Contributi a fondo perduto a imprese, comprese artigiane, agroindustriali e agricole per ricerca e sviluppo

Un miliardo di euro è stato stanziato dal ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) per i contributi a fondo perduto e i finanziamenti agevolati a favore delle imprese per investimenti in ricerca e sviluppo. Gli aiuti e i finanziamenti saranno concessi senza il vincolo della garanzia. I contributi andranno alle imprese che svolgeranno attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale. La ricerca deve avere come obiettivo quello di migliorare i nuovi prodotti e i processi produttivi secondo quanto prevede il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Lo stanziamento dei contributi avverrà anche negli anni 2023, 2024 e 2025.

Finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto alle imprese per ricerca e sviluppo: i riferimenti normativi

Gli investimenti coperti dai finanziamenti agevolati e dai contributi a fondo perduto mirano a rafforzare la ricerca e a favorire l’implementazione di modelli innovativi. Gli aiuti sono disciplinati dal decreto del ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) del 31 dicembre 2021, con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale numero 37 del 14 febbraio scorso. La misura rientra nella Missione 4 del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) “Istruzione e ricerca”, componente 2 “Dalla ricerca all’impresa”.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo: quali imprese ne possono fare richiesta?

Ammesse ai contributi a fondo perduto e ai finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo sono le imprese che esercitano le attività comprese nell’articolo 2195 del Codice civile, ovvero:

  • le attività industriali dirette alla produzione di bene e di servizi;
  • quelle di intermediazione nella circolazione dei beni;
  • le attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
  • quelle bancarie e assicurative;
  • le attività ausiliarie alle precedenti.

Imprese artigiane, agroindustriali e agricole ammesse agli aiuti sulla ricerca e sviluppo

Sono altresì ammesse a presentare domanda per i contributi e gli aiuti per la ricerca e lo sviluppo:

Tra i richiedenti figurano anche le reti di impresa, e le aziende organizzate in accordi di partenariato e consorzi.

Cosa devono prevedere i progetti di ricerca e sviluppo per essere ammessi ai contributi a fondo perduto Mise?

I progetti, per essere ammessi ai contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati del ministero dello Sviluppo Economico, devono prevedere attività:

  • di sviluppo industriale e sperimentale per realizzare o migliorare nuovi prodotti;
  • sono ammessi anche le attività per migliorare i processi produttivi o i servizi mediante l’implementazione di tecnologie abilitanti fondamentali. Rientrano in questo ambito anche l’utilizzo di materiali avanzati e di nanotecnologie, della fotonica, della microelettronica e della nanoelettronica;
  • inoltre sono accettati i sistemi avanzati di produzione;
  • le tecnologie della scienza della vita;
  • l’intelligenza artificiale;
  • le connessioni digitali e la sicurezza.

Contributi a fondo perduto ricerca e sviluppo del Mise, quali sono le spese ammissibili?

Le spese ammissibili per i contributi diretti a fondo perduto ed eventualmente dei finanziamenti agevolati riguardano:

  • un contributo a fondo perduto del 50% dei costi ammissibili per le attività di ricerca industriale;
  • contributi a fondo perduto del 25% sulle spese ammissibili per lo sviluppo sperimentale;
  • finanziamenti agevolati per un massimo del 20% del totale delle spese ammissibili;
  • la maggiorazione del 10% dei contributi a fondo perduto spetta alle piccole e medie imprese (Pmi) e agli organismi di ricerca;
  • una maggiorazione del 5% è a favore delle grandi imprese.

Come si presenta la domanda dei contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo?

Per presentare la domanda dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti agevolati per la ricerca e lo sviluppo le imprese dovranno attendere un successivo provvedimento del direttore generale per gli aiuti alle imprese del ministero per lo Sviluppo Economico. Nel provvedimento saranno fornite tutte le informazioni su:

  • modalità di invio della domanda;
  • termini di apertura degli sportelli per la presentazione del progetto di ricerca e di sviluppo.

Riforma del catasto: via libera alle nuove regole su adeguamento rendite.

Per un solo voto di scarto, la maggioranza in Commissione Finanze alla Camera approva la riforma del catasto, proprio questa maggioranza molto risicata fa capire come si tratti di un tema caldo che spacca la maggioranza, come in passato è già stato il per tetto all’uso del contante che ha addirittura visto il Governo andare sotto. Cerchiamo quindi di capire cosa cambia con le nuove regole.

Come funziona il Catasto

La riforma del Catasto è una delle più difficili da digerire, basti pensare che l’attuale sistema è in gran parte lo stesso delineato nel 1939 e che nel tempo è diventato obsoleto, o meglio, incapace di definire il vero valore del patrimonio immobiliare italiano

Il sistema del 1939 prevedeva due “elenchi”: il Catasto Terreni comprendente aree non edificate e il Catasto Edilizio Urbano comprendente invece i fabbricati industriali, civili e commerciali.  Il Catasto Edilizio Urbano poi nel 1993 è stato trasformato in Catasto dei Fabbricati. Il classamento di fatto si realizza tenendo in considerazione la tipologia di fabbricato  attraverso la qualificazione e classificazione del Comune in cui è ubicato e tenendo conto di vani, metri cubi e metri quadri e moltiplicando il valore per la tariffa di estimo.

La rendita attualmente si determina in base alla classificazione come fabbricato civile, signorile, popolare, ultrapopolare, economico, rurale, villini, ville, palazzi, uffici e abitazioni tipiche. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha però rilevato che l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, unita a criteri di classamento obsoleti e all’eterogeneità del patrimonio immobiliare, fanno in modo che i valori rilevati siano molto distanti da quelli reali.

Le varie maggioranze hanno più volte proposto la riforma, ma di fatto non si è arrivati mai alla conclusione. Questa volta sembra che proprio non ci sia intenzione di tornare indietro.

Riforma del Catasto: cosa è successo in commissione Finanze il 3 marzo?

Il 3 marzo 2022 in Commissione Finanze, per un solo voto è stato bocciato l’emendamento volto a cancellare l’articolo 6 della legge di delega che ha come obiettivo la Riforma del Catasto. L’emendamento proposto da Forza Italia andava a minare la parte essenziale della Legge di delega fiscale, infatti proponeva di eliminare dalla stessa la mappatura dei dati catastali e la revisione delle rendite con criteri aggiornati, lasciando solo la parte della legge dedicata all’emersione dei fabbricati fantasma, o meglio abusivi. Il Governo è stato però irremovibile e ha sottolineato più volte che qualunque variazione alla norma sulla Riforma del Catasto avrebbe fatto saltare tutto in quanto la stessa è fondamentale al fine di ottenere i fondi del PNRR.

Questo implica che al centro della riforma fiscale che si sta scrivendo resterà proprio tale parte definita epocale, infatti la Sottosegretaria al MEF Maria Cecilia Guerra ha affermato che si tratta di uno dei punti fondamentali della legge delega per la riforma fiscale.

Cosa prevede la riforma del Catasto?

Il primo obiettivo della riforma del catasto è realizzare un piano di revisione del sistema catastale che consenta di rilevare i dati catastali in modo immediato e quindi possa far emergere i fabbricati abusivi. Il secondo passo sarà invece compiuto il 1° gennaio 2026 e prevede l’adeguamento delle rendite catastali ai valori di mercato e patrimoniali. Uno degli obiettivi della riforma è facilitare l’accesso ai dati da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni attraverso la condivisione degli stessi.

La Legge di delega fiscale prevede anche che l’attualizzazione delle rendite avrà una sorta di eccezione per i fabbricati di interesse storico e artistico per i quali saranno previste riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario. Ciò in considerazione del fatto che per questa tipologia di immobili ci sono maggiori oneri legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria.

Tali valori, una volta determinati, in base al comma 2 dell’articolo 6, dovranno essere periodicamente aggiornati, ma dalle premesse fatte tali dati non saranno comunque utilizzabili al fine di determinare la base imponibile per la tassazione e quindi non avrà rilevanza a fini fiscali. C’è però da dire che se essi saranno i dati disponibili al catasto, appare evidente che dovranno essere dichiarati nei tradizionali appuntamenti fiscali degli italiani.

Proprio questo è il punto più discusso della riforma, infatti il sospetto di molti, e in particolare della Lega, è che siano utilizzati come strumento per un aumento delle tasse.

 

Bonus banda ultralarga, partite le domande: voucher fino a 2500 euro

Dal 1° marzo 2022 si può richiedere il bonus banda ultralarga per le imprese che vogliano ottenere il voucher da 300 a 2500 euro di aiuto. La misura prevede l’erogazione del bonus gli abbonamenti a internet ultraveloce. Gli aiuti sono erogati dal ministero per lo Sviluppo Economico (Mise) che ha emanato il comunicato il 28 febbraio 2022 per contenente le informazioni per la richiesta del voucher. Il provvedimento di riferimento è il decreto ministeriale del 23 dicembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 33 del 2022.

Quali voucher le imprese possono richiedere per le connessioni internet a banda ultralarga

I contributi per le connessioni internet a banda ultralarga vanno da un minimo di 300 euro a un massimo di 2500 euro. Il bonus rientra nell’ambito della Strategia nazionale di attuazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Gli abbonamenti a internet delle micro, piccole e medie imprese devono avere durata da 18 a 24 mesi. Il totale dei fondi messi a disposizione sono pari a 608 milioni di euro. Per la richiesta del bonus le micro e le Pmi devono risultare regolarmente iscritte al Registro delle imprese.

Quanto spetta di voucher per le connessioni a internet a banda ultralarga per le imprese?

Il bonus per gli abbonamenti a internet a banda ultralarga può essere richiesto dalle imprese a seconda delle esigenze di connettività. Gli abbonamenti dovranno avere una velocità di download da 30 megabit al secondo fino a un gigabit o superiori. Il bonus minimo di 300 euro corrisponde a un contratto di abbonamento a internet tra i 18 mesi e i 36 mesi che garantisca il trasferimento a una connessione con una velocità di download compresa tra i 30 megabit per secondo e i 300 megabit per secondo (Voucher A1). Il Voucher A2 è previsto per connessioni da 300 megabit per secondo fino a un gigabit per secondo. È previsto un contributo anche per i costi di installazione delle connessioni.

Come presentare domanda per il voucher banda larga per le imprese?

La domanda per il bonus connessioni a banda larga può essere presentata dalle imprese dal 1° marzo 2022 fino al 15 dicembre 2022. Le istanze possono essere inoltrate direttamente tramite gli operatori di telecomunicazioni abilitati da Infratel Italia, gestore della misura per conto del ministero per lo Sviluppo Economico.

 

Le 10 qualifiche professionali che daranno più lavoro dal 2022 al 2026

Nel quinquennio dal 2022 al 2022 in Italia si prevede un fabbisogno di nuovi lavoratori complessivo tra 4,1 e 4,5 milioni di unità. Di questi, un numero variabile tra 1,3 e 1,7 milioni di lavoratori costituirà la componente di crescita aggiuntiva dettata dalle nuove misure rientranti, soprattutto, nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Un surplus stimato, in termini occupazionali, compreso tra il 31% e il 38% che, probabilmente, non ci sarebbe stato senza le misure rientranti nei fondi di ripresa dalla pandemia Covid-19 del programma Next Generation Eu.

Di quanti laureati, diplomati e giovani con qualifica professionale avranno bisogno le imprese e la Pa tra il 2022 e il 2026?

Dei nuovi occupati che il monto delle imprese e la Pubblica amministrazione avrà bisogno, tra il 2022 e il 2026 l’offerta di lavoratori sarà data da:

  • 1,1-1,2 milioni di lavoratori in possesso del titolo di laurea;
  • 1,6-1,8 milioni di giovani in possesso del diploma di maturità;
  • 1,2-1,4 milioni di giovani che posseggono al massimo di una qualifica professionale.

I dati sono stati diramati dall’indagine congiunta di Unioncamere e Anpal grazie alla ricerca Excelsior.

Fabbisogno di giovani con qualifica professionale delle imprese e Pubblica amministrazione e offerta di lavoro

Come per i laureati e i diplomati, anche per i giovani in possesso della sola qualifica professionale è importante fare una generale premessa. Le richieste di giovani con qualifica professionale segnerà una differenza tra la domanda, ovvero il fabbisogno delle imprese e della Pubblica amministrazione di giovani con questo grado di istruzione, e l’offerta, ovvero quanti saranno i giovani alla ricerca di lavoro con i requisiti richiesti. In generale, l’offerta formativa complessiva è in grado di soddisfare solo all’incirca il 60% della potenziale domanda, con fabbisogno maggiore nei settori dell’edilizia, della logistica e della meccanica.

Quali saranno i settori nei quali serviranno di più i giovani con qualifica professionale?

Per quanto attiene all’istruzione e alla formazione professionale regionale (IeFP), il fabbisogno maggiore negli anni dal 2022 al 2026 si riscontra, infatti, negli indirizzi della meccanica, dell’edilizia e dell’elettrico. Si tratta, essenzialmente, della domanda proveniente soprattutto dalle filiere delle costruzioni e delle infrastrutture. È interessante notare che l’indagine Unioncamere e Anpal prevede due scenari nel calcolo delle stime del fabbisogno e dell’offerta lavorativa. Un primo scenario, più ottimistico, è dato da tassi di Prodotto interno lordo elevanti, connessi soprattutto agli ottimali investimenti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il secondo scenario è sì positivo, ma meno rispetto al primo. Si discosta al massimo di qualche punto di Pil, soprattutto nei primi anni (2022, 2023 e 2024) del quinquennio.

Quali sono le 10 qualifiche professionali che daranno maggiori opportunità di lavoro tra il 2022 e il 2026?

Dalle stime della ricerca Unioncamere e Anpal, le 10 qualifiche professionali che daranno le maggiori opportunità di lavoro tra il 2022 e il 2026 saranno:

  • la qualifica professionale in meccanica. Nello scenario migliore le imprese avranno bisogno ogni anno di 27.200 nuove unità, in quello peggiore di 23 mila unità. Alla richiesta delle imprese si contrappone offerta di neoqualificati. Mediamente, infatti, saranno disponibili sul mercato del lavoro appena 6.400 neoqualificati all’anno;
  • la qualifica al secondo posto per le richieste delle imprese è quella legata agli indirizzi dell’edilizia e dell’elettrico. Nello scenario peggiore serviranno alle imprese 21 mila nuovi qualificati, in quello migliore 23.900. Tuttavia, l’offerta di neoqualificati in media all’anno si fermerà ad appena 5.500 nuove unità;
  • al terzo posto della qualifica professionale si trovano gli indirizzi legati alle segreterie amministrative e ai servizi di vendita. Serviranno, nello scenario peggiore 18.600 nuovi qualificati, in quello migliore 20.400. Tuttavia, l’offerta annua media di nuovi qualificati si fermerà a 5.900.

Le 10 qualifiche professionali con più offerte di lavoro tra il 2022 e il 2026: quali sono?

Si ribalta la situazione al quarto posto delle qualifiche professionali con più offerte di lavoro tra il 2022 e il 2026 in merito alla domanda e offerta di nuovi qualificati. Infatti, il settore della ristorazione registrerà un fabbisogno di nuovi lavoratori di 17 mila unità nello scenario peggiore e di 19.900 all’anno in quello migliore. L’offerta di nuovi qualificati sarà maggiore rispetto ai posti di lavoro a disposizione e si attesterà a 21.700 nuovi qualificati medi per ogni anno. A seguire:

  • la logistica, i trasporti e le riparazioni di veicoli. La qualifica professionale sarà ricercata per un fabbisogno di 12.100 nuove unità nello scenario peggiore e per 13.600 in quello migliore. Ma mancherà l’offerta di nuovi qualificati. La stima indica appena 6 mila nuovi qualificati all’anno tra il 2022 e il 2026;
  • a seguire le qualifiche per i servizi di promozione e di accoglienza, settore nel quale le imprese cercheranno di assumere 6.600 lavoratori qualificati nello scenario peggiore e 7.200 unità in quello migliore. L’offerta di neoqualificati ogni anno si fermerà a meno della metà, mediamente a 3.200;

Quali qualifiche professionali saranno richieste maggiormente dal 2022 al 2026?

A seguire tra le 10 qualifiche professionali più richieste dalle imprese per il quinquennio dal 2022 al 2026 si ritrovano:

  • la qualifica agraria e agroalimentare. Nello scenario peggiore le imprese avranno bisogno di 4.600 nuovi occupati con questa qualifica. In quello migliore di 5.000. L’offerta media annuale sarà maggiore rispetto ai posti alle richieste delle imprese e si attesterà sui 6.900 nuovi qualificati ogni anno;
  • all’ottavo posto nella classifica delle 10 qualifiche più richieste dalle imprese, si ritrovano i candidati provenienti dalla formazione in grafica, in cartotecnica e nel legno. La richiesta delle imprese sarà di 4.000 unità nello scenario peggiore e di 4.600 in quello migliore. Più o meno in linea sarà la risposta dei candidati neoqualificati che si attesterà a 4.300 nuove unità di media all’anno.

Tessile, benessere, calzature e benessere sono tra le qualifiche professionali più richieste dalle imprese dal 2022 al 2026

La qualifica professionale dei settori del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature occupano la nona posizione tra i qualificati richiesti dalle imprese dal 2022 al 2026. Nello scenario peggiore, infatti, i qualificati in queste mansioni saranno richiesti dalle imprese per 2.900 unità, nello scenario migliore per 4.100 unità. Più alta sarà l’offerta proveniente dai nuovi qualificati mediamente all’anno, pari a 5 mila. A chiudere la classifica i qualificati nel settore del benessere, richiesti dalle imprese in numero di 3.900 in entrambi gli scenari. Ma ci sarà molta concorrenza tra i candidati dal momento che, per ogni anno, mediamente si qualificheranno 10 mila unità.

Le altre qualifiche professionali richieste dalle imprese tra il 2022 e il 2026

Tra le altre qualifiche professionali richieste dalle imprese tra il 2022 e il 2026 figurano i candidati per gli impianti termoidraulici (3.000 o 3.400 le richieste rispettive tra scenario peggiore e migliore). L’offerta media annua si fermerà ad appena mille nuovi qualificati. A seguire sarà richiesta la qualifica in elettronica (tra le 2.300 e le 2.500 nuove richieste dalle imprese nei due scenari). L’offerta di nuovi qualificati media all’anno sarà più o meno bilanciata e stimabile in 2.200 neoqualificati. Gli altri indirizzi varieranno sulla richiesta delle imprese tra 1.700 e 1.900, ma mediamente i neoqualificati saranno appena 700 all’anno. In linea complessiva, le imprese avranno bisogno, dal 2022 al 2026, di 120.700 nuovi qualificati nello scenario peggiore e di 137.600 in quello peggiore. Molto ridotta sarà l’offerta di nuovi qualificati: mediamente, all’anno, la ricerca stima appena 78.800 neoqualificati.

 

Gli 8 diplomi di maturità che offriranno più opportunità di lavoro dal 2022 al 2026

Negli anni dal 2022 al 2026 si prevede un fabbisogno nuove entrate nel mondo del lavoro tra i 4,1 e i 4,5 milioni di lavoratori. Di questi, si stima che la maggiore spinta rispetto agli anni precedenti della crescita occupazionale si attesti tra 1,3 e 1,7 milioni di lavoratori. Molta di questa crescita avrà il proprio contributo nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Dalle stime dell’indagine Excelsior, portata avanti da Unioncamere e Anpal, tra il 31% e il 38% della maggiore spinta sul mondo del lavoro deriverà dai provvedimenti messi in campo dal governo in ambito della Next Generation Eu.

Offerte di lavoro, quante nuove assunzioni ci saranno tra il 2022 e il 2026 tra i diplomati?

Se il fabbisogno di personale con titolo di studio di laurea si stima tra 1,1 e 1,2 milioni di universitari, la ricerca diventa più complessa per i neo-diplomati. Tra il 2022 e il 2026 il mercato del lavoro potrebbe avere necessità di immettere nelle aziende tra 1,6 e 1,8 milioni di diplomati, pari a due terzi del fabbisogno di lavoro dei prossimi cinque anni. Inoltre, lo studio di Unioncamere e Anpal stima che, nello stesso quinquennio, il mercato del lavoro avrà la necessità di immettere in azienda tra 1,2 e 1,4 milioni di lavoratori in possesso della qualifica professionale.

Quali settori avranno maggiore necessità di diplomati e per quali indirizzi tra il 2022 e il 2026?

L’indagine condotta da Unioncamere e Anpal evidenzia un significativo mismatch tra la domanda e l’offerta per l’istruzione e la formazione professionale. L’offerta formativa complessiva sarà in grado di soddisfare solo il 60% circa della domanda potenziale, e con situazioni piuttosto critiche relative agli indirizzi della logistica, dell’edilizia e della meccanica. Per ciascun anno dal 2022 al 2026 il fabbisogno di nuovi occupati con il diploma si attesterà tra le 320 mila e le 350 mila unità. L’indagine prende in considerazione due scenari.

Opportunità di lavoro per diplomati, quali sono gli scenari previsti dal 2022 al 2026?

Il primo (lo scenario A) prevede tassi di crescita del Prodotto interno lordo (Pil) molto alti, almeno per i primi anni dal 2022 al 2026; il secondo scenario (quello B) prevede tassi di crescita del Pil sempre positivi, ma meno rispetto al precedente scenario.

Offerte di lavoro, quali sono i diplomi con maggiore richiesta tra il 2022 e il 2026?

Tra il 2022 e il 2022 gli 8 diplomi che daranno maggiori opportunità saranno nell’ordine:

  • il diploma nelle aree di amministrazione e di marketing con 78.300 richieste all’anno nello scenario peggiore e 87.000 richieste in quello migliore. A fronte di questa necessità delle imprese, l’offerta di neodiplomati media annua sarà più bassa, stimabile in 45.400 nuove unità;
  • diploma di industria e artigianato, con fabbisogno di 68.500 richieste delle imprese all’anno nello scenario peggiore e di 77.800 in quello migliore. A fronte del fabbisogno, l’offerta di neodiplomati per ciascun anno dal 2022 al 2026 sarà di 70 mila nuove unità;
  • i licei, con un fabbisogno di 60.300 nuovi diplomati nello scenario peggiore e di 64.600 in quello migliore. A fronte del fabbisogno, sarà notevolmente maggiore l’offerta di nuovi diplomati nel periodo, con 126.800 nuovi diplomati per ciascun anno.

Quali sono i diplomi di maturità che offriranno più possibilità di lavoro dal 2022 al 2026?

Continuando con la classifica dei diplomi di maturità che daranno maggiori opportunità di lavoro tra il 2022 e il 2026, si ritrovano:

  • i diplomi socio-sanitari, con 32.800 nuove unità di fabbisogno sul mercato del lavoro tra il 2022 e il 2026 nello scenario peggiore e 33.300 in quello migliore. A fronte del fabbisogno, il numero annuo di diplomati sarà notevolmente inferiore e pari a 13.000 nuovi diplomati;
  • il diploma di turismo, con 21.700 nuovi diplomati richiesti all’anno nello scenario peggiore e 24.300 in quello migliore. L’offerta di neodiplomati all’anno sarà di 41.100 unità;
  • diplomi legati al settore delle costruzioni, con 20.400 nuove unità di fabbisogno all’anno nello scenario peggiore e 22.100 in quello migliore. L’offerta di nuovi diplomati nel settore sarà di gran lunga inferiore e pari a 9.700 unità all’anno.

Fabbisogno e offerta di diplomati, quali saranno i titoli più richiesti dal 2022 al 2026?

In chiusura della classifica dei diplomi più richiesti sul mercato del lavoro tra il 2022 e il 2026 si ritrovano:

  • i titoli sui trasporti e la logistica con 14.100 nuovi diplomati richiesti dalle imprese tra il 2022 e il 2026 nello scenario peggiore e 15.700 in quello migliore. L’offerta di nuovi diplomati all’anno si fermerà a 5.800 nuove unità;
  • i diplomi dell’agroalimentare, con fabbisogno di 10.100 nuovi diplomati annui nello scenario peggiore e di 11.300 in quello migliore. L’offerta di diplomati sarà all’incirca in linea con la richiesta e pari a 11.700 neodiplomati all’anno;
  • gli altri indirizzi segneranno un fabbisogno medio annuo di 13.300 unità nello scenario peggiore e di 15.200 in quello migliore. Molto più bassa sarà l’offerta annua di neodiplomati che si fermerà a 6.100.

Considerazioni finali sulla richiesta di diplomati nel mercato del lavoro dal 2022 al 2026

Il quadro che emerge dall’indagine Unioncamere e Anpal sul mercato del lavoro dal 2022 al 2026, in particolare sui diplomati, denota:

  • un fabbisogno di gran lungo superiore all’offerta di diplomati per gli indirizzi amministrativi e di marketing, per il socio e sanitario, per le costruzioni, per la logistica e i trasporti e per il gruppo artigianato e industriale;
  • per altri diplomi emerge un eccesso non trascurabile dell’offerta di diplomati, ovvero del numero dei nuovi diplomati. In particolare, per i licei per per gli indirizzi turistici.

Rapporto personale maschile e femminile: obbligo esteso per le aziende

Dall’11 febbraio 2022 è attivo il servizio online del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per il monitoraggio del rapporto personale maschile e femminile nelle aziende, con un’importante novità: l’obbligo è stato esteso alle aziende con più di 50 dipendenti.

Parità di genere nel PNRR

La parità di genere nel mondo del lavoro è uno degli obiettivi che l’Italia fa molta fatica a raggiungere, soprattutto in alcune zone del Paese, in particolare il meridione, dove la disoccupazione femminile è molto elevata. Non solo, ci sono ancora molte differenze per quanto riguarda gli stipendi e l’inquadramento, infatti le donne, anche a parità di mansioni, guadagnano meno, inoltre hanno maggiori difficoltà a raggiungere posizioni verticistiche. Al fine di inquadrare bene la situazione, è previsto il monitoraggio  del rapporto personale maschile e femminile nelle aziende che ora è accessibile, e costituisce un obbligo, anche alle aziende con più di 50 dipendenti.

Un passo importante per il raggiungimento della parità di genere nel mondo del lavoro è dato dal PNRR, questo ha tra i suoi obiettivi l’aumento dell’occupazione femminile almeno del 4%. Al fine di monitorare la situazione e dare attuazione al PNRR, la Legge n. 275 del 2021 ha modificato il Codice delle Pari Opportunità e ha esteso l’obbligo di aderire al monitoraggio anche alle aziende con più di 50 dipendenti, in passato l’obbligo era previsto solo per le aziende con almeno 100 dipendenti.

Per conoscere le varie misure previste nel PNRR per incrementare la parità di genere, leggi l’articolo: Il PNRR per l’occupazione femminile: misure indirette e dirette

Cosa deve indicare il rapporto personale maschile e femminile?

In particolare la nuova formulazione dell’articolo 46 del Codice delle Pari Opportunità stabilisce che le aziende del settore pubblico o privato devono redigere almeno ogni 2 anni il rapporto della situazione del personale maschile e femminile presente in azienda. Il rapporto deve tenere in considerazione:

  • stato delle assunzioni;
  • formazione;
  • promozione professionale;
  • livelli;
  • passaggi di categoria o di qualifica;
  • mobilità;
  • cassa integrazione;
  • licenziamenti;
  • prepensionamenti;
  • pensionamenti;
  • retribuzione.

I datori di lavoro che occupano fino a 50 dipendenti non sono obbligati a redigere il rapporto possono però volontariamente aderire.

Per poter adempiere a tale obbligo è disponibile il modello sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, inoltre è possibile utilizzare l’applicativo presente sul sito del Ministero del lavoro: clicca QUI

Ricordiamo che per le aziende che non aderiscono vi è impossibilità di accedere ai fondi del PNRR. Come si può notare dai dati che devono essere inseriti, l’obbligo è volto non solo a verificare quanto le aziende siano sensibili al tema della disoccupazione femminile, ma anche a verificare se alle donne viene data possibilità di fare carriera e se vi è un trattamento economico uguale tra uomoini e donne con lo stesso inquadramento.

Superbonus 80%, nei contributi a fondo perduto turismo anche wifi e mobili: domande dai prossimi giorni

Novità in arrivo per il superbonus 80%, la misura a vantaggio degli alberghi e delle attività turistiche e dei contributi a fondo perduto previsti dal decreto del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il decreto legge 152 del 2021, infatti, è stato meglio specificato dall’elenco delle spese ammissibili dal ministero del Turismo. Il dicastero guidato da Massimo Garavaglia ha stilato, infatti, la lista di quanto rientri nei contributi a fondo perduto.

Spese rientranti nel superbonus 80% e contributi a fondo perduto del turismo: anche wifi, mobili e terme

Tra le spese finanziabili dal superbonus e dai contributi, anche quelle per il wifi, i mobili e le terme. Rimane invariata la percentuale delle spese che deve essere vincolata all’efficienza energetica: il 50%. Intanto è quasi pronta la piattaforma del ministero del Turismo per la presentazione delle domande del superbonus e dei contributi a fondo perduto: si prevede che la domanda potrà essere presentata già dai prossimi giorni.

Contributi a fondo perduto turismo e superbonus 80%: ecco le spese ammissibili aggiornate

Secondo i chiarimenti del ministero del Turismo, dunque, anche i mobili, il wifi e le piscine termali faranno parte del paniere delle spese ammissibili ai fini del superbonus 80% e dei contributi a fondo perduto. I finanziamenti andranno a vantaggio degli alberghi e delle strutture turistiche secondo quanto prevede il decreto del Pnrr numero 152 del 2021. L’elenco delle spese dovrà, in ogni modo, tener presente dei vincoli, in primis delle risorse stanziate. Primo tra tutti, quello relativo al 50% di risorse che verranno messe a disposizione per l’efficienza e la riqualificazione energetica. La metà dei 500 milioni di euro stanziati fino al 2024 dovrà andare a vantaggio dell’impatto ambientale.

Superbonus 80% e contributi a fondo perduto: gli obiettivi della riduzione delle emissioni

Infatti, tra i vincoli dei contributi a fondo perduto a favore delle imprese operanti nel turismo vi sono una serie di obiettivi ai quali gli interventi devono tendere. In primis, i lavori devono permettere la riduzione della dispersione termica, la schermatura solare e la produzione di acqua calda. Inoltre, nella direzione degli obiettivi della riduzione delle emissione e del cambiamento climatico devono essere programmati anche i lavori relativi agli impianti di climatizzazione invernale e della building automation.

Quali altre spese sono finanziabili con il superbonus 80% e i contributi a fondo perduto del turismo?

Ulteriori obiettivi dei contributi a fondo perduto del turismo e del superbonus 80% riguardano:

  • la riqualificazione antisismica (miglioramento del comportamento antisismico dell’immobile o spese per beni destinati a strutture esistenti);
  • l’abbattimento delle barriere architettoniche;
  • i lavori di manutenzione straordinaria, di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia;
  • la realizzazione e la ristrutturazione delle piscine termali, degli spogliatoi e dei servizi igienici;
  • gli investimenti in digitalizzazione (spese per wifi, dispositivi per i pagamenti elettronici, sistemi di gestione e relative licenze, router e modem);
  • l’acquisto dei mobili, dei complementi di arredo e l’illuminotecnica;
  • spese per le prestazioni dei professionisti per relazioni, attestati tecnici, asseverazioni nella misura massima del 10% dei costi ammissibili.

Contributi a fondo perduto turismo e superbonus 80%, da quando si può presentare la domanda?

Si hanno novità in merito alla presentazione delle domande del superbonus 80% per il turismo e dei contributi a fondo perduto. Il ministero del Turismo, infatti, sta mettendo a punto la piattaforma che deve essere pronta entro il giorno 21 febbraio 2022. Particolare attenzione deve essere tenuta in considerazione sui tempi. Infatti, dall’apertura della piattaforma, le imprese potenzialmente beneficiarie dei contributi avranno 30 giorni di tempo per presentare tutta la pratica. Difatti, tra permessi, visti e documenti vari, sono addirittura 29 le richieste alle quali adempiere per inviare la richiesta.

Importi degli interventi ammessi al superbonus 80% e ai contributi a fondo perduto

Tra gli interventi finanziabili dal superbonus 80% del turismo, anche il credito di imposta relativo agli interventi realizzati tra il 7 novembre 2021 e la fine di gennaio 2024. Si può ottenere il credito di imposta anche per gli interventi avviati a partire dal febbraio del 2020. Tuttavia, è necessario che le relative spese siano state sostenute a partire dal 7 novembre 2021. L’importo degli interventi varia da un minimo di 40 mila euro a un massimo di 100 mila euro.

Contributi a fondo perduto fino all’80% per Pmi, artigiani e professionisti: arrivano gli aiuti

In arrivo finanziamenti, anche convertibili in contributi a fondo perduto, fino all’80% delle spese ammissibili per gli investimenti produttivi delle piccole e medie imprese, degli artigiani e dei professionisti. Il decreto del Mise è quello relativo al provvedimento del 19 novembre scorso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 27 del 2 febbraio 2022. I contributi sono previsti dal decreto del ministero per lo Sviluppo Economico a copertura delle spese relative al design, alla moda, agli accessori, ai media, alla musica e perfino ai giocattoli.

Il Mise stanzia 20 milioni di euro per i contributi e gli aiuti alle imprese e autonomi

La copertura dei finanziamenti e dei contributi a fondo perduto del Mise andrà a favore del capitale circolare e degli investimenti produttivi in conto capitale. Lo stanziamento delle risorse del ministero è pari a 20 milioni di euro sia per il 2021 che per il 2022. Ammessi al beneficio fiscale saranno le piccole e medie imprese artigianali e i professionisti che rientrino negli obiettivi di creatività. I prestiti sono agevolati e a tasso zero, accompagnati da contributi a fondo perduto. Ne potranno beneficiare sia le nuove imprese, ovvero le start up, che le imprese esistenti per il loro consolidamento sul mercato.

In quali settori sono previsti i finanziamenti del Mise per le Pmi e professionisti?

Dettagliato è il quadro delle attività nel quale le piccole e medie imprese artigianali e i professionisti dovranno rientrare. Ovvero:

  • attività nel settore tessile, calzaturificio e pelletteria;
  • legno;
  • fabbricazione e lavorazione del ferro, del vetro, di gioielli, orologi, strumenti musicali e giocattoli;
  • imprese dell’editoria e portali web;
  • trasmissioni televisive e radiofoniche;
  • agenzie pubblicitarie, studi fotografici;
  • professionisti architetti, ingegneri e di design.

Investimenti ammissibili tra finanziamenti a tasso zero e contributi a fondo perduto del Mise 2022

Gli investimenti ammissibili ai finanziamenti e ai contributi a fondo perduto del Mise sono relativi sia alla creazione che al consolidamento delle imprese e dei professionisti beneficiari. In particolare, gli investimenti devono riguardare:

  • le spese ammissibili, comprese quelle relative al capitale circolante, il cui importo non ecceda i 500 mila euro al netto dell’Iva;
  • la durata del finanziamento non deve eccedere i due anni, a partire dal momento in cui viene sottoscritto il decreto di assegnazione degli strumenti finanziari;
  • le imprese non devono essere costituite da più di cinque anni nel momento in cui presentano la domanda di concessione dei finanziamenti e del fondo perduto;
  • per le imprese costituite da oltre cinque anni è previsto il finanziamento dell’ampliamento o della diversificazione della propria attività e dunque dell’offerta dei prodotti o dei servizi oppure modifiche e innovazione del proprio modo di produrre.

Finanziamenti Pmi e professionisti e contributi a fondo perduto, quali sono le spese ammissibili?

In rapporto alle spese che possono essere ammesse al finanziamento a tasso zero o ai contributi a fondo perduto, le piccole e medie imprese artigianali e i professionisti devono valutarle in base ai seguenti principi:

  • si possono coprire le immobilizzazione materiali. Il riferimento è agli impianti, ai macchinari, alle attrezzature, purché nuovi di fabbrica e coerenti con l’attività svolta dal richiedente;
  • le immobilizzazioni immateriali, inerenti l’attività dell’impresa richiedente, compresi i brevetti e le licenzie di uso;
  • le opere murarie al massimo per il 10% della domanda complessiva di finanziamento;
  • il capitale circolante, al massimo per il 50% della richiesta.

Spese per il capitale circolante ammissibili nei finanziamenti e contributi a fondo perduto del Mise

Nel novero delle spese ammissibili relative al capitale circolante dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti agevolati del Mise rientrano:

  • le materie prime;
  • i materiali di consumo e le merci;
  • i servizi generali relativi allo svolgimento dell’attività dell’impresa o del professionista che fa richiesta;
  • l’acquisto di beni o servizi da terzi, ovvero le spese per i canoni di leasing, hosting informatici, noleggi;
  • le utenze, le fidejussioni legate al progetto e le perizie tecniche necessarie;
  • il costo dei dipendenti, purché assunti con contratto a tempo indeterminato e che non sia già coperto da altre agevolazioni fiscali.

Quanto si può ottenere di contributi a fondo perduto e finanziamenti dal Mise?

In merito alla misura del beneficio relativo ai contributi a fondo perduto e ai finanziamenti, le imprese richiedenti e i professionisti devono tener conto delle seguenti percentuali e limiti:

  • il contributo a fondo perduto può arrivare al massimo al 40% delle spese ammissibili;
  • i finanziamenti agevolati, a tasso zero e con durata fino a dieci anni, possono coprire l’altro 40% dei costi del progetto.

Contributi a fondo perduto Mise, le start up possono ottenere quote di finanziamenti più alti

Le piccole e medie imprese artigianali start up possono ottenere quote di finanziamenti e di contributi a fondo perduto più alte. La percentuale di agevolazione può arrivare al 50% per le somme apportate da investitori terzi nell’impresa stessa. In tal caso, il finanziamento può essere convertito in contributi a fondo perduto. Il 50% è anche la percentuale alla quale può arrivare il massimo della quota finanziabile, in ogni caso, dalla misura per nascenti attività. Il finanziamento convertito in fondo perduto può essere utilizzato, nei primi cinque anni di attività, esclusivamente a copertura delle perdite o per gli aumenti di capitale.

Contributi a fondo perduto e finanziamenti Pnrr, prorogata la domanda al 31 maggio

È stato prorogato il termine per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). La nuova scadenza delle istanze di finanziamento è fisata al 31 maggio 2022. In particolare, risultano ancora ampiamente disponibili le risorse destinate ai nuovi strumenti del Fondo 394 per le tre tipologie di aiuti alle piccole e medie imprese (Pmi).

Contributi a fondo perduto e finanziamenti per le piccole e medie imprese: per cosa si possono richiedere?

Nell’ambito della concessione di contributi a fondo perduto e finanziamenti del Pnrr, sono previste tre tipologie di strumenti dedicati in via esclusiva alle piccole e medie imprese:

  • transizione ecologica e digitale delle Pmi a vocazione internazionale;
  • partecipazione delle piccole e medie imprese alle fiere e alle mostre internazionali, svolte anche in Italia, e le missioni di sistema;
  • sviluppo dell’e-commerce delle Pmi nei paesi esteri (commercio elettronico).

Le piccole e medie imprese interessate possono presentare una sola istanza per la richiesta dei contributi a fondo perduto e dei finanziamenti con i fondi del Pnrr.

Contributi e finanziamenti per la transizione digitale ed economica delle Pmi: come funziona?

I contributi a fondo perduto e i finanziamenti rientranti nella transizione ecologica e digitale sono destinati a investimenti nelle tecnologie e nelle produzioni sostenibili delle Pmi. Si possono finanziare progetti fino a 300 mila euro con durata di 6 anni e 2 di pre-ammortamento purché l’importo non superi il 25% dei ricavi risultanti dagli ultimi due bilanci approvati. La quota massima del contributo a fondo perduto è fissato al 40% per le piccole e medie imprese con sede nel Sud Italia e del 25% per le restanti Pmi.

Contributi e finanziamenti per la partecipazione delle Pmi a fiere e mostre: in cosa consistono?

I contributi a fondo perduto e i finanziamenti per la partecipazione delle Pmi a fiere e mostre internazionali, anche in Italia, permettono:

  • il tasso agevolato per progetti relativi a ogni singolo evento fino a 150 mila euro, con durata di 4 anni di cui uno di pre-ammortamento;
  • la quota del contributo a fondo perduto del 40% (Pmi del Sud Italia) o del 25% (le restanti imprese) purché l’importo del progetto non superi il 15% dei ricavi dell’ultimo bilancio approvato e depositato dall’impresa.

Finