Che cos’è il regime Iva per cassa e chi può aderire

Per l’Imposta sul valore aggiunto, a partire dalla data dell’1 dicembre del 2012, in Italia è possibile aderire a determinate condizioni al cosiddetto regime del cash accounting. Che è più comunemente noto come il regime dell’Iva per cassa. Vediamo allora, nello specifico, di cosa si tratta. Quali sono le condizioni per l’accesso a tale regime, chi può aderire e, soprattutto, quali sono tutte le condizioni da rispettare non solo sui versamenti, ma anche sulle detrazioni Iva su beni e servizi.

Che cos’è il regime Iva per cassa, come si applica e le regole generali

Grazie al regime dell’Iva per cassa, il lavoratore autonomo o l’imprenditore ha la possibilità,  sulle prestazioni di servizi e sulla cessione di beni, di posticipare proprio il versamento dell’Imposta sul valore aggiunto. La cui decorrenza non sarà coincidente con la data di emissione della fattura, ma con quella dell’effettivo incasso.

Inoltre, come per le fatture emesse, con il principio dell’Iva per cassa la detrazione dell’Imposta sul valore aggiunto, per l’acquisto di beni e servizi dai fornitori, dovrà avvenire allo stesso modo solo dopo aver pagato i corrispettivi.

Trascorso un anno dall’operazione, in ogni caso, l’Iva sulle fatture emesse diventa esigibile, e lo stesso dicasi per la detrazione Iva per gli acquisti. Pur tuttavia, per l’Iva si seguono in ogni caso le regole ordinarie, per la detrazione, nel caso in cui il fornitore dei beni o il prestatore di servizi non abbia aderito al regime del cash accounting. Quindi, in tal caso l’imposta è detraibile a prescindere dal pagamento.

Ecco chi può aderire al regime del cash accounting

Tutti i contribuenti che operano nell’esercizio di impresa, di arti o di professioni possono aderire al regime dell’Iva per cassa. E lo stesso dicasi per gli enti non commerciali relativamente all’eventuale svolgimento di attività commerciali. In più, il regime dell’Iva per cassa è applicabile quando il contribuente ha realizzato, nell’anno precedente, un volume d’affari non superiore alla soglia dei due milioni di euro.

Oppure, in caso di avvio di attività, si presume allo stesso modo di non realizzare un volume d’affari superiore alla soglia sopra indicata. Il regime del cash accounting è applicabile pure da parte di chi, nel territorio dello Stato italiano, effettua operazioni di cessione di beni o di prestazioni di servizi imponibili nei confronti di altri committenti o cessionari che, a loro volta, agiscono allo stesso modo nell’esercizio di impresa, di arti o di professioni.

Quando l’adesione al regime dell’Iva per cassa è davvero conveniente?

In linea generale, il regime dell’Iva per cassa è conveniente quando il lavoratore autonomo o l’imprenditore è solito generare tante vendite e pochi acquisti. In tal caso, infatti, per evitare la generazione di problemi di liquidità, andando a versare l’Iva con le modalità ordinarie, conviene e non poco andare a versare l’imposta al Fisco solo dopo quando il corrispettivo sarà effettivamente incassato. In questo modo, tra l’altro, sulle fatture attive si possono concedere ai clienti dei tempi di pagamento più lunghi.

Reverse charge, occhio alle nuove sanzioni

Il Decreto attuativo della Delega fiscale relativo alle varie sanzioni, che ne ha introdotte di nuove anche per l’omessa presentazione del modello 770/2015, ne prevede anche alcune importanti riguardo alle sanzioni in tema di reverse charge.

La sanzione relativa al reverse charge viene calcolata in misura proporzionale (dal 90 al 180% dell’imposta) e resta in vigore solamente per le ipotesi di violazioni più gravi, in cui l’omissione o il ritardo generano un pregiudizio per gli interessi erariali.

Diventano invece a sanzione fissa (da un minimo 250 a un massimo di 10mila euro) le ipotesi in cui l’Iva è stata addebitata per errore e versata dal cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge, così come in tutti i casi in cui è stata utilizzata l’inversione contabile, quando l’operazione avrebbe dovuto essere soggetta all’assolvimento ordinario dell’imposta.

In queste circostanze relative al reverse charge rimane la sanzione più grave (dal 90 al 180%) se l’errore è dovuto a intenti fraudolenti. Le nuove regole dovrebbero entrare in vigore dall’1 gennaio 2017, salvo verifica preventiva dell’impatto del cosiddetto “favor rei”, ossia il principio in base al quale nessuno può essere assoggettato a una sanzione per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce più una violazione punibile.

La riforma fiscale per le partite Iva

L’autunno si avvicina e con esso, si spera, la riforma fiscale per le partite Iva di cui il premier Renzi va parlando da tempo. Da troppo tempo, tanto che in questa seconda metà di agosto comincia ad arrivare qualche indiscrezione su quelle che potrebbero essere le linee principali su cui basare questa riforma fiscale.

Intanto, si parla di una cancellazione solo parziale del regime dei minimi a partire dal 2016 e non di una integrale, come si ipotizzava. In questa riforma fiscale, l’aliquota unica al 5% potrebbe restare ed essere applicata alle start up per i primi 3 anni di attività, dopodiché entrerebbe in vigore il regime forfettario con aliquota al 15%.

Altra novità possibile che accompagnerà la riforma fiscale potrebbe riguardare un graduale avvicinamento delle aliquote previdenziali per le partite Iva che versano i contributi alla gestione separata dell’Inps a quelle di chi ha invece un albo con la propria cassa di previdenza obbligatoria. L’attuale aliquota della gestione separata Inps, al 27,72%, dovrebbe arrivare al 33,72% entro il 2018, come previsto dalla legge Fornero, a fronte di casse degli albi le cui aliquote variano tra il 12% e il 16%. Il governo vorrebbe limare queste differenze, dopo aver bloccato temporaneamente gli scatti previsti dalla Fornero.

Inoltre, la riforma fiscale potrebbe toccare lo spinoso problema dell’estensione del regime di cassa a tutti i lavoratori autonomi e non più solo a parte di essi, per porre fine all’assurdità del calcolo delle imposte sulla base di quanto fatturato anziché sulla base di quanto realmente incassato.

Infine il capitolo Irap, per la quale si vocifera di un’abolizione totale per le imprese di persone fisiche, unita all’introduzione di limiti sui compensi dei dipendenti e sugli acquisti di beni strumentali. Saranno sufficienti questi punti per rendere questa riforma fiscale una buona riforma? Ammesso e non concesso che avrà luogo…

Vado, fallisco, non torno

Niente da fare. Sembra proprio che l’emorragia di imprese non voglia cessare mai. Alla faccia di chi parla di ripresa e di luce in fondo al tunnel. Secondo i dati Cerved, società specializzata nell’analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito, visionati dall’Ansa in Italia assistiamo a un nuovo record di fallimenti: quasi 10mila nei primi 9 mesi dell’anno. Bum. Il settore più colpito è quello dei servizi, con un aumento dei fallimenti del 14% rispetto all’anno precedente, seguito dal manifatturiero (+11%) e da quello edile (+ 9,7%).

Un aumento secco del 12% rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre la crescita nel terzo trimestre è del 9%. A rincarare la dose, Cerved sottolinea che il numero di imprese è a livello “massimo osservato da più di un decennio nel periodo gennaio-settembre”.

La regione più colpita è la Lombardia, con 2.250 fallimenti nei primi nove mesi (+13%), male anche l’Emilia Romagna e il Veneto (+19%) e il Lazio (+15%), mentre fanno registrare dati in controtendenza la Liguria (-11%) e l’Umbria (-18%).

Le statistiche di Cerved rilevano che a portare i libri dal giudice sono soprattutto le società di capitale (+12%), le società di persone (+10%) e le altre forme giuridiche si attestano al +11%.

Un altro triste record è quello delle liquidazioni volontarie. Nel terzo trimestre del 2013 hanno avviato procedure di liquidazione volontaria 14mila aziende che non avevano precedenti procedure, il 5,3% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Da gennaio a settembre sono state oltre 50mila le liquidazioni. Ad aumentare sono state le liquidazioni delle società che non hanno depositato alcun bilancio negli ultimi 3 anni, mentre sono calate dello 0,9% le liquidazioni tra le società di persone. Aumenti a ritmi inferiori rispetto al 2012 per le liquidazioni tra le società di capitale che avevano almeno un bilancio valido nelle ultime tre annualità: sono state quasi 25mila le liquidazioni nei primi nove mesi dell’anno.

