Contributi figurativi, in quali situazioni si possono chiedere?

I contributi figurativi vengono riconosciuti in determinati casi e per specifici periodi nei quali il contribuente non lavori. Il riconoscimento dei contributi figurativi avviene senza alcun onere per il lavoratore. Dunque, il contribuente non deve pagare nulla per il periodo di inattività da lavoro.

I contributi figurativi sono gratis?

Tuttavia, proprio per il fatto che i contributi figurativi sono accreditati gratuitamente e nemmeno il datore di lavoro deve versare nulla, è necessario far riferimento alle particolari situazioni che hanno determinato l’interruzione del lavoro. E, dunque, al particolare momento della carriera lavorativa del contribuente. Pertanto è solo in specifici casi, che andremo ad analizzare, che la contribuzione viene accreditata al lavoratore.

Contributi figurativi utili alla pensione dei lavoratori del settore privato

Le regole dei contributi figurativi sono diverse a seconda che il richiedente sia un lavoratore del settore privato, pubblico o un autonomo (o anche artigiano o commerciante). Per il settore privato, la prima situazione nella quale il dipendente può maturare i contributi figurativi è quella del licenziamento. Nei periodi in cui il dipendente licenziato percepisce le formule di indennità di disoccupazione, matura i contributi figurativi.

Contributi figurativi per disoccupazione, cassa integrazione e mobilità

Oltre alla disoccupazione, la maturazione dei contributi figurativi avviene anche nei casi di cassa integrazione e di mobilità. Nel primo caso, i contributi figurativi maturano per i periodi di sospensione dell’attività. Nel caso della mobilità, invece, i contributi figurativi sono corrisposti per i periodi successivi al licenziamento da parte di un’impresa che sia stata dichiarata in stato di crisi.

Per il servizio militare e la gravidanza maturano i contributi figurativi?

Il periodo di servizio militare dà diritto ai contributi figurativi. L’accredito è ammesso anche per lo svolgimento del servizio militare non armato, ovvero per le missioni umanitarie, e per il servizio sostitutivo civile svolto per obiezione di coscienza. Anche l’interruzione obbligatoria del lavoro per puerperio e gravidanza fa maturare contributi figurativi. L’accredito avviene per tutti i periodi nei quali è prevista l’assenza obbligatoria e anche nei casi in cui la donna non abbia un contratto di lavoro e dunque risulti senza occupazione. Per quest’ultimo caso, la maturazione dei contributi figurativi necessita di almeno 5 anni di anzianità contributiva acquisita mediante svolgimento di attività lavorative.

Interruzione del lavoro per maternità e accredito contributi figurativi

Diversa dalla gravidanza è la maternità ai fini dell’accredito dei contributi figurativi. Infatti, per la maturità maturano i contributi per l’interruzione facoltativa e per un periodo massimo di 6 mesi, anche in maniera frazionata. La maternità riconosciuta deve avvenire entro l’ottavo anno di vita del bambino. Rientrano nell’accredito anche le assenze dovute a permessi in relazione a malattia del bambino di età non superiore ai 3 anni.

Periodi di aspettativa e donazione del sangue: i contributi figurativi

I periodi di aspettativa che permettono l’accredito dei contributi figurativi sono strettamente limitati. Infatti, sono ammesse le aspettative prese dal lavoratore dipendente che va a svolgere cariche pubbliche elettive quali, ad esempio, l’onorevole. Rientrano tra le aspettative ai fini dei contributi figurativi anche le cariche sindacali nazionali o provinciali. I contributi figurativi sono altresì riconosciuti anche nei periodi di assenza da lavoro per la donazione del sangue.

Malattia e infortunio fanno maturare contributi figurativi?

I periodi di malattia e infortunio possono generare l’accredito di contributi figurativi seguendo determinare regole. Infatti, attualmente è possibile richiedere i contributi nel limite delle 95 settimane, corrispondenti a 22 mesi. Il limite è riferito a tutta la vita assicurativa del contribuente. In precedenza, il tetto massimo per malattie e infortuni era fissato in 12 mesi (52 settimane), poi aumentato a partire dal 1997 in media di due mesi ogni 3 anni. Infine, è da ricordare che la contribuzione figurativa per malattia e infortunio deve riguardare periodi di assenza superiori ai 7 giorni.

Cosa bisogna fare per l’accredito dei contributi figurativi?

In genere per il riconoscimento dei contributi figurativi è necessario fare richiesta nel momento in cui si presenta domanda per la pensione. Tuttavia, per vari contributi maturati per periodi sopra analizzati l’accredito avviene in automatico. Ad esempio, i periodi di disoccupazione, di cassa integrazione, di mobilità e di assistenza antitubercolare, i contributi vengono accreditati senza domanda. La motivazione risiede nel fatto a questi periodi di inattività lavorativa corrisponde un’indennità (ad esempio, di disoccupazione). Dunque l’Istituto previdenziale ha già in possesso i dati relativi ai contributi figurativi da riconoscere.

Contributi figurativi, quando non bisogna fare domanda per farseli riconoscere?

Anche per la maternità, per la malattia e per gli infortuni, l’Inps procede d’ufficio nell’accredito dei contributi figurativi. Per il servizio militare, invece, occorre inoltrare all’Inps il foglio matricolare. Per il rilascio del documento è necessario rivolgersi al distretto militare di appartenenza. Tuttavia, in sede di domanda di pensione si può procedere con l’autodichiarazione per evitare di presentare la documentazione necessaria.

La crisi pesa sugli ammortizzatori sociali

Ogni crisi ha i suoi costi e quella che stiamo attraversando ne ha di altissimi sul fronte degli ammortizzatori sociali. Secondo un’elaborazione effettuata dall’Ufficio Studi della Cgia, tra il 2009 e il 2013 l’Italia ha pagato 59 miliardi di euro in ammortizzatori sociali, al netto dei contributi figurativi.

Secondo la Cgia, il 72,7% di questi costi per ammortizzatori sociali (pari a 42,8 miliardi) è stato coperto grazie ai contributi versati dai dipendenti e dalle imprese, mentre il restante 27,3% (circa 16 miliardi) è stato a carico della fiscalità generale.

Se analizziamo l’andamento registrato in questi ultimi anni – ha commentato il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – notiamo che c’è stato un boom della spesa delle misure di sostegno al reddito dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Dai circa 10 miliardi riferiti al 2009 si è saliti a quota 14,5 nel 2013. Importo, quest’ultimo, che dovrebbe essere raggiunto anche nel 2014. Per contro, invece, la copertura garantita dai contributi versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti è rimasta praticamente la stessa. Se nel 2009 era pari a 8,4 miliardi, nel 2013 è stata di poco superiore ai 9 miliardi di euro. Questo si traduce in un saldo sempre più negativo: ovvero il costo degli ammortizzatori sociali è sempre più a carico della collettività. Era pari poco più di 1,5 miliardi nel 2009, l’anno scorso ha sfiorato i 5,5 miliardi di euro”.

Lo studio della Cgia ha preso in esame il flusso di entrate e uscite relativo a diversi ammortizzatori sociali: Cig ordinaria, Cig straordinaria, Cig straordinaria in deroga, trattamenti di disoccupazione, AspI e mini-AspI, indennità di mobilità. Un’analisi che però non comprende le somme a copertura della contribuzione figurativa garantite dallo Stato, quelle, per capirsi ai fini della maturazione dei requisiti previsti per l’ottenimento della pensione.

In questo quadro diventa esemplare, tra gli ammortizzatori sociali la situazione della Cig in deroga, introdotta all’inizio della crisi per favorire gli occupati della piccola impresa e diventata, da misura straordinaria, una misura strutturale che costa all’Italia circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Un costo che ricade su tutti i contribuenti in quanto è finanziata dalla fiscalità generale, diversamente dalla Cig ordinaria, quasi del tutto finanziata attraverso i contribuiti versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti.

Il licenziamento collettivo nella riforma Fornero

La riforma Fornero ha toccato, tra le altre cose, anche la questione del licenziamento collettivo, che veniva ritenuto possibile, secondo quanto stabilito dalla legge del 23 luglio 1991 n.223, in casi di riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività.

Le imprese che possono ricorrervi sono quelle costituite almeno da 15 dipendenti che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, abbiano intenzione di effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia.

La L. 223/1991 aveva anche previsto, in caso di mobilità, un significativo elemento innovativo rispetto al precedente assetto ordinamentale, consistente dal trasferimento dal controllo “ex post” giurisdizionale al controllo “partecipato” dell’iniziativa imprenditoriale devoluto “ex ante” alle organizzazioni sindacali, destinatane di incisivi diritti di informazione, poteri di consultazione.

La legge diceva che: “La comunicazione da effettuarsi deve fornire compiuta indicazione delle modalità puntuali con cui sono applicati dal datore di lavoro i criteri di scelta, così da consentire a livello sindacale ed individuale la verifica sulla correttezza dei criteri di scelta adottati per l’individuazione dei dipendenti da licenziare. La comunicazione, altresì, deve essere “contestuale” al fine di assicurare la tempestiva verifica sia livello collettivo clic individuale della legittimità della scelta dei lavoratori da licenziare e della regolarità dell’intera procedura seguita“.

Ad essere modificati dalla recente L. 92/2012 sono stati gli artt. 4 e 5 della L. 223/1991, concernenti la procedura per la dichiarazione di mobilità dei lavoratori delle imprese.

In particolare viene specificato che la comunicazione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che l’impresa deve effettuare – comma 44 dell’art. 1 della L. 92/2012 – nei confronti di determinati soggetti pubblici, avvenga non contestualmente, bensì entro sette giorni dalla comunicazione dei licenziamenti a ciascuno dei lavoratori interessati.

Viene, quindi, previsto che gli eventuali vizi della comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive associazioni di categoria possono essere sanati nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura.

Vera MORETTI

Da gennaio ASPI sosterrà i lavoratori disoccupati

Per favorire l’occupazione, dal 1 gennaio 2013 sarà operativa l’Assicurazione Sociale per l’Impiego, ASPI, che prevederà l’erogazione di una indennità mensile ai lavoratori dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti e i soci di cooperativa di lavoro, che si trovano in stato di disoccupazione.

Questa assicurazione va a sostituire l’indennità di disoccupazione e tutti i vari ammortizzatori sociali come, ad esempio, la mobilità.

Gli importi previsti consistono nel 75% di € 1.180,00 (€ 885,00) aumentati di una quota del 25% del differenziale tra retribuzione percepita ed il limite di € 1.180,00 nel caso in cui la retribuzione del lavoratore superi quest’ultimo limite.
Il massimale previsto è di € 1.119,00, mentre la durata è di un anno per coloro i quali hanno meno di 55 anni (alla data di assegnazione dell’ammortizzatore) e 18 mesi per coloro con più di 55 anni.
È prevista la riduzione del 15% di quanto percepito dopo i primi sei mesi di fruizione e di un ulteriore 15 % dopo un anno.

Al finanziamento del nuovo trattamento saranno oggetto i seguenti interventi (dal 1° gennaio 2013):

  • Contributo integrativo pari al 1,31% che sostituirà, a regime, l’attuale contributo DS;
  • Contributo addizionale pari al 1,4% (carico datore) per ogni rapporto di lavoro a tempo determinato
  • Contributo a carico del datore di lavoro in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per cause diverse dalle dimissioni intervenute dal 1 gennaio 2013.

Il contributo di licenziamento si applica anche nei casi di licenziamento per giusta causa o in caso di cessazione attività ed è pari al 50% del trattamento iniziale di ASPI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
Ciò significa che se viene licenziato un lavoratore con anzianità di almeno tre anni, il contributo di licenziamento è pari ad € 1.327,50 (885,00*1,5).

Vera MORETTI

Chiarimenti sul nuovo regime dei minimi

L’Agenzia delle Entrate ha diffuso la circolare 17/E per chiarire alcuni punti riguardanti il regime fiscale di vantaggio, per capire chi ci rientra e con quali regole.

La disciplina, introdotta dalla manovra correttiva (Dl 98/2011), assorbe i “vecchi minimi” e favorisce l’iniziativa imprenditoriale sostenendo i giovani e chi ha perso il lavoro.
Per questo il nuovo regime è applicabile per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi.
La possibilità di prolungare la disciplina di vantaggio esiste solo per coloro che, alla fine del quinquennio, non avranno ancora compiuto 35 anni. Finiranno di beneficiarne, quindi, fino al trentacinquesimo compleanno e fino a conclusione dell’anno.

Il regime agevolato è entrato in vigore dal 1 gennaio per i contribuenti che hanno iniziato una nuova impresa, arte o professione, o che l’avevano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007.
Importante è che l’attività parta realmente, e che non si tratti solo di aprire una nuova partita Iva.

Inoltre, ci sono alcune restrizioni che riguardano il fatto che nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività non bisogna aver svolto attività d’impresa o di lavoro autonomo.
Ma c’è dell’altro, perché la nuova attività non deve essere una prosecuzione del lavoro svolto in precedenza, né come lavoratore autonomo, né come lavoratore dipendente. Questo limite, però, decade nel caso in cui il contribuente abbia perso il lavoro o sia in mobilità per cause indipendenti dalla sua volontà.
Ovviamente ogni forma di lavoro precario, che comprende anche i contratti di collaborazione coordinata e continuativa o a tempo determinato, non preclude l’accesso al regime.

Accedono al regime i contribuenti che hanno iniziato un’attività d’impresa, arte o professione dal 1° gennaio 2012 e, presentando la dichiarazione di inizio attività, hanno barrato la casella relativa al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità.

Coloro che, invece, hanno iniziato l’attività nel 2012 e hanno aperto la partita Iva, senza effettuare alcuna comunicazione, possono presentare la dichiarazione di variazione dati entro 60 giorni dall’emanazione di questa circolare.
Chi ha iniziato l’attività dopo il 31 dicembre 2007 e vuole passare, dal 1° gennaio 2012 al regime fiscale di vantaggio, per il periodo precedente non è tenuto ad alcun specifico adempimento se, fino al 31 dicembre 2011, ha applicato il regime dei minimi.

Vera MORETTI

Bonus per le auto elettriche

L’Italia incentiva la mobilità sostenibile e lo fa proponendo un bonus fino a 5.000 euro l’acquisto di un auto elettrica. Lo stanziamento totale previsto dal testo unificato sull’auto elettrica adottato dalle commissioni Trasporti e Attività Produttive della Camera, previsto in Aula a giugno, è di ben 420 milioni di euro in tre anni a partire dal 2013.

Chi compra in Italia, anche in leasing, un’auto elettrica a fronte di una rottamazione, nel 2013 avrà un contributo fino a 5.000 euro per i veicoli che producono emissioni inquinanti non superiori a 50 grammi a chilometro di anidride carbonica e fino a 1.200 per un’emissione tra i 50 e i 95 grammi di Co2. Un bonus che scende a 4.000 e mille euro nel 2014 e a 3.000 e 800 euro nel 2015. E’ poi previsto un piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, per garantire su tutto il territorio livelli minimi di accessibilità al servizio di ricarica.

Tra le novità previste per incentivare la fase start up del mercato della mobilità green c’è anche una tariffa promozionale di energia elettrica e gas.
“Ora si passa alla fase emendativa – sottolinea Andrea Lulli, uno dei firmatari di una delle proposte sull’auto elettrica – e spero si proceda speditamente. Il testo è in programma in Aula per giugno e dovremmo farcela”.

Dichiarazione di inizio attività adeguata al “regime di vantaggio”

Sono stati approvati, con provvedimento direttoriale, il modello “AA9/11” e le relative istruzioni e specifiche tecniche che regolano la dichiarazione di inizio o cessazione attività e la variazione dei dati ai fini Iva delle persone fisiche. La nuova versione del modello è utilizzabile a partire da oggi, 22 maggio 2012.

Il modello AA9/11 si rinnova nella struttura e nel contenuto in seguito al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria e per i lavoratori in mobilità che è stato introdotto dall’articolo 27, rispettivamente nei commi 1 e 2 Dl 98/2011.

Sono state approvate le sole istruzioni di “AA7/10”, dedicate a società, enti, associazioni nonché alla richiesta di attribuzione del codice fiscale. Il modello AA7/10 e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica restano quelli precedentemente previsti dal provvedimento direttoriale del 29 dicembre 2009.

I modelli approvati sono già disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dell’Economia o su altri siti purché abbiano le caratteristiche tecniche definite dal provvedimento.

Presentata la riforma del lavoro

di Vera MORETTI

E’ stata presentata ieri dal Governo la riforma sul lavoro, tanto discussa e tanto attesa dagli italiani.

Tra le tante proposte, spicca la stretta sulla flessibilità in entrata, mentre quella in uscita è stata definita “buona” dal ministro Elsa Fornero. Alle parti sociali è stata presentata nella sua quasi interezza, con la possibilità di aggiustamenti fino a giovedì, anche se, ormai, il solo interlocutore per l’attuazione della riforma è il Parlamento, segno che i giochi sono ormai quasi chiusi.

Vediamo nel dettaglio i punti oggetto di riforma:

  • Il contratto a tempo indeterminato dovrà essere predominante e rafforzato dall’apprendistato per garantire l’ingresso nel mondo del lavoro.
  • Di conseguenza, saranno fortemente penalizzati i contratti a termine, con l’eccezione di quelli stagionali o sostitutivi, poiché chi li proporrà avrà un contributo aggiuntivo dell’1,4% da versare per il finanziamento del nuovo sussidio di disoccupazione (oltre all’1,3% attuale). Per i contratti a termine non saranno possibili proroghe oltre i 36 mesi.
  • Non sarà possibile l’associazione in partecipazione se non si è familiari, per limitare il fenomeno del lavoro sostanzialmente subordinato mascherato da lavoro autonomo.
  • Gli stage gratuiti non saranno più ammessi, perciò chi, dopo laurea o master, approderà in un’azienda, se lo farà attraverso uno stage, dovrà essere retribuito.

 

  • Introduzione della norma contro le dimissioni in bianco, strumento spesso usato in passato a discapito delle lavoratrici.
  • Il sussidio di disoccupazione andrà subito a regime, mentre la mobilità, che oggi vale per i licenziamenti collettivi e può durare fino a 48 mesi per gli over 50 del Sud, sarà eliminata definitivamente solo nel 2017. Per il nuovo sistema sono previste risorse aggiuntive per 1,7-1,8 miliardi.
  • L’ASPI, ovvero l’assicurazione sociale per l’impiego, sarà universale e sostituirà l’attuale indennità di disoccupazione. Durera’ 12 mesi (18 per gli over 55) e dovrebbe valere il 75% della retribuzione lorda fino a 1.150 euro, e il 25% per la quota superiore a questa cifra, con un tetto di 1.119 euro lordi per il sussidio, per ridursi dopo i primi sei mesi. Sarà quindi più alta dell’indennità attuale che al suo massimo raggiunge il 60% della retribuzione lorda (e dura 8 mesi, 12 per gli over 50).
  • La cassa integrazione si mantiene per la cassa ordinaria e la straordinaria con i contributi attuali, ma viene esclusa la causale di chiusura dell’attività, che rimane valida se è previsto il rientro in azienda.
  • Il fondo di solidarietà per lavoratori anziani sarà pagato dalle aziende e dovrebbe fornire un sussidio ai lavoratori anziani che dovessero perdere il lavoro a pochi anni dalla pensione. Si tratta di una soluzione richiesta dai sindacati per sostituire la mobilità, che sarà eliminata.
  • Per quanto riguarda l’articolo 18, il Governo ha annunciato la diversificazione delle tutele sui licenziamenti con il reintegro nel posto di lavoro nel caso di licenziamenti discriminatori e il solo indennizzo (fino a 27 mensilità di retribuzione) nei licenziamenti per motivi economici (giustificato motivo oggettivo) considerati dal giudice illegittimi. Per quanto riguarda, invece, i licenziamenti disciplinari che saranno considerati ingiusti dal giudice, prevederanno la possibilità di scegliere, da parte del magistrato, tra il reintegro e l’indennizzo economico con il pagamento al lavoratore ingiustamente licenziato tra le 15 e le 27 mensilità.

Incentivi alle imprese per giovani e donne a Massa Carrara

di Vera MORETTI

Per favorire il reinserimento nel mondo del lavoro di inoccupati e disoccupati, la Provincia di Massa Carrara ha pubblicato un avviso per disciplinare i criteri e le modalità di concessione di agevolazioni finanziarie per la creazione d’impresa.

Per questo, dunque, si tratta di un’iniziativa rivolta, oltre che ai disoccupati/inoccupati, anche ai lavoratori in cassa integrazione o in mobilità, purchè, e questo vale per tutte queste categorie, siano iscritti nelle liste anagrafiche del Centro per l’Impiego della Provincia di Massa Carrara e che abbiano reso dichiarazione attestante l’immediata disponibilità al lavoro.

Gli incentivi sono messi a disposizione al fine di sostenere il lavoro autonomo e l’avvio all’impresa.
Nello specifico, sono rivolti al sostegno dell’imprenditorialità e alla cultura del lavoro soprattutto giovanile e femminile, ma anche alle persone e servizi di accompagnamento per la creazione d’impresa e l’autoimpiego, in particolare se si tratta di progetti a favore di immigrati.
Per quanto riguarda le donne, poi, c’è una particolare attenzione per quanto riguarda la creazione d’impresa e di lavoro autonomo in settori innovativi.
La società o l’impresa, dovrà avere sede legale e operativa a Massa Carrara e provincia, e dovrà appartenere al settore delle microimprese e piccole e medie imprese.

Il contributo concesso potrà essere, al massimo, di 15.000,00, euro, al netto IVA, da utilizzare per le spese di:

  • Canone di locazione prime 12 mensilità (al netto della cauzione e degli oneri accessori), a partire dalla data di inizio dell’attività, nella misura non superiore al 90% della spesa, fino ad un massimo di euro 11.300,00);
  • Consulenza e assistenza per l’avvio dell’attività (start-up), fino ad un massimo di €. 800,00;
  • Parcella notarile fino ad un massimo di € 900,00;
  • Pubblicità e promozione (logo/marchio e grafica dell’ insegna pubblicitaria) fino ad un massimo di € 1.500,00;
  • Contratti per allacciamenti/collegamenti utenze fino ad un massimo di € 500,00;

Ad eccezione, ovviamente, del canone di locazione, le altre spese dovranno essere sostenute a partire dalla data di iscrizione alla CCIAA (per l’imprese individuali) e dalla data dell’atto notarile costitutivo (per le Società) ed entro e non oltre la data di presentazione della richiesta di erogazione contributo.

La domanda di partecipazione dovrà pervenire entro il 12 giugno e potrà essere consegnata a mano oppure per raccomandata all’indirizzo:
Provincia di Massa Carrara
Settore Formazione Professionale e Politiche del Lavoro
Piazza Aranci, 1 Palazzo Ducale
54100 Massa

Nuovo regime dei minimi: un paradiso?

di Vera MORETTI

E’ entrato in vigore con l’anno nuovo il nuovo regime dei minimi, noto anche come regime “di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”.
Considerando i tanti vantaggi che comporta, non solo per quanto riguarda adempimenti ultra semplificati, ma anche l’aliquota dell’imposta sostitutiva fissata al 5%, è stato anche definito un paradiso fiscale.

Chi, quindi, avrà la fortuna di accedere a questo “paradiso”?
Innanzitutto le persone fisiche che intraprendono un’attività d’impresa o di lavoro autonomo dal 1° gennaio 2012 o che l’hanno intrapresa successivamente al 31.12.2007.
Alle condizioni previste dal precedente regime dei minimi, la manovra Correttiva ha aggiunto tre ulteriori condizioni:

  • non aver esercitato, nei 3 anni che precedono l’inizio attività, un’attività artistica, professionale o d’impresa (anche in forma associata o familiare);
  • l’attività nuova intrapresa non deve essere una continuazione di un’altra, magari svolta prima come dipendente ed ora come autonomo, tranne, ovviamente, esperienze di tirocinio.
  • è possibile proseguire un’attività d’impresa svolta prima da un altro soggetto purché l’ammontare dei ricavi realizzati nel periodo d’imposta precedente a quello interessato dal regime dei minimi, non sia superiore a 30.000 €.

Coloro che si riconoscono in questa fascia di lavoratori, ma che decidono di rinunciarvi, possono usufruire del regime ordinario, in un’opzione valida per almeno un triennio, previa comunicazione all’Amministrazione finanziaria con la prima dichiarazione fiscale annuale successiva alla scelta operata.
I soggetti che usufruiscono di tale opzione determinano il reddito d’impresa o di lavoro autonomo secondo le modalità ordinarie previste dal TUIR (titolo I capo V e VI), avvalendosi dei regimi contabili ordinario o semplificato. Inoltre, i contribuenti devono porre in essere tutti gli adempimenti contabili ed extracontabili dai quali erano precedentemente esonerati.

Se non si ricorre al regime ordinario, c’è il regime semplificato degli ex minimi. In questo caso l’opzione viene comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata.

Per quanto riguarda il nuovo regime dei minimi, si applica per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro anni successivi. Il Provvedimento del 22.12.2011 ha specificato che per esercizio di attività e per inizio di una nuova attività produttiva, si fa riferimento allo svolgimento effettivo e all’inizio effettivo della stessa, e non alla sola apertura della partita Iva.

In deroga al limite quinquennale di durata del regime, questo potrà essere utilizzato anche oltre il 4° periodo d’imposta successivo all’inizio dell’attività, ma non oltre il periodo d’imposta in cui il contribuente compie il 35° anno d’età.
Ciò significa che, a prescindere dall’età, si può avvalersi del regime per 5 anni da quando l’attività è iniziata e, qualora il contribuente non dovesse avere ancora 35 anni dopo lo scadere del quinquennio, potrà ancora beneficiare del regime.

Una clausola importante prevede che, se si cessa di usufruire del regime agevolato, non è possibile avvalersene in seguito, anche se dovessero sussistere le condizioni.

Tale regola non vale per i soggetti che hanno iniziato l’attività nel 2008 e, pur avendo i requisiti previsti per usufruire del regime dei minimi, hanno deciso di non fruirne, possono cominciare a servirsi del regime di vantaggio per la prossima dichiarazione del 2012, considerando sempre i limiti di 5 anni o, comunque, del 35mo anno di età.

L’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali per il nuovo regime dei minimi è fissata al 5%.
Il Provvedimento del 22.12.2011 chiarisce che i ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta . A tal fine i contribuenti dovranno rilasciare una dichiarazione dalla quale risulta che il reddito in questione è soggetto ad imposta sostitutiva.

Il Provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate del 22.12.2011 ha chiarito che i nuovi minimi, oltre agli adempimenti previsti dall’art. 7 del DM 2.1.2008 (per esempio numerazione e conservazione delle fatture nonché certificazione dei corrispettivi) sono:

 

  • obbligati a manifestare preventivamente la volontà di effettuare acquisti intracomunitari, e quindi devono essere inseriti nell’archivio VIES;
  • esonerati dall’obbligo di effettuazione dello spesometro;
  • esonerati dall’obbligo di comunicazione delle operazioni con Paesi black-list;
  • esonerati dall’obbligo di certificare i corrispettivi se svolgono le attività previste dall’art. 2 del D.P.R. n. 696/1996.