Bonus mobili e sgravi Irpef collegati anche nella legge di Stabilità 2016

Per la gioia di tanti italiani che, nonostante tutto, non smettono di credere e di investire nella propria casa, i bonus mobili, ristrutturazione e risparmio energetico saranno confermati nella legge di Stabilità 2016.

Nella sua visita allo stand di FederlegnoArredo al meeting di Rimini, il presidente del Consiglio Renzi ha avuto modo di confermare al presidente Snaidero il rinnovo del provvedimento anche per il prossimo anno, aprendo a nuove misure a favore delle giovani coppie. Riconfermati quindi nel 2016 gli sgravi Irpef del 50% e del 65% per i lavori di ristrutturazione e risparmio energetico e il cosiddetto bonus mobili.

Una conferma indiretta era arrivata già dal ministro delle infrastrutture Graziano Delrio, il quale in una intervista al Sole 24 Ore aveva dichiarato: “Se lo strumento ha funzionato, sarebbe sbagliato non utilizzarlo al meglio“.

Oltre alla riconferma dei bonus, le ipotesi che circolavano erano l’estensione dei crediti d’imposta anche agli alloggi popolari pubblici, e l’estensione del bonus mobili anche per gli inquilini in affitto, specialmente guardando ai giovani che scelgono spesso la locazione come prima soluzione una volta usciti dalla casa dei genitori.

Modifiche Irap dalla Legge di Stabilità 2015

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato, in una circolare datata 9 giugno, alcuni chiarimenti relativi alle modifiche apportate alla disciplina Irap dalla Legge di Stabilità 2015.

Nel dettaglio, è stato deciso che:

  • l’inserimento nell’articolo 11 del decreto IRAP, ai sensi del quale, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, si considerano deducibili, agli effetti dell’IRAP, le spese sostenute in relazione al personale dipendente impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato dai soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del decreto IRAP;
  • il riconoscimento, per i medesimi soggetti, che non impiegano lavoratori dipendenti , di un credito d’imposta stabilito in misura pari al dieci per cento [10%] dell’IRAP lorda. Per espressa previsione di legge, il credito in esame è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a partire dall’anno di presentazione della corrispondente dichiarazione. I termini di decorrenza della previsione in esame sono analoghi a quelli previsti per la misura di cui al punto precedente;
  • l’abrogazione dell’articolo 2, commi 1 e 4, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, che stabiliva la riduzione delle aliquote IRAP, di cui all’articolo 16, commi 1, 1-bis), lettere a), b), c) e all’articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013. Gli effetti dell’abrogazione decorrono dall’entrata in vigore della norma, divenuta pertanto inefficace ab origine. Sono, tuttavia, salvaguardati i comportamenti di quanti hanno determinato l’acconto relativo al periodo d’imposta 2014 secondo il criterio previsionale, di cui all’articolo 4 del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154;
  • la modifica dell’articolo 2, comma 1, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, con l’inserimento della nuova deduzione, di cui all’articolo 11, comma 4-octies) del decreto IRAP tra quelle da scomputare nel calcolo dell’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione netta, ai fini della determinazione dell’IRAP deducibile dalle imposte sui redditi. Ciò in quanto la deducibilità integrale delle spese per il personale impiegato a tempo indeterminato riduce l’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione e con essa la quota di IRAP ammessa in deduzione dalle imposte sui redditi.

Vera MORETTI

Istruzioni per la rivalutazione del valore dei terreni

Con la Legge di Stabilità 2015 si sono riaperti i termini per la rivalutazione del valore dei terreni e delle partecipazioni posseduti alla data dell’1 gennaio 2015. La rivalutazione permette di ridurre o annullare la plusvalenza tassabile in caso di cessione dei beni.

Per perfezionare la rivalutazione occorre far redigere entro oggi 30 giugno 2015 una perizia di stima giurata dei beni che si intendono rivalutare; inoltre, bisogna versare l’imposta sostitutiva in un’unica soluzione o come prima rata di 3 rate annuali di pari importo.

L’aliquota dell’imposta sostitutiva è raddoppiata rispetto a quella utilizzata finora con le precedenti rivalutazioni, ed ammonta al:

  • 4% per le partecipazioni non qualificate;
  • 8% per le partecipazioni qualificate e i terreni.

Possono essere oggetto di rivalutazione

i terreni edificabili ed i terreni con destinazione agricola posseduti al 1° gennaio 2015 a titolo di:

  • proprietà;
  • usufrutto;
  • superficie;
  • enfiteusi;

le partecipazioni in società non quotate possedute al 1° gennaio 2015 a titolo di:

  • proprietà;
  • usufrutto.

L’imposta sostitutiva deve essere versata o in un‘unica soluzione oppure in tre rate con le seguenti scadenze:

 

  • 1a rata entro il 30/06/2015;
  • 2a rata entro il 30/06/2016 + interessi 3% annui calcolati dal 30/06/2015;
  • 3a rata entro il 30/06/2017 + interessi 3% annui calcolati dal 30/06/2015.

Nella circolare 47/E/2011, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

  • il versamento dell’intera imposta o della prima rata perfeziona la rivalutazione e il contribuente può utilizzare immediatamente il nuovo valore di acquisto per la determinazione della plusvalenza. Se il versamento viene effettuato oltre il termine previsto dalla norma, il valore rideterminato non può essere utilizzato ai fini del calcolo della plusvalenza. In tali casi il contribuente potrà richiedere il rimborso dell’imposta versata;
  • se il contribuente, al momento della determinazione della plusvalenza, non tiene conto del valore rivalutato, non ha diritto al rimborso di quanto versato ed è obbligato, in caso di scelta di pagamento rateale, a corrispondere le rate successive;
  • se il contribuente non versa entro le scadenze previste le rate annuali successive alla 1a (purché la prima rata risulti versata), gli effetti della rivalutazione s’intendono comunque realizzati e gli importi non pagati verranno iscritti a ruolo. In tal caso sarà possibile avvalersi del ravvedimento operoso.

Per il versamento dell’imposta sostitutiva mediante modello F24, restano validi gli stessi codici tributo già utilizzati in occasione di precedenti rivalutazioni, ossia:

  • codice tributo “8055” se il bene oggetto di rivalutazione è rappresentato da partecipazioni
  • codice tributo “8056” se il bene oggetto di rivalutazione è rappresentato da terreni

Come anno di riferimento, nel modello F24, deve essere indicato l’anno “2015”.

Un soggetto che ha già rivalutato in passato un terreno o una partecipazione e che ne è ancora in suo possesso, potrebbe avere interesse ad effettuare una nuova rivalutazione. In tal caso, è possibile scomputare dall’importo dovuto quanto versato con la precedente rivalutazione, oppure chiedere a rimborso l’imposta sostitutiva già pagata purché quanto chiesto a rimborso non ecceda quanto dovuto a titolo di imposta sostitutiva per la nuova rivalutazione.

Pertanto, prendendo ad esempio le più recenti disposizioni, un soggetto che abbia già rivalutato un terreno/partecipazione al 1° gennaio 2014, e intenda usufruire della riapertura dei termini al 1° gennaio 2015, può in alternativa:
scomputare dall’imposta dovuta per la nuova rivalutazione quanto versato per la precedente in un’unica soluzione o come prima rata (del 30.06.2014);
versare l’imposta dovuta secondo la nuova rivalutazione e chiedere a rimborso quanto versato per la precedente.

L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che il nuovo valore rivalutato del terreno/partecipazione può essere inferiore a quello risultante dalla perizia relativa alla precedente rivalutazione.

In tal caso, è possibile:

  • scomputare dall’imposta dovuta sulla nuova rivalutazione (all’1.1.2015) quanto versato per la precedente rivalutazione fino a concorrenza della stessa;
  • versare l’imposta sostitutiva dovuta sulla nuova rivalutazione e richiedere a rimborso la precedente.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “l’importo del rimborso non può essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata”, scomputando dalla nuova imposta quanto versato in precedenza, l’eccedenza (la maggior imposta versata con riferimento alla precedente rivalutazione) non risulta rimborsabile.

Poiché l’aliquota dell’imposta sostitutiva è stata raddoppiata con la Legge di stabilità 2015, l’utilizzo della rivalutazione al 1° gennaio 2015, finalizzata ad una rivalutazione al “ribasso” comporta in molti casi l’obbligo di versare un ulteriore importo di imposta sostitutiva.

I dati relativi alla rivalutazione di terreni e partecipazioni devono essere anche indicati nel modello Unico, in particolare nei quadri RM ed RT. L’omessa compilazione di tali quadri non pregiudica gli effetti della rivalutazione, che resta quindi valida.
L’omissione costituisce violazione formale ed è soggetta a sanzione, compresa tra 258,00 Euro e 2.065,00 Euro.

Vera MORETTI

Agevolazioni per le Pmi che anticipano il Tfr

Sono previste nuove agevolazioni per le pmi che scelgono di effettuare l’anticipo del TFR ai dipendenti ricorrendo ad un finanziamento bancario, come da decreto 65/2015 del governo.
In questo caso, le agevolazioni corrispondono a ulteriori garanzie sul prestito e sconti sulle imposte di bollo.

Queste novità si trovano nell’articolo 7 del decreto e modificano alcuni punti della Legge di Stabilità 2015 che riguardano l’anticipo TFR.
Si tratta del meccanismo in base al quale i dipendenti assunti da almeno sei mesi possono chiedere l’anticipazione della quota maturanda di TFR dal 2015 al 2018, con una scelta che una volta effettuata è irrevocabile per l’intero triennio.

La legge prevede che le imprese fino a 50 dipendenti possano ricorrere a un finanziamento bancario, con condizioni agevolate che evitano l’impatto negativo sulla liquidità.

Alle garanzie già previste per questo finanziamento si aggiunge un ulteriore garanzia sul finanziamento, aggiuntiva rispetto a quella già prevista dal Testo Unico Bancario, che rende l’operazione meno rischiosa.
E’ anche previsto che tutte le operazioni connesse a questo finanziamento sull’anticipo TFR siano esenti da imposte di registro, di bollo e da ogni altra tassa indiretta, tributo o diritto. Quindi, per l’azienda il finanziamento non appesantisce in alcun modo i conti.

Vera MORETTI

Jobs Act, legge di stabilità, partite Iva… che caos

Jobs Act e legge di stabilità, come era logico prevedere, hanno lasciato più amarezza e gente scontenta che facce sorridenti, un po’ in tutte le categorie professionali. I due decreti attuativi, comunque, costituiscono due atti importanti che non sono sfuggiti all’analisi degli addetti ai lavori.

Nello specifico, i consulenti del lavoro hanno trovato pane per i loro denti, tanto che l’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese e l’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro – Unione Provinciale (Ancl-up) di Varese hanno dedicato un approfondimento a Jobs Act e legge di stabilità, come testimoniano le parole dei due presidenti, Vera Stigliano per l’Ordine e Ferdinando Butto per Ancl-up Varese.

Con occhio tecnico – sostiene Stigliano -, dico subito che siamo solo all’inizio e che il dettato normativo, ancora una volta ambiguo e lacunoso, non fa che ostacolare la certezza e l’applicazione dei pochi strumenti messi in campo. Confesso che se il fine è ridare impulso all’economia, sostenere le imprese che assumono, ridurre la burocrazia, rendere credibile la giustizia e i suoi tempi, livellare le disparità, da questi due decreti rileviamo che le novità sono un ‘restyling’ degli ammortizzatori sociali e un correttivo al sistema dei licenziamenti e, francamente, questo ‘nonsense’ ci spiazza non poco”.

Dello stesso parere su Jobs Act e legge di stabilità è anche Butto, che precisa: “Ancora una volta un ‘pasticcio all’italiana’, dove chi scrive le norme non è sicuramente chi opera sul campo e soprattutto lo si fa sempre più in maniera poco chiara e con conseguenze che danno adito solo a varie interpretazioni. La legge di stabilità in sintesi consoliderà molti contratti a tempo determinato, creerà nell’immediato e magari per tutto quest’anno nuovi posti di lavoro, ma alla scadenza dei tre anni, se l’economia non dovesse ripartire, i datori di lavoro saranno costretti a licenziare anche chi è stato assunto a tempo indeterminato, generando ulteriore contenzioso. Ovviamente il Governo si è occupato dei lavoratori futuri e non di quelli presenti”.

Un disinteresse per i lavoratori presenti cui Butto guarda con preoccupazione tanto quanto al fenomeno delle cosiddette “false partite Iva”: “Cosa dire dei giovani, troppo onerosi da assumere come lavoratori subordinati e quindi obbligati ad iscriversi e ad aprire partita Iva per entrare nel mondo del lavoro – prosegue infatti -. La legislazione ha concesso fino ad ora la possibilità di iscriversi come Contribuenti Minimi e la Legge di Stabilità ne ha modificato i parametri. I contribuenti minimi, ora ex, diventano i nuovi forfettari che con la nuova normativa saranno ulteriormente penalizzati. Con l’aumento dell’aliquota sostitutiva dal 5% al 15% e dell’aliquota Inps al 30,72%, i ricavi verranno dimezzati passando da 30mila euro a 15mila euro l’anno. La logica conclusione è che con questa tassazione non riusciranno più ad essere competitivi e saranno costretti ad applicare tariffe più alte per sopravvivere, con la conseguente perdita di lavoro e clienti. Bamboccioni o vittime delle tassazioni?”.

Come si vede, l’autogol sul regime dei minimi preoccupa anche i consulenti del lavoro. Per un Jobs Act che pare abbia mantenuto molto meno di quanto avesse promesso.

Partite Iva, pioggia di bombe su Renzi

Le partite Iva sono quelle che, forse, il premier Matteo Renzi si sarebbe aspettato come ultime dei nemici. E invece, dopo gli scivoloni a ripetizione del governo su professionisti, lavoratori autonomi e partite Iva, ecco che contro il presidente del Consiglio scatta il loro fuoco incrociato.

Dopo le ripetute prese di posizione delle diverse associazioni professionali all’indomani dell’approvazione della legge di stabilità che ha fatto strage di diritti e speranze delle partite Iva, in questi giorni tornano alla carica Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione.

Dopo il trattamento riservato al lavoro autonomo professionale dal Governo – attaccano in una nota le tre associazioni di professionisti e partite Ivae dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Renzi di una pronta marcia indietro ancora una volta siamo in attesa che alle parole seguano i fatti. È urgente che il Governo sostenga in Parlamento gli emendamenti al Milleproroghe che prevedono il blocco dell’aumento dell’aliquota della gestione separata Inps e subito dopo metta mano al regime dei minimi e si dedichi a una riforma organica del lavoro autonomo e professionale che preveda il riconoscimento di un’effettiva tutela della malattia e fissi l’aliquota previdenziale al 24% come già previsto per artigiani e commercianti”.

Poi la provocazione: “In assenza di segnali concreti chiederemo a tutti i professionisti, autonomi e freelance di evidenziare esplicitamente nelle fatture che rilasciano ai propri clienti l’aggravio fiscale e contributivo prodotto dalle politiche del Governo. La campagna METTIAMO IN FATTURA IL MALUS RENZI prevede proprio l’indicazione in fattura del “Malus Renzi”, in contrapposizione al bonus 80 euro ben evidenziato nelle buste paga dei lavoratori dipendenti”.

Scateneremo il #VIETNAMDELLEFATTURE”, concludono Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione.

E nemmeno il CoLAP resta a guardare. Dopo che nei giorni scorsi aveva lanciato l’ultima chiamata per il governo da parte delle partite Iva, ora presenta un emendamento al Milleproroghe per bloccare l’aliquota contributiva Inps Gs per i professionisti e le partite Iva esclusiva al 27 % anche per l’anno 2015.

Il CoLAP, riconoscendo il valore del carattere contributivo del nostro sistema pensionistico non chiede l’abbassamento dell’ aliquota, ma la stabilizzazione al 27%, percentuale ragionevole per garantire non solo la sostenibilità della pensione ma anche della vita attuale.

Tutti si sono cosparsi il capo di cenere dopo le ingiustizie inflitte alle partite Iva nella legge di stabilità – dice Emiliana Alessandrucci Presidente del CoLAP -; ora dopo il pentimento è il momento della correzione; si può infatti rimediare, almeno parzialmente, alle vessazioni inflitte ai lavoratori autonomi. Il CoLAP ha presentato un emendamento che prorogherebbe il blocco dell’aliquota contributiva INPS GS al 27% per i professionisti a partita iva esclusiva per tutto il 2015”.

Ma questo non risolve il problema – conclude -, è un provvedimento che da solo non serve, per questo chiediamo il blocco per il 2015 e l’apertura immediata di un tavolo per la costruzione di una proposta; siamo stanchi di trovarci sempre a discutere delle stesse cose! Ci toglie energie, ci ruba tempo e ci riduce opportunità. Non esistono motivi che possano bloccare la nostra, abbiamo segnali importanti che l’emendamento verrà presentato ora però deve anche essere approvato”.

Insomma, se già non lo ha fatto, Matteo Renzi prepari la contraerea: i bombardamenti delle partite Iva sono solo all’inizio.

Il CoLAP contro la legge di stabilità

Anche il CoLAP si scaglia contro la legge di stabilità nella versione approvata al Senato. Nonostante le promesse e i molteplici appelli, dice il CoLAP, non ha bloccato l’aumento dei contributi alla gestione separata dell’Inps per le partite Iva esclusive; ha dato via agli aumenti decisi dall’allora governo Monti e ha enormemente peggiorato, per i soli professionisti, il regime dei minimi (che, lo ricordiamo, fino al 2014 prevede 30mila euro di soglia e 5% di imposta mista, mentre dal 2015 passerà a 15mila euro di soglia e 15% di imposta mista).

La legge di stabilità – dice Emiliana Alessandrucci, presidente del CoLAPalloca risorse prendendole dalle tasche dei nostri professionisti; siamo ancora i più vessati, i più discriminati, i più tassati. Questo atteggiamento verso le partite Iva avrà effetti negativi sui redditi dei nostri professionisti che sono già sulla soglia della povertà (18mila euro reddito lordo annuo!), incentiverà il sommerso e lo sfruttamento dei giovani e delle donne”.

Chiediamo – incalza Alessandrucciche venga immediatamente aperto un tavolo di proposte e confronto al fine di valorizzare il lavoro autonomo ed eliminare questi ingiustificati comportamenti discriminatori tra chi lavora in forma dipendente e chi si costruisce il lavoro giorno per giorno investendo, affrontando la crisi e spesso creando occupazione”.

Conclusione amara quella del presidente del CoLAP: “Il popolo delle partite Iva aveva creduto che il trend del Governo che ha fatto del nuovo e dell’innovazione una bandiera, avesse segnato un cambio di passo; arriva in ritardo la dichiarazione di Renzi di attenzione al lavoro autonomo, quando avevamo due  occasioni pratiche per supportare questo mondo. E’ difficile comprende perché mentre a parole il governo dichiara di voler puntare su giovani, sulle competenze e sulla qualificazione professionale, alla luce dei fatti finisce per penalizzare proprio uno dei comparti più giovani, innovativi e dinamici del mercato del lavoro italiano. Ci aspettiamo una convocazione a gennaio perché abbiamo intenzione di collaborare seriamente alla ristrutturazione e al potenziamento del nostro comparto, con un approccio propositivo e collaborativo lontano da rivendicazioni e ostruzionismo che mai hanno rappresentato il nostro modo di fare e pensare alla politica”.

Partite Iva, Renzi, sveglia!

 

Ormai è evidente che il premier Matteo Renzi si è accorto di averla fatta fuori dal vaso, come si suol dire. Le partite Iva sono le grandi dimenticate della legge di stabilità da poco approvata. E. oltre che dimenticate dal governo, sono spremute dal Fisco e dall’Inps e si devono pure beccare la fregatura del nuovo e svantaggiosissimo regime dei minimi.

Ecco perché Renzi, subissato dalle critiche del popolo delle partite Iva sui mezzi che lui stesso ama tanto, Facebook e Twitter, ha fatto capire che qualcosa va sistemato: “Nei prossimi mesi un provvedimento ad hoc sul mondo dei giovani professionisti – ha detto durante una intervista radiofonica -. Un intervento correttivo sulle partite Iva è sacrosanto e me ne assumo la responsabilità. […] La legge di stabilità ha dei limiti e di questo ne sono consapevole io per primo. Però non è tutta da buttare, per i commercianti e gli artigiani c’è molto. […] Sulle partite Iva c’è un effetto che fa molto arrabbiare nella suddivisione di questi soldi in più. Artigiani e commercianti sono un po’ aiutati mentre per i giovani avvocati e giovani architetti aumenta il peso previdenziale”.

E meno male che Renzi è uno che ha grosso modo la stessa età della maggior parte dei professionisti traditi da lui e dal suo governo. E meno male che dovrebbe parlare il loro stesso linguaggio. E meno male che, sulle partite Iva, si è accorto di averla fatta grossa. Da qui a rimediare ce ne passa, ma staremo a vedere.

È ovvio che quando si redige una legge di stabilità è impossibile accontentare tutti, come spesso accade nella vita. Peccato però che gli scontenti siano sempre gli stessi, con l’aggravante che questi scontenti sono quelli che si fanno il mazzo dalla mattina alla sera per vedersi massacrati di tasse e di burocrazia; quelli che non hanno tutele previdenziali né sindacali e per i quali malattia o perdita di lavoro sono sinonimo di fine dei giochi, game over; quelli che tirano la carretta, sono tritati dal fisco e, beffa delle beffe, additati come evasori e nemici della civile convivenza sociale. Che tutto questo sia sinonimo di partite Iva è chiaro; che nessun governo faccia nulla di concreto per cambiare le cose è grave. Matteo, #staisereno ma datti una mossa: le partite Iva hanno memoria lunga, fiato corto e palle piene.

Regime dei minimi e “bancomat dello Stato”

Più o meno tutte le associazioni professionali e quelle di lavoratori a partita Iva sono in rivolta per la riforma del regime dei minimi ma, grazie al fatto di non avere né santi in paradiso né sindacalisti al posto giusto, non possono decidere di abbassare la saracinesca e indire un inutile sciopero generale come fanno gli stratutelati lavoratori dipendenti. E allora?

E allora minacciano “proteste non convenzionali“, qualora non ci fossero cambiamenti al Senato nel testo della legge di stabilità, a partire proprio dal nuovo regime dei minimi. Le parole sono di Acta, Confassociazioni e Alta partecipazione, ovvero le principali organizzazioni di categoria di consulenti, autonomi, free lance e professionisti.

Dopo la delusione alla Camera, dove il cosiddetto emendamento Zanetti che avrebbe rivisto in meglio alcuni aspetti è stato bocciato, Acta, Confassociazioni e Alta partecipazione rivendicano “il blocco dell’aumento dell’aliquota contributiva per le partite Iva iscritte alla gestione separata”, per evitare che siano “spinte fuori dal mercato del lavoro centinaia di migliaia di freelance, professionisti e lavoratori della conoscenza”.

Le associazioni, infatti, sottolineano come il proposito che ha mosso il governo nella riforma del regime dei minimi (ossia ampliare il numero di quanti potrebbero accedervi) rischia di diventare un boomerang: La somma della revisione dei minimi (che per autonomi e professionisti comporta una stretta sui ricavi e un incremento del prelievo fiscale) e della ennesima crescita dell’aliquota previdenziale – scrivono in un appello online renderà ancora più insostenibile la vita di autonomi e professionisti. Nel momento in cui si stanziano risorse per dipendenti (80 euro), imprese (irap), artigiani e commercianti (minimi + Inps), è paradossale che il lavoro autonomo e professionale divenga il bancomat dello Stato, spingendo sotto la soglia della povertà intere generazioni di lavoratori indipendenti”.

Se non altro, un ordine del giorno a firma Misiani, Gribaudo, Bonomo e Anna Ascani ha bloccato per il 2015 l’aumento dell’aliquota contributiva per i lavoratori iscritti alla gestione separata INPS, che avrebbe toccato il 33,72% nel 2019. Ma il rischio che nei prossimi anni questa aliquota ancora rimane. Perché dopotutto, per far funzionare il “bancomat dello Stato”, da qualche parte i soldi bisogna metterceli, a partire dal regime dei minimi

Assocalzaturifici plaude alla Legge di Stabilità

Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici ha commentato positivamente il DDL Stabilità per il 2015, in sintonia con l’analisi di Confindustria, cui Assocalzaturifici appartiene.

Vediamo nel Disegno di Legge di Stabilità per il 2015 – ha detto Sagripantialcune importanti misure a sostegno dell’economia reale e delle nostre eccellenze manifatturiere. Come ha già evidenziato il presidente di Confindustria Squinzi, si sta delineando una giusta direzione per cercare di agganciare la ripresa, dando priorità al taglio del costo del lavoro e alla competitività. Siamo però ancora in piena sintonia con Squinzi nel sottolineare alcuni punti di criticità, legati all’aumento dell’aliquota IRAP, alla mancanza di un piano organico di investimenti pubblici e soprattutto alla promozione del made in Italy. Il sostegno all’internazionalizzazione è essenziale in un momento come questo, segnato da una difficile situazione su un mercato di riferimento come quello russo, che impone la necessità di ricercare nuovi sbocchi per recuperare il terreno perso. La decisione di eliminare dalla legge di stabilità 130 milioni di fondi destinati al made in Italy e all’ICE non potrà quindi che segnare negativamente sulle sorti delle nostre aziende all’estero”.

Secondo Assocalzaturifici, per rilanciare l’economia reale è certamente necessario agire sul taglio del costo del lavoro, dove si stati incisivi attraverso le misure su IRAP e contributi sociali sui nuovi assunti, anche se la retroattività dell’aumento dell’aliquota potrebbe incidere negativamente sugli investimenti. Ma, secondo Assocalzaturifici, servono anche una iniezione di liquidità nell’economia, ancora di là da venire, e un aumento importante degli investimenti pubblici, soprattutto su innovazione e ricerca.

Il Disegno di legge dà finalmente un segnale di discontinuità, virando con decisione verso gli obiettivi prioritari di crescita e lavoro – ha concluso Sagripanti -. Resta però ancora molto da fare per ridare pienamente fiducia all’economia e crediamo fortemente che si debba ripartire dalla difesa delle nostre filiere d’eccellenza”.