Fisco: differenza tra compensazione orizzontale e verticale. Guida

Quando effettuiamo dichiarazioni fiscali possono maturare dei crediti fiscali, gli stessi possono essere riscossi sotto forma di rimborsi, oppure utilizzati in compensazione. In alcuni casi è la legge a determinare se si può optare tra questi due strumenti o deve essere utilizzato uno dei due. Questo strumento consente di ridurre gli importi fiscali da versare attraverso i crediti vantati nei confronti del fisco e può essere orizzontale o verticale.  Quali sono le differenze tra compensazione orizzontale e verticale?

Differenza tra compensazione orizzontale e verticale

La compensazione verticale viene anche definita interna e prevede la possibilità di compensare il credito generato da una determinata imposta (ad esempio per effetto di detrazioni, deduzioni o rettifiche anche spalmate su più anni di imposta) con un debito fiscale della stessa natura. Ad esempio un credito Iva viene compensato con un debito Iva.

La compensazione orizzontale è invece più ampia e permette di compensare un credito fiscale anche con imposta di diversa natura, ad esempio un credito Iva può essere compensato con un debito generato da altra imposta come l’Ires o addirittura con debiti di natura previdenziale.

Caratteristiche e limiti della compensazione orizzontale

Naturalmente le compensazioni orizzontali sono più ampie e proprio per questo la legge stabilisce dei limiti. La di bilancio 2022 prevede che queste possano essere operate solo nel limite di 2 milioni di euro annui.

Nel caso in cui ci siano debiti iscritti a ruolo il cui termine di pagamento sia già scaduto è preclusa la compensazione orizzontale per importi superiori a 1500 euro. Infine, in caso di crediti superiori a 5.000 euro per ottenere tale beneficio è necessario il visto di conformità.

La compensazione orizzontale può inoltre essere effettuata solo a partire dal 10° giorno successivo alla presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito fiscale.

La compensazione orizzontale può avvenire esclusivamente con l’utilizzo del modello F24 presentato telematicamente attraverso i servizi Fisconline o Entratel. In caso di operazioni non regolari è prevista l’applicazione di una sanzione pari a 1.000 euro.

Tassa di vidimazione dei libri sociali: prossima scadenza

Entro il 16 marzo 2023 è necessario procedere al versamento della tassa di vidimazione dei libri sociali, ecco chi è tenuto a versare l’importo e a quanto ammonta.

Cos’è la tassa di vidimazione dei libri sociali e chi la paga?

La tassa di vidimazione dei libri sociali sostituisce tutte le tasse di concessione governativa generalmente dovute per la bollatura e la numerazione degli atti. Si tratta di un tassa di importo fisso dovuta solo da determinati soggetti.

Devono versare la tassa di vidimazione dei libri sociali:

  • società a responsabilità limitata;
  • società per azioni;
  • società in accomandita per azioni.

Sono sottoposte all’obbligo anche le società viste che sono in liquidazione o comunque sottoposte a procedure fallimentari.

Si tratta di forme societarie obbligate alla tenuta dei libri sociali.

A quanto ammonta?

L’importo è fisso e si divide in due fasce:

  • 309,87 euro per società con un capitale sociale inferiore o uguale a 516.456,90;
  • 516,46 euro per le società con capitale sociale superiore alla soglia precedente.

Per il calcolo si fa riferimento al capitale sociale registrato al 1° gennaio 2023, eventuali variazioni in corso di anno, hanno rilievo per i versamenti del 2024.

Come versare la tassa di vidimazione dei libri sociali?

Per le società costituite da meno di un anno l’importo deve essere versato utilizzando un bollettino postale su conto corrente postale c/c n.6007, intestato all’Ufficio delle Entrate – Centro Operativo di Pescara, prima della presentazione della Dichiarazione di inizio attività tramite Modello AA7/9.

Per gli anni successivi invece è necessario utilizzare il modello F24 con utilizzo del codice tributo 7085.

È importante sottolineare che l’importo pagato deve essere portato in deduzione dai redditi di impresa ai fini Ires ed Irap.

In caso di ritardato o mancato pagamento è prevista una sanzione, la stessa oscilla tra il 100% e il 200%. In ogni caso è possibile sanare la propria posizione attraverso il ravvedimento operoso. In questo caso si paga l’imposta con gli interessi legali. Per le sanzioni dovrà invece essere utilizzato il modello F23.

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Superbonus e crediti incagliati: cosa succede ora?

Il Superbonus mette in apprensione molti italiani, soprattutto coloro che hanno già iniziato i lavori e rischiano di dover pagare di propria tasca gli interventi, sebbene avessero fatto affidamento sulla misura introdotta dal Governo Conte e voluta dal M5S. Da quanto emerso ieri c’è però la volontà di uscire dall’empasse e risolvere il problema dei crediti incagliati. Ecco le ipotesi allo studio.

Superbonus: i numeri della legge che consentiva di ristrutturare gratis

Con il decreto 11 del 16 febbraio 2023 il Governo ha provveduto a bloccare la cessione del credito e dello sconto in fattura per le operazioni per le quali entro il 16 febbraio 2023 non sia intervenuta la Cila (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) e per i lavori in condominio anche la delibera di assemblea.

Lo stop dello sconto in fattura non riguarda solo il Superbonus, ma anche tutti i bonus edilizi in vigore che potranno però continuare ad ottenere le agevolazioni con lo sconto Irpef a rate.

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Nelle ultime ore sono in forte apprensione i proprietari di case e le imprese edili, le seconde mettono in rilievo soprattutto la necessità di dover licenziare migliaia di lavoratori e il rischio di fallimento per circa 25.000 imprese del settore edile. La perdita dei posti di lavoro ammonterebbe a circa 100.000 unità. In questo momento vi è la certezza dello stop alla cessione dei crediti futuri. Molta apprensione vi è invece per la sorte di quelli che già sono esistenti, si parla di circa 15 miliardi di crediti incagliati. L’obiettivo dello stop alla cessione dei crediti futuri è proprio quello di favorire lo “smaltimento” di quelli pre-esistenti.

I proprietari invece scontano il blocco della cessione dei crediti maturati. Resta che, in base a quanto dichiarato dal Governo, il Superbonus avrebbe generato 9 miliardi di debito pubblico che pesa per circa 2.000 euro su ogni italiano, compresi i neonati. Il totale del debito pubblico italiano ammonta invece a 2.700 miliardi di euro.

Crediti incagliati: cartolarizzazione o uso del modello F24

Per aiutare tutte le parti a superare il problema, nella giornata del 20 febbraio 2023 vi è stato un incontro tra il Governo, l’ABI (Associazione bancari) e i costruttori dell’Ance, Cassa Depositi e Prestiti, Sace (Servizi Assicurativi e Creditizi per le Imprese). L’obiettivo è evitare il completo blocco anche dei cantieri già avviati e tra le soluzioni che sembrano essere maggiormente apprezzate e condivise tra le parti l’ipotesi dell’utilizzo del modello F24 per “scontare” i crediti vantati.

Tra le ipotesi allo studio vi è un intervento di Cassa Depositi e Prestiti, partecipata dallo Stato, che dovrebbe intervenire con una cartolarizzazione dei crediti, a questa ipoetesi sta lavorando soprattutto Forza Italia con l’aiuto del Mef ( Ministero dell’Economia e delle Finanze). La stessa ipotesi sembra però residuale.

L’intervento di Sace invece sembra confermare l’ipotesi di un aumento delle garanzie pubbliche sui crediti incagliati.

Resta infine l’ipotesi più plausibile, cioè utilizzare i crediti incagliati con il modello F24. Si tratta del modello utilizzato per il pagamento della maggior parte dei tributi e di conseguenza i crediti maturati potrebbero essere usati in compensazionee quindi smaltiti in questo modo.

 

Bonus acqua potabile, si può richiedere a febbraio 2023

Il bonus acqua potabile è un contributo riconosciuto a chi adotta sistemi per il filtraggio dell’acqua in modo da renderla potabile. Può essere richiesto dal 1° febbraio 2023 al 28 febbraio 2023.

Bonus acqua potabile: cos’è, importo e aventi diritto

Il bonus acqua potabile nasce con l’obiettivo di incentivare l’uso dell’acqua del rubinetto per fini domestici, e quindi per cucinare e da bere, in modo da ridurre il ricorso all’acqua in bottiglia e quindi il consumo di plastica che, come noto, è altamente inquinante. Questo particolare bonus prevede la possibilità di ottenere un credito di imposta del 50% a fronte delle spese sostenute per l’acquisto e l’installazione di sistemi per:

  • filtraggio;
  • mineralizzazione;
  • raffreddamento e/o addizione di anidride carbonica alimentare .

L’importo massimo di spesa per cui viene riconosciuto il beneficio è:

  • 1.000 euro per ciascun immobile, per le persone fisiche
  • 5.000 euro per ogni immobile adibito all’attività commerciale o istituzionale, per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e gli enti non commerciali.

Possono richiedere il bonus acqua potabile:

  • persone fisiche
  • esercenti attività d’impresa, arti e professioni
  • enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore
  • enti religiosi civilmente riconosciuti.

Come richiedere il bonus acqua potabile

Dal 1° febbraio 2023 al 28 febbraio 2023 è possibile richiedere il credito di imposta esclusivamente per le spese sostenute nel 2022. Le spese devono essere documentate con strumenti di pagamento tracciabili. In particolare, dalle istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate emerge che il pagamento deve avvenire con “fattura elettronica o un documento commerciale in cui sia riportato il codice fiscale del soggetto che richiede il credito” . Sottolinea inoltre che per i privati e per le imprese che non usano il regime di contabilità ordinaria, il pagamento deve essere effettuato versamento bancario o postale o con altri sistemi di pagamento diversi dai contanti.

La richiesta deve essere effettuata utilizzando i servizi telematici disponibili al sito https://iampe.agenziaentrate.gov.it/sam/UI/Login?realm=/agenziaentrate e dopo essersi autenticati è necessario seguire il percorso: sezione Servizi, nella categoria Agevolazioni, alla voce Credito di imposta per il miglioramento dell’acqua potabile.

Una volta ottenuto il bonus, lo stesso può essere utilizzato al momento del pagamento delle imposte attraverso il modello F24. In alternativa per le persone fisiche non esercenti attività d’impresa o lavoro autonomo, anche nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno della spesa e in quelle degli anni successivi fino al completo utilizzo del bonus. Per il 2022, quindi per le domande che devono essere presentate in questo mese, i fondi stanziati sono 1,5 milioni di euro, meno di quanto disponibile un anno fa, questo però non dovrebbe essere un problema, infatti il bonus acqua potabile è uno di quelli per i quali non sono state utilizzate tutte le risorse visto che le domande per accedere non sono state numerose.

Per effettuare la richiesta si può utilizzare il modello disponibile QUI.

Bonus edicole: dal 1° settembre è possibile inoltrare domanda

Negli ultimi giorni sono state attivate le procedure per la richiesta di numerose agevolazioni fiscali, tra queste vi è il bonus edicole. Dal giorno 1° settembre 2022 e per tutto il mese è possibile presentare istanza per riceverlo.

A chi è rivolto il bonus edicole

Il bonus edicole è rivolto agli esercenti che si occupano esclusivamente della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici. Inoltre possono accedere a questo contributo le imprese di distribuzione della stampa che riforniscono le edicole situate nei comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti o con un solo punto vendita. Sono quindi escluse le varie attività commerciali che si occupano, tra le altre cose, anche della vendita dei giornali. In passato la misura consentiva l’accesso alla tax credit a una platea più ampia di beneficiari, con il decreto Sostegni Bis, è stato esteso il periodo di imposta in cui si può fruire del beneficio, ma è stata ristretta la platea.

Quali spese possono beneficiare del bonus edicole

Il credito previsto nel bonus edicole, consente di ottenere un credito di imposta a fronte di spese sostenute. Tra le spese che possono essere portate in compensazione ci sono anche quelle sostenute per l’acquisto o il noleggio di registratori di cassa o registratori telematici e di dispositivi Pos , rientrano inoltre le spese per l’energia elettrica, servizi telefonici e di collegamento a internet, tributi locali come Imu e Tari, spese per la consegna a domicilio dei giornali.

Come chiedere il bonus edicole

Il bonus edicole può essere chiesto telematicamente sul sito www.impresainungiorno.gov.it accedendo alla propria area personale con Spid, carta di identità elettronica o carta nazionale servizi. Presentata la domanda, si ottiene il riconoscimento del credito di imposta che potrà essere portato in compensazione con l’uso del modello F24 da presentare esclusivamente tramite i servizi informatici dell’Agenzia delle Entrate. Per portarlo in compensazione deve essere utilizzato il codice tributo “6913”.

 

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Bonus Moda Tessile e Accessori: fruibile al 100%. Codice tributo

Buone notizie per gli imprenditori che entro il 10 giugno 2022 hanno richiesto il Bonus Moda, Tessile e Accessori: sarà pagato al 100%.

Bonus Moda, Tessile e accessori fruibile al 100%

Il Bonus Moda, Tessile Accessori è stato introdotto con il decreto 34 del 2022 ( decreto Rilancio) ed è gestito dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Prevede l’erogazione in forma di credito di imposta del 30% del valore delle rimanenze finali in magazzino. Spetta alle imprese che lavorano nel settore moda e tessile, industria calzaturiera e pelletteria.

Vi è però un limite, perché tale valore deve essere commisurata alla differenza tra le rimanenze medie registrate nei tre anni precedenti e quelle dell’anno di spettanza, cioè in questo caso 2022. Naturalmente tale misura poteva essere erogata in pieno solo nel caso in cui il valore delle domande presentate entro il 10 giugno 2022 rientrasse nel fondo stanziato. Lo stesso era di 95 milioni di euro per il 2021 e 150 milioni di euro per il 2022. Chi ha presentato la domanda per la precedente tranche di aiuti purtroppo ha avuto una delusione, infatti in quel caso i fondi non bastarono a coprire le domande e quindi vi fu una riduzione proporzionale del beneficio.

Bonus Moda 2021: ridotti gli importi. Quanto ricevono le imprese?

Con provvedimento del 23 giugno 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che i fondi stanziati per il 2022 sono sufficienti alla copertura del 100% delle domande e di conseguenza ogni soggetto ammesso potrà fruire in misura piena del credito di imposta.

Come avvalersi del credito di imposta e codice tributo

I beneficiari potranno visionare l’importo da far valere come credito di imposta all’interno del proprio Cassetto fiscale, accessibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate.

Il credito potrà essere fatto valere in compensazione per le imposte da pagare con l’uso del modello F24. Per potersene avvalere è necessario indicare nella sezione Erario il codice tributo “6953” da indicare nella colonna “importi a credito compensati”.

Nel caso in cui il credito di imposta sia superiore a 150.000 euro è necessario procedere alla verifica antimafia. Infine, occorre ricordare che il credito di imposta potrà essere fruito per periodi di imposta successivi rispetto al riconoscimento del credito e potrà essere spalmato anche su più periodi di imposta.

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Bonus carburanti per agricoltura e pesca, arrivato codice per compensazione

L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 23/E del 30 maggio 2022 ha reso noto il codice da utilizzare nel modello F24 per ottenere la compensazione per il Bonus Carburanti riconosciuto ad aziende agricole e imprese del settore pesca.

Cos’è il bonus carburanti per agricoltura e pesca

Il bonus carburanti per le imprese del settore agricoltura e pesca è stato istituito con il decreto Ucraina Bis, articolo 18. L’obiettivo è aiutare le imprese che operano in questi due settori a far fronte ai rincari del settore che, come risaputo, sono notevoli. Queste due tipologie di attività, più di altre, si ritrovano a dover fare i conti con gli aumenti, viste le quantità elevate di gasolio per autotrazione che utilizzano.

La norma prevede che a parziale copertura dei maggiori costi che le imprese dell’agricoltura e pesca si trovano a dover affrontare, sia riconosciuto un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta. Il contributo è pari al 20% dei costi sostenuti per i carburanti nel primo trimestre del 2022, quindi i mesi di gennaio, febbraio e marzo.

Qual è il codice tributo per credito di imposta per carburanti agricoltura e pesca e come utilizzarlo

Avere un credito di imposta vuol dire di fatto che è possibile scontare il credito maturato attraverso altre imposte. In questo caso si tratta di imposte pagate con il modello F24. Il modello F24 ammette compensazioni attraverso i codici tributo, ma di fatto fino a quando non si stabilisce e rende noto il codice tributo per la compensazione, la stessa non si può ottenere. Proprio per questo le imprese impegnate nel settore dell’agricoltura e della pesca stavano attendendo la pubblicazione dello stesso.

L’Agenzia delle Entrate ha provveduto con la Risoluzione 23/E del 30 maggio. Il codice da indicare per i bonus carburanti è 6965. Occorre inserire il codice nel modello F24, nella sezione “Erario”, in corrispondenza della colonna importi a credito compensati”.

Nel caso in cui il contribuente debba riversare l’agevolazione, deve indicare il codice 6965 nella colonna “importi a debito versati”. Nel campo “anno di riferimento” deve essere indicato l’anno in cui è stata sostenuta la spesa in formato “AAAA”, cioè l’anno deve essere indicato per esteso .

Dichiarazione dei redditi partite Iva: tutte le date

Ecco quali sono le date da rispettare per le partite Iva nella dichiarazione dei redditi 2022. In questa guida illustreremo quando e come si pagano le tasse e le varie scadenze fiscale dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti. In particolare è necessario prestare attenzione:

  • al versamento del saldo 2021 e del primo acconto;
  • alle modalità da seguire per il calcolo;
  • al secondo acconto;
  • alla dichiarazione dei redditi.

Partite Iva e lavoratori autonomi: a giugno il pagamento del saldo e del primo acconto

A giugno, le partite Iva e i lavoratori autonomi dovranno versare il saldo e il primo acconto. Per le partite Iva aperte nel corso del 2021 si tratterà del debutto nel versamento delle imposte. Infatti, la legislazione nazionale prevede che la tassazione sul reddito imponibile venga calcolata e poi versata a partire dal mese di giugno dell’anno susseguente, in concomitanza con la dichiarazione dei redditi. La scadenza è dunque fissata al 30 giugno 2022.

Partite Iva e liberi professionisti: entro il 30 giugno 2022 versamento del saldo e della prima rata

Le partite Iva e i liberi professionisti attivi già da anni, a giugno devono fare il calcolo di quanto versare sulla base di quanto già pagato nell’anno precedente. Infatti, nel 2021 sono state già versate o le ritenute a titolo di acconto o di acconti di imposta. E, pertanto, entro il 30 giugno 2022 dovrà essere pagato il saldo e la prima rata dell’acconto dell’Irpef, dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) o dell’imposta sostitutiva per le partite Iva a regime forfettario.

Versamento imposte partite Iva al 30 giugno 2022, si può pagare dopo?

Il primo pagamento di giugno relativo al saldo e alla prima rata delle partite Iva e dei lavoratori autonomi può essere differito di 30 giorni. Non è necessario che ci sia una motivazione da dimostrare, ma la scadenza può essere posticipata al 30 luglio prossimo. Considerando che nel 2022 il 30 luglio capita di sabato, si può procedere con il versamento entro il 2 agosto. Infine, data la pausa estiva, l’ultima data utile disponibile per il pagamento del saldo e della prima rata è quella del 22 agosto 2022. Tuttavia, pagare in ritardo rispetto al 30 giugno il saldo e la prima rata comporta l’addebito degli interessi al tasso dello 0,4%.

Imposte delle partite Iva, come si può rateizzare quanto dovuto?

Le partite Iva possono anche rateizzare gli importi dovuti al 30 giugno a titolo di imposte. Sia che scelgano la scadenza del 30 giugno prossimo che quella del 22 agosto, l’importo da versare può essere rateizzato con scadenza dell’ultima rata al 30 novembre 2022. A questa data corrisponde anche il versamento del secondo acconto. Il pagamento di quanto dovuto può essere effettuato solo on line, utilizzando il modello F24.

Partite Iva, come si calcola il saldo e il primo acconto?

Per il calcolo del saldo di imposta, le partite Iva dovranno considerare:

  • il reddito imponibile e la dichiarazione dei redditi;
  • le detrazioni e le deduzioni;
  • quanto già versato nel corso del 2021 come acconto.

Nel momento in cui si determina il saldo dell’imposta del precedente anno, si definisce anche quale acconto dovrà essere pagato. Tale acconto andrà a saldo nel 2023.

A quanto ammonta l’acconto delle partite Iva?

L’imposto dell’acconto delle partite Iva corrisponde al totale dell’imposta dichiarata nell’anno 2022. Il contribuente, tuttavia, nel caso in cui preveda delle riduzioni della propria attività autonoma, può versare a titolo di acconto un importo inferiore. Nel momento in cui viene definito il totale dell’acconto, dovrà essere pagato subito, entro il 30 giugno 2022, il 40% dell’acconto stesso. Le partite Iva forfettarie rientranti negli Indici sintetici di affidabilità (Isa), versano a titolo di acconto il 50%.

Partite Iva e liberi professionisti: entro quando va pagato il secondo acconto?

Il versamento del secondo acconto delle partite Iva e dei liberi professionisti ha scadenza al 30 novembre 2022. Entro questa scadenza, i lavoratori autonomi dovranno pagare la restante parte, ovvero il 60% (o il 50% dei soggetti Isa). Si tratta dell’acconto per il prossimo anno, da versare in via obbligatoria. Nel caso in cui l’acconto dovesse non eccedere l’importo di 257,52 euro, è possibile versarlo in un’unica soluzione con scadenza al 30 novembre 2022. In questo caso, non dovrà essere pagato nulla a giugno.

Dichiarazioni dei redditi delle partite Iva e professionisti: quali sono le date da ricordare?

La dichiarazione della dichiarazione dei redditi delle partite Iva tramite il modello Persone fisiche (Pf) deve essere presentata da tutti i lavoratori autonomi, indipendentemente dall’aver conseguito dei redditi nel periodo di imposta 2021. È quanto prevede l’Agenzia delle entrate con il provvedimento dello scorso 31 gennaio. Pertanto, anche le partite Iva che nello scorso anno non abbiano conseguito guadagni sono tenute a presentare il modello Persone fisiche.

Entro quando deve essere inviato il modello Persone fisiche dai titolari di partita Iva?

Il modello Pf deve essere inviato entro la scadenza del 30 giugno prossimo se si provvede mediante la compilazione del modello cartaceo. In tal caso, il modello va inviato da un ufficio postale. Nel caso in cui si scelga di inviare il modello Pf on line, la scadenza è al 30 novembre prossimo. Lo può inviare direttamente il contribuente o il proprio commercialista.

Credito di imposta su bonus energia e gas: si può anticipare la compensazione

Novità in arrivo per i crediti di imposta derivanti dal bonus per il consumo dell’energia elettrica e del gas delle imprese. Secondo le indicazioni dell’Agenzia delle entrate non è necessario attendere il termine del trimestre di riferimento per procedere alla compensazione del credito. Gli aiuti riguardano sia le imprese energivore e gasivore che tutte le altre imprese. Anche quelle che fanno un utilizzo moderato di gas ed energia elettrica. Il bonus derivante dai costi delle due fonti di energia possono anche essere ceduto. Il beneficio fiscale va da un minimo del 12% a un massimo del 25%. Tuttavia, per la cessione dei crediti è occorrente il visto di conformità. È disponibile un solo codice tributo per il modello F24, quello relativo alle imprese che fanno largo utilizzo di gas ed energia elettrica corrispondente a 6960.

Credito di imposta sulle spese per l’energia elettrica o per il gas: che cos’è?

Il credito di imposta andrà dal 12% al 25% sul costo del gas e dell’energia elettrica. La percentuale di bonus varia a seconda della tipologia di impresa beneficiaria. L’ultimo provvedimento approvato, il decreto legge numero 21, cosiddetto “decreto Energia” del 21 marzo 2022, introduce disposizioni urgenti per contrastare il caro prezzi di gas ed energia elettrica derivante dalla crisi in Ucraina. Bonus sui costi sostenuti in questa prima parte del 2022 sono previsti per le imprese che usano largamente le due energie, ma anche alle altre imprese che ne facciano un uso più moderato.

Credito di imposta su spese di gas ed energia: si può procedere alla compensazione anticipata

Per tutti i crediti di imposta previsti dai recenti decreti, l’Agenzia delle entrate ha fornito indicazioni relative alla compensazione del bonus. Si può avviare la compensazione senza dover aspettare la fine del trimestre di riferimento, ovvero il primo o il secondo del 2022. Con una Faq pubblicata nella giornata dell’11 aprile, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che si può procedere alla compensazione anticipata. La condizione richiesta è quella del calcolo del credito di imposta su spese già sostenute seguendo il principio della competenza delle spese stesse. Pertanto, è necessario che le imprese siano in possesso delle relative fatture di acquisto.

Tax credit del 12% per le imprese non energivore: ecco quali sono

Ecco nel dettaglio le percentuali di credito di imposta che le imprese, a seconda della tipologia, potranno applicare sulle spese riguardanti le forniture di gas e di energia elettrica. Le imprese non energivore hanno a disposizione un credito di imposta del 12% sulle spese per l’energia elettrica. Il beneficio riguarda le imprese dotati di contatori di energia di potenza da almeno 16,5 Kw. Per beneficiare del credito di imposta è necessario avere a disposizione le fatture di acquisto che certifichino la spesa effettuata. Per ottenere il credito di imposta, le imprese nel primo trimestre del 2022 devono aver subito un aumento dei costi per kilowatt/ora di oltre il 30% rispetto al costo medio sostenuto nei primi tre mesi del 2019.

Credito di imposta imprese non gasivore, come determinare il bonus?

Per le imprese che non consumino eccessive quantità di gas naturale il bonus è nella percentuale del 20% sul costo di acquisto del gas impiegato come fonte energetica. Non deve trattarsi di utilizzi termoelettrici. Le imprese beneficiarie sono quelle classificate dall’articolo 5 del decreto legge numero 17 del 1° marzo 2022. Anche per queste imprese, l’aumento di costo per il gas naturale deve essere superiore al 30% nei primi tre mesi del 2022 in rapporto allo stesso periodo del 2019. La media dei prezzi deve essere calcolata sulle stime di prezzo fornite dal Mercato infragiornaliero (MiGas). I costi vengono pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (Gme).

Come utilizzare il bonus sui costi del gas naturale?

Il bonus riconosciuto alle imprese per l’aumento dei costi del gas naturale può essere utilizzato come credito di imposta solo in compensazione. Lo stesso credito di imposta si può anche cumulato con altre agevolazione applicate agli stessi costi. Tuttavia, il totale delle agevolazioni non deve eccedere il complessivo del costo. Inoltre, il credito di imposta sul gas non concorre alla formazione del reddito d’impresa e tanto meno alla composizione della base imponibile dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap).

Bonus per imprese energivore e gasivore: quale credito di imposta spetta per il risparmio sulla fattura?

Per le imprese energivore e gasivore il decreto legge “Energia” ha aumentato l’aliquota del credito di imposta attribuibile. Infatti, sia per  il gas che per l’energia elettrica, il credito di imposta era già fissato dal decreto legge numero 17 del 2022. Il provvedimento stabiliva, rispettivamente, percentuali di bonus pari al 20 e al 15%. Con il nuovo provvedimento numero 21 del 2022, le aliquote del credito di imposta sui costi del gas e dell’energia elettrica, per le imprese che ne facciano ampio utilizzo, sono aumentate di cinque punti percentuali. Dunque, i nuovi bonus sono corrispondenti al 20% per i costi del gas e al 25% per quelli dell’energia elettrica.

Imprese a largo utilizzo di gas ed energia elettrica, come verificare il credito di imposta spettante?

Per la domanda di credito di imposta è occorrente che le imprese a largo utilizzo di energia elettrica abbiano subito aumenti di costi superiori al 30%. L’aliquota applicabile deve essere confermata dal rapporto tra la media dei consumi dei primi tre mesi del 2022 con la media dello stesso periodo del 2019. Le imprese del gas dovranno procedere con il rapporto dei prezzi medi del gas di gennaio, febbraio e marzo del 2022 rispetto agli stessi mesi del 2019.

Come utilizzare il bonus sulle spese di energia elettrica e gas per le imprese che ne fanno largo utilizzo?

Il credito di imposta calcolato sull’aumento del costo del gas naturale e  dell’energia elettrica delle imprese che ne fanno largo utilizzo, è cumulabile con altre agevolazioni riguardanti i medesimi costi. La compensazione può essere fatta anche in anticipo, rispetto a quanto fissato in precedenza con decorrenza dal secondo trimestre del 2022. Il termine dell’utilizzo del bonus è fissato al 31 dicembre prossimo. Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito di impresa e alla base imponibile ai fini dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap).

Come cedere il credito di imposta accumulato grazie al bonus sui costi dell’energia elettrica e del gas?

Le imprese gasivore ed energivore hanno la facoltà di cedere il credito di imposta accumulato sull’aumento dei costi di gas ed energia elettrica. La cessione può avvenire per l’intero ammontare del bonus agli altri soggetti a regime controllato, quali banche e intermediari finanziari. Lo stabilisce l’articolo 9 del decreto legge “Energia” che allarga la possibilità di cessione del credito di imposta anche alle imprese agevolate classificate dall’articolo 15 del decreto legge numero 4 del 27 gennaio 2022.

Cessione del credito di imposta, dopo la prima solo a banche e intermediari finanziari abilitati

Consumata la prima cessione, si possono effettuare due ulteriori cessioni, purché effettuate verso istituti bancari e intermediari finanziati abilitati secondo quanto prevede l’articolo 106 del Testo unico delle leggi in materia creditizia e bancaria.

Bonus energia elettrica e gas delle imprese, per la cessione del credito di imposta è necessario il visto di conformità

Per la cessione dei crediti di imposta relativi al bonus per il gas e l’energia elettrica, le imprese dovranno procedere con il visto di conformità. Nello specifico, l’adempimento riguarda le informazioni riguardanti la documentazione che attesti la presenza dei requisiti che danno origina al bonus. La documentazione deve essere rilasciata dai responsabili dell’assistenza fiscale.

Acconto partita Iva: che cos’è, come si calcola e qual è il metodo più conveniente?

Che cos’è l’acconto delle partite Iva, come si calcola e quando si paga? A fine anno del 2021 era scaduto l’ultimo termine di versamento dell’acconto Iva relativo allo scorso anno. Il versamento è a carico dei lavoratori autonomi, delle ditte individuali e delle società, di persone e di capitali. È un adempimento obbligatorio al quale sono tenute tutte le partite Iva a eccezione di quelle ricadenti nel regime forfettario, e consiste in un acconto dell’Iva per le liquidazioni periodiche relative alla chiusura del mese o dell’ultimo trimestre dell’anno. Il pagamento può avvenire anche nel momento in cui si presenta la dichiarazione Iva annuale.

Come si calcola l’acconto Iva?

Per calcolare l’acconto Iva ci sono tre procedure. La prima rientra nel metodo storico, la seconda in quello analitico e l’ultima in quello previsionale. Le partite Iva obbligate all’acconto possono scegliere, di anno in anno, la procedura di calcolo da utilizzare. La procedura del metodo storico è quella più utilizzata e si basa sull’annualità precedente. Oppure, si può prendere in riferimento l’ultima liquidazione Iva effettuata, trimestrale o mensile.

Metodo storico per il calcolo dell’acconto Iva

Con il metodo storico di calcolo dell’acconto Iva si va a pagare l’88% del versamento fatto per la scadenza dell’ultimo trimestre o dell’ultimo mese dell’anno precedente. L’importo va preso al lordo dell’acconto dovuto per l’anno precedente. Pertanto, prendendo ad esempio l’ultimo versamento dell’anno, per chi versa mensilmente l’acconto Iva, la base di calcolo è la liquidazione periodica del mese di dicembre; per chi versa trimestralmente, la base di calcolo è la liquidazione dell’Iva relativa al 4° trimestre. Anche per la semplicità di calcolo, questo metodo risulta quello più utilizzato.

Base di calcolo dell’acconto Iva con il metodo storico

In altre parole, la base di calcolo per l’applicazione dell’88%, è corrispondente al debito di imposta risultante per:

  • i versamenti mensili dalla liquidazione periodica inerente il mese di dicembre dell’anno precedente;
  • per i soggetti trimestrali ordinari dalla dichiarazione annuale dell’Iva;
  • per i soggetti trimestrali “speciali” (ovvero i distributori di carburante, gli autotrasportatori, le imprese di somministrazione di energia, di gas, di acqua) alla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno precedente.

Metodo previsionale per calcolare l’acconto Iva: che cos’è?

Con il metodo di calcolo previsionale dell’acconto Iva si considera la stima delle operazioni passive e attive che si ritiene di dover effettuare entro la fine dell’anno. Anche per questa procedura la percentuale di acconto è corrispondente all’88% dell’Iva, sia per il versamento mensile che per quello trimestrale. In particolare:

  • per il mese di dicembre, per i contribuenti mensili;
  • nel momento della dichiarazione dei redditi, per i contribuenti trimestrali ordinari;
  • per il 4° trimestre per i soggetti trimestrali “speciali”.

Calcolo previsionale dell’acconto Iva, quando conviene utilizzarlo?

In confronto alla prima procedura di calcolo, con il metodo previsionale si formulano delle vere e proprie ipotesi circa l’andamento delle attività nell’ultimo scorcio dell’anno. Per molti lavoratori autonomi non sempre risulta facile fare delle previsioni, soprattutto nelle fasi di incertezza economica dettate da emergenze sanitarie e del caro energia. Questo metodo, inoltre, in caso di errore prevede delle sanzioni: per questo motivo non risulta molto utilizzato. Risulta particolarmente utilizzato solo se si ha la certezza di aver avuto un anno peggiore rispetto al precedente in termini di risultati economici.

Metodo analitico per il calcolo dell’acconto Iva: come si procede?

L’ultimo metodo per il calcolo dell’acconto Iva è quello analitico. Si calcola prendendo in considerazione le operazioni effettuate dal principio del mese o del trimestre fino (per il 2021) al 20 dicembre. Pertanto, pochi giorni prima della scadenza del versamento dell’acconto dell’Iva. L’acconto è corrispondente al 100% dell’importo risultante da una specifica liquidazione che tenga conto dell’Iva inerente le seguenti operazioni:

  • quelle iscritte nel registro delle fatture emesse (o nel registro dei corrispettivi) nel periodo 1°-20 dicembre (per i contribuenti mensili) o nel periodo 1° ottobre-20 dicembre (per i contribuenti trimestrali);
  • le operazioni già effettuate, ma non ancora fatturate o registrate, nel periodo dal 1° novembre al 20 dicembre;
  • quelle iscritte nel registro delle fatture degli acquisti nel periodo dal 1° al 20 dicembre (per i contribuenti mensili) o nel periodo dal 1° ottobre al 20 dicembre (per i contribuenti trimestrali).

Metodo analitico del calcolo dell’acconto Iva, quando conviene?

Il metodo di calcolo analitico dell’acconto Iva non produce errori di stima a differenza del metodo previsionale. Si tratta, pertanto, di una procedura sicura. È adottato soprattutto dalle partite Iva che hanno subito riduzioni del fatturato in confronto all’anno prima. Consente, quindi, di evitare di versare più di quanto dovuto mediante un calcolo che tiene conto dell’andamento reale dell’ultimo periodo.

Come si paga l’acconto Iva ed esenzione per le partite Iva a regime forfettario

Il pagamento dell’acconto Iva avviene mediante l’uso del modello F24. Si può pagare in modalità solo telematica mediante i servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate. Per il calcolo di quanto dovuto si possono portare in compensazione eventuali contributi a disposizione o crediti di imposta. Non sono sottoposte al pagamento dell’acconto Iva le partite Iva:

  • a regime forfettario;
  • che abbiano effettuato esclusivamente operazioni esenti e non imponibili;
  • la cui cessazione dell’attività sia avvenuta entro il 30 novembre (per i versamenti mensili) o il 30 settembre (per quelli trimestrali);
  • con un credito Iva per le operazioni svolte nell’ultimo trimestre o mese del 2020;
  • le partite Iva che abbiano un importo dovuto a titolo di acconto non eccedente i 103,29 euro.