Isee 2024, ecco cosa non deve essere più dichiarato

Come cambia l’Isee nel 2024? Novità importante per i risparmiatori che possono accedere a nuove prestazioni.

L’Isee è l’Indicatore della situazione economica equivalente e tiene conto delle risorse economiche/patrimoniali del nucleo familiare in base anche alla sua composizione. Da gennaio 2024 ci sarà una vera rivoluzione perché, in base all’articolo 39 della legge di Bilancio, dal suo calcolo fuoriesce un’importante voce cioè i Titoli di Stato, molto apprezzati dai risparmiatori italiani.

Perché è così importante il nuovo calcolo Isee 2024?

L’Isee è il principale punto di riferimento per le famiglie che vogliono ottenere prestazioni sociali legate al reddito. L’Isee incide sul calcolo delle tasse universitarie, sulla possibilità di avvalersi di numerosi benefici fiscali, ad esempio il bonus occhiali da vista, ma non solo. In base all’Isee è stata emessa la Carta Dedicata a Te  e sulla stessa saranno caricati nuovi bonus, come il  bonus carburante  e ulteriori somme stanziate per la spesa alimentare.

Leggi anche: Carta Dedicata a te/Risparmio spesa, chi rischia di perderla?

Isee 2024, esclusi dal calcolo i Titoli di Stato, perché?

Il 2023 ha visto diverse emissioni di BTP valore, Titolo di Stato destinato soprattutto ai piccoli risparmiatori con  rendimento legato all’inflazione. L’emissione ha avuto un discreto successo, attraverso queste operazioni lo Stato raccoglie liquidità dagli investitori.

Per il 2024 è prevista l’emissione ulteriore di BTP per un valore di 480 miliardi di euro e in un certo senso il Governo vuole attirare investitori. In questa ottica si colloca l’articolo 39 della bozza di legge di Bilancio 2024 presentata al Parlamento che esclude dal calcolo dell’Isee i Titoli di Stato indicati nell’articolo 3 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.

Quanto incide la misura?

Gli italiani sono un popolo di risparmiatori e soprattutto amano i Titoli di Stato. Nel 2023 con l’emissione di BTP Valore sono stati acquistati Titoli di Stato per un valore complessivo di 35,2 miliardi di euro, 18 miliardi raccolti nella prima emissione e 17,2 miliardi nella seconda emissione.

A questi si devono aggiungere i Titoli di Stato acquistati precedentemente. Un vero tesoretto che esce dalle dichiarazioni Isee degli italiani e porta a una notevole riduzione dell’Indicatore della situazione economica equivalente con accesso alle prestazioni sociali per molte famiglie che prima rischiavano di essere escluse.
Ricordiamo inoltre che tra i Titoli di Stato non rientrano solo i BTP, ma anche altri, ad esempio:

1) Bot, ( Buoni ordinari dello Stato) titoli a breve termine, ossia con durata non superiore a un anno;
2) Btp, (Buoni del tesoro poliennali) caratterizzati da cedole fisse semestrali;
3) CCTeu, Certificati di Credito del Tesoro Indicizzati all’euribor con cedola variabile;
4) Ctz, Certificati del Tesoro Zero Coupon titoli a 24 mesi privi di cedola.

Isee 2024, il nuovo calcolo è iniquo e penalizza i poveri

Naturalmente non sono mancate critiche da parte dell’opposizione a questa scelta, infatti eliminare i Titoli di Stato dal calcolo dell’Isee 2024 vuol dire favorire l’accesso alle prestazioni sociali da parte di famiglie che hanno comunque dei risparmi investiti e quindi che potenzialmente hanno risorse rispetto a famiglie che invece non riescono a risparmiare. Proprio per questo il nuovo calcolo dell’Isee 2024 è da considerarsi iniquo.

Sugar tax e plastic tax verso l’addio con la legge di bilancio

Nella prossima legge di bilancio pare non ci sia spazio per la plastic tax e la sugar tax che dovevano entrare in vigore il 1° gennaio 2023. Ecco cosa succede.

Plastic tax e sugar tax: cosa sono

La sugar tax è stata introdotta con la legge di bilancio 2020, le norme hanno poi trovato “attuazione” con il decreto del 12 maggio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 125 del 27 maggio 2021 che ha definito le caratteristiche dell’imposta.  La sugar tax prevede l’applicazione di un’imposta su bevande edulcorate e con titolo alcolometrico inferiore o uguale a 1,2 per cento in volume. La Plastic Tax è, invece, una tassa del valore fisso di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto.

Entrambe queste tasse sono state rimandate di anno in anno, l’ultima volta con la legge di bilancio 2022 che ha posticipato l’entrata in vigore al 1° gennaio 2023.

Sugar tax e plastic tax, nuovo rinvio per l’entrata in vigore

Secondo le indiscrezioni che stanno trapelando sulla nuova manovra di bilancio per il 2023, sembra che per entrambe queste imposte ci sarà un nuovo nulla di fatto. Questo vuol dire che sarà nuovamente prorogata l’entrata in vigore e di conseguenza non saranno applicate neanche nel 2023.

La ratio di queste imposte è, per la sugar tax, ridurre il consumo di bevande che potenzialmente possono creare danni alla salute delle persone, mentre per la plastic tax l’obiettivo è indurre le persone a consumare meno plastica e quindi a inquinare meno. Naturalmente se dovessero trovare applicazione queste imposte, per gli italiani vi sarebbe un aumento dei prezzi legati a tali prodotti. Proprio per questo motivo queste due imposte non hanno mai trovato molto riscontro tra le persone che di fatto le considerano come due nuovi balzelli da sopportare.

Tra le indiscrezioni che circolano sulle novità da introdurre, sembra che stia per perdere quota anche l’ipotesi di azzerare per un anno l’Iva su pane, pasta, latte e prodotti per l’infanzia. Il motivo principale sarebbe il basso impatto che avrebbero per le famiglie italiane queste misure. Dovrebbe invece essere ormai certa l’introduzione di uno scivolo pensionistico con quota 41+62. In attesa di novità anche per la Amazon Tax.

Scudo fiscale nella legge di bilancio 2023: di cosa si tratta?

Negli ultimi giorni si ritorna a parlare dello scudo fiscale che potrebbe essere inserito all’interno della legge di Bilancio, ecco di cosa si tratta, chi può avvalersene e quali vantaggi porta.

Scudo fiscale: nuove entrate per 3-5 miliardi

In queste ore il Governo è al lavoro alla legge di bilancio, il valore dovrebbe essere di 30-32 miliardi che a loro volta dovrebbero essere distribuiti in buona parte (21 miliardi) a famiglie e imprese al fine di aiutarli a far fronte agli effetti dei rincari energetici. Naturalmente questi soldi devono essere recuperati e proprio per questo si sta studiando la possibilità di attivare lo scudo fiscale che secondo le prime stime dovrebbe far recuperare dai 3 ai 5 miliardi di euro.

Questa misura è anche denominata voluntary disclosure e consente a coloro che hanno patrimoni all’estero non dichiarati di farli rientrare attraverso un’autodenuncia e quindi il versamento dalle imposte dovute. Sia chiaro, lo scudo è solo di tipo fiscale, non penale quindi gli eventuali reati sono comunque perseguiti.

Come è stato applicato l’ultimo scudo fiscale

L’ultima volta che l’Italia ha applicato lo scudo fiscale risale al 2015 e fu il governo Renzi ad attuarlo. In quel caso portò nelle Casse dello Stato ben 2,5 miliardi di euro. Il contribuente per attivarlo dovette farne richiesta attraverso i servizi Entratel o Fisconline, se abilitati, mentre in caso contrario era possibile inoltrare la richiesta tramite soggetti abilitati come avvocati, commercialisti e iscritti nel registro dei revisori contabili. Il governo Renzi inoltre attivò  la voluntary disclosure non solo per i patrimoni detenuti all’estero e non dichiarati, ma anche per le altre imposte, come le imposte sui redditi e addizionali, Irap, Iva, imposte sostitutive.

Naturalmente non sappiamo come si procederà in questo caso e non è neanche certo che si procederà effettivamente a uno scudo fiscale, ma è una delle ipotesi insieme alla cancellazione dei debiti fiscali non riscuotibili, alla cancellazione dei debiti fino a 1.000 euro e dimezzamento di quelli tra 1000 e 3.000 euro.

Sgravi contributivi per chi assume donne: ecco come ottenerli

La legge di bilancio 2021 per gli anni 2021 e 2022 ha previsto  sgravi contributivi che può arrivare al 100% per l’assunzione di donne. Ecco in quali casi spetta e come ottenere questa importante agevolazione.

Sgravi contributivi per chi assume donne: chi può ottenerlo

Lo sgravio contributivo per le aziende che assumono donne disoccupate viene riconosciuto alle aziende del settore privato (non si applica alle Pubbliche Amministrazioni). So escludono le attività che operano nel settore dell’intermediazione finanziaria. Lo sgravio ha ad oggetto non solo le nuove assunzioni, ma anche in caso di trasformazione del contratto in uno a tempo indeterminato o la proroga di un contratto a tempo determinato in scadenza. Lo sgravio è valido a fronte dell’assunzione di donne in situazione di svantaggio. Si tratta di:

  • donne con almeno cinquant’anni di età e disoccupate da oltre dodici mesi;
  • donne di qualsiasi età residenti in zone svantaggiate e che per tale ragione ricevono finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione Europea e che siano disoccupate da almeno 6 mesi;
  • donne di qualsiasi età che operino in un settore in cui le donne sono particolarmente sotto-rappresentate e sono prive di un impiego regolarmente da almeno 6 mesi;
  • donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi .

Per effettuare tali assunzioni il datore di lavoro deve utilizzare il modulo 92-2012 presente all’interno del cassetto previdenziale.

Casi particolari

Lo sgravio contributivo previsto per l’assunzione di donne disoccupate in situazione di svantaggio può essere pari al 100%, ma non superiore a 6.000 euro. Il riconoscimento dell’esonero contributivo è però legato a un aumento occupazionale netto, cioè non si riconosce lo sgravio se nei mesi antecedenti l’azienda ha effettuato dei licenziamenti. L’incremento occupazionale si determina avendo come riferimento la differenza tra il numero dei lavoratori occupati e il numero di lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi antecedenti.

Abbiamo detto che da tale agevolazioni sono escluse le PA, ma sono invece compresi i consorzi, glie nti morali e gli enti ecclesiastici, gli enti pubblici economici, gli istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti pubblici economici ed ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato.

Bonus verde: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e limiti

Il bonus verde è stato introdotto per la prima volta con la legge di bilancio 2018. Ha trovato spazio per la riconferma anche nella legge di bilancio 2022 fino al 2024. Consente di ottenere detrazioni fino al 36% delle spese per la manutenzione straordinaria del verde. Con la circolare 28 del 2022 l’Agenzia delle Entrate ha specificato i limiti entro i quali è possibile avvalersi di questo beneficio.

In quali casi si può usufruire del bonus verde?

L’Agenzia delle Entrate nella circolare 28 del 2022 ha specificato in quali casi non spetta la detrazione del bonus verde. Si tratta di:

  1. manutenzione ordinaria periodica di giardini pre-esistenti non connessa ad un’attività innovativa;
  2. lavori in economia, precisa l’Agenzia delle Entrate che è possibile fruire dell’agevolazione anche se l’acquisto di piante e arbusti avviene tramite fornitori diversi, è essenziale “che l’intervento di riqualificazione dell’area verde sia complessivo e ricomprenda anche le prestazioni necessarie alla sua realizzazione” .

Per quanto riguarda le agevolazioni riferibili a balconi e terrazzi, nella circolare si precisa che l’applicazione di fioriere e l’allestimento di verde deve comunque consistere in un intervento permanente e innovativo.

Rientrano tra le spese agevolabili anche quelle di progettazione delle aree verdi.

Bonus verde: casi particolari

La detrazione del bonus verde viene riconosciuto su un importo massimo di 5.000 euro e di conseguenza applicando il 36% si possono ottenere 1.800 euro. Nel caso in cui gli interventi siano su parti comuni di edifici, il limite dei 5.000 euro si intende riferito ad ogni unità immobiliare. L’Agenzia delle Entrate precisa che in questo caso se uno stesso soggetto è titolare di più unità immobiliari, può ottenere la detrazione per ciascuna di esse. Inoltre il proprietario può ottenere detrazioni sia per i lavori su parti comuni, sia per i lavori sull’unità immobiliare di proprietà.

Nel caso in cui la sistemazione a verde avvenga su unità immobiliari ad uso promiscuo, ad esempio per lo svolgimento di arti o professioni l’agevolazione spettante è calcolata al 50%.

In caso di vendita dell’unità immobiliare su cui sono ancora fruite le detrazioni, il beneficio si trasmette, tranne nel caso di contrario accordo delle parti, al nuovo acquirente. Lo stesso principio vale nel caso in cui vi sia la morte del beneficiario, in questo caso il beneficio si trasmette all’erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene.

Naturalmente per potersi avvalere del bonus verde è essenziale che i pagamenti siano effettuati con strumenti di pagamento tracciabili.

Stato di disoccupazione e reddito di cittadinanza: nuovi limiti

Con la nota 5824 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indicato i nuovi limiti di reddito per poter conservare lo stato di disoccupazione e percepire il reddito di cittadinanza godendo di alcuni esoneri.

Come si conserva lo stato di disoccupazione anche lavorando?

Il decreto legge 4 del 2019, convertito in legge 26 del 2019, prevede all’articolo 4 comma 3 che alcune categorie di lavoratori, pur svolgendo attività di lavoro dipendente o autonomo, possano conservare lo stato di disoccupazione, continuare a percepire il reddito di cittadinanza e prevede che siano esonerate da alcuni obblighi connessi alla percezione del reddito di cittadinanza. In particolare non sono tenuti a dare la disponibilità immediata al lavoro ( ricordiamo che la stessa deve essere data da tutti i membri maggiorenni del nucleo familiare). Sono inoltre esonerati dall’obbligo di aderire al percorso finalizzato all’inserimento lavorativo.

Il limite per poter conservare lo stato di disoccupazione era pari al reddito corrispondente a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi.

Nuovi limiti di reddito per conservare lo stato di disoccupazione

La legge di bilancio per il 2022 ha provveduto a modificare tale limite previsto dall’articolo 13 del Tuir e ciò ha portato a una modifica anche del limite di reddito previsto per la conservazione dello stato di disoccupazione. I nuovi limiti sono:

  • 8.174 euro per il lavoro dipendente, anche di tipo intermittente ( in precedenza era 8.145 euro);
  • 5.500 euro in caso di lavoro autonomo. Questo limite si occupa anche in caso di prestazioni occasionali senza partita Iva, collaborazione in imprese familiari, partecipazione in qualità di coadiuvanti in imprese familiari ( limite precedente 4800 euro).

Ricordiamo che questi non sono i limiti previsti per avere diritto al reddito di cittadinanza, infatti tale limite corrisponde a un Isee non superiore a 9.360 euro. Naturalmente in presenza di reddito e in base alle singole situazioni familiari, cambiano gli importi.

Nota 5824/2022 del Ministero del lavoro: limiti orari

La nota 5824/2022 del Ministero del Lavoro, oltre ad adeguare a questi nuovi limiti i requisiti per conservare lo stato di disoccupazione e quindi godere dei privilegi previsti dal reddito di cittadinanza, sottolinea che gli esoneri precedentemente visti, cioè dall’obbligo per i percettori e per i membri del nucleo maggiorenni di dare immediata disponibilità al lavoro e dal partecipare a percorsi di formazione, sussistono se il tempo impiegato nell’attività di lavoro sia superiore a 20 ore settimanali e quando, aggiungendo alle ore di effettivo lavoro il tempo impiegato per raggiungere il posto di lavoro, sono superate le 25 ore.

Leggi anche: Le nuove regole per il reddito di cittadinanza: cosa cambia per i percettori

Reddito di cittadinanza: gli sgravi contributivi per le assunzioni. Novità

 

Bonus Chef: proroga al 31 dicembre 2022 per il credito di imposta

Il Bonus Chef era previsto dalla legge di bilancio per il 2021 ma di fatto non ha mai trovato attuazione. Molto probabilmente proprio al fine di superare la fase di stallo di una misura caduta nel dimenticatoio, nella legge di conversione del decreto Milleproroghe è stato prorogato il termine per maturare il credito di imposta a cui dovrebbe dare diritto il Bonus Chef. Vediamo di cosa si tratta.

La storia del Bonus Chef

Il comma 117 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 prevedeva che in favore dei soggetti esercenti la professione di cuochi professionisti presso alberghi e ristoranti, sia come lavoratori dipendenti che autonomi (partita IVA con codice A.TE.CO 5.2.2.1.0) si riconosce un credito di imposta fino al 40% del costo sostenuto per l’acquisto di beni strumentali durevoli e per la partecipazione a corsi di aggiornamento professionale sostenuti tra il primo gennaio 2021 e il 30 giugno 2021.

Il decreto attuativo di tale provvedimento del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro del Lavoro, avrebbe dovuto vedere la luce entro il 2 marzo 2021, ma di fatto non hanno mai provveduto, deludendo questa categoria di lavoratori particolarmente provata dalle conseguenze della crisi pandemica.

Al fine di non far cadere il Bonus chef,  l’articolo 18 quater della legge di conversione del DL 228 del 2021 (decreto Milleproroghe) ha sostituito la precedente data del 30 giugno 2021 con la data del 31 dicembre 2022. Questo implica che coloro che esercitano la professione di cuoco possono ancora oggi maturare il credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali durevoli e dei costi per i corsi di aggiornamento professionale.

Caratteristiche del credito d’imposta del Bonus Chef

Le spese che danno diritto a maturare il credito di imposta del Bonus Chef sono quelle inerenti l’acquisto di beni strumentali durevoli in classe energetica elevata per la conservazione, lavorazione, trasformazione e cottura dei prodotti alimentari, inoltre si possono acquistare strumenti professionali per il settore ristorazione. I corsi di aggiornamento devono naturalmente riguardare la professione.

Il Bonus Chef spetta per un limite di spesa massimo di 6.000 euro. Gli importi maturati potranno essere utilizzati in compensazione per il pagamento delle imposte mediante modello F24, è però escluso l’utilizzo per IRPEF e IRAP. Il credito di imposta può inoltre essere ceduto a banche, istituti di credito e altri intermediari finanziari.

Naturalmente siamo in attesa del decreto attuativo che ora dovrebbe essere una priorità dei ministeri coinvolti vista la proroga dei termini e quindi la volontà di confermare il Bonus Chef. Solo in seguito sarà possibile utilizzare i crediti maturati in compensazione delle imposte.

Legge 104: le novità e agevolazioni previste nella legge di bilancio 2022

La legge 104 del 1992 prevede numerose agevolazioni per i disabili, le stesse sono state implementate con la legge di bilancio 2022. Vediamo le novità apportate dal Governo Draghi.

Cos’è la legge 104 del 1992?

La legge è rubricata “legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” prevede agevolazioni di varia natura per le persone colpite da handicap di fisico e/o psichico. Possono beneficiarne coloro che hanno una disabilità riconosciuta ai sensi dell’articolo 3 comma 1 e comma 3, cioè persone con lieve grado di disabilità e con disabilità grave. Naturalmente le agevolazioni sono diverse in base al grado di disabilità e alla tipologia dello stesso.

Per conoscere le patologie che consentono di accedere ai benefici della legge 104, si può leggere l’articolo: Patologie legge 104 del 1992: quali sono riconosciute?

Le novità nella legge di bilancio 2022 per i disabili

Fin da ora anticipiamo che in fondo all’articolo saranno inseriti approfondimenti che in questa sede non è opportuno fare, ci concentriamo infatti solo sulle novità previste dalla legge di bilancio 2022 per non essere dispersivi. La prima cosa da sottolineare è che questa prevede un sostanzioso aumento degli importi destinati al Fondo per la disabilità che quest’anno riceverà 300 milioni di euro, 100 milioni in più rispetto all’anno precedente. Questo consentirà di ampliare le tutele previste per le famiglie, implementare i servizi territoriali e dare nuovi sussidi alle famiglie.

Oltre a questa misura, che può essere definita generica, ci sono ulteriori misure da definire specifiche. Queste sono:

Bonus di 670 euro destinato al pagamento delle utenze e quindi per contrastare il caro bollette. A differenza del bonus sociale legato al reddito, questo non prevede requisiti reddituali, ma solo il riconoscimento della disabilità.

Coloro che hanno un certificato di disabilità possono inoltre ricevere un Bonus INPS da 1.000 euro  che viene erogato nel caso in cui nel 2021 il disabile si sia assentato dal lavoro per più di un mese. Tale misura è diretta ai lavoratori del settore privato  aventi diritto all’assicurazione economica di malattia presso l’INPS, impossibilitati ad usufruire dello smart working.

Il Bonus di 1.000 euro è rivolto a lavoratori con disabilità grave ( articolo 3 comma 3) oppure in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita. Il bonus di 1.000 euro non concorre alla formazione del reddito imponibile. Per poter ottenere il bonus è necessario presentare la domanda (ancora non è possibile farlo), il fondo stanziato per questa misura è di 5000 di euro. La competenza è dell’INPS.

Approfondimenti

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Contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro: addio dal 2022

Il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro è stato introdotto per la prima volta in Italia con la legge di bilancio 2019 come misura provvisoria in scadenza al 31 dicembre 2021. Sono in molti però a temere una proroga, vediamo quali sono i potenziali rischi.

Cos’è il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro

Si è detto che il contributo di solidarietà è stato previsto dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1 comma 261) sulle pensioni di ammontare superiore a 100.000 euro. Come stabilito dalla norma, la misura risulta proporzionata all’assegno e di conseguenza più è elevato l’importo e maggiore è il contributo di solidarietà trattenuto. La norma prevedeva l’applicazione della decurtazione dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023. La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi, è intervenuta sottolineando che la durata quinquennale di tale misura era sproporzionata e di conseguenza ha stabilito la cessazione della stessa il 31 dicembre 2021. Appare quindi evidente che dal 1° gennaio 2022, per effetto della decisione della Corte Costituzionale non sarà applicato il contributo di solidarietà e per effetto di ciò i pensionati vedranno crescere il loro assegno.

A quanto ammonterà l’aumento?

Naturalmente l’aumento sarà corrispondente alla decurtazione applicata e quindi:

  • 15% per le pensioni da 100.000 euro a 130.000 euro;
  • 25% sulle pensioni da 130.001 a 200.000 euro;
  • 30% per coloro che hanno una pensione 200.001 a 350.000 euro;
  • 35% per pensioni da 350.001 a 500.000 euro;
  • 40% per le pensioni da 500.001 euro.

A tali aumenti dovrebbe aggiungersi anche l’effetto della rivalutazione delle pensioni 2022.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi propone il contribuito di solidarietà per contrastare il caro bollette

Non vi sono però ulteriori certezze, infatti il premier Draghi ha proposto un nuovo contributo sulle pensioni di valore superiore a 75.000 euro al fine di agevolare misure volte a contenere i rincari del settore energetico. La norma ha ottenuto l’appoggio di PD, M5S e LEU, mentre  Fratelli d’Italia, Italia Viva e Lega hanno fatto opposizione. La proposta non ha avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri.

Sarebbe d’altronde abbastanza strano approvare una norma che amplia addirittura la platea di coloro che dovrebbero partecipare al contributo di solidarietà, infatti la proposta bocciata prevedeva un abbassamento della soglia da 100.000 euro a 75.000 euro. Dal punto di vista della legittimità non dovrebbero esservi problemi perché non si tratterebbe di un’estensione del contributo “bocciato” dalla Corte, ma di un nuovo contributo. L’ipotesi allo studio dovrebbe prevedere il congelamento del taglio dell’IRPEF per i pensionati che percepiscono più di 75.000 euro e dovrebbe generare un importo di 248 milioni di euro. Sicuramente tale contributo avrebbe comunque destato molti malumori perché ci sarebbe una fascia di cittadini di fatto non ammessa a godere del taglio delle imposte.

Approvata la nuova Legge di Bilancio

Lunedì 16 ottobre è stata approvata dal Consiglio dei Ministri la Legge di Bilancio, che prevede, tra le altre cose, un pacchetto lavoro piuttosto ampio, compreso di sgravi contributivi per le assunzioni dei giovani, anche se la misura, in questo caso, è abbastanza complessa.

In questo caso, infatti, è previsto uno sgravio del 50% per tre anni sulle assunzioni a tempo indeterminato dei giovani, con un limite di età di 34 anni per il solo 2018, poi si tornerà ai precedenti 29 anni. Il beneficio è invece al 100% per le assunzioni nel Sud.
Per entrambi i casi, il tetto massimo è di 3250 euro, ma potrebbe essere innalzato a 4mila.

Per quanto riguarda gli incentivi per la formazione on the job, è previsto un credito d’imposta al 50%, su un tetto di spesa di 1 milione di euro. Verrà applicato in base agli accordi di secondo livello e riguarderà l’intera spesa in formazione 4.0 sostenuta dall’azienda.

E’ stato poi prorogato al 2018 il superammortamento investimenti in beni strumentali, che però scende al 130%, mentre resterà al 140% l’agevolazione limitatamente all’acquisto di software. Resta invece al 250% l’iperammortamento, che riguarda gli investimenti in macchinari digitali.

Continuano le misure che agevolano le donne, con uno sconto di sei mesi per ogni figlio sul requisito contributivo, fino ad un massimo di due anni.

Non si esclude l’ammissione al beneficio dei disoccupati rimasti involontariamente senza lavoro per scadenza del contratto a termine. Non c’è, invece, lo stop agli incrementi automatici delle aspettative di vita dal 2019, che era una delle richieste dei sindacati in sede di negoziato sulla fase due della Riforma Pensioni.

Prorogati anche gli incentivi per la ristrutturazione edilizia e la riqualificazione energetica, che rimangono rispettivamente al 65 e al 60%, con una rimodulazione per quanto riguarda alcune operazioni ammesse all’ecobonus (che scendono al 50%). Introdotto un bonus verde del 36% per la riqualificazione di giardini, terrazzi, aree verdi private.

Vera MORETTI