Comprare un terreno edificabile da soggetto privato o impresa: quali tasse?

Quali tasse sono dovute per l’acquisto di un terreno edificabile, da parte di qualsiasi soggetto, da un soggetto privato o da una impresa? Rispetto ai casi di acquisto di una casa o di un fabbricato strumentale, l’impresa venditrice non può esercitare il diritto di opzione Iva.

Acquisto terreno edificabile: si paga l’Iva se il compratore è un soggetto privato?

Nel caso in cui l’acquisto del terreno edificabile sia effettuato da un soggetto qualsiasi e il venditore sia un soggetto privato, non è dovuta l’Iva. Riguardo alle altre imposte, la compravendita risulta essere esente da quella di bollo e dalla tassa ipotecaria. È quanto dispone il comma 3, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

Quali tasse sono dovute sull’acquisto da parte di un soggetto privato di un terreno edificabile?

Nel caso dell’acquisto di un terreno edificabile da parte di un soggetto qualsiasi e si tratti di venditore quale soggetto privato, sono comunque dovute le seguenti tasse e imposte:

  • l’imposta di registro del 9% ai sensi di quanto previsto dal primo periodo dell’articolo 1, del Tp1;
  • imposta catastale e imposta ipotecaria, entrambe di 50 euro. Per entrambe le imposte la norma di riferimento è il comma 3, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

Comprare un terreno edificabile da una impresa: quale Iva è da applicare?

Nel caso in cui un soggetto qualsiasi acquisti un terreno edificabile da una impresa deve essere applicata l’Iva con l’aliquota al 22%. Rispetto al caso in cui il venditore è un soggetto privato, nel caso di vendita da parte di una impresa è da applicarsi l’imposta di bollo. Quest’ultima è pari a 230 euro ai sensi di quanto dispone il comma 1 bis, numero 1, dell’articolo 1, della Tariffa dell’Allegato A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972. È altresì dovuta anche la tassa ipotecaria pari a 90 euro. Quest’ultima è disciplinata dai punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse Ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto di un terreno edificabile da impresa: quali altre tasse e imposte da pagare?

Per l’acquisto di un terreno edificabile da una impresa, qualunque soggetto deve pagare ulteriori tasse e imposte. In particolare, l’imposta di registro è pari a 200 euro secondo quanto prevedono il comma 1 dell’articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica numero 131 del 26 aprile 1986 e l’articolo 11, Tariffa, Parte Prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica numero 131 del 26 aprile 1986. L’importo dell’imposta di registro è stato elevato da 168 euro a 200 euro dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto legge numero 104 del 12 settembre 2013 con effetto dal 1° gennaio 2014.

Acquisto terreno edificabile da società: pagamento dell’imposta ipotecaria e catastale

L’imposta ipotecaria da pagare sull’acquisto di un terreno edificabile da una società è pari ugualmente a 200 euro. Lo dispone la Nota all’articolo 1 della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990. L’importo è stato aumentato da 168 euro a 200 euro dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto legge numero 104 del 12 settembre 2013 con effetto dal 1° gennaio 2014. Infine, anche l’imposta ipotecaria è pari a 200 euro ai sensi di quanto dispone il comma 2 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

 

 

Comprare un fabbricato da impresa non costruttrice e non di recupero, quali tasse da pagare?

Quali imposte e tasse è necessario pagare nel caso in cui si acquisti  un fabbricato strumentale da un’impresa che non sia né quella costruttrice, né quella di recupero? Innanzitutto è opportuno specificare cosa si intenda per “fabbricato strumentale“. Si tratta un immobile accatastato nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E.

Fabbricato strumentale da impresa non costruttrice e non di recupero: opzione o senza opzione Iva

Nel caso acquisto di un fabbricato strumentale, ai fini delle tasse e delle imposte da pagare, è opportuno fare una prima distinzione se l’impresa non di recupero e non costruttrice applichi o meno l’opzione Iva. Inoltre, nel caso di applicazione dell’opzione Iva, è necessario classificare l’acquirente come soggetto Iva, diverso da soggetto Iva e fondo immobiliare. Se senza opzione, la differenza del compratore è solo in un soggetto qualsiasi o fondo immobiliare.

Acquistare un fabbricato da impresa che non esercita l’opzione Iva

Nel caso in cui si acquisti un fabbricato strumentale da impresa non di recupero e non costruttrice, e quest’ultima non eserciti  l’opzione Iva, la compravendita risulta esente all’Iva secondo quanto specifica l’articolo 10 numero 8 ter, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. L’esenzione si applica sia se chi acquista è un soggetto qualsiasi, sia per gli acquisti da parte di un fondo immobiliare.

Quali imposte per acquisto di fabbricato senza opzione Iva?

Nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale da un’impresa non di recupero e non costruttrice che non eserciti l’opzione Iva sono da versare, in ogni modo, le seguenti tasse:

  • imposta di registro per 200 euro, secondo quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • l’imposta di bollo di 230 euro, ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro secondo quanto prevedono i punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta catastale e imposta ipotecaria per acquisto fabbricato senza opzione Iva

Se un soggetto qualsiasi acquista un fabbricato strumentale dall’impresa non costruttrice e non di recupero che non eserciti l’opzione iva, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono pari rispettivamente al:

  • 3% secondo quanto prevede la Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% ai sensi del comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Nel caso in cui l’acquisto viene fatto da un fondo immobiliare, l’imposta ipotecaria è dell’1,5%. Lo specifica il comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006. L’aliquota dell’imposta catastale, invece, è applicata allo 0,5%.

Acquisto fabbricato strumentale con opzione Iva dell’impresa: si deve pagare l’Iva?

Nel caso di fabbricato strumentale acquistato da impresa, non di recupero e nemmeno costruttrice, che esercita l’opzione Iva, è necessario specificare tre figure di compratori: il soggetto Iva, quello diverso da soggetto Iva e il fondo immobiliare. Per tutti questi casi si applica l’Iva con aliquota al 22% come chiarisce l’articolo 10 numero 8 ter, articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Quali tasse si pagano se si acquista un fabbricato strumentale e l’impresa di restauro eserciti l’opzione Iva?

Il compratore soggetto Iva e quello diverso dal soggetto Iva versano le medesime tasse e imposte nel caso di acquisto di fabbricato da impresa che non è né quella che ha costruito l’immobile e nemmeno quella che l’ha recuperato. Sono da pagare, dunque, le seguenti tasse e imposte:

  • imposta di registro di 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria con aliquota del 3%;
  • la tassa ipotecaria corrispondente a 90 euro;
  • imposta di bollo pari a 230 euro;
  • l’imposta catastale con aliquota dell’1%.

Tasse e imposte a carico se a comprare il fabbricato è un fondo immobiliare

Se l’acquisto del fabbricato strumentale avviene da impresa non costruttrice e non di recupero e il compratore corrisponde a un fondo immobiliare, come nei due precedenti casi l’Iva si applica con aliquota corrispondente al 22%. Le altre tasse e imposte a carico del fondo immobiliare comprendono:

  • imposta di registro pari a 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria dell’1,5% (dunque ridotta dal 3% come previsto dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006);
  • imposta catastale pari allo 0,5%, ridotta dalla stessa norma precedente;
  • l’imposta di bollo del valore di 230 euro;
  • la tassa ipotecaria pari a 90 euro.

Comprare un fabbricato recuperato da meno di 5 anni da impresa di recupero: quali tasse?

Quali imposte, tasse e Iva si pagano per acquistare un fabbricato strumentale, recuperato da meno di 5 anni, comprato direttamente dall’impresa che ha provveduto al recupero? In primis si parla di un immobile accatastato nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E. Nel caso di recupero da meno di 5 anni, ai fini delle tasse da pagare, è necessario distinguere il soggetto qualsiasi dal fondo immobiliare.

Che cos’è l’impresa di recupero?

È importante sapere quale sia l’impresa di recupero. Si intende impresa di recupero qualsiasi soggetto Iva che svolga interventi previsti dal comma 1, lettera c), d) ed f), dell’articolo 3, del decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001. E, pertanto, l’impresa di recupero svolge interventi di risanamento conservativo e di restauro, di ristrutturazione edilizia e di ristrutturazione urbanistica.

Acquisto fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni da impresa di recupero: quale Iva va applicata?

Se il fabbricato strumentale è stato recuperato da meno di 5 anni e si tratta di qualsiasi soggetto compratore (a eccezione di un fondo immobiliare), l’Iva da applicare è al 10%. Lo disciplina l’articolo 10 numero 8 ter, punto numero 127 quinquiesdecies, Tabella A, III del Dpr numero 633 del 1972. Oltre all’imposta sul valore aggiunto, sono da pagarsi altre tasse e imposte.

Comprare un fabbricato da impresa di recupero: quali imposte per un soggetto qualsiasi?

Nel caso in cui si compri un fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni dall’impresa che ha provveduto al recupero, sono da pagarsi le seguenti imposte:

  • di registro di 200 euro, ai sensi di quanto prevede il comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • di bollo per 230 euro, secondo quanto dispone del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria per 90 euro ai sensi di quanto disciplinato dai punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposta ipotecaria e catastale nell’acquisto di un fabbricato strumentale

Se l’acquisto del fabbricato recuperato è stato effettuato da un soggetto qualsiasi, l’imposta ipotecaria e quella catastale da pagare corrispondono:

  • al 3% secondo quanto dispone la Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • all’1% nel secondo caso, secondo quanto prevede il comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Imposte e tasse se a comprare il fabbricato strumentale è un fondo immobiliare

L’acquisto di un fabbricato strumentale recuperato da meno di 5 anni dall’impresa di recupero può essere effettuato anche da un fondo immobiliare. In questo caso, l’Iva da pagare è applicata al 10%. L’aliquota dunque è applicata nella stessa misura di un qualsiasi soggetto acquirente. Le altre imposte a carico corrispondono:

  • all’imposta di registro di 200 euro;
  • a quella ipotecaria dell’1,5% con la riduzione dal 3% operata dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • all’imposta catastale con percentuale dello 0,5%, ridotta dalla stessa legge precedente;
  • all’imposta di bollo di 230 euro;
  • alla tassa ipotecaria di 90 euro.

Acquistare un fabbricato strumentale da una banca o società di leasing: quali tassi si pagano?

L’acquisto di un fabbricato strumentale, oltre a poter essere effettuato da un privato, da un’impresa costruttrice, da una di recupero o da un’impresa che non sia né costruttrice, né di recupero, può avere come venditore una banca o una società di leasing che non siano né costruttrici, né recuperatrici del fabbricato stesso.  In questo caso, è importante distinguere se la banca e la società di leasing esercitino l’opzione Iva oppure no.

Si paga l’Iva sull’acquisto di un fabbricato da una banca o società di leasing che non eserciti l’opzione Iva?

Nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale, quale che sia l’epoca di costruzione, da una banca o una società di leasing che non eserciti l’opzione Iva, l’acquisto fatto da un qualsiasi soggetto è esente da Iva. Lo stabilisce l’articolo 10 numero 8 ter del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. Tuttavia, dovranno essere pagate altre tasse e imposte.

Imposta di registro e altre tasse da pagare per l’acquisto di un fabbricato strumentale

Infatti, le imposte da pagare corrispondono a quella di registro, quella ipotecaria, quella catastale, la tassa ipotecaria e l’imposta di bollo. Nel dettaglio:

  • l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono tutte di importo pari a 200 euro ai sensi di quanto dispone il comma 10 ter dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • imposta di bollo pari a 230 euro, secondo quanto dispone il comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria di 90 euro ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Acquisto fabbricato con opzione Iva: qual è l’aliquota?

Nel caso in cui l’acquisto del fabbricato strumentale avvenga da una banca o da una società di leasing con esercizio dell’opzione Iva, è necessario distinguere il soggetto Iva dal soggetto diverso. In tutti e due i casi, l’Iva da versare è al 22% ai sensi di quanto dispone l’articolo 10 numero 8 ter, dell’articolo 16 del Dpr numero 633 del 1972.  L’unica differenza tra i due soggetti è che per il soggetto Iva c’è la possibilità di ricorrere al reverse change in applicazione del comma 6, lettera a bis, dell’articolo 17, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 26 ottobre 1972.

Tasse e imposte a carico se l’acquisto è fatto da una banca o società di leasing con opzione Iva

Se si tratta di acquisto di un fabbricato strumentale e il venditore è una banca o una società di leasing che eserciti l’opzione Iva, sia nel caso di acquirente soggetto Iva che di diverso soggetto, le imposte e le tasse da pagare sono le seguenti:

  • l’imposta di registro per 200 euro;
  • imposta ipotecaria di 200 euro;
  • l’imposta catastale di 200 euro;
  • imposta di bollo di 230 euro;
  • tassa ipotecaria di 90 euro.

 

Acquisto fabbricato strumentale da privato o impresa con meno di 5 anni, quali tasse si pagano?

L’acquisto di un fabbricato strumentale comporta il pagamento di determinate tasse e imposte sia che l’acquisto avvenga da soggetto privato che da un’impresa costruttrice. In quest’ultimo caso è necessario distinguere se il fabbricato sia stato costruito da meno o da più di 5 anni. Per fabbricati strumentali si intendono quelli accatastati nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E.

Comprare un fabbricato strumentale da un soggetto privato, quali tasse?

L’acquisto di un fabbricato strumentale da un soggetto privato non comporta il pagamento dell’Iva. Chiunque sia l’acquirente, è necessario pagare innanzitutto l’imposta di registro. L’aliquota, in questo caso, è del 9% come previsto dal primo periodo dell’articolo 1 del TP 1. Oltre all’imposta di registro, è necessario pagare anche quella ipotecaria. In questo caso, l’imposta è pari a 50 euro, ai sensi del comma 3 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

Le imposte da pagare nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale

In virtù della stessa norma, anche l’imposta catastale sull’acquisto da privati di un fabbricato strumentale comporta il pagamento di 50 euro. L’acquirente non deve pagare, invece, l’imposta di bollo e la tassa ipotecaria in quanto l’operazione ne è esente in entrambi i casi.

Acquisto di un fabbricato strumentale da una impresa costruttrice: quali tasse e imposte sono da pagare?

Nel caso in cui l’acquisto del fabbricato strumentale avvenga da un’impresa costruttrice, è necessario distinguere l’epoca di costruzione. Per i fabbricati costruiti meno di 5 anni prima dell’acquisto e comprati da qualsiasi soggetto a eccezione di un fondo immobiliare, sull’operazione si applica l’Iva del 22% ai sensi dell’articolo 10 numero 8 ter, articolo 16 punto 127 undecies, della Tabella A III, del decreto numero 633 del 1972.

Quando si applica l’aliquota Iva del 10% per la legge Tupini?

L’aliquota scende al 10% nel caso di edificio “Tupini”. Si tratta dell’applicazione dell’articolo 13 della legge numero 408 del 2 luglio 1949, cosiddetta “legge Tupini”, espressione dalla quale il gergo professionale deriva la qualificazione di “fabbricato Tupini” dell’edificio che presenti i criteri della legge stessa. La norma, in particolare, prende a riferimento le “case di abitazioni, anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazioni di lusso”.

Le agevolazioni fiscali sui fabbricati strumentali successive alla legge Tupini

Sui fabbricati strumentali, la stessa legge è stata soggetta a successive modifiche quali:

  • l’articolo 1 della legge numero 1493 del 6 ottobre 1962 che ha previsto che le “agevolazioni fiscali previste per le case di abitazioni non di lusso sono applicabili anche ai locali destinati a uffici e negozi quando, questi ultimi, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra;
  • l’articolo unico della legge numero 1212 del 2 dicembre 1967 che ha disposto che le agevolazioni fiscali riportate nell’articolo 1 della legge 1493 devono intendersi applicabili anche ai locali destinati a uffici e negozi quando ai negozi sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra.

Affinché siano concesse le agevolazioni fiscale è sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le due seguenti condizioni:

  • che almeno il 50% più uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazione;
  • che non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra venga destinata ai negozi.

Quali altre imposte sono a carico di chi compra un fabbricato strumentale con meno di 5 anni?

Nel caso di fabbricato strumentale con meno di 5 anni acquistato da un soggetto qualsiasi dall’impresa costruttrice sono da pagarsi anche:

  • l’imposta di registro per 200 euro, ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • imposta ipotecaria del 3%, ai sensi della Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • l’imposta catastale dell’1%, ai sensi del comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • imposta di bollo di 230 euro, del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria di 90 euro, ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Tasse e imposte da pagare se l’acquirente è un fondo immobiliare

Nel caso di acquisto di un fabbricato dall’impresa costruttrice e l’acquirente è un fondo immobiliare, l’Iva da pagare è del 22%. L’aliquota scende al 10% nel caso si tratti di “edificio Tupini”. Le altre tasse da pagare consistono:

  • nell’imposta di registro per 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria dell’1,5% con la riduzione dal 3% disposta dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • nell’imposta catastale dello 0,5%, dimezzata dalla stessa legge precedente;
  • dall’imposta di bollo e dalla tassa ipotecaria rispettivamente di 230 euro e 90 euro.

Comprare casa, quali tasse e Iva se si acquista da impresa non costruttrice, banca o società di leasing?

Non sempre la compravendita di una casa avviene tra soggetti privati o per la vendita di un’impresa costruttrice o di recupero.  In tal senso, varie sono le possibilità di acquisto di una casa oltre alle modalità tradizionali. La compravendita può essere effettuata anche attraverso una impresa non costruttrice e non di recupero, una banca o una società di leasing. Nel caso del leasing, l’impresa non deve essere né costruttrice e nemmeno tra quelle di recupero. A seconda di chi vende casa, sono da considerare le tasse, le imposte e l’Iva da pagare.

Acquisto casa da impresa non costruttrice, da banca o da società di leasing: l’Iva è da pagare?

In tutti i casi in cui il soggetto venditore sia un’impresa non costruttrice e non di recupero, oppure una banca o una società di leasing, sia per l’acquisto della prima casa che di soggetto acquirente qualsiasi, la compravendita è esente dall’Iva. Lo stabilisce, per tutti i casi, l’articolo 10, numero 8 bis, del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972.

Comprare casa da società non costruttrice e non di recupero: quali imposte e tasse sono da pagare?

Soffermandoci su un acquisto di abitazione da impresa non di costruzione e nemmeno di recupero, rispetto agli altri casi più tradizionali, non fa differenza l’epoca di costruzione dell’immobile. Il venditore, inoltre, non può nemmeno esercitare l’opzione Iva. Nel caso in cui si tratti dell’acquisto di prima casa, l’imposta di registro può essere del 2% ai sensi dell’articolo 1, secondo periodo, del TP1, oppure dell’1,5% nel caso in cui la compravendita venga effettuato nei confronti di banche e di intermediari finanziari autorizzati all’esercizio dell’attività di leasing finanziario ed abbia per oggetto immobili di categoria catastale diversa da A1, A8 e A9. L’imposta di registro sale al 9% se non si tratta di compravendita di prima casa.

Acquisto casa da società non costruttrice: quali imposte e tasse?

Oltre al pagamento dell’imposta di registro, nel caso di compravendita di immobile da società non costruttrice e non di recupero, sono da pagare 50 euro sia per l’imposta ipotecaria che per quella catastale. Sia che si tratti di prima casa che di altri scenari, la compravendita è esente sia dall’imposta di bollo che dalla tassa ipotecaria.

Quando si può comprare casa da una società di leasing?

L’acquisto di una casa da una società di leasing può avvenire nei casi disciplinati dalla legge. In particolare si deve trattare di cessioni effettuate per riscatto di contratti di leasing. Oppure di cessioni di immobili già oggetto di contratti di leasing risolti per inadempimento dell’utilizzatore. I casi di acquisto sono disciplinati dal comma 10 ter 1, dell’articolo 35, del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006.

Comprare casa da una banca o società di leasing: Iva e altre imposte

Nel caso in cui la compravendita avvenga con una banca o una società di leasing che non sia costruttrice o recuperatrice, l’operazione è esente ai fini dell’Iva. Tuttavia, la compravendita è soggetta alle altre imposte. In particolare, l’imposta di registro è pari a 200 euro ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006. Lo stesso articolo disciplina l’imposta ipotecaria per altri 200 euro e l’imposta catastale per altrettanti 200 euro.

Quali altre imposte si pagano per una compravendita casa con banca o società di leasing?

Oltre alle imposte viste in precedenza, nel caso di acquisto da una banca o da una società di leasing sono da pagare altre due imposte. In particolare, la compravendita comporta l’imposta di bollo per 230 euro ai sensi del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972. Infine, la compravendita è soggetta alla tassa ipotecaria di 90 euro. La norma di riferimento in questo caso rientra nei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Prima casa, vantaggi e vincoli delle agevolazioni

L’acquisto della prima casa fa beneficiare di tutta una serie di agevolazioni che, peraltro, stimolano il mercato immobiliare. Ma, per beneficiare delle agevolazioni, è necessario rispettare determinati vincoli. Vediamo, nel dettaglio, in cosa consistono i vantaggi, le agevolazioni e i vincoli da rispettare.

Agevolazioni acquisto prima casa, Iva e altri vantaggi

Tra le agevolazioni sull’acquisto della prima casa rientrano le riduzioni dell’Iva e di altre imposte. Infatti, l’Iva viene applicata al 4% anziché al 10%. L’imposta deve essere applicata al prezzo concordato per l’acquisto della casa. Inoltre, l’imposta di registro nel caso di prima abitazione scende dal 9% al 2%. In tal caso, l’aliquota si applica alla rendita catastale rivalutata e moltiplicata per il coefficiente fisso di 115,5.

Imposta di registro nell’acquisto della prima casa

L’imposta di registro va applicata all’acquisto della prima casa nel caso in cui il venditore figuri come soggetto privato. Ciò significa che il venditore non deve agire nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione. Tuttavia, anche nel caso di venditore quale soggetto Iva, è necessario che la vendita non venga effettuata ai fini dell’Imposta sul valore aggiunto.

Iva sull’acquisto della prima casa

È necessario chiarire che viene applicata l’Iva sull’acquisto della prima casa se l’abitazione è in corso di ristrutturazione o di costruzione. Altresì l’Iva viene applicata sulle abitazioni ultimate o ristrutturate da non più di 5 anni. L’applicazione dell’Iva anche alle abitazioni ristrutturate o ultima da più di cinque anni è, in ogni modo, un’opzione applicabile dal venditore alla compravendita della casa. Se il venditore dovesse decidere di non avvalersi di questa opzione, è necessario comunque emettere fattura indicando l’esenzione da Iva.

Prima casa, quando non è mai imponibile a Iva?

L’acquisto della prima casa non è mai imponibile all’Iva nel caso in cui la società titolare della compravendita, non abbia né provveduto alla sua costruzione e nemmeno alla ristrutturazione. In questo caso, non deve essere emessa nemmeno la fattura recante l’esenzione dell’Iva.

Quali sono i presupposti per l’acquisto della prima casa?

Per ottenere le agevolazioni necessarie all’acquisto della prima casa è necessario che l’abitazione sia qualificata nel catasto in determinate categorie. In particolare, le categorie catastali ammesse all’agevolazione sono quelle del gruppo A, a esclusione delle A/1, A/8 e A/9. Queste ultime tre appartengono alle categorie di abitazione di maggior pregio. Da escludere anche la categoria A/10, comprendente gli uffici.

Acquisto prima casa e residenza del compratore

Per usufruire delle agevolazioni, inoltre, l’acquirente della prima casa deve avere la residenza nello stesso Comune in cui sia ubicata l’abitazione. In caso contrario, l’acquirente ha 18 mesi per stabilirvi la propria residenza. Il termine parte dalla data del rogito di acquisto. In alternativa, senza residenza, la casa deve essere ubicata nello stesso comune dove l’acquirente svolge attività di lavoro o di studio, o dove ha sede il datore di lavoro dell’acquirente. Quest’ultimo caso si applica per acquirenti che si trasferiscono all’estero per motivi di lavoro. Infine, la casa può essere ubicata in qualsiasi comune dell’Italia nel caso in cui si tratta di un acquisto fatto da cittadino italiano che sia emigrato all’estero. In quest’ultimo caso, è necessario non avere altre abitazioni all’interno del territorio italiano.

Cosa bisogna dichiarare per l’acquisto della prima casa?

Per acquistare la prima casa con le condizioni agevolate è necessario dichiarare, nell’atto di acquisto, di non essere titolari esclusivi di altra abitazione. La dichiarazione è necessaria anche se si è titolari di abitazioni in comunione con il coniuge o in usufrutto o in proprietà di altra abitazione nel comune dove si trovi la casa oggetto dell’acquisto. Inoltre, è necessario dichiarare di non essere titolari di quote di altre abitazioni sul territorio nazionale anche nei casi di nuda proprietà o di usufrutto. In quest’ultimo caso, l’acquisto dell’altra abitazione potrebbe essere stato fatto dal coniuge o dallo stesso acquirente che richieda le agevolazioni sulla prima casa.

Quando un acquirente della prima casa può beneficiare delle abitazioni se ne ha acquistata già un’altra?

L’acquirente può beneficiare dei vantaggi dell’acquisto della prima casa anche se ne ha già acquistato una precedente sempre con i vantaggi riservati alla prima abitazione. Ciò è possibile a condizione che l’acquirente si impegni a vendere la casa precedente entro un anno dal giorno della nuova casa acquistata con le agevolazioni. In questo caso, il venditore e compratore dei due case, entrambe beneficiarie dei vantaggi della prima casa, vendendo quella precedente entro un anno otterrebbe anche il beneficio del credito di imposta previsto dalla legge numero 448 del 1998.

Prima casa, in cosa consiste il credito di imposta sul vecchio acquisto?

Il credito di imposta sulla precedente casa matura per un importo corrispondente alle imposte Iva e di registro sostenute per acquistare la prima casa beneficiaria dei vantaggi. Tuttavia, al credito di imposta deve essere applicato il limite dell’importo delle imposte pagate per acquistare l’abitazione più recente oggetto dei vantaggi della prima casa.

 

Come si costituisce un Gruppo IVA

I soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, che sono soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato italiano, possono esercitare l’opzione che è finalizzata, attraverso la costituzione di un Gruppo IVA, a diventare un unico soggetto passivo.

E questo, in particolare, a patto che ricorrano in ogni caso, e congiuntamente, i vincoli che sono previsti a livello finanziario, economico ed organizzativo. Vediamo allora, passo dopo passo, quali sono le procedure previste per la costituzione di un Gruppo IVA.

Ecco passo dopo passo come si costituisce un Gruppo IVA

Nel dettaglio, sulla costituzione di un Gruppo IVA, la prima cosa da dire è che c’è un apposito modulo da presentare e da trasmettere all’Agenzia delle Entrate in modalità telematica. Si tratta, nello specifico, del modello AGI/1 che si può presentare tramite autenticazione dal sito Internet del Fisco. Il modulo, in particolare, viene trasmesso online dal rappresentante del Gruppo IVA, ma deve essere in ogni caso sottoscritto da tutti i partecipanti.

L’esercizio dell’opzione o della revoca del Gruppo IVA ha decorrenza in base a quando si presenta il modello AGI/1. Precisamente, con la presentazione dall’1 gennaio al 30 settembre la decorrenza scatta dall’1 gennaio dell’anno successivo. Mentre con la trasmissione del modello dall’1 ottobre al 31 dicembre, l’effetto è a decorrere dall’1 gennaio del secondo anno successivo.

Il modello AGI/1 con trasmissione telematica, inoltre, non si presenta solo nel caso di esercizio o di revoca del Gruppo IVA. Ma anche in caso di ingresso o di cessazione di partecipanti al Gruppo. Nonché, tra l’altro, pure in caso di variazione della denominazione del Gruppo e/o di variazione delle attività esercitate e indicate inizialmente in sede di opzione.

Variazioni per il modello AGI/1 Gruppo IVA, ecco le scadenze caso per caso

Da quando si instaurano i nuovi vincoli, il modello AGI/1 deve essere presentato entro 90 giorni in caso di ingresso di soggetti passivi precedentemente esclusi dal Gruppo IVA. Mentre scende a 30 giorni il termine di invio del modello quando si registra la cessazione dalla partecipazione al Gruppo da parte di uno o più soggetti partecipanti. Pure in caso di subentro di un nuovo rappresentante del Gruppo IVA è necessario darne comunicazione al Fisco. Nella fattispecie, entro un termine massimo di 30 giorni.

È sempre di 30 giorni, inoltre, pure il termine di comunicazione, sempre con il modello AGI/1 Gruppo IVA, di variazione dei dati relativamente alle attività esercitate o alla denominazione del Gruppo. Stesso termine di 30 giorni dal verificarsi dell’evento, in caso del venir meno della pluralità dei soggetti partecipanti, pure per comunicare la cessazione del Gruppo IVA.

Qual è il principale vantaggio legato alla costituzione di un Gruppo IVA?

Con la costituzione di un Gruppo IVA, il principale vantaggio, sia per i beni ceduti che per i servizi resi, sta proprio nell’adozione, tanto per la compensazione quanto per il versamento, di una procedura unificata per tutti gli adempimenti che sono legati proprio all’Imposta sul valore aggiunto.

Con la legge delega prende il via un’epocale riforma fiscale: novità

Si è svolta ieri, 5 ottobre 2021, la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Draghi sulla delega per la riforma fiscale. Ecco cosa è stato annunciato e su cosa verterà la riforma che appare essere la più importante dopo decenni di stratificazione legislativa.

I passi da compiere per giungere alla Riforma Fiscale

Il sistema fiscale italiano è tra i più complessi e a sottolinearlo è lo stesso Presidente del Consiglio Draghi, nel tempo si sono accumulate tante imposte, le aliquote sono cresciute, ci sono stati provvedimenti parziali che di fatto hanno reso il sistema sempre più complesso portando la tassazione italiana a livelli altissimi. Questo ha avuto notevoli riflessi nella vita quotidiana, con aziende che fuggono dall’Italia, cittadini che sentono come iniquo l’intero sistema e larghe fasce di evasione.

Ieri in conferenza stampa è stato presentato il disegno di legge delega sulla riforma fiscale, la stessa, una volta approvata delegherà il Governo a realizzare entro 18 mesi la riforma del sistema fiscale. La legge delega è un atto con cui il Parlamento delega al Governo l’emanazione successiva dei provvedimenti attraverso decreti legislativi. L’obiettivo dichiarato è riordinare il sistema fiscale e sicuramente il Governo, vista la base ristretta può raggiungere più facilmente l’obiettivo senza la navetta continua che di solito caratterizza l’approvazione delle leggi in Parlamento con la presentazione di migliaia di emendamenti. Ora proveremo a capire quali sono le novità importanti emerse e le linee guida per il nuovo sistema fiscale.

IRAP: addio con la riforma fiscale

Il disegno di legge delega definisce il perimetro di azione che riguarderà le principali imposte italiane: IRAP, IRPEF, IRES, IVA, inoltre è prevista la riforma del catasto. Il Presidente del Consiglio Draghi ha però sottolineato che nel complesso la riforma dovrebbe portare ad una minore pressione fiscale, ciò anche al fine di allineare il sistema italiano a quello dell’Unione Europea, infatti abbiamo il sistema non solo più complesso ma anche con tassazione più elevata. Il disegno di legge comprende 10 articoli, nel primo è chiaramente indicato che la riforma dovrà essere terminata entro 18 mesi, ma soprattutto che dovranno essere rispettati gli articoli 3 (uguaglianza formale e sostanziale) e 53 ( principio della progressività del sistema fiscale) della Costituzione.

La prima novità importante riguarda l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) da sempre è considerata un’imposta poco equa ed è molto avversata, il Governo mira ad eliminarla entro il 2026, l’unico ostacolo resta reperire una fonte alternativa per finanziare la sanità regionale.

Cosa si prevede per l’IRPEF

Un’altra imposta su cui si punta è l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), qui diversi sono i temi toccati, in primo luogo le addizionali comunali e regionali vengono trasformate in “sovraimposte”, il loro ammontare dovrà essere comunque tale da assicurare lo stesso gettito a Regioni e Comuni, l’aliquota potrà essere aumentata nelle Regioni che mostrano delle sofferenze inerenti il sistema sanitario. Il Governo intende agire anche sulle aliquote medie, tra gli obiettivi c’è il riordino delle deduzioni e delle detrazioni.

La riforma dovrà comunque garantire il principio della progressività, ricordiamo che lo stesso prevede che chi ha di più, paghi di più ma non in modo proporzionale (tale sistema si realizzerebbe eliminando gli scaglioni), ma in modo più che proporzionale. Si vocifera di un’eliminazione del secondo scaglione, con accorpamento al primo scaglione, l’ipotesi non sembra probabile perché si tratterebbe di una riduzione di 11 punti percentuali, inoltre si parla di un ampliamento della no tax area che attualmente è di circa 8.000 euro.

IVA: Imposta sul Valore Aggiunto

Importanti novità potrebbero esservi anche per l’IVA, Imposta sul Valore Aggiunto, in questo caso si propone una semplificazione delle aliquote, non si specifica se si intende ridurre il numero delle stesse, l’obiettivo è comunque creare un sistema armonico all’interno dell’Unione Europea, semplificare la gestione e l’applicazione dell’imposta.

La tanto discussa Riforma del Catasto

Sicuramente ha fatto molto discutere la proposta di riforma del catasto, il Presidente del Consiglio ha più volte sottolineato che questa non mira ad aumentare il gettito fiscale e che le famiglie neanche si accorgeranno di questa modifica. L’obiettivo è allineare il valore delle rendite catastali al reale valore degli immobili. Si propone un nuovo censimento che mira a rilevare edifici abusivi e a riportare edifici agricoli situati in aree edificabili nella loro corretta “inquadratura”, a correggere le distorsioni inerenti la destinazione d’uso degli immobili (probabilmente si riferisce anche al catasto terreni. La nuova mappatura dovrebbe prendere il via il primo gennaio 2026 in questo lasso di tempo dovrebbero essere creati criteri uniformi per attuare la riforma.

IRES

Nella razionalizzazione del sistema rientra anche una riforma dell’IRES, Imposta sul Reddito delle Società, naturalmente le linee guida sono generiche, l’obiettivo è cercare di armonizzare la reale capacità di reddito a fini civili e fiscali puntando sulla revisione dei sistemi di ammortamento dei costi e riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle aziende. Cioè si punta a tassare il reale reddito tenendo in considerazione il complesso sistema dei costi che le aziende devono sostenere.

L’armonizzazione del sistema IRES dovrebbe puntare anche ad eliminare le distorsioni create al sistema fiscale dalla possibilità di scegliere tra diverse forme societarie e di impresa che di fatto hanno tassazioni diverse cercando il regime fiscale più favorevole, inoltre l’obiettivo anche in questo caso è allinearsi con il sistema europeo. Insomma l’obiettivo è neutralizzare le differenze tra regimi fiscali delle varie società e imprese.

Il governo per la riforma fiscale ha stanziato 2 miliardi di euro per il 2022 e 1 miliardo di euro per il 2023, questi fondi potranno essere implementati con quelli che derivano dalla lotta all’evasione fiscale. Tra gli obiettivi vi è anche la semplificazione del sistema di riscossione delle imposte implementando l’uso delle nuove tecnologie da parte dell’Agenzia Entrate e Riscossioni, questo dovrebbe portare un risparmio sulle spese per la riscossione.

Precompilata IVA al via dal 1 luglio 2021 in via sperimentale: cosa cambia per i contribuenti?

Dal prossimo 1 luglio 2021 andrà in partenza la precompilata IVA, in una forma sperimentale, ma molti si chiedono cosa andrà a cambiare per i contribuenti. Scopriamolo assieme, in questa rapida guida sulla questione.

Precompilata IVA, di cosa si tratta

Quando si parla di precompilata, si fa riferimento ad una dichiarazione che è appunto precompilata dall’Agenzia delle entrate, in cui vengono inseriti i dati su redditi, ritenute, versamenti e spese detraibili o deducibili, le quali interessano i contribuenti.

Ma come si potrà accedere alla precompilata IVA?

Presto detto, per chi dovrà precompilare il proprio reddito da partita IVA, dovrà farlo attraverso il sito dell’Agenzia delle entrate. I documenti precompilati saranno resi disponibili, infatti, nell’Area Riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate. Il soggetto IVA passivo vi potrà accedere inserendo il proprio Spid, le credenziali personali, la Carta d’identità elettronica o la Carta nazionale dei servizi.

Dunque, le Partite IVA interessate (artigiani, commercianti, coloro che applicano il regime IVA ordinario e coloro che hanno optato per la liquidazione trimestrale dell’IVA, ovvero i soggetti di ridotte dimensioni) in via sperimentale potranno accettare senza modifiche oppure integrare. In questo modo, a regime, si verrà esentati dagli adempimenti manuali.

Precompilata IVA, scadenze

Ma quali sono le date per prepararsi a fare la precompilata e cosa bisogna rispettare, andiamo a vederlo nei prossimi passaggi.

Dunque, dal prossimo 1 luglio 2021, dunque, i contribuenti troveranno i documenti nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate, precompilati mediante fatture elettroniche, comunicazioni delle operazioni transfrontaliere e trasmissioni telematiche dei dati dei corrispettivi. Le Partite IVA coinvolte avranno a che fare con i seguenti fattori:

  • bozze di registri fatture emesse e di acquisti effettuati,
  • comunicazioni delle liquidazioni periodiche,
  • da gennaio 2022 anche la dichiarazione annuale IVA.

Novità e cambiamenti, quali saranno?

La domanda che più batte i pensieri dei contribuenti è se ci saranno novità e cambiamenti in merito al sistema di precompilazione. Andiamo a scoprire le dovute risposte.

In buona sostanza, l’Agenzia delle Entrate, utilizzando i dati provenienti dalle fatture elettroniche che transitano dal Sistema di Interscambio (SdI), dalle operazioni transfrontaliere e dai corrispettivi telematici, metterà a disposizione sul proprio portale web, le bozze dei registri IVA e le bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA (le cosiddette LIPE).

Quindi, coloro che sono soggetti titolari di partita IVA o i loro intermediari delegati ai servizi di fatturazione elettronica avranno accesso alle bozze dei registri IVA mensili e, qualora ritenute complete, potranno convalidare i registri che verranno memorizzati e acquisiti dall’Agenzia delle Entrate.

Se ritenute incomplete, invece, il contribuente (o comunque il suo consulente) dovrà annotare e integrare negli stessi le operazioni mancanti effettuate nel periodo, utilizzando sempre il portale web dell’Agenzia delle Entrate.

Per quanto concerne la comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA (LIPE), invece i contribuenti troveranno, nella propria area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, le precompilate delle liquidazioni periodiche IVA.

Chi sarà soggetto alla precompilata IVA?

In ultimo, ma non ultimo, andiamo a vedere chi saranno quei possessori di partita IVA che si vedranno soggetti a passare al metodo della precompilazione.

I soggetti coinvolti al regime di semplificazione Iva, sono individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, identificabili come imprese di minori dimensioni.

Sostanzialmente, la precompilata andrà a interessare le imprese di piccole dimensioni, come nel caso dei commercianti, gli artigiani, gli imprenditori individuali e professionisti (che nel nostro paese rappresentano la maggioranza dei contribuenti). Il sistema nuovo non andrà a riguardare, invece, le grandi società in quanto più strutturate e caratterizzate da una contabilità più complessa.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario ed essenziale da conoscere, in merito alla sperimentazione della precompilata IVA che partirà dal 1 luglio 2021.