Imprese al Sud più numerose di quelle del Nord

Anche se la crisi si è fatta sentire pesantemente in tutto lo Stivale, una buona notizia, che riguarda le imprese e il loro bilancio relativo al 2013, forse c’è.

A fronte delle 1.053 imprese sorte ogni giorno in Italia durante l’anno scorso, contro le 1.018 costrette, invece, a chiudere i battenti, è stato rilevato che la maggior parte di esse sono nate nelle regioni meridionali.

Unioncamere, a questo proposito, ha reso noto che nel 2013 il numero delle imprese nate ha superato il novero di quelle cessate, 384.483 contro 371.802, producendo un saldo positivo dello 0,2%, che comunque rimane il più basso dall’inizio della crisi.

Ciò che rimane evidente è la presenza sempre più massiccia di imprese al Sud, con buona pace del produttivo Nord-Est, da sempre locomotiva dell’economia e dell’industria italiane, ma ora in affanno.

Nel Mezzogiorno sono andate particolarmente bene le imprese che operano nel commercio, nell’alloggio e nella ristorazione, ma anche nei servizi per le imprese.
Male invece l’agricoltura , che ha visto ben 30mila imprese del settore chiudere definitivamente.

Guardando la situazione nel dettaglio, si capisce che la situazione non è certo rosea, poiché risale al 2010 un tasso di crescita delle imprese superiore all’1%, nonostante le tipologie di appartenenza presentino dati a volte completamente diversi.

Complessivamente la bilancia tra crescita e decrescita è equilibrata: esattamente il 50% delle regioni italiane ha un tasso di crescita positivo, mentre le restanti 10 ravvisano un trend negativo.
Quello che stupisce maggiormente però non sono tanto le percentuali, quanto i cambiamenti in atto nelle singole aree geografiche, e il caso del nord est è certamente il più eclatante.

In questo caso, i numeri sono eclatanti: nel territorio da sempre considerato il più fecondo, almeno nei confini nazionali, nel 2013 sono state chiuse 77.835 aziende, contro 70.000 nuove attività aperte, registrando il maggior tasso di decrescita del paese, -0,54%, in particolare in Veneto e Friuli Venezia Giulia, anche rispetto al 2012, dove ci si era attestati intorno allo -0,41%.

Passando alle singole regioni, la metà “in crescita” del paese non sembra più rispecchiare dunque la tradizionale dicotomia nord-sud. Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e il fanalino di coda la Valle d’Aosta, sono cresciute di meno rispetto a Sardegna, Abruzzo, Marche e Basilicata.
La Campania è al secondo posto, con un tasso di crescita che si avvicina all’1%, superando la Lombardia e persino il Trentino alto Adige, all’ottavo posto in classifica.

Le note positive che arrivano dal sud si odono inoltre ancora di più osservando la situazione dal punto di vista delle società di capitale.
Qui le prime otto posizioni sono occupate da regioni meridionali, prime fra tutte la Basilicata, il Molise e la Calabria; per incontrare la prima regione del nord bisogna scendere al dodicesimo posto con il Trentino Alto Adige, con un di tasso di crescita annuo equivalente alle metà di quello della Basilicata.

Secondo dati forniti dal rapporto della Banca d’Italia, a livello regionale il sistema degli interventi per l’innovazione si caratterizza per una estrema frammentazione delle iniziative.
Secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico, nei vari governi che si sono alternati dal 2006 al 2011, oltre l’85 per cento delle misure economiche nel settore dell’innovazione si è concentrato al Centro-Nord, provocando un maggior ricorso ai Fondi strutturali europei da parte delle regioni meridionali.

Ciò che colpisce maggiormente è ancora una volta la coda della classifica. Sette su dieci delle ultime posizioni sono occupate da province del Nord Italia, e tra queste alcune di quelle storicamente più produttive, come Belluno, che ha visto nell’ultimo cinquantennio nascere l’industria dell’occhiale. Oppure come la roccaforte dell’industria romagnola di Forlì-Cesena é precipitata alla penultimo posto.

Vera MORETTI

Calano le imprese a Torino e provincia

Anche al nord le imprese sono in crisi tanto da essere costrette a chiudere.
Un esempio è la città di Torino, dove attualmente sono più numerose di quelle che aprono.

Questo trend negativo è iniziato nel 2012 e, alla fine dell’anno scorso, ha fatto registrare un -0,11%, contro il +0,21% rilevato a livello nazionale.
Ma se le cessazioni registrate nel 2013 (15.868) sono sostanzialmente in linea con quelle dell’anno precedente (con un leggero miglioramento), sono le nuove iscrizioni che si riducono e scendono a 15.616.

Così ha commentato Alessandro Barberis, presidente della Camera di Commercio di Torino: “Pare quasi che di fronte alla crisi ci sia meno voglia di fare impresa“.

Per ovviare a questo problema, l’ente camerale ha deciso di sostenere gli aspiranti imprenditori con una serie di servizi gratuiti.
Intesa Sanpaolo, inoltre, ha deciso di sospendere il pagamento della quota capitale dei mutui per un anno, per dare l’opportunità di destinare risorse anche alle nuove attività.

Nonostante ciò, però, gli aspiranti imprenditori sono sempre più rari, e nei giovani ancora di più, tanto da essere calati del 10%.
Il 60% dei nuovi imprenditori sono lavoratori rimasti senza impiego, che hanno come maggiore motivazione un’alternativa alla mancanza di lavoro.

Ma la situazione non è uguale per tutti i settori, e infatti il turismo ha registrato un incremento delle imprese dello 0,7%, anche se gli alberghi hanno subito un calo, compensato da un aumento di rifugi e villaggi turistici.
Mentre il crollo delle imprese di catering viene compensato dalla crescita dei ristoranti e delle attività di ristorazione mobile e di take away.

Per quanto riguarda il commercio, le aziende all’ingrosso sono calate del 2,6%, quelle del commercio ambulante del 2,4% e quelle al dettaglio dell’1,8%.
Al contrario, sono aumentati i negozi di frutta e verdura, come anche le rivendite di pane e di bevande.

Anno positivo anche per chi opera nel settore della telefonia e dei servizi in internet, e anche per i negozi che commerciano in articoli di seconda mano.

Male sono andate le imprese industriali, -2,5%, e delle costruzioni, -2,4%, con un aumento, invece, delle attività legate ai servizi destinati alle imprese, come le attività immobiliari, i servizi di noleggio, le agenzie di viaggio, i servizi di pulizia, le copisterie, le imprese di volantinaggio e affissione, i call center.
In calo le attività professionali, scientifiche e tecniche, i servizi di trasporto e magazzinaggio. Anche in questo caso sembra prevalere l’attenzione per attività meno costose.

Nel settore della sanità, istruzione e dei servizi pubblici e personali si registra un incremento delle imprese che si occupano di corsi di formazione, di recupero e abilitazione.
Crescono i servizi di assistenza sanitaria e le strutture di assistenza sociale per le categorie deboli.
Male le vendite di auto e di moto, a conferma della crisi nera del comparto, mentre aumenta il lavoro per i riparatori di biciclette.

Vera MORETTI

La crisi fa colare a picco le imprese giovanili

Le imprese giovanili non se la passano bene, poichè la crisi economica le ha messe in ginocchio, nonostante l’entusiasmo che le anima.

I dati, infatti, parlano chiaro, e riguardano anche le regioni più dinamiche.
In Emilia Romagna, ad esempio, a fine 2013 le pmi giovanili erano 36.682, -4,8% rispetto all’anno precedente. All’appello, mancano dunque ben 1.857 imprese.

Le imprese non guidate da giovani se la passano meglio, anche se non bene, poiché sono diminuite dell’1%.

Considerando i dati a livello nazionale, a fine 2013 è emerso che le imprese giovanili hanno subito una contrazione meno ampia (-4,2) e sono risultate 578.947, l’11,2% del totale, come è stato confermato anche dai numeri emanati dal Registro delle imprese delle Camere di commercio di fonte InfoCamere, elaborati dal centro studi e ricerche di Unioncamere Emilia-Romagna.

Le imprese giovanili sono calate in tutta Italia, ma le flessioni più sostanziali sono state rilevate in Sardegna (-6%), Piemonte (-5,5) e Marche (-5,4).
È andata meglio in Trentino-Alto Adige (-0,7), nel Lazio (-1,4) e in Valle d’Aosta (-1,5).

La gran parte delle imprese giovanili è costituita da ditte individuali, tra le quali molte sono marginali, strette tra congiuntura negativa e indisponibilità del credito.
La riduzione delle imprese giovanili è principalmente da attribuire alla loro pesante flessione (-1.565 unità, -5,1%). La contrazione è stata però molto più intensa per le società di persone (-10,6%, pari a 410 unità). Sono diminuiti, anche se leggermente (-3,4%), anche cooperative e consorzi, mentre sono aumentate le società di capitale (136 unità, +3,7).

La contrazione del numero delle imprese giovanili è stata determinata soprattutto dal crollo delle costruzioni (-1.194 unità, -10,4%), dalle difficoltà delle attività manifatturiere (-7,9%, -243 unità) e dalla caduta delle imprese agricole (-170 unità, -7%).
L’ampiezza relativa della riduzione è stata molto evidente per le attività immobiliari (-11%). In controtendenza, crescono le imprese finanziarie e assicurative (+151 unità).

Vera MORETTI

A scuola da Alenia Aermacchi

Cento studenti di istituti tecnici superiori delle regioni Puglia, Campania, Lombardia e Piemonte potranno partecipare al progetto A Scuola d’Azienda, promosso ed ideato da Alenia Aermacchi.

I partecipanti , ad anno scolastico concluso, potranno frequentare un tirocinio di formazione negli stabilimenti Alenia Aermacchi.
Ogni sito produttivo ospiterà 15 ragazzi delle terze e quarte classi, che potranno attingere beneficiare del supporto dei tutor che li affiancheranno e che percepiranno anche un compenso a titolo di rimborso spese pari a 300 euro nette.

La selezione avverrà direttamente dalle scuole di base, seguendo due criteri:

  • dimostrata attitudine a lavorare in aree di produzione
  • risultati ottenuti nell’ultimo anno scolastico.

Dal comunicato di Alenia Aermacchi: “L’alternanza scuola-lavoro contribuisce all’integrazione tra i sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro, facendo leva su di una sempre più stretta collaborazione tra i diversi ambiti. Questa iniziativa è un primo, efficace esempio di attività rivolta a trasformare un determinato territorio in un vero e proprio Learning District, in cui le persone che fanno parte dei più diversi soggetti coinvolti possano, attraverso interventi strutturati e non più episodici, sviluppare le proprie competenze professionali e le performance produttive in modo integrato. Il progetto rappresenta un’opportunità di crescita e di primo contatto con il mondo del lavoro, mentre per l’azienda si tratta di investire in modo concreto sulle future generazioni e sul capitale umano“.

Alenia Aermacchi non è nuova ad iniziative nei confronti del mondo della scuola.
Un mese fa, infatti, a Bari è stata presentata la sesta edizione del progetto Natural..mente scuola: innovazione e sviluppo sostenibile, il cui obiettivo è “educare i giovani alla tutela dell’ambiente e all’importanza dello sviluppo sostenibile”.

Vera MORETTI

Annunci a norma: nel Nord le regioni più virtuose

Quando si cerca casa, sia in vendita sia in affitto, è importante che anche gli annunci siano corretti e a norma.
Forse, però, si tratta di un aspetto che non tutti conoscono, né se si è proprietario né se si sta cercando una nuova sistemazione.

A questo proposito, il Centro Studi di Casa.it ha monitorato gli annunci sugli appartamenti in vendita in tutta Italia e ha stilato la classifica delle cinque regioni più virtuose in quanto ad annunci a norma.

Ebbene, le “prime della classe” sono tutte appartenenti al Nord Italia, con il Trentino Alto Adige in testa, 88% degli annunci a norma, seguito da Veneto (80%), Friuli-Venezia Giulia (79%), Lombardia (78%) e Piemonte (74%).
In fondo alla classifica ci sono, invece, Basilicata (34 %), Calabria (32%) e Molise (30%).

Nella totalità, il 75% degli annunci di vendita riporta le indicazioni relative ai consumi energetici, percentuale che scende al 60% per gli appartamenti in affito.
Si tratta, però, di dati in crescita rispetto a gennaio 2013, quando le percentuali erano ferme rispettivamente a 58,3 e 41,7%.

Vera MORETTI

Il vino italiano re dell’export

Se, da una parte, rimangono i Paesi dell’Unione Europea quelli maggiormente interessati ai prodotti agroalimentari italiani, va detto che l’attenzione dei Paesi extra Ue nei confronti della nostra gastronomia sta crescendo sensibilmente.

Tra i prodotti che maggiormente hanno visto ingrandire il volume delle loro esportazioni c’è soprattutto il vino, che piace a russi, cinesi, americani ed australiani.
Verso queste popolazioni, infatti, le vendite sono aumentate regolarmente negli ultimi dieci anni, e i margini di miglioramento sono ancora molto elevati.

Nonostante la concorrenza diretta con la Francia, ma anche con Cile, Australia e Sudafrica, l’export di vini italiani ha saputo reggere il passo, e, anzi, registrare percentuali positive a doppia cifra, soprattutto in Francia (13,9%) e Regno Unito (12,4%), mentre Paesi dell’Est come la Polonia fanno rilevare un interesse crescente per i vini di qualità Made in Italy (+9,5% nei primi 9 mesi dello scorso anno).

I migliori risultati appartengono ai distretti delle Langhe, Roero e Monferrato in Piemonte, del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene in Veneto e del Chianti in Toscana.

Paolo Scavino, azienda vitivinicola della regione del Barolo, ha assicurato con Sace 72.000 euro di forniture di vino commissionate da un’impresa di Hong Kong; Luciano Sandrone, azienda agricola specializzata nella produzione di Nebbiolo del Barolo e Roero, ha assicurato con Sace 18.000 euro di forniture di vino rosso (un totale di 780 bottiglie) commissionate da un’impresa cinese; Marenco, azienda di Strevi (Alessandria) specializzata nella produzione e commercializzazione di vini pregiati, ha assicurato 6.300 euro di forniture di vino a Taiwan.

Anche le produzioni della Toscana riscontrano un grande successo, dall’America Latina all’Asia.
Barone di Ricasoli ha ottenuto con la garanzia di Sace un finanziamento da 2,5 milioni di euro per i propri piani di crescita all’estero; Le Crete, azienda vinicola senese ha assicurato oltre 80.000 di euro alcune forniture di vino rosso in Messico; Franceschi Leopoldo, azienda vinicola di Montalcino ha assicurato oltre 25.000 di euro vendite di vino commissionate da due società cinesi.

Ma anche il Veneto non sta a guardare: Bisol, azienda trevigiana attiva nella produzione e commercializzazione di prosecco, ha ottenuto con la garanzia di Sace un finanziamento di 1 milione di euro per i piani di crescita in Italia e all’estero.
Zonin, nota casa vinicola di Vicenza attiva nella produzione di vini e spumanti, ha ottenuto con la garanzia di Sace due linee di credito del valore complessivo di 1 milione di euro per i propri piani di crescita negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

I vini della Puglia stanno muovendo i loro primi passi a livello internazionale: Sace ha garantito un finanziamento da 500.000 euro a favore di Cantine due Palme per l’acquisto di uve destinate alla produzione di vino pregiato per i mercati esteri e per sostenere i costi di partecipazione alla fiera Vinitaly.

Vera MORETTI

La green economy contro la crisi

Di dubbi, Ermete Realacci di Fondazione Symbola e Ferruccio Dardanello di Unioncamere, ne hanno ben pochi: la green economy e le sue molteplici potenzialità, ci salveranno dalla crisi.

I due hanno dichiarato in coro: “La green economy, è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia. Dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative“.

A testimoniarlo, i dati di GreenItaly 2013, il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola che racconta le eccellenze della green economy nazionale e che è stato presentato a Milano presso la sede di Expo 2015.
Dal 2008, infatti, hanno investito, o lo faranno entro la fine dell’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale ben 328mila aziende italiane appartenenti ai settori dell‘industria e dei servizi, che corrispondono al 22% del totale.

E proprio da queste imprese quest’anno arriverà il 38% delle assunzioni totali, segnale che l’economia green non solo traina il mercato italiano, ma crea anche buone opportunità di lavoro. Se si considerano, poi, le assunzioni destinate a ricerca e sviluppo, la percentuale si alza fino al 61,2%.

Ha dichiarato Ferruccio Dardanello: “GreenItaly ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader. L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti“.

Altri interessanti numeri arrivano dal rapporto, giunto ormai alla sua quarta edizione: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno.
Il 30,4% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici.
Il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.

Cosa significa ciò? Semplicemente che la green economy aiuta ad aver maggior successo anche all’estero, oltre che ad aumentare produttività e reddito.

Anche i dati relativi all’occupazione giovanile sono incoraggianti, poiché il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente, verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti.

Sostengono Unioncamere e Symbola: “Non stiamo parlando, evidentemente, di un settore dell’economia, ma di un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo made in Italy“.

I settori che maggiormente si sono dimostrati sensibili ed attenti all’economia green, sono
il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).

Il Nord del Paese si sta dimostrando più partecipativo in questo senso, con 170mila imprese sul totale delle 327mila, ossia il 52% del totale.
Di queste, 94mila sono al Nord Ovest (28,7%) e circa 75.600 nel Nord-Est (23,1%).
Aziende verdi si trovano anche al Sud, con 93.500 imprese (28,5%), mentre nel Centro si fermano a 64.800 (19,8%).

Per quanto riguarda la distribuzione a livello regionale, spicca la Lombardia, dove le aziende green sono più di 60mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese.
Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito davanti all’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28mila imprese (8,6%).
Seguono Piemonte, Campania, Toscana e Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green.

Ha dichiarato Ermete Realacci: “Non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ’a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Lo deve fare scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy“.

Vera MORETTI

Startup: metà di loro ce la fa

Attivare una startup spesso può sembrare più facile che, una volta passata la fase iniziale, farla durare nel tempo.
Per capire quanti riescono a farcela davvero, e non sono costretti a chiudere i battenti dopo pochi mesi, sono state monitorate le neo imprese che hanno partecipato, tra il 2005 e il 2012, al Premio nazionale per l’innovazione promosso dall’associazione Pni cube.

Ciò che è emerso è che almeno la metà degli imprenditori che avviano la propria startup in Italia riescono a fare di essa il proprio lavoro e a renderlo stabile col passare degli anni.
Il fatturato medio di queste realtà imprenditoriali si aggira attorno ai 180mila euro annui.

Più nel dettaglio, tornando ai finalisti del Pni, dei 416 progetti ben 215, corrispondenti al 51,7%, sono diventati startup attive e in media nel 2012 hanno registrato un fatturato di 177,7 mila euro.

Per quanto riguarda la situazione dal punto di vista del territorio, la regione maggiormente attiva è la Toscana, che vanta 24 imprese attive su 26 progetti presentati (92,3%).
A seguire il Piemonte con 20 imprese attive su 24 progetti presentati (83,3%), quindi l’Emilia Romagna, con 23 imprese start-up attive, la Lombardia, con 20 imprese costituite (52,6%); la Campania e la Sicilia, con 40 progetti trasformati in 21 imprese attive (52,5%) e infine il Lazio con 20 imprese attive su 52 progetti (38,5%).

Relativamente ai settori di interesse, la maggior parte dei progetti (120) ha riguardato le life sciences e di questi 48 si sono trasformati in imprese attive (40%).
Secondo posto va al settore ICT con 90 progetti presentati e 53 imprese attive (58,9%), seguito dal settore di energia e ambiente con 81 progetti e 43 imprese attive, quindi il biomedicale con 28 imprese attive su 37 progetti (75,7%).

Vera MORETTI

Da Finpiemonte, bando per le pmi piemontesi

Finpiemonte, il braccio operativo della Regione Piemonte, ha ricevuto da BEI, Banca Europea degli Investimenti, il compito di gestire un bando per erogare fondi alle piccole e medie imprese piemontesi.

Obiettivo di questo progetto è realizzare progetti di investimento e sviluppo, sostenendo anche il fabbisogno di capitale circolante e premiando i progetti che prevedano la patrimonializzazione dell’impresa, l’incremento/mantenimento dell’occupazione, l’efficienza energetica.
I finanziamenti non saranno inferiori a 150mila euro e le misure dovranno essere realizzati entro 24 mesi.

Sono previste due linee di intervento, con spese ammissibili coperte al 100%.

  • Linea A:  investimenti produttivi; investimenti immobiliari; capitale circolante per espansione commerciale.

Spese ammissibili: Macchinari, impianti, linee di produzione, attrezzature; Hardware, software e programmi informatici specifici; Acquisto o costruzione di immobili; Opere murarie e assimilate (escluse le bonifiche); Capitale circolante connesso all’espansione commerciale; Costi di revamping, se inseriti a cespiti

  • Linea B: necessariamente: acquisizione e trasferimento di azienda o ramo di azienda; eventualmente: tutte le iniziative previste dalla linea A

Spese ammissibili: Costo di acquisizione o trasferimento di azienda o ramo d’azienda; Costo di affitto di azienda o ramo d’azienda (canoni di locazione), esclusivamente se in conto acquisto e se finalizzati alla successiva acquisizione; Eventuali costi relativi alla linea A

Le domande vanno presentate entro il prossimo 8 novembre tramite compilazione del modelli telematico che si trova sul sito di Finpiemonte. Il bando è reperibile nella sezione attività/finanza agevolata “Supporto a progetti di investimento e sviluppo delle PMI piemontesi”.

Vera MORETTI

Evasione fiscale nel cuneese

A seguito di alcuni controlli effettuati dai Finanzieri del Comando Provinciale di Cuneo in collaborazione con i funzionari dell’Agenzia delle Entrate del capoluogo, sono emerse alcune incongruenze fiscali che riguardano casi di evasione fiscale.

In particolare, tre verifiche hanno portato alla scoperta di altrettante società, due con sede a Cuneo e una nel Roero, che hanno omesso di dichiarare i propri redditi, con conseguente mancato pagamento dell’Iva spettante.

Le due imprese cuneesi, che fanno capo allo stesso amministratore, ed attive nel settore dei lavori meccanici e della cantieristica navale, hanno alterato la propria contabilità per ottenere una riduzione del debito di imposta.
Per le due società è stata riscontrata un’evasione all’IVA per 318.000 euro: nella contabilità sono state infatti rinvenute fatture di vendita non registrate e “auto-fatture” relative a prestazioni mai effettuate, emesse senza alcuna giustificazione contabile ed economica, se non che quella di abbattere l’importo dell’imposta da versare.

Situazione analoga per quanto riguarda i conti della ditta di Roero, che si occupa di lavori edili e coibentazione. Anche in questo caso la contabilità è stata alterata per difetto per pagare meno tasse.

Alla corretta determinazione dei redditi delle società, è emerso che il reddito soggetto a tassazione per le due cuneesi è di circa 1.640.000 euro, mentre quella del Roero è di “soli” 200.000 euro.

Alla luce dell’entità dell’evasione i titolari delle società sono stati denunciati alla locale Procura della Repubblica dagli Ispettori della Sezione Operativa per i reati di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi” e di “dichiarazione dei redditi infedele”.

A seguito delle indagini, sono stati messi sotto sequestro due immobili, uno a Cuneo ed uno in provincia di Savona, ma anche un motociclo e un Suv Mercedes, per un valore complessivo di € 769.000, equivalente all’imposta dovuta dalle due società.

Vera MORETTI