Punti fedeltà, perchè sono un importante strumento di marketing?

Cosa sono i punti fedeltà e perché sono sempre più un importante strumento di marketing? Scopriamo cosa c’è da sapere in merito nella nostra rapida ed esaustiva guida.

Punti fedeltà, cosa sono

Quando si parla di punti fedeltà si fa riferimento ad un meccanismo di fidelizzazione del cliente verso un azienda, uno store od un franchising.

Essi si accumulano attraverso una carta fedeltà od anche detta fidelity card, attraverso la quale si possono poi ottenere vantaggi commerciali o prodotti in regalo, messi a disposizione dall’azienda o dal franchising in questione. Questo sistema fa parte di quello che potremmo definire Micromarketing.

Con Micromarketing si intende quell’insieme delle strategie e delle leve di marketing, finalizzate a modificare, incrementare e quindi influenzare il comportamento del consumatore nel punto vendita, fisico e anche online.

Micromarketing, come funziona

Come funziona questo meccanismo di Marketing? Scopriamolo nel paragrafo che segue.

L’obiettivo di questa tipologia di strategia, che come detto prende il nome di micromarketing, deve essere quello di invogliare il consumatore a intrattenere una relazione duratura e stabile con l’azienda, che possa portare a dei benefici economici alla stessa. In definitiva una fidelizzazione del cliente che è uno dei punti fermi della brand positioning.

I principali obiettivi legati al micromarketing sono i seguenti:

  • acquisition, ossia incrementare la propria base clienti;
  • retention, ossia la capacità di mantenere stabili i rapporti con la propria base clienti nel tempo (mediante acquisti ripetuti), riuscendo in questo modo ad abbattere i costi del primo obiettivo (che sono mediamente più alti);
  • extension, per il quale si intende l’incremento della spesa media del cliente, mediante l’acquisto di un numero maggiore di prodotti, o per un ammontare superiore;

Alcuni esempi di Micromarketing

Il micromarketing fa leva su card specifiche, come detto poco sopra, quelle carte fedeltà, attraverso le quali si ottengono sconti o vantaggi od anche regali con la collezione di punti.

Esse possono essere legate sia agli store fisici che online, attraverso una serie di strumenti di marketing che impattino a livello di business.

Attraverso la fidelity card (o carta fedeltà) è possibile anche accumulare punti e di solito è compilata rilasciando al negoziante una serie di informazioni, che sono utilizzate dall’azienda per costruire il proprio database clienti e personalizzare le offerte.

Tra le informazioni richieste per ottenere la fidelity card, vi sono:

  • nome e cognome;
  • età;
  • sesso;
  • residenza;
  • nucleo familiare;
  • professione;
  • contatti

Attraverso questo strumento di “ricerca e controllo” del cliente, sarà possibile studiare il comportamento di acquisto dell’acquirente, in base a determinati elementi come i seguenti:

  • scontrino medio;
  • sensibilità alle promozioni;
  • brand loyalty;
  • concentrazione delle vendite;
  • composizione dello scontrino;
  • frequenza d’acquisto;

Non cambia la situazione nei casi del micromarketing digitale.

In tale caso, per esempio, i sistemi sofisticati di automation marketing legati alle mail di registrazione dei clienti, dove si possono proporre sconti e promozioni mirate in base al target di utenti, oppure la capacità di incrementare il prezzo medio dello scontrino mediante strategie di upselling e cross-selling, od anche mediante strategie di re-marketing, strumenti che consentono di raggiungere degli obiettivi in tempi rapidi e che si verificano essere le principali strategie utilizzate dai brand che operano online.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito all’usufrutto dei punti fedeltà e quanto essi siano una componente robusta ed importante dei sistemi di marketing e micromarketing del commercio sia fisico che online.

Fondo Impresa Femminile: contributi a fondo perduto per imprese rosa

Importanti novità per le donne che vogliono fare impresa: è possibile presentare la domanda per accedere al Fondo Impresa Femminile con contributi a fondo perduto e finanziamenti a tasso agevolato.

Cos’è il Fondo Impresa Femminile

Il Fondo Impresa Femminile è stato istituito con il decreto interministeriale del 30 settembre 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 dicembre 2021. Come sottolineato nell’avviso presente sul sito del MISE, l’obiettivo di “promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile, la diffusione dei valori dell’imprenditorialità e del lavoro tra la popolazione femminile e di massimizzare il contributo quantitativo e qualitativo delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese”. Il Fondo ha una dotazione di 40 milioni di euro ed è istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), ma è gestito attraverso Invitalia. Si rivolge alle imprese a prevalente partecipazione femminile e lavoratrici autonome.

A chi sono rivolti i fondi?

Si può accedere al Fondo Impresa femminile sia per la nascita di nuove imprese, sia per lo sviluppo e il consolidamento di quelle già esistenti.

La domanda può essere presentata da:

  • lavoratrici autonome in possesso di una partita IVA da meno di 12 mesi;
  • imprese femminili costituite da meno di 12 mesi:
  • persone fisiche che abbiano intenzione di aprire una partita IVA.

Inoltre, possono presentare la domanda per accedere al Fondo Imprese Femminili, imprese e lavoratrici autonome che al momento della domanda hanno iniziato l’attività da più di 12 mesi.

Cosa Finanzia il Fondo Impresa Femminile?

I fondi sono concessi a fronte di investimenti per l’avvio o il consolidamento di imprese femminili impegnate in:

  • produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato e della trasformazione dei prodotti agricoli;
  • fornitura di servizi, in qualsiasi settore;
  • commercio e turismo.

Deve inoltre essere ricordato che le spese ammissibili non possono essere superiori a 250 mila euro al netto d’IVA per i programmi di investimento in nuove imprese e 400 mila euro al netto d’IVA per i programmi di investimento per lo sviluppo e il consolidamento di imprese femminili. Le iniziative devono essere realizzate entro 24 mesi dal provvedimento di concessione dell’aiuto.

A quanto ammontano i finanziamenti?

Si è già detto in apertura che si tratta di un aiuto a fondo perduto, questo vuol dire che le somme concesse non devono essere restituite. Il finanziamento ha una durata massima di 8 anni. Le percentuali sono:

per le imprese di nuova costituzione

1) 80% delle spese ammissibili se gli investimenti sono inferiori a 100.000 euro;

2) 50% delle spese ammissibili per investimenti compresi tra 100.000 euro e 250.000 euro.

Per lo sviluppo e il consolidamento di imprese già esistenti

1) se sono state costituite da non più di 36 mesi al momento della data di presentazione della domanda, si può ottenere l’80% delle spese ammissibili. Una quota pari alla metà come contributo a fondo perduto e l’altra metà in forma di finanziamento agevolato;

2) per le imprese costituite da più di 36 mesi per le spese di investimento di applica il criterio dell’80%, diviso in parte in forma di contributo a fondo perduto e in parte come finanziamento agevolato, mentre per le esigenze di denaro circolante, le spese ammissibili sono agevolate nella forma del contributo a fondo perduto.

La domanda per accedere ai fondi visti deve essere presentata telematicamente attraverso la piattaforma Invitalia. Occorre prestare molta attenzione, infatti i contributi non sono concessi in base all’ordine di arrivo delle istanze, ma in base a una procedura valutativa delle domande. Questo implica che quanto più è dettagliato e convincente il progetto di investimento presentato, tanto più sono elevate le possibilità di riuscire ad accedere ai fondi.

Cosa valuta Invitalia?

Nella valutazione dei vari progetti presentati, Invitalia considera diversi aspetti, tra questi vi sono la validità del progetto da esaminare tenendo in considerazione la potenzialità del mercato di riferimento e il vantaggio competitivo, tiene inoltre in considerazione le strategie di marketing. Tra i fattori valutabili vi sono anche l’impatto sociale, occupazionale e ambientale che può avere l’attività imprenditoriale da avviare o avviata e da consolidare. Infine, si valuta la sostenibilità tecnica ambientale del progetto, la pertinenza del programma e la sua coerenza. Particolare attenzione viene inoltre data ai progetti ad alto valore tecnologico.

La possibilità di inoltrare le istanze sarà attiva a breve.

L’attenzione verso il lavoro femminile non è rivolta solo all’imprenditoria, infatti sono previste agevolazioni anche per coloro che assumo donne. Per saperne di più è possibile leggere l’articolo: Assunzione donne, under 36 e Sud: proroga delle agevolazioni contributive

Quali sono le tre fasi del processo di marketing management?

Il processo di marketing management può essere definito come quell’insieme di attività organizzate, programmate e controllate che, partendo dallo studio del consumatore sia a livello individuale che aggregato, sono volte al raggiungimento degli obiettivi aziendali di medio e lungo periodo attraverso la soddisfazione del cliente stesso. Le attività del processo di marketing all’interno dell’azienda possono riflettersi in una delle tre fasi previste, quella del marketing analitico, quella del marketing strategico e quella del marketing operativo.

Quali sono le fasi del marketing management?

La fase del marketing analitico prevede l’analisi delle caratteristiche dell’azienda intesa come sistema e degli elementi che sono indispensabili alla conoscenza del mercato per poter orientare le scelte e le azioni imprenditoriali. Nel marketing strategico rientrano tutte le linee strategiche aziendali e di prodotto di medio e di lungo periodo. Il marketing operativo comprende, invece, le linee strategiche aziendali di breve termine.

Marketing management, la fase analitica

Nella prima fase del marketing management, quella analitica, devono essere raccolte un certo numero di informazioni sia sull’interno dell’azienda che sul mercato. La fase di raccolta e di analisi avviene a tre livelli:

  • l’ambiente esterno;
  • il particolare business nel quale l’azienda compete;
  • il singolo consumatore e i suoi comportamenti di acquisto.

Nella fase di analisi è necessario far riferimento a varie tipologie di ambiente. Si va dall’ambiente cooperativo, ovvero quello rappresentato dai fornitori, dai distributori e, in generale, dagli stakeholder, all’ambiente economico, dall’ambiente sociale e politico, a quello giuridico e tecnologico.

Marketing, analisi e ricerca interna

L’analisi interna si focalizza sugli indicatori presenti nella realtà aziendale. Nel contesto, vanno individuati in particolare:

  • gli elementi del valore dell’azienda, i confini, le attività, le competenze chiave;
  • il posizionamento dell’azienda sul mercato;
  • i fattori del marketing mix, ovvero il prodotto, il prezzo, i canali di distribuzione e di promozione;
  • i numeri dell’azienda, ovvero il fatturato, i dati sul venduto, la distribuzione per aree geografiche, per canali, per tipologia di prodotti, per quote di mercato.

Marketing management, l’analisi esterna

L’analisi è un elemento indispensabile del moderno management, uno strumento di marketing che permette di avere a disposizione tantissimi dati dell’interno dell’azienda e dell’esterno. Nell’analisi esterna si individuano fattori che possono creare nuovi business oppure stroncarli, come la situazione legislativa e politica. Ad esempio, una legge che finanzia le energie alternative come il fotovoltaico, oppure le leggi sulla concorrenza, sulle politiche di lavoro, sulla tassazione. A livello economico, invece, è importante prestare attenzione alla situazione macroeconomica. Per un’azienda che fa esportazioni, il tasso di cambio è un elemento imprescindibile. Nel sociale l’analisi più importante da fare è quella volta a individuare le evoluzioni degli stili di vita, gli atteggiamenti, le credenze, i comportamenti. L’evoluzione tecnologica, poi, comporta la necessità di individuare soluzioni che possano impattare sul mercato e sul modello di sviluppo dell’azienda.

Analisi di mercato nel marketing management

L’analisi esterna che può dare maggiori informazioni all’azienda è quella che va a scrutare le caratteristiche del mercato in cui opera. Di sicuro, fattori fondamentali da approfondire sono rappresentati:

  • dalle analisi dei potenziali clienti;
  • dalle dimensioni del mercato, dei possibili segmenti e loro caratteristiche;
  • dal trend del mercato;
  • dagli attori presenti sul mercato;
  • dai canali di distribuzione.

Analisi della concorrenza e fattori critici di successo

Logicamente, l’analisi esterna all’azienda non può prescindere da quella dei concorrenti nella quale vanno rilevati:

  • il posizionamento, ovvero la possibilità di costruirsi una posizione nell’offerta che possa essere chiara, distinta e apprezzata nella mente dei clienti;
  • le dimensioni;
  • la quota di mercato;
  • la penetrazione;
  • la soddisfazione e la fedeltà;
  • il marketing mix (il prodotto, il prezzo, i canali di distribuzione e di promozione);
  • gli investimenti;
  • i canali di comunicazione;
  • la percezione dei clienti.

Lo studio dei fattori esterni all’azienda deve, inoltre, mirare a individuare quei fattori che, se posseduti, permettono di facilitare o di garantire il successo di un’attività. Questi fattori possono essere legati alla produzione, alla comunicazione o al commercio. Ad esempio, nel mercato del caffè da bar sono indispensabili i canali distributivi, la loro ampiezza e il rinnovo della gamma dei prodotti.

Seconda fase del marketing management: la strategia

La seconda fase del marketing management è quella strategica, relativa allo specifico business nel quale l’azienda vuole operare. Sostanzialmente si basa sulla domanda – dei clienti attuali e di quelli potenziali – e sull’offerta, ovvero sulla concorrenza. Definiti i fattori della prima fase, si passa a pianificare dunque la strategia per la realizzazione degli obiettivi partendo dal prodotto, dal prezzo, dalla distribuzione e dalla promozione. Ma ancor prima di avere una percezione di prezzo e di prodotto, è opportuno utilizzare la matrice Swot nella quale devono essere definiti, in maniera chiara e precisa, i punti di forza e di debolezza dell’azienda, le opportunità e le minacce. Ovvero di tutti quei fattori che possono rafforzare la politica di prodotto e di prezzo adottati dall’azienda.

Segmentazione del mercato e targeting

La segmentazione del mercato, nella fase di marketing strategico, consente di individuare quelle aree o quei segmenti all’interno del mercato utilizzando più variabili. Viene in aiuto la costruzione di tre assi nel raggruppamento dei clienti, ovvero:

  • a chi ci si rivolge;
  • per quali bisogni, ovvero cosa si vuole offrire;
  • con quali tecnologie, ovvero come si vuole realizzare.

Il maggiore e minore successo di una strategia di marketing dipenderà dalla corretta individuazione dei clienti per diversi fattori, come:

  • demografici, ovvero per età, reddito, sesso, livello di istruzione, generazione, dimensione della famiglia;
  • per aree geografiche;
  • elementi psicologici, ovvero stili di vita e valori;
  • comportamento, ovvero chi è il responsabile degli acquisti? per quale motivo compra il prodotto? quali sono i benefici attesi? quale livello di fedeltà può assicurare il cliente? quale attitudine mostra?

La targetizzazione del mercato permette all’azienda di individuare quali clienti hanno maggiore bisogno dei propri prodotti o servizi. La scelta del target permette di concentrarsi su un solo segmento, o sulla specializzazione verso un solo prodotto, o verso un solo mercato, quando non si ha l’opportunità o la possibilità di coprire più mercati, con più prodotti differenti o, addirittura, arrivare alla copertura totale del mercato per tutte le esigenze.

Il marketing operativo

L’ultima fase del marketing management attiene alla parte operativa. Una volta definito il quadro strategico, è indispensabile pianificare le attività e seguire lo sviluppo dei prodotti e dei servizi in tutte le varie fasi. È questa la fase in cui si passa dalla fase del concetto a quella del prodotto o del servizio finale. E, pertanto, risulta indispensabile controllare che tutte le attività di marketing convergano al raggiungimento dell’obiettivo.

Il controllo e gli indicatori chiave nel marketing management

Nel marketing operativo è indispensabile che tutti gli indicatori chiave o le Key performance indicators (Kpi) vengano identificati e controllati. In definitiva, si scelgono quali sono i fattori che possano dare un’identificazione ben definita di come stanno procedendo le vendite e si studiano gli andamenti. I Kpi maggiormente indicativi sono il volume di vendita, il fatturato, la quantità di vendita, il numero dei clienti, la quota del fatturato, i vantaggi della pubblicità, i costi di acquisizione, il margine di guadagno. La fase di controllo e di verifica sta assumendo sempre maggiore importanza nelle realtà aziendali. Infatti, l’azienda deve essere velocemente in grado di individuare le problematiche e di attivare i necessari correttivi che possano invertire i risultati raggiunti.

 

Quali sono gli elementi più critici e gli errori da evitare nella stesura di un business plan?

Per il finanziatore o per l’investitore, il business plan rappresenta lo strumento dal quale raccogliere le varie informazioni di natura economica, strategia, finanziaria e di marketing. Dall’analisi del business plan deriverà la decisione di finanziamento. Dunque, sulla qualità del documento dell’azienda, sarà possibile esaminare:

  • cosa si vuole fare e quale idea ne è alla base;
  • quali risultati si vogliono raggiungere;
  • quali strategie e mezzi necessitano per conseguire i risultati prefissati.

Perché il business plan è importante?

Il business plan è pertanto il documento che riassume meglio l’idea imprenditoriale. Volendo sintetizzare i punti chiave della stesura del documento, è opportuno far riferimento:

  • all’analisi di mercato, e dunque ai fattori interni ed esterni, tra i quali i competitori, le variabili ambientali, il target e i fattori critici di successo;
  • al piano di azione di marketing;
  • al piano delle attività o planning;
  • al piano degli investimenti;
  • alla pianificazione e l’allocazione delle risorse umane da utilizzare;
  • ai nuovi modelli di valutazione e di finanziamento.

I vantaggi nella redazione del documento

È evidente che un business plan ben strutturato e completo, oltre a presentare con la massima professionalità la propria idea di business per ricevere finanziamenti, offre l’occasione di cercare e di sviluppare una strategia il più chiara possibile. Inoltre, il documento permette di monitorare e di implementare le azioni strategiche e di prevedere l’avvicinarsi di una crisi aziendale.

Quali sono i quattro elementi critici di un business plan

Tuttavia, affinché il business plan possa essere redatto in maniera completa e rimarcare gli obiettivi aziendali, è necessario tener presente di quattro fattori essenziali sui quali è necessario prestare la massima attenzione: ci si riferisce alle persone, alle opportunità, al contesto e alle possibilità.

Business plan, chi deve redigerlo?

Le persone che si occupano della stesura del business plan sono fondamentali. Difficilmente il documento viene redatto da una sola persona. Più frequentemente rappresenta, invece, il risultato del lavoro di un team di management eterogeneo e complementare in termini di background, di capacità manageriali e di conoscenze del settore. Pertanto, soprattutto nelle imprese di più grandi dimensioni, per arrivare a un piano di marketing ottimamente strutturato e completo, è indispensabile il lavoro dei reparti di comunicazione, di vendita e di produzione.

Punti critici di un business plan: le opportunità

Le opportunità da cercare e da valutare nella redazione di un business plan sono sempre due, ovvero la differenziazione e il potenziale di mercato. A seconda dei casi, il management dovrà decidere se conviene differenziare con prodotti o con linee di prodotti, oppure se il potenziale di mercato è tale da portare a una scelta estrema come, ad esempio, quella di uscire dal settore. Nello specifico, è indispensabile che l’analisi parta da tre differenti domande:

  • in cosa si differenziano i prodotti o servizi dell’azienda rispetto a quelli della concorrenza?
  • quali sono i punti di forza dell’azienda e quali i punti di debolezza?
  • come i concorrenti affrontano le problematiche comuni?

Il contesto nel piano di marketing

L’analisi del contesto nel quale opera l’impresa è fondamentale. Ci si riferisce a uno studio approfondito della concorrenza, dei competitori e, più in generale, al contesto che circonda l’azienda stessa. Pertanto, per le imprese che si affacciano sul mercato per la prima volta, è indispensabile definire quali sono le barriere per l’approccio alla produzione e vendita, le minacce e le opportunità. In questo step, è necessario definire anche quale sarà la domanda potenziale del prodotto o del servizio da parte del mercato, in termini dunque sia quantitativi che qualitativi. Utile, in questo contesto, è l’analisi dei dati del mercato e le possibili segmentazioni di domanda e offerta.

L’analisi degli scenari nel piano di marketing

Infine, in un business plan non possono mancare le possibilità, ovvero lo studio dei possibili scenari di mercato. L’analisi del contesto induce l’azienda, pertanto, a raccogliere il maggior numero di informazioni necessarie per individuare quali saranno gli sviluppi futuri del mercato. In questa fase, come nelle precedenti, è indispensabile partire dallo sviluppo dell’analisi Swot: nel quadrante dovranno essere indicati minuziosamente i punti di forza e quelli di debolezza dell’azienda, le minacce e le opportunità.

Business plan, errori da evitare: nessuna menzione per i concorrenti

Diversamente dagli elementi critici di un business plan è la lista degli errori comuni che si commettono nella redazione del documento. Innanzitutto un business plan non può partire dalla mancanza di menzioni dei concorrenti: la regola generale è che non si è mai, o quasi mai, in condizioni di monopolio. Ma anche in caso di oligopolio o di duopolio è indispensabile spiegare chi sono i concorrenti e in quali altri business sono coinvolti.

Documento di marketing, mancanza di chiarezza del vantaggio competitivo

Il vantaggio competitivo in un documento di marketing deve esserci sempre. La mancanza di questo fondamentale elemento comporterebbe la mancanza di senso del documento stesso. Analogamente, vanno sempre spiegati in volumi sia la quota di mercato che i relativi calcoli. Solo in seconda istanza si potrà indicare i valori delle quote di mercato in euro o dollari.

Valori e crescita aziendale nel piano di marketing

Sono altresì da evitare errori che riguardano la mancanza di accenni al processo di crescita organizzativa dell’azienda necessaria per sostenere l’aumento dei ricavi. Non prevedere una crescita non solo potrebbe indicare un approccio superficiale, ma indurrebbe ad abbassare la fiducia dei finanziatori nei confronti dell’azienda. Analogamente, non vanno fatte sopravvalutazioni dell’idea imprenditoriale e nemmeno proiezioni irrealistiche: gli obiettivi, ancorché ambizioni, devono sempre essere ragionevolmente realizzabili e a portata di mano. È consigliabile piuttosto avere un “piano B” che difendere con i denti una esagerata stima della crescita.

Business plan e conoscenza del bilancio

È altresì indispensabile che un piano di marketing strategico ben strutturato, sia accompagnato da riferimenti operativi, del “saper fare”. Chiaramente i dati economici e finanziari non devono essere sballati: la scarsa conoscenza del bilancio come strumento che descriva la realtà aziendale può generare errori grossolani e anche gravi, come il confondere il cash flow e i profitti.

Coerenza del business plan

In definitiva, il business plan deve essere un documento coerente, un disegno armonico nel quale convergono strategia aziendale, analisi del mercato e dei competitor e studio del contesto. Le incongruenze che si presentano a chi dovrà prendere visione del documento possono facilmente saltare all’occhio e decretarne l’archiviazione.

 

Come si fa un piano di marketing?

Il piano di marketing è lo strumento indispensabile attraverso il quale tutte le imprese traducono in azioni concrete gli obiettivi della strategia di marketing. È costituito da un documento di pianificazione contenente la strategia e le azioni operative che l’azienda mette in campo per raggiungere i propri obiettivi. Lo scopo del piano di marketing è quello di dirigere, coordinare e tenere sotto controllo tutte le attività di marketing che l’impresa attua o prevede di attuare in un determinato periodo di tempo, mettendo in relazione i servizi o prodotti con il mercato di riferimento.

Come nasce il piano di marketing?

Prima di iniziare a scrivere un piano di marketing è necessario rispondere a tre indispensabili domande riguardanti la strategia aziendale:

  • qual è il business al quale l’azienda fa riferimento nel presente e anche nel futuro?
  • chi sono i potenziali clienti e quali saranno nel futuro?
  • cosa distingue l’impresa dai concorrenti sul mercato?

Nel momento in cui si hanno delle risposte a queste tre domande e si individua chiaramente qual è la mission dell’impresa, si potrà iniziare la stesura del piano di marketing.

Chi scrive il piano di marketing?

Difficilmente il piano di marketing viene redatto da una sola persona. Quasi sempre è il risultato del lavoro congiunto del dipartimento di marketing. Soprattutto nelle imprese più grandi, per arrivare a un piano di marketing strutturato e preciso è necessario il contributo dei reparti comunicazione, vendita e produzione. È altresì indispensabile avere una visione completa degli strumenti di marketing a disposizione dell’azienda, per capire come i risultati attesi possano essere raggiunti.

Come si articola il piano di marketing?

Il contenuto del piano di marketing è articolato in sei aree o step operativi. Lo schema è valido per tutti i contesti aziendali, sia che si tratti di un’intera azienda che di un reparto marketing, di un freelance o di un product manager. Quel che varia, invece, sono gli obiettivi, l’organizzazione del lavoro, le risorse e i tempi a disposizione.  I sei step sono:

  • analisi del contesto o definizione del mercato e delle opportunità di inserimento;
  • analisi della concorrenza e degli altri fattori esogeni;
  • strategia di marketing;
  • ricerca di mercato,
  • previsione di vendita;
  • analisi del punto di pareggio operativo.

Analisi del contesto o definizione del mercato e delle opportunità di inserimento

Innanzitutto è necessario analizzare il mercato di riferimento e le opportunità che lo stesso offre per l’inserimento. È indispensabile definire quali sono le barriere all’entrata nel marcato, le minacce e le opportunità. In questo primo step è opportuno anche definire l’analisi della domanda potenziale, qualitativa e quantitativa, nonché l’analisi dei dati del mercato e delle possibili segmentazioni della domanda e dell’offerta. L’analisi del contesto, dunque, implica il capire lo scenario in cui si opera e raccogliere tutte le informazioni necessarie per individuare quali saranno gli scenari futuri. Strumento indispensabile di questa fase è l’analisi Swot, ovvero il quadrante che riassume i punti di forza e di debolezza, le minacce e le opportunità, utile anche nella seconda fase del piano.

Analisi della concorrenza nel piano di marketing

La seconda fase del piano di marketing, quella dell’analisi della concorrenza e dei fattori esogeni, implica la necessità di dare risposte a tre domande fondamentali:

  • in cosa si differenziano i nostri prodotti o servizi rispetto a quelli dei competitor?
  • quali sono i nostri punti di forza e quali quelli di debolezza?
  • come i competitor affrontano le problematiche comuni?

Gli errori che si possono fare in questa fase sono quelli di dare scarsa importanza alla reazione dei concorrenti sul mercato e di sopravvalutare i punti di forza o di sottovalutare i punti deboli dell’azienda stessa.

Strategia di marketing

La fase di strategia di marketing, altrimenti conosciuta come “pianificazione strategica” o di “definizione del marketing mix”, è quella che prevede la definizione delle 4 P del marketing, ovvero Prodotto, Prezzo, Promozione e Place (distribuzione). È questa dunque la fase nella quale si definiscono i punti cruciali del marketing che l’azienda seguirà, passando anche dalle parole ai numeri, ovvero alla ripartizione dei budget e delle risorse assegnate a ciascuna delle attività pianificate e a quale prezzo si intenda vendere il prodotto o il servizio con il quale entrare nel mercato.

Ricerca di mercato e previsioni di vendita

Le ricerche di mercato e le previsioni di vendita permettono di dare maggiore credibilità al business plan, ovvero lo strumento redatto per chi decida di mettere in pratica un’idea imprenditoriale, valutandone la fattibilità economica e finanziaria. In questa fase, l’imprenditore riceve le prime valutazioni se l’idea imprenditoriale può funzionare o meno, con un’analisi più attenta degli obiettivi, delle strategie, delle vendite e delle previsioni finanziarie. L’imprenditore non ha solo una maggiore conoscenza della propria azienda ma inizia ad acquisire una maggiore consapevolezza del mercato di riferimento, arrivando a poter formulare delle vere e proprie previsioni sulle future vendite.

Analisi del punto di pareggio e rischio operativo

Il punto di pareggio nel piano di marketing fa riferimento all’analisi del reddito operativo, determinato dagli elementi strutturali (ovvero dalla capacità produttiva, dall’esperienza e dal grado di diversificazione), dai volumi di produzione e di vendita, dal livello dei prezzi costo e dal livello dei prezzi ricavo. Il reddito operativo può essere definito dal calcolo:

ricavi totali – costi totali di gestione  ovvero da RO = RT – CT.

Il punto di pareggio, espresso in volumi, è definito come il livello nel quale il reddito operativo è pari a zero, ovvero i ricavi totali eguagliano i costi totali. In tal caso i volumi di produzione eguagliano quelli di vendita e risultano conosciute le curve dei costi e dei ricavi.

Definito il piano di marketing non resta che partire

Definito il piano di marketing, gli obiettivi, gli strumenti e i tratti distintivi dell’azienda, non resta che partire. È necessario, dunque, mettere in pratica le strategie e monitorare i risultati ottenuti sul mercato. È indispensabile, per avere la situazione sotto controllo, che il piano di marketing abbia previsto, a priori, i key performance indicators (Kpi), che daranno risposte per valutare gli i risultati delle azioni di marketing e, in generale, degli investimenti fatti dall’azienda.

Il vino italiano si insegna all’università

Il vino italiano è un’eccellenza e un volano eccezionale per nostra economia ed è perciò fondamentale che chi si avvicina a questo mondo al livello imprenditoriale non lo faccia in modo improvvisato. Ecco allora l’importanza di “insegnare” il vino italiano.

Lo ha capito la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che ha avviato il master universitario di primo livello “Vini italiani e mercati mondiali”, in collaborazione con Università di Pisa, Università per Stranieri di Siena, Associazione Italiana Sommelier, le cui iscrizioni si chiudono il 15 ottobre prossimo.

L’obiettivo del master è quello di formare dei veri ambasciatori del vino italiano, capaci di comunicarne il valore aggiunto che esso ha sotto molteplici aspetti e capaci, soprattutto, di effettuare una promozione efficace soprattutto all’estero, in particolare sui mercati emergenti, dove c’è tanta voglia di vino italiano e le potenzialità di sviluppo e crescita sono incalcolabili.

La figura professionale che questo master contribuirà a creare è tanto poco diffusa quanto importante. Importante perché il vino italiano ha un futuro rilevante sui mercati internazionali, in particolare su quelli emergenti, che vanno affrontati promuovendo il settore vitivinicolo con una formazione adeguata e una chiara visione dei temi strategici di ambito economico.

Ecco perché il master della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa si propone di formare veri professionisti del vino italiano, in possesso di conoscenze nel settore viticolo e in quello enologico, da acquisire anche attraverso la partecipazione al corso di sommelier, che permette di conseguire il titolo rilasciato dall’Associazione Italiana Sommelier.

Gli ambasciatori del vino italiano che usciranno dall’ateneo pisano avranno una visione chiara delle strategie di marketing per affrontare le sfide che il mercato globale proporrà in termini di diffusione, promozione e conoscenza tanto del vino italiano, quanto dei territori di produzione e dei suoi addentellati culturali, economici, commerciali e sociali.

E non è solo la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa ad aver capito quanto i professionisti del vino italiano abbiano bisogno di una formazione adeguata al materia che si trovano a trattare. Anche l’Università Bocconi di Milano ha deciso di investire in formazione in questo ambito grazie al lancio del Wine management lab della Sda Bocconi.

La scuola di management dell’università milanese ha infatti presentato mercoledì 7 ottobre il suo Wine management lab con l’incontro “La leadership del vino italiano come ambasciatore del Made in Italy: possibilità o realtà?”, per confermare un impegno nel mondo del vino che, in realtà non le è nuovo (Sda Bocconi è da almeno un decennio attiva nel segmento del marketing del vino) ma che, oggi più che mai, è necessario per valorizzare al meglio un campione dell’italianità e dell’economia tricolore

Per informazioni, dettagli sui programmi didattici, destinatari del master e iscrizioni al master della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, cliccare qui.

Per i dettagli sul Wine management lab della Sda Bocconi, cliccare qui.

Informatico del web? Vogliono te!

La tecnologia attuale, che riguarda social marketing, blogging e servizi web, è al centro di una richiesta di lavoro da parte di una società che opera nel settore marketing, pubblicità e comunicazione nella regione del Lazio.

La figura professionale ricercata deve avere conoscenza di attività di marketing non convezionale, viral, buzz e social marketing, blogging e forum infiltrations, forti capacità di promozione e lancio di prodotti/servizi sul web, diffusione di materiale virale ed essere in grado di dimostrare un‘esperienza di almeno 3 anni nel settore.

Altri requisiti sono: forti capacità di relazione e lavoro in team, nonché capacità di riportare correttamente ad altri messaggi di comunicazione nell’ambito di un brief; eccellenti capacità tecniche informatiche; conoscenza SEM di gestione campagne paid search, display o rete search; conoscenza delle principali metriche web, capacità di analisi dei dati web e sviluppo di Report/documetazione rendicontazione.

Per saperne di più, Lavoro.org.

Docente marketing cercasi!

Una società di Piacenza è alla ricerca di un docente di marketing con almeno due anni di esperienza nell’ambito della formazione professionale per gli adulti e in possesso di conoscenze provate nell’area marketing e comunicazione.

I corsi si svolgono su diversi livelli, perciò il candidato dovrà essere preparato sia per i corsi base , sia per quelli più avanzati, nonché in possesso di una laurea breve in marketing.
Per questo, viene richiesta la conoscenza dei fondamenti del marketing classico e degli sviluppi del marketing web 2.0.

Per saperne di più, Infojobs.it.

Laureato in economia? C’è uno stage per te!

Un’azienda leader nel settore della comunicazione e del marketing è alla ricerca di giovani laureati che siano disposti a partecipare ad uno stage retribuito, finalizzato ad un inserimento nelle sue reti di vendita.

Tra i requisiti richiesti:

  • laurea in economia o scienze della comunicazione preferibilmente conseguita dopo il 2012 e con votazione finale superiore al 98;
  • esperienza anche breve di vendita;
  • disponibilità a valutare la possibilità di aprire la partita iva dopo lo stage di tre mesi ed essere automuniti;
  • buona dimestichezza con il mondo del web, non solo come semplici navigatori ma come utenti evoluti, meglio se in grado di costruire un sito

Durante i mesi dello stage verrà corrisposto ai candidati prescelti un fisso mensile più provvigioni sui contratti acquisiti, oltre ad una formazione continua, affiancamenti in vendita, ufficio d’appoggio.

Per saperne di più, Lavoro.org.

Coworking: una ricetta per coltivare talenti

 

Loro preferiscono definirlo ‘passion working space‘, perchè chi l’ha detto che il posto di lavoro deve essere per forza noioso? Sono Victor Vassallo, Fabrizio Ventre, Gianni Potti e Pieluigi Ancilotto, 4 imprenditori padovani che della loro ‘passione’ ne hanno fatto un mestiere, e, anche e soprattutto, un nuovo modo di concepire lo spazio dove nasce la creatività.

Talent Garden Padova è uno dei primi esempi ‘virtuosi’ di coworking in Italia. La ricetta è semplice:  condividere uno spazio di lavoro non significa soltanto dividersi sedie, scrivanie e bollette, ma vuole dire dare vita a un network di professionisti in grado di far circolare idee e creatività. Talent Garden nasce esattamente da questo desiderio: far convergere, nel medesimo spazio, che non è solo fisico ma anche relazionale, professionisti e freelance del mondo della comunicazione, web e digitale.

Noi di Infoiva abbiamo intervistato Victor Vassallo e Gianni Potti, i fondatori di Talent Garden Padova, che ci ha raccontato come è nata l’idea di dare vita ad un vero e proprio ‘giardino del talento‘.

Quando e come è nata l’idea di dare vita al Giardino dei Talenti?
Nella primavera del 2012 i 4 co-founder padovani hanno incrociato gli amici bresciani Davide Dattoli e Gianfausto Ferrari, che avevano dato vita, a fine 2011, al primo Tag italiano a Brescia; è stato amore a prima vista perché il progetto di coworking, o meglio di creare un vero e proprio Passion Working Space, ci è piaciuto da subito e da li a poco abbiamo iniziato a sviluppare la nostra realtà, facendo di fatto entrare Tag Padova nella prima Rete d’Innovazione d’Italia.

Quanti membri conta oggi il vostro progetto?
Gli abitanti sono 17, equamente divisi tra developer, web designer, esperti di web marketing e di comunicazione multimediale; poi ci sono una dozzina di soci perché nel nostro modello padovano abbiamo voluto condividere la partecipazione di imprenditori di settori e province diverse.

Quali figure professionali possono entrare a far parte del Giardino dei Talenti? Come vi si accede?
Tag Padova è rivolto a talenti che vogliono lavorare e fare network nei campi della comunicazione, del web e del digitale; professionisti e freelance che si occupano di comunicazione, marketing, programmazione, grafica, con un focus particolare per progetti legati a web e digitale (esperti SEO, SEM, web marketing, social media, comunicazione multimediale e strategie digitali; programmatori e sviluppatori si software e app per web e mobile; web e graphic designer).

Coworking: che cosa significa per voi? Condividere spazi o condividere idee?
La nostra è una filosofia ben lontana da quella del business center ma si basa sulla condivisione di idee, scambio, contaminazione tra individui che hanno talenti, professionalità, passioni e interessi affini e complementari.

Sono soprattutto le start up a scegliere la formula del coworking o anche imprese già avviate?
C’è un po’ di tutto, perché per noi non esiste una ricetta uguale per tutti, proprio perché il nostro modello non è tanto legato ai progetti, ma alle persone: vogliamo farle interagire tra di loro per creare quell’humus utile a far germogliare meglio possibili nuove imprese.

La Regione Veneto ha destinato incentivi o contributi a chi dà vita a un coworking?
Attualmente non ci risulta. E’ una cultura ancora tutta da trasferire qua a Padova.

In Italia, a vostro avviso, esiste una cultura di coworking o molto si deve ancora fare?
Molto si deve ancora fare, e ancor più La cultura della condivisione e del fare rete deve imporsi sul nostro mondo veneto per essere competitivi sui mercati.

E se ancora non siete convinti, il prossimo appuntamento da segnarsi con Talent Garden Padova è con Facebook Mastery, venerdì 22 Febbraio. Dove? Naturalmente a Padova.

Alessia CASIRAGHI