Indennità di frequenza minori: cos’è, a chi spetta e come richiederla

L’indennità di frequenza è una prestazione economica corrisposta ai minori con disabilità fino al compimento del 18° anno di età e finalizzata all’inserimento scolastico.

Cos’è l’indennità di frequenza minorenni

L’indennità di frequenza minorenni è un’indennità corrisposta dall’Inps in favore dei minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti normali in relazione alla propria età. Spetta inoltre ai minori ipoacusici con perdita uditiva superiore ai 60 decibel nell’orecchio migliore con le frequenze di 500, 1.000, 2.000 hertz.

Viene corrisposta per un periodo massimo di 12 mesi in corrispondenza della frequenza a un corso o a un trattamento terapeutico-riabilitativo.

Alla scadenza del termine annuale il tutore del minore avente diritto alla percezione dell’assegno devono presentare all’Inps una dichiarazione in cui confermano la presenza dei requisiti necessari all’ottenimento dell’indennità di frequenza minorenni. Per i ragazzi di età compresa tra i 6 anni e i 16 anni, basta presentare la domanda una sola volta e la stessa resta valida per tutto il periodo di frequenza della scuola dell’obbligo. Anche in questo caso occorre però comunicare l’eventuale cambio di scuola, ad esempio da un istituto di scuola secondaria di primo grado a uno di secondo grado.

L’importo mensile percepito è di 287,09 euro mensili, lo stesso viene però riconosciuto solo al disabile minorenne che abbia un reddito personale annuo inferiore a 4.931,29 euro. La corresponsione ha inizio dal mese successivo rispetto a quello in cui è iniziata la frequenza del corso.

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I corsi la cui frequentazione consente di ottenere l’indennità di frequenza minorenni sono:

  • scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado ( anche asili nido);
  • centri di formazione o addestramento professionale pubblici e privati convenzionati la cui frequenza abbia la finalità del reinserimento sociale dei soggetti;
  • centri ambulatoriali, diurni o di tipo semi-residenziale, pubblici o privati, operanti in regime convenzionale, specializzati nel trattamento terapeutico, nella riabilitazione e nel recupero di persone portatrici di handicap.

Incompatibilità dell’indennità di frequenza minori

Non tutti possono percepire l’indennità di frequenza minorenni, infatti la legge prevede delle incompatibilità rispetto ad altre prestazioni, in particolare non possono ottenere l’assegno coloro che percepiscono:

  • l’indennità di accompagnamento per invalido civile totale;
  • l’indennità di accompagnamento per i ciechi totali;
  • la speciale indennità prevista per i ciechi parziali;
  • l’indennità di comunicazione prevista per i sordi prelinguali.

Un ulteriore limite è costituito da forme di ricovero presso strutture.

Coloro che si trovano in una situazione di incompatibilità possono optare per la rinuncia ad una di esse.

Come ottenere l’indennità di frequenza minorenni?

L’indennità di frequenza minorenni può essere richiesta solo in seguito al riconoscimento da parte di una commissione medico-legale. Il verbale deve essere comunicato all’Inps compilando il modulo AP70 attraverso la voce servizio “Invalidità civile – Invio dati socio-economici e reddituali per la concessione delle prestazioni economiche”. Il tutore può autonomamente inoltrare la domanda tramite il sito Inps, oppure rivolgersi a enti di patronato. I tempi per la liquidazione della praticva massimi sono di 30 giorni, come stabilito da legge n. 241/1990.

L’indennità di frequenza spetta solo agli invalidi minorenni, ma cosa accade se a 18 anni si frequenta ancora la scuola?

Ordine di demolizione su immobile abitato da minori: si può eseguire?

Gli abusi edilizi purtroppo sono molto frequenti e in alcuni casi possono portare a un ordine di demolizione dell’immobile con la conseguenza che, se l’immobile è utilizzato come abitazione principale, si possono avere reali problemi ad affrontare l’imminente esecuzione. Ciò che molti si chiedono è se l’ordine di demolizione possa essere eseguito anche nel caso in cui nell’immobile vivono minori e il nucleo familiare non ha un altro alloggio a disposizione. Vedremo a breve che negli ultimi anni la prassi giurisprudenziale è piuttosto uniforme.

Cos’è l’abuso edilizio

Deve essere fin da subito detto che la giurisprudenza sul punto non sempre è stata unanime e molto dipende dalla situazione concreta del singolo, infatti l’ordine di demolizione può andare a contrastare con il diritto all’abitazione nei casi di “abusi di necessità”.

Per capire bene è necessario fare una premessa. Si verifica l’abuso edilizio quando una parte costruisce un immobile senza un idoneo titolo edilizio, cioè senza il permesso di costruire, in assenza della comunicazione di inizio dei lavori oppure quando l’opera appare difforme rispetto ai titoli edilizi concessi. Nel caso in cui l’abuso edilizio venga scoperto dall’autorità vi è l’ordine di demolizione al fine di ripristinare lo stato dei luoghi.

Nel caso in cui il proprietario non provveda alla demolizione, può essere acquisito alla proprietà comunale, inoltre in presenza di reato è possibile l’arresto e la comminazione di una sanzione pecuniaria. C’è il reato penale nel caso di costruzione realizzata in violazione delle norme, in caso di totale assenza di titolo e in caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio.

Sanataria per abusi edilizi: quando si può evitare l’ordine di demolizione?

Vi sono dei casi in cui però è possibile la sanatoria, ciò può avvenire solo nel caso in cui non ci sia un contrasto tra il fabbricato e il piano regolatore generale e quindi in teoria si poteva avere il titolo edilizio per realizzare la costruzione. Per ottenere la sanatoria inoltre è richiesto un ulteriore requisito, cioè l’immobile deve essere conforme alla normativa vigente in materia di edilizia.

Per ottenere la sanatoria deve essere presentata istanza presso il Comune in cui è ubicato l’immobile entro 60 giorni dal momento in cui è stato rilevato l’illecito.

Ordine di demolizione in presenza di minori

Fatta questa prima premessa sull’abuso edilizio e sui casi in cui può esserci ordine di demolizione, occorre ora capire se la presenza di minori nella casa possa essere motivo ostativo all’esecuzione della demolizione stessa. Come detto, le sentenze in materia sono numerose, ma in questo caso si fa particolare riferimento alla pronuncia 45971 del 15 dicembre 2021.

I giudici della Corte di Cassazione hanno rilevato che la presenza di minori nell’abitazione non sempre è ostacolo all’esecuzione dell’ordine di demolizione. Seguiamo l’iter logico giuridico seguito dalla Suprema Corte.

La premessa è che il diritto all’abitazione previsto negli articoli 2 e 3 della Costituzione (articolo 2 stabilisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo anche all’interno delle formazioni sociali, articolo 3 prevede il principio di uguaglianza sostanziale e stabilisce che è compito della Repubblica eliminare gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.) e articolo 8 della CEDU (Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza) è di pari rango rispetto ad altri principi costituzionali come la necessità che vi sia un ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente.

Tale “parità” giustifica l’ordine di demolizione di un immobile abusivo purché tale obbligo sia proporzionato rispetto allo scopo della normativa edilizia. Insomma va demolito un immobile abusivo in una zona dove vige il divieto di costruire.

Il ricorrente aveva sottolineato nel ricorso che il nucleo familiare era composto da 3 minori e che l’ordine di demolizione, confermato da una sentenza del Tribunale di Napoli, non aveva ottemperato a un giusto bilanciamento tra la tutela dei minori e l’interesse al ripristino della situazione antecedente. L’abitazione infatti era l’unica dimora a disposizione della famiglia e le condizioni economiche sociali non permettevano altre soluzioni.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile. Ha precisato che il diritto all’abitazione non deve essere visto in termini assoluti, ma deve essere confrontato con valori di pari rango. D’altronde è necessario scoraggiare comportamenti illegali che contrastano con l’esigenza di tutela dell’ambiente e del territorio.

Ha inoltre sollevato due particolari questioni. Spetta alla parte ricorrente infatti indicare in modo preciso e circostanziato i motivi che osterebbero all’esecuzione dell’ordine di demolizione. In primo luogo il ricorrente non ha specificato i problemi di salute che lo riguarderebbero ( ha solo rinviato al contenuto di una relazione dei servizi di protezione sociale), inoltre il ricorrente non si è mai attivato per la ricerca di un alloggio popolare infatti non si è rivolto ai servizi competenti per l’individuazione di una situazione abitativa nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica.

Ordine di demolizione in caso di ampliamento e in presenza di minori

Già in altre pronunce la Corte di Cassazione aveva sottolineato come il diritto previsto dall’articolo 8 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) non deve essere visto come assoluto, ma deve essere contemperato con altre esigenze e in particolare con il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato e a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio (Sentenza Corte di Cassazione 844 del 2020 depositata il 13 gennaio 2020).

Nella stessa trova conferma l’ordine di demolizione parziale di un edificio e a nulla è valso il fatto che nella stessa abitassero due minori o le consulenze tecniche di parte da cui si evince che la demolizione della parte abusiva avrebbe compromesso anche la stabilità della parte regolarmente costruita e danneggiato l’impiantistica, tra cui quella del metano. Per la Corte di Cassazione in sede di merito, Tribunale di Brindisi, il ricorrente non aveva sufficientemente provato tale pericolo e nel caso in oggetto non vi era parziale difformità tra il progetto iniziale di ampliamento e i lavori effettivamente eseguiti, infatti non aveva richiesto alcun titolo edilizio relativo a tale ampliamento, di conseguenza non è possibile la sanatoria.

Si può evincere da queste due pronunce che la presenza di minori spesso non è un elemento ostativo rispetto all’ordine di demolizione.

GDPR Kids, autoregolazione delle aziende e cyberbullismo: i minori in rete

Negli ultimi anni abbiamo tutti imparato a conoscere il GDPR (General Data Protection Regulation), questo ha portato a un inasprimento ulteriore delle norme previste per la protezione dei dati personali e di fatto ci siamo ritrovati a dover dare il consenso esplicito al trattamento dei dati, spesso anche se ci sembrava assurdo dover autorizzare azioni quotidiane che venivano compiute. Ciò che molti non sanno è che all’interno del regolamento c’è l’articolo 8 che si occupa della protezione dei dati del minore, questa parte del codice viene anche denominata GDPR Kids.

GDPR Kids e trattamento dati personali del minore

Tale articolo stabilisce che in caso di offerta di servizi a minore, il consenso al trattamento dei dati può essere dato solo dal minorenne che abbia però compiuto i 16 anni di età. Ritenendosi che tale età sia quella in cui il minore comunque maturi una certa capacità di discernimento e quindi possa disporre almeno dei suoi dati personali.

Il regolamento stesso prevede che i vari Paesi Membri nell’adeguarsi alla disciplina del GDPR Kids, possano derogarvi, pone però un limite, lo stesso è fissato a 13 anni, cioè si può derogare al limite dei 16 anni e stabilirne uno più basso, ma comunque questo non può essere inferiore a 13 anni.

Adeguamento dell’Italia al GDPR Kids

L’Italia ha preferito derogare all’articolo 8 del GDPR Kids. Tale passaggio è avvenuto con il decreto legislativo 101 del 2018 il cui obiettivo è armonizzare la normativa italiana rispetto al GDPR. In Italia il limite per fornire autonomamente il consenso al trattamento dei dati personali è 14 anni. Per i ragazzi di età inferiore a 14 anni il consenso deve essere dato da chi esercita la responsabilità genitoriale ed è compito del titolare del trattamento, cioè dell’azienda che fornisce il servizio, verificare che effettivamente il consenso sia prestato da tali soggetti.

La scelta del legislatore è frutto di un tentativo di bilanciamento tra la tutela del minore e la sua libertà di espressione, pensiero e desiderio di partecipare alla vita sociale. L’articolo del decreto specifica che l’obiettivo è fare in modo che il minore possa esprimere il consenso per poter avere accesso all’ “offerta diretta di servizi della società dell’informazione”.

Perché questo appunto? Il caso concreto è molto semplice, tutti conosciamo i social media, la normativa degli stessi, in particolare quelli “gestiti” da Mark Zuckerberg, prevede che il minore possa iscriversi al compimento dei 13 anni di età. Questo dato va però concordato con le disposizioni legislative dei vari Paesi che usufruiscono dei servizi.

In base al nostro decreto legislativo di adeguamento al GDPR Kids, un minore può iscriversi già a 14 anni senza il consenso dei genitori, quindi può accedere ai servizi della rete autonomamente e anche disporre della propria immagine, contattare persone, insomma fare ciò che può fare un qualunque adulto. I social network come Facebook, Instagram, Tik Tok e altri, sono solo un esempio dei servizi a cui i minori possono accedere in modo autonomo dai 14 anni e senza alcun filtro, quindi senza avere limiti alle pubblicità a cui possono accedere e alle inserzioni/annunci.

Rischio dipendenza e cyberbullismo

Per quanto riguarda l’accesso ai social network, il nostro legislatore ha considerato come elemento da tenere in considerazione per fissare il limite d’età in cui il minore può autonomamente dare il consenso, il rischio di dipendenza e la possibilità che i minori possano essere vittime di cyberbullismo. Si tratta sicuramente di problemi non marginali per l’infanzia.

A ciò deve aggiungersi che all’interno del decreto legislativo non si prevede nessun altra distinzione tra il trattamento dei dati personali degli adulti e dei minori, infatti non si esclude in alcun modo che i dati forniti dai minori attraverso i social ricevano tutela attraverso l’esclusione dalla profilazione automatizzata, di fatto quindi costantemente e quotidianamente sono raccolti migliaia di dati dei minori con tutte le conseguenze che ne derivano.

Working Party articolo 29

Per, in un certo senso, contenere gli effetti dell’applicazione del GDPR Kids, che può anche essere derogato dagli stati Membri, si è tenuto il Working Party dell’articolo 29, si tratta di un gruppo di lavoro a cui partecipano le Autorità Garanti dei Paesi Membri. Da questo “summit” sono emerse delle indicazioni che però non hanno una particolare forza vincolante e allo stesso tempo hanno fatto emergere delle falle nel sistema di protezione dei minori.

Nel fascicolo prodotto emerge che i minori devono essere considerati soggetti vulnerabili e di conseguenza le organizzazioni/aziende dovrebbero astenersi dal profilarli per scopi di marketing. I minori infatti possono essere più facilmente influenzabili dalla pubblicità comportamentale, ad esempio nei giochi online, come sottolineato dal Working Party, potrebbero essere raccolti dati di profilazione volti a determinare quanto un minore possa essere propenso a spendere soldi nel gioco e questo rappresenta un danno economico e allo stesso tempo potrebbe indurre una ludopatia.

A tali precisazioni del Working Party non corrisponde però una regolamentazione severa volta a tutelare, ma delle raccomandazioni e un invito all’autoregolazione che in pratica nessuno accoglie.

GDPR Kids e legge per il contrasto al cyberbullismo

In Italia la possibilità di accedere ai servizi della rete a 14 anni fornendo il proprio consenso informato è accompagnata dall’articolo 2 delle legge sul cyberbullismo, legge 71 del 2017, questa prevede che già a 14 anni il minore possa autonomamente chiedere ai gestori dei servizi di rimuovere, oscurare o bloccare i propri dati personali. Di conseguenza può esercitare da solo le azioni in tutela dei diritti violati. Invero appare a chi scrive una misura poco attuabile per diversi motivi, cioè il minore vittima della rete difficilmente da solo è in grado di azionare tali diritti (spesso neanche li conosce) e difficilmente si rivolge agli adulti. Allo stesso tempo sappiamo tutti che rimuovere dei contenuti dalla rete una volta immessi è praticamente impossibile.

Sicuramente preparare/educare alla rete potrebbe essere una soluzione, ma sperare in genitori che autonomamente svolgano tale ruolo è molto utopistico e anche in questo caso ci sono diversi motivi, il primo è che spesso i genitori non hanno gli strumenti per educare alle rete, frequentemente si parla di analfabetismo funzionale digitale, in altri casi c’è scarsa attenzione, ecco perché abbassare l’età per prestare il consenso al trattamento dei dati rispetto al GDPR Kids doveva essere accompagnato da un percorso istituzionalmente garantito per educare alla rete.

Vorresti fare una donazione a un bambino? Ecco come

I minori di età non hanno capacità di agire, cioè non possono porre in essere atti giuridici, ad esempio non possono acquistare un’auto, una casa o stipulare un contratto di lavoro. Tra gli atti che i minori non possono compiere autonomamente c’è anche l’accettazione di una donazione e allora ci si chiede: come fare una donazione a un bambino?

Donazione a un bambino: differenza tra quella di modico valore e donazione di valore

La domanda è importante infatti capita spesso che genitori, nonni o altri parenti vogliano fare delle elargizioni direttamente ai piccoli di casa, ad esempio il nonno potrebbe voler regalare dei soldi al nipote, oppure un terreno o altro immobile in quanto vuole beneficiare direttamente quella persona oppure perché vuole evitare doppi passaggi, prima ai figli e poi ai nipoti, con gli oneri maggiori che ne deriverebbero.

Devono essere fatte delle precisazioni, infatti donazioni di modico valore possono essere fatte senza particolari formalità, ad esempio il nonno può scegliere di andare in posta e sottoscrivere un buono fruttifero postale intestato al minore. Questo non potrà poi essere riscosso fino al compimento della maggiore età del minore stesso, ma di fatto la donazione può essere fatta in modo semplice e soprattutto senza pagare le imposte di donazione.

Diverso però è il caso in cui le donazioni sono di una certa entità. In tali casi occorre determinare se l’accettazione di questo bene possa danneggiare il minore o sia in realtà nel suo interesse. Questo implica che per la donazione di beni a minorenni occorre seguire delle procedure particolari.

Il reale problema è che nel nostro ordinamento non viene chiarito qual è il limite tra una donazione di modico valore e una che non abbia tale caratteristica, sono indicati dei criteri molto generici, infatti per determinare se una elargizione è di modico valore deve essere tenuta in considerazione la capacità economica del donante. Può quindi capitare che una donazione importante di denaro possa non essere considerata come tale, molto dipende anche dalla sensibilità dell’operatore che esegue l’operazione in banca.

Donazione a minori, concepito e non concepito

La disciplina prevista sulla donazione è piuttosto ampia, infatti prevede la possibilità di effettuare una donazione in favore di minori, ma non solo. L’articolo 784 del codice civile stabilisce che la donazione può essere fatta in favore del concepito e anche in favore del figlio di determinate persone sebbene non ancora concepito. Salva diversa disposizione del donante:

  • la gestione dei beni donati al concepito o al soggetto non ancora concepito spetta al donante;
  • i frutti maturati prima del concepimento, ma dopo l’atto di donazione, spettano  al donante, cioè a colui che effettua la donazione ;
  • i frutti maturati prima della nascita a un concepito spettano al donatario/beneficiario.

La procedura per la donazione a un bambino/minore di età

Affinché si possa validamente donare a un minorenne, occorre in primo luogo recarsi da un notaio, infatti le donazioni sono valide se eseguite con atto pubblico e di conseguenza è necessaria la presenza del notaio e di due testimoni (articolo 769 del codice civile). Per quanto riguarda i testimoni, la legge notarile (89 del 1913) all’articolo 50 stabilisce che devono essere persone disinteressate agli atti da compiere. Inoltre devono essere maggiorenni e dotati della capacità di agire. La donazione deve essere fatta con atto scritto. Una volta effettuata la donazione sarà necessario procedere all’accettazione. In caso di persone maggiori di età l’accettazione viene fatta dal donatario, cioè da colui che riceve, tutto però cambia nel caso in cui si tratti di un minorenne.

Per l’accettazione della donazione a un bambino trova applicazione l’articolo 320 del codice civile, il quale stabilisce in modo specifico al comma 3 che i genitori, o chi esercita la responsabilità genitoriale, non possono accettare o rinunziare a eredità, donazioni o legati senza la previa autorizzazione del giudice tutelare che per ogni atto deve valutare l’interesse del minore e in particolare gli atti devono rispondere a necessità e utilità del minore. Sugli stessi beni l’ordinaria amministrazione spetta a chi esercita la responsabilità genitoriale ( i genitori congiuntamente), mentre atti di straordinaria amministrazione, ad esempio l’iscrizione di un pegno o ipoteca, devono essere autorizzati dal giudice.

Donazioni a minori e lesione di legittima

Ricordiamo, infine, che le donazioni sono atti di disposizione del patrimonio fatte tra vivi, queste in teoria potrebbero ledere la quota legittima di altri soggetti, ad esempio dei figli o del coniuge del donante. Questo vuol dire che, in seguito alla morte del donante, può essere necessario imputare nuovamente le donazioni al patrimonio al fine di valutare se vi è stata tale lesione.

In caso di esito positivo, potrebbe essere necessario restituire il bene o il suo controvalore, proprio per questo è sempre bene stare attenti a tali atti e il ruolo del giudice tutelare è molto importante. L’azione di lesione di legittima deve essere esercitata entro 10 anni dall’apertura della successione, questo sottopone il minore a un rischio di lunga durata perché tra la donazione e la morte potrebbero intercorrere molti anni e a questi si devono aggiungere ulteriori 10 anni per la prescrizione. A ciò deve essere aggiunto che neanche eliminerebbe tale rischio un’eventuale rinuncia all’eredità fatta dagli eredi mentre è ancora in vita il donante in quanto la rinuncia all’eredità è valida solo se fatta dopo l’apertura della successione.

Per saperne di più sulla gestione dei beni intestati al minore, leggi l’articolo: Amministrazione e vendita beni di minori: come ci si deve comportare

Amministrazione e vendita beni di minori: come ci si deve comportare?

Può capitare che dei beni siano intestati a minori, ad esempio nel caso di morte di un genitore, il figlio, sebbene minore, risulta erede e la quota sarà intestata proprio a costui. Può anche capitare che un nonno nomini nel testamento come erede direttamente il nipote oppure che il nonno muoia dopo il figlio e che la parte della sua eredità ricada sul nipote, insomma sono numerose le situazioni in cui un minore, pur non avendo capacità di agire e quindi la possibilità di compiere acquisti, vendite, atti di amministrazione, si trovi ad avere dei beni intestati. In tutti questi casi chi ne dispone, visto che il minore non può farlo e cosa succede se vi è intenzione di vendere i beni? Ecco come funziona l’amministrazione e vendita beni di minori.

Amministrazione e vendita beni di minori: regole generali

La prima cosa da sottolineare è che i minori hanno sempre un tutore legale, lo stesso è rappresentato generalmente dai genitori, ma nel caso in cui questi vengano meno, ad esempio per perdita della responsabilità genitoriale (dal 2014 non si parla più di potestà) viene nominato un tutore. Il tutore viene nominato anche nel caso in cui i genitori muoiano lasciando i figli di minore età o nell caso in cui siano entrambi in carcere. Quando viene meno un solo genitore la responsabilità genitoriale ricade esclusivamente sull’altro. In assenza di entrambi i genitori può essere nominato come tutore un altro parente e, in assenza di persone idonee nel ristretto cerchio familiare, si può procedere alla nomina di un soggetto terzo, la nomina spetta al giudice tutelare che ha anche il compito di vigilare sull’operato del tutore.

Amministrazione e vendita beni di minori quando la tutela è affidata ai genitori

Nonostante questo, cioè nonostante il minore abbia un tutore, o due tutori nel caso in cui entrambi i genitori abbiano responsabilità genitoriale, per alcuni atti è necessaria l’autorizzazione del giudice e tra questi vi è la vendita beni di minori. Nel caso in cui i tutori siano i genitori, in base all’articolo 320 del codice civile l’autorizzazione ad atti dispositivi deve essere richiesta al tribunale del luogo di residenza del minore.

Ciò vuol dire che se il minore per un qualsiasi motivo abbia, ad esempio, una casa intestata, i genitori per poterla vendere devono prima ottenere l’autorizzazione del giudice. Quest’ultimo può dare l’autorizzazione dopo aver valutato bene l’atto, e aver sentito il giudice tutelare, e quindi dopo aver determinato se tale disposizione corrisponde agli interessi del minore. Quindi se il genitore vuole vendere l’immobile a un prezzo ridotto rispetto al valore di mercato, il giudice può vietare la vendita perché non corrisponde all’interesse del minore.

Non solo, infatti il denaro derivante dalla vendita del bene del minore non può essere utilizzato dai genitori/tutore, ma deve essere collocato su un conto intestato al minore o su un libretto di risparmio ed eventuali usi di quel denaro devono essere sempre autorizzati dal giudice. Anche in questo caso il giudice deve valutare se l’atto corrisponde a un interesse del minore. Ad esempio il denaro potrebbe essere usato per esigenze di studi, per motivi di salute inerenti comunque il minore.

I frutti dell’amministrazione del beni del minore

L’articolo 324 del codice civile stabilisce che i genitori che esercitano la responsabilità genitoriale godono dell’usufrutto sui beni del figlio fino al raggiungimento della maggiore età o della loro emancipazione. I frutti sono destinati al mantenimento della famiglia all’istruzione ed educazione dei figli.

Limiti

L’articolo 324 sottolinea però che non sono soggetti ad usufrutto i beni acquistati con i proventi del lavoro del minore. Si tratta di un argomento attuale in quanto sempre più spesso si vedono minori impegnati nel mondo del lavoro e in particolare in quello della pubblicità e si parla spesso di baby influencer che hanno guadagni spesso molto elevati.

Inoltre, non sono oggetto di usufrutto i beni donati al minore per intraprendere una carriera o gli studi, in questo caso i frutti restano nel conto del minore. Non ricadono nell’usufrutto neanche i beni ricevuti dal minore in eredità/donazione con la specifica condizione che gli stessi non siano oggetto di usufrutto da parte dei minori. Non c’è usufrutto nel caso in cui i beni provengano da eredità e i genitori abbiano deciso di non accettarla optando quindi per la rinuncia all’eredità. Nel caso in cui solo uno dei genitori abbia accettato l’eredità in nome del figlio contro la volontà dell’altro, l’usufrutto sugli stessi spetta solo al primo.

A questo punto occorre specificare che l’eredità del minore accettata in suo nome dal genitore o da altro tutore è sempre accettata con il beneficio dell’inventario, quindi il minore non risponderà dei debiti eccedenti il valore dell’eredità stessa (articolo 471 del codice civile).

Limiti all’usufrutto in caso di nuove nozze

Un altro caso particolare riguarda quello del genitore che esercita l’usufrutto legale sui beni del minore, ma passa a nuove nozze, in questo caso operano dei limiti, infatti si è visto in precedenza che i frutti derivanti dai beni del minore possono essere utilizzati dal genitore per le esigenze della famiglia e di istruzione ed educazione dei figli, ma c’è un’eccezione prevista dall’articolo 328 del codice civile, questo stabilisce che nel caso di nuove nozze, i frutti dei beni del minore possono essere utilizzati esclusivamente per la sua educazione e istruzione, nonché per il suo mantenimento, mentre le restanti somme devono essere accantonate.

I genitori possono inoltre perdere l’amministrazione dei beni del figlio nel caso in cui si ravveda una cattiva gestione degli stessi. In questo caso il tribunale nomina un curatore.

L’insieme delle norme viste dimostra che c’è una particolare attenzione alla tutela del minore.

Atti di amministrazione e vendita beni del minore da parte del tutore

Nel caso in cui l’autorizzazione debba essere richiesta dal tutore, si applica l’articolo 375 del codice civile che stabilisce che il tutore prima di porre in essere atti dispositivi, tra cui anche la costituzione di pegno o ipoteca sull’immobile, deve avere l’autorizzazione del tribunale ordinario su parere del giudice tutelare. Ci sono degli atti che il tutore può compiere senza autorizzazione, ad esempio la vendita di frutti del bene stesso, ad esempio se trattasi di un terreno, potrebbe vendere i frutti che ne ricava, che devono però essere sempre utilizzati in favore del minore stesso. Inoltre può compiere atti di disposizione su beni mobili se gli stessi sono oggetto di repentino deterioramento.

 

Buoni fruttiferi postali per minori: sono convenienti?

L’università, la scuola, il master, un’attività, una casa: genitori e parenti in genere vogliono sempre dare il massimo ai piccoli di casa e proprio per questo spesso pensano fin dalla tenera età a investimenti per il loro futuro. Tra gli strumenti apprezzati ci sono sicuramente i buoni fruttiferi postali per minori, ma di cosa si tratta e cosa sono?

Cosa sono i buoni fruttiferi postali per minori?

I Buoni Fruttiferi per minori sono uno strumento di investimento a cui gli italiani hanno dimostrato di essere molto affezionati, anche se in passato sicuramente lo erano di più. A molte famiglie negli anni Ottanta e Novanta hanno consentito di creare dei veri tesoretti e proprio per questo hanno costituito regali per nascite, battesimi, comunioni, festività varie e cerimonie. Oggi non hanno lo stesso successo del passato soprattutto perché i tassi di interesse sono molto bassi, ma le persone dimostrano di esservi ancora molto affezionate, proprio per questo continuano a comprarli.

Oggi i Buoni Fruttiferi per minori possono essere sottoscritti in favore di tutti i minori da 0 a 16 anni e 6 mesi, li emette Cassa Depositi e Prestiti e sono collocati sul mercato da Poste Italiane. Possono avere tagli a partire da 50 euro e multipli. Il buono fruttifero per minori può essere sottoscritto senza alcun onere e senza dover avere altri prodotti finanziari, quindi non occorre avere un conto corrente o un libretto di risparmio postale.

Come sono calcolati gli interessi sui buoni per minori?

Il tasso di interesse che si matura dipende da quanto tempo manca al minore per il compimento del diciottesimo anno di vita. In particolare, prima si sottoscrive il buono e maggiori saranno gli interessi che possono maturare. L’interesse massimo è del 2,50%, ma per ottenerlo è necessario sottoscrivere il buono alla nascita e poi riscuoterlo al compimento del diciottesimo anno di vita del ragazzo. Più passa il tempo e minori sono i tassi di interesse maturati. Ad esempio se stipulo oggi un buono per un neonato del valore di 500 euro, al compimento del diciottesimo anno di età avrà un rimborso di 742,05 euro.

Se invece sottoscrivo oggi un buono fruttifero per minori dello stesso valore, ma per un bambino di due anni di età, potrà riscuotere 739, 26 euro. Si può notare che la differenza è poca. Se invece il bambino ha 4 anni, quindi è nato nel 2017, gli importi maturati saranno 659,15 euro. Man mano gli importi quindi diminuiscono anche perché si riduce il termine temporale di investimento. Gli importi che abbiamo visto sono netti. Deve essere ricordato che sugli interessi maturati si dovrà pagare un’imposta pari al 12,50%, inoltre nel caso in cui il valore superi i 5.000 euro, sarà necessario versare l’imposta di bollo.

I buoni fruttiferi postali per minori possono essere riscossi anche prima, ma naturalmente vi è una perdita netta di interessi, inoltre sarà necessario avere un’autorizzazione del giudice tutelare che darà la stessa solo nel caso in cui ritenga che la riscossione in anticipo risponda a un’esigenza del minore.

Documenti necessari

Per poter sottoscrivere un buono fruttifero per minori è necessario avere con sé:

  • il certificato di nascita del minore (in alternativa il passaporto o la carta di identità) e il suo codice fiscale o tessera sanitaria;
  • codice fiscale del richiedente (genitore, nonno o chiunque voglia fare questo regalo);
  • carta di identità o altro documento di riconoscimento in corso di validità del richiedente.

I buoni fruttiferi postali per minori possono essere sottoscritti presso un qualunque ufficio postale oppure da web o App in questo caso è però necessario avere il Libretto Minori. Può essere sottoscritto un buono cartaceo o dematerializzato, in caso di buoni dematerializzati sarà possibile anche la riscossione per frazioni e non dell’interno montante, ma il taglio minimo di riscossione è 50 euro.

Conviene sottoscrivere buoni fruttiferi postali per minori?

La domanda non è affatto ovvia, infatti i tassi di interesse risultano essere bassi, ma di fatto sono più alti rispetto a tante altre forme di investimento e tra quelle i buoni ordinari di Poste Italiane (1,33% lordo e 0,81% netto) e di conseguenza se l’opzione è scegliere tra questi due strumenti, sicuramente conviene di più stipulare i buoni fruttiferi per minori.

Attualmente il panorama degli investimenti è  variegato, infatti si possono acquistare azioni ( da non intestare a minori) che potrebbero avere rendimenti migliori, ma a questi corrisponde comunque un rischio di perdita più elevato, mentre i buoni sono garantiti dallo Stato, di fatto il capitale e piccoli interessi non si perdono. Tra le note positive vi è il fatto che si possono sottoscrivere anche tagli molto piccoli, questo vuol dire che anche il nonno che un mese riesce a risparmiare 50 euro sulla pensione può contribuire a creare un fondo che potrà essere utile in futuro per i più piccoli.

Un’ultima informazione è necessaria: in passato vi era l’abitudine di acquistare buoni postali e intestarli a un minore e a un maggiorenne. Dal 5 ottobre 2003 questa pratica è vietata e di conseguenza l’unica strada per intestare i buoni ai minori, è scegliere questi prodotti postali.

Se vuoi saperne di più sulla disciplina dei buoni fruttiferi postali cointestati leggi l’articolo: Buoni fruttiferi postali cointestati: cosa succede in caso di morte