisti, per la quale lo scorso 12 gennaio è stato sottoscritto un apposito protocollo d’intesa.

In calce al protocollo, le firme del sindaco Luigi de Magistris e dei rappresentanti di alcune delle associazioni di giovani professionisti, di fatto le prime ad aderire all’iniziativa: Ludovico Capuano (Associazione Italiana Giovani Notai), Giuseppe D’Anna (Ordine dei Giornalisti), Matteo De Lise (Unione dei Commercialisti), Lucio Falconio (Associazione dei Giovani Farmacisti), Ettore Nardi (Ordine degli Ingegneri), Apostolos Paipais (Associazione Giovani Ingegneri), Alfredo Serra (Associazione Italiana Giovani Avvocati), Aniello Tirelli (Dipartimento Politiche Giovanili dell’Ordine degli Architetti di Napoli).

Fanno parte dell’Osservatorio un rappresentante per ciascuna delle associazioni di categoria, ordini professionali e organismi rappresentativi che facciano formale richiesta di adesione, impegnandosi a rispettare quanto previsto dalla “Carta d’intenti” dell’Osservatorio.

L’Osservatorio dei Giovani Professionisti si propone di partecipare con funzione consultiva alle attività di competenza della Città Metropolitana di Napoli, proporre iniziative, idee e progetti innovativi da sottoporre alla valutazione del sindaco, garantendo la sinergia con le altre forme associative di giovani professionisti delle altre città metropolitane italiane.

L’Osservatorio fornirà anche in forma gratuita un’eventuale attività di consulenza e assistenza tecnica e professionale, oltre a svolgere attività di consulenza per gli Organi di governo dell’Ente su determinate materie e organizzare, su autorizzazione dell’organo di vertice della Città Metropolitana, seminari e convegni.

L’Osservatorio dei Giovani Professionisti si impegna anche a fornire risposte a eventuali richieste formulate dagli Organi dell’Ente e a collaborare con i singoli settori alla predisposizione di progetti ed azioni da promuovere, assicurando la propria presenza a riunioni di settore, nel caso di collaborazioni specifiche, per discutere proposte e progetti.

Ingegneri, è boom di occupazione

La laurea in ingegneria come chiave privilegiata per aprire le porte del mercato del lavoro. Se a qualcuno la cosa può sembrare nient’altro che un luogo comune, ci sono i dati che, almeno in Italia, confermano invece questo stato di fatto. Dati snocciolati durante la recente tavola rotonda “Ingegneri, industria: creazione di valore tecnologico sociale”, nell’ambito del 60esimo Congresso Nazionale degli Ingegneri.

I numeri (elaborati dal Centro Studi CNI, aggiornati a settembre 2015 e diffusi nel corso dei lavori del congresso), dicono che per il settore dell’ingegneria il tasso di disoccupazione, tra il 2014 e il 2015, scenderà dal 6% al 4% e che la domanda di ingegneri da parte delle imprese è vista in aumento del 31%, uno degli incrementi più significativi degli ultimi 15 anni.

Entro la fine di quest’anno, il CNI prevede che entreranno nel sistema produttivo ed economico italiano quasi 19mila ingegneri, 10mila dei quali elettronici e dell’informazione, 7mila industriali e oltre 2mila civili.

Dall’indagine del CNI emerge anche la tendenza degli ingegneri italiani a trovare lavoro al di fuori dei confini nazionali: il 23% degli ingegneri intervistati ha detto di avere avuto esperienze lavorative fuori dal nostro Paese e il 31% sostiene di voler cercare lavoro fuori dall’Italia. Scelte dettate principalmente dalle migliori condizioni economiche che si possono spuntare all’estero (53%), dalla possibilità di una più completa crescita personale (45%) e da una cultura meritocratica più diffusa (30%).

Fin qui le rose. Ora le spine. Secondo quanto rileva il CNI, in Italia manca, tra gli ingegneri, un ricambio generazionale che consenta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro. Negli ultimi anni è infatti diminuito il tasso di crescita degli ingegneri under 35 interessati a svolgere la libera professione, mentre sono aumentati gli over 35 e over 40: cacciati dal mercato del lavoro dipendente, hanno iniziato a lavorare in proprio.

Altro dato negativo riguarda il reddito medio, calato a 32.309 euro nel 2014 dagli oltre 40mila euro del 2007. Il motivo, secondo il CNI, è presto spiegato: oggi poco più di 78mila liberi professionisti realizzano quanto, nel 2003, realizzavano 46mila ingegneri.

Ingegneri contro la Pa: inefficace e inadeguata

Dura presa di posizione da parte del Consiglio Nazionale degli Ingegneri contro la mancata modernizzazione della Pa. Una presa di posizione che parte dall’esperienza degli ingegneri che operano nella Pubblica amministrazione e che, nel recente Congresso nazionale della categoria, ha preso la forma di una ricerca.

Il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha infatti rilevato che il 60% degli ingegneri che operano come dipendenti pubblici ha indicato che la propria struttura di appartenenza non ha investito in capitale umano né in innovazione negli ultimi anni.

Una ricerca del centro Studi del Cni – scrivono gli ingegneri in un comunicato -, presentata durante l’assise congressuale a Venezia e risultato di una indagine compiuta tra gli iscritti al consiglio, ha fatto rilevare che il 41% degli ingegneri intervistati indica tra le principali cause della mancata ripresa del Paese la presenza di una Pa inefficace. Oltre il 60% dei 117mila ingegneri che operano come dipendenti pubblici considera la Pa inadeguata ai compiti complessi che in questo momento di crisi il Paese richiede”.

Quasi il 60% degli ingegneri che operano come dipendenti pubblici – continuano gli ingegneriha indicato che la propria struttura di appartenenza non ha investito né in capitale umano né in innovazione negli ultimi anni. Particolarmente debole l’orientamento della Pa alle ‘nuove’ tecnologie, come le ICT. Su un campione di 447 amministrazioni analizzate da Banca d’Italia, solo il 10% dispone di piattaforma in grado di dialogare con i cittadini, di svolgere pratiche e di effettuare pagamenti on line; il 50% dispone viceversa solo di un sito istituzionale con informazioni di base per i cittadini e senza nessuna possibilità di interazione (siti monodirezionali)”.

Tra le principali cause di un carente sviluppo delle ICT nella Pa viene segnalata la carenza di personale qualificato. Non è raro che funzioni complesse vengano assegnate a personale con competenze e con curriculum studiorum palesemente inadatti”.

Scarsa appare oggi l’attenzione al ruolo ed alle funzioni che possono essere svolte solo da figure tecniche, come ad esempio gli ingegneri – conclude il comunicato -. Per ben l’83% degli ingegneri dipendenti pubblici uno degli aspetti più critici è la presenza di livelli dirigenziali con profilo e competenze non idonee al ruolo specifico e tecnico che rivestono, mentre il 67% lamenta il basso ricorso a figure tecniche, come gli ingegneri, anche là dove questi sarebbero effettivamente necessari. Il 62% ritiene di non disporre di strumentazioni sufficienti per svolgere in modo idoneo le proprie mansioni”.