Crisi commercio: sempre più Pmi preda degli strozzini

«Trecentocinquantamila esercenti commercianti e artigiani sono nelle mani degli strozzini, oltre 750 mila le posizioni debitorie e ogni anno 25 miliardi di euro si trasferiscono dalle casse delle imprese a quelle degli estorsori».  E’ drammatico il quadro delineato dal presidente di Confesercenti, Marco Venturi, in audizione alla Commissione parlamentare antimafia soltanto pochi giorni dopo l’amara analisi dei dati dell’Osservatorio Confesercenti sui quattro primi mesi del 2014.

«In 250 mila casi – ha aggiunto il presidente dell’associazione di categoria che rappresenta le piccole e medie imprese italiane del commercio, del turismo e dei servizi – l’indebitamento viene contratto con associazioni a delinquere di stampo mafioso. E la situazione di sofferenza fotografa un vero e proprio dramma per miglia di piccole e medie imprese che scontano la chiusura dell’accesso ai canali di credito tradizionali».

A sostituirsi ai principali canali d’accesso al credito quasi sempre ci sono organizzazioni di stampo mafioso perché «l’usura tende a essere sempre più un reato associativo. L’organizzazione strutturata permette di rispondere a diverse esigenze: accresce il numero e la qualità dei ‘contratti’ in essere e, di conseguenza, i profitti. Riduce al minimo i rischi d’insolvenza, eleva la capacità d’intimidazione, riduce i rischi personali, presentando ai malcapitati le diverse facce e mascherando le relazioni usuraie in normali rapporti commerciali. Per questo l’usura, soprattutto in Calabria e Campania, comincia ad avere una forte impronta ‘ndranghetista e camorrista».

Per molte Pmi l’usura, ormai da anni, rappresenta l’ultima spiaggia per non rinunciare all’attività. «Tra il 2010 e il 2013 – ha concluso il presidente Venturi – hanno cessato di vivere circa 1 milione di imprese. Il 40% hanno cessato di operare per problemi di carattere finanziario e in parte per l’usura».

Jacopo MARCHESANO

“Senza Impresa non c’è Italia”. A Roma protesta la piccola impresa

 

Al grido di “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro”, oggi si sono ritrovati alle 12 a Piazza del Popolo a Roma oltre 30mila tra commercianti, artigiani e piccoli imprenditori per la manifestazione indetta da Rete Imprese Italia che raggruppa quattro associazioni di categoria: Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti. “Siamo al giro di boa, non ne possiamo più di essere quelli che tirano la carretta e stanno zitti, la politica ci deve ascoltare e deve agire. Sono troppe le promesse fatte, ma nessuna finora è stata mantenuta. Saremo propositivi, ma non molleremo. Se non otterremo risposte ragionevoli torneremo di nuovo in piazza a protestare per far valere le nostre ragioni, non ne possiamo più di essere quelli che tirano la carretta e stanno zitti” ha commentato il  presidente di Rete Imprese Italia e Confesercenti Marco Venturi, voce della piccola impresa

La burocrazia costa alle Pmi 30 miliardi di euro l’anno, il credito è in calo dal 2011 e i numeri sono da brividi: 1000 azienda chiuse al giorno negli ultimi cinque anni, la disoccupazione è raddoppiata, passando dal 6,4% al 12,7% per un totale di 1,2 milioni di disoccupati in più, senza contare che la pressione fiscale ha raggiunto il 44,3% del Pil mentre quella “legale” si aggira intorno al 54%.

La manifestazione di oggi arriva “dopo un anno di richiami al governo Letta, di proteste, avvertimenti, denunce sulla politica totalmente inefficace” ha dichiarato Sangalli, presidente Confcommercio, il quale si alternerà sul palco di Piazza del Popolo insieme agli altri dirigenti delle associazioni di categoria.

Jacopo MARCHESANO

Confesercenti: “Serve più coraggio per tagliare la spesa”

“La spesa pubblica va ridotta con coraggio e va ridotta strutturalmente. Non possiamo fermarci, come si sente in giro,  al blocco degli stipendi pubblici ed alle dismissioni di quote azionarie di grandi gruppi in mano allo Stato. In entrambi i casi, soprattutto nel secondo, stiamo parlando di risparmi una tantum. E quindi di buchi successivi nel bilancio pubblico da sanare”. Intervenuto all’Assemblea regionale Emilia-Romagna della Confesercenti, Marco Venturi, Presidente della Confederazione, non ha risparmiato sollecitazioni dirette all’esecutivo affinché riduca con decisione la spesa pubblica, senza penalizzare i settori già in crisi strutturale ed oggettiva.

“Non c’è più tempo da perdere, servono scelte drastiche, anche perché la pressione fiscale quest’anno, fra fisco nazionale e fisco locale potrebbe superare la insopportabile quota del 45%. Quello che occorre per far ripartire la crescita è l’opposto: meno tasse e meno spesa pubblica. Un percorso chiaro, strutturale, che riporti certezze e fiducia nel tessuto economico del Paese. Una prospettiva che finora è decisamente lontana”. Quante altre pressioni saranno destinate a cadere nel vuoto prima che vengano presi i necessari provvedimenti?

Aumento Iva, Confcommercio: 26mila negozi a rischio

A causa del previsto aumento dell’Iva dal 21% al 22% ben 26mila negozi rischiano di sparire entro la fine del 2013.

A lanciare l’allarme è l’Ufficio studi di Confcommercio, che rivede la previsione del saldo natalità-mortalità delle imprese del commercio al dettaglio alla luce dell’aumento dell’Iva. Un aumento che riguarda circa il 70% dei consumi totali e che sarebbe una mazzate per imprese e famiglie.

Se il Governo andrà avanti con l’aumento dell’Iva, gli aggravi di imposta sui portafogli delle famiglie italiane saranno pari a 2,1 miliardi di euro nel 2013 e 4,2 miliardi nel 2014.

Secondo Confcommercio, l’aumento dell’Iva potrebbe portare 26mila imprese del settore ad abbassare una volta per tutte le saracinesche. Ecco perché il presidente dell’associazione, Carlo Sangalli, ha chiesto di “evitare un’altra calamità sui consumi“, perché la domanda “che fra investimenti e consumi, muove l’80 per cento del Pil, ora è ferma: alzare l’aliquota significa assestarle un ultimo, letale, colpo. Alle aziende in crisi serve un segnale forte è quel segnale non c’è“.

Basterà questo ennesimo grido a far suonare un campanello d’allarme nella testa del governo?

Aumento Iva, altro che entrate record!

Volete sapere che cosa succederà davvero alle casse dello Stato con l’aumento dell’Iva al 22%? Altro che recuperare quella bella cifra tra i 2 e i 4 miliardi di euro che si aspetta il governo. L’effetto sarà ben altro e la manovra rischia di essere del tutto inutile, se non addirittura dannoso per l’Erario.

Secondo il presidente di Confesercenti Marco Venturi, l’aumento dell’aliquota ordinaria Iva, previsto per l’1 luglio prossimo, potrebbe portare a una diminuzione del gettito di 300 milioni di euro. Una stima che porta Venturi e la sua associazione a bocciare l’innalzamento al 22% dell’imposta, definendolo “l’ennesimo passo falso” in materia fiscale.

Secondo Confesercenti, le stime sono state effettuate a parità di transazioni, mentre alcuni beni interessati dalla modifica dell’aliquota, hanno dei trend di vendita in calo anche del 10%, una percentuale che l’aumento dell’Iva potrebbe deprimere ulteriormente. Caso mai, secondo l’associazione l’obiettivo dovrebbe essere quello di stimolare i consumi, riportando l’aliquota ordinaria al 20%, come era fino all’agosto del 2011.

Il gettito necessario a coprire questo ammanco non dovrebbe essere trovato, come al solito, innalzando aliquote o introducendo nuove tasse, ma intervenendo su sprechi ed evasioni. In occasione dell’assemblea elettiva di Confesercenti Toscana, Venturi è stato chiaro: “Lasciate perdere l’Iva e colpite con decisione la corruzione denunciata da tempo immemorabile dalla Corte dei Conti ed il fenomeno del sommerso che inquina, con la presenza della criminalità, l’economia e la convivenza civile. In questo modo daremmo maggior respiro ai conti pubblici e più forza al valore della legalità“.

Dal 2007 ad oggi – ha proseguito Venturi, per effetto del rigonfiamento monetario dei redditi, il Fisco ha incassato ingiustificatamente 10 miliardi di euro in più di imposte, circa 530 euro a nucleo familiare. Si deve stare molto attenti a non far salire ancora la rabbia dei piccoli imprenditori, che è già da tempo ai livelli di guardia“. E ditelo a noi di Infoiva, che ogni giorno ascoltiamo questo grido di rabbia…

Accordo BNL, Confesercenti e Convig per le Pmi

Per sostenere e permettere lo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane che operano nel commercio, nel turismo e nei servizi, BNL Gruppo BNP Paribas, Confesercenti (Confederazione Italiana Esercenti Attività Commerciali, Turistiche e dei servizi) e Cosvig (Società Consortile s.r.l.) hanno sottoscritto un accordo che prevede, da parte di BNL, un plafond di 1 miliardo di euro.

In concreto, gli aiuti che questa iniziativa vuole portare alle pmi aderenti a Confesercenti, in grande affanno a casa della crisi, sono soluzioni dedicate di finanziamento a medio lungo termine per supportare programmi di investimento, innovazione e sviluppo, come acquisto di nuovi impianti, macchinari ed attrezzature, adeguamento dei locali, spese per programmi di ricerca e sviluppo.

Con l’intervento di Cosvig, i finanziamenti sono supportati da garanzia diretta del “Fondo Centrale di Garanzia”: questo permette di agevolare ulteriormente l’accesso al credito, anche attraverso un iter dedicato per il quale la stessa Cosvig svolge anche un ruolo di assistenza a 360° alle imprese aderenti a Confesercenti.

Completano la piattaforma di offerta BNL, finanziamenti per gestire i processi di internazionalizzazione, sostenendo le attività di import-export delle imprese del settore, e servizi per le esigenze di incasso e di pagamento.

Presenti all’annuncio di questa partnership erano Luigi Abete, presidente di BNL, Luigi Abete; Marco Venturi, presidente di Confesercenti e Gianni Guido Triolo, amministratore delegato di Cosvig.

All’incontro sono intervenuti, inoltre, il Direttore Generale Confesercenti Giuseppe Capanna, il Vice Direttore Generale BNL e Responsabile della Divisione Retail & Private della Banca, Marco Tarantola.

Luigi Abete ha dichiarato: “Questo accordo conferma, ancor più nell’anno in cui BNL compie un secolo di attività, la costante attenzione della Banca allo sviluppo dell’economia italiana, di cui le PMI sono da sempre fattore determinante. Da 100 anni siamo coerenti con la nostra identità di azienda che sostiene il lavoro quotidiano delle persone, privati e imprenditori, oltre che i loro progetti di crescita in Italia come all’estero, grazie alla presenza internazionale del Gruppo BNP Paribas”.

Marco Venturi ha confermato l’entusiasmo che ha accompagnato la firma dell’accordo, poiché rappresenta “un concreto supporto alle pmi che potranno così disporre di interventi finanziari finalizzati alla copertura delle esigenze di capitale circolante e di investimenti. Le garanzie dei Confidi e del Fondo Centrale consentiranno ad un tempo di migliorare la qualità dei crediti e di favorire l’accesso al finanziamento, in particolare, per le piccole e medie imprese associate alla Confesercenti. La lunga crisi dell’economia richiede una sempre più stretta sinergia tra le imprese e le banche, come dimostra l’accodo firmato da Confesercenti e BNL”.

Vera MORETTI

A Venezia la Convention di Confesercenti

Confesercenti ha fatto il punto sulla sua situazione attuale nella consueta Convention annuale che si è tenuta il 6 e 7 dicembre a Venezia.

Tema all’ordine del giorno è la crisi, ma soprattutto il modo in cui affrontarla, considerando che per le pmi si sta concludendo un periodo di grande difficoltà, ed un futuro che si preannuncia altrettanto difficoltoso.

L’esame della situazione è stato fatto dal Gruppo dirigente di Confesercenti, che ha anche il compito di prevedere scenari ipotetici della lunga recessione con profondi mutamenti in atto ed a valutare le strategie migliori e le proposte da avanzare per essere protagonisti in una fase tanto complessa della vita del Paese.

Ad aprire i lavori è stata una relazione di Giuseppe Capanna, Direttore generale della Confesercenti, mentre di seguito sono state discusse diverse tematiche collegate allo sviluppo dell’Associazione ed al contesto in cui si opera.

Venerdì mattina la seconda sessione dei lavori è stata aperta da una relazione di Mauro Bussoni, Vice Direttore generale di Confesercenti.
A concludere i lavori, Marco Venturi, Presidente dell’Associazione.

Vera MORETTI

Niente riapertura dopo le ferie per molte aziende

Dopo le vacanze (per chi le ha fatte) di agosto, ormai negozi e aziende riaprono i battenti ma, tra coloro che erano “chiusi per ferie”, ci sono anche imprese che non riapriranno.
E non si tratta di un prolungamento voluto ma, piuttosto, forzato.

Il periodo difficile, infatti, non ha portato alcuna ripresa e molti lavoratori autonomi si sono visti costretti a porre fine alla propria attività.

Marco Venturi, presidente di Confesercenti, oltre a chiedere a gran voce “una serie di interventi che consenta la ripresa”, chiede un intervento del Governo per alleggerire la pressione fiscale e l’Iva.

Le soluzioni che Venturi propone riguardano la spesa pubblica e gli sprechi, ma soprattutto la necessità di razionalizzare il sistema istituzionale “intervenendo su province, comunità montane e micro-comuni che vanno accorpati. Servono risparmi e maggiore efficienza“. E le cifre ottenute in questo modo andrebbero investite per lo sviluppo.

Per quanto riguarda i prezzi praticati dalle imprese, aumentano “se aumentano i prezzi di tutti i servizi. C’è un meccanismo infernale che dobbiamo interrompere. E’ inevitabile che le famiglie stringano la cinghia e spendano di meno, ma se spendono di meno poi le imprese chiudono. Dobbiamo cambiare questa tendenza“.

Vera MORETTI

Venturi bacchetta Monti: “Economia reale? L’Italia è fatta soprattutto da Pmi”

“Accogliamo con soddisfazione le parole del premier Mario Monti, che in Russia ha dichiarato che, per risollevarsi dalla crisi, occorre puntare sull’economia reale. Vorremmo, però, – dichiara il Presidente di Confesercenti Marco Venturi – che il Presidente del Consiglio tenesse conto che, in Italia, economia reale vuol dire soprattutto piccole e medie imprese, che sono più di 4 milioni e duecentomila, producono circa il 60% del valore aggiunto italiano e occupano oltre 14 milioni e mezzo di addetti. Imprese che, durante la crisi, sono state messe in difficoltà da una pressione fiscale sempre più elevata, che colpisce soprattutto PMI, cittadini e consumi interni”.

Per puntare davvero sull’economia reale, chiediamo una forte e coraggiosa inversione di tendenza, che parta da tagli sostanziali della spesa pubblica per ridurre le tasse e il costo del lavoro. Solo così sarà possibile ridare ossigeno alle piccole e medie imprese, che sono il pilastro dell’economia e che finora non hanno goduto della giusta attenzione considerando il ruolo primario da loro svolto in termini di occupazione e crescita economica”.

Rischio default Sicilia? Per salvarsi fare inversione a U e non abbandonare l’isola

 

Clima incandescente in Sicilia, e non parliamo solo di quello afoso tipico della stagione o della fumosa  cima “della montagna”, l’Etna. E’ a rischio default sì o no la bella terra di Trinacria? Cosa ne dicono i siciliani D.O.C.? E chi fa impresa, per davvero e con serietà, come sta affrontando la situazione?

Infoiva prosegue il focus della settimana a tu-per-tu con il Dottor Vittorio Messina, presidente vicario della Confesercenti regionale.

Dottor Messina, come stanno vivendo gli esercenti della sua Regione questo pericolo di collasso del sistema?
Direi in maniera drammatica, sconfortati per i numeri della crisi che, nel solo settore del commercio, segnano la perdita di 12 mila posti di lavoro, senza contare quelli che si nascondono dietro il sommerso e che sfuggono alla statistica. Fra il 2011 e il 2012 sono invece circa 15 mila le aziende che si sono viste costrette a far fronte alla chiusura o al fallimento, come riportano i dati forniti dalle associazioni di categoria.

La recente stagione dei saldi e quella turistica stanno aiutando il sistema esercenti? Il trend dei consumi e dei fatturati delle piccole imprese dell’isola sono in positivo?
E’ ancora presto per fare un bilancio che possa valutare l’incidenza della stagione turistica rispetto alle vendite, ma già dalle prime settimane dei saldi si conferma un trend decisamente negativo che anche quest’anno vede il settore del commercio al dettaglio come quello più colpito dalla crisi. In Sicilia inoltre va considerato che, dato l’esiguo numero di industrie presenti nel territorio, il settore del commercio è quello che fornisce occupazione più di tutti gli altri, rappresentando ben il 33 per cento delle imprese operanti nell’Isola, rispetto al 27 per cento della media nazionale, secondo quanto rimarcato dal Rapporto Sicilia 2011 di Unioncamere Sicilia.

Che cosa servirebbe, per lei, per risanare l’economia della sua Regione?
Un’inversione ad U nel modo non solo di amministrare il pubblico denaro ma di tenere in considerazione le esigenze di chi porta avanti un’intrapresa economica che deve essere vista come un occasione di crescita per tutto il territorio. Non è una sorpresa rilevare che il primo ostacolo che incide maggiormente nella crisi delle imprese del settore è la crescente riduzione del mercato interno a fronte altresi di continuo aumento dei costi di produzione. Allo stesso modo, stando al sondaggio stilato nel Rapporto Sicilia di Unioncamere, il 45 per cento degli imprenditori isolani intravede nella riduzione dei costi il fattore determinante per tornare a competere e a contrastare la crisi. Un altro problema molto avvertito è quello dell’accesso al credito. Noi viviamo in una terra molto attraente ma non facciamo nulla per approfittare dei doni che la natura ci ha reso, anche dal punto di vista delle risorse immateriali di cui l’Isola è ricca. Penso alle giovani energie che non riusciamo a trattenere.

Ed il buon nome della Regione Sicilia?
A conferma delle cose già dette prima, ritengo che il buon nome della Sicilia necessita di interventi non solo di maquillage ma di segnali concreti che ne rilancino l’affidabilità del sistema regionale verso chi intende investire nell’isola o verso chi dobbiamo convincere a non abbandonare la Sicilia. In questa direzione la politica locale non aiuta questo compito che è molto impegnativo ma che rappresenta la vera sfida culturale per l’intera classe dirigente.

Come sta andando la stagione: quest’anno in moltissimi hanno puntato sulla Sicilia, dice che questo trend aiuterà la vostra piccola economia?
Purtroppo non riusciamo ad attrezzarci per cogliere le potenzialità di una tendenza che è reale. L’Isola è a metà classifica nel gradimento dei visitatori, ma si riducono le permanenze per i costi. La programmazione degli eventi nella stagione estiva viene fatta con molto ritardo. I collegamenti con le isole minori lasciano a desiderare. Una nota di speranza potrebbero essere i distretti turistici di recente istituzione per organizzare un’offerta che sia adeguata all’appeal dei luoghi.

I negozi e gli esercizi, ad oggi, sono grandi indirizzi del franchising o piccole imprese familiari? Quali sono quelle che stanno resistendo di più alla crisi? Ci dia qualche numero.
In prevalenza sono imprese familiari, ma anche diversi sono i punti vendita in franchising. Condivido intanto la necessità di istituire un tavolo permanente che abbia come obiettivo principale quello di monitorare la crisi del commercio con particolare riferimento al settore terziario, come proposto recentemente dall’assessore regionale alle Attività Produttive, Marco Venturi. Un percorso virtuoso da intraprendere subito d’intesa con le forze sociali perché i problemi del commercio sono sovrapponibili a tutti gli altri settori produttivi dell’economia siciliana, tali da suggerire risposte organiche e urgenti tenendo conto che i lavoratori vanno  considerati una risorsa su cui investire e non certo un problema. Nel corso dei primi mesi del 2012 la tendenza negativa  è andata ancora più accentuandosi: 3 mila 337 esercizi commerciali hanno chiuso i battenti, con una stima che potrebbe toccare, alla fine dell’anno, quota 13 mila 400 fra fallimenti o chiusure di imprese dedite al commercio. Anche quest’anno il settore più colpito è quello del commercio al dettaglio, seguono le imprese di vendita all’ingrosso e quelle di commercio all’ingrosso e al dettaglio .

Secondo lei, ha senso intraprendere nuove start up, oggi, nella sua Regione?
Ha senso sicuramente e non solo perché abbiamo il dovere di fare professione d’ottimismo. Ha senso perché ci sono  grandi potenzialità da sfruttare in questa meravigliosa terra, perché esistono le condizioni per utilizzare le opportunità che vengono offerte dalle misure a sostegno delle nuove imprese e perché abbiamo un grande patrimonio sociale da mettere a valore se sappiamo motivare le nuove generazioni che aspettano segnali incoraggianti per organizzare insieme la speranza del territorio.

 

Paola PERFETTI