Come sapere se una persona è pignorata?

Sapere se una persona è pignorata è possibile. Ad oggi, esistono tanti elenchi pubblici che riportano le condizioni economiche. Tramite il registro dei protesti reperibile alla Camera di Commercio, ma anche a quello dei fallimenti che si può consultare liberamente in tribunale.

Ci sono anche i registri immobiliari che danno la possibilità a chiunque di conoscere terreni e abitazioni intestate a una persona senza che questa ne sia al corrente. Quindi, chi vanta un credito verso qualcuno e intende avviare un pignoramento nei suoi confronti, c’è la possibilità di chiedere l’autorizzazione al Presidente del tribunale, una volta notificato l’atto di precetto, di consultare l’anagrafe tributaria per conoscerne i redditi, le auto intestate e i conti correnti.

Premesso ciò, come si viene a conoscenza del fatto che possano esserci procedure di esecuzione forzata? Ossia, se una persona è pignorata? Ogni creditore vuole regolarsi prima di intraprendere un pignoramento, se e quante possibilità di vittoria sussistono. Anche nelle cancellerie dei tribunali, i registri delle procedure esecutive sono suddivise a seconda della procedura. Infatti, sappiamo che ci sono registri dei pignoramenti immobiliari, mobiliari e quello presso terzi.

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Come sapere se una persona ha la pensione o uno stipendio o un conto corrente pignorato

Non è affatto semplice scoprire se una persona ha uno stipendio, un conto corrente o una pensione pignorata. D’altronde, il datore di lavoro o il direttore delle Poste o della banca non possono fornire tali informazioni a terzi, in quanto rientrano nei dati sensibili del dipendente/cliente.

Chi avvia un pignoramento c/o terzi, dopo la notifica dell’atto di pignoramento, riceve dal terzo pignorato la comunicazione circa l’esistenza di denaro da queste detenute per conto del debitore. Tale informazione viene inoltrata tramite una raccomandata o PEC all’avvocato creditore procedente, che comunica se ci sono altri pignoramenti in corso.

Per sapere se una persona ha lo stipendio, il conto corrente o la pensione pignorata, il secondo modo è da rimettere agli avvocati. Ciò accade perché essi hanno la possibilità di consultare i registri del tribunale delle cancellerie dell’esenzione forzata. Tutti i debitori che hanno un pignoramento in corso risultano nei predetti registri.

Se queste informazioni vengono date è per permettere anche ad altri creditori di insinuarsi in un pignoramento avviato presso terzi per avere la possibilità di partecipare alla procedura ed eventualmente alla divisione delle somme di denaro pignorate dall’ufficiale giudiziario.

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Come sapere se una persona ha un pignoramento mobiliare o immobiliare

Per il pignoramento mobiliare si può fare lo stesso discorso fatto per quello presso terzi. L’unico modo per venire in possesso di tale informazione è la consultazione degli elenchi del tribunale dei pignoramenti in corso e verificare, a none del soggetto in questione, se è stata già avviata l’esecuzione forzata.

Altro discorso per sapere se una persona ha una casa pignorata, infatti, in tal caso avviene la trascrizione nei pubblici registri. E’ sufficiente effettuare una visura ipocatastale presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente del territorio, per scoprire quali immobili sono intestati alla persona in questione e, successivamente, verificare se, a carico di questi, è iscritta un’ipoteca e/o una procedura esecutiva. Stesso discorso vale per i terreni, magazzini o altri tipi di immobili.

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Cosa possono pignorare ad un nullatenente?

Soprattutto in questi tempi di crisi economica acuita dall’emergenza coronavirus, molte persone indebitate si chiedono cosa gli possano pignorare i creditori non avendo nulla. In effetti, la domanda appare più che lecita, su cosa può rivalersi un creditore insoddisfatto se il suo debitore è nullatenente?

In realtà, il tema va affrontato a seconda del tipo di debito contratto. Infatti, per le obbligazioni contratte con i privati, ad esempio le banche, i fornitori, il padrone di casa, valgono delle regole differenti rispetto ai debiti di natura fiscale, la quale presenta dei limiti di pignoramento molto più stringenti. Quindi, sicuramente rischia di più chi ha contratto debiti con soggetti privati.

Cosa può fare il creditore se il debitore non paga

Di fronte a un debitore che non vuole o non può estinguere il suo debito, il creditore può solo attaccarsi al pignoramento. Prima di fare ciò, deve procurarsi un titolo esecutivo, in pratica un documento che attesti il suo credito. Ad esempio, potrebbe trattarsi di una sentenza anche se solo di primo grado, di un decreto ingiuntivo per cui il debitore non si è opposto, ma anche una cambiale o un mutuo stipulato tramite atto notarile.

Premesso ciò, con il titolo esecutivo nelle proprie mani il creditore notifica al debitore tramite l’ufficiale giudiziario di un tribunale. Stiamo parlando del cosiddetto atto di precetto, il quale costituisce un invito a pagare entro 10 giorni e che avverte che in caso di mancata adempienza, si ricorrerà all’esecuzione forzata.

Al creditore tocca effettuare un ennesimo step, cioè rivolgersi ad un ufficiale giudiziario per fare forza al pignoramento dei beni del debitore. Pignoramento a parte, il creditore non può fare altro, certamente non può denunciare il debitore mal pagatore.

In effetti, rifiutarsi di pagare non costituisce reato, ma solo un illecito civile per cui un creditore, oltre al pignoramento, può chiedere solo il risarcimento del danno.

In realtà, potrebbero ricorrere due reati:

  • la truffa, nel caso una persona induce in errore l’altra, raggirandola per sottrarle qualcosa. Qui, si configura l’intento fraudolento con azioni mirate a camuffare la realtà;
  • insolvenza fraudolenta, che si materializza quando il debitore nasconde al creditore la sua capacità a pagare. Ad esempio, il dipendente che firma un prestito sapendo di venire licenziato a breve, ma omettendolo al creditore.

Le tre forme di pignoramento

Chi non vuole pagare può subire, in linea di massima, solo un pignoramento. Esso consiste nell’avvio di un’apposita procedura amministrativa diretta ad apprendere i beni del debitore per poi metterli all’asta cercando di recuperare i soldi che potrebbero soddisfare le proprie esigenze.

Il creditore non può presentarsi a casa del debitore prendendo ciò che gli pare e tenendolo per sé. Tuttavia, potrebbe farlo con i beni che hanno un valore accertato, ad esempio l’oro.

Sono tre le forme di pignoramento che possono essere messe in atto:

  • beni mobili (mobili di casa);
  • beni immobili (terreni e case);
  • crediti verso terzi (stipendio, pensione, conti correnti).

Spetta al creditore decidere che tipologia di pignoramento scegliere da portare avanti. Solitamente, effettua la sua scelta sulla base di informazioni ricevute utilizzando terze persone del mestiere, o trovandole da sole, oppure tramite l’Anagrafe tributaria che consiste in un registro informatico dell’Agenzia delle Entrate che indica tutti i redditi di proprietà dei contribuenti. conti correnti inclusi.

Se non hai nulla, cosa possono farti?

Accertato che il debitore è nullatenente, il creditore può solo sperare che le cose si smuovano in futuro. Ad esempio, sperare che il debitore erediti qualcosa di concreto o che possa trovare un lavoro per pagare. Infatti, nel momento in cui il debitore diventi solvibile, è possibile effettuare un pignoramento.

Per evitare che scatti la prescrizione (10 anni per i crediti derivanti da contratti che scendono a 3 per i professionisti e risalgono a 5 per i crediti derivanti da danni e altri atti illeciti, si consiglia al creditore di inviare periodicamente una diffida di pagamento al debitore, tramite raccomanda A/R o attraverso una PEC.

Il pignoramento mobiliare: unico tentativo dell’ufficiale giudiziario

Il creditore che difficilmente riuscirà a sapere se ci sono soldi od oggetti di valore nella casa del debitore, può far avviare un pignoramento mobiliare da parte dell’ufficiale giudiziario che ha solo un tentativo di individuare oggetti pignorabili di un certo valore.

Il creditore può anche pignorare un quinto di un eventuali stipendio o pensione del debitore. Oppure, può rivalersi sul conto corrente, ma con un grande limite. Infatti, se esso costituisce un appoggio alla pensione o allo stipendio, il creditore può pignorare solo la parte eccedente il triplo dell’assegno sociale.

Cosa può fare l’Agenzia delle Entrate se sei nullatenente?

Se il creditore è il Fisco, le condizioni sono ancora meno stringenti. Nel senso che, qualora il debitore abbia una casa di proprietà, essa non può essere soggetta a pignoramento. E’ vietato pignorare la prima casa per il mancato pagamento di cartelle esattoriali. Fanno eccezione le abitazioni di lusso che rientrano nelle categorie catastali: A1, A8 e A9.

Tuttavia, anche se il debitore è in possesso di una seconda casa, il pignoramento immobiliare da parte del Fisco entra in atto solo per debiti superiori a 120.000 euro. Ma esiste un’altra scappatoia, ossia, se il debitore paga debiti per una somma che fa scendere l’asticella del debito complessivo sotto i 120.000 euro, può dormire sonni tranquilli in quanto le case tornano a non essere pignorabili.

Come funziona un atto di pignoramento

L’atto di pignoramento dà inizio al processo di espropriazione forzata. Si tratta del primo atto esecutivo che si pone l’obiettivo di vincolare determinati beni del debitore per il soddisfacimento del diritto del creditore precedente e di tutti gli altri che dovessero venire fuori successivamente.

Il pignoramento: come può essere

Principalmente, il pignoramento si distingue per l’oggetto. Infatti, può essere di tipo immobiliare, mobiliare, o presso terzi per crediti e beni che sono nella loro disponibilità (il pignoramento del saldo creditore di un conto corrente).

I passaggi che portano all’atto di pignoramento

Quando il creditore è un soggetto privato, arriveranno le lettere dal suo legale o da una società di recupero crediti a cui è stato affidato il compito di recuperare il credito. In caso di mancata risposta del debitore che evidentemente non vuole o non può pagare, viene avviata la procedura legale.

Per prima cosa, il decreto ingiuntivo ottenuto dal giudice competente e notificato dall’ufficiale giudiziario o via posta. Dopodiché, un atto di precetto predisposto dal legale del creditore e notificato allo stesso modo del decreto ingiuntivo. Infine, il pignoramento di beni immobili e mobili o di pensioni e stipendi del debitore (la notifica è la stessa dei primi due casi).

L’atto di pignoramento consiste proprio nell’intimazione da parte dell’ufficiale giudiziario al debitore di evitare qualsiasi atto volto a sottrarre alla garanzia del credito precisamente i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi.

All’atto di pignoramento ci si arriva dopo che il creditore ha provveduto a notificare il titolo esecutivo e il precetto. E’ bene precisare che la notifica del pignoramento deve essere effettuata entro 90 giorni da quella del precetto, nel caso di mancato inizio d’esecuzione, il precetto diventa inefficace.

Qualora venga effettuata un’opposizione al precetto, il termine resta sospeso e riprende a decorrere.

I contenuti del pignoramento

L’atto di pignoramento indica il credito per cui l’ufficiale giudiziario deve procedere e i beni che sono oggetto di pignoramento. Tramite l’atto in questione, il debitore è obbligato a dichiarare residenza o domicilio eletto. È necessario rendere noto che potrà essere chiesto al giudice dell’esecuzione competente la sostituzione dei beni e dei crediti pignorati con una somma di denaro (conversione).

In questo ultimo caso, la somma dovrà essere pari all’importo del credito dovuto al creditore procedente e agli intervenuti, comprensivi del capitale, degli interessi, delle spese e dei costi di esecuzione. La richiesta dovrà essere depositata in cancelleria prima che il giudice disponga vendita o assegnazione dei beni, corredata da un anticipo di minimo 1/6 della somma dovuta.

Beni pignorati insufficienti a soddisfare i crediti

Può capitare che i beni pignorati non bastino a soddisfare i creditori, o che il procedimento di liquidazione sarà lungo e oneroso. In tal caso, il debitore viene invitato a indicare “altri” beni personali pignorabili, dove sono reperibili e le generalità di eventuali terzi debitori su cui vanta crediti. L’omessa o falsa dichiarazione può costituire reato.

In caso di inserimento di altri creditori e conseguente insufficienza del patrimonio del debitore pignorato, il creditore procedente può richiedere all’ufficiale giudiziario di procedere.

Se il debitore è un imprenditore commerciale e il pignoramento risulta insufficiente, l’ufficiale giudiziario è autorizzato ad accedere alle scritture contabili, tramite l’ausilio di un nominato esperto.

Su richiesta del creditore, il giudice può valutare e autorizzare la ricerca dei beni da pignorare in via telematica.

Pagamento, conversione e riduzione del pignoramento

Per evitare il pignoramento il debitore può versare tutto nelle mani dell’ufficiale giudiziario (debito+spese) che questi dovrà consegnare al creditore. Se si tratta di beni tangibili pignorati, il debitore potrà consegnare all’ufficiale giudiziario una somma pari all’importo del credito e delle spese con l’aggiunta del 20%.

Il debitore può sostituire i crediti pignorati con del denaro comprensivo di capitale interessi, spese, prima che il giudice ne ordini la vendita o l’assegnazione.

Il giudice può provvedere anche alla riduzione del pignoramento, una volta sentiti i creditori e quando il valore dei beni pignorati è superiore all’importo dei crediti e delle spese.

Il pignoramento perde di efficacia in assenza di domande di vendita o assegnazione dei beni entro 45 giorni dal compimento.

Cosa fare per evitare il pignoramento

Quante persone che hanno contratto dei debiti temono di subire un pignoramento? Un numero preciso non esiste, ma scommetto che non è così basso. In questo articolo dobbiamo capire cosa fare per evitare il pignoramento utilizzando strategie legali. Più che altro, si tratta di accorgimenti a salvaguardia dei beni personali e quindi, non poter essere colpiti da una procedura esecutiva che ti toglie il sonno.

Cos’è il pignoramento

Quando si contraggono dei debiti e non si riesce a onorarli, come può essere un prestito, la notifica di pagamento è dietro l’angolo e presto si cercherà di procedere con il pignoramento dei propri beni al fine di soddisfare le esigenze dei creditori.

Il pignoramento può interessare beni immobili, beni mobili e quello presso terzi. Nell’ordine, ciò significa che potrebbero procedere con il pignoramento di una casa, un fabbricato, un terreno, oppure un’automobile, un camper, o ancora colpire il conto corrente.

L’azione di pignoramento da parte del creditore ha come presupposto il possesso di un documento che attesi il credito, può essere una sentenza come un assegno, che gli consente di avviare una procedura che va a ricercare i beni personali del debitore prima di avviare l’eventuale pignoramento. In base all’esito della verifica, può decidere cosa pignorare.

Cosa fare per sfuggire al pignoramento

L’obiettivo primario del debitore è tutela i propri beni e risparmi. Spesso, il pignoramento attacca il conto corrente, e per questo bisogna stare attenti. Infatti, se il denaro depositato sul conto corrente non supera tre volte l’assegno sociale, il cui valore viene stabilito annualmente dall’INPS. Per quanto concerne la retribuzione versata o accreditata sul conto, è pignorabile solo fino a un quinto di ogni mensilità per poi arrivare all’estinzione del debito. Dunque, cosa fare in tal caso?

Avere un conto corrente in rosso o quasi che diventa impignorabile, il debitore dovrebbe avere tutto il tempo necessario per prelevare qualcosa ogni tanto e far sì che il conto si svuoti. Per via delle segnalazioni anti reciclaggio che partono subito quando viene prelevata una cifra di diverse migliaia di euro, quest’ultima azione va evitata.

Il debitore può anche decidere di aprire una linea di credito da tenere nei limiti dell’affidamento, affinché versamenti o accrediti di bonifici possano solo ripristinare il fido e quindi non possono essere pignorati.

Sempre con riferimento al conto corrente, fa accreditare il propri stipendio o bonifici al coniuge o a un familiare, ma in tal caso, si tratterebbe di un movimento poco astuto che potrebbe portare il datore di lavoro a pignorare il quinto dello stipendio.

In alterativa, si può chiedere alla propria banca di prelevare le somme di denaro e trasformarli in assegni circolari da intestare sempre a una persona fidata. La banca è come una cassaforte quasi inespugnabile, e per i creditori sarà impossibile effettuare un pignoramento. Nel frattempo, il debitore ha tre anni di tempo per farsi riaccreditare le cifre.

Pignoramento contestato

Il debitore può comunque contestare il pignoramento quando l’esecuzione è già in corso o ancora prima, ossia alla notifica dell’atto di precetto. Può agire tramite opposizione all’esecuzione, nella quale deve dimostrare l’inesistenza di un debito, magari perché è stato già rimborsato al creditore, quindi, risulta essere illegittimo.

Oppure, può opporsi agli atti esecutivi, contestando la forma del pignoramento e il rispetto delle procedure e notifiche.

Cosa non può essere pignorato

Attenzione, perché escamotage e contestazione a parte, esistono oggetti che non possono essere pignorati (cose sacre, anelli nuziali, abbigliamento, letti, oggetti necessari per mangiare o per refrigerare i cibi, mezzi di riscaldamento, fornelli per cucinare, elettrodomestici principali, animali da compagnia che non producono reddito, insomma, tutto ciò che è necessario al debitore per vivere o sopravvivere.

In assenza di queste condizioni, sono pignorabili altri tipi di oggetti, anche gli strumenti di lavoro nel caso entro massimo un quinto del loro valore. Ma diventano pignorabili i redditi da lavoro autonomo entro certi limiti, o come detto, il conto corrente senza i dovuti accorgimenti preventivi di cui sopra.

Inoltre, a seconda del debito dipende anche la possibilità di pignoramento. Non sono pignorabili gli assegni, le pensioni sociali e quelle agli invalidi. In poche parole, tutto ciò che costituisce sostentamento per le cosiddette famiglie povere, anche l’assegno sociale, ma non l’indennità di disoccupazione.

I sussidi per i poveri non sono pignorabili se riguardano locazioni ad uso abitativo, l’indennità di mobilità se è considerata sussidio. Non sono pignorabili nemmeno le polizze sulla vita, quasi tutti i crediti alimentari e gli assegni familiari.

Soprattutto, non è assoggettata a pignoramento la prima casa, ma solo se il creditore è l’Agente per la Riscossione Esattoriale. I privati e le banche possono farlo.

C’è da dire, che l’abitazione principale non è pignorabile per l’Esattore, se è l’unico immobile di proprietà del debitore, se risulta accatastato nelle categorie A/1, A/8 e A/9, se rappresenta il luogo di residenza del debitore, se la casa è adibita a civile abitazione.

Pignoramento, quando è illegittimo o eccessivo?

La legge non è come la matematica, a volte le sue varie disposizioni vanno interpretate. Poniamo il caso di una persona che si trova davanti a un pignoramento, è davvero sicuro che non sia illegittimo o magari eccessivo? Se così fosse, l’esecutato può chiedere il risarcimento danni al creditore?

Pignoramento illegittimo o eccessivo

Chi subisce un pignoramento illegittimo può chiedere un risarcimento per il danno subito, ma deve essere sicuro e quindi al corrente di quanto l’illegittimità sussiste. In realtà, lo smacco subito dal debitore che lo mette a dura prova sopratutto dal punto di vista psicologico, può rivelarsi tale solamente se le pretese avanzate dal credito vengano considerate infondate. E’ giusto precisare che esiste anche un altro pignoramento che può comportare l’opposizione dell’esecutato, ossia quando il pignoramento viene ritenuto eccessivo, in quanto il valore dei beni pignorati va ben oltre quello del debito.

Quando è illegittimo il pignoramento

Un pignoramento viene ritenuto illegittimo quando le pretese del creditore che hanno portato a un’esecuzione forzata, sono prive di fondamento. Ciò si verifica quando il debitore ha già pagato il suo debito all’oramai ex creditore o addirittura quando il credito risulta essere inesistente.

In tal caso, il debitore ha facoltà di opporsi al pignoramento ricorrendo, tramite istanza al Tribunale competente. Purtroppo, il problema è rappresentato dai tempi, in quanto il debitore deve attendere la sentenza definitiva del Giudice che, riconoscendo le sue ragioni sospende l’esecuzione forzata.

Il pignoramento è da ritenersi eccessivo quando i beni pignorati esecutivamente hanno un valore nettamente maggiore al credito reale. Ossia, superiore a quanto stabilito dalla legge più la metà del medesimo a copertura delle spese processuali a cui aggiungere gli interessi di mora.

Per questa differenza, il pignoramento eccessivo non può considerarsi illegittimo, infatti, sussiste davvero un credito da esigere. Anche in questo caso, il debitore può fare ricorso al Giudice competente per chiedere, stavolta, la riduzione del pignoramento.

Pignoramento: quando il debitore può chiedere il risarcimento del danno

Facendo un passo indietro, quando il pignoramento è illegittimo, in quanto privo di ogni fondamento, il debitore acquisisce il diritto di farsi valere in tribunale per ottenere il risarcimento del danno. Una volta confermata l’illegittimità del pignoramento, il creditore sarà tenuto a risarcire il debitore per il danno subito.

Diversa, la situazione de pignoramento eccessivo, per cui il debito/credito è realmente esistente ma l’esecuzione è fuori misura. In caso di accettazione del ricorso presentato dal debitore, il Giudice ordina una riduzione del valore dei beni pignorati. In tal caso, il debitore non può chiedere il risarcimento del danno, in quanto un debito, seppur minore, è stato contratto per davvero.

Rinuncia agli atti

Conoscendo la differenza tra pignoramento illegittimo e pignoramento eccessivo e chiarito che solo nel primo caso si può chiedere il risarcimento del danno, possiamo parlare anche di un’altra possibile azione da parte del debitore.

Infatti, nel caso del pignoramento illegittimo, ci sono tutti presupposti per ottenere il risarcimento del danno. Tuttavia, per non rischiare che venga sancita l’inesistenza di qualsiasi debito, si può pensare, anche per evitare eventualmente il pagamento delle spese giudiziarie, è possibile ricorrere alla rinuncia agli atti, una soluzione che porta all’azzeramento del debito.

Se una casa finisce all’asta, rischia di rimanerci e magari di essere acquistata ad un prezzo decisamente conveniente, prima che un Giudice emetta sentenza di pignoramento illegittimo. In tal caso, anche recuperare la casa in un secondo momento significa perderne una buona parte del suo valore e sottoporsi ai costi da sostenere presso il tribunale, per ottenere il risarcimento del danno, non è consigliato.

La rinuncia agli atti diventa una sorta di compromesso, dove il creditore recupera qualcosa di quanto gli spetta, cosa che non gli garantisce il prezzo di vendita di una casa venduta all’asta, mentre, dalla parte del debitore ci si assicura il “nulla a pretendere” da parte del creditore nei suoi confronti.

Su cosa si basa un pignoramento

Può capitare, e non di rado, che nel corso delle varie fasi processuali, una sentenza iniziale che sembra favorevole e dà l’avvio a un’esecuzione forzata, può venire meno o perdere parte della sua efficacia. Questo, perché l’Appello può cambiare le carte in tavola o un’opposizione al decreto ingiuntivo può essere accolto. Con una tale situazione, praticamente ribaltata, il creditore si trova da una posizione di forma che gli ha permesso di procedere con il pignoramento tramite esecuzione forzata, a passare in una situazione dove potrebbe subire anche una richiesta di risarcimento del danno.

Questa possibilità è stata ribadita da una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite.

Abbiamo volutamente non entrare nel dettaglio delle varie fasi che porta all’esecuzione forzata, all’eventuale opposizione da essa, messa in atto dal debitore che ricorre in tribunale, solo per sottolineare che queste eventualità non sono assolutamente da scartare.

Quindi, a volte il pignoramento può essere considerato rischioso e soggetto in una fase successiva alla richiesta da parte del soggetto debitore di un risarcimento del danno per lite temeraria.

La sentenza di Cassazione

Tornando alla sentenza di Cassazione a Sezione Unite del 21 settembre 2021 citata poc’anzi, essa ha stabilito tre modi per richiedere il risarcimento del danno per lite temeraria che il tribunale liquiderà durante la sentenza:

  • in sede di cognizione, cioè nel giudizio in cui si era formato il titolo in base al quale il creditore ha agito in via esecutiva, se la causa di cognizione risulta ancora pendente, come nel caso dell’opposizione accolta avverso un decreto ingiuntivo o di una sentenza riformata;
  • davanti al giudice dell’esecuzione presso il quale è stata spiegata opposizione, se nel precedente giudizio di cognizione erano maturate preclusioni processuali o se il titolo esecutivo era di formazione stragiudiziale, come una cambiale o un assegno, e dunque il giudizio di cognizione non poteva svolgersi;
  • n un giudizio autonomo, dunque a prescindere dai precedenti processi svoltisi, se è impossibile esercitare l’azione nei modi previsti dai due casi precedenti.