Al di là delle rilevazioni Cerved, secondo alcuni osservatori la causa di questo aumento non sarebbe dovuta solo alla crisi economica, ma anche alla legislazione che favorisce chi chiude per non pagare i debiti allo Stato.

Fallimenti, un 2013 nero. Come fare per invertire la tendenza?

di Davide PASSONI

Uno degli aspetti più odiosi che la crisi si porta con sé è quello dei fallimenti per i ritardati pagamenti. In Italia, infatti, sono oltre 3 milioni le imprese che soffrono di problemi di liquidità dovuti al ritardo dei pagamenti. Una cifra pari al 70% del totale. Le perdite per i mancati incassi toccano i 40,5 miliardi di euro all’anno.

Secondo la Cgia di Mestre, le cause di questo orrore tutto italiano vanno ricercate nei tempi medi di pagamento effettivi che intercorrono nelle transazioni commerciali con le altre imprese e con la Pubblica amministrazione. Nel primo caso, i giorni medi necessari per il saldo fattura sono 96; nel secondo caso, scandalo degli scandali, si arriva fino a 180 giorni. In entrambe le situazioni siamo maglia nera quando ci confrontiamo con i nostri principali partner economici dell’Ue. Il dato è stato ricavato dalla Cgia elaborando un’analisi condotta da Intrum Justitia.

I problemi legati ai ritardi nei pagamenti, ricorda la Cgia, sono all’origine di una moltitudine di problemi che le piccole imprese devono affrontare quotidianamente. La contrazione nell’erogazione del credito avvenuta in questi ultimi anni di crisi economica, nonché la dilatazione dei tempi con i quali le imprese (soprattutto quelle di piccola dimensione) vengono pagate dai propri committenti, hanno contribuito a mettere sul lastrico moltissime realtà. Grazie all’introduzione dell’Iva per cassa – che dal 1° dicembre di quest’anno consente alle aziende con un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro di versare l’Iva allo Stato solo dopo il pagamento avvenuto – e a una legge che dovrebbe ridurre i tempi medi di pagamento, le piccole imprese hanno qualche strumento in più per difendersi in questa fase economica così difficile. Ma la strada da percorrere è ancora lunga, visto che per educare lo stato ladro l’unica vera soluzione sarebbe quella di adottare forme di resistenza civile come lo sciopero fiscale.

Questo è solo uno dei fattori che, ogni anno, portano al fallimento e alla chiusura di migliaia di imprese. Anche questo 2013 non ha fatto eccezione e il 2014 arriva sotto il segno dell’incertezza. Questa settimana Infoiva cercherà di capirne di più.

Chiarimenti sull’Iva per cassa

Con il Decreto Crescita è stato deliberato che l’adozione dell’Iva per cassa preveda l’“esigibilità differita” dell’IVA per le cessioni/prestazioni eseguite da soggetti passivi con un volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro nei confronti di soggetti passivi IVA.

L’Agenzia delle Entrate ha anche deciso di ufficializzare i chiarimenti forniti in occasione dei consueti incontri con la stampa specializzata.

Il primo quesito riguarda la cessione di un credito, inquadrabile tra le prestazioni di servizi, per la quale si è chiesto se la stessa cessione integri di per sé l’esigibilità dell’IVA.
L’Agenzia precisa che la cessione del credito non realizza il presupposto dell’esigibilità dell’IVA in quanto l’incasso del corrispettivo della cessione del credito non è assimilabile al pagamento della fattura dell’operazione originaria.

Il contribuente che trasferisce il credito, dunque, è tenuto ad informarsi circa l’avvenuto pagamento del credito ceduto in quanto è da tale momento che l’IVA:

  • relativa al corrispettivo per la cessione del credito diviene esigibile;
  • viene inclusa, in caso di opzione da parte del cedente, nella liquidazione del periodo.

L’alternativa prevede che il cedente, che non vuole farsi carico del predetto onere e non intende incorrere in sanzioni, includa, anticipatamente, l’IVA relativa all’operazione originaria nella liquidazione del periodo in cui è avvenuta la cessione del credito.

La seconda tematica è relativa al momento in cui si considera effettuato il pagamento con mezzi diversi dal contante.
In questo caso l’Agenzia conferma che nel caso di pagamento mediante bonifico bancario, assume rilevanza il momento in cui si consegue l’effettiva disponibilità delle somme, ossia quando si riceve l’accredito sul proprio conto corrente, indipendentemente dalla sua formale conoscenza, che avviene attraverso l’invio del documento contabile da parte della banca.
Si tratta, tecnicamente, della cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata”.

La terza questione è quella della rilevanza delle note di variazione emesse/ricevute dal contribuente che opta per il regime di IVA per cassa.

Sul punto, l’Agenzia precisa che se le note di variazione sono emesse/ricevute:

  • prima dell’ incasso/pagamento ovvero entro 1 anno dall’operazione: le stesse aumentano o diminuiscono l’IVA “differita”;
  • dopo l’incasso/pagamento della fattura e decorso 1 anno dall’operazione: l’imposta va “conteggiata” nella prima liquidazione Iva utile.

Ultimo punto affrontato dalle concerne l’esclusione di alcune operazioni attive dall’ambito applicativo dell’IVA di cassa, e la conseguente possibilità di separazione delle attività al fine di non subire eccessive penalizzazioni sul fronte della detrazione dell’IVA.

Sul punto, l’Agenzia precisa che il differimento della detrazione dell’IVA al momento del pagamento opera per tutti gli acquisti (comprese le operazioni attive escluse dal nuovo regime) a meno che le operazioni attive/passive escluse dal regime costituiscano attività separate.

Inoltre, in materia è di recente intervenuta anche Assonime che con la circ. 6/2013 osserva che:

  • per verificare la soglia di 2 milioni di euro si deve tenere conto, dal 2013, anche delle operazioni extraterritoriali per le quali è diventata obbligatoria l’emissione della fattura;
  • per individuare le operazioni escluse dal regime, in quanto poste in essere nei confronti di clienti che non agiscono nell’esercizio d’impresa o di arte o professione, può essere utile l’obbligo di indicare in fattura, a seconda dei casi, la partita IVA o il codice fiscale del cliente;
  • in caso di cessazione dell’attività, nell’ultima dichiarazione IVA relativa all’anno di cessazione, occorre tenere conto anche dell’imposta relativa alle operazioni per le quali non si sia ancora verificata l’esigibilità dell’imposta.

Vera MORETTI

Redditometro e Spesometro: chiarimenti dal Fisco

L’Agenzia delle Entrate ha emesso una circolare per chiarire alcuni aspetti relativi a Redditometro, Redditest, Spesometro, IVA per cassa, rimborso IRAP, accertamenti e contenziosi.

Vediamo i chiarimenti più importanti:
Redditest: viene sottolineato che si tratta di “uno strumento di autodiagnosi e orientamento per il contribuente“, quindi il risultato non influisce minimamente nella selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento sintetico o in sede di controllo/accertamento fiscale.

Redditometro: il nuovo accertamento sintetico si applica solo ai redditi a partire dal 2009 quindi non può essere utilizzato in sede di contradditorio relativo ad annualità precedenti.

Beni ad uso promiscuo: ai fini del Redditometro, rilevano per la parte non riferibile al reddito professionale o d’impresa ovvero per la quota di spesa non deducibile.

Esempio classico è quello dell’auto aziendale anche ad utilizzo privato, la cui deducibilità è scesa dal 40 al 20%, percentuale che sale a 70% (prima al 90) per le auto date in uso ai dipendenti, e all’80% per le vetture di agenti e rappresentanti.
Nel primo caso (deducibilità al 20%) la quota rilevante ai fini del Redditometro è dell’80%, negli altri due rispettivamente del 30 e del 20%.
Per i redditi 2012 e precedenti, valgono le precedenti quote di deducibilità, rispettivamente 40% per le auto aziendali e 90% per quelle date ai dipendenti.
L’auto utilizzata esclusivamente come bene strumentale per l’attività d‘impresa o nell’esercizio di arti o professioni, la deducibilità era e resta al 100%, quindi non rileva ai fini del Redditometro.

In generale, non riguardano il Redditometro tutte le spese sostenute per beni o servizi relativi esclusivamente all’attività d’impresa o all’esercizio di arti o professioni

Spesometro: Relativamente all’elenco clienti fornitori, c’è un chiarimento che riguarda in particolare i produttori agricoli: l’Agenzia sottolinea che non sono tenuti ai nuovo obblighi di comunicazione dello Spesometro per l’annualità 2012.

IVA per cassa: l’imposta si paga solo quando il debitore ceduto pagherà effettivamente la somma al cessionario del credito. Ciò significa che il soggetto passivo che trasferisce il credito dovrà tenersi informato sul pagamento del credito ceduto. In alternativa, può pagare in anticipo, includendo l’IVA relativa all’operazione originaria nella liquidazione del periodo in cui è avvenuta la cessione del credito.

L’esigibilità dell’Iva in caso di pagamento non in contanti: la data rilevante è quella in cui le somme arrivano sul conto, non quella in cui arriva la comunicazione della banca. Tecnicamente, si dice che fa fede la “data disponibile“, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata.

Altra precisazione, sulle note di variazione:

  • se la nota di variazione è in aumento ed è emessa entro un anno dall’operazione, l’esigibilità dell’Iva resta, anche per il nuovo ammontare dell’imponibile, a un anno dall’operazione, se la nota è emessa dopo il termine di esigibilità dell’Iva (dopo un anno), l’imposta va computata nella prima liquidazione utile.
  • se la nota di variazione è in diminuzione, quando interviene prima che l’imposta diventi esigibile rappresenta direttamente una rettifica dell’imposta originaria, se interviene dopo può essere computata nella prima dichiarazione utile.

Operazioni internazionali: la legge sull’Iva per cassa esclude determinate operazioni. In questo caso non si può applicare l’Iva per cassa nemmeno alle altre operazioni, che in teoria non ne sarebbero escluse: questo perché contrariamente alla vecchia norma, la nuova legge prevede che l’IVA per cassa non riguarda più le singole operazioni, ma tutta l’attività, ovvero l’insieme delle operazioni attive e passive poste in essere dal contribuente.
L’Agenzia chiarisce che, in caso di conferimento d’azienda, il diritto al rimborso dell’Irap pagata per le spese del personale dipendente spetta al conferente.

Si ricorda infine che i chiarimenti dell’Agenzia presenti nella circolare 1/E del 2013 riguardano anche molti altri punti:

  • le novità sulla riscossione introdotte dalla Legge di Stabilità per cui il contribuente può richiedere la sospensione della cartella esattoriale: riguarda anche gli accertamenti esecutivi per i quali è inutilmente trascorso il termine di pagamento.
  • l’accertamento con adesione: il contribuente che ha esercitato l’adesione ma non paga entro i previsti 20 giorni, può presentare ricorso entro i 150 giorni dalla notifica, sempre previsti.
  • il Transfer pricing (remunerazione attesa dalle Amministrazioni estere per l’attività di distribuzione),
  • l’autotutela parziale (errori dell’amministrazione nell’accertamento),
  • rivalutazione di terreni e partecipazioni (diritti edificatori, omessa dichiarazione in Unico),
  • scheda carburante o moneta elettronica,
  • precisazioni sulle società in perdita sistematica,
  • distruzione accidentale di immobili rivalutati,
  • acquisti da operatori Black List,
  • imposta di bollo nel processo tributario,
  • imposta di bollo sui prodotti finanziari,
  • cambio di quota di possesso di un’attività finanziaria (compilazione di Unico Pf, quadro RM, relativo all’Ivafe, imposta sul valore delle attività finanziarie).

Vera MORETTI

E’ online il nuovo modello IVA 2013

E’ stato pubblicato online il modello IVA 2013, che interesserà il 2012, l’anno appena trascorso.

A utilizzarlo saranno sia i soggetti che intendono presentare la dichiarazione Iva autonoma (possibile dal 1° febbraio 2013), sia coloro che preferiscono invece presentarla assieme all’Unico.
Per tutti, il termine ultimo di presentazione è fissato al 30 settembre 2013.

Tra le voci che non compaiono più nel nuovo modello ci sono quelle relative all’aliquota del 20%, poiché non è più in vigore dal 17 settembre 2011.

Nel modello IVA 2013 al rigo VE34, relativo alle operazioni con applicazione del reverse charge, il campo 5 è stato ridenominato “Cessioni di fabbricati”, al posto di “Cessioni di fabbricati strumentali” in quanto, a seguito delle modifiche del decreto crescita il reverse charge è applicabile anche alle cessioni di immobili uso abitativo.
Analogamente a quanto riportato nel quadro VE, anche nel quadro VJ è stata recepita la novità introdotta dal DL n. 83/2012, pertanto il rigo VJ14 prima chiamato “Acquisti di fabbricati strumentali”, è stato chiamato “Acquisti di fabbricati abitativi”.
L’Iva per cassa fa il suo debutto nel modello, al rigo VE36 relativo alle “Operazioni effettuate nell’anno ma con imposta esigibile in anni successivi”.

Allo stesso modo, al campo 3 del rigo VF19, riservato alle operazioni passive con esigibilità differita, andranno indicati gli acquisti annotati a partire dall’1.12.2012 per i quali la detrazione dell’Iva a credito è differita agli anni successivi.
Il quadro VR è stato soppresso, pertanto le indicazioni collegate con la richiesta di rimborso del credito IVA si trovano ora quadro VX, in particolare al rigo VX4 “Imposta di cui si richiede il rimborso”.

Al rigo VX4 sono presenti i nuovi campi da 2 a 8, dove vanno riportati:

  • al campo 2, l’importo da liquidare mediante procedura semplificata;
  • al campo 3 la causale del rimborso;
  • al campo 4 il possesso dei requisiti richiesti per l’erogazione prioritaria del rimborso;
  • al campo 5 la condizione di subappaltatore nel settore edile;
  • al campo 6 l’attestazione di operatività;
  • ai campi 7 e 8, l’attestazione di affidabilità e solvibilità per l’esonero dalla prestazione della garanzia (c.d. “contribuenti virtuosi”).

Il quadro VO è stato modificato per introdurre il nuovo rigo VO15 riservato a chi ha iniziato ad utilizzare il nuovo regime dell’Iva per cassa, in vigore dal 1° dicembre 2012. La casella presente al campo 1 deve essere barrata da coloro che comunicano di aver optato per tale regime dal 1° dicembre 2012.

Sempre al quadro VO è stato introdotto il rigo VO33 riservato ai contribuenti che sarebbero entrati naturalmente dal 2012 nel nuovo regime dei minimi ma hanno preferito applicare il regime ordinario (in questo caso va barrata la casella 1) o il regime agevolato art. 27 comma 3 del D.l. 98/2011(in questo caso va barrata la casella 2).
La stessa opzione può essere effettuata, barrando però la casella posta al rigo VO34, anche da coloro che, usciti dal vecchio regime dei minimi, sarebbero entrati naturalmente nel regime dei residuali ma hanno preferito applicare dal 2012 il regime ordinario. L’opzione è vincolante per un triennio ed è valida fino a revoca.

È stato infine previsto il rigo VO35 riservato ai soggetti che hanno iniziato l’attività dal 2008 e che pur essendo in possesso dei requisiti previsti dal vecchio regime dei minimi non vi hanno mai aderito, e hanno preferito utilizzare il regime ordinario. Dal 2012, essendo concluso il periodo triennale di applicazione obbligatoria del regime ordinario, tali soggetti hanno potuto utilizzare i nuovi regimi agevolati.

Attraverso questa sezione del quadro VO tali soggetti comunicano di aver revocato l’adesione al regime ordinario a partire dal 2012, e di aver aderito ai nuovi regimi previsti. Dovrà essere barrata:

  • la casella 1 se si intende comunicare la revoca del regime ordinario e l’applicazione del nuovo regime dei minimi;
  • la casella 2 se si intende comunicare la revoca del regime ordinario e l’applicazione del nuovo regime agevolato.

Vera MORETTI

Un 2013 di novità per l’Iva

Novità per l’Iva 2013. L’anno che verrà porta infatti diversi aggiornamenti in materia di Iva, aggiornamenti ai quali l’Agenzia delle Entrate ha dato risposta pubblicando sul sito www.agenziaentrate.gov.it la bozza dei modelli Iva 2013, Iva base e 26 LP per le liquidazioni periodiche del gruppo Iva.

Tra le novità da tenere d’occhio soprattutto quelle relative all’Iva per cassa: ad essa sono stati dedicati il campo 3 del rigo VE36, per le operazioni attive e il campo 3 del rigo VF 19 per le operazioni passive. Nel quadro VO è stato poi inserito il rigo VO15 per i contribuenti interessati a optare per il nuovo regime.

Tra le altre novità c’è anche la soppressione del quadro VR: d’ora in poi per chiedere il rimborso del credito Iva annuale sarà necessario compilare il quadro VX (rigo VX4) o, in alternativa, il quadro RX del modello Unico nel caso si presenti la dichiarazione unificata. È stato inserito anche il nuovo campo 3 del rigo VL 29, dedicato ai versamenti sospesi a seguito di eventi eccezionali.

Da parte dell’Agenzia delle Entrate, chiarimenti sull’Iva per cassa

Dall’1 dicembre è entrata in vigore l’IVA per cassa e l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti circa la sua applicazione.

Si tratta di un’opzione che ha effetto a partire dall’1 gennaio dell’anno in cui è esercitata ovvero, in caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, dalla data di inizio dell’attività.
Per quanto riguarda l’anno in corso, è possibile optare per l’IVA per cassa già per le operazioni effettuate a partire dal 1° dicembre 2012.

Possono accedere al regime di cassa a partire da tale data anche i contribuenti che effettuano le liquidazioni periodiche con cadenza trimestrale, con esclusivo riferimento, però, alle operazioni effettuate nel mese di dicembre 2012.
Il regime è applicabile, previa opzione, dai soggetti che, nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro (in passato era € 200.000), per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione.
La circolare precisa inoltre che, in caso di inizio attività in corso d’anno, tale soglia di volume d’affari non deve essere ragguagliata ad anno.

Nel calcolo del limite di volume d’affari, inoltre, rientrano tutte le operazioni attive, sia quelle assoggettate all’IVA per cassa, che quelle escluse da tale regime.

Tale regime può essere applicato alle imprese con una soglia di fatturato superiore a € 500.000 e fino a 2 milioni di euro previa consultazione del Comitato IVA. Essendo la soglia di 2 milioni di euro, stabilita dal nostro ordinamento, superiore a quella di € 500.000, è stata, perciò, chiesta tale consultazione, ma questa sarà definita solo dopo il 1° dicembre 2012.

Di conseguenza, la Circolare precisa che, se tale procedimento non dovesse dare esito positivo, “si dovrà procedere alla liquidazione con le modalità ordinarie dell’IVA per cassa eventualmente applicata senza corresponsione di sanzioni e interessi”.

Dopo un anno dal momento dell’effettuazione dell’operazione l’IVA diventa esigibile, a patto che il cessionario o committente non sia stato nel frattempo assoggettato a procedure concorsuali.
In questo caso, l’esigibilità dell’IVA è sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con IVA per cassa, fino all’effettivo incasso del corrispettivo, momento in cui l’imposta diviene esigibile limitatamente all’ammontare di quest’ultimo.

A tal fine, è necessario che la procedura sia stata avviata prima del decorso di un anno, cioè prima di tale termine l’organo competente deve aver emesso il provvedimento di apertura della procedura.
Se, in pendenza del termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione, viene emessa nota di variazione in aumento, anche per il nuovo ammontare dell’imponibile o dell’imposta, l’anno decorre dalla effettuazione dell’operazione originaria.

Con riguardo alle variazioni in diminuzione, invece, se esse sono effettuate prima che l’IVA diventi esigibile, rettificano direttamente quest’ultima. Se, invece, sono effettuate dopo che l’IVA è divenuta esigibile, possono essere sono computate nella prima liquidazione utile.

L’applicabilità del regime dell’IVA per cassa in esame non è preclusa per le operazioni per le quali è già previsto un differimento del termine di registrazione e/o fatturazione, in quanto tale differimento non deriva dall’applicazione di un regime speciale, ma dall’applicazione di disposizioni inerenti la tempistica degli adempimenti.
Non sono escluse dal regime dell’IVA per cassa, inoltre, le operazioni attive effettuate nei confronti degli enti non commerciali che agiscono nell’esercizio di impresa, anche se i beni o servizi da questi acquistati sono parzialmente destinati dall’ente all’attività istituzionale.

Inoltre, gli enti non commerciali possono avvalersi essi stessi dell’IVA per cassa relativamente all’attività commerciale eventualmente svolta, nel rispetto, ovviamente, di tutte le condizioni previste dalla disciplina in esame.
Per i corrispettivi non percepiti in contanti (ma percepiti, ad esempio, mediante assegni bancari, RI.BA, RID, bonifici bancari), per individuare il momento del pagamento al verificarsi del quale scatta l’esigibilità dell’IVA, il cedente o prestatore deve fare riferimento alla data di accreditamento dei corrispettivi medesimi nel proprio conto corrente, come risulta dall’estratto conto.

Vera MORETTI