Controllo e verifica partita Iva online, come farlo gratis

Per chi emette e riceve le fatture elettroniche, il controllo e la verifica della partita Iva online non solo è sempre possibile, ma si può fare pure senza costi. Da quasi dieci anni, e precisamente a partire dal 29 aprile del 2012, l’Agenzia delle Entrate, anche ai fini del contrasto alle frodi sull’imposta sul valore aggiunto, permette infatti di verificare gratuitamente via web la validità di un numero di partita Iva in base ai dati che sono disponibili e conosciuti al Fisco attraverso l’anagrafe tributaria.

Il servizio online dell’Agenzia delle Entrate, per la partita Iva inserita, fornisce non solo la denominazione societaria, oppure il nome e cognome del titolare, ma pure informazioni sullo stato e sull’attività. Ed il tutto con accesso online che è libero e quindi senza alcun obbligo di registrazione.

Verifica e controllo partita Iva online dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate

In particolare, le informazioni di stato specificano se la partita Iva è attualmente attiva, se è cessata oppure se questa, in caso di affitto d’azienda, risulta essere sospesa. Mentre per l’attività associata alla partita Iva il Fisco grazie al servizio online fornisce pure la data di inizio e le eventuali date di cessazione o di sospensione.

Nonché l’eventuale informazione aggiuntiva se la partita Iva risulta essere associata ad un Gruppo Iva oppure ad un partecipante ad un Gruppo Iva. Se invece la partita Iva inserita è sbagliata, allora il servizio online gratuito dell’Agenzia delle Entrate fornirà come risposta ‘Partita Iva Non Valida‘.

Come si controllano e si verificano le partite Iva comunitarie

Se invece il controllo e la verifica online della partita Iva è finalizzato a identificare un soggetto che è autorizzato ad effettuare operazioni intracomunitarie, allora il servizio gratuito da utilizzare è quello che è messo a disposizione, sempre via web e liberamente, dalla Commissione Europea. Si tratta, nello specifico, della banca dati relativa al VIES, ovverosia al Sistema elettronico di scambio di dati sull’Iva.

Detrazioni regime forfetario: quali spese sono ammesse?

Per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, c’è la possibilità in Italia, nel rispetto dei requisiti previsti, di accedere ad un regime fiscale agevolato. Si tratta, nello specifico, del cosiddetto regime forfetario che è vantaggioso in quanto le tasse da pagare sono rappresentate da un’imposta unica e sostitutiva nella misura del 15% del reddito imponibile. Ma detto questo, sulle detrazioni fruibili in regime forfetario, quali sono le spese ammesse?

Deduzioni e detrazioni fiscali per il regime fiscale forfetario, quali sono ammesse e quali no

Al riguardo c’è da dire che, in materia di deduzioni e di detrazioni di imposta, il regime forfetario è per sua natura poco vantaggioso. E questo perché se in un anno di imposta il contribuente non ha altri redditi da dichiarare ai fini IRPEF, oltre a quelli derivanti dall’attività in regime regime forfetario, allora non può avvalersi delle deduzioni e delle detrazioni proprio ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. E questo includendo pure le detrazioni per i carichi di famiglia e le agevolazioni che sono previste per gli interventi sugli immobili.

Ovverosia, dalle detrazioni per il recupero edilizio al cosiddetto bonus mobili, e passando, tra l’altro, per il bonus verde, per le detrazioni per l’efficienza energetica e per il bonus facciate. Ammessa, per chi opera in regime fiscale forfetario, invece, è la deduzione dal reddito imponibile dei contributi previdenziali obbligatori.

Incapienza degli oneri detraibili e deducibili per il regime forfetario

Dato che dal reddito imponibile chi è in regime fiscale forfetario può scaricare solo la spesa relativa ai contributi pensionistici obbligatori, l’impossibilità di deduzione o di detrazione di altri oneri e di altre spese non comporta però la decadenza, ma solo l’incapienza.

Come sopra accennato, infatti, nell’anno di imposta l’accesso alle deduzioni ed alle detrazioni di imposta ai fini IRPEF può trovare la capienza nei seguenti due casi:

  1. Il percepimento, al di fuori del regime fiscale forfetario, di ulteriori redditi imponibili ai fini IRPEF;
  2. La decadenza dal regime fiscale forfetario.

Regime forfettario 2021: cosa cambia rispetto all’ordinario?

Il Regime forfettario 2021 non dovrebbe prevedere modifiche sostanziali rispetto a quello dell’anno scorso. Ma è il regime fiscale più scelto, ed ecco il perchè.

Regime forfettario 2021: perchè è così scelto?

Il Regime forfettario è stato introdotto con la legge n.208 del 2015. Ma poi modificato dalla Legge n. 145/2018 e dal D.L. n 124/2019. Il regime forfettario prevede delle “agevolazioni” per tutti coloro che intendono aprire una nuova attività. Lo scopo è proprio quello di stimolare, i giovani imprenditori a creare nuove imprese. Per i suoi limiti e requisiti viene molto adottato dalle micro e piccole imprese, ma anche da coloro che svolgono attività professionali.

Ad esempio, agenti immobiliari, avvocati, assicuratori, agenti di commercio e similari. Il regime forfettario prevede il limite del raggiungimento del reddito. Pertanto, solo se si rimane entro i limiti di 65 mila euro, si può sfruttare questa opportunità. Inoltre, è possibile accedere a questo regime, qualora non si sono sostenute spese, per collaboratori o dipendenti, superiori a 20 mila euro. Nel caso di start-up questo non è un valore da prendere in esame, almeno all’inizio.

Regime forfettario 2021: la differenza applicazione dei coefficienti

Il Regime forfettario, rispetto a quello ordinario, prevede una serie di vantaggi. Quando si apre un’attività nuova soprattutto, prima di scegliere il regime fiscale, è meglio fare delle opportune precisazioni. Nel regime ordinario, il reddito imponibile viene calcolato applicando alla somma dei ricavi, il coefficiente di riferimento dell’attività svolta. In generale, il valore di tali coefficienti oscilla tra il 40% e l’86%.

Invece nel regime forfettario, viene applicato, alla sommatoria dei ricavi, solo un’imposta pari al 15%. Se invece l’attività è di nuova apertura questa imposta scende al 5%. Anche se l’agevolazione al regime forfettario del 5% ha una validità temporale limitata: solo 5 anni. Ma occorre precisa che, in questo caso, bisogno avere anche altri requisiti:

  • non aver svolto attività d’impresa nei 3 anni precedenti;
  • la nuova attività non deve essere una continuazione di un’altra, nè sotto forma di dipendente o di lavoratore autonomo.

I vantaggi del regime forfettario 2021

Anche per quest’anno sono confermati i principali vantaggi del regime forfettario. Tra questi i principali sono:

  • I costi vanno calcolati in maniera forfettaria;
  • non si è soggetti applicazione dell’Iva in fattura;
  • Il reddito viene determinato secondo il regime di cassa;
  • non si è obbligati alla tenuta del registro di cassa;
  • non è prevista l’applicazione degli indici di sintetici di affidabilità;
  • la fatturazione elettronica NON è obbligatoria;
  • se si è titolari di partita IVA, ma non si hanno dipendenti, non si è obbligati agli adempimenti del sostituto d’imposta.

Approfondendo alcuni punti, si può benissimo dire che il reddito è solo la somma di tutti i ricavi percepiti. Così come stabilito dal Criterio di Cassa. Il pagamento delle imposte avviene con la Dichiarazione dei redditi, sia nel caso del 5% che del 15. L’unico limite è che le spese relative all’attività non possono essere “scaricate“. Al suo posto è previsto solo una deducibilità forfettaria, relativa al tipo di impresa svolta.

Cause di esclusione del regime forfettario: quali sono?

Le agevolazioni del regime forfettario però possono essere perse, al verificarsi di alcune condizioni. Tra queste: la residenza fiscale all’estero, il superamento della quota di 65 mila euro, coloro che si avvalgono dei Regimi speciali IVA, la partecipazione contemporaneamente all’attività in Partita IVA a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari. Inoltre, sono esclusi coloro che mettono fatture nei confronti del loro attuale datore di lavoro, oppure di quelle avuto nei due anni precedenti l’apertura dell’attività.

Il regime ordinario come funziona invece?

Il regime ordinario è applicato per le aziende, costituite in società di capitali o individuali che non hanno ricavi superiori a:

  • 400.000 euro per prestazione di servizi;
  • 700.000 euro per le altre attività

In questi casi la tassazione è legata alle aliquote Irpef, con scaglioni d’imposta compresi tra il 23% ed il 43%. Rispetto al forfettario però le spese sostenute, vanno considerate in riduzione del reddito complessivo. E’ obbligatorio l’uso della fatturazione elettronica e l’indicazione dell’Iva secondo la percentuale in vigore o in relazione al tipo di attività. Tra gli altri adempimenti da dover adottare:

  • la dichiarazione all’Agenzia delle Entrate ai fini IVA;
  • in versamento IVA trimestrale o mensile;
  • la tenuta dei libri e registri contabili con la relativa conservazione;
  • la compilazione del modello Isa, D.l. 50/2017.

Il regime ordinario semplificato: la soluzione di mezzo

Esiste poi un terzo regime, che corrisponde ad una via di mezzo tra quello forfettario e quello ordinario. In questo caso, è utilizzato da tutti quegli operatori del commercio che hanno un reddito è inferiore a 400 mila euro per prestazioni di servizi e 700 mila euro per attività di cessione di beni. Tuttavia, gli obblighi da rispettare sono:

  • gli adempimenti IVA da eseguire;
  • tenere il libro IVA con le operazioni passive ed attive;
  • tenere la contabilità attraverso la registrazione cronologica di tutti i pagamenti e gli incassi.

Infine è bene fare un’ ulteriore precisazione. Mentre il reddito della contabilità ordinaria è determinato in base al regime di competenza, in questo regime, avviene secondo il principio di cassa. Un consiglio è doveroso. Prima di scegliere il proprio regime fiscale è meglio affidarsi ad un esperto del settore, ad esempio un commercialista, che possa guidare verso una giusta soluzione.

Regime forfettario 5%: requisiti e costi nel 2021

Il Regime forfettario al 5% è un’agevolazione interessante, soprattutto per le Start-up. Ecco i requisiti ed i costi previsti per il 2021.

Regime forfettario 5%: chi può accedere?

Il regime forfettario ordinario prevede un’agevolazione del 15% sul reddito. Ma l’imposta sostitutiva scende al 5% quando si tratta di nuove attività. Inoltre, gli altri requisiti da dover avere sono:

  • non aver esercitato nei tre anni antecedenti l’apertura della nuova partita IVA, attività professionale o d’impresa, artistica , anche in forma familiare o associata;
  • se si porta avanti, un’attività con diverso proprietario, il reddito dell’anno precedente non deve essere superiore a 65 mila euro;
  • limite di 30 mila euro di reddito derivante da lavoro dipendente;
  • l’attività non deve costituire una mera prosecuzione di una precedente, se svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo.

Se si hanno tutti questi requisiti, si potrà aderire al regime agevolato del 5% per i primi cinque anni di attività. Superati, quindi dal sesto anno in poi, il regime forfettario prevede un’agevolazione del 15% sul reddito.

Regime forfettario 5%: alcune precisazioni

Secondo il comma 65 alla lettera a) della legge 190/2014 è opportuno fare delle precisazioni. Le persone fisiche che intraprendono l’esercizio di imprese, arti o professionisti possono avvalersi del regime forfettario. Per far ciò basta la dichiarazione di inizio attività di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n.633 e successive modifiche.

Inoltre, i contribuenti persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni non devono aver conseguito ricavi, compensi, non superiori a 65 mila euro. Questo regime non può essere applicato nemmeno da coloro che abbiamo svolto la stessa attività, nella qualità anche di socio nei tre anni precedenti. Il periodo va calcolato sulla base dell’anno solare e non di quello relativo al periodo d’imposta.

Regime forfettario 5%: il proseguimento dell’attività

In relazione al proseguimento dell’attività, questa non deve essere in alcun modo proseguimento di un’impresa già in essere. Lo scopo è quello di eludere i “furbetti” delle agevolazioni. Infatti, non sono da considerare tutti quei comportamenti che prevedono solo il cambiamento della ragione sociale. In altri termini, l’attività deve essere totalmente nuova.

Con l’apertura della nuova attività, va anche aperta la partita Iva, e presentata la dichiarazione di adesione al regime forfettario. Se però la comunicazione di adesione non è stata presentata si può fare anche successivamente. Infatti, deve essere presentata una dichiarazione di variazione dei dati, revocando l’eventuale diversa opzione effettuata. Inoltre, laddove l’impresa familiare prosegua l’attività in precedenza svolta dal collaboratore familiare il regime fiscale di vantaggio può essere applicato.

E’ possibile disapplicare il forfettario?

Come già detto allo scadere dei cinque anni, il regime di tassazione sale al 15%. I contribuenti che devono applicare il regime forfettario hanno la possibilità di disapplicarlo. Si potrà così optare per la determinazione delle imposte sul reddito e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

Questa scelta deve essere comunicata barrando l’apposito campo in relazione alla dichiarazione annuale IVA.  L’omessa comunicazione è punibile con una sanzione amministrativa da 250 a 2000 euro.

L’applicazione del regime è valida per almeno tre anni successivi. Trascorso tale periodo l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la scelta operata. Il regime finanziario al 5% è applicabile per altro sono una volta, non può essere applicato con semplice intermittenza dell’attività.

Decreto Sostegni, ristori a fondo perduto per Partita Iva: previste nuove aliquote

Novità in arrivo per le aziende e i titolari di Partita Iva. Il Decreto Sostegni prevede anche dei ristori a fondo perduto per un importo di circa 4.200 euro per ogni Partita Iva. La misura sarà proposta al Parlamento dal Premier Mario Draghi, secondo quanto annunciato dal sottosegretario Claudio Durigon, probabilmente venerdì 19 marzo 2021 nel corso del Consiglio dei Ministri, per sopperire, almeno in parte, alla grande perdita di fatturato subita dagli imprenditori italiani, stimata in oltre 400 miliardi di euro, causa le misure restrittive imposte dal governo per l’emergenza coronavirus.

Nuove aliquote e ricalcolo ristori a fondo perduto

In considerazione del fatto che, per il Decreto Sostegno è necessario un ulteriore scostamento di Bilancio di 10-20 miliardi, richiesto al Parlamento al momento della presentazione del Documento di Economia e Finanza (DEF), la decisione finale potrebbe anche slittare alla settimana prossima.

Secondo le ultime anticipazioni riportate dal sito Pmi, è molto probabile che vengano introdotte delle nuove aliquote e un sistema di calcolo diverso, per stabilire l’importo dei ristori a fondo perduto previsti dal Decreto Sostegno, dovuto ai beneficiari.

Le aliquote che, inizialmente sarebbero dovute essere tre o quattro, potrebbero passare addirittura a cinque. Il 10% per un fatturato fino a 10 milioni di euro, il 15% per i ricavi dichiarati fino a 5 milioni di euro, il 20% per compensi fino a 1 milione di euro, il 25% per chi fatturava fino a 400.000 euro, infine, il 30% per un fatturato fino a 100.000 euro.

Tali indennizzi a fondo perduto, sono destinati alle aziende e partite iva che hanno registrato un calo di fatturato superiore al 33% nel 2020, rispetto all’anno precedente. Si stima che la platea dei beneficiari possa comprendere circa 2 milioni e 800mila lavoratori.

Decreto Sostegni: le dichiarazioni di Federico D’Incà

L’agenzia ANSA, riporta una dichiarazione di Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento: “All’interno di questa settimana arriverà il Decreto Sostegni, un pacchetto importante che si baserà su uno scostamento di bilancio di 32 miliardi di euro. Sommato alla legge di Bilancio e agli altri scostamenti raggiungiamo la cifra di quasi 200 miliardi in un anno, stanziati dal nostro Paese per la propria economia“.

Nel corso della trasmissione Start, su Sky TG24, Federico D’Incà ha anche aggiunto: “All’interno abbiamo ulteriori risorse per la cassa integrazione, risorse a fondo perduto per le imprese. Il Decreto Sostegni insieme al piano vaccinale e il Recovery Plan sono la basi per poter uscire più forti da questa situazione. Dobbiamo assolutamente mettere a terra queste risorse per dare sostegno alle nostre famiglie. Nel decreto, ha aggiunto poi, vi sono anche “ulteriori risorse per i vaccini e la sanità in generale, sulle cifre ci sono delle valutazioni in corso“.

Partita Iva 2021: regimi, procedure e costi

Aprire una partita Iva, anche nel 2021, prevede una serie di adempimenti. Di seguito tutta la procedura, i regimi ed i costi da sostenere.

Partita Iva 2021: codice Ateco e partita IVA

Aprire una partita Iva non è mai stato un’operazione particolarmente difficile. Più che altro prima di aprirla, occorre avere una visione completa dell’attività per cui viene aperta. Infatti, una volta presa la decisione, questa viene dichiarata al Fisco.

Ciò avviene proprio attraverso il Codice Ateco. Tuttavia, si tratta di uno strumento di classificazione delle attività economiche. E’ stata adottata dall’Istituto Nazionale di statistica in Italia, al fine di effettuare rilevazioni statistiche in materia economica. La lista completa è scaricabile sul sito istituzionale dell’ISTAT.

La procedura per aprire la partita Iva prevede la comunicazione presso l’Agenzia delle entrate dell’inizio della propria attività. Entro 30 giorni dal primo giorno di lavoro, il modello di inizio attività. E’ la stessa Agenzia delle Entrate ad attribuire il numero di partita IVA. Si tratta di un codice di 11 cifre univoco. Infatti, le prime 7 collegano l’attività al titolare, altre 3 al codice identificativo dell’Agenzia delle entrate e l’ultima cifra ha la funzione di controllo.

Partita IVA 2021: come presentare la dichiarazione di inizio attività

Fino ad oggi non sono state apportate modifiche alla Legge di bilancio 2021. Pertanto la procedura prevede la presentazione del modello di inizio attività. In particolare, le persone fisiche che svolgono attività d’impresa (ditte individuali) devono utilizzare il modello AA9/12, mentre le società devono presentare il modello AA7/10. Nella dichiarazione di inizio attività vanno inserite le seguenti informazioni:

  • dati anagrafici;
  • la sede dell’attività;
  • il codice Ateco relativo all’impresa.

I soggetti che NON sono tenuti all’iscrizione presso il Registro delle imprese, possono protocollare la loro richiesta presso gli uffici. La domanda può essere presentata sia personalmente, che tramite un intermediario, come ad esempio un commercialista. Inoltre, è possibile utilizzare la posta elettronica dell’ente o quella tradizionale. In questo caso, è opportuno allegare la fotocopia del proprio documento e della tessera sanitaria.

L’iscrizione al Registro delle imprese in camera di commercio

Le imprese hanno bisogno di iscriversi presso il Registro delle imprese. Si tratta di un registro pubblico ed informatico che contiene tutte le informazioni sulle stesse. L’iscrizione funziona come una pubblicità giuridica, con gli stessi effetti, nei confronti dei terzi.

Inoltre, il registro viene tenuto presso la Camera di Commercio, ma è consultabile anche in via telematica. Per iscriversi occorre aver svolto tutti gli obblighi di legge, come ad esempio il deposito del capitale sociale. Insieme a questi dati viene depositato anche lo statuto societario. Non sono tenuti a questo step, tutte le attività professionali come medici oppure avvocati. Anche se devono iscriversi qualora svolgano l’attività in regime di impresa.

Partita Iva 2021: i diversi regimi fiscali da scegliere

Quando si apre una partita Iva, si ha deve fare una scelta: tra regime forfettario e ordinario. Il regime forfettario è una tassazione che prevede il pagamento di una percentuale sul reddito. La percentuale è pari al 15%. Anche se questo valore scende al 5%, per le start-up e per un periodo non superiore a 5 anni. Inoltre la percentuale si applica per redditi fino a 65 mila euro.

Ma attenzione l’attività deve essere completamente nuova. In altre parole, per almeno i tre anni precedenti, non si è dovuto svolgere attività d’impresa o professionale. Ed infine, non si è assoggettati alla contribuzione IVA. Per chi non aderisce al regime forfettario, si apre la strada del regime ordinario. I contribuenti in questo regime sono obbligati all’utilizzo della fatturazione elettronica, la tenuta dei registri contabili Irap, Ires ed Irpef.

Quanto costa aprire una partita IVA e altri costi correlati

Per aprire una partita IVA i costi dipendono dal regime fiscale scelto. In linea di massima è gratuita. Anche se molto dipende dalla parcella del professionista a cui ci si affida per l’operazione. I costi relativi potrebbero essere inerenti all’acquisto del servizio di Firma digitale. Oppure scegliere tra i servizi aggiuntivi offerti dalla Camera di commercio di appartenenza. Oltre ai passi precedentemente svolti, è opportuno anche stare attenti alla cassa previdenziale, se prevista.

Quindi, aprire una partita IVA non ha costi esosi. Infine, quando si apre una partita IVA attenzione anche ad aprire la posizione contributiva INPS ed INAL per l’assicurazione sul lavoro. L’apertura di partita IVA non necessita di ulteriori costi di rinnovo, fino a che non venga disposta le pratiche per la relativa chiusura.

Modello AA7/10

Il modello AA//10 deve essere utilizzato per le dichiarazioni di inizio attività, variazione dati e cessazione di attività da parte dei soggetti diversi dalle persone fisiche.

 Il modello, compilato a macchina o a stampatello in tutte le sue parti e sottoscritto dal dichiarante, deve essere presentato entro 30 giorni dalla data di inizio attività ovvero dalla data di variazione di qualsiasi dato comunicato in precedenza o dalla data di cessazione dell’attività stessa

Di seguito potete trovare sia il modello che le istruzioni per la compilazione.

Professionisti: quale regime fiscale scegliere?

Sono molti i professionisti che, quando iniziano la loro nuova attività lavorativa, ricorrono alla ritenuta d’acconto, quando, invece, sarebbe più vantaggioso scegliere un regime fiscale con apertura di partita Iva.

Perché questo? La ritenuta d’acconto, che potrebbe sembrare la scelta più semplice e leggera, impone rigidi limiti alla prestazione occasionale.
Vediamo quali sono:

  • limite di 5000€ di reddito annuo;
  • limite di 30 giorni di collaborazione occasionale con ogni committente;
  • impossibilità di collaborare più volte con lo stesso committente;
  • impossibilità di pubblicizzare la propria attività.

Non a caso, dunque, la ritenuta d’acconto può essere utilizzata per prestazioni occasionali, ma sicuramente non permette di lavorare serenamente e anzi costringe a rifiutare contratti per non superare i limiti imposti.

Ai professionisti viene consigliato invece di ricorrere al regime forfettario, che è un regime fiscale agevolato che permette di usufruire di imposte che a volte si rivelano più convenienti anche rispetto alla ritenuta d’acconto.

Anche questo regime prevede limiti di ricavi annuali, definiti tramite codice ATECO, composto da cifre e lettere a seconda delle tipologie lavorative e che definisce non solo il limite annuale dei ricavi ma anche il coefficiente di redditività.

Si tratta di un coefficiente che definisce anche un forfait di spese che possono essere detratte dal contribuente che nel regime forfettario non può detrarre le spese sostenute per l’attività lavorativa.
L’unica imposta prevista dal regime forfettario è l’imposta sostitutiva che ammonta al 5% dell’imponibile nei primi cinque anni di attività e 15% negli anni a seguire.

Aprire la propria partita IVA è possibile sia online che offline:

  • offline, recandosi personalmente in un Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, consegnando il modello AA9/12, ben compilato, corredato di carta d’identità;
  • offline, inviando una raccomandata a qualsiasi Ufficio dell’Agenzia delle Entrate con i medesimi documenti;
  • online, con gli stessi documenti, senza dover recarsi in nessun ufficio.

Dopo l’apertura della partita Iva, occorre iscriversi ad una cassa previdenziale, che, per molte categorie di professionisti è dedicata, ad esempio per avvocati, o ingegneri, o agenti di commercio.
Se, per l’attività scelta non esiste una cassa previdenziale, si ricorre alla Gestione Separata INPS.

Vera MORETTI

Emanati i codici tributo in compensazione per i titolari di partita Iva

Risoluzione 68/E dell’Agenzia delle Entrate sono stati indicati i codici tributo il cui utilizzo in compensazione necessita, per i titolari di partita Iva, l’uso obbligato dei servizi telematici quando si tratta di F24 web, F24 online, F24 cumulativo e F24 addebito unico, qualora essi intendano compensare, per qualsiasi importo, crediti Iva, annuali o relativi a periodi inferiori, crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito, all’imposta regionale sulle attività produttive e crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.
L’elenco dei codici è riportato nell’allegato 2 della Risoluzione 68/E.

Si legge nella nota emanata dall’Agenzia delle Entrate: “In realtà come specifica il documento di prassi, non vi è una obbligatorietà assoluta nelle nuove norme. Infatti, l’obbligo di presentare l’F24 tramite i canali telematici delle Entrate non sussiste qualora ci si trovi di fronte al caso d’una compensazione di tipo “verticale” o “interna”, quando cioè le somme a credito e a debito rientrano nella stessa tipologia d’imposta, per esempio Iva da Iva. Però, va da sé che, qualora in questo caso al netto delle compensazioni interne residui un saldo positivo, ai fini dell’utilizzo o meno dei servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia restano ferme le regole generali. Diverso invece è il caso della compensazione “orizzontale” o “esterna”, ossia tra tributi diversi. In questo caso prevale l’obbligatorietà nell’utilizzo dei canali telematici delle Entrate”.

I versamenti previsti vanno eseguiti:

  • esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale sia di importo pari a zero;
  • esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo.

Vera MORETTI