Come faccio a sapere se mi hanno pignorato il conto corrente?

In questa rapida guida vedremo lo stato delle cose in merito al pignoramento del conto corrente. “Come faccio a sapere se mi hanno pignorato il conto corrente” è una delle domande a cui si darà risposta nei prossimi paragrafi.

Pignoramento conto corrente: come avviene

Il creditore che ha intenzione di procedere al pignoramento dei beni del debitore – indipendentemente dal tipo di pignoramento che intende adottare – deve prima notificargli il cosiddetto atto di precetto, un avviso ultimo in cui viene intimato di pagare l’importo dovuto entro un tempo di 10 giorni, a pena di avvio dell’azione esecutiva. 

Appurato ciò, occorre sapere che dopo il decimo giorno può scattare il pignoramento.

Il suddetto atto di precetto ha un’efficacia di 90 giorni di tempo. Allo scattare del novantunesimo giorno dalla sua notifica, il pignoramento non è più possibile se non viene notificato un ulteriore atto di precetto, cioè di rinnovazione. 

Superata la notifica di precetto, il creditore deve procedere – attraverso l’ufficiale giudiziario – a notificare l’atto di pignoramento presso terzi. Questo è l’atto ufficiale che determina in automatico il blocco del conto corrente. La banca entra quindi in gioco nel bloccare le somme stabilite.

Conto pignorato: come fare a saperlo

Partiamo dalle basi, col dire che un atto di pignoramento viene notificato sia alla banca che al debitore. In modo che quest’ultimo sia in grado di sapere se il proprio conto corrente è stato pignorato. Tale garanzia consente così, in tempo reale, a ogni correntista di conoscere lo stato del proprio conto corrente. 

Solitamente, la doppia notifica, ovvero alla banca e al possessore del conto corrente – avvengono al momento medesimo, ma non è escluso che l’una possa giungere prima dell’altra, a seconda della distanza dei due luoghi e dei tempi del servizio postale (soprattutto nin caso di spedizione a mezzo posta) o dell’ufficiale giudiziario (nel caso di consegna manuale).

Ovviamente, se la notifica giungesse prima alla banca, vi sarebbe la sorpresa di un conto pignorato senza averne ancora avuto comunicazione. Difatti, il blocco del conto opera nel momento in cui la notifica viene portata a conoscenza dell’istituto di credito, anche se ancora quella al correntista non è stata eseguita.

In questi casi, come sapere se il conto corrente è stato pignorato?

La risposta alla domanda di cui sopra è abbastanza semplice: non appena riceve la notifica del pignoramento, la banca sottrae dal saldo l’importo indicato nell’atto di pignoramento.

Tali importi vengono accantonati dalla banca in vista dell’ordine del giudice – che verrà emesso all’udienza indicata nell’atto di precetto – di stornare tali importi in favore del creditore. In pratica, vi ritroverete i soldi sottratti dal conto in automatico.

Va detto che il blocco del conto è una procedura che avviene in pochi minuti dalla avvenuta notifica. Quindi, chi ha ricevuto l’atto di precetto da non più di 90 giorni, deve prefigurarsi la possibilità che eventuali accrediti sul conto corrente possano essere oggetto di pignoramento qualora la propria banca abbia già ricevuto l’atto.

Alla fine della fiera, possiamo dire che non vi è altro modo di sapere se il proprio conto corrente è stato pignorato se non tramite le operazioni di seguito:

  • il ricevimento dell’atto di pignoramento dall’ufficiale giudiziario od anche dal postino;
  • richiedendo il vostro estratto conto e la verifica del saldo.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alla possibilità di vedersi dall’oggi al domani il pignoramento del conto corrente, qualora siate in acque di debito ed abbiate, ovviamente ricevuto le notifiche del caso.

Pignoramento: ecco come difendere patrimonio e risparmi

In tempi di crisi è sempre più facile indebitarsi e i rischi di vedersi i creditori alle porte aumenta. Come fare quindi per difendersi dal pignoramento e tutelare i propri risparmi? Scopriamolo nei paragrafi di seguito.

Pignoramento, come difendersi

Innanzitutto, partiamo col dire cosa si intende quando si parla di Pignoramento. Nel linguaggio giuridico, si intende l’atto con cui l’ufficiale giudiziario, su ordine del giudice, inizia il processo esecutivo di espropriazione forzata dei beni mobili o immobili di un debitore insolvente, al fine di garantire la soddisfazione di un creditore che ne abbia fatto istanza: consiste propriamente nell’ingiunzione

Vediamo un po’ come fare per evitare di trovarsi di fronte ad un assalto dell’Agenzia delle Entrate per porre un cattivo pagatore – quindi un azienda o persona indebitata – davanti ad un pignoramento.

La prima arma a cui si può ricorrere per difendersi si chiama Fondo patrimoniale, mentre la seconda è il Trust. Vediamo bene, di seguito, come funzionano e come potremmo farle scendere in campo.

Fondo patrimoniale e Trust

Il Fondo patrimoniale consiste in un canale nel quale entrambi i coniugi o ciascuno, per atto pubblico, od anche un terzo, pure autorizzato previa testamento, hanno diritto di far entrare alcuni beni che siano immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, in modo da venire incontro alle esigenze della propria famiglia. Il terzo può completare il movimento, con l’accettazione dei coniugi e questa può essere fatta con atto pubblico posteriore. I titoli di credito dovranno, però essere vincolati e quindi nominativi con annotazione del vincolo o in altri modi idoneo.

Il Trust, invece si crea una volta scelti i beneficiari e decisi sia il fiduciario che gli eventuali beni che devono essere tutelati. Quindi, dopo ciò, trasferisce la titolarità dei beni del trust con un atto o testamento. Il titolare dei beni diventa quindi il fiduciario, in modo da poterli amministrare per conto dei beneficiari, che andranno a godere anche dei derivanti interessi. All’interno di un Trust si possono inserire non solo beni di un patrimonio familiare ma anche di uno aziendale o solo parti di questi patrimoni.

A queste due modalità che abbiamo appena descritto vi è ancora una terza possibilità di difesa per proteggersi da un pericoloso pignoramento.

La terza opzione è rappresentata dall’atto di destinazione. Questo non è altro  che un atto pubblico con interesse meritevole di tutela, come cura di soggetti con disabilità o per esempio enti morali. Inoltre, esistono beni che non potranno mai essere pignorati. Un esempio è un’arma di un pubblico ufficiale. Oppure la biancheria e i vestiti, ed anche il tavolo dove si consuma il pasto familiare con sedie annesse. Non possono essere rilevati neanche guardaroba, fedi nunziali, frigoriferi, lavatrici e diversi utensili di casa e diverse altre cose di cui il contribuente non può essere privato per suo diritto.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più essenziale, utile e necessario da sapere in merito alle possibilità di difendersi da un pericolo rischio di incappare in un atto di pignoramento, qualora si navighi in acque poco piacevoli in tempi di crisi e di indebitamento economico.

Quanto dura il pignoramento del conto corrente?

Tra i rischi che si incorrono nel pignoramento quando si è in debito vi è anche quello di vedersi pignorato il proprio conto corrente. Cosa c’è da sapere in merito alla questione e quando dura il pignoramento del conto corrente? Scopriamolo in questa rapida ed essenziale guida.

Pignoramento del conto corrente

Andiamo, in prima istanza, a vedere di cosa si tratta quando si parla di pignoramento del conto corrente.

Il pignoramento del conto corrente è una procedura che ha lo scopo di poter recuperare i debiti ai creditori attraverso un prelievo diretto delle somme. Si ricorre a questa misura quando l’utente non è in possesso di beni (siano essi mobili o beni immobili) per poter fare da garanzia del debito. Le norme che stabiliscono in dettaglio le operazioni di questo genere sono contenute nel Codice di procedura civile dall’art. 491 in poi.

Vi sono due scenari praticabili rispetto all’applicazione di questa procedura: la prima possibilità è quella in cui sul conto del debitore sia presente una cifra che copra l’importo del debito; l’altra è che in banca o alle Poste ci sia una somma inferiore a quanto dovuto al creditore.

Per far sì che il pignoramento abbia il via è necessario che un giudice emetta un provvedimento, la procedura parte quando un ente, un istituto di credito o un cittadino si rivolgono all’autorità per ottenere la restituzione delle somme. Quando il giudice emette l’atto, la banca o le Poste devono procedere al blocco del conto, per tali enti si tratta di un obbligo di legge a cui non possono sottrarsi.

Quanto dura il pignoramento del conto corrente

Veniamo, dunque alla questione centrale della nostra guida, ovvero la durata del pignoramento del conto corrente.

La richiesta del pignoramento va detto che può essere indirizzata alla banca o alle Poste anche prima che ne sia informato il cittadino. L’Agenzia potrà, quindi, procedere alla riscossione se dopo 60 giorni dalla notifica della cartella l’utente non avrà ancora pagato quanto dovuto.

Se entro tali termini il cittadino non ha adempito al pagamento il Fisco potrà chiedere all’istituto presso cui è aperto il conto di versare l’importo del debito nelle casse dello Stato. Sui tempi di durata del provvedimento di pignoramento una volta attuato il blocco i tempi dipendono dal piano di rientro del debito. Non vi è, dunque, una tempistica inequivocabile e diretta per tutti i casi.

C’è da aggiungere che qualora nell’arco dei due mesi in cui si ha ancora accesso alle cifre sul proprio conto si dovessero emettere assegni si potrà essere protestati se saranno incassati dopo che il provvedimento del pignoramento. In questo caso si hanno 60 giorni prima che si venga iscritti nel registro dei cattivi creditori.

Differenze tra pignoramento del conto e degli stipendi

Cosa cambia tra il pignoramento del proprio stipendio, quindi da ciò che si percepisce su base mensile e tra il proprio conto corrente, quindi sul saldo stanziato sul conto? Vediamo in questo ultimo passaggio della nostra guida.

C’è una piccola ma sostanziale differenza di applicazione delle norme se il debitore è un dipendente o un pensionato, ad esempio. Per questi utenti la legge prevede che il creditore possa pignorare solo una parte dei fondi presenti sul conto. La normativa impone un blocco sulle cifre dei pignoramenti che corrisponde a 3 volte la cifra prevista dall’assegno sociale.

C’è, infine, anche un’altra condizione a tutela di questi cittadini in caso di pignoramenti, ovvero un tetto massimo nella somma che può essere prelevata. Il debito sarà restituito con prelievi che non potranno superare un quinto dello stipendio o della pensione.

Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi sia da sapere in merito al pignoramento del proprio conto corrente, quando si è in debito e si hanno i creditori che bussano alla porta.

Come si arriva al pignoramento?

Come si arriva al pignoramento? In questa rapida guida approfondiremo i principali passaggi della questione, per capire come si sviluppa ed avviene un atto di pignoramento.

Pignoramento, di cosa si tratta

Quando si è in debito verso qualcuno vuol dire che non siamo in una buona situazione. E chi deve ricevere un pagamento sarà un nostro creditore.

Nei casi in cui un creditore non ottiene un pagamento spontaneo da parte del debitore può ricorrere alla procedura di esecuzione forzata che, sui crediti di denaro, è il cosiddetto pignoramento.

Quando e come può essere eseguito, quindi un pignoramento? Quale è il suo iter esecutivo? Scopriamolo nei prossimi passaggi della nostra guida in merito.

Pignoramento, quali sono le procedure

Partiamo col dire che per decidere se proseguire o meno ad un atto di pignoramento, il creditore deve avere in possesso un titolo esecutivo, laddove necessario che sia di efficacia esecutiva e deve avere notificato un atto di precetto.

Prima di tale notifica, il creditore può ancora una volta cercare di ottenere l’adempimento spontaneo del debitore con l’invio di una diffida ad adempiere, che non è obbligatoria e il creditore potrebbe decidere di passare direttamente alle “maniere forti”. Quindi, una sorta di ultimatum da porre al debitore, prima di far scattare il pignoramento, che però sta alla volontà del creditore.
Un titolo esecutivo non è altro che un documento che consente di accertare, in modo sicuro e stabile, il diritto di credito di una persona o di un’azienda.

Un titolo esecutivo è rappresentato da un decreto ingiuntivo non opposto entro 40 giorni dalla sua notifica. Lo sono anche un assegno o una cambiale.

Titolo esecutivo e pignoramento: cos’altro c’è da sapere

Per venire al punto cruciale della questione e capire quindi come si arriva al pignoramento, vediamo nello specifico cosa c’è ancora da sapere sul titolo esecutivo.

Diciamo subito che suddetto titolo esecutivo dovrà essere notificato al debitore insieme o separatamente all’atto di precetto. L’atto di precetto è un atto autonomo del creditore, pure se notificato attraverso l’ufficiale giudiziario.
Consiste nell’intimazione di adempiere l’obbligo che risulta dal titolo esecutivo entro un termine non inferiore a 10 giorni, salva l’autorizzazione all’esecuzione immediata nell’ipotesi di pericolo nel ritardo, con l’avvertimento che, nel caso del mancato adempimento, si procederà ad esecuzione forzata.
Si tratta, come detto anche sopra, dell’ultimo avviso prima del pignoramento.

Tale precetto ha efficacia per 90 giorni al superamento dei quali non può più essere avviato il pignoramento.
Alla scadenza del termine niente vieta al creditore di notificare un altro atto di precetto.
Il precetto non deve indicare il tipo di pignoramento che il creditore vuole svolgere, tale valutazione può essere riservata anche a un momento successivo.

Sul precetto devono essere necessariamente indicati

  • nominativi del creditore, ovvero nome e cognome
  • Il nome e il cognome del debitore
  • L’entità del credito con annessi interessi e le spese legali
  • Il titolo esecutivo e la data nella quale la cancelleria ha apposto la formula esecutiva, in caso di cambiali e assegni, vanno trascritte integralmente o fotocopiate
  • L’avviso di pagare entro 10 giorni
  • L’avviso di poter proporre uno dei sistemi di composizione della crisi da sovraindebitamento.

In ultimo, ma non ultimo, va detto che la scelta del creditore sul tipo di pignoramento da attuare non deve essere necessariamente comunicata al giudice, poiché la fase dell’esecuzione forzata si svolge fuori dall’aula giudiziaria, in un rapporto che vede protagonisti il creditore e l’ufficiale giudiziario, quindi un dipendente del ministero della giustizia e pubblico ufficiale, che svolge le operazioni di pignoramento secondo quanto gli è stato impartito dal creditore.

Questo, quindi, è quanto di più utile e necessario da sapere in merito alla questione di come si arriva al pignoramento, con la sua fase conclusiva.

Leggi anche: Pignoramento prima casa, è possibile per debiti?

Pignoramento conto corrente cointestato: quanti soldi si rischiano?

Il pignoramento del conto corrente è una delle misure principali con cui il Concessionario alla riscossione può arrivare a pretendere il pagamento per un balzello arretrato che un contribuente ha a suo carico nei confronti di un Ente o una Amministrazione pubblica.
Infatti la stessa Amministrazione o lo stesso Ente, una volta che danno mandato ad Agenzia delle Entrate Riscossione di provvedere a farsi pagare dai contribuenti, autorizzano quest’ultima ad utilizzare le azioni coercitive che ha a disposizione. Tra queste appunto, il pignoramento del conto corrente.
Ma cosa succede se viene pignorato il conto corrente e cosa accade se questo conto corrente è cointestato come spesso accade tra coniugi o tra familiari? Vediamo cosa dice la legge e cosa occorre sapere in materia.

Conto corrente pignorato, quando accade?

Il conto corrente come qualsiasi altra proprietà di un soggetto indebitato può finire nelle mire dei soggetti adibiti a riscuotere un credito vantato. I pratica, anche il conto corrente non è immune dal rischio di un pignoramento.
Il pignoramento altro non è che un blocco all’utilizzo di questo strumento bancario con cui moltissimi contribuenti hanno a che fare. Strumento dove i contribuenti riscuotono stipendio, pensione e magari dove pagano bollette, effettuano bonifici e così via. Il pignoramento blocca il conto, congela i soldi o parte di essi che sono presenti sul conto stesso, per poi passare al trasferimento di questi averi al creditore.

Pignoramento possible sia per debiti verso privati che per atti del concessionario alla riscossione

Il pignoramento del conto corrente può sopraggiungere tanto per debiti verso un Ente pubblico che per debiti tra privati. Quindi, sia per non aver pagato le tasse, le imposte o le multe, quanto per debito verso un privato e di qualsiasi natura.

In pratica per qualsiasi tipologia di debito di un soggetto verso un altro soggetto. In questo caso si parla di soggetto terzo. Come lo è un creditore che si interpone in materia di pignoramento, tra debitore e banca presso cui è aperto il rapporto di conto corrente.

Il titolo esecutivo sempre necessario

Il creditore se privato deve avere in mano un titolo esecutivo per procedere col pignoramento. Un Ente Pubblico per il tramite dei servizi dei concessionari alla riscossione ha mano più libera.
Quando parliamo di un titolo esecutivo per dare luogo al pignoramento, ci riferiamo ai casi di sentenze, atti giudiziari o decreti ingiuntivi.
Non è possibile procedere con il pignoramento del conto corrente senza un titolo esecutivo. Un titolo che viene ammesso solo dopo un particolare iter e non semplicemente per non aver pagato il bollo auto per esempio.

Va anche detto che esistono limiti al pignoramento di un conto corrente, perché con il pignoramento questo conto diventa inutilizzabile. Ci sono limiti di importo alle cifre che possono essere pignorate su un conto. Ma ci sono anche limiti nel pignorare un conto che serve ad un contribuente, per esempio, per prendere lo stipendio o la pensione.

Il pignoramento del conto corrente, le regole a cui prestare attenzione

In pratica, il pignoramento del conto corrente non può avvenire se questo arreca un danno evidente al debitore. Un danno economico che potrebbe far peggiorare la sua situazione patrimoniale ancora di più di quanto è già derelitta. Va comunque detto che in caso di contribuente indebitato con più conti correnti, il pignoramento in genere scatta su tutti i rapporti.
Va anche detto che se sul conto ci sono più soldi di quanti il creditore avanza dal debitore, viene pignorato solo una parte del conto, quella a soddisfacimento del credito vantato.

Pignoramento del conto corrente e tutela del cointestatario che risulta estraneo al debito

Se il creditore è il terzo come prima citato, quando si parla di pignoramento presso terzi è proprio la fattispecie di situazione relativa al conto corrente. In pratica il creditore chiede alla banca di rientrare del credito tramite un doppio passaggio. Prima il pignoramento e poi il trasferimento del denaro. In questo caso la banca è il soggetto terzo tra debitore e creditore.
Ma se il conto corrente è cointestato e l’altro intestatario non ha nulla a che vedere con il debito, le procedure cambiano. La legge tutela infatti il cointestatario, ma fino ad un certo punto.

Il Codice di Procedura Civile

Va precisato che l’istituto di credito dove c’è il conto corrente è autorizzato a bloccare il conto fino al soddisfacimento del creditore, a prescindere che l’altro cointestatario sia estraneo al debito. Lo specifica l’articolo n° 599 del Codice di Procedura Civile.
Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando tutti i comproprietari non sono obbligati verso il creditore, questo ciò che specifica il comma 1 dell’articolo del Codice di Procedura Civile prima citato.
Per capire come funzionano i rapporti tra i titolari del conto, soprattutto quando si verifica un pignoramento conto cointestato, bisogna fare riferimento a due differenti articoli.

Cosa dice il Codice Civile

In tutela del cointestatario estraneo al debito però, arriva l’articolo n° 1298 del Codice Civile che specifica come un creditore non può pignorare tutto ciò che è depositato su un conto corrente ma può aggredire la sola quota del debitore. Poi, sempre lo stesso Codice Civile, ma all’articolo n° 1854 sottolinea che il credito si presume ripartito pro quota tra i cointestatari del conto. Sarà poi il cointestatario eventualmente estraneo a tutto a farsi risarcire dall’altro intestatario del conto, cioè il vero e proprio debitore.

Conto corrente cointestato,alcune precisazioni in materia di pignoramento

In materia di conto corrente cointestato le regole sono assai confuse e particolari. Ci possono essere accordi tra le parti che prevedono una percentuale maggiore in capo ad uno dei due cointestatari riguardo alle somme depositate. Ogni caso è a se stante in materia pignoramento dei conti correnti cointestati. Basti pensare per esempio al caso del deposito su conto corrente effettuato da uno dei due correntisti.
Se si appura che è stato solo uno a depositare i soldi, la legge prevede che le somme depositate siano tutte del soggetto che ha versato. È evidente che il pignoramento può essere inficiato dal fatto che sia il soggetto estraneo al debito ad aver versato tutto ciò che c’è sul conto cointestato.

Quanto dura il pignoramento di una casa?

Cos’è il pignoramento immobiliare, quando si verifica e quanto può durare? Oggi, con questa rapida ed esaustiva guida, andremo a scandagliare i rischi del pignoramento della casa, in particolare a scoprire quanto dura il pignoramento di una casa?

Pignoramento casa, cosa c’è da sapere

Il pignoramento immobiliare è salito recentemente alla ribalta perché il decreto Milleproroghe ne ha disposto lo stop fino al 30 giugno 2021. La crisi conseguente alla pandemia, del resto, avrà tra i possibili effetti quello di far aumentare le esecuzioni forzate, ma proprio in ragione delle oggettive difficoltà economiche, almeno per il momento, non saranno eseguibili.

Ma cosa si intende per pignoramento immobiliare? Stando al codice di procedura civile disciplinato dall’articolo 555 all’articolo 598, pur non riscontrando una definizione esatta, si può senza dubbio affermare che rientra tra le forme generiche di esecuzione forzata, cioè quelle che consentono al creditore di recuperare il credito contro la volontà del debitore.

Trattasi, specificatamente, di un atto di esecuzione forzata col quale si sottraggono i beni immobili. In maniera tale da trasformare quel bene immobile in denaro da inviare al creditore e sanare così il debito contratto.

Quando avviene il pignoramento immobiliare

Il pignoramento immobiliare va a comprendere tutti quei beni immobili indicati dall’articolo 812 del codice civile, quindi non soltanto edifici o altre costruzioni, ma pure terreni (oltre che sorgenti, corsi d’acqua, alberi, mulini, e quanto altro). Il pignoramento può avvenire solo in presenza di un titolo esecutivo che vada ad attestare l’esistenza di un diritto del creditore certo, liquido ed esigibile ovvero:

  • una sentenza di condanna per il debitore al pagamento di una somma da versare al creditore;
  • un decreto ingiuntivo emanato da un giudice;
  • cambiali o assegni;
  • atti ricevuti previa notarile o da un altro pubblico ufficiale, nei quali sono specificate obbligazioni di denaro a carico di un soggetto.

Pignoramento casa, quanto dura?

Veniamo, dunque al nocciolo della questione, ovvero la durata del pignoramento di una casa.

Partiamo col dire che il pignoramento di una casa ha una procedura lunghissima e costosa, al punto che in molti casi è espressamente consigliato di evitarla, soprattutto quando entrambe le parti sono persone fisiche (cittadini) e non giuridiche (come banche, aziende, ad esempio).

L’avvio di questa procedura è dato dall’atto di pignoramento che va consegnato direttamente al debitore o, unitamente alla copia uso trascrizione, all’ufficiale giudiziario che va a provvedere successivamente a notificarlo al debitore

L’atto di pignoramento dovrà contenere la precisa indicazione dei beni e dei diritti immobiliari, compresi gli estremi catastali. Di seguito alla trascrizione dell’atto andrà depositata presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari e, trascorsi quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, il creditore potrà, dunque, procedere con il deposito della nota di iscrizione a ruolo presso la cancelleria del tribunale competente.

Bisogna, inoltre rispettare l’avviso ai creditori iscritti, l’istanza di vendita del bene pignorato e il deposito della documentazione ipocatastale, esclusivamente dopo l’udienza di comparizione, senza eventuale  opposizione, il giudice potrà fissare la vendita dell’immobile (con o senza incanto) o andare a delegare la stessa ad un professionista, con il successivo ordine di liberazione dell’immobile.

Tale procedura può avere tempi dilatati tra i sette e gli otto mesi di durata, dal periodo dell’atto fino al pignoramento. Tuttavia, fino sono casi che si prolungano per diversi anni.

Pignoramento casa: come intervenire

Come attuare quindi un intervento di pignoramento casa, da parte del creditore?

Sostanzialmente ed a livello tecnico, quel che può fare il creditore è depositare un ricorso presso la cancelleria del giudice competente andando ad indicare l’importo del credito dovuto, possibilmente entro il tempo della prima udienza con la quale è disposta la vendita o l’assegnazione dell’immobile specifico, in modo così che l’intervento sia considerato “tempestivo” ed il creditore possa partecipare al ricavato della vendita stessa in proporzione all’ammontare del credito.

Questo, dunque, è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alle tempistiche e alcune modalità del pignoramento casa.

Pignoramento prima casa, è possibile per debiti?

In questa rapida guida andremo a scandagliare i possibili rischi sulla possibilità di pignoramento della prima casa. Quando può accadere questa nefasta possibilità.

Pignoramento prima casa, per debiti

Per dirla in maniera particolarmente rapida ed esaustiva, la prima casa può essere pignorata tutte le volte in cui il debito è di natura privata. Non è previsto un limite minimo di debito a partire dal quale il pignoramento immobiliare è possibile. Pure in presenza di importi bassi, pertanto, il creditore può avviare tale procedura di esecuzione forzata.

Quando ad esempio il creditore è un istituto bancario o una finanziaria che ha emesso un prestito, la legge non prevede limiti e per il debitore non sussiste nessuna forma di tutela. Questa situazione vale anche nel caso in cui i creditori sono familiari, controparti di processi che hanno vinto le cause o altri soggetti privati.

Andiamo, appurato ciò a scoprire ulteriori dettagli sulla questione.

Quali sono i limiti alla pignorabilità della prima casa

Partiamo col precisare, innanzitutto, che la norma limitativa dell’esecuzione immobiliare ha effetto solo nei confronti dell’erario, nell’attualità, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Tale norma, inerente all art. 76, D.P.R. n. 602/1973 recita

. Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, l’agente della riscossione:


a) non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente;
a-
bisomissis

  1. b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’articolo 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto
  2. Il concessionario non procede all’espropriazione immobiliare se il valore dei beni, determinato a norma dell’articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all’importo indicato nel comma 1.”

Stando quindi al comma 1, lettera a, si evince che ad essere impignorabile non è la “prima casa” bensì l’unico immobile, con l’ulteriore specificazione riguardante la circostanza che debba, questo immobile, essere adibito ad uso abitativo e lo stesso (contribuente esecutato) vi risieda anagraficamente. In buona sostanza si prevede l’impignorabilità della prima casa a condizione che sia l’unica casa posseduta, che non si possa annoverare tra i beni di lusso (ai sensi del D.M. Lavori Pubblici n. 1072/1969) o accatastata nella categoria A/8 (Abitazioni in ville) o A/9 (Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici).

Qualora, invece, vi sia l’ipotesi che il debitore sia possessore di più unità immobiliari (non soltanto di case, ma genericamente di immobili), questi a determinate condizioni, possono essere aggrediti dall’erario, compresa la “prima casa”. Infatti, dal disposto del comma 1, lettera b) si può evincere che si “procede all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera centoventimila Euro”. Per importi inferiori, ma superiori ad Euro ventimila, l’Agenzia delle Entrate Riscossione potrà solo provvedere all’iscrizione ipotecaria ma non ottenere il pignoramento.

Questo è, dunque quanto vi fosse di più utile, sostanziale e necessario da sapere in merito ai rischi di pignoramento per la prima casa.

Leggi anche: Pignoramento TFS pubblico impiego, ecco quando e come

Pignoramento TFS pubblico impiego, ecco quando e come

In questa rapida guida andremo a scoprire se e quando è possibile il pignoramento del TFS. Scopriamolo assieme nei prossimi paragrafi.

TFS, di cosa si tratta

Innanzitutto, partiamo col definire cosa si intende quando si parla di TFS.

In maniera molto rapida ed esaustiva, possiamo dire che il TFS (ovvero, Trattamento di Fine Servizio) è un’indennità corrisposta, alla fine del rapporto di lavoro, a quei dipendenti pubblici statali assunti prima del 1° gennaio 2001.

Inoltre, è necessario che tali dipendenti non abbiano optato per il Fondo Pensione Complementare di categoria Espero per Scuola e AFAM e Perseo Sirio per tutti gli altri.

In sostanza, possiamo dire che Il TFS dei dipendenti statali, così come il TFR dei dipendenti del settore privato, altro non è che una somma che dovrebbe garantire al lavoratore che cessa il rapporto di lavoro una certa elasticità economica.

Il TFS del lavoratore del pubblico impiego viene liquidato più o meno 15 mesi dopo la cessazione dal servizio se quest’ultima è avvenuta per accedere alla pensione di vecchiaia, per scadenza contratto a termine o per pensionamento d’ufficio

Pignoramento TFS, quando è possibile

Ma, quindi, quando è possibile correre il rischio di ottenere un pignoramento di TFS?

In principio, stando all’art 21 del DPR, il Trattamento di Fine Servizio per i dipendenti pubblici era ritenuto impignorabile, salvo in caso di danni di risarcimento del lavoratore nei confronti dell’amministrazione pubblica. Tuttavia a seguito della sentenza n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997, la norma è stata dichiarata anticostituzionale.

Successivamente, però, la Corte Costituzionale ha equiparato il regime di pignorabilità tra TFR e TFS, andando così ad estendere le regole imposte ai dipendenti privati anche per i lavoratori del pubblico impiego:

  • TFR e TFS possono essere pignorati anche prima di essere versati al dipendente.
  • TFR e TFS possono essere oggetto di pignoramento nella misura massima di un quinto.

Pignoramento TFS, cos’ altro c’è da sapere

Il TFS, ovvero Trattamento di Fine Servizio così come il Trattamento di Fine Rapporto, ovvero TFR, costituisce un credito certo e liquidabile, maturato dal lavoratore già in costanza di rapporto e per questo motivo pignorabile.

Ma chi è che può pignorare il TFS, quindi?

La risposta a questa ultima domanda è presto data.

Qualunque creditore che sia munito di un titolo esecutivo quale che sia una sentenza (anche non definitiva) od anche un decreto ingiuntivo non opposto e quindi esecutivo, può pignorare il TFS di un lavoratore pubblico (o privato) nei limiti e nelle modalità precedentemente descritte.

Il TFR e il TFS possono essere pignorati solamente quando sono diventati esigibili da parte del debitore e sono quindi pronti per essere erogati allo stesso ovvero in due momenti: nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa e si conclude per licenziamento o dimissioni; nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa e si conclude per pensionamento del debitore.

E come si può risolvere un pignoramento?

  1. pagando il proprio debito;
  2. raggiungendo un accordo con il creditore;
  3. opponendosi al pignoramento.

Queste sono, ovviamente le tre opzioni più quotate, e ciascuna da valutare in singoli casi, per cercare la via di risoluzione di un pignoramento.

Questo è quanto vi fosse, dunque, di più utile e necessario da sapere in merito alle possibilità e ai rischi di pignoramento di TFS.

Pignoramento auto, ecco quando si rischia

Molti si chiedono se è possibile pignorare un auto, quando e se si incorre in questo rischio. Nella guida di seguito scopriamo se e quando è possibile correre il rischio del pignoramento della propria auto.

Pignoramento auto, quando si rischia

Stando ad un decreto legge entrato in vigore nel 2014, mette in previsione il funzionamento il pignoramento dell’auto o, in maniera più generica, come funziona il pignoramento dei veicoli, realizzato attraverso lo strumento della trascrizione dell’atto (di pignoramento) nei pubblici registri automobilistici, anche qualora i beni non fossero stati rinvenuti presso il domicilio del debitore.

Onde evitare di incorrere in manchevolezze nel pignorare veicoli presso la locazione del debitore, è stato introdotto l’articolo 512-bis nel Codice di procedura civile che disciplina una procedura ad hoc, attraverso la quale si perfeziona nei confronti del debitore e dei terzi indebitati, rispettivamente con la notifica del pignoramento e con la pubblicazione nei pubblici registri, e termina con l’apprensione e la vendita del veicolo.

Pignoramento auto, cosa c’è da sapere

Il sopra citato articolo 512-bis del Codice di procedura civile nella sua parte introduttiva prevede esplicitamente che il pignoramento dei veicoli può essere fatto con le modalità nello stesso indicate oltre che con quelle proprie dell’espropriazione mobiliare. Da ciò se ne conviene che la forma prevista dallo stesso articolo va ritenuta una alternativa rispetto a quella ordinaria.

Innanzitutto, il primo passo da tenere conto è quello in cui il creditore deve richiedere una visura al Pra (Pubblico registro automobilistico) per poter così verificare se il debitore abbia la proprietà di un veicolo oppure no.

Successivamente, come passo seguente, il creditore dovrà redigere e notificare al debitore, un atto di pignoramento nel quale occorre indicare esattamente i beni e i diritti che intende sottoporre ad esecuzione, con annessi gli estremi richiesti dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri.

Va aggiunto che nell’ atto di pignoramento deve essere contenuto quanto segue:

  1. l’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato, i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi;
  2. l’intimazione a consegnare entro dieci giorni i beni pignorati, nonché i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso dei medesimi, all’Istituto vendite giudiziarie (IVG) autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede o, in mancanza, a quello più vicino.

Cosa accade dopo l’atto di pignoramento?

Una volta ricevuto l’atto di pignoramento che mette a repentaglio il proprio veicolo, vediamo cosa accade al debitore.

Dalla ricevuta notifica del pignoramento, fino alla effettiva consegna dei mezzi e dei titoli all’IVG, il debitore è costituito custode dei beni pignorati e quindi dei relativi accessori, comprese le pertinenze e i frutti, senza avere diritto a compenso alcuno.

Successivamente alla consegna, l’IVG assume la custodia del bene pignorato e ne dà immediata comunicazione al creditore pignorante, preferibilmente a mezzo posta certificata.

Il termine sarà di dieci giorni, entro i quali il debitore deve effettuare la consegna del veicolo, altrimenti entrano in azione gli organi di polizia, per procedere al rinvenimento dei beni pignorati.

Una volta effettuata l’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario deve consegnare al creditore l’atto di pignoramento affinché proceda alla trascrizione nei pubblici registri automobilistici.

In un tempo limite di trenta giorni dalla comunicazione di avvenuta consegna da parte dell’IVG, va in ultimo ma non ultimo detto che il creditore deve depositare presso la cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione, la nota di iscrizione a ruolo, allegando ad essa le copie conformi del titolo esecutivo, quindi del precetto, dell’atto di pignoramento e in fine della nota di trascrizione. Sarà l’avvocato del creditore ad attestarne la validità.

Questo, è dunque quanto di più utile e necessario da sapere in merito ai rischi e alle modalità di pignoramento auto per un debitore.

Pignoramento pensione: ecco entro quali limiti

In questa rapida guida andremo ad occuparci della questione del pignoramento della pensione, una paura che attanaglia molti. Ma come accade, quali sono i limiti entro cui si rischia qualcosa? Scopriamolo assieme.

Pignoramento pensione: cosa significa

Quando si fa riferimento alla possibilità di pignoramento della pensione si fa riferimento ad una sottrazione, ad un blocco della propria pensione sul conto corrente.

Nel momento in cui un soggetto ha contratto dei debiti e non è riuscito a saldarli, i creditori possono pignorare il suo conto corrente. Il pignoramento può riguardare anche la pensione, tuttavia la legge prevede un minimo vitale che deve essere rispettato dai creditori.

Quali sono quindi quei limiti previsti dalla legge? Scopriamolo nei prossimi paragrafi.

Quali sono i limiti per il pignoramento pensione

Tornando, quindi, a quanto detto, esiste un minimo garantito che non può essere pignorato.

Stando a quanto previsto nel nostro ordinamento, infatti, le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che hanno luogo di pensione o comunque di altri assegni di quiescenza, non possono essere oggetto di pignoramento per un totale che sia corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. Per cui la parte che eccede questo ammontare è pignorabile solamente nel limite di un quinto.

Quanto sopra rappresenta il c.d. “minimo vitale”, ovvero una somma di denaro che il legislatore ha ritenuto essere impignorabile, e che è indispensabile per poter garantire al pensionato un’esistenza dignitosa.

Vediamo, di seguito, come si può calcolare questo limite di garanzia.

Come calcolare il limite di pignoramento

Restando, dunque, in linea con quanto sopra indicato, andiamo a vedere come calcolare il minimo vitale non pignorabile.

Per ottenere questo calcolo, bisognerà innanzitutto prendere come oggetto di riferimento la misura dell’assegno sociale erogato dall’Inps (importo annualmente rivalutato) e andare a sommare a questo il 50% dello stesso medesimo importo.

Andando a considerare che per l’annata del 2018 l’importo dell’assegno sociale era pari a 453,00 Euro, ne consegue che il minimo impignorabile è pari ad euro 679,50 (ovvero 453,00 euro + 226,50 euro, che è il 50% di 453,00).

Una volta eseguito questo basilare calcolo, ne deriva che la parte di pensione che il creditore può effettivamente cercare di pignorare sarà pari al quinto di ciò che è in eccedenza. Ipotizzando una pensione di 1.500 euro, bisognerà quindi sottrarre i 679,50 euro come sopra calcolati e, sul risultato (ovvero 820,50 euro) così ottenuto, calcolare il quinto (164,10 euro).

Ecco, quindi come si calcola il limite non pignorabile.

Agenzia delle entrate, pignoramento e riscossione

Come si sa, l’Agenzia delle Entrate può eseguire una riscossione forzata in pignoramento presso terzi, attraverso notifica con cartelle esattoriali.

Anche nel suddetto caso vale la pena ricordare come la pensione non potrà mai essere pignorata per intero, considerando che la legge prevede specifici limiti di pignorabilità con riguardo ai crediti esattoriali, che variano in base agli importi della pensione e di altre indennità.

I limiti, nel caso specifico sono pari a:

  • 1/10 per importi fino a 2.500,00 euro;
  • 1/7 per importi da 2.500,00 a 5.000,00 euro;
  • 1/5 per importi superiori a 5.000 euro.

Nella valutazione dei limiti sopra elencati, sarà importante avere a memoria che anche l’Agenzia delle Entrate – Riscossione dovrà rispettare i requisiti di minimo vitale impignorabile, come sopra anticipato.

Pignoramento pensione, previa conto corrente

Cambia qualcosa di leggermente più specifico nel caso in cui il creditore cerchi di pignorare la pensione che è in accredito sul conto corrente.

Nel suddetto caso, difatti, le pensioni che sono state accreditate nei mesi sul conto corrente possono essere pignorate solamente per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, ma tenendo conto che l’accredito dovrà essere avvenuto in data anteriore al pignoramento. Il limite di pignorabilità, quindi, potrà essere calcolato, per le somme precedentemente accreditate a titolo di pensione, in 1.359 euro, cioè nell’importo dell’assegno sociale (453,00) moltiplicato per tre.

Qualora l’accredito avesse luogo alla data del pignoramento o successivamente, la somma potrà essere pignorata nel rispetto dei limiti che sopra abbiamo avuto modo di ricordare.

Questo è dunque, quanto di più necessario da sapere in merito ai rischi e i limiti del pignoramento della pensione.