Conversione decreto Riaperture: proroga smart working e formazione a distanza

La legge 52 del 19 maggio 2022 conferma la conversione decreto Riaperture.  Molte le conferme tra cui la possibilità dei lavoratori agili di continuare a lavorare in smart working e la possibilità di erogare la formazione obbligatoria in modalità da remoto. Ecco nel dettaglio cosa succede nei prossimi mesi.

Conversione decreto Riaperture: confermata la formazione obbligatoria a distanza

La prima cosa da sottolineare è che a questo punto le norme hanno un’efficacia temporanea, infatti si va verso il definitivo superamento delle restrizioni anti-covid.

Sappiamo che i lavoratori in base alle mansioni e al settore in cui operano devono sottoporsi a corsi di formazione in materia di sicurezza e salute sul lavoro. La legge 52 del 2022 prevede che la formazione possa essere erogata anche a distanza, questo fino al 30 giugno 2022 data entro la quale la Conferenza Stato-Regioni dovrebbe adottare il relativo accordo sulle modalità di somministrazione della formazione.

Nell’accordo devono essere comprese norme:

  • su durata, contenuti minimi e modalità in cui deve essere somministrata la formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
  • modalità di controllo/verifica sui contenuti appresi durante il corso.

Deve essere sottolineato che fino al 30 giugno 2022 i corsi possono essere somministrati alternativamente da remoto o in presenza, ma caso in cui la formazione preveda addestramento e prove pratiche, deve essere svolto esclusivamente in presenza.

Proroga smart working

La legge 52 prevede anche la proroga dello smart working fino al 30 giugno 2022 per i lavoratori fragili. Si tratta di soggetti che hanno patologie gravi certificate. Per costoro il periodo di assenza viene ancora parificato al ricovero ospedaliero.

I datori di lavoro del settore privato in caso di assenza dei lavoratori fragili possono chiedere il rimborso forfettario dei contributi corrisposti per questo periodo.

Fino al 31 luglio viene prorogato invece lo smart working per i lavoratori che hanno figli di età inferiore ai 14 anni. Per poter accedere a questo beneficio è però necessario che nel nucleo non sia presente un genitore che non lavora o che riceve prestazioni reddituali legate alla cessazione di attività o sospensione della stessa.

Fino al 30 giugno 2022 le aziende che utilizzano lo smart working devono continuare ad utilizzare la procedura di comunicazione semplificata attraverso l’applicazione presente sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Non occorre quindi allegare alcun accordo con il lavoratore.

Conversione decreto Riaperture: proroga al 31 luglio della sorveglianza sanitaria obbligatoria

Le norme sulla sorveglianza sanitaria restano in vigore fino al 31 luglio 2022, si tratta dell’articolo 83 commi 1,2 e 3 del decreto legge 34 del 2022.

Questo stabilisce che il datore di lavoro i cui dipendenti siano ad elevato contatto con il pubblico debbano eseguire la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente a rischio. I datori di lavoro che non sono obbligati dalla normativa a nominare un medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, possono comunque nominarne uno per il periodo emergenziale. In caso contrario possono chiedere lo svolgimento della sorveglianza sanitaria eccezionale in oggetto ai servizi territoriali dell’INAIL. In caso inidoneità alla mansione accertata non possono comunque sciogliere il rapporto di lavoro.

Sorveglianza Sanitaria: proroga al 31 luglio per la comunicazione dei dati

In un avviso pubblicato il 22 febbraio 2022 l’INAIL ha reso noto che c’è una proroga dei termini per l’invio da parte del medico competente della comunicazione sulla sorveglianza sanitaria. Le aziende, tramite il medico competente, dovranno ottemperare entro il 31 luglio 2022 e non entro il 31 marzo 2022.

Cos’è la sorveglianza sanitaria?

La sorveglianza sanitaria è disposta dal decreto legislativo 81 del 2008, cioè la principale norma avente ad oggetto la sicurezza sul luogo di lavoro. L’ottemperanza di tale obbligo è prevista in determinate tipologie di imprese in cui vi è un elevato rischio che si verifichino sinistri e in cui sono frequenti i casi di malattia professionale. In queste aziende deve essere nominato anche il medico competente che entro il primo trimestre dell’anno successivo rispetto a quello di riferimento deve inviare all’INAIL, tramite l’ASL, il comunicato con i risultati della sorveglianza sanitaria attuata nell’anno precedente. Per fare ciò deve utilizzare il modulo 3B.

Perché viene prorogato il termine per la comunicazione dei dati aggregati inerenti sinistri e malattie professionali?

In seguito all’emergenza Covid, l’INAIL ha provveduto a sospendere l’obbligo di inoltro di tale comunicato per l’anno 2020, quindi relativa alla comunicazione da inviare entro il 31 marzo 2021. Ora con il nuovo comunicato dell’INAIL si provvede alla posticipazione dei termini relativi alla presentazione della comunicazione da parte del medico competenze all’INAIL dei dati inerenti la sorveglianza sanitaria 2021. Il nuovo termine è il 31 luglio 2022.

Si legge nell’avviso che, al fine di fronteggiare l’emergenza Covid, e consentire ai medici competenti una migliore gestione dell’inoltro dei dati aggregati e collettivi, è oggetto di proroga il termine per l’invio dei dati alle “Aziende Sanitarie Locali competenti delle informazioni riguardanti i dati collettivi aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria nell’anno 2021”.

Per conoscere in quali casi è necessario attivarla e nominare il medico competente, è consigliata la lettura degli approfondimenti:

La sorveglianza sanitaria obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro

Sicurezza sul luogo di lavoro: la figura del medico competente

Piano operativo per la sicurezza: quali imprese devono redigerlo?

Se sei un’impresa i cui addetti lavorano fuori dall’azienda hai l’obbligo di redigere il POS, Piano Operativo per la Sicurezza, previsto dal decreto legislativo 81 del 2008. Vediamo di cosa si tratta e quali sono i suoi contenuti.

Chi è obbligato ad avere il Piano Operativo per la Sicurezza

Devono redigere il POS le ditte che operano attraverso cantieri esterni e mobili, si tratta in particolare delle imprese edili o  che eseguono lavori di ingegneria. L’obbligatorietà del Piano Operativo per la Sicurezza era già prevista nel decreto legislativo 626 del 1994, oggi invece è disciplinato dall’articolo 89 del decreto 81/2008 (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro) che rimanda all’allegato XV per delineare i contenuti obbligatori di questo importante documento.

La prima cosa da fare è delineare cosa si intende per cantiere mobile: si ritiene tale ogni spazio esterno rispetto alla sede dell’impresa in cui si svolgono lavori di edilizia o di ingegneria civile. Il POS deve essere redatto anche da eventuali imprese che lavorano in subappalto, in questo caso quindi se in cantiere ci sono addetti dell’impresa principale e quelli dell’impresa in subappalto sarà necessario avere due documenti. Il lavoratore autonomo che non si avvale della collaborazione altrui, non ha obbligo di POS.

Nel caso in cui il cantiere mobile o esterno sia gestito da un’impresa pubblica, il POS viene sostituito dal PSS (Piano Sostitutivo per la Sicurezza) i contenuti in realtà non sono divergenti.

Come redigere il POS

Si è visto quali imprese sono obbligate ad avere il Piano, ora vedremo in concreto cosa è necessario inserire in esso.

L’allegato XV al D.lgs 81/2008 (TUSL) sottolinea che per redigere in modo corretto il POS è necessario indicare:

  • i dati identificativi dell’impresa, nome del datore di lavoro, numero di telefono, sede legale e uffici del cantiere;
  • le attività svolte in cantiere (intonaci, scarriolatura materiali sciolti, realizzazione tetti, ponteggi…) e dei lavoratori subaffidatari;
  • il nominativo del medico competente ( questo va nominato solo nei casi in cui è necessario organizzare il servizio di sorveglianza obbligatoria, cioè i lavori comportano rischi specifici, ad esempio in caso di vibrazioni, rumori);
  • il nominativo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione;
  • nominativo del responsabile del servizio antincendio ed evacuazione, gestione delle emergenze in cantiere e pronto soccorso;
  • generalità del direttore tecnico e del capo cantiere;
  • nel POS deve essere indicato il numero e le qualifiche delle persone che sono destinate a essere in cantiere e le mansioni che gli stessi devono svolgere, in questo modo è possibile individuare in modo preciso anche i rischi;
  • Il piano deve inoltre indicare i macchinari, le strumentazioni, i ponteggi e tutti gli altri elementi presenti in cantiere che possono generare pericoli di particolare entità per i lavoratori;
  • devono altresì essere indicate le sostanze presenti in cantiere che potrebbero essere dannose, ad esempio nel caso in cui sia presente calce o altri materiali che possono risultare potenzialmente dannosi se non usati nel modo giusto.
  • deve fornire un elenco dei dispositivi di sicurezza forniti e gli altri dispositivi e protocolli utilizzati al fine di prevenire infortuni e danni alla salute, l’indicazione di tali misure deve essere correlata all’indicazione dei rischi presenti in cantiere;
  • il POS deve indicare i percorsi di formazione e informazione forniti a coloro che occupano il cantiere.

Ulteriori informazioni sul Piano Operativo per la Sicurezza

Può capitare che una stessa impresa edile o ditta che esegue lavori di ingegneria abbia diversi cantieri esterni rispetto alla sede, in questi casi la normativa prescrive che per ogni cantiere deve essere predisposto un POS, naturalmente non può trattarsi di un documento fotocopia in quanto nella maggior parte dei casi i lavori che si eseguono nei vari cantieri non sono identici e di conseguenza per ognuno devono essere date le giuste indicazioni inerenti mansioni svolte, rischi connessi e misure preventive. Inoltre è molto probabile che per ogni cantiere siano diversi gli “attori”, cioè il RSPP e gli altri soggetti che hanno incarichi inerenti la sicurezza.

Anche in questo caso, come in quello del Documento di Valutazione Rischi, l’obbligo della predisposizione del POS ricade sul datore di lavoro.

Per chi vuole redigere correttamente il POS è possibile richiedere il decreto interministeriale 9 settembre 2014 in cui è presente un modulo da compilare per avere un Piano a norma.

Il Piano Operativo di Sicurezza deve essere consegnato dal datore di lavoro al Coordinatore per l’esecuzione dei lavori almeno 15 giorni prima l’inizio dell’esecuzione dei lavori, nel caso in cui si tratti di un’impresa in subappalto, il POS deve essere consegnato da questa all’impresa affidataria almeno 30 giorni prima dell’ingresso in cantiere, che a sua volta deve consegnare il POS al coordinatore.

In caso di mancata adozione del POS è prevista l’applicazione di sanzioni da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 15.000 euro, a questi si aggiunge la pena detentiva di durata fino a 8 mesi. Le sanzioni si applicano anche nel caso in cui il POS sia stato redatto, ma non contenga tutte le informazioni necessarie.

Imprese: datore di lavoro deve convocare la Riunione sulla Sicurezza

Conoscere i rischi specifici del proprio luogo di lavoro è essenziale per prevenire infortuni e patologie. Proprio la consapevolezza di tutti gli “attori aziendali” è spesso un punto nevralgico per le imprese e di conseguenza è prevista la Riunione sulla Sicurezza obbligatoria con cadenza annuale.

Aziende in cui deve svolgersi la Riunione sulla Sicurezza obbligatoria

Il decreto legislativo 81 del 2008 all’articolo 35 pone l’obbligo per il datore di lavoro di convocare almeno una volta l’anno la Riunione sulla Sicurezza. Tale obbligo vige solo nelle aziende con più di 15 dipendenti. Le unità produttive con meno di 15 dipendenti potranno comunque tenere la Riunione sulla Sicurezza, sebbene la stessa non sia obbligatoria. In questi casi solitamente la stessa viene richiesta al datore di lavoro da parte del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. La riunione deve inoltre essere convocata ogni volta in cui in azienda ci siano delle innovazioni che possano portare a una modifica delle condizioni di salute e sicurezza. Ad esempio nel caso in cui siano introdotti nuovi macchinari, nuove tecnologie, nuovi protocolli, cioè tutti quegli elementi che richiedono l’adozione di specifiche misure di prevenzione.

Chi partecipa alla Riunione sulla Sicurezza

In base all’articolo 35, la riunione sulla sicurezza obbligatoria deve essere convocata dal datore di lavoro, ma devono partecipare anche il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, (RSPP), il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e il medico competente nei casi in cui lo stesso deve essere nominato, cioè quando è necessario attivare il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria.

Oggetto della Riunione sulla Sicurezza

Durante la riunione il datore deve sottoporre ai lavoratori il Documento di Valutazione dei Rischi. Inoltre deve essere analizzato l’andamento degli infortuni sul luogo di lavoro, delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria. E’ buona norma che il Documento sia consegnato ai partecipanti in anticipo rispetto alla data prevista per la riunione, in modo che possano adeguatamente essere informati sul contenuto. Si tratta quindi di fare un punto della situazione in modo da poter poi successivamente individuare delle soluzioni opportune per poter migliorare la condizione lavorativa.

Durante la riunione il medico competente dovrebbe rendere noti anche i dati sugli infortuni, naturalmente in forma aggregata e anonima.

La riunione deve trattare ulteriori argomenti e in particolare è necessario affrontare i criteri di scelta dei dispositivi di protezione individuali e collettivi. A questo punto ricollegandosi alla prima parte, cioè alla valutazione degli infortuni e delle malattie professionali verificatesi, è necessario determinare se le misure adottate sono sufficienti oppure è necessario implementarle con l’uso di ulteriori dispositivi. Infine, occorre sottoporre all’attenzione di tutti gli addetti i programmi inerenti corsi di formazione e informazione per le varie parti coinvolte.

Naturalmente nel corso della riunione si può anche discutere di norme di comportamento da adottare per migliorare la sicurezza e di ulteriori misure che si vogliono intraprendere. Insomma la stessa ha l’obiettivo di fare il punto sulla situazione e può avere carattere propositivo.

Il verbale della Riunione sulla Sicurezza

Della Riunione sulla Sicurezza obbligatoria deve essere redatto un verbale scritto, lo stesso deve essere reso disponibile a tutti i partecipanti. Il verbale deve essere sottoscritto dal datore di lavoro RSPP, RLS e medico competente.

In caso di inadempimento, cioè se il datore di lavoro non dovesse convocare la riunione obbligatoria, sarà sottoposto a sanzioni amministrative di ammontare massimo 7.233,60 €. La sanzione si applica anche nel caso in cui la riunione si svolga, ma di essa non sia redatto il verbale.

Impresa familiare e sicurezza sul luogo di lavoro: deroghe al d.lgs 81

L’impresa familiare è una particolare modalità attraverso cui può essere esercitata l’attività di impresa ed è sottoposta a regole diverse rispetto a forme tradizionali. In questo caso ci concentreremo su impresa familiare e sicurezza sul luogo di lavoro, infatti non si applicano le stesse regole che abbiamo visto finora.

Cos’è l’impresa familiare

Il tessuto economico italiano è formato da molte realtà aziendali a conduzione familiare. Si tratta spesso di coniugi che decidono di avviare un’attività e che poi inseriscono nella stessa anche i figli o si fanno dare una mano dai genitori. In questi casi, al verificarsi di determinate condizioni, si può avere l’impresa familiare. Per avere la connotazione di impresa familiare è necessario che nella stessa si adoperino le persone della stretta cerchia familiare e che prestino il loro lavoro in modo continuativo.

In particolare in base all’articolo 230 bis del codice civile, l’impresa familiare è caratterizzata dalla collaborazione del coniuge, parenti entro il terzo grado (zii, nipoti, cioè di figli di sorelle o fratelli e figli dei propri figli, bisnipoti, fratelli e sorelle), affini entro il secondo grado (suoceri, cognati, nonni del coniuge). Per avere tale connotazione è altresì necessario che le parti non abbiano inteso dare un’altra connotazione al rapporto di lavoro.

Al verificarsi di tale circostanza molte norme del decreto legislativo 81 del 2008, cioè inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro, non trovano applicazione e adesso andremo a vedere quali.

Deroghe alla disciplina sulla sicurezza sul luogo di lavoro nell’impresa familiare

La disciplina sulla sicurezza sul luogo di lavoro nell’impresa familiare è prevista dall’articolo 21 del decreto legislativo 81. Per chi sceglie di attuare questa forma di organizzazione dell’attività imprenditoriale gli obblighi inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro sono molto attenuati. Restano inalterati gli obblighi inerenti dispositivi di sicurezza individuale e collettiva, quindi è necessario che ogni componente abbia le giuste protezioni, ad esempio maschere, guanti, abbigliamento antinfortunistico, dispositivi antincendio. Permane l’obbligo di utilizzare le attrezzature in conformità alle disposizione del decreto legislativo. Infine, in caso di lavoro in appalto o subappalto è necessario avere il tesserino di identificazione.

Facoltà in materia di sicurezza

Vi sono poi degli obblighi previsti nel decreto legislativo 81 del 2008 che si tramutano per le imprese familiari in facoltà. Abbiamo visto in precedenza che il datore di lavoro in alcuni casi è tenuto a predisporre il servizio di sorveglianza sanitaria e ciò avviene nei casi in cui le mansioni siano caratterizzate da un particolare pericolosità. Per le imprese familiari tale obbligo si trasforma in facoltà. Nel momento in cui cade l’obbligo di organizzare il servizio di sorveglianza sanitaria viene meno anche quello di nominare il medico competente.

Vuoi sapere in quali casi deve essere attivato il servizio di sorveglianza sanitaria? Leggi l’articolo: la sorveglianza sanitaria obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro.

Si trasforma in facoltà anche l’obbligo previsto dall’articolo 37 del d.lgs 81 del 2008 inerente la partecipazione a corsi di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

Impresa familiare e sicurezza sul luogo di lavoro: quali obblighi cadono?

Vediamo adesso quali obblighi generalmente previsti per le aziende cadono nel caso in cui l’attività sia organizzata in forma di impresa.

Per le imprese familiari non vi è l’obbligo di:

Particolare attenzione deve invece essere posta al DVR (Documento valutazione Rischi), infatti non vi è l’obbligo di redigerlo, ma resta l’obbligo di avere il POS (Piano Operativo di Sicurezza). Tale documento può essere considerato una forma semplificata del primo documento. Nella redazione si può sorvolare tutta la parte inerente le nomine dei vari responsabili, medici. Devono comunque essere indicati i rischi inerenti le varie mansioni e le misure di prevenzione e protezione che sono state adottate e che si intendono adottare.

Per conoscere meglio il Documento di Valutazione dei Rischi, leggi la guida: Aziende: come redigere il Documento di Valutazione dei Rischi

Deve essere chiarito che le norme che ora abbiamo visto sono riservate esclusivamente alle imprese familiari. Vengono meno nel momento in cui c’è almeno un dipendente, in questo caso si applicano le norme generali ampiamente trattate negli altri articoli. Inoltre, se uno dei soggetti che abbiamo visto, ad esempio il suocero, lavora presso l’impresa con un contratto di lavoro subordinato, vengono meno le norme viste sull’impresa familiare.

Aziende: come redigere il Documento di Valutazione dei Rischi

Il DVR o Documento Valutazione Rischi, è previsto dal decreto legislativo 81 del 2008 ed è obbligatorio in tutte le aziende che abbiano almeno un dipendente o comunque un addetto ulteriore rispetto all’imprenditore, anche se trattasi di un socio. Il DVR deve essere conservato in azienda. L’unica eccezione prevista riguarda le imprese familiari che invece sono sottoposte alla disciplina  del codice civile.

Chi redige il Documento di Valutazione Rischi

L’articolo 17 del decreto legislativo 81 del 2008 stabilisce che la redazione del Documento di Valutazione Rischi spetta al datore di lavoro e si tratta di un’attività che questi non può delegare ad altri soggetti, anche se è tenuto a sentire il medico competente, in tutti i casi in cui esso deve essere nominato, del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del RLS, Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza. Ricordiamo che in alcuni casi il ruolo di RSPP può essere svolto dallo stesso datore di lavoro. Il datore di lavoro per la redazione del DVR può però consultare un tecnico specializzato nel campo della sicurezza sul luogo di lavoro.

Il DVR una volta redatto, deve essere consegnato anche al RSPP e al RLS per conoscenza.

L’obiettivo del Documento di Valutazione Rischi è individuare i potenziali rischi per la salute e l’incolumità delle persone che possono derivare dall’attività svolta in azienda e indicare le misure idonee a prevenire e ridurre i rischi stessi. Infatti in seguito alla redazione del documento devono essere predisposte le misure di sicurezza volte a prevenire il rischio stesso.

Come procedere alla redazione del DVR

La redazione del Documento di Valutazione Rischi deve seguire delle direttive molto precise, infatti non deve trattarsi di un testo generico, ma di un testato specifico.

In primo luogo si parte da un’anagrafica dell’azienda in cui deve essere indicato anche l’organigramma coinvolto nella gestione della sicurezza e quindi medico competente, RSPP, RLS, dirigenti e preposti.

Una parte molto rilevante è la descrizione del luogo di lavoro e delle strumentazioni adottate tra cui tipologie di impianti, materiali utilizzati, rischio chimico e tutto ciò che può generare un potenziale rischio.

Il secondo passo è identificare le mansioni che sono svolte in azienda e in relazione ad ognuna di essa devono essere individuati anche i potenziali rischi a cui gli addetti sono esposti. Ad esempio il rischio chimico, rischio inalazione sostanze, vibrazioni, rumori, campi elettromagnetici (CEM), radiazioni ottiche artificiali (ROA), rischi connessi alla Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC), rischi derivanti dall’esposizione a video terminali (VDT) e tutti gli altri rischi presenti in azienda.

Per una maggiore praticità e chiarezza, i rischi dovrebbero essere elencati partendo da quello di maggiore rilevanza a quello che invece ha meno probabilità di avvenire e allo stesso tempo comporta minori disagi.

Misure di prevenzione per ridurre i rischi

Una volta delineati tutti i potenziali rischi, all’interno del DVR devono essere indicate anche tutte le misure di prevenzione adottate per evitare che gli stessi divengano reali e che possano esservi dei sinistri sul luogo di lavoro. Ad esempio devono essere indicati i corsi di formazione a cui si intendono sottoporre i vari dipendenti/addetti, la periodicità degli aggiornamenti, deve essere indicato il piano di visite da parte del medico competente e la cadenza delle visite.

Devono essere delineati i dispositivi di protezione collettivi e individuali che sono stati adottati e che si intendono adottare. Questa parte del documento dovrebbe essere speculare rispetto alla parte in cui sono individuati i rischi, ad esempio se vi sono rischi correlati all’uso di sostanze chimiche, devono essere indicate tutte le misure che si intendono adottare per limitare i danni, ad esempio mascherine di protezione per occhi, naso e gola, programmi di aerazione dei locali, protocolli di conservazione dei vari materiali.

Per una redazione facilitata del Documento di Valutazione dei Rischi, sono disponibili modelli standard, ma il loro uso non sempre è consigliabile, in quanto ogni azienda ha delle specificità che possono rendere i modelli standard poco efficienti. Gli stessi possono comunque essere presi come misura di riferimento.

I termini dell’adozione del Documento di Valutazione dei Rischi

Il DVR deve essere redatto entro 90 giorni dall’inizio di una nuova attività, ma non basta, infatti è necessario che lo stesso sia aggiornato. Il Documento di Valutazione dei Rischi non ha una scadenza, quindi potenzialmente è possibile redigerlo al momento dell’apertura dell’attività e può restare valido nel tempo fino alla chiusura della stessa. Nella realtà però nel tempo cambiano processi produttivi, vengono introdotte nuove strumentazioni e nuove macchine, cambia il modo di lavorare e di conseguenza è necessario aggiornare il DVR. La normativa stabilisce che l’aggiornamento deve essere effettuato ogni qual volta ci siano modifiche inerenti:

  • il processo produttivo ( ad esempio c’è un nuovo protocollo di lavoro);
  • l’acquisto di un nuovo macchinario che quindi può portare nuove rischi in azienda;
  • l’aggiornamento deve esserre disposto nel caso in cui in azienda vengano affidate nuove mansioni che comportino nuovi o diversi rischi;
  • nuova organizzazione del lavoro (ad esempio viene introdotto il turno notturno che ha rischi specifici);
  • infine, il DVR deve essere aggiornato quando ci sono scadenze specifiche, ad esempio per i rischi specifici come rumore e vibrazioni.

Sanzioni per la mancata adozione/aggiornamento

Il DVR oltre ad essere consegnato, come visto prima, al medico competente, RSPP e RLS deve essere sempre disponibile in sede e a richiesta fatto ispezionare dal personale di ASL, INPS, INAIL o Vigili del Fuoco .

La mancata adozione del DVR espone il datore di lavoro al rischio di sanzioni, in particolare è prevista un’ammenda da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 15.000 euro, pena detentiva fino a 8 mesi. In caso di reiterazione del comportamento, quindi nel caso in cui in seguito a una prima sanzione non sia disposto il DVR o il suo aggiornamento nel caso in cui lo stesso sia richiesto, sarà possibile attuare la sospensione dell’attività di impresa.

Per conoscere l’impianto generale del sistema di sicurezza sul luogo di lavoro, leggi la guida: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

La sorveglianza sanitaria obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro

Le aziende, piccole o grandi che siano, hanno l’obbligo di tutelare la salute dei lavoratori e in base alla tipologia di attività che viene svolta, devono organizzare una corretta gestione di tutte le misure volte a evitare infortuni e lo sviluppo di patologie da parte dei dipendenti. Tra gli obblighi potrebbe esservi l’organizzazione della sorveglianza sanitaria obbligatoria.

Quando è necessario attivare il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria

Le aziende non sono tutte uguali, infatti ci sono mansioni e luoghi di lavoro in cui non ci sono rischi e altre che invece potrebbero determinare problemi e rischi, in questo secondo caso la legge prevede che sia organizzato un servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria. La disciplina è contenuta nel decreto legislativo 81 del 2008 (articolo 41 come modificato dal decreto legislativo 106 del 2009), questo stabilisce gli obblighi del medico competente. Il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria deve essere organizzato in caso di:

  • rischio chimico, ad esempio per chi lavora all’interno di laboratori in cui si maneggiano sostanze che possono essere nocive per il lavoratore;
  • rischio legato a rumori e vibrazioni (martelli pneumatici, mansioni in cui si sviluppano rumori particolarmente elevati e in grado di danneggiare l’apparato uditivo);
  • movimentazione manuale dei carichi, ad esempio magazzini, la sorveglianza deve essere attuata sia nel caso in cui la movimentazione avvenga senza uso di macchinari, sia nel caso in cui siano previste attrezzature specifiche (piccole gru oppure muletti);
  • lavori a contatto con agenti fisici potenzialmente dannosi (amianto, piombo, radiazioni di diversa natura, ad esempio raggi ultravioletti);
  • mansioni da svolgere in alta quota;
  • lavori notturni;
  • lavori che prevedono la presenza davanti a video-terminali per oltre 20 ore settimanali;
  • attività su impianti ad alta tensione;
  • quando sul luogo di lavoro vi è il rischio legato alla presenza di agenti cancerogeni, mutageni e rischio agenti biologici;
  • lavori in spazi confinati, sono considerati tali quelli che si svolgono in ambienti molto ristretti, ad esempio all’interno di scavi, nei sotterranei, in cisterne, vasche, serbatoi, rete fognarie. I questi casi i pericoli possono derivare da una ridotta ossigenazione e da esalazioni pericolose, purtroppo è frequentemente successo.

Cosa deve fare il medico competente

In tutti i casi visti vi è l’obbligo di organizzare il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria, lo stesso viene affidato al medico competente, si tratta di un laureato in medicina che però abbia una formazione specifica sulla medicina del lavoro.

Per una guida approfondita sulla figura del medico competente, leggi la guida: Sicurezza sul luogo di lavoro: la figura del medico competente

Il servizio di sorveglianza naturalmente non si esaurisce nella nomina del medico competente, infatti è necessario elaborare un piano molto dettagliato di attività volte a tutelare i lavoratori.

Il medico per ogni lavoratore deve adottare un piano di visite e controlli. Il controllo deve essere effettuato in primo luogo al momento dell’assunzione, quindi il medico competente deve controllare che le condizioni psico-fisiche del lavoratore siano compatibili con le mansioni che dovrà svolgere e con l’ambiente lavorativo.

Nel caso in cui nel prosieguo del rapporto di lavoro vengano affidate al lavoratore delle mansioni diverse, si deve procedere nuovamente alla visita perché questa è finalizzata sempre a determinare se vi è compatibilità tra le condizioni di salute del lavoratore e le mansioni a cui è adibito.

Le visite devono essere svolte periodicamente, se la cadenza non è determinata da una norma specifica, si intende cadenza annuale, resta comunque la possibilità di richiedere il servizio di sorveglianza obbligatoria con una cadenza più breve. La visita deve inoltre essere effettuata a richiesta del lavoratore. Nei casi previsti dalla legge, la visita medica deve essere svolta anche alla cessazione del rapporto di lavoro. Infine, la visita è obbligatoria, al rientro a lavoro, in tutti i casi in cui il lavoratore è stato assente dal lavoro per oltre 60 giorni.

La cartella sanitaria nel servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria

Per ogni lavoratore il medico competente deve redigere una cartella sanitaria che deve essere annualmente aggiornata e trasmessa all’INAIL. Una copia deve essere consegnata su richiesta al lavoratore. Naturalmente le cartelle dei lavoratori devono essere conservate in modo da tutelare la privacy del lavoratore. La cartella deve essere conservata per almeno 10 anni.

Il medico competente non deve limitarsi a una visita di tipo fisico, infatti può richiedere anche degli esami strumentali e biologici, ad esempio radiografie e analisi del sangue. Questo vale soprattutto nei casi in cui le mansioni prevedano che il lavoratore sia esposto a rischi derivanti dall’esposizione ad agenti pericolosi.

Obblighi del medico competente

Il servizio di sorveglianza obbligatoria sul luogo di lavoro prevede per il medico competente anche l’obbligo di informare il lavoratore della natura dei rischi a cui è sottoposto, se emergono dalla visita delle criticità deve naturalmente comunicarle al lavoratore. Tra gli obblighi vi è anche quello di realizzare in forma anonima una relazione con i dati aggregati derivanti dal monitoraggio delle condizioni di salute dei lavoratori. Ad esempio potrebbe emergere che una percentuale significativa di lavoratori ha problemi polmonari, potrebbe essere necessario controllare l’efficienza dei DPI, acquistarne diversi con una maggiore capacità di protezione, oppure cambiare e migliorare i sistemi di aerazione nei locali.

Il medico competente deve inoltre visitare anche il luogo di lavoro in modo da determinare se nello stesso sono attuati tutti gli accorgimenti volti a eliminare, ridurre, contenere e controllare i rischi specifici.

Deve, infine, essere ricordato che azionare il servizio di sorveglianza obbligatoria in tutte le situazioni viste in precedenza è un obbligo del datore di lavoro, questo vuol dire che nel caso in cui tale obbligo sia disatteso sarà applicata una sanzione pecuniaria di valore minimo di 1.000 euro e massimo di 5.000 euro, inoltre è previsto l’arresto da 2 mesi a 4 mesi.

Per una panoramica sugli obblighi del datore di lavoro sulla sicurezza, leggi l’articolo: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

 

Sicurezza sul luogo di lavoro: la figura del medico competente

Ogni anno in Italia ci sono migliaia di infortuni sul luogo di lavoro e purtroppo alcuni sono mortali. Questo avviene nonostante sia previsto un quadro normativo complesso che prevede diverse tutele per i lavoratori e sistemi per rendere i luoghi di lavoro più sicuri. L’atto normativo principale è il decreto legislativo 81 del 2008 che prevede che le aziende debbano nominare un medico competente, ma di chi si tratta e quali sono le sue funzioni?

Quando è necessario nominare il medico competente

La prima cosa da dire è che non tutte le aziende hanno l’obbligo di nominare un medico competente, hanno tale obbligo le aziende che devono organizzare il servizio di sorveglianza, cioè quelle in cui è esposto a rischi come quelli:

  • inerenti l’emissione di rumori;
  • chimico;
  • vibrazioni (ad esempio nel caso in cui in azienda ci sia un costante uso del martello pneumatico);
  • rischio derivante dalla movimentazione manuale dei carichi;
  • il servizio di sorveglianza deve inoltre essere attivato per i luoghi di lavoro in cui gli addetti sono esposti per oltre 20 ore a settimane a videoterminali;
  • in presenza di lavoratori che svolgono lavori notturni;
  • rischio dovuto all’esposizione all’amianto e altri elementi dannosi.

Chi è il medico competente

In tutti i casi visti, oltre al servizio di sorveglianza deve essere nominato il medico competente, si tratta di un professionista sanitario, i requisiti specifici sono indicati nell’articolo 38 del decreto legislativo 81 del 2008, lo stesso indica i titoli che deve possedere, non è necessario che li abbia tutti, basta averne uno, si tratta di titoli specifici per la medicina del lavoro in particolare deve aver conseguito:

  • aver conseguito un titolo specialistico in medicina del lavoro o in medicina preventiva e psicotecnica, medicina legale, igiene;
  • essere docenti in medicina del lavoro, medicina preventiva, tossicologia industriale, igiene industriale;

In alternativa è possibile conferire tale ruolo a medici che prima dell’entrata in vigore del decreto avessero già prestato opera come medici del lavoro per almeno 4 anni, per accedere a tale possibilità l’articolo stesso prevede che deve essere presentata domanda entro 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento stesso all’assessorato regionale alla sanità territorialmente competente.

Per poter esercitare il ruolo visto, è comunque previsto che i medici seguano specifici percorsi formativi in ambito universitario, i medici che hanno tali requisiti possono quindi richiedere l’iscrizione presso gli elenchi tenuti dal Ministero della Salute.

La tutela della salute dei lavoratori e compiti del medico

Ora che abbiamo delineato quando è necessario per l’azienda avere questo professionista e quali sono i requisiti richiesti per poter svolgere tale funzione, si passa a capire quali sono i compiti che deve svolgere inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro e le misure di prevenzione e protezione.

Naturalmente il primo ruolo di un medico è capire se le condizioni di salute del lavoratore sono compatibili con le mansioni che deve svolgere, proprio per questo è previsto che il medico competente debba visitare i lavoratori prima dell’assunzione e successivamente con periodicità annuale tenendo in considerazione non i rischi generici, ma i rischi specifici di quella determinata mansione. Inoltre i controlli devono essere eseguiti nel caso in cui il dipendente sia assegnato a mansioni diverse rispetto al passato e nel caso in cui il dipendente sia stato assente dal lavoro per più di 60 giorni e, infine, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro.

I controlli devono essere diretti a valutare se il lavoratore è idoneo alle mansioni, non idoneo alle stesse oppure se è idoneo ma vi sono limitazioni specifiche per alcune mansioni. Il giudizio di idoneità o di non idoneità comunque può essere oggetto di revisione.

Compiti del medico competente ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 81 del 2008

Quelle ora viste non sono però le uniche mansioni a cui è addetto il medico competente, infatti l’articolo 25 del decreto legislativo 81 del 2008 individua tutta una serie di compiti che non riguardano i singoli lavoratori, ma sono riferiti all’ambiente di lavoro e i rischi ad esso connessi. L’articolo 25 stabilisce che il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il RSPP al fine di elaborare misure di prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro e la loro predisposizione, collabora alla organizzazione del servizio di primo soccorso e alla formazione dei dipendenti sulla gestione della sicurezza e del soccorso sul luogo di lavoro. In funzione dei rischi specifici, il medico competente elabora anche il sistema di sorveglianza sanitaria.

Per ogni lavoratore è tenuto a redigere e custodire una cartella sanitaria, nel caso in cui l’azienda abbia più di 15 dipendenti il medico deve concordare con il datore di lavoro un luogo per la custodia delle cartelle. Naturalmente è tenuto al segreto professionale anche perché i dati che detiene possono essere classificati come sensibili e super sensibili. In base alla lettera F dell’articolo 25, nei casi previsti dalla legge invia telematicamente all’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) abolito nel 2010 con decreto legge 78 del 2010 e le cui funzioni sono oggi dell’INAIL, le cartelle sanitarie e di rischio inerenti i lavoratori.

Comunicazioni del medico competente

Il medico competente deve informare i lavoratori sui rischi inerenti il rapporto di lavoro, nel caso di esposizione ad agenti che possono avere un effetto a lungo termine deve anche indicare ai lavoratori i controlli medici da eseguire periodicamente e anche alla cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso in cui dalle visite emerga una particolare condizione di rischio o patologica deve darne informazione al lavoratore, inoltre su richiesta deve fornirgli una copia della cartella sanitaria.

Il medico competente deve anche consegnare al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, in forma anonima collettiva, i dati aggregati inerenti la condizione “globale” di salute dei lavoratori, in questo modo è possibile porre in essere misure collettive, ad esempio se dalle visite periodiche dovesse emergere che molti addetti a una determinata unità produttiva o mansione, hanno particolari problemi respiratori, deve darne indicazione al RSPP che dovrà tenerne conto, insieme al datore di lavoro, nella redazione del DVR e nella predisposizione di misure di prevenzione. Tale comunicazione deve avvenire per iscritto e deve avere come destinatari anche il datore di lavoro e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Infine il medico competente deve visitare almeno una volta l’anno i luoghi di lavoro per verificare che siano a norma.

Per conoscere le linee generali sulla predisposizione dei sistemi di sicurezza sui luoghi di lavoro, leggi l’articolo: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda