Gli incentivi per l’apicoltura in uno dei settori dell’agricoltura più fragili

Le api sono le sentinelle ambientali, la loro presenza infatti è indice di una buona qualità dell’aria. La loro vita è però messa a rischio da un uso eccessivo di pesticidi e dall’inquinamento. Il rischio è di perdere la biodiversità garantita dalla loro capacità di impollinazione. Inoltre offrono un prodotto, il miele, ma non solo, di eccellenza per gusto e proprietà nutraceutiche, proprio per tali caratteristiche l’apicoltura viene particolarmente incentivata. L’Unione Europea, insieme ad altre istituzioni, come gli enti locali e lo Stato, mettono a disposizione incentivi per l’apicoltura. Ecco il quadro completo.

Gli incentivi per l’apicoltura dal MIPAAF

Gli incentivi per l’apicoltura sono contenuti nel bando MIPAAF 2022 (Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali). Gli obiettivi sono:

  • migliorare la qualità dei mieli e valorizzare sul mercato i prodotti che derivano dall’apicoltura (ricordiamo che il miele non è l’unico prodotto, ci sono anche la cera d’api e la pappa reale che hanno importanti proprietà);
  • difesa delle api dall’inquinamento ambientale che negli anni ha drasticamente ridotto il numero di alveari presenti in Italia;
  • monitoraggio della produzione e del mercato;
  • attività di ricerca volta a migliorare l’apicoltura e superare le criticità.

Possono accedere alle risorse enti pubblici, organizzazioni e privati che abbiano una comprovata esperienza in questo importante settore dell’agricoltura.

Aiuti all’apicoltura di Agea

Ulteriori incentivi all’apicoltura sono previsti da Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura). In questo caso sono previsti finanziamenti per:

  • assistenza tecnica e formazione professionale degli apicoltori;
  • lotta alla varroasi, si tratta di un acaro che danneggia le covate delle api e di conseguenza ne riduce drasticamente il numero vista la facilità con cui si propaga;
  • razionalizzazione della transumanza;
  • provvedimenti a sostegno dei laboratori di analisi;
  • misure di sostegno per il ripopolamento del patrimonio apicolo comunitario;
  • collaborazione con gli organismi specializzati per la realizzazione di programmi di ricerca.

La domanda per ottenere gli aiuti all’apicoltura di Agea deve essere presentata entro il 15 aprile di ogni anno alla Regione o Provincia nel cui territorio è ubicato l’allevamento di api. Può essere presentata da:

  • singoli allevatori o imprese che siano però in regola con la denuncia delle arnie;
  • organizzazioni, associazioni e unioni di apicoltori;
  • consorzi di tutela del settore apistico.

In base alla tipologia di lavoro per il quale si richiede il finanziamento, si può ottenere dal 50% fino al 100% di quanto effettivamente speso. Sarà l’Amministrazione a cui è stata presentata la domanda a stilare una graduatoria con indicati gli importi a cui hanno diritto i singoli soggetti che hanno presentato la domanda e i pagamenti sono erogati entro il 15 ottobre dell’anno in cui è stata presentata la domanda.

Bandi per incentivi all’apicoltura regionali

Ulteriori bandi per gli incentivi all’apicoltura sono previsti dalle Regioni, ad esempio la Regione Piemonte ha stanziato finanziamenti per apicoltori che abbiano almeno 52 alveari, il bando per accedere è aperto dal 1° agosto 2021 al 31 luglio 2022. In questo caso è possibile ottenere finanziamenti per l’acquisto di attrezzature per la lavorazione, conservazione e il confezionamento dei prodotti derivanti dall’apicoltura e macchine e attrezzature specifiche per favorire il nomadismo delle api.

La Regione Toscana invece ha istituito un bando per favorire la commercializzazione del miele rivolta esclusivamente agli apicoltori con partita IVA e che pratichino il nomadismo.

Questi sono solo alcuni bandi disponibili per aiuti all’apicoltura, rivolgendosi ad associazioni che si occupano di agricoltura sul proprio territorio è possibile conoscere tutte le opportunità che caratterizzano questo interessante settore. Naturalmente l’apicoltura è un settore dell’agricoltura, quindi coloro che professionalmente allevano api possono accedere anche a tutti gli altri incentivi e aiuti previsti per questo settore dell’economia. Proprio per questo vi invitiamo alla lettura di ulteriori approfondimenti:

Agricoltura 4.0: cos’è e gli incentivi per le aziende agricole

Strategia Farm To Fork: come cambieranno agricoltura e consumi

Piemonte: le imprese di servizi superano il commercio

La situazione economica e finanziaria dell’Italia non sempre corrisponde a quella che caratterizza le regioni che la compongono.
Ad esempio, il Piemonte, se da una parte ha confermato che la crisi sta spingendo sul freno, dall’altra non può ancora dire che si sia verificata una inversione di tendenza.

Questo scenario è stato confermato da un’analisi condotta dalla Camera di Commercio di Torino, che si è in particolare soffermata sulla situazione del capoluogo piemontese e della sua provincia e si è basata sulle iscrizioni e cancellazioni registrate nel 2017.

Il trend non ha ancora cambiato rotta definitivamente, tanto che, a fine anno, e per il settimo anno consecutivo, si è verificata una diminuzione numerica di 848 unità, per un totale, a fine 2017, di 22.459 imprese.

La notizia positiva è che, rispetto al 2016, le perdite si sono dimezzate, mentre si è stabilizzato il tasso di sopravvivenza a un anno dall’apertura, dell’88%, in miglioramento a tre anni (dal 66,8% al 68%).

Ciò che emerge da questi dati è che, per la prima volta, i servizi alle imprese, grazie ad una crescita dello 0,2%, hanno sorpassato il commercio, che invece è sceso dello 0,8%. Parlando di numeri, le prime sono 56.144 e le seconde 55.759.
Si consolida inoltre il numero delle imprese guidate da donne, +0,31%, con più della metà di loro che sono ultracinquantenni.
In sofferenza le aziende guidate da giovani, poiché sono 615 in meno rispetto a un anno fa. Continua il boom delle imprese guidate da stranieri, +3.8%, l’11% del totale.

Vera MORETTI

Il Made in Italy alla conquista del Qatar

Dal 10 al 12 novembre si svolgerà, a Doha, il Qatar National Convention Center, che rappresenterà, per i brand di alta gamma italiani, una vera e propria vetrina per farsi conoscere ancora di più in Oriente.

Tutti i settori di eccellenza del Made in Italy verranno coinvolti, a cominciare dal food, fino al design, passando per turismo, cultura ed edilizia, tutti di profondo interesse in Qatar, come ha confermato lo sceicco Alì Bin Thamer Al Thani, promotore dell’esposizione con alcuni sponsor italiani.

L’iniziativa è stata presentata in Italia nel giugno scorso e sostenuta dai World Trade Center di Doha e di Milano, ma anche da aziende fortemente interessate ad un mercato improntato verso l’espansione come quello del Qatar, che ha in programma, da qui al 2030, una serie di investimenti multisettoriali.

Parlando di numeri, si tratta di ben 240 aziende italiane coinvolte, appartenenti a 18 diverse regioni, tra le quali quelle maggiormente rappresentate sono Lombardia, Sicilia, Piemonte, Lazio, Umbria e Veneto.

Tra gli espositori, ci sono sia grosse aziende quotate in Borsa, ma anche piccole imprese con prodotti esclusivi di alta qualità, e medie aziende con esperienze già consolidate di export.

Vera MORETTI

La crisi mette in ginocchio l’artigianato

L’artigianato sta conoscendo un periodo di forte crisi.
I dati, a questo proposito, parlano chiaro: tra il 2009 e i primi nove mesi del 2014, infatti, più di 91mila imprese hanno dovuto alzare bandiera bianca.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, il cui Ufficio Studi ha effettuato questa indagine, ha commentato così questa situazione: “Nonostante la crisi economica abbia cancellato a livello nazionale ben 91.000 aziende artigiane, i giovani, soprattutto nel comparto casa, costituiscono la maggioranza degli addetti. E’ un segnale molto importante che squarcia un quadro generale molto critico. A nostro avviso ciò è dovuto a due motivi. Il primo: questi mestieri, legati al mondo dell’edilizia, impongono una forza e una tenuta fisica che difficilmente possono essere richiesti a dei lavoratori di una certa età. Il secondo: il forte aumento del numero dei diplomati avvenuto in questi ultimi anni nel settore edile, elettrico e termoidraulico ha favorito l’ingresso di molti ragazzi nel mercato del lavoro. In generale, malgrado le difficoltà e i problemi che sta vivendo il nostro settore, i giovani stanno ritornando all’artigianato, ma non ai vecchi mestieri. Dai nostri dati, ad esempio, gli artigiani che lavorano il vetro artistico, i calzolai, gli artigiani del cuoio, delle pelli e quelli e i sarti corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi”.

Per quanto riguarda l’ubicazione delle imprese che sono state costrette a chiudere, una su due si trovava al Nord, con picchi in Lombardia, dove all’appello mancano 12.496 aziende, seguita dall’Emilia Romagna (-11.719), il Veneto (- 10.944) e il Piemonte (-8.962).

Tra i settori che maggiormente hanno sofferto la contrazione numerica, ci sono sicuramente quello delle costruzioni/installazione impianti (-42.444), ma anche le attività manifatturiere (- 31.256), i carrozzieri e le autofficine (- 15.973).

Al contrario, in espansione ci sono i servizi alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), con un saldo pari a + 1.405 attività, le gelaterie e le pasticcerie, con +5.579 imprese, e le attività di pulizia/giardinaggio, con + 10.497 aziende artigiane.

Ma quali sono le cause che hanno portato a questa crisi?
In primo luogo i costi, che hanno cominciato a lievitare tanto da registrare un picco del 21% dal 2008 al 2013 nell’energia, e del 23,5% per il gasolio.
Anche la Pubblica Amministrazione è colpevole di aver causato disagi alle imprese artigiane, poiché, nello stesso lasso di tempo, ha aumentato di 35 giorni i pagamenti ai suoi fornitori.

Le banche, ovviamente, ci hanno messo del loro, se consideriamo che in questi sei anni gli affidamenti bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10%, con un taglio complessivo alle micro imprese di ben 17 miliardi di euro.

Infine, le tasse e la burocrazia: dopo la rivalutazione del Pil, nel 2013 la pressione fiscale in Italia si è stabilizzata al 43,3 per cento: picco massimo mai raggiunto in passato, anche se per le micro imprese il carico fiscale supera abbondantemente il 50 per cento.
La burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo pari a 7 mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno, che quindi si vedono costrette ad avvalersi dei servizi di professionisti esterni, con una conseguente spesa ben più alta della media.

Vera MORETTI

Bando per le startup piemontesi

Per favorire la nascita di imprese innovative, la Regione Piemonte ha deciso di erogare contributi rivolte alle startup tramite la concessione di incentivi per i ricercatori, ma anche per gli aspiranti imprenditori.

Per accedere al bando, gestito da Finpiemonte in partenariato con gli incubatori universitari locali, occorre presentare la richiesta di contributi dopo aver inoltrato la domanda presso uno degli incubatori universitari pubblici ubicato sul territorio della Regione Piemonte.

Lo scopo del Progetto Sovvenzione Globale “Percorsi integrati per la creazione d’imprese innovative spin off della ricerca pubblica estesi anche alle imprese innovative che intendono avviare un’attività economica di innovazione sociale” è quello di sostenere l’imprenditorialità attraverso l’erogazione di servizi mirati a favorire lo sviluppo di nuove imprese innovative e spin-off della ricerca, attività nate attraverso gli sportelli degli incubatori.

La Regione, dunque, si occuperà di favorire l’avvio di attività di formazione e consulenza/tutoraggio nei confronti degli aspiranti imprenditori al fine di valutare l’effettiva validità dell’idea di base.
I beneficiari degli incentivi sono i ricercatori di provenienza accademica, i soggetti che propongono un progetto di innovazione sociale.

Le domande devono essere presentate attraverso l’apposita modulistica a partire dal giorno della pubblicazione del bando sul BUR Piemonte: gli incentivi saranno erogati fino ad esaurimento dei fondi previsti.

Vera MORETTI

Sergio Tacchini torna in Italia?

Il trend degli ultimi anni ha visto alcuni dei colossi stranieri aggiudicarsi pezzi pregiati del nostro Made in Italy, soprattutto appartenenti al settore della moda.

Tra gli ultimi marchi diventati stranieri ci sono Poltrona Frau, Loro Piana e Krizia ma, a voler essere precisi, i dati del Rapporto Outlet Italia testimoniano che, dal 2008 al 2012, sono state ben 437 le aziende italiane passate nelle mani di acquirenti stranieri.
In molti casi l’acquisizione ha segnato l’inizio di una nuova fase di rilancio o di espansione sui mercati internazionali per le società stesse.

Ma ci sono stati anche casi in cui il passaggio a mani straniere non ha portato a particolari vantaggi, come è accaduto per Sergio Tacchini, azienda fondata nel 1966 dall’omonimo tennista piemontese.

Il 2007 è stato, per l’azienda, un vero e proprio annus horribilis, poiché ha coinciso con l’acquisizione da parte del gruppo cinese Hembly International Holdings Limited.
La holding di Billy Ngok cambiò il nome dell’azienda italiana in Sergio Tacchini International, società ora in liquidazione.

Nel cambio, la società novarese ha rischiato grosso, tanto che la famiglia Tacchini ha deciso di riprendere il controllo dello storico marchio.

Sergio ed Alessandro Tacchini hanno dichiarato in una conferenza stampa: “Quella del 2007 è stata una scelta difficile. L’acquirente cinese ci sembrava il giusto interlocutore per rilanciarlo, soprattutto in Cina e nei mercati emergenti asiatici. Assistere a questa situazione è per noi molto difficile ed è per questo motivo che abbiamo deciso di provare a ricomperarlo”.

Con questo obiettivo, il 14 aprile scorso la famiglia ha inviato all’attuale proprietà del marchio un’offerta di 5 milioni di euro. “Si tratta di un’offerta sensibilmente superiore a quella avanzata da Wintex, altra società italiana di proprietà cinese”, sperando che “questa proposta venga accettata per permetterci di rilanciare il marchio nel migliore dei modi”.

L’iniziativa è stata appoggiata anche dal sindaco di Novara, Andrea Ballarè, il quale ha voluto evidenziare che “Novara è il luogo giusto dove costruire e dare una seconda vita allo storico marchio Sergio Tacchini”.

La città piemontese viene considerata dal suo cittadino numero uno il territorio ideale per il rilancio del brand, perché “ci sono gli spazi adeguati per collocare una attività di questo tipo”.

Vera MORETTI

Sportello telematico per gli utenti di INT ed Equitalia

E’ stato rinnovato, grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale Tributaristi ed Equitalia Nord, a cui fanno caso le delegazioni regionali di Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto, il protocollo per lo sportello telematico, un canale di assistenza dedicata per migliorare e semplificare il rapporto con i professionisti ed i loro assistiti.

A sottoscrivere il protocollo d’intesa sono stati il direttore generale di Equitalia Nord, Adelfio Moretti, e il presidente nazionale dell’INT, Riccardo Alemanno.

Collegandosi allo sportello telematico dedicato presente sul sito GruppoEquitalia.it, i professionisti possono chiedere informazioni per conto dei propri assisititi e formulare dunque quesiti relativi a pratiche che non richiedono la produzione di documentazione in originale.

In caso di argomenti particolarmente complessi, Equitalia Nord provvederà a fissare un incontro nel minor tempo possibile.

Adelfio Moretti ha dichiarato: “Crediamo molto nell’efficacia di questi strumenti dedicati di assistenza ed informazione nell’ottica di rafforzare la sinergia con i professionisti e prevenire in tempo utile possibili criticità”.

E Riccardo Alemanno ha aggiunto: “In un periodo di grande difficoltà economica e di confusione normativa è fondamentale rinnovare e migliorare i rapporti di collaborazione e di confronto diretto con enti come Equitalia Nord, per acquisire informazioni chiare ed in modo rapido al fine di potere avere un quadro preciso della situazione dell’assistito e quindi, ove possibile, intraprendere la migliore strada per la soluzione delle problematiche”.

Vera MORETTI

Imprese, saldo negativo ma in miglioramento

Il bilancio rimane negativo, ma sembra che le imprese italiane si stiano lentamente riprendendo.

La rilevazione trimestrale sulla nati-mortalità delle imprese di Movimprese, condotta per conto di Unioncamere da Infocamere, ha infatti reso noti i dati relativi al primo trimestre 2014.
Il saldo parla di 24.490 imprese in meno, ma, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quanto all’appello mancavano 31mila imprese, la situazione è senz’altro migliorata.

Ciò è dovuto al rallentamento delle cancellazioni, 10mila in meno rispetto al 2013, che ha ovviamente compensato il lieve calo delle iscrizioni.
Per questo, lo stock delle imprese esistenti a fine marzo si attesta a 6.012.366 unità, di cui 1.390.064 (il 23,1%) artigiane.

Dal punto di vista delle forme giuridiche, il contributo positivo più consistente al saldo è venuto dalle imprese costituite in forma di società di capitali (+9.387 unità nel trimestre, in lieve aumento rispetto al 2013). Saldo positivo (+557 unità) anche per le altre forme, che per la maggioranza sono costituite da imprese cooperative.

Tutte le regioni hanno presentato saldi negativi, ad eccezione del Lazio, stabile, ma le percentuali peggiori sono quelle di Friuli Venezia-Giulia (-1,17%), Marche (-0,81%) e Piemonte (-0,78%).

Tra i settori, saldi positivi si registrano unicamente nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1.817 unità, per una crescita superiore all’1%), nell’assistenza sociale (+332) e nella fornitura di energia (+213).

Rispetto al trimestre 2013, pur continuando a far registrare un segno “meno” davanti al proprio saldo, i tre settori più numericamente più consistenti dell’economia evidenziano tutti un’inversione di tendenza, con perdite dello stock più contenute rispetto a dodici mesi fa: le costruzioni (-0,98% contro -1,40%), il commercio (- 0,45% contro -0,59%) e le attività manifatturiere (-0,65% contro -0,88%).

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato: “La riduzione delle chiusure è un segnale positivo, le imprese cominciano ad avvertire che il vento dell’economia sta cambiando e cercano di restare aggrappate al mercato per cogliere le opportunità di rilancio dei consumi. E’ evidente, però, che l’incertezza del quadro complessivo resta elevata e induce ancora tanti italiani a rimandare i loro progetti imprenditoriali. I provvedimenti economici in via di definizione devono sgombrare il campo da questa incertezza e restituire fiducia a chi vuole scommettere sull’impresa. Le riforme allo studio non solo devono essere fatte con urgenza, ma devono essere fatte bene e per durare. Agli imprenditori di oggi e di domani, più che gli incentivi, servono norme più stabili e più semplici. Solo così si torna ad avere fiducia e dunque a investire, a creare occupazione e a crescere”.

Vera MORETTI

Startup italiane hi-tech a Wall Street

Un’impresa italiana, proveniente da Trieste, è approdata a Wall Street, con lo scopo di utilizzare quella prestigiosa piazza come vetrina per attirare investimenti e poter, dunque, crescere ancora.

L’azienda si chiama Athonet ed è arrivata a New York con altre 14 startup selezionate da Italia Camp per presentare l’eccellenza dell’hi-tech Made in Italy, dopo aver toccato Scandinavia e Friuli.
Confondatori di Athonet sono Gianluca Verin e Karim El Malki, papà egiziano e mamma veneta, entrambi ingegneri, conosciutisi in Svezia dove lavoravano nel dipartimento di ricerca e sviluppo di Ericsson.

Proprio lì è nata l’idea di portare in Italia qualcosa che ancora mancava, ovvero una rete veloce 3G e 4 G LTE, per le emergenze e per lo sviluppo delle città intelligenti del futuro.
Il primo atto della startup si è svolto nel 2005 e nel 2009 è stata sperimentata una rete mobile privata dell’Area Science Park, l’incubatore di Trieste che ha ospitato Athonet sin dalla culla.

Il software della startup, che si chiama Primo, rete mobile compatta e trasportabile Umts/Hspa/Lte, è stato utilizzato dalla protezione civile del Friuli Venezia Giulia durante la gestione del post terremoto a Mirandola.
Per questa collaborazione Athonet è stata insignita della medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica.

Gianluca Verin ha dichiarato: “Questa è la nostra nicchia di mercato, portare banda larga ultraveloce, anche in 4G Lte, in zone di emergenza, dove i grandi operatori non hanno ancora sviluppato, per ragioni di costi, reti alternative a quelle commerciali. Le smart city del futuro saranno delle piazze aperte dove tutte le cose dialogheranno tra loro e si scambieranno dati. Per sostenere questo flusso di comunicazioni ci vogliono infrastrutture e noi ci candidiamo a offrire questo servizio“.

La via americana potrebbe portare in casa nuovi investitori. Perché negli Usa c’è fame di idee e non mancano i soldi per i finanziamenti.
Ad esempio, nel 2013 l’ecosistema delle start up europeo ha raccolto 36 miliardi di dollari. Una cifra ragguardevole. Ma se comparata agli investimenti a stelle e strisce nello stesso periodo in star up, pari a 1.777 miliardi di dollari, fa emergere tutto il gap tecnologico e innovativo che separa le due sponde dell’Atlantico.

L’Italia giovane e hi-tech che fa impresa può finalmente fare i primi passi, approfittando anche delle agevolazioni fiscali previste dal Governo.
Le nuove startup nate negli ultimi 12 mesi e iscritte al registro sono state invece 752: in pratica ne nascono 2 al giorno.

Al top delle iscrizioni ci sono la Lombardia con 328 startup, seguita a debita distanza da Emilia Romagna con 176 iscrizioni e dal Lazio con 169. Sotto il podio Veneto (140) e Piemonte (131).
In coda il Molise con 9 startup, la Basilicata con 8 e la Valle D’Aosta con 5 iscrizioni nel Registro.

Vera MORETTI

Piemonte leader per innovazione

Se gli italiani sono un popolo di creativi, quando si tratta di innovazione storcono il naso e rimangono ancorati alle loro tradizioni.
L’esempio più lampante viene dalla valutazione sull’innovazione appena pubblicata dalla Commissione Europea, che boccia il Belpaese senza possibilità di replica.

Non solo l’Italia non può competere con Svezia, Danimarca, Germania e Finlandia, ovvero i Paesi che, più di altri, hanno dimostrato di voler investire su innovazione e tecnologia, ma a stento tiene il passo con la Grecia, che notoriamente non brilla per essere all’avanguardia.

La problematica principale è la spaccatura tra le regioni, con il Mezzogiorno che arranca e alcune realtà del nord che, invece, si distinguono per progetti e proposte interessanti ed in grado di tener testa ai “primi della classe” a livello europeo.
Esempio lampante è quello di Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, che hanno dimostrato di saper orientare i propri fondi e formare i giovani, ma soprattutto di voler studiare e programmare per ridurre il divario che ancora esiste tra Europa e Stati Uniti e Giappone.
In realtà, il gap si sta assottigliando, anche se molto lentamente, non solo a causa di Paesi ancora molto indietro quanto ad innovazione, ma anche per il passo lungo con cui procedono Paesi come la Corea del Sud, tanto da vantare un tasso di crescita dell’innovazione del 6% nel periodo 2006-2013, quando in Europa è solo del 2,7%.

Antonio Tajani, commissario europeo per l’industria, chiede che vengano introdotte riforme ad hoc: “Quando c’è un fardello fiscale così forte sulle imprese è difficile investire molto in innovazione e ricerca. La Commissione ha sempre raccomandato al governo italiano, e credo continuerà a farlo, di ridurre la pressione fiscale sul sistema produttivo“.

Tra i punti deboli dell’Italia c’è la poca collaborazione tra studenti ed imprese, mentre pubblicazioni scientifiche, brevetti e licenze vendute all’estero rappresentano veri punti di forza del nostro Made in Italy.
A preoccupare, sono soprattutto gli investimenti di venture capital e la spesa per l’innovazione non legata alla ricerca e sviluppo.
La buona notizia riguarda i piemontesi, che sono vicini ai Paesi migliori da almeno quattro anni, con il Mezzogiorno in affannoso recupero nei confronti della Lombardia.

Tajani, a questo proposito, ha dichiarato: “In Piemonte c’è un tessuto industriale forte che ha permesso di resistere meglio alla crisi rispetto ad altre realtà nazionali. La presenza della Fiat è stata importante come tutto il sistema delle piccole imprese, hanno fatto la differenza mentre il Paese faticava“.

Vera MORETTI