Ape sociale, ecco i nuovi chiarimenti dell’Inps su chi può andare in pensione

Sono arrivati, nella giornata di ieri, 25 maggio 2022, i nuovi chiarimenti dell’Inps in merito alle pensioni con uscita mediante l’opzione Ape sociale. Si tratta della circolare numero 62 recante il “posticipo del termine di scadenza della sperimentazione e modifiche alle disposizioni in materia di ape sociale di cui all’articolo 1, commi da 179 a 186, della legge 11 dicembre 2016, numero 232 (legge di Bilancio 2017) e successive modificazioni. Istruzioni applicative e chiarimenti in materia”. Tra le ultime novità, la possibilità per i lavoratori di andare in pensione con l’Ape sociale anche se l’impresa cessa l’attività e i requisiti ridotti dei lavoratori addetti al settore edile.

Pensioni Ape sociale: posticipata la scadenza della misura al 31 dicembre 2022

Al primo punto della circolare dell’Inps, c’è il posticipo della scadenza della misura previdenziale dell’Ape sociale al 31 dicembre 2022. E, pertanto, il periodo di sperimentazione dell’Ape sociale terminerà alla fine di quest’anno. Non cambiano le date per presentare le domande e per la verifica delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps dei richiedenti.

Pensioni Ape sociale: non si fa più riferimento ai tre mesi per chi è disoccupato

Tra le novità chiarite dall’Inps, figura l’eliminazione del periodo di tre mesi dello stato di disoccupazione. Pertanto, la categoria ammessa all’uscita anticipata dei disoccupati, non dovrà più fare riferimento al requisito temporale della condizione di disoccupazione “da almeno tre mesi”. Il chiarimento è a favore dei disoccupati per:

  • cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo;
  • dimissioni per giusta causa;
  • risoluzione consensuale;
  • scadenza del rapporto di lavoro con contratto a tempo determinato.

Tutte queste categorie potranno presentare domanda di verifica dei requisiti per la pensione Ape sociale senza dover attendere il decorso dei tre mesi dal termine di fruizione della prestazione di disoccupazione.

 Nuovo elenco delle mansioni gravose: ecco le ultime novità

Tra le mansioni ammesse alle pensioni con Ape sociale rientrano quelle gravose. Di conseguenza, a decorrere dallo scorso 1 gennaio, possono presentare domanda di uscita con Ape sociale i lavoratori alle dipendenze rientranti nelle categorie lavorativa gravose. Tali categorie sono previste dalla legge di Bilancio 2022 ed elencate nell’Allegato 3 della stessa legge. Tale elenco aggiorna e sostituisce le categorie di lavori gravosi elencati nell’Allegato A del decreto interministeriale del 5 febbraio 2018. La circolare Inps, peraltro, allega l’elenco aggiornato di tutte le professioni che possono andare in pensione con l’Ape sociale.

Quali categorie di lavoratori gravosi accedono alle pensioni Ape sociale con 32 anni di contributi?

Tra le professioni gravose ammesse all’uscita con Ape sociale, vi sono categorie che possono beneficiare dello sconto degli anni di contributi (da 36 a 32 anni) secondo quanto prevede il comma 92, dell’articolo 1, della legge di Bilancio 2022. In particolare, chiarisce l’Inps, per gli operai edili “come indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini, per i ceramisti (classificazione codice Ateco Istat 6.3.2.1.2) e per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta (classificazione codice Ateco Istat 7.1.3.3) il requisito dell’anzianità contributiva di cui alla medesima lettera d) è di almeno 32 anni”. Pertanto, l’Inps chiarisce che i ceramisti e gli operai edili che possono beneficiare dello sconto di contributi sono quelli individuati dall’allegato 3 alla legge di Bilancio 2022, dove non sono indicati codici specifici del settore edile.

Pensioni Ape sociale: come presentare domanda di uscita e utilizzare i nuovi moduli messi a disposizione dall’Inps

Per presentare domanda di uscita con Ape sociale, i contribuenti interessati devono compilare i nuovi modelli di accesso alla misura di pensione e ai moduli per le attestazioni dei datori di lavoro. In particolare, i nuovi modelli di domanda sono reperibili accedendo al portale dell’Inps, nelle sezioni consecutive:

  • “Prestazioni e servizi”;
  • “Prestazioni”;
  • “Ape sociale – Anticipo pensionistico”;
  • “Accedi al servizio”.

Per la richiesta di uscita con i requisiti delle professioni gravose, i moduli si trovano al seguente percorso sul sito dell’Inps:

  • “Prestazioni e servizi”;
  • “Moduli”.

I nuovi modelli di domanda recepiscono le novità introdotte dalla legge di Bilancio 2022.

Quali sono i nuovi modelli da utilizzare per andare in pensione con l’Ape sociale?

Nel dettaglio, i modelli di domanda da scaricare dal sito Inps per la pensione Ape sociale riguardano:

  • modello AP148, denominato “Attestazione datore di lavoro per la richiesta dell’APE Sociale in relazione alle attività lavorative di cui all’allegato 3 della legge 30 dicembre 2021, numero 234”;
  • modulo AP149, denominato “Attestazione datore di lavoro domestico per la richiesta dell’APE Sociale in relazione alle attività lavorative di cui all’allegato 3 della legge 30 dicembre 2021, numero 234”.

Presentazione domanda di pensione Ape sociale: ecco le scadenze del 2022

In merito alle scadenze per la presentazione delle domande di pensione con Ape sociale per l’anno in corso, la circolare Inps ricorda che le istanze dovranno essere inoltrate entro:

  • il 31 marzo 2022 e verifica delle condizioni delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps entro il 30 giugno 2022;
  • il 15 luglio 2022 e verifica delle condizioni delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps entro il 15 ottobre 2022; +
  • la verifica delle condizioni delle condizioni e dei requisiti da parte dell’Inps presentate dopo il 15 luglio ma non oltre il 30 novembre avverrà entro il 31 dicembre. La terza domanda dell’anno verrà accolta salvo la rimanenza delle necessarie risorse finanziarie.

Quanto prendono di pensione i liberi professionisti?

Qual è la pensione media annuale dei liberi professionisti che continuano a svolgere la propria professione? Ad oggi, sono circa 100 mila (98.100 nel 2020) i professionisti iscritti alle Casse previdenziali che continuano a svolgere la propria attività pur essendo già in quiescenza. È da precisare che gli assegni di pensione sempre più al ribasso per una buona fetta di liberi professionisti. Nel giro di cinque anni, dal 2016 al 2020, i trattamenti pensionistici per varie categorie di professionisti iscritti alle Casse previdenziali hanno perduto, infatti, dallo 0,62% al 25%. Si tratta, soprattutto, dei commercialisti e dei giornalisti. Guadagnano qualcosa le altre categorie, ma gli assegni delle nuove Casse previdenziali (ovvero dei professionisti in attività nonostante la pensione) mediamente non vanno oltre i 6 mila euro all’anno. Ecco nel dettaglio gli importi delle pensioni del 2020 dei professionisti rapportati a quando percepivano nel 2016 secondo i dati forniti da Italia Oggi.

Pensioni giornalisti iscritti all’Inpgi, perdono tanto i dipendenti, sale l’assegno dei co.co.co. e dei liberi professionisti

A perderci di più sono i giornalisti iscritti all’Inpgi che hanno un contratto di lavoro alle dipendenze. Se nel 2016 prendevano di pensione circa 98 mila euro lordi all’anno, nel 2020 il trattamento previdenziale ha perso più del 25%, attestandosi a oltre 73 mila euro all’anno. Sale invece la pensione degli iscritti all’Inpgi nella Gestione separata con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co). Nel 2016 le pensioni erano mediamente di quasi 1.800 euro; nel 2020 sono cresciute a 2.430 euro, con un incremento di oltre il 37%. Salgono di più le pensioni dei giornalisti iscritti all’Inpgi nella Gestione separata dei liberi professionisti: nel 2016 avevano di pensione oltre 2.600 euro medi lordi all’anno; nel 2020 superano i 4 mila euro con una crescita di circa il 56%.

Pensioni, si abbassano quelle dei commercialisti e dei periti ragionieri e commerciali

A perderci, di pensione, sono anche i commercialisti e i periti ragionieri e commerciali. Gli iscritti alla Cassa dottori commercialisti (Cdc) che sono andati in pensione ma che continuano a svolgere la propria professione (Casse di nuova generazione), nel 2016 incassavano circa 49 mila euro medi lordi all’anno. Nel 2020 il trattamento pensionistico si è abbassato a poco più di 44 mila euro, con una perdita di circa il 10%. Per gli iscritti alla Cassa Nazionale ragionieri e periti commerciali (Cnpr), invece, la perdita si è fermata all’8,5%. Nel 2016 ricevevano di trattamento pensionistico oltre 25.70 euro; nel 2020 il trattamento è sceso a poco più di 23.500 euro lordi all’anno.

Avvocati, Cassa geometri e iscritti all’Enasarco: qual è la pensione per chi continua a lavorare?

Gli iscritti alla Cassa Geometri che sono andati in pensione e che continuano a lavorare nel 2020 hanno ottenuto un trattamento previdenziale di poco più di 20 mila euro. La perdita si è assestata sul 5% rispetto al 2016 quando prendevano 21.150 euro. Per gli avvocati la perdita è molto contenuta. Dal 2016 al 2020 la differenza in negativo è dello 0,6%. I trattamenti pensionistici sono passati da oltre 35 mila euro del 2016 a 34.850 nel 2020. Sotto l’1% anche la perdita degli iscritti all’Enasarco: se nel 2016 prendevano di pensione 11.390 euro, nel 2020 il trattamento previdenziale è sceso a 11.286 euro.

Pensioni liberi professionisti, quali sono al rialzo?

Le altre categorie di professionisti iscritti alle Casse previdenziali hanno tutte un saldo positivo di pensione percepita nel 2020 rispetto al 2016. I farmacisti iscritti all’Ente nazionale di previdenza e di assistenza (Enpaf) sono passati da 6.610 euro del 2016 a 6.767 del 2020, con una crescita del 2,34%. Gli ingegneri e gli architetti iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (Inarcassa) hanno guadagnato il 3,24%. Infatti, le pensioni lorde annue del 2016 erano di poco più di 24.400 euro, quelle del 2020 hanno raggiunto mediamente i 25.200 euro.

Medici, odontoiatri, veterinari: qual è l’assegno di pensione medio per chi continua a lavorare?

Gli iscritti all’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri (Empam), in valori assoluti, sono la categoria di liberi professionisti che ha visto crescere maggiormente l’assegno di pensione lordo tra il 2016 e il 2020. Infatti, medici e odontoiatri sono passati da circa 59.500 euro a 63.203 euro, con un saldo positivo del 6,24%. I veterinari iscritti alla Cassa di previdenza Enpav, hanno visto crescere le proprie pensioni dell’8,60% circa, passando dai circa 11.700 euro del 2016 ai 12.700 euro circa del 2020.

Quali sono le pensioni degli altri professionisti iscritti alle Casse previdenziali?

A seguire, le altre categorie professionali iscritte alle Casse previdenziali:

  • i consulenti dell’Enpacl (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Consulenti del Lavoro) sono passati da 15.600 euro a 17.300 euro (+ 10,9%);
  • gli addetti e gli impiegati in agricoltura iscritti all’Enpaia sono passati da 1.426 euro a 1.646 euro (+ 15,4%);
  • chimici, geologi e attuari iscritti all’Epap (Ente di Previdenza e di Assistenza Pluricategoriale) hanno visto crescere le proprie pensioni del 18,2%, passando da 4.270 euro del 2016 a 5.050 euro circa del 2020;
  • i biologi iscritti all’Enpab (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei biologi) hanno preso un + 19,5% di pensione, passando da 4.550 euro circa a 5.435 euro;
  • gli iscritti all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Psicologi (Enpap) hanno guadagnato circa il 26%, passando da poco meno di 2 mila euro medi lordi a circa 2.500 euro;
  • gli infermieri dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica (Enpapi) hanno guadagnato quasi il 30% di pensione in più dal 2016 al 2020. Infatti percepivano circa 1.730 euro nel 2016, mentre nel 2020 la pensione è salita a circa 2.250 euro;
  • infine, gli iscritti alla Cassa di Previdenza dei Periti Industriali (Eppi), hanno una pensione media cresciuta del 30%. Sono passati da 4.758 euro del 2016 a circa 6.200 euro del 2020.

Bonus 200 euro, chi lo prenderà e quando

Chi prenderà il bonus 200 euro e quando? L’erogazione dell’indennità prevista dal decreto legge “Aiuti” del governo, avverrà per tutte le categorie lavorative e per i pensionati. Tutti dovranno avere un reddito lordo annuo non eccedente il 35 mila euro. Inclusi nella misura anche colf e badanti e, in generale, i lavoratori domestici. Il bonus 200 euro sarà pagato anche a chi prende il reddito di cittadinanza e quanti hanno ricevuto nel corso dello scorso anno un’indennità per il Covid. A disciplinare la misura di aiuto contro il rincaro dei prezzi è il decreto legge numero 50 del 2022, in vigore da mercoledì 18 maggio. L’indennità verrà pagata anche ai commercianti, artigiani, liberi professionisti e partite Iva: ma i lavoratori autonomi dovranno attendere un altro decreto da emanarsi entro 30 giorni che disciplini le modalità di pagamento e quanto spetti di indennità.

Bonus 200 euro ai pensionati, come verrà pagato?

I pensionati con redditi personali del 2021 non eccedenti i 35 mila euro lordi all’anno prenderanno il bonus 200 euro con decorrenza entro il 30 giugno 2022. Sarà l’Inps a effettuare il pagamento nella mensilità di luglio 2022. I pensionati, dunque, non dovranno presentare alcuna domanda. Per il calcolo del reddito non si tiene conto della casa di abitazione, del trattamento di fine rapporto (Tfr) e delle competenze arretrate a tassazione separata. Anche i percettori del trattamento sociale o di invalidità civile percepiranno l’indennità. Sono incluse anche le prestazioni di accompagnamento alla pensione, come ad esempio, l’Ape sociale o i lavoratori usciti da lavoro con i contratti di espansione.

Indennità Inps 200 euro ai lavoratori dipendenti: cosa bisogna fare?

I lavoratori alle dipendenze riceveranno il bonus 200 euro nel cedolino della busta paga di luglio. L’indennità, prevista dagli articoli 31-33 del decreto legge numero 50 del 2022, è esentasse. Come tutte le altre categorie, i lavoratori dipendenti percepiranno l’indennità una sola volta. Il pagamento del bonus non prevede alcuna domanda. Tuttavia, il lavoratore dipendente non deve essere percettore di alcuna pensione, anche di invalidità civile, e nemmeno del reddito di cittadinanza. I datori di lavoro potranno recuperare l’indennità anticipata in compensazione sui contributi UniEmens.

Lavoratori dipendenti che percepiranno il bonus 200 euro: come verificare se si rientra?

I lavoratori dipendenti possono verificare se il bonus 200 euro spetti mediante il diritto allo sconto contributivo. Si tratta della misura introdotto per il 2022 che consente di beneficiare di uno sconto di contributi pari allo 0,8%. Ricevono lo sconto i lavoratori con reddito mensile lordo non eccedente i 2.692 euro. Dunque, basta che i dipendenti abbiano beneficiato dello sconto contributivo in almeno un mese tra gennaio e aprile per percepire il bonus 200 euro.

Prendono il bonus 200 euro i lavoratori autonomi occasionali?

Il bonus 200 euro verrà pagato anche ai lavoratori autonomi occasionali senza partita Iva. Ovvero ai titolari dei contratti previsti dall’articolo 2222 del Codice civile. Si tratta dei contratti con ritenuta d’acconto. L’indennità spetterà se è stato corrisposto almeno un contributo mensile durante l’anno 2021. Per questi contratti, tuttavia, è necessario il versamento dei contributi alla Gestione separata dell’Inps (che deve risultare aperta al 18 maggio 2022) che avviene se il totale dei compensi annui supera la cifra di 5 mila euro. Ne consegue che i lavoratori autonomi occasionali prenderanno il bonus 200 euro solo se, per uno o più contratti del 2021, hanno percepito almeno 6.330 euro. Questo importo è il minimo per l’accredito di un mese di contributi. Infine, per questi lavoratori serve presentare la domanda all’Inps per ottenere l’una tantum.

Bonus 200 euro, verrà pagato agli incaricati delle vendite a domicilio e lavoratori dello spettacolo?

Il bonus 200 euro verrà pagato anche agli incaricati delle vendite a domicilio. La condizione per ottenere l’indennità è che nel 2021 siano stati percepiti compensi superiori ai 5 mila euro. Tra le altre condizioni, serve la partita Iva e l’iscrizione alla Gestione separata dell’Inps. Occorre presentare domanda all’Inps. I lavoratori dello spettacolo con redditi 2021 entro i 35 mila euro percepiranno il bonus purché per il 2021 abbiano almeno 50 contributi giornalieri. A questi lavoratori il bonus viene pagato dall’Inps previa domanda.

Lavoratori stagionali, a termine, intermittenti e disoccupati agricoli: prenderanno il bonus 200 euro?

I lavoratori stagionali, a termine e intermittenti prenderanno il bonus 200 euro purché nel 2021 il reddito non sia stato eccedente i 35 mila euro. Anche per questi lavoratori sono necessarie 50 contributi giornalieri. L’Inps eroga il bonus previa domanda. Non serve la domanda all’Inps, invece, per i disoccupati agricoli. Sarà l’Inps stessa a erogare l’indennità purché sia stata percepita la disoccupazione nel 2021.

Lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.): prenderanno il bonus 200 euro?

I lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) prenderanno il bonus 200 euro a determinate condizioni. Infatti, il contratto deve essere in essere alla data del 18 maggio 2022. Il lavoratore deve essere iscritto alla Gestione separata dell’Inps. Inoltre, i lavoratori di questa categoria non devono essere percettori di pensione. E nemmeno essere iscritti ad altre gestioni previdenziali. Anche per questi lavoratori vale il limite di reddito di 35 mila euro. È l’Inps a erogare il bonus previa domanda.

Colf, badanti e disoccupati: prenderanno l’indennità di 200 euro?

Colf, badanti e lavoratori domestici prenderanno il bonus purché abbiano in essere un rapporto di lavoro alla data del 18 maggio 2022. Serve presentare la domanda all’Inps. I disoccupati, ex lavoratori alle dipendenze o parasubordinati, percepiranno il bonus 200 euro purché ricevano una mensilità di disoccupazione Naspi o Dis coll a giugno 2022. È l’Inps a pagare senza bisogno di presentare la domanda.

Pensionati, a luglio con il bonus 200 euro anche la quattordicesima

A poco meno di un terzo dei pensionati, con il trattamento pensionistico del mese di luglio, oltre al bonus 200 euro, arriverà anche la quattordicesima mensilità. La mensilità aggiuntiva arriverà a chi ha un reddito annuale lordo non eccedente i 13.659,88 euro. Alla quattordicesima mensilità si aggiungerà l’indennità prevista dal governo per il caro prezzi. Si prospetta, dunque, un maxi cedolino per una parte dei 13,7 milioni di pensionati.

Bonus 200 euro ai pensionati con redditi fino a 35 mila euro: di cosa si tratta?

Con il cedolino di luglio, i pensionati con redditi entro i 35 mila euro avranno il bonus 200 euro. Spetterà all’Inps, o in ogni modo all’ente previdenziale erogatore, procedere con le verifiche dei trattamenti previdenziali aventi diritto dell’indennità. Potranno ottenere il bonus anche i pensionati titolari di più trattamenti pensionistici. Tra i beneficiari figurano, anche, i percettori di assegno sociale, di trattamenti per invalidità civile, sordomuti e ciechi e le indennità di accompagnamento alla pensione.

Tetto di reddito per ricevere il bonus 200 euro: come si calcola?

Per il calcolo dei 35 mila euro di limite per ricevere il bonus 200 euro si considerano tutte le tipologie di redditi, ad esclusione:

  • dei redditi della casa di abitazione;
  • del trattamento di fine rapporto (Tfr);
  • dell’assegno unico;
  • degli assegni familiari;
  • assegni di guerra;
  • gli indennizzi per i danni subiti da vaccini obbligatori, somministrazioni di emoderivati, trasfusioni;
  • l’indennità di accompagnamento.

Quattordicesima di pensione, chi ne ha diritto?

Nel cedolino di pensione di luglio arriverà anche la quattordicesima mensilità. Ne hanno diritto i pensionati che abbiano già compiuto i 64 anni di età ed abbiano un reddito personale non eccedente i 13.659,88 euro annui. L’importo della quattordicesima varia a seconda degli anni di versamenti contributivi effettuati durante la vita lavorativa. Inoltre, differenze si riscontrano tra ex lavoratori alle dipendenze e lavoratori autonomi.

Quattordicesima mensilità di pensione, quali sono gli importi del 2022?

A seconda dei parametri di calcolo della quattordicesima mensilità di pensione, l’importo varia da un minimo di 437 euro a un massimo di 655 euro. Si tratta dei pensionati che abbiano un reddito individuale fino a 1,5 volte l’importo dell’assegno minimo, fissato per il 2022 a 525,38 euro. Su base annua, si tratta di redditi da pensione equivalenti a 10.244,91 euro lordi. Per i contribuenti che abbiano un reddito da pensione di importo compreso tra 1,5 e 2 volte la pensione minima, l’importo della quattordicesima si attesta tra i 336 euro e i 504 euro. In ogni caso, il limite per ricevere la quattordicesima rimane pari a 13.659,88 euro annui.

Si può continuare a lavorare se si va in pensione con quota 102?

Si potrebbe continuare a lavorare nel caso in cui si vada in pensione con la nuova quota 102? La richiesta, per svariati versi, ricalca ciò che successe con la quota 100. Ovvero, la possibilità di continuare a lavorare e, dunque, di cumulare redditi da lavoro con redditi da pensione è circoscritta a specifiche situazioni e condizioni da rispettare. In mancanza di queste condizioni, il neopensionato dovrebbe rinunciare a eventuali contratti di lavoro. La rinuncia riguarda anche i casi di iscrizione alla gestione separata. O per i rapporti di collaborazione. Nel momento in cui si effettui la domanda di pensione per quota 102 è necessario non avere attività lavorative alle dipendenze o autonome in essere.

Quando un neo-pensionato con quota 102 può continuare a lavorare?

Un contribuente che va in pensione con quota 102 (analogamente a quanto avviene con la quota 100) può continuare a lavorare a determinate condizione. Ovvero, può cumulare il reddito da lavoro con quello da pensione solo nel caso in cui svolga un lavoro autonomo occasionale. L’importo massimo ammesso di reddito lordo annuo dall’attività lavorativa occasionale è pari a 5.000 euro.

Cosa succede se il lavoratore occasionale supera il tetto dei 5.000 euro nel caso di pensione a quota 102?

Il pensionato con quota 102 che dovesse svolgere un lavoro autonomo occasionale e sforare il tetto di reddito da lavoro di 5 mila euro, andrebbe incontro all’incumulabilità della pensione con il reddito da lavoro. Secondo quanto prevede il comma 87 alle lettere b) e c) dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022) che modifica il comma 1, dell’articolo 14, del decreto legge numero 4 del 2019, in tal caso il lavoratore occasionale, nonché percettore di pensione con quota 102, potrebbe andare incontro alla sospensione del trattamento pensionistico.

Cosa deve fare il lavoratore per andare in pensione con quota 102?

Ai fini dell’andata in pensione con quota 102, il contribuente deve cessare il rapporto di lavoro alle dipendenze prima di presentare domanda di pensione. Per la stessa finalità, ai lavoratori autonomi non è richiesta la cessazione dell’attività. Ovvero, il lavoratore autonomo non deve procedere con la cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi, oppure cancellare l’iscrizione camerale, o dagli albi professionali o chiudere la partita Iva. Rimane, tuttavia, sottinteso che il conseguimento della pensione a quota 102 comporta l’incompatibilità della stessa con il continuare a svolgere l’attività lavorativa autonoma, se non meramente occasionale.

Sospensione del pagamento della pensione con quota 102 in caso di incumulabilità con i redditi da lavoro

Il pagamento della pensione da quota 102 è sospeso nell’anno nel quale siano stati percepiti redditi da lavoro:

  • da attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale;
  • per sforamento di redditi da lavoro del tetto dei 5 mila euro nel caso di svolgimento di attività autonoma occasionale;
  • nei mesi dell’anno precedenti a quello nel quale si compiano i 67 anni di età richiesti per la pensione di vecchiaia.

Quando l’attività lavorativa è cumulabile con la pensione a quota 102

A titolo di esempio, se un contribuente maturi il diritto alla pensione con quota 102 a giugno 2022 (64 anni di età e almeno 38 anni di contributi) e compia l’età della pensione di vecchiaia a giugno 2025, possono presentarsi vari casi di cumulabilità di lavoro e redditi da pensione. Ad esempio, se il contribuente percepisce da giugno a dicembre del 2022 reddito per attività di lavoro svolta da gennaio a maggio del 2022, l’attività lavorativa è compatibile con la pensione a quota 102 a partire da giugno perché l’attività lavorativa è stata svolta in un periodo antecedente la decorrenza della pensione. Diversamente, se l’attività lavorativa viene svolta da giugno a dicembre 2022, in concomitanza con la decorrenza della pensione a quota 102, vi è incumulabilità dei redditi.

Cosa deve fare il contribuente per svolgere l’attività occasionale in caso di pensione a quota 102?

Lo svolgimento dell’attività occasionale compatibile con la pensione a quota 102 necessita di una dichiarazione del lavoratore. Infatti, ai fini dell’accertamento della cumulabilità dei due redditi, il lavoratore deve darne comunicazione all’Inps. La comunicazione accerta che il lavoratore svolge solo attività occasionali dell’importo annuale lordo non eccedente i 5 mila euro. Nel caso di accertamento di incumulabilità di redditi da lavoro e redditi da pensione con quota 102, l’Inps:

  • sospende il trattamento di pensione;
  • recupera le mensilità corrisposte con riferimento all’anno nel quale ha pagato rate di pensione incompatibili con il reddito da lavoro.

Pensioni giornalisti: dal 1° luglio la domanda si fa all’Inps

La domanda di pensione dei giornalisti iscritti all’Inpgi, a decorrere dal 1° luglio 2022, dovrà essere presentata all’Inps. La gestione previdenziale dell’Inpgi, infatti, confluirà nell’Istituto previdenziale. I chiarimenti sono arrivati dall’Inps con il messaggio numero 1886 del 4 maggio 2022. La nota contiene informazioni sul “trasferimento all’Inps della funzione previdenziale svolta dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ‘Giovanni Amendola’ (Inpgi) in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, limitatamente alla gestione sostitutiva”. Per effetto della legge di Bilancio 2022, la gestione previdenziale dell’Inpgi, limitatamente alla gestione sostitutiva, viene trasferita all’Inps a partire dal prossimo 1° luglio.

Giornalisti iscritti all’Inpgi, dal 1° luglio 2022 la domanda di pensione si fa all’Inps

Il messaggio dell’Inps sulle pensioni dei giornalisti iscritti alla gestione Inpgi, riprende l’articolo 1, commi 103 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024″ in merito alla presentazione delle domande per via telematica. Per effetto di quanto previsto dalla legge di Bilancio 2022, risultano iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti risultanti negli appositi elenchi dell’Albo.

Chi deve presentare domanda di pensione all’Inpgi?

L’Inps chiarisce che dovranno presentare domanda di pensione a partire dal 1° luglio 2022 all’Inps i giornalisti che:

  • maturino i requisiti di pensione a partire dal 1° luglio 2022;
  • abbiano già maturato il diritto alla pensione con i requisiti Inpgi al 30 giugno 2022, rimandando l’uscita da lavoro e la decorrenza della pensione a data successiva.

Quali sono i requisiti per andare in pensione di vecchiaia e anticipata?

A partire dal prossimo luglio, dunque, l’Inps liquiderà i trattamenti previdenziali con i requisiti maturati nella gestione Inpgi, se inerenti a periodi precedenti a tale data; ma anche le pensioni con i requisiti previsti per la generalità dei lavoratori, ovvero l’età di 67 anni unitamente a 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia). Per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne.

Come si presenta la domanda di pensione dei giornalisti all’Inps?

La domanda di pensione dei giornalisti dovrà essere, dunque, presentata all’Inps tramite i consueti canali:

  • direttamente dal portale web dell’Inps, con accesso mediante Spid di livello 2; Carta nazionale dei servici (Cns); Carta di identità elettronica 3.0 (Cie). Il percorso da seguire sul portale dell’Istituto previdenziale è “Prestazioni e servizi”, “Servizi”, “Prestazioni pensionistiche – Domande”;
  • richiesta tramite i servizi dei patronati riconosciuti dalla legge;
  • tramite il Contact Center dell’Inps al numero verde 803 164.

Passaggio all’Inps della gestione Inpgi: cosa cambia per chi è già in pensione?

È prevista una circolare dell’Inps di prossima uscita nella quale si forniranno maggiori dettagli sulle modalità di accesso alla pensione mediante altri canali, come ad esempio la quota 102. La nota chiarirà anche le regole per procedere con il cumulo dei contributi. Chi invece già percepisce la pensione dalla gestione sostitutiva Inpgi non dovrebbe incorrere a disguidi. Il trattamento di pensione, da luglio, verrà liquidato direttamente dall’Inps.

Pensioni giornalisti all’Inps, bisogna cambiare Iban per il versamento?

Attenzione, infine, al codice Iban necessario per ricevere il versamento della pensione effettuato dall’Inps. Chi finora ha ricevuto la pensione dall’Inpgi e la riceverà dall’Inps dal 1° luglio, nella maggior parte dei casi non dovrà fare nulla. Ma in alcuni casi, il codice Iban utilizzato dall’Inpgi non va bene per le leggi antifrode dell’Inps. Si tratta di Iban il cui codice fiscale del beneficiario non coincide con quello di chi ha il conto corrente. In questo scenario, l’Inps utilizzerà un Iban alternativo già in possesso perché in passato sono state erogate altre prestazioni. Si contano circa mille di questi casi. In altri casi, è necessario comunicare un altro Iban. Si tratta di circa 800 pensionati che riceveranno la richiesta nei prossimi giorni.

 

Geometri, eliminata la pensione di anzianità

Cambia la pensione dei geometri con l’eliminazione dell’anzianità contributiva quale criterio per andare in quiescenza. Infatti, rimarranno solo due formule di pensionamento: quello della vecchiaia, maturabile a 67 anni di età, e quello anticipato che prevederà due salvaguardie con una modifica dei contributi. Ecco nel dettaglio quali sono i cambiamenti nella previdenza dei geometri.

Pensione di vecchiaia geometri, quali sono i requisiti richiesti e come si calcola il trattamento?

Per andare in pensione di vecchiaia ai geometri serviranno 67 anni di età unitamente ad almeno 35 anni di contributi versati. Il trattamento di pensione è calcolato in parte con il meccanismo retributivo, per i versamenti effettuati fino al 2009, e in perte con il metodo contributivo, per i periodi lavorativi a partire dal 2010. In merito alla ripresa, il 2020 ha segnato una contrazione consistente dei compensi e dei guadagni (- 3,8% mediamente). Il 2021, invece, è stato caratterizzato da una buona ripresa, complice la risalita del settore delle costruzioni.

Pensione anticipata dei geometri: si può uscire a 60 anni ma con delle penalità

Per la platea di oltre 78 mila geometri iscritti alla Cassa professionale, c’è anche la possibilità di uscita prima dal lavoro con la pensione anticipata. I geometri che avranno compiuto 60 anni di età, unitamente a 40 anni di contributi, potranno accedere alla quiescenza anticipata rispetto alla pensione di vecchiaia. Ma con alcuni paletti: il primo è che ci sarà un abbattimento dell’1% per ogni mese di anticipo rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia. La riduzione dell’1% è calcolata solo sulla quota retributiva.

Pensione anticipata geometri, l’assegno previdenziale deve essere 1,5 volte la pensione sociale Inps

Il secondo paletto per la pensione anticipata dei geometri a 60 anni è rappresentato dall’importo minimo del futuro trattamento previdenziale. Infatti, è richiesto che la pensione abbia un importo che non possa essere inferiore di 1,5 volte quello della pensione sociale dell’Inps. Si tratta, in entrambi i casi, di due “salvaguardie” che, da un lato permette a chi anticipa l’uscita dal lavoro di avere lo stesso importo che avrebbe con la pensione di vecchiaia a 67 anni, pagando l’1% di penalizzazione per ogni mese di anticipo. Dall’altro, il vincolo dell’importo di 1,5 volte l’assegno sociale impedisce ai futuri pensionati della Cassa previdenziale di avere trattamenti previdenziali sotto la soglia di povertà.

Riforma pensioni Cassa geometri, assegni meno generosi che nel passato

La riforma delle pensioni della Cassa geometri permetterà di contenere le uscite rispetto a meccanismi troppo generosi. Si calcola che mediamente la Cassa restituiva, sotto forma di trattamento pensionistico, 2,4 volte quanto si riceveva di contribuzione. Con i due paletti delle pensioni anticipate, la Cassa professionisti stima di poter ottenere un risparmio, in termini di trattamenti pensionistici, pari a un miliardo di euro.

Opzione donna, requisiti ed esempi: ecco di quanto si anticipa la pensione

Anche nel 2022 si potrà andare in pensione anticipata con l’opzione donna: le lavoratrici del sistema contributivo misto lasceranno il lavoro a 58 anni se dipendenti e a 59 anni se autonome. Per beneficiare della misura previdenziale sono necessari anche 35 anni di contributi. Ma come vanno calcolati e quali sono le date di scadenza della misura? Ecco una guida per comprendere meglio come funziona il trattamento di pensione anticipata e alcuni esempi.

Opzione donna 2022: come funziona la misura di pensione anticipata?

La proroga della pensione con opzione donna è arrivata anche quest’anno con la legge di Bilancio 2022. La misura consente alle lavoratrici dipendenti di andare in pensione anticipata a 58 anni di età e alle lavoratrici autonome di uscire a 59 anni. Entrambi i requisiti anagrafici, aggiornati di anno in anno, devono essere stati maturati entro il 31 dicembre 2021. Dati i 35 anni di versamenti contributi richiesti, l’opzione donna interessa le lavoratrici che rientrano nel sistema contributivo misto, ovvero che abbiano degli anni di versamenti già prima del 1996. In caso di mancata adesione all’opzione donna, dunque, la pensione verrebbe calcolata con il metodo misto, che comprende quote di versamenti in regime retributivo.

Opzione donna, quanto si risparmia rispetto alla pensione anticipata e alla pensione di vecchiaia?

La proroga dell’opzione donna ha ridotto sensibilmente le tempistiche per andare in pensione. Ciò rispetto ai requisiti richiesti dalla riforma Fornero (legge numero 214 del 2011) rispetto alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata. Infatti, rispetto alle due formule di pensionamento, si può calcolare che con l’opzione donna si risparmiano:

  • sei anni e dieci mesi rispetto alla pensione anticipata, prevista per le donne con 41 anni e dieci mesi di contributi (42 anni e dieci mesi per gli uomini);
  • nove anni (le lavoratrici dipendenti) oppure otto anni (le lavoratrici autonome) rispetto all’età prevista per la pensione di vecchiaia.

Opzione donna, quanto si perde di pensione rispetto a quella di vecchiaia?

L’aspetto che maggiormente frena le lavoratrici al ricorso alla pensione anticipata con opzione donna consiste nell’importo dell’assegno mensile. Infatti, quest’ultimo è calcolato in base ai requisiti versati durante la vita lavoratrice e, sicuramente, è più alto se calcolato con il metodo misto rispetto a quello contributivo. Nel sistema misto rientrano, peraltro, i contributi maturati nei periodi lavorativi antecedenti il 1996, rivalutati anno per anno fino a tutto il 1995. La scelta dell’opzione donna azzera questo vantaggio, calcolando i periodi lavorativi tutti con il metodo contributivo. Si calcola che, l’uscita con l’opzione donna, comporti una perdita dell’assegno mensile di pensione pari a circa il 30%.

Cosa considerare nella scelta di uscita con opzione donna ai fini della pensione?

Pertanto, nella scelta se uscire dal lavoro con l’opzione donna ai fini della pensione occorre considerare due aspetti contrapposti:

  • da un lato, lo svantaggio dell’accesso alla pensione con un importo mensile ridotto rispetto al metodo di calcolo misto, ancorché accentuato dal fatto che l’uscita anticipata comporta meno anni di lavoro e, dunque, di contributi versati. Inoltre, la minore età di uscita comporta un calcolo di pensione ancorato a un coefficiente di trasformazione più basso rispetto all’età necessaria per la pensione di vecchiaia o anche per la pensione anticipata;
  • dall’altro lato, la possibilità di poter anticipare di otto o nove anni l’uscita rispetto ai normali requisiti pensionistici fissati dalla legge di riforma Fornero. Anche in questo caso, però, bisogna considerare che la decorrenza della pensione sarà posticipata di dodici mesi per le lavoratrici dipendenti e di diciotto mesi per quelle autonome.

Pensione con opzione donna, come integrare i contributi con il riscatto della laurea?

Le lavoratrici che vogliano accedere alla pensione con opzione donna spesso si trovano nella situazione di non raggiungere i requisiti richiesti per pochi anni di contributi mancanti. In questa situazione si può beneficiare del riscatto della laurea che garantisce gli anni di versamenti occorrenti con il pagamento di un prezzo “light”. Ad esempio, una lavoratrice che ha raggiunto l’età necessaria per l’opzione donna di 58 o di 59 anni, ma ha 31 o 32 anni di contributi. In questo caso, il funzionamento del riscatto della laurea a costo ridotto segue determinate regole in quanto le lavoratrici dell’opzione donna rientrano nel meccanismo contributivo misto e il riscatto “light” è previsto per il solo metodo contributivo. Diventa necessaria, pertanto, una scelta.

Opzione donna, come recuperare anni di contributi con il riscatto della laurea?

Le lavoratrici che non hanno dunque tutti i 35 anni di contributi richiesti ai fini dell’opzione donna, potrebbero riscattare i periodi di studio universitario precedenti il 1996. Per beneficiare del metodo di di calcolo ridotto del riscatto della laurea, la domanda si può fare nello stesso momento della richiesta della pensione con opzione donna. In tal caso, le lavoratrici pagherebbero poco più di 5.200 euro per ogni anno di corso di laurea da riscattare. In tal caso, le donne interessate potrebbero seguire le regole della legge numero 26 del 2019.

Quali altri metodi andrebbero bene per il calcolo del riscatto della laurea nel caso dell’opzione donna?

In alternativa, il calcolo dell’onere del riscatto della laurea avverrebbe:

  • con il sistema della riserva matematica, basato sul numero dei contributi accreditato, sul sesso e sull’età al momento della richiesta del riscatto stesso. Di regola, il costo del riscatto è più alto con questo metodo;
  • riscatto a costo percentuale, mediante il quale i periodi sono valutabili con il sistema di calcolo contributivo. L’onere da pagare, per ogni anno di studi, è pari a una percentuale della media delle retribuzioni o dei redditi dei 12 mesi precedenti la domanda. La percentuale varia a seconda della gestione previdenziale alla quale la lavoratrice risulti iscritta. Ad esempio, per i lavoratori dipendenti è del 33%;
  • riscatto agevolato della laurea, mediante il pagamento di un onere del 33% della media delle retribuzioni o dei redditi dei dodici mesi precedenti la domanda. Tale riscatto va bene qualunque sia la gestione previdenziale di iscrizione.

Se si sceglie il metodo di calcolo contributivo, si può avere un ripensamento?

La scelta del metodo di calcolo contributivo, ad esempio per pagare un onere del riscatto della laurea più basso come previsto dal calcolo a percentuale o di quello agevolato del 2019, non ammette ripensamenti. Infatti, l’onere più basso spetta a chi sceglie di conteggiare gli anni di studio (precedenti al 1996) aderendo al sistema contributivo. E, dunque, rinunciando al sistema misto che comprende le quote del metodo retributivo, più vantaggiose ai fini dell’assegno di pensione. Secondo quanto chiarito dall’Inps con il messaggio numero 4560 del 21 dicembre scorso, le lavoratrici che scelgano l’opzione contributiva durante il rapporto di lavoro non hanno la possibilità di revocare tale scelta.

Opzione donna, si possono aggiungere i contributi maturati dopo il 2021?

I requisiti di età e di contributi devono essere raggiunti entro il 31 dicembre 2021 per le uscite del 2022. In tal senso, se il requisito anagrafico è stato raggiunto nel 2021 ma non quello contributivo, che maturerà ad esempio, nel corso del 2022, non è possibile procedere con la richiesta di pensione con opzione donna. Pertanto, oltre la data del 31 dicembre 2021 non è possibile l’accredito dei contributi successivi. Tuttavia, le lavoratrici interessate, in questa situazione, potrebbero far valere i nuovi contributi maturati nel 2022 per l’uscita nel 2023. Ciò nel caso in cui il governo dovesse confermare l’opzione donna anche per il prossimo anno.

Pensioni, il riscatto laurea include anche i crediti formativi extra universitari

Emergono novità dalla circolare dell’Inps che ha fornito ulteriori sul riscatto della laurea ai fini della pensione. I chiarimenti dell’Istituto previdenziale, infatti, allargano il campo del riscatto degli anni di studio anche ai crediti formativi ottenuti con corsi extra universitari. Pertanto, rientrano nei periodi riscattabili sia gli anni di corso degli studi universitari che i crediti maturati in percorsi extra universitari. La condizione essenziale è che la somma dei due periodi non deve superare la durata legale del corso di laurea.

Crediti universitari ricattabili con la laurea ai fini delle pensioni

Ai fini delle pensioni, sono dunque riscattabili i crediti formativi extra universitari ritenuti utili dalle università ai fini della carriera. È quanto ha chiarito l’Inps con il messaggio numero 1512 del 2022. Di norma, al conseguimento del diploma di scuola media superiore si accede all’università. Tuttavia, vi sono dei casi in cui l’accesso è consentito dalle università mediante riconoscimento di conoscenze e di certificate abilità professionali. Tali percorsi possono essere maturati anche al termine del diploma di scuola media. In tutte queste situazioni, lo studente può accedere all’università partendo da un anno di corso superiore al primo.

Come riscattare i periodi di corsi extra universitari per andare prima in pensione?

Questi periodi di frequentazione di corsi extra universitari, utili alla frequenza del corso di laurea universitario, possono essere riscattati ai fini contributivi. Le condizioni essenziali sono due: al pari degli anni di corso universitario, anche i periodi di corsi extra universitari non devono essere già coperti da contribuzione lavorativa o extra lavorativa. In secondo luogo, la somma dei due periodi (gli anni di corso universitari e la formazione valutata come credito formativo, anche se extra universitaria) non deve eccedere la durata legale del corso di laurea stesso.

Come fare per riscattare il riscatto della formazione extra universitaria?

Nel messaggio, l’Inps ha anche chiarito come procedere per il riscatto dei periodi di formazione extra universitaria. La possibilità di riscattare questi periodi vale sia per le nuove domande che arriveranno all’Istituto previdenziale che alle domande che risultano in giacenza. Le domande che sono state respinte possono essere riesaminate ma solo su domanda degli interessati. Inoltre, il riscatto della laurea, anche per i periodi di formazione extra universitaria, può avvenire con le regole del costo agevolato stabilito dal decreto numero 4 del 2019. In base al provvedimento, per ciascun anno oggetto di riscatto, il contribuente paga una cifra di poco superiore ai 5 mila euro.

Riscatto laurea, quando si può anticipare la pensione?

Il riscatto della laurea permette di anticipare la pensione trasformando gli anni di studio all’università in periodi di contributi. L’obiettivo è sia quello di anticipare l’età prevista per la pensione mediante l’aumento degli anni coperti da contributi, che incrementare l’importo del futuro trattamento pensionistico. L’Inps, recentemente, ha fornito ulteriori chiarimenti, soprattutto in merito alla possibilità di sostenere un costo più leggero per il riscatto della laurea, come previsto dal decreto legge numero 4 del 2019.

Riscatto laurea, cosa comprende per agevolare l’uscita per la pensione?

Con il riscatto della laurea, il contribuenti agevola l’uscita dal mondo del lavoro per andare in pensione. Il contribuente può riscattare i seguenti titoli di studio:

  • il diploma universitario per una durata dai due ai tre anni;
  • la laurea di tre anni, di quattro anni o a ciclo unico;
  • il diploma di specializzazione post-laurea;
  • il dottorato di ricerca nel caso in cui siano stati versati i contributi alla Gestione separata dell’Inps.

Si può procedere anche non riscattando tutti gli anni di corso di laurea (riscatto parziale). In tal caso il riscatto avverrà su un numero inferiore degli anni di laurea. Non è possibile, invece, riscattare gli anni eccedenti il corso di laurea (fuori corso).

Quanti anni di laurea si possono riscattare per la pensione?

Sul primo chiarimento dell’Inps, la questione è la durata del corso di laurea prevista per legge. Ad esempio, se il periodo degli studi universitari è inferiore a quello legale per effetto del riconoscimento dell’università dello svolgimento di attività lavorative o professionali del contribuente, si possono riscattare tutti gli anni di corso previsti? Il quesito ha risposta positiva. Sul punto è intervenuta l’Inps con il messaggio numero 1512 del 5 aprile 2022. L’Istituto previdenziale ha chiarito che le Università possono riconoscere, come crediti formativi universitari (Cfu), secondo criteri predeterminati, le conoscenze e le abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post secondario.

Riconoscimento di corsi professionalizzanti, attività professionali e formazione per il riscatto della laurea

Il riconoscimento di queste esperienze professionali o formative propedeutiche all’iscrizione al corso di laurea (ad esempio, i corsi professionalizzanti, le attività professionali o le formative in ogni modo attinenti al corso di studi) abbrevia di fatto il numero degli anni di corso, riducendo pertanto la durata degli anni effettivi di iscrizione all’università di riferimento. Si può, in questi casi, accedere al riscatto della laurea a condizione che si consegua il titolo di laurea. Portando anche nel calcolo degli anni di riscatto le attività professionali e formative nel caso in cui il periodo di studi universitari sia inferiore a quello della durata legale del corso. Altra condizione essenziale è che tali periodi non siano coperti da altri contributi.

Come procedere per il riscatto degli anni di corso di studio per le attività e i corsi professionali?

In tutti questi casi, è necessario, in ogni modo, dotarsi di apposita documentazione rilasciata dall’università nella quale si sono svolti gli anni di studio. La documentazione dovrà attestare il percorso universitario del contribuente con il riconoscimento dei periodi di formazione utili all’iscrizione degli anni successivi al primo del corso universitario prescelto. Tale metodologia si applica alle domande ancora giacenti al giorno di pubblicazione del messaggio dell’Inps e alle istanze che verranno presentate successivamente.

Riscatto laurea, come procedere per gli anni di studio precedenti al 1996?

Il riscatto agevolato della laurea ai fini dell’uscita per la pensione prevede, grazie a quanto previsto dal decreto 4 del 2019, di pagare poco più di 5 mila euro per ogni anno di studio da riscattare. Si tratta del riscatto light della laurea che opera a condizione che gli anni di studio rientrino pienamente nel periodo di riferimento del metodo contributivo delle pensione. Ovvero che gli anni di studio siano collocati posteriormente al 1° gennaio 1996. Tuttavia, i periodi di studio precedenti tale data non sono del tutto esclusi. Infatti, sul punto era intervenuta l’Inps con la nota numero 6 del 22 gennaio 2020.

Come riscattare i periodi di laurea precedenti il 1° gennaio 1996 con il pagamento agevolato?

I divieti del pagamento agevolato del riscatto della laurea per periodi non rientranti nel meccanismo contributivo (e dunque per periodi di studi entro il 31 dicembre 1995), si possono bypassare esercitando la scelta di aderire pienamente al sistema contributivo. Ciò significa che i lavoratori che abbiano versato meno di 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995 (rientranti nel sistema misto) possano scegliere il pagamento del riscatto della laurea light per periodi pre-1996, optando per il metodo di calcolo della pensione interamente contributivo. Ciò comporta un trattamento previdenziale mensile meno generoso rispetto al metodo misto, nel quale rientra anche una quota del meccanismo retributivo.

Quali requisiti si devono avere per aderire al metodo contributivo e pagare il riscatto light della laurea?

Per fare in modo di rientrare nel metodo contributivo e pagare il riscatto della laurea agevolato ai fini della futura pensione, è necessario che il richiedente abbia almeno un mese di contributi a una delle gestioni dell’Inps. Il riscatto light, infatti, non è praticabile a chi versa a una Cassa professionale. Inoltre, la gestione Inps alla quale richiedere il riscatto dovrà risultare esistente al momento in cui si è frequentato il corso di laurea. Infine, come regola generale, il riscatto non può coprire anni già rientranti in periodi di contribuzione da lavoro. In alternativa, il riscatto della laurea dei periodi pre-1996 può avvenire mediante il calcolo ordinario di quanto dovuto.

Riscatto laurea, quando si può fare con l’iscrizione alla Gestione separata Inps?

Per i contribuenti che hanno svolto interamente gli anni di studio prima del 1996, e iscritti anche per un breve periodo alla Gestione separata Inps dopo il 1996, può essere conveniente il riscatto agevolato della laurea. Si potrebbe accorciare di qualche anno la maturazione della pensione di vecchiaia o anche quella anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, a prescindere dall’età), sopportando un costo di poco più di 5 mila euro all’anno, interamente deducibile. Ma vige l’obbligo di aderire al metodo contributivo del calcolo della pensione.

Vantaggi nell’adesione al metodo contributivo per la pensione anticipata

Peraltro, la scelta del metodo contributivo del calcolo della pensione (anziché di quello misto) consenti di aprire porte per la pensione anticipata. I lavoratori del contributivo, infatti, possono accedere alla pensione anticipata contributiva all’età di 64 anni e in presenza di almeno 20 anni di versamenti. La condizione essenziale è che la futura pensione sia di almeno 2,8 volte superiore all’importo dell’assegno sociale.