Frutta e verdura sempre più presente sulle tavole degli italiani

Coldiretti ha presentato nei giorni scorsi i dati riguardanti il consumo di frutta e verdura, sicuramente tra i prodotti simbolo dell’agroalimentare Made in Italy.
Ebbene, i dati che ne sono emersi sono assolutamente positivi, poiché negli ultimi mesi la presenza di frutta e verdura sulle tavole degli italiani è aumentata considerevolmente, anche grazie alle campagne condotte dall’Associazione, di sensibilizzazione e di distribuzione nelle piazze italiane, grazie alle giornate di Campagna Amica.

Anzi, i risultati ottenuti sono più che rosei, tanto che Sergio Gulinelli, presidente di Coldiretti Ferrara ha commentato con entusiasmo: “Mai cosi tanta frutta e verdura sulle tavole degli italiani da inizio secolo con un aumento dei consumi per un quantitativo pari a circa 8,5 milioni di tonnellate nel 2017, superiore del 3 % all’anno precedente”.

Tra la frutta maggiormente consumata, ecco la mela, che, come dice anche il proverbio, se assunta una volta al giorno toglie il medico di torno, seguita dalle arance, dall’apporto vitaminico validissimo, soprattutto in questo periodo in cui influenza e raffreddore prolificano e colpiscono quasi tutti.
Tra gli ortaggi, invece, i preferiti sono ancora patate, pomodori e insalate.

Il motivo per cui si assiste alla crescita di consumi è dato anche dall’aumento delle imprese che fanno vendita diretta e le proposte di prodotti a chilometro zero, e in questo caso non si tratta solo di frutta e verdura ma anche di formaggi e vino.

Occorre, però, al di là dei risultati ottimi, tutelare ulteriormente l’imprenditore agricolo, con l’introduzione dell’etichettatura, che premia la qualità dei prodotti, frutto di un lavoro lungo e mirato.

Alla base dell’aumento dei consumi c’è anche una maggiore consapevolezza dei giovani, sempre più attenti a ciò che mangiano e a ciò che acquistano, come confermano da Coldiretti: “Il risultato è che la frutta e verdura è la principale voce di spesa degli italiani per un importo di 102,33 euro a famiglia che è pari a circa un quarto del totale (23%). Il 64% dei consumatori ritiene che la freschezza sia l’elemento principale nell’acquisto delle verdure, seguito dalla stagionalità (51,4%) e dal prezzo conveniente (31,7%). In particolare l’aspetto e il profumo sono i fattori che indicano maggiormente al consumatore la freschezza dei prodotti ortofrutticoli ma grande rilievo viene dato anche al luogo di acquisto come il mercato o direttamente dal produttore. Non è un caso che la verdura comperata direttamente dal contadino dura fino ad una settimana in più non dovendo affrontare lunghe distanze”.

Vera MORETTI

MUN, marchio a difesa del Made in Italy

Il Made in Italy va tutelato continuamente, poiché il rischio di contraffazioni è sempre in agguato e, anche quando la truffa viene scoperta, non sempre viene punita.

A proteggere, dunque, la qualità e l’eccellenza dei prodotti che hanno contribuito a far conoscere l’Italia in tutto il mondo, è stato istituito il Marchio Unico Nazionale, semplicemente denominato MUN, che ha l’obiettivo di valorizzare, promuovere, incentivare, mettere in rete e creare sinergie tra gli imprenditori italiani.

Il MUN è vincitore del Bando Industria 2015 del Ministero dello Sviluppo Economico – Obiettivo C: Programmi per la valorizzazione, promozione e tutela del Made in Italy lo sviluppo commerciale e il presidio strategico dei mercati.

Il Made in Italy verrà protetto e sostenuto anche grazie a Italy Identify e Futuro Italia, che vogliono fare ciò che le autorità competenti non fanno, anche a causa delle normative comunitarie che ci remano contro e a volte addirittura legalizzano il “tarocco”, sempre più diffuso e sempre più colpevole di dare all’estero una distorta idea dell’Italia.

Obiettivo del MUN è quello di esprimere il concetto di Made in Italy, da intendere come filiera produttiva completamente italiana. Ciò permetterebbe di mantenere i distretti produttivi determinanti per mantenere la piccolissima, piccola e media impresa, e anche di estendere la strategia oltre i confini nazionali scegliendo l’internazionalizzazione.

Come funziona? Le imprese possono richiedere il MUN ed assoggettarsi ad un processo di certificazione che viene curato dall’organismo di Certificazione “3A-PTA Parco Tecnologico Agroalimentare della Regione Umbria”. Si tratta di un organismo presente in tutti i settori ma che rimane fortemente specializzato nell’ambito agroalimentare.
La Certificazione ottenuta è particolarmente restrittiva e rigida per quanto riguarda le norme nazionali, europee ed internazionali.

Roberto Laurenzi, presidente di Futuro Italia, ha poi aggiunto: “La percezione che hanno all’estero del Made in Italy è elevatissima e sinonimo di alta qualità; l’intenzione è quindi quella di creare un marchio che tuteli il consumatore attestando la vera e totale italianità del prodotto da un lato, ridando lavoro e speranza alle nostre imprese ed ai nostri cittadini dall’altro. La strategia sta prendendo piede con ottimi risultati: abbiamo recentemente incontrato due delegazioni cinesi che hanno particolarmente ben gradito l’introduzione del MUN offrendoci a condizioni decisamente vantaggiose spazi per la realizzazione dei primi due Italy Identify Store, di cui uno a Changsha con una superficie di base di 600 mq ed uno a Shanghai di 1400 mq in area ancor più strategica; il terzo invece è in fase di apertura nel centro di Varsavia. Va da sé che l’export, dovendo rispondere alla totale italianità delle filiera produttiva, aumenterà l’indotto e i posti di lavoro in Italia”.

Vera MORETTI

Food&Wine Made in Italy: Dop e Igp da record

L’Italia ha consolidato il suo primato mondiale per numero di prodotti Dop e Igp raggiungendo quota 818 Indicazioni Geografiche registrate a livello europeo.

A livello territoriale, Parma rimane indiscussa leader, mentre l’Emilia Romagna è la regione prima in classifica con 43 Dop e Igp e un valore di 2,7 miliardi di euro. Segue poi la Lombardia con 34 Dop e Igp e 1,5 miliardi di euro.
Verona e Treviso sono invece il traino del settore vitivinicolo, soprattutto con il Prosecco, con il Veneto che si trova in vetta per quanto riguarda la classifica regionale del vino, con 53 Dop e Igp e un valore di 1,2 miliardi di euro. In questo caso segue la Toscana con 58 Dop e Igp e 442 milioni. Siena è la terza provincia vinicola italiana.

Mauro Rosati, dg di Fondazione Qualivita, ha commentato così questi risultati: “Una crescita che riguarda quasi tutti i territori d’Italia ma che appare particolarmente significativa nei distretti nei quali i Consorzi sono riusciti a rappresentare un ruolo guida in percorsi di sviluppo coerenti che hanno portato, per esempio, al ribaltamento del rapporto tra sistema Dop-Igp e industria alimentare che oggi mostra un interesse forte verso un settore sempre più strategico”.

Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole, ha aggiunto: “Abbiamo fatto un buon lavoro di squadra, è stato fatto un salto di qualità strutturale partendo dal presupposto non di legare le Dop e Igp a una strategia di conservazione, ma sviluppando un concetto evolutivo, considerando le nostre eccellenze la frontiera più avanzata nei confronti del mondo”.

Nel comparto del cibo, è Parma la provincia che contribuisce maggiormente, seguita da Modena, con un valore della produzione pari a 583 milioni di euro, e in calo del 6%. Cresce, al contrario, Mantova, con un aumento dell’81% che la fa diventare la terza provincia italiana per impatto economico con 437 milioni di euro. Seguono Reggio Emilia, Brescia e Udine.
Caserta è la prima provincia del Mezzogiorno con i suoi 186 milioni di euro. Per quanto riguarda le variazioni di impatto economico rispetto al 2015 sono da segnalare anche le performance positive delle province di Novara (+296%), Pavia (+119%), Bergamo (+112%), Bologna (+40%) e Salerno (+23%).

Nel settore del vino, invece, dopo Verona, Treviso e Siena, ci sono Vicenza (194 milioni di euro) e Padova (166 milioni di euro), che salgono rispettivamente di quattro e dieci posizioni nella graduatoria nazionale, anche se la quinta provincia, con 189 milioni di euro, è Cuneo.
Sopra i cento milioni di euro anche le province di Udine e Belluno, poi Trento, cui seguono Bolzano (95 milioni) e Asti con (85 milioni). Lecce è la prima provincia del sud Italia con 42 milioni di euro di impatto economico del vino sfuso, seguita da Chieti con 36 milioni di euro.

Vera MORETTI

Agroalimentare italiano sempre più forte in Cina

L’export agroalimentare italiano verso la Cina sta registrando dati sempre più positivi, che hanno portato, a fine 2017, ad un aumento del 18%, superando i 460 milioni di euro a valore.
Ciò, confermato anche da Coldiretti, è stato possibile anche perché l’Italia, nell’anno appena trascorso, è stata visitata da 1,4 milioni di cinesi, approdati nel Belpaese perché considerato più sicuro rispetto ad altre mete turistiche europee, e che, una volta arrivati qui, hanno potuto conoscere la nostra indiscussa e inestimabile ricchezza agroalimentare che vanta ben 292 prodotti Dop e Igp, 523 vini Docg, Doc e Igt e 5.047 specialità alimentari tradizionali.

Spesso, infatti, accade che i turisti rimangano rapiti dal food Made in Italy e, una volta tornati a casa, siano presi dalla voglia di riassaggiare gli stessi sapori, portando così ad un incremento delle richieste e di conseguenza dell’export.

I prodotti più amati rimangono quelli della nostra tradizione, a partire dal vino che, con 120 milioni di euro registra un balzo del 21% nel Paese asiatico, l’olio d’oliva con oltre 40 milioni di euro segna una crescita del 41%, i formaggi aumentano del 34% e la pasta sale del 20%, arrivando a 23 milioni di euro.
Questi dati hanno contribuiti ad un ribilanciamento, dopo che nel 2017 alla crescita dell’export era seguito anche un calo del 10% delle importazioni italiane dalla Cina.

Si tratta di dati molto importanti, determinati anche da alcune cruciali decisioni prese dal governo cinese, che ha rimosso il bando sulla carne bovina tricolore e ha dimezzato i dazi all’importazione su alcuni prodotti cardine della gastronomia Made in Italy  come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e altri formaggi stagionati oltre che per Gorgonzola (da 15/12% a 8%), formaggio grattugiato e fuso e acquaviti di vino (da 10 al 5%), vermouth (da 65 a 14%), pasta e salsicce/salami (da 15 a 8%).
Ad ottobre, inoltre, la Cina aveva anche deciso di rimuovere il blocco alle importazioni di Gorgonzola, Taleggio e altri formaggi erborinati, a crosta fiorita o muffettati deciso a fine agosto scorso per un improvviso irrigidimento nell’applicazione delle norme sull’import dall’Unione Europea.
A maggio inoltre è stato anche deciso di aprire il mercato a limoni, arance e mandarini di origine italiana.

Vera MORETTI

Mercati esteri sempre più cruciali per il cibo Made in Italy

La Business School del Sole 24 Ore ha organizzato il Master Food&Wine Management, al quale è intervenuto anche Gianpiero Calzolari, presidente del Gruppo Granarolo, il quale, interrogato sulle possibilità dei mercati, pensando soprattutto all’export di cibo italiano, ha senza alcun dubbio posto l’accento sull’importanza dell’internazionalizzazione.

Considerando, in particolar modo, la valenza del Made in Italy nel mondo, visto come simbolo assoluto di qualità ed eccellenza, e tenendo presente le offerte quantomai variegate che l’Italia può offrire, a livello artigianale e tradizionale, rimane di basilare importanza saper vendere il buono che si produce. E non si tratta di qualcosa di così semplice da imparare, perchè spesso ci si scontra con una mentalità che ancora non si è messa al passo con i tempi.

Le parole di Calzolari sono state chiare: tra le competenze che l’Italia deve avere per promuovere al meglio, ad esempio, la sua produzione alimentare, c’è sicuramente la capacità di innovare ma anche la conoscenza delle strategie di Export Management, poichè la scienza della produzione alimentare, se studiata a fondo e messa in atto con le giuste competenze, può contribuire a dar vita a nuovi prodotti.

Questo risulta indispensabile anche considerando all’importanza che si dà al cibo, anche quando riguarda la salute: se il cibo è buono, infatti, diventa fonte di benessere e in grado di prevenire alcune malattie. Questa caratteristica è in grado di conquistare anche i mercati più sofisticati, anche se ad oggi le mete e i mercati fortemente in fermento sono quelli di Cina ed Africa.

Vera MORETTI

Ceramica Made in Italy a Maison&Objet 2018

E’ stata inaugurata a Parigi questa mattina, e durerà fino a martedì 23 gennaio, Maison&Objet 2018, la più grande fiera internazionale del design, della decorazione e dell’interior. Ovviamente avranno ampio spazio le eccellenze della ceramica Made in Italy, capaci di dire la loro anche nel settore ceramica.

Questo evento è stato promosso da Confindustria Ceramica, l’associazione che riunisce i produttori industriali di ceramica italiana, ed organizzato da ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane in collaborazione con Edi.Cer.

Obiettivo, anche quest’anno, è quello di creare una imperdibile occasione di incontro tra il settore della piastrella ceramica italiana e gli operatori internazionali del mondo dell’interior design.

All’interno della manifestazione sono previsti due incontri che vedranno protagonisti Armando Cafiero, direttore generale di Confindustria Ceramica, presente alla conferenza stampa di inaugurazione della fiera, oggi alle 13 insieme all’Ambasciatore d’Italia a Parigi Giandomenico Magliano, il presidente dell’ICE Michele Scannavini e il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico Ivan Scalfarotto.
Lunedì 22 gennaio alle 10.30, invece, Cafiero presenterà, presso lo stand istituzionale ICE, presenterà una panoramica sul settore ceramico ai giornalisti accreditati e ai buyers internazionali e si terrà una visita guidata alle aziende ceramiche della collettiva Ceramics of Italy.

Fra i 23 marchi aziendali che esporranno in collettiva in due stand sotto l’insegna Ceramics of Italy / ICE, nel Padiglione 5B “Actuel” della fiera, vi sonci sarannoo: Atlas Concorde, Caesar, Casa Dolce Casa, Casalgrande Padana, Ceramica Sant’Agostino, Ceramiche Refin, Cotto d’Este, Edimax Gruppo Beta, Emilgroup, Fap Ceramiche, Fincibec, Floor Gres, Gambini Group, Gigacer, La Fenice, Litokol, Marazzi, Marca Corona, M.I.P.A., Ornamenta, Panaria, Rex, Vallelunga.

L’Italia è quest’anno paese partner di questa edizione di Maison&Objet. Per questo, ICE-Agenzia ha preparato un programma speciale che vuole esprimere la vera essenza del design e della tradizione artigianale italiani, con il coinvolgimento dell’Ambasciata italiana a Parigi. Per questo, è prevista una rassegna di conferenze dal titolo Rising Talents Awards Italy, che daranno risalto sei designer italiani appartenenti alla generazione emergente.

Vera MORETTI

Settore orafo in ripresa nel 2017

Dal 19 al 24 gennaio appuntamento con Vicenzaoro January, evento immancabile per il settore orafo gioielliero.
A ridosso dell’esposizione, sono stati presentati i dati relativi ai primi nove mesi del 2017, messi a punto dal Dipartimento di Business Strategy di Italian Exhibition Group, che dimostrano come il settore sia in netta ripresa, sia per produzione sia per fatturato.

L’indice medio di fatturato totale del settore è aumentato del 6,2% nei primi nove mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, con +2% a livello nazionale e una punta dell’8,2% per quanto riguarda le vendite estere. Mentre per quanto riguarda la produzione l’indice medio sale del 13% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Considerando il valore assoluto, il fatturato italiano delle esportazioni a settembre 2017 è arrivato a 5,176 miliardi di euro, pari a un +13% in valore, considerando nei primi 9 mesi un prezzo medio dell’oro sostanzialmente simile a quello del 2016. In valore le esportazioni del 2017 superano quelle del 2015.

A contribuire principalmente a questa crescita sono stati gli exploit dell’export verso India, Russia e Stati Uniti, questi ultimi in particolare.
Negli Usa, infatti, l’andamento della domanda di gioielli e bijoux Made in Italy nei primi nove mesi del 2017 è salito del 21% in valore. Bene anche l’Europa, dove si registra una crescita in controtendenza rispetto all’andamento globale. In Francia l’export italiano sale nei primi nove mesi del 44%, +14% Germania e +22% in Spagna.
Sempre considerando l’aggregato gioielleria e bijoux, in Russia i gioielli italiani segnalano fatturati in aumento di oltre il 12%.

Per quanto riguarda i distretti più attivi, Alessandria è quello che ha registrato l’esportazione più alta, con un valore di fatturato pari a 1,5 miliardi di euro, seguito dal distretto di Arezzo, con un export a 1,4 miliardi, e quello di Vicenza, a circa 1 miliardo di euro.

Vera MORETTI

Nei piccoli Comuni l’eccellenza del food Made in Italy

Coldiretti e Fondazione Symbola hanno presentato lo studio realizzato in collaborazione dal titolo Piccoli comuni e tipicità.
Da questa indagine è emerso che ben il 92% delle produzioni tipiche nazionali ha origine nei Comuni con meno di cinquemila abitanti.

Questo significa, oltre al fatto che le tradizioni gastronomiche rimangono radicate nei piccoli paesi, che si tratta di un patrimonio che nasce ben lontano dai tipici e tradizionali circuiti turistici. I piccoli comuni beneficeranno d’ora in poi della legge 158/17, firmata da Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola e della Commissione Ambiente alla Camera.

La maggior parte di questi Comuni che custodiscono i nostri tesori enogastronomici si trovano in Piemonte, dove sono 1067, seguito dalla Lombardia (1055) e dalla Campania (338), anche se, in percentuale, la maggior densità si trova in Valle d’ Aosta (99%) e Molise (92%).

Prendendo i dati, ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine, sia Dop sia Igp, derivano dai piccoli Comuni. Nel dettaglio, da lì infatti arrivano tutti i 52 formaggi a denominazione, il 97% dei 46 oli extravergini di oliva, il 90% dei 41 salumi e dei prodotti a base di carne, l’89% dei 111 ortofrutticoli e cereali e l’85% dei 13 prodotti della panetteria e della pasticceria. Senza dimenticare i vini, prodotti in piccoli centri per il 79% dei casi.

Ermete Realacci ha dichiarato in proposito: “Qui si producono la maggior parte delle nostre Dop e Igp e dei nostri vini piu’ pregiati, insieme a tanta parte di quel made in Italy apprezzato a livello internazionale. Il risultato più importante della legge è cambiare il modo in cui si guarda ai Piccoli Comuni. I Piccoli Comuni sono una specie di concentrato dei punti di forza dell’Italia”.

Vera MORETTI

Prodotti Made in Italy: sempre più Dop e Igp

prodotti alimentari Made in Italy continuano ad aumentare le loro esportazioni e, dopo un 2017 da record, anche il 2018 sembra proseguire verso questa via.
Ad oggi sono ben 295 i prodotti a marchio Dop, Igp e Stg. Ultimo ammesso la lenticchia di Altamura lo scorso 19 dicembre e ci sono già in lista altri 8 prodotti in attesa dell’attestato: la Lucanica di Picerno, le Mele del Trentino Igp, il Cioccolato di Modica Igp, il Marrone di Serino Igp, la Pitina Igp, l’Olio di Puglia Igp, la Mozzarella di Gioia del Colle Dop e l’ultima arrivata, la Provola dei Nebrodi Dop.

Grazie a queste cifre, il Made in Italy è ancora saldamente il campione dei prodotti di qualità in tutta l’Ue, grazie ad una crescita costante che ha portato a raddoppiare le specialità italiane dal 2005 al 2015, con un aumento percentuale dell’80,5.

Ovviamente, ci sono alcuni prodotti particolarmente amati, che contribuiscono più di altri a rendere il Made in Italy così apprezzato all’estero. Anzi, ci sono dieci prodotti che da soli fatturano oltre 5 miliardi. Si tratta di: Grana Padano (Dop); Parmigiano-Reggiano (Dop); Prosciutto di Parma (Dop); Aceto Balsamico di Modena (Igp); Mozzarella di Bufala Campana (Dop); Mortadella Bologna (Igp); Gorgonzola (Dop); Prosciutto di San Daniele (Dop); Pecorino romano (Dop); Bresaola della Valtellina (Igp).

Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole ha dichiarato: “Se oggi le prime 10 Dop e Igp sviluppano l’80% del fatturato complessivo, occorre far salire la lista ad almeno 20 prodotti in tre anni”. Questo potrebbe essere utile anche per far scomparire la sensazione per cui chi mira ad ottenere i marchi di tutela lo faccia solo per accaparrarsi gli oltre 100 milioni di fondi Ue messi a disposizione in questi casi.

Nel 2016 la dotazione finanziaria complessiva è stata di 113 milioni di euro., che nel 2017 è passata a oltre 140 . Lo stanziamento è destinato ad aumentare progressivamente fino ai 200 milioni di euro di budget massimo nel 2019.

Vera MORETTI

Capodanno: il brindisi è stato Made in Italy

Ora che anche l’Epifania se n’è andata e, con sé, si è portata via tutte le festività, è possibile fare un bilancio per capire come se l’è cavata il nostro Made in Italy.

Ebbene, Capodanno ha segnato un vero e proprio plebiscito per lo spumante italiano, del quale sono stati stappati ben 360 milioni di litri solo all’estero, determinando un aumento dell’11% rispetto all’anno scorso e raggiungendo una cifra da record.

L’esportazione all’estero, dunque, ha raggiunto 1,3 miliardi di euro, oltre ad ogni più rosea aspettativa, grazie ai mercati che da sempre dimostrano di apprezzare particolarmente le bollicine italiane, ma anche a quelli emergenti, che sono sempre più attratti dai nostri vini.

La Brexit non ha certo scoraggiato i brindisi degli inglesi, che, al contrario, si sono dimostrati fedelissimi e hanno contribuiti ad un aumento dell’export del 13%, superando così gli altrettanto appassionati di spumanti italiani, ovvero gli Stati Uniti, solo secondi in classifica. Terza, anche se ancora un po’ distaccata, la Germania.

Ma quali sono le bollicine più amate nel mondo? Primo senza alcun dubbio rimane il Prosecco, seguito da Asti e Franciacorta, che ormai non temono la concorrenza straniera dello champagne francese.
Ma, se in Italia si beve solo spumante italiano originale, tanto che a Capodanno sono state stappate ben 65 milioni di bottiglie, all’estero già proliferano le imitazioni, in particolare in Germania.
Per ora, questa tendenza, pericolosa e quindi da fermare appena possibile, non ha minato l’export, poiché all’estero si conta che siano state stappate oltre 600 milioni di bottiglie, ma Coldiretti mette in guardia e annuncia, come era già accaduto per altri nostri tradizionali prodotti spudoratamente imitati, una lotta contro la contraffazione in difesa dei vini Made in Italy.

Vera MORETTI