Riforma Irpef lavoratori autonomi: quali partite Iva ci guadagnano di più?

La riforma fiscale, con il taglio delle aliquote Irpef contenuto nella legge di Bilancio 2022, produrrà determinati vantaggi anche ai lavoratori autonomi e alle partite Iva. Nonostante la revisione fiscale, in ogni modo, permane il divario di trattamento ai fini delle imposte tra i lavoratori dipendenti e quelli autonomi a parità di reddito prodotto. Il peso fiscale continua a risultare diverso. Tuttavia, anche tra le partite Iva vi sono differenze di imposizione fiscale: i maggiori vantaggi si hanno in corrispondenza di redditi medio-alti, più elevati rispetto a quelli dei lavoratori dipendenti. In più, tra i divari fiscali, pesa la possibilità o meno per le partite Iva di optare per il regime forfettario con aliquote del 5% e del 15% fisse.

Lavoratori autonomi e partite Iva: la revisione e il taglio delle aliquote Irpef

Pure i lavoratori dipendenti e le partite Iva beneficeranno della riforma fiscale, del taglio delle aliquote Irpef e della revisione degli scaglioni di reddito. In primis per l’allargamento della no tax area che sale dai 4.800 euro ai 5.500 euro. Nella revisione delle aliquote Irpef, il taglio avviene per il secondo e il terzo scaglione che passano, rispettivamente, dal 27% al 25% (per redditi da 15.001 a 28.000 euro) e dal 38% al 35% (per redditi da 28.001 euro a 50.000 euro). Il quarto e il quinto scaglione risultano unificati dall’aliquota Irpef del 43% applicata ai redditi oltre i 50 mila euro. Per i redditi fino a 15 mila euro è stata confermata l’aliquota del 23%.

Detrazioni partite Iva a lavoratori autonomi con la riforma Irpef 2022

In merito alle detrazioni, la riforma del Fisco sui redditi delle partite Iva e dei lavoratori autonomi prevede l’incremento delle detrazioni di cui al comma 5, dell’articolo 13, del Testo unico imposte sui redditi (Tuir). Le detrazioni si applicano ai redditi da lavoro autonomo prodotti fino al limite dei 50 mila euro. Inoltre, è prevista dalla legge di Bilancio 2022 la novità di una micro detrazione aggiuntiva corrispondente a 50 euro per i lavoratori autonomi compresi nella fascia di reddito da 11.001 a 17 mila euro. Questa ulteriore detrazione ha la finalità di premiare i redditi delle partite Iva che non beneficiano di altre misure contenute nella riforma fiscale.

Riforma fiscale Irpef per partite Iva e lavoratori autonomi: chi ci guadagna di più?

In valori assoluti, la riduzione delle aliquote Irpef e le detrazioni producono il maggior beneficio fiscale in corrispondenza dei redditi di 50 mila euro. Il totale degli interventi producono risparmi in termini fiscali di 810 euro per il 2022 rispetto allo scorso anno. Più nel complesso, le detrazioni e le riduzioni delle aliquote Irpef producono i maggiori vantaggi fiscali per redditi da 45 mila a 60 mila euro. Il risparmio fiscale si attesta tra 664 euro e 670 euro nel 2022 rispetto al 2021.

Taglio Irpef nella riforma fiscale: quali sono i maggiori risparmi per le partite Iva e i lavoratori autonomi?

Rispetto al 2021, i risparmi fiscali derivanti dalla revisione delle aliquote Irpef e dalle detrazioni della riforma fiscale saranno nell’ordine di:

  • 146 euro per redditi fino a 8 mila euro (imposta netta 2021 pari a 806 euro rispetto ai 660 euro del 2022);
  • 122 euro per redditi di 10 mila euro (imposta netta 2021 pari a 1.310 euro rispetto ai 1.188 euro del 2022);
  • 148 euro per redditi di 12 mila euro (imposta netta 2021 pari a 1.814 euro rispetto ai 1.666 euro del 2022);
  • 74 euro per i rediti di 14 mila euro (imposta netta 2021 pari a 2.318 euro rispetto ai 2.244 euro del 2022);
  • 270 euro per i redditi a partire da 75 mila euro.

 

Quali professionisti possono apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali

Ai fini della corretta applicazione delle norme tributarie, il visto di conformità che viene apposto sulle dichiarazioni fiscali è importante ai fini non solo degli adempimenti. Ma anche, per esempio, al fine di accedere ai bonus edilizi. Vediamo allora, nel dettaglio, quali professionisti, essendo abilitati, possono apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali dei contribuenti.

Visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali, ecco come i professionisti devono chiedere l’abilitazione

I professionisti, al fine di poter apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali, sono chiamati a presentare un’apposita dichiarazione all’Agenzia delle Entrate. Precisamente, una comunicazione alla Direzione regionale del Fisco che è competente per territorio. Ovverosia, in base al proprio domicilio fiscale.

Per la presentazione della dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate sul proprio sito Internet mette a disposizione per i professionisti i modelli fac-simile sia per la comunicazione, sia per la dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Inoltre, rispetto a quanto viene indicato nella dichiarazione stessa, presentata alla Direzione regionale del Fisco competente per territorio, il professionista è chiamato poi a comunicare l’eventuale variazione di dati entro e non oltre 30 giorni dalla data in cui le variazioni stesse si verificano.

Come trovare un professionista che sia abilitato all’apposizione del visto di conformità

Per i contribuenti, inoltre, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione online, sul proprio sito Internet, il servizio che è finalizzato proprio alla ricerca dei professionisti che, avendo presentato apposita dichiarazione, sono stati abilitati dall’Amministrazione finanziaria dello Stato all’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali.

Il servizio, in particolare, non è altro che un motore di ricerca che si può interrogare selezionando la regione, la provincia e poi il comune di interesse. Si può inoltre indicare pure il cognome del professionista, mentre l’inserimento del nome è sempre facoltativo.

Quali sono i soggetti che, regolarmente abilitati, possono apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali dei contribuenti

Regolarmente abilitati, i soggetti che possono apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali dei contribuenti spaziano dai professionisti che sono iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro ai professionisti che sono iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Ma anche i responsabili dell’assistenza fiscale (RAF) dei Centri di Assistenza Fiscale (CAF).

E lo stesso dicasi, si legge altresì sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, per tutti i soggetti che sono iscritti nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub categoria tributi. Questi soggetti, inoltre, devono essere in possesso diploma di ragioneria, di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio, oppure essere in possesso di titoli equipollenti.

Partita Iva regime forfettario: chiusura e riapertura dopo un anno, si perde l’aliquota del 5%?

La chiusura e la riapertura della partita Iva a regime forfettario può far perdere l’aliquota vantaggiosa del 5% per i primi cinque anni di attività del regime forfettario? La risposta è positiva, ovvero dovrà essere applicata l’aliquota della flat tax al 15%, se non dovessero essere rispettate determinate condizioni.

Partita Iva a regime forfettario con aliquota del 5%: i riferimenti normativi

Per verificare la continuità dell’aliquota del 5% del regime forfettario di partita Iva è necessario rifarsi a quanto previsto dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014. Il decreto è stato poi modificato dall’articolo 1 della legge numero 145 del 30 dicembre 2018. L’articolo 65, infatti, specifica che, “al fine di favorire l’avvio di nuove attività, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, l’aliquota di cui al comma 64 è stabilita nella misura del 5 per cento”.

Quali sono le condizioni per beneficiare dell’aliquota del 5% per le partite Iva a regime forfettario?

Affinché si possa applicare l’aliquota del 5% sui redditi delle partite Iva a regime forfettario è necessario che si verifichino tre condizioni:

  • il contribuente deve aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d’impresa. Tali attività non devono essere state svolte neanche in forma associata o familiare;
  • l’attività da esercitare non deve costituire, in alcun modo, la mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo. Rimane escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non deve essere superiore al limite di cui al comma 54. Tale condizione è richiesta qualora il lavoratore autonomo prosegua un’attività svolta in precedenza da altro soggetto.

Caso di chiusura e di riapertura della partita Iva a regime forfettario

La chiusura e la riapertura di una partita Iva a regime forfettario potrebbe precludere l’applicazione dell’aliquota vantaggiosa del 5%. E questa condizione potrebbe verificarsi anche all’interno dei primi cinque anni di attività. Prendiamo ad esempio un professionista che, nel 2017, ha avviato un’attività autonoma aderendo alla partita Iva a regime forfettario e applicazione dell’aliquota del 5%. Ammettiamo che il professionista abbia chiuso la partita Iva a regime forfettario nel 2020 per poi decidere di riaprirla nel 2021. Il professionista procede alla riapertura della partita Iva, a regime forfettario e sempre come libero professionista, ma con un codice Ateco diverso.

Partita Iva a regime forfettario, quando si applica l’aliquota vantaggiosa del 5%?

Nel caso in esame il libero professionista, nel momento in cui riapre la partita Iva a regime forfettario, potrebbe continuare a beneficiare dell’aliquota del 5% non avendo ancora terminato i 5 anni di “start up” della prima apertura di partita Iva? Oppure rimarrebbe obbligato all’aliquota normale di flat tax del 15%? Per rispondere a questo quesito è necessario dunque rifarsi a quanto specificato dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014. E dunque alle condizioni poste dalla norma per poter beneficiare (o continuare a beneficiare) dell’aliquota del 5%.

Partita Iva forfettaria al 5%, le condizioni poste dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014

Non considerando in questo caso l’ultima opzione del comma 65, è necessario verificare le prime due opzioni. In particolare, il professionista con partita Iva a regime forfetario è subordinato alla condizione che non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti, un’altra attività di impresa o di lavoro autonomo. Allo stesso modo, è necessario che la nuova attività (con partita Iva di diverso codice Ateco) non si configuri come mera prosecuzione dell’attività svolta in precedenza, sia come lavoratore autonomo che come dipendente.

Quando non si può più beneficiare dell’aliquota del 5% della partita Iva forfettaria dei primi cinque anni?

Nel caso del professionista, le condizioni non sono tali da poter riprendere ad applicare l’aliquota del 5%. Infatti, con la riapertura della partita Iva a regime forfettario, non risulterebbe verificata la prima opzione posta dalla norma. Ovvero, quella secondo la quale la partita Iva non deve aver esercitato un’altra attività di impresa o di lavoro autonomo. Pur rientrando nei 5 anni di start up dall’apertura della partita Iva nel 2017, la chiusura della stessa nel 2020 determinerebbe l’impossibilità di poter beneficiare, di nuovo, dell’aliquota del 5% in riferimento alla nuova attività.

Pos, dal 1° gennaio 2022 sanzioni a chi nega i pagamenti elettronici

Ritornano le sanzioni per i commercianti e professionisti che negano il pagamento con il Pos. La nuova stretta arriva dal decreto di attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) che rilancia la lotta all’evasione fiscale attraverso i pagamenti elettronici. Il provvedimento porta la firma di Roberto Pella di Forza Italia e di Gian Pietro Dal Moro del Pd ed è stato approvato nella giornata del 13 dicembre alla Commissione Bilancio della Camera.

Commercianti e professionisti dal 1° gennaio 2022 sono obbligati ad accettare i pagamenti elettronici

In base al provvedimento normativo, dal 1° gennaio 2022 arriveranno sanzioni per i commercianti e per i professionisti che non accetteranno i pagamenti con carta di credito o con il bancomat. I pagamenti saranno relativi, dunque, sia per la vendita di beni che per la prestazione di servizi professionali.

Come si calcola l’importo della sanzione se non si accetta il pagamento con il Pos?

La sanzione amministrativa per i commercianti e i professionisti che dovessero rifiutare il pagamento elettronico sarà di 30 euro più il 4% dell’importo della vendita o del valore della prestazione. Si tratta di un provvedimento chiave nella lotta all’evasione fiscale. Peraltro, come specificato nell’emendamento, il commerciante e il professionista sono obbligati ad accettare almeno una tipologia di carta di credito o di carta di debito. Altri provvedimenti sono attesi anche per quanto riguarda il mancato rilascio dello scontrino o della fattura.

Lotta all’evasione fiscale come obiettivo del Pnrr

La lotta all’evasione fiscale rappresenta uno degli obiettivi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Tra gli indicatori presi in esame a livello europeo per il rispetto del Piano, si fa riferimento al “tax gap”, ovvero alla quota del gettito che lo Stato non riesce a incassare a causa proprio dell’evasione fiscale. Sulla base degli ultimi dati disponibili, il tax gap è attualmente al 18,5%, percentuale che è già risultata in calo negli anni dal 2014 al 2019 del 3,6%. Ma il Pnrr chiede altri sforzi per ridurre questa percentuale.

Riduzione del mancato gettito entro il 2024: gli strumenti di lotta all’evasione fiscale

Infatti, tra gli obiettivi del Pnrr in tema di evasione fiscale, sono stati fissate le percentuali di riduzione del tax gap nei prossimi anni. La decurtazione dovrà essere di non meno del 5% entro il 2023 e di non meno del 15% al 2024. Un percorso alla portata del governo che, oltre all’accettazione dei pagamenti tramite la moneta elettronica, ha già individuato altri strumenti per la lotta all’evasione fiscale.

Gli strumenti di lotta all’evasione fiscale che potrebbero essere intensificati nel 2022

Tra questi strumenti che il governo metterà in campo per la lotta all’evasione fiscale rientrano:

  • la precompilata Iva;
  • l’utilizzo dell’anagrafe dei rapporti finanziari;
  • la revisione delle sanzioni per la mancata emissione dello scontrino fiscale;
  • l’accrescimento delle lettere di incentivo per l’adempimento spontaneo.

Su questi quattro strumenti il governo intensificherà il proprio lavoro nei primi sei mesi del nuovo anno.

 

Bonus 4680 euro per chi prende il reddito di cittadinanza e si mette in proprio: per quali attività?

Diventa operativo il bonus di 4680 euro per chi prende il reddito di cittadinanza e si mette in proprio. Si tratta di sei mensilità per un massimo di 780 euro al mese di chi, percependo il reddito di cittadinanza, decide di aprire un negozio, uno studio professionale o una bottega. Sulla misura è intervenuta l’Inps con la recente circolare numero 175 del 2021. Nella comunicazione sono riportate tutte le attività che possono essere avviate con l’aiuto del reddito di cittadinanza, nonché gli esempi di come possa essere percepito il bonus stesso.

Percettori di reddito di cittadinanza, la misura per prendere il bonus per l’autoimpiego

L’incentivo all’autoimpiego con il reddito di cittadinanza è previsto dal comma 4 dell’articolo 8, del decreto legge numero 4 del 2019. È dunque dal decreto istitutivo dello stesso reddito di cittadinanza che è stata prevista anche la possibilità, per i percettori, di poter ricorrere a una misura di aiuto per l’apertura di una nuova attività. L’attuazione è stata decretata con il provvedimento del 12 febbraio 2021, recepito dall’Inps con il messaggio numero 3212 del 2021, che ha dato avvio alle richieste dei percettori del reddito di cittadinanza.

Quando può essere richiesto il bonus per l’autoimprenditorialità del reddito di cittadinanza?

Il bonus per l’autoimprenditorialità si può richiedere nei primi dodici mesi nei quali si fruisce del reddito di cittadinanza. L’importo del bonus è uguale a 6 mensilità del reddito di cittadinanza che si percepisce. Il massimo è corrispondente a 780 euro mensili (da moltiplicare per sei mensilità, dunque 4680 euro). Si può richiedere se, nel periodo indicato, si avvii un’attività autonoma, un’impresa individuale o una società cooperativa.

Il bonus per l’autoimprenditorialità può essere richiesto anche da altri componenti del nucleo familiare?

La risposta è affermativa. Il bonus per l’autoimprenditorialità può essere richiesto anche da altri componenti del nucleo familiare di chi percepisce il reddito di cittadinanza. Sono esclusi i genitori non coniugati e che non convivano nella famiglia. Naturalmente il bonus può essere richiesto per una sola nuova attività avviata dalla famiglia beneficiaria del reddito di cittadinanza.

Quali sono i requisiti per richiedere il bonus per l’autoimprenditorialità del reddito di cittadinanza?

Per presentare domanda del bonus per l’autoimprenditorialità è necessario che, al momento dell’istanza, i componenti il nucleo familiare risultino già fruitori del reddito di cittadinanza. Pertanto, il domandante il bonus, nel momento in cui presenta domanda del contributo, deve far parte del nucleo familiare che già beneficia del reddito di cittadinanza. In alternativa, entro i primi dodici mesi di fruizione del reddito di cittadinanza, il richiedente deve aver iniziato un’attività lavorativa di tipo autonomo o un’impresa individuale. Altra possibilità per il richiedente è che deve aver sottoscritto una quota di capitale sociale in una cooperativa nella quale “il rapporto mutualistico abbia a oggetto la prestazione di attività lavorativa da parte del socio”.

Altri requisiti per la richiesta del bonus dell’autoimpiego del reddito di cittadinanza

Risulta altresì necessario che chi presenta la domanda di bonus all’autoimpiego e percepisca il reddito di cittadinanza, non abbia cessato, nei dodici mesi precedenti la domanda, un’attività lavorativa autonoma o un’impresa individuale o abbia sottoscritto una quota di capitale sociale di una cooperativa. Inoltre, il bonus può essere richiesto una sola volta. Nel caso in cui altri componenti della famiglia abbiano già beneficiato del bonus, la domanda viene respinta.

Quali sono le attività che si possono avviare con il bonus all’autoimpiego del reddito di cittadinanza?

Le attività che si possono avviare con il bonus dell’autoimpiego per i percettori di reddito di cittadinanza sono:

  • l’attività professionale esercitata come liberi professionisti, inclusi gli iscritti alle casse professionali, in quanto risultanti come lavoratori autonomi;
  • avviare un’attività di impresa individuale che può essere di tipo commerciale, agricola o artigiana;
  • sottoscrivere una quota di capitale sociale di una cooperativa purché il rapporto mutualistico abbia a oggetto la prestazione di attività lavorativa da parte del socio;
  • avviare una società unipersonale nella forma di società a responsabilità limitata (Srl), di una società a responsabilità limitata speciale (Srls) o di una società per azioni (Spa);
  • costituendo e entrando nelle società di persone o di capitali, a eccezione del caso in cui chi richiede il bonus all’autoimpiego conferisca con apporti di capitale sociale. In questo caso si può entrare in società in nome collettivo (Snc), società in accomandita semplice (Sas) o in società a responsabilità limitata (Srl).

Quando viene erogato il bonus all’autoimpiego dall’Inps per i percettori del reddito di cittadinanza?

Il bonus all’autoimpiego per i percettori del reddito di cittadinanza viene erogato in un’unica soluzione. Il momento dell’erogazione avviene entro il secondo mese susseguente a quello nel quale sia stata presentata l’istanza. Il pagamento del bonus avviene mediante accredito sul conto corrente. Diventa necessario, pertanto, indicare nella domanda il codice Iban sul quale si voglia l’accredito. Si può ricevere il pagamento anche con il bonifico domiciliato. In questo caso, l’Inps rispetta la soglia massima di importo prevista dalla legge. Se quest’ultima dovesse essere eccedente, l’Inps paga in più rate fino alla concorrenza di quanto spetti.

Come si presenta la domanda all’Inps per il bonus all’autoimpiego?

Per presentare domanda del bonus all’autoimpiego, i percettori del reddito di cittadinanza devono compilare e presentare il modello Com Esteso. Dal momento della presentazione della domanda, scatta il termine per il pagamento. Se la domanda è stata presentata il 30 ottobre scorso, il pagamento avviene entro il 31 dicembre 2021. La domanda è sottoposta a vari controlli tra i quali l’incrocio dei dati inerenti il codice Iban e il codice fiscale di chi proceda con la richiesta del bonus.

Quando viene revocato il bonus all’autoimpiego per i percettori di reddito di cittadinanza?

La domanda del bonus all’autoimpiego può essere anche revocata dall’Inps. In particolare ciò succede quando:

  • l’attività avviata, oggetto del bonus aggiuntivo, cessi prima che siano trascorsi dodici mesi dall’avvio;
  • nel caso in cui il percettore del bonus ceda la propria quota di capitale sociale in una cooperativa, sempre entro i dodici mesi dalla sottoscrizione;
  • se, a seguito di controlli, al beneficiario del bonus venga revocato il reddito di cittadinanza. In automatico, dunque, la revoca del reddito di cittadinanza comporta anche quella del bonus addizionale per l’avvio di un’attività;
  • nei casi di decadenza del reddito di cittadinanza illustrate all’articolo 7 del decreto legge numero 4 del 2019.

 

 

 

Assunzioni Pnrr: le 10 professioni più richieste e quelle con più candidature

Ammontano a 1000 le prime assunzioni dal portale InPa per portare avanti i progetti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Si cercano professionisti che diano attuazione, negli enti locali, ai progetti del Fondo Reccovery. Ad oggi, le candidature per i 1000 posti di professionisti sono 61.666: gli interessati hanno inserito il proprio curriculum professionale sul portale InPa predisposto appositamente dal ministero per la Funzione pubblica di Renato Brunetta.

Professionisti da assumere per i progetti Pnrr, ecco le risorse

Le assunzioni dei 1000 professionisti sono finanziate dal decreto sul Reclutamento numero 80 del 2021. Le risorse complessive ammontano a 320,3 milioni di euro che andranno ai professionisti, esperti in varie discipline, soprattutto per la progettazione e la rendicontazione dei progetti inclusi nel Pnrr. Le Pubbliche amministrazioni cercano soprattutto ingegneri, nello specifico civili, ma anche le altre professionalità come architetti, esperti di contabilità pubblica, amministrativi o di appalti, geologi e informatici sono richieste.

Assunzioni nell’ambito del Pnrr, quanti posti sono previsti per il quinquennio 2022-2026?

La premessa delle assunzioni dei 1000 professionisti che riceveranno un incarico a tempo determinato per portare avanti i progetti del Pnrr è che si tratterà solo del primo step di un reclutamento ben più complessivo. Come specificato più volte dal ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta, i posti disponibili nell’arco dell’intero prossimo quinquennio potrebbero essere centinaia di migliaia. E che la riserva del 40% per chi svolge incarichi per la Pubblica amministrazione potrebbe portare alla stabilizzazione di buona parte dei professionisti.

Bando 1000 assunzioni InPa, quali sono i professionisti più richiesti?

I professionisti più richiesti per le assunzioni InPa sul Piano nazionale per la ripresa e la resilienza sono gli ingeneri. Nelle varie discipline, incamerano il 32,5% dei posti disponibili. Più dettagliatamente, i posti maggiori sono riservati agli ingegneri civili che comprendono anche uno dei numeri più alti in fatto di candidature. La posizione per la quale ci si è candidati di più è quella degli esperti di gestione, seguita dagli architetti, dagli ingegneri civili e dagli esperti amministrativi e giuridici.

Quali sono le 10 professioni più richieste dal Pnrr nel bando di 1000 posti?

Ecco nel dettaglio le 10 professionalità più richieste tra i 1000 posti dei progetti del Pnrr:

  • ingegneri civili per 105 posti;
  • ingegneri ambientali per 94 posti;
  • esperti amministratiti per 83 posti;
  • esperti giuridici per 80 posti;
  • architetti per 79 posti;
  • geologi per 71 posti;
  • esperti di gestione per 66 posti;
  • ingegneri gestionali per 42 posti;
  • ingegneri energetici per 37 posti;
  • esperti digitali e ingegneri delle telecomunicazioni per 29 posti ciascuno.

Quali sono le altre professionalità richieste dal bando Pnrr da 1000 posti?

Tuttavia, sono numerose le altre professionalità richieste nell’ambito del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Eccole nel dettaglio:

  • esperti in edilizia per 27 posti;
  • ingegneri chimici per 24 posti;
  • ingegneri informatici per 24 posti;
  • agronomi per 23 posti;
  • biologi per 22 posti;
  • esperti in ambiente per 22 posti;
  • esperti in contabilità pubblica per 15 posti;
  • chimici e fisici per 13 posti;
  • ingegneri generici per 12 posti;
  • esperti rinnovabili per 12 posti;
  • ingegneri idraulici per 12 posti;
  • esperti gestionali per 12 posti;
  • esperti tecnici in appalti per 9 posti;
  • ingegneri dei trasporti per 6 posti;
  • avvocati esperti in diritto ambientale per 6 posti;
  • esperti informatici per 5 posti;
  • esperti statistici per 4 posti;
  • periti chimici per 4 posti.

Quali sono le 10 professioni del bando Pnrr da 1000 posto in cui ci sono più candidati?

Posti messi a disposizione dal bando dei 1000 posti del Pnrr e candidature non sono necessariamente in correlazione. La figura che ha raccolto più candidature è quella degli esperti di gestione, seguita dagli architetti, da varie discipline ingegneristiche, ma anche dagli esperti in materie giuridiche e amministrative. Ecco, nel dettaglio, le dieci professioni che hanno fatto registrare il maggior numero di candidature:

  • esperti di gestione con 7861 candidature;
  • architetti con 6746 candidati;
  • ingegneri civili con 6610 candidati;
  • esperti amministrativi con 6576 candidati;
  • esperti giuridici con 5444 candidati;
  • esperti in contabilità pubblica con 2984 candidati;
  • ingegneri ambientali con 2702 candidature;
  • ingegneri generici con 2386 candidati;
  • esperti in appalti con 2352 candidature;
  • esperti in edilizia con 1988 candidati.

Per quali altre figure professionali ci si è candidati al bando Pnrr?

Non mancano le centinaia di candidature per gli altri profili professionali del bando Pnrr. Risulta utile mettere a confronto il numero dei candidati per il numero di posti disponibili nella professionalità interessata. Ecco le altre candidature nel dettaglio:

  • ingegneri energetici con 1815 candidati;
  • esperti digitali con 1332 candidature;
  • ingegneri gestionali con 1326 candidati;
  • geologi con 1215 candidati;
  • ingegneri delle telecomunicazioni con 967 candidati;
  • avvocati esperti in diritto ambientale con 939 candidati;
  • esperti rinnovabili con 900 candidature;
  • agronomi con 850 candidature;
  • ingegneri dei trasporti con 800 candidati;
  • biologi con 771 candidati;
  • ingegneri idraulici con 711 candidati;
  • esperti informatici con 670 candidature;
  • esperti statistici con 629 candidati;
  • ingegneri informatici con 625 candidati;
  • esperti in ambiente con 545 candidature;
  • esperti gestionali con 445 candidati;
  • chimici e fisici con 301 candidati;
  • ingegneri chimici con 265 candidati;
  • periti chimici con 11 candidature.

Quali sono le regioni italiane che assumeranno di più i professionisti del bando Pnrr?

Infine è importante dare uno sguardo alle regioni che assumeranno più professionalità nell’ambito del bando di 1000 esperti per il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Al primo posto la Lombardia, seguita dalla Campania, dalla Sicilia e dal Lazio. A seguire la Puglia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte. Nel complesso, 400 nuove assunzioni arriveranno nelle regioni del Sud Italia e le altre 600 saranno concentrate nelle regioni del Centro e del Nord.

Distribuzione dei 1000 posti tra le regioni italiane del Bando professionisti per il Pnrr

Leggiamo nel dettaglio la distribuzione dei posti tra tutte le regioni italiane del bando di assunzione dei 1000 professionisti del Pnrr:

  • Lombardia 123 posti;
  • Campania 94 posti;
  • Sicilia 83 posti;
  • Lazio 76 posti;
  • Puglia 70 posti;
  • Veneto 66 posti;
  • Emilia Romagna 66 posti;
  • Piemonte 60 posti;
  • Toscana 53 posti;
  • Calabria 41 posti;
  • Sardegna 37 posti;
  • Abruzzo 33 posti;
  • Marche e Liguria 30 posti ciascuna;
  • Friuli Venezia Giulia 26 posti;
  • Basilicata 23 posti;
  • Umbria 22 posti;
  • Molise, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano 19 posti;
  • Valle d’Aosta 14 posti.

Pnrr, scade il 6 dicembre la candidatura dei professionisti per gli enti locali

La Pubblica amministrazione locale chiama i professionisti. Entro il 6 dicembre 2021 è possibile candidarsi per un incarico negli enti pubblici per l’attuazione dei progetti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Chiamati a raccolta soprattutto gli ingegneri. Ma anche altre professioni sono ricercate.

Pnrr, gli enti pubblici locali cercano soprattutto ingegneri

La richiesta degli ingegneri per attuare i progetti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza è quella prioritaria entro la scadenza del 6 dicembre prossimo. Riguarda soprattutto i campi dell’ingegneria civile, energetica e idraulica per il 38,5% delle richieste. In questa percentuale rientrano anche gli ingegneri informatici, ambientali, gestionali e chimici.

Pnrr, si cercano anche altri professionisti entro il 6 dicembre 2021

Oltre agli ingegneri, le richieste degli enti locali per l’attuazione del Pnrr riguardano anche altre figure professionali. Innanzitutto gli avvocati e gli esperti giuridici, con una percentuale di richiesta del 16% rispetto al totale. Incarichi e collaborazioni sono a vantaggio anche dei seguenti professionisti:

  • 79 architetti;
  • 71 geologi;
  • 23 agronomi;
  • 22 biologi.

Incarichi liberi professionisti nella Pubblica amministrazione per il Pnrr: come candidarsi?

Per la candidatura a una delle figure professionali ricercate, gli interessati possono utilizzare il portale implementato appositamente per la richiesta. È dunque necessario andare sul sito InPa per rispondere ai relativi avvisi di ricerca. La scadenza del 6 dicembre 2021 è relativa agli avvisi messi on line il 30 novembre scorso.

Come avviene la selezione dei professionisti tramite il portale InPa?

Le selezioni dei professionisti avverrà attraverso il colloquio, all’interno delle mini-rose di cui parla la norma. L’incarico a tempo determinato dovrà essere firmato entro la fine del 2021 per fare in modo che i professionisti inizino a lavorare nei primi giorni del 2022.

Fondo perequativo partite Iva, domande fino al 28 dicembre 2021

Si potrà presentare fino al 28 dicembre 2021 la domanda del fondo perequativo delle partite Iva che abbiano risentito del peggioramento del risultato economico di almeno il 30% nel 2020 rispetto al 2019. In tutto sono 4,4 i miliardi di euro che il governo ha stanziato per la misura a beneficio di autonomi e liberi professionisti. Il provvedimento dell’apertura delle domande è stato firmato dal direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini.

Chi può presentare domanda per il fondo perequativo delle partite Iva?

Possono presentare domanda del fondo perequativo le partite Iva, i lavoratori autonomi e le partite Iva. Requisito essenziale è quello del peggioramento dei conti economici del 2020 rispetto al 2019 di almeno il 30%. Il meccanismo di assegnazione delle risorse prevede 5 scaglioni di reddito: il contributo scende all’aumentare dei ricavi o dei corrispettivi. Il 30% di contributo spetta per ricavi fino a 100 mila euro; il 20% spetta alle partite Iva con compensi e ricavi tra 100 mila e 400 mila euro; il 15% per i ricavi tra 400 mila e 1 milione di euro; il 10% per compensi tra 1 e 5 milioni di euro; il 5% per lo scaglione di ricavi da 5 a 10 milioni di euro.

Come si presenta la domanda per il fondo perequativo delle partite Iva?

La domanda può essere presentata fino al 28 dicembre 2021 sui canali telematici Entratel o Fisconline del sito dell’Agenzia delle entrate. A partire da oggi, 30 novembre, la domanda si può inoltrare anche dalla sezione “Fatture e corrispettivi” accedendo dal portale dell’Agenzia delle entrate. È indispensabile indicare l’Iban del soggetto beneficiario del contributo perequativo. Infatti, per l’accredito dell’aiuto si può scegliere il versamento sul conto corrente. Diversamente, si può optare per ottenere il contributo in credito di imposta.

Come si calcola il contributo perequativo spettante alla partita Iva?

Nel calcolo dell’importo dovuto è necessario sottrarre i contributi già percepiti in passato. Nel dettaglio, devono essere sottratti gli aiuti ricevuti a partire da maggio del 2020. Si tratta dei contributi a fondo perduti percepiti con i vari decreti “Rilancio”, “Ristori” e “Sostegni”. Pertanto, all’importo sul peggioramento del conto economico risultante dalle dichiarazioni dei redditi del 2020 e del 2019, deve essere sottratto l’importo degli aiuti già percepiti. Al risultato deve essere applicata la percentuale prevista per il proprio scaglione di appartenenza.

 

Contributo perequativo a partite Iva e professionisti: ecco come si calcola la perdita di almeno il 30%

Saranno circa 4,4 miliardi di euro le risorse a disposizione delle partite Iva, dei professionisti e dei lavoratori autonomi del contributi perequativo. Con la firma del decreto da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze, attualmente si attende il provvedimento dell’Agenzia delle entrate per l’apertura della presentazione delle domande e dei relativi termini di scadenza. Si aspettano, inoltre, le istruzioni in merito alla piattaforma necessaria per l’invio dell’istanza stessa.

Contributi perequativo partite Iva, a chi andrà il fondo perduto?

Il meccanismo di assegnazione dei contributi alle partite Iva e ai professionisti si baserà su cinque scaglioni con percentuali di rimborso decrescente all’aumentare dei compensi e dei ricavi dei soggetti interessati. In particolare, potranno accedere al fondo perduto perequativo le partite Iva che siano residenti in Italia e che svolgano attività di impresa, arte o professione. Sono inclusi anche i soggetti che producono reddito agrario. Requisito fondamentale è il peggioramento del risultato economico di esercizio relativo all’anno 2020 di una percentuale pari ad almeno il 30% rispetto all’esercizio del 2019.

Fondo perequativo alle partite Iva, il sistema dei 5 scaglioni di reddito

Il calcolo di quanto spetterà a ciascuna partita Iva o professionista si basa sul meccanismo degli scaglioni di reddito. Ne sono previsti cinque da considerare come totale dei ricavi e dei compensi dei soggetti interessati. È importante precisare, come richiede la norma, che il contributo percepibile deve essere al netto degli aiuti già ricevuti. Il massimo del fondo perduto per ogni richiedente è pari a 150 mila euro. Nel dettaglio gli scaglioni sono i seguenti:

  • il 30% di aiuti andrà alle partite Iva e professionisti con compensi e ricavi fino a 100 mila euro;
  • il 20% dei contributi andrà alle partite Iva con ricavi e compensi tra 100 mila e 400 mila euro;
  • il 15% per ricavi tra i 400 mila e il milione di euro;
  • il 10% per ricavi tra un milione e 5 milioni di euro;
  • il 5% andrà ai soggetti con ricavi tra 5 e 10 milioni di euro.

Partite Iva, dove prendere i dati dei ricavi per il contributo perequativo?

I valori dei compensi e dei ricavi da prendere in considerazione per presentare la richiesta del contributi perequativo a fondo perduto devono essere presi dalle partite Iva interessate tra:

  • la dichiarazione dei redditi dell’anno 2020, già trasmessa entro la data del 30 settembre 2021;
  • analogamente, la dichiarazione dei redditi del 2019 già validamente presentata.

Il calcolo di quanto spettante deve essere al netto dei contributi già percepiti durante l’emergenza sanitaria ed economica da Covid-19. In particolare, le partite Iva dovranno sottrarre gli aiuti già ricevuti a partire da maggio 2020. Ci si riferisce ai contributi a fondo perduto dei decreti “Rilancio” e vari “Ristori” (tra l’autunno e la fine del 2020) e i più recenti decreti “Sostegni” dell’anno in corso.

Esempio di calcolo del peggioramento del minimo del 30% per la richiesta del contributo perequativo

Particolare attenzione deve essere prestata dalle partite Iva nella presentazione della domanda del contributi perequativo sul calcolo del peggioramento del 30% minimo. Ammettiamo che una società abbia subito il peggioramento del risultato economico dell’anno 2020 rispetto al 2019 di 50 mila euro. Supponiamo che questo peggioramento risulti, in termini percentuali, più del 30% che richiede come minimo il decreto del ministero dell’Economia. Ipotizziamo, inoltre, che la società abbia già percepito dei contributi dall’Agenzia delle entrate per i precedenti decreti pari a 25 mila euro. La stessa società ha percepito ricavi nel 2019 per 450 mila euro e dunque rientra nel terzo scaglione, ovvero con la percentuale del 15% per ricavi tra i 400 mila e il milione di euro.

Come si calcola il contributo perequativo spettante alla partita Iva?

La società interessata a ottenere il contributo perequativo deve necessariamente detrarre il fondo perduto già ricevuto dai precedenti decreti, anche questi per un peggioramento del proprio risultato d’esercizio.Sulla base dei dati che abbiamo a disposizione, l’azienda dovrà pertanto detrarre dai 50 mila euro del peggioramento 2020 rispetto al 2019 i 25 mila euro già percepiti. Il risultato ottenuto va moltiplicato per il 15%. Il contributo a fondo perduto spettante alla società del nostro esempio sarà pertanto di 3750 euro.

Calcolo contributo perequativo a favore delle partite Iva: il meccanismo avvantaggia gli autonomi

È interessante notare che la misura contenuta nel decreto del ministero dell’Economia va a vantaggio, per ciò che concerne la modalità di calcolo, della partita Iva. Infatti, la sottrazione di quanto già percepito in precedenza va fatta sulla perdita rilevata nel 2020 rispetto al 2019, e non sul contributo già ottenuto in precedenza. Ragione per la quale, se lo scomputo di quanto già ricevuto fosse andato a detrazione di quanto spettante per la perdita, la società non avrebbe ricevuto alcun contributo perequativo.

Fondo perduto perequativo, in attesa dell’apertura della piattaforma per la presentazione delle domande

Si tratta, tutto sommato, di un contributo perequativo a fondo perduto per le partite Iva e per i professionisti più generoso. È necessario fare attenzione nella costruzione della base imponibile, ovvero nello scomputare i contributi a fondo perduto già percepiti dal peggioramento del risultato economico e non dall’ammontare del nuovo contributo spettante. Non resta, dunque, che preparare le dichiarazioni dei redditi dei due anni oggetto di calcolo e procedere con i conteggi per essere pronti ai 30 giorni utili che partiranno dal momento in cui sarà attiva la piattaforma.

Fondo perduto partite Iva 2018, perequativo e altre misure: i contributi ancora richiedibili nel 2021

A che punto sono arrivati i provvedimenti e le domande per i contributi a fondo perduto delle imprese in vista della fine del 2021? Tra i contributi con ancora finanziamenti in corso rientrano quello a fondo perduto per le partite Iva e start up, il fondo perduto perequativo, il credito di imposta per i beni strumentali ordinari, la nuova Sabatini e l’Industria 4.0. Vediamo nel dettaglio le misure e per quali è ancora possibile presentare domanda entro la fine dell’anno. Per altre si è in attesa del relativo decreto attuativo per la presentazione delle domande.

Contributi a fondo perduto per le start up, domanda fino al 9 dicembre 2021

Fino al 9 dicembre 2021 (dal 9 novembre scorso) è possibile presentare domanda per i contributi a fondo perduto per le start up. Si tratta di un contributo che può arrivare a un massimo di 1000 euro e che va richiesto con domanda da presentare in via telematica sul portale dell’Agenzia delle entrate. Possono inoltrare l’istanza le partite Iva aperte nel 2018 che abbiano iniziato la propria attività nel 2019. Ricavi e compensi non devono superare l’importo di 10 milioni di euro.

Quali partite Iva possono presentare domanda di contributo a fondo perduto per le start up?

Per presentare la domanda, partite Iva e strart up devono avere un volume di compensi e i ricavi del secondo periodo di imposta precedente a quello in corso al 23 marzo 2021 il cui ammontare mensile medio del fatturato del 2020 risulti non inferiore ad almeno ili 30% rispetto all’ammontare mensile medio di fatturato relativo all’anno 2019.

Fondo perduto perequativo per le imprese che hanno avuto un calo del 30% degli utili

Inizialmente la domanda per il fondo perduto perequativo aveva il termine al 30 settembre 2021. I contributi spettano alle imprese che, a seguito dell’emergenza sanitaria ed economica, abbiano subito un peggioramento dei loro risultato se raffrontato al 2019. Ad oggi, il decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze ha stabilito che la percentuale di calo utile all’ottenimento dei contributi deve essere del 30%. Si attende, dunque, solo la pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale. Si attende, altresì, il provvedimento dell’Agenzia delle entrate che definisca le modalità e i termini per inviare la richiesta dei contributi.

Credito di imposta per i beni strumentali e Nuova Sabatini

Il credito di imposta per i beni strumentali ordinari (misura rientrante nell’ex super ammortamento) non verrà prorogata dalla legge di Bilancio 2022. Pertanto, la misura si fermerà il 31 dicembre del 2022 e spetterà fino alla fine di giugno del 2023. Il credito di imposta è assicurato alle imprese che investono in beni strumentali materiali e immateriali esclusi dal 4.0. Per le piccole e medie imprese (Pmi) arriva il rifinanziamento della Nuova Sabatini. La conferma è arrivata dalla legge di Bilancio 2022 che ha stanziato risorse per 300 milioni di euro. Il contributo, già riaperto lo scorso luglio, permette alle Pmi di investire in beni strumentali.

Industria 4.0, proroga fino al 2025

L’agevolazione Industria 4.0 è stata prorogata dalla legge di Bilancio 2022 fino a tutto il 2025, con percentuali del credito che risultano ridotte. Il contributo va a vantaggio delle imprese per l’acquisto di beni strumentali materiali e immateriali rientranti nel 4.0.  La misura rimarrà in vigore fino al 31 dicembre del 2025, con la possibilità di completare gli investimenti entro fine giugno del 2026. In questo caso, deve risultare accettato l’ordine e l’imprese deve aver provveduto al pagamento dell’acconto per almeno un quinto entro la fine del 2025.

Esonero contributi Inps 2021 dell’Anno bianco fiscale: ammessi autonomi e liberi professionisti

Si poteva presentare entro il 30 settembre 2021 la domanda per l’esonero dei contributi Inps del 2021 rientranti nell’Anno bianco fiscale. Interessati alla misura sono i lavoratori autonomi e i liberi professionisti iscritti alle Gestioni previdenziali dell’Inps o alle casse pensionistiche autonome. Requisito per rientrare nella misura è quello di un reddito del 2019 non eccedente i 50 mila euro. Inoltre,  dato che si tratta di una misura a sostegno degli autonomi per l’emergenza sanitaria ed economica, il volume di fatturato e dei corrispettivi del 2020 deve aver subito un calo di almeno il 33% rispetto ai corrispettivi o al fatturato del 2019. L’ultimo aggiornamento arriva dall’Inps: molte domande risultano in stato di “Protocollata” in riferimento alla scadenza del 16 novembre scorso.

Esonero dei contributi agricoli per novembre e dicembre 2020 e gennaio 2021

Entro il 4 dicembre 2021 si può presentare la domanda per l’esonero dei contributi agricoli. Beneficiarie sono le imprese rientranti nella filiera agricola, della pesca o dell’acquacoltura, o ancora le aziende che producono vino o birra. Per la presentazione dell’istanza è necessario utilizzare il modulo di sgravio per i mesi di novembre e dicembre del 2020 e per quello di gennaio 2021.

Contributi a chef e per i matrimoni: in attesa del decreto attuativo

Per alcune categorie lavorative manca ancora il decreto attuativo del ministero per la relativa misura di contributi a fondo perduto. È il caso degli chef, ovvero i cuochi professionisti di ristoranti e alberghi. La misura, in questo caso, è in fase di verifica tecnica all’interno del ministero dell’Economia e delle Finanze. In particolare, i nodi riguardano i periodi di fruizione dei contributi. Manca il decreto attuativo anche per i contributi alle imprese rientranti nel settore dei matrimoni. In particolare, si tratta di aziende attive nel wedding, nell’organizzazione delle feste e delle cerimonie, nell’intrattenimento e nel settore Hotellerie, Restaurant e Catering (Horeca). Il fondo per i contributi di queste categorie ammonta a 60 milioni di euro. Si è in attesa del decreto del decreto del ministero per lo Sviluppo economico di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze.