A breve l’aggiornamento del Def

Per il 20 settembre è stato fissato l’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, che dovrebbe portare ad una revisione al ribasso del prodotto interno lordo.

Questa previsione, per molti scontata, deriva dalle stime ufficiali che riguardano il 2012, che già in aprile faceva registrare un’un economia in calo dell’1,2%, ora peggiorata di un punto, poiché oscilla tra il -2% e il -2,4%.
E dato che le congiunture negative sono destinate a continuare, anche il 2013 subirà una revisione al ribasso, poiché, se dovesse riprendere la crescita, sarebbe solo dello 0,5%.

Pil ancora negativo, dunque, come conseguenza dei dati che confermano il periodo di recessione nel quale ancora ci troviamo.
Tra le stime negative per l’anno prossimo Bankitalia prevede un -0,2% e l’Fmi prevede un -0,3% ma, nonostante ciò, il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ha assicurato che non comporterà manovre aggiuntive per centrare il prossimo anno l’obiettivo del pareggio di bilancio.

Va detto che il Def potrebbe slittare di qualche giorno perché, proprio per il 20 settembre è prevista la diffusione, da parte di Istat, un importante dato per valutare l’andamento dell’economia: fatturato e ordinativi per l’industria italiana in luglio, che permetterebbe di avere un quadro più completo.

Al Ministero dell’Economia si lavora anche sulla Legge di Stabilità, la cui presentazione è attesa per la metà di ottobre e c‘è attesa soprattutto per l‘Iva. Per ora, infatti, il non aumento dell’aliquota è garantito solo fino al giugno 2013.

Per ottenere ciò, occorrerà trovare risorse pari a 6 miliardi di euro, oltre a quanto potrebbe arrivare dalla spending review e all’anticipo della delega fiscale, ovvero altri 2 miliardi di euro.

Vera MORETTI

Nuovi decreti per la compensazione e la certificazione dei debiti

La certificazione e la compensazione dei crediti delle imprese verso la Pubblica Amministrazione sono al centro di quattro decreti recentemente pubblicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in seguito alle disposizioni del decreto Monti relativo alle liberalizzazioni.

Questi provvedimenti danno la possibilità alle imprese di accedere in modo più diretto e veloce alle liquidità di cui sono legittimamente titolari per far fronte alle difficoltà della congiuntura economica attuale.

Cosa cambia per le PA debitrici?
Innanzitutto prevale l’obbligo di rilasciare alle imprese stesse una certificazione che i crediti sono non prescritti, liquidi, certi ed esigibili e disciplinano poi le condizioni per la compensazione di tali crediti con eventuali somme dovute alle amministrazioni stesse.
Tale obbligo, inizialmente previsto come facoltà dalla legislazione precedente riservata a Regioni ed enti locali, è stato esteso anche alle amministrazioni statali.

La certificazione obbligatoria dei crediti della PA verso le imprese per fornitura di beni, servizi e appalti è regolamentata da due diversi decreti riguardanti il primo lo Stato e gli enti pubblici nazionali, il secondo le Regioni, enti locali e servizio sanitario nazionale.
Tale normativa non include le società partecipate e gli enti strumentali di questi soggetti. Non si applica la certificazione neppure ai crediti verso enti locali commissariati o verso le Regioni sottoposte a piani di rientro dai deficit sanitari e relativi enti del SSN.

Questo tipo di certificazione consiste nel rilascio di un documento da parte dell’ente debitore pubblico che il credito è non prescritto, certo, liquido ed esigibile. Tale certificazione comporta la possibilità di cessione del credito stesso a banche ed intermediari finanziari abilitati.

Le imprese dovranno presentare istanza di certificazione direttamente all’ente debitore, utilizzando il modello allegato ai decreti, alla quale le amministrazioni devono dare riscontro entro 60 giorni, che vengono ridotti a 30 giorni per regioni ed enti locali, sia in termini positivi che negativi. In caso di mancata risposta entro il termine, il creditore può richiedere la nomina di un commissario che provvede al rilascio della certificazione entro 50 giorni dalla sua nomina.

Presto sarà possibile, probabilmente dal mese di ottobre, presentare l’istanza per via telematica, ed ottenere online anche il rilascio della certificazione, ma per il momento esiste una modalità ordinaria di presentazione dell’istanza mediante consegna a mano o raccomandata con ricevuta di ritorno.

In un secondo momento il Ministero dell’Economia ha emesso i due decreti che regolamentano la compensazione tra crediti delle imprese certificati dalle PA e eventuali debiti delle imprese stesse verso enti pubblici anche diversi dal quelli debitori per il tramite dell’agente di riscossione.
Il primo chiarisce la procedura per la compensazione tra debiti e crediti di enti diversi , il secondo regolamenta l’estinzione del credito tramite assegnazione di titoli di Stato, anche se il termine per le somme relative al 2011 è già scaduto.

Per la compensazione i crediti devono essere certificati come non prescritti, certi, liquidi ed esigibili e possono essere utilizzati per pagare , anche parzialmente, somme dovute per iscrizione a ruolo relative a:

  • Tributi erariali
  • Tributi regionali e locali
  • Contributi assistenziali e previdenziali e premi assicurativi obbligatori
  • Altre somme dovute alla stessa amministrazione titolare del debito verso l’impresa certificato
  • Oneri accessori aggi e spese a favore dell’agente della riscossione

La compensazione tra crediti e debiti con le PA., si effettua tramite l’agente della riscossione presentando la certificazione del credito ed indicando in caso di pagamento parziale quali debiti intende estinguere. L’agente della riscossione deve verificare entro tre giorni la validità della certificazione e in caso positivo l’amministrazione debitrice comunica entro 10 giorni dalla richiesta l’esito di tale verifica.

L’attestazione di avvenuta compensazione viene fornita al creditore dall’agente della riscossione. In caso di compensazione parziale di un credito maggiore del debito, tale attestazione, insieme alla certificazione del credito, costituisce la prova per richiedere il credito residuo.

Vera MORETTI

Edilizia: ecco gli incentivi proposti dal ministero delle Infrastrutture

Il ministero delle Infrastrutture propone incentivi del 36% per le ristrutturazioni edilizie e del 55% per quanto riguarda il risparmio energetico per la casa e considera queste due manovre un vero e proprio stimolo per la crescita del comparto e del Paese.

Il 55% sarebbe rinnovato sostanzialmente com’è, per il 36% il ministero prevede un potenziamento, con innalzamento dell’aliquota (al 50%) e del tetto di spesa da 48mila a 96mila euro. Per ora è una semplice proposta, che deve ancora essere discussa con il ministero dell’Economia, ma i tempi stringono, perciò potrebbe accadere che queste nuove norme entrino nel decreto legge per lo sviluppo che il Governo vorrebbe varare in settimana.

Il ministero stima che si possa arrivare ad un investimento totale di 350 milioni di euro, ovvero il 30% della spesa aggiuntiva valutata dalla relazione al decreto Salva-Italia in 1.150 milioni per il periodo 1998-2006.
La proposta di messa a regime del 55% si avvale di un largo consenso parlamentare, espresso in più occasioni dai partiti che compongono la maggioranza e anche dalle opposizioni, mentre anche il Def (Documento economico-finanziario) del Governo, su proposta del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, proponeva la riconferma dello strumento.

Il riordino e il potenziamento degli incentivi alle ristrutturazioni edilizie non sono però le uniche misure che il ministero delle Infrastrutture propone per rilanciare l’edilizia privata e la casa.

Ci sono anche misure che prevederebbero l’esenzione Imu di due anni per le prime case di valore dichiarato nell’atto di trasferimento inferiore a 200mila euro.
Sarà proposta anche la detrazione delle imposte di registro per compravendite di abitazioni di valore fino a 200mila euro: l’incentivo sarebbe pari alla detrazione totale dell’imposta lorda calcolata su un valore fino a 100mila euro, con l‘obiettivo di rilanciare le compravendita di immobili.
Esiste poi una proposta un po’ più onerosa, che interesserebbe la detrazione totale degli interessi passivi sui mutui per l’acquisto dell’abitazione principale: un consistente ampliamento dell’attuale agevolazione parziale che comporterebbe un aggravio di 1.113 milioni per il solo 2013.

Sembra, però, impossibile che queste due ultime proposte vengano approvate dall’Economia, mentre si fa molto affidamento al sostegno all’edilizia privata e alle imprese edili.
Esiste poi la proposta di esenzione Imu sugli immobili rimasti invenduti dai costruttori fino a tre anni: costo annuo stimato in 35,1 milioni, poiché per i costruttori quello del patrimonio invenduto rimane il problema principale.

Vera MORETTI

Rete Imprese Italia e la compensazione crediti-debiti

In questo periodo di crisi, il tema della compensazione crediti-debiti risulta più che mai urgente e, infatti, rappresenta motivo di dibattito per le imprese e per il Governo.

A questo proposito, le dichiarazioni del Viceministro all’Economia Vittorio Grilli, il quale avrebbe confermato l’attuazione del decreto 78/2010, sono piaciute a Marco Venturi, di Rete Imprese Italia, poiché questo provvedimento contribuirebbe a risolvere l’emergenza all’interno delle imprese.
La situazione, infatti, è sempre più pesante e difficoltosa, e ci vorrebbe un sistema per alleggerirla e darle slancio verso una, seppur lenta, ripresa.

Non a caso, Rete Imprese Italia aveva chiesto a gran voce questo intervento, e quindi ora “si attende chiarezza nelle scelte e, nell’immediato, rapidità di attuazione del provvedimento. La compensazione deve valere per tutti i crediti vantati dalle imprese e per tutti i debiti tributari e non soltanto per le somme iscritte a ruolo“.

Il segnale, dunque, deve essere forte, oltre che tempestivo, non solo per portare un po’ di sereno nel cielo grigio delle imprese, ma anche per migliorare i rapporti tra Fisco e contribuenti.

Vera MORETTI

Ritorna il contributo integrativo del 4%

di Vera MORETTI

E’ del 10 gennaio il decreto interministeriale emanato dal Ministero del Lavoro in accordo con il Ministero dell’Economia che prevede il ripristino del 4%, a sostituzione del precedente 2% applicato nelle more del decreto, per il contributo integrativo dovuto dai commercialisti alla Cassa di Previdenza.

L’effetto sarà retroattivo, ovvero con decorrenza 1 gennaio 2012.

L’intervento da parte del ministero era richiesto, dal momento che la proroga era scaduta il 31 dicembre 2011 e, in mancanza di un ulteriore decreto, dal 1 gennaio il contributo integrativo era passato, automaticamente, dal 4 al 2%, con la conseguenza che tutte le parcelle emesse da tale data dovevano riportare in rivalsa al cliente il 2% a titolo di contributo integrativo.

I commercialisti che hanno emesso fatture nei primi 10 giorni dell’anno applicando il contributo del 2%, perciò, dovranno emettere una nota di debito nei confronti dei clienti per il restante 2%, poiché la maggiorazione della quota, considerando il diritto di rivalsa del contributo integrativo, è a carico del cliente.
Ovviamente, questa ulteriore fattura deve essere emessa anche ai fini Iva, poiché si tratta di un contributo integrativo imponibile Iva, ma, non essendo soggetto a Irpef, non dovrà essere assoggettato a ritenuta d’acconto del 20%.

Se, da una parte, il professionista può non chiedere al proprio cliente tale maggiorazione, è tenuto a versarlo alla Cassa, “indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito il debitore”.

Il problema non riguarda i professionisti iscritti alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, i quali hanno continuato ad applicare il contributo integrativo nella misura del 4%.

Un altro dei provvedimenti all’ordine del giorno era quello riguardante l’aumento graduale dell’aliquota del contributo soggettivo minimo obbligatorio sul reddito professionale dal 10% al 12%. Essendo tale incremento vincolato alla messa a regime del contributo integrativo al 4%, anche questa novità dovrebbe diventare ora operativa.
L’incremento garantirebbe agli iscritti alla Cassa montanti pensionistici più adeguati ai fini del calcolo delle pensioni con il metodo contributivo.

Pmi, 250 milioni di fondi da Sace, Bei e Tesoro

Siglata un’intesa tra Ministero dell’Economia, Borsa Italiana, Banca europea per gli investimenti, Fondo Italiano d’Investimento e Sace per spingere lo sviluppo delle Pmi italiane attraverso lo stanziamento di 250 milioni di euro.

L’obiettivo dell’accordo, secondo quanto si legge in una nota, è quello di “favorire la patrimonializzazione e lo sviluppo delle Pmi attraverso il sostegno ai fondi di capitale di rischio dedicati alla crescita“. Un accordo che mira al “rafforzamento della patrimonializzazione delle imprese di minori dimensioni per favorire il finanziamento di progetti di medio-lungo termine, la crescita dimensionale, l’internazionalizzazione e la capacità competitiva nel mutato scenario globale“.

L’accordo – prosegue la nota – prevede uno stanziamento iniziale di 100 milioni di euro per ciascuna istituzione, rinnovabili per tranche. L’attività comune riguarderà tanto la condivisione di informazioni in materia di ricerca di opportunità di investimenti, quanto l’istruttoria, l’analisi progettuale e finanziaria e il successivo monitoraggio”. Sace, da parte sua, metterà inizialmente 50 milioni di euro e mirerà “all’acquisizione e alla gestione di partecipazioni rilevanti in Pmi quotate o quotande sul mercato italiano con un modello di business possibilmente orientato all’esportazione“.

Superbollo: da pagare entro il 10 novembre

E’ entrato in vigore pochi giorni fa il decreto ministeriale sull’addizionale erariale introdotta, per i veicoli di grossa cilindrata, dalla manovra finanziaria dello scorso luglio. Entro il 10 Novembre, a 30 giorni cioè dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, i possessori di un veicolo per il trasporto promiscuo di persone o cose con più di 225 chilowatt di potenza, dovranno pagare l’addizionale per un importo pari a 10 euro per ogni chilowatt eccedente i 225.

La tassa automobilistica dovrà essere corrisposta utilizzando il modello “F24 elementi identificati”, senza possibilità di compensazione con eventuali crediti vantati. Per gli anni successivi, successivi, l’addizionale verrà corrisposta alle stesse scadenze previste per il bollo auto.

L’addizionale alla tassa automobilistica ha destinazione diversa rispetto al bollo ordinario, che è assegnato alle Regioni. Per procedere, dal 2012, al pagamento contestuale del bollo e dell’addizionale, con riversamento diretto di quest’ultima al bilancio dello Stato, il ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con l‘Agenzia delle Entrate, emetterà un decreto per individuare le tempistiche e i criteri di adeguamento ai sistemi utilizzati dai singoli Enti per il pagamento della tassa automobilistica. In caso di ritardo nell’emanazione del provvedimento, il versamento avverrà come per l’anno in corso, con il modello “F24 elementi identificativi”.

Tenuti al pagamento dell’addizionale sono coloro che risultano “proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria” al pubblico registro automobilistico. Per il 2011, si fa riferimento al giorno in cui è entrata in vigore la norma, lo scorso 6 luglio; a partire dal 2012, l’obbligo ricade su chi è proprietario alla scadenza del termine utile per il pagamento della tassa automobilistica.

In caso di prima immatricolazione, differentemente da quanto previsto per il bollo l’addizionale va pagata in misura integrale.

A.C.

Quanti soldi servono al mese per vivere bene? Lo ha calcolato la Cgia di Monza e Brianza

L’ Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su redditi e spesa media ha calcolato l’indice “della felicità”. Si tratta di un calcolo per stabilire quanti soldi servono per arrivare a fine mese senza pensieri. se in Lombardia occorrono, quindi, almeno 1.500 Euro per non essere infelici, come in Veneto e in Emilia Romagna, in Piemonte la soglia è di 1.400 Euro, servono 1.300 Euro per la Toscana ed il Lazio, 1.200 per la Liguria.

La soglia scende fino a 1.000 Euro per la Campania e bastano 900 Euro in Sicilia. In particolare, analizzando alcuni capoluoghi, le famiglie italiane vivono meglio a Firenze, dove solo il 18,9% delle famiglie è al di sotto della soglia della felicità. Il capoluogo toscano precede Genova (21,1%) e Palermo (21,8%). A Napoli le famiglie infelici rappresentano il 22,8% del totale. A Milano, Bologna e Roma è infelice circa 1 famiglia su 4, rispettivamente il 23,8%, il 24,2% e il 25,2%. A Torino e a Verona la felicità “costa” davvero cara: è infelice il 27,2% e il 27,6% delle famiglie.

I dati sono stati rilevati all’interno dell’indagine “Famiglie e consumi. Monza e Brianza e Lombardia“, realizzata dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza, con il coordinamento scientifico di Ref-Ricerche per l’economia e la finanza e in collaborazione con DigiCamere, e su dati Istat e Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Crescono le entrate tra gennaio e maggio

Aumentano le entrate tributarie nei primi cinque mesi del 2011: 145,84 miliardi di euro, con una crescita del 5,1% pari a +7,05 miliardi, rispetto allo stesso periodo del 2010. Un dato che emerge dal Bollettino del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, nel quale si sottolinea “la buona tenuta delle entrate tributarie che, per il secondo mese consecutivo, crescono ad un tasso allineato rispetto al periodo pre-crisi“.

Le imposte dirette aumentano del 4,5% (+3.149 milioni di euro) rispetto al corrispondente periodo del 2010, con un andamento sostenuto dal gettito IRE che presenta un incremento tendenziale del 4,3% (+2,73 miliardi di euro) dovuto alla crescita del gettito delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente (+3,5%), trainato sia dagli aumenti dell’indice delle retribuzioni contrattuali orarie registrati nei primi mesi dell’anno, sia dal rinnovo di alcuni contratti collettivi.

Le imposte indirette fanno registrare un aumento del 5,7% (+3.904 milioni di euro) rispetto al medesimo periodo del 2010. Il ministero sottolinea come continui il positivo andamento dell’IVA, che evidenzia un incremento tendenziale del 4,4% (+1.818 milioni di euro) sostenuto, in particolare, dal gettito dell’imposta sulle importazioni (+28,2% pari a +1.524 milioni di euro) che riflette l’incremento dei flussi in valore di beni e servizi importati sui quali influisce l’aumento del prezzo del petrolio.

Il buon andamento delle entrate è confermato anche da Bankitalia, secondo cui, nei primi cinque mesi del 2011, sono salite a 140,494 miliardi, in crescita del 5,6% rispetto ai 133,033 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. La differenza tra le due fonti è dovuta al diverso metodo di calcolo seguito: via Nazionale si basa infatti sul criterio di cassa, mentre il ministero applica il principio della competenza economica.

L’evasore italiano? Giovane, maschio, autonomo

Esiste una fotografia dell’evasore medio italiano? Sì, l’ha scattata il rapporto della Commissione sulla riforma fiscale, voluto dal Ministero dell’Economia: giovane, autonomo, proprietario di case. Un dato, quest’ultimo, che deriva dalla percentuale di evasione sui redditi da immobili, che tocca l’83,7%. In totale, l’evasione media annua per ogni italiano è pari a 2.093 euro.

Il rapporto, che ha il pregio di mettere insieme numeri e dati ma che, nel complesso, si configura come la scoperta dell’acqua calda, afferma che l’evasione fiscale è concentrata soprattutto su lavoratori autonomi, imprenditori e proprietari di immobili dati in affitto, e che i contribuenti più virtuosi sono pensionati e lavoratori dipendenti. Rispetto a un tasso medio di evasione del 13,5%, gli autonomi e gli imprenditori dichiarano il 56,3% in meno e chi affitta immobili, appunto, l’83,7% Un 44,6% di lavoratori autonomi ha anche un lavoro dipendente o una pensione e il tasso d’evasione maschile è al 17,3%, quasi il doppio di quello femminile (9,9%) delle donne. I figli sono meno virtuosi dei padri: sotto ai 44 anni l’evasione è infatti del 19,9%, del 10,6% tra 44 e 64 anni e del 2,7% per gli over 64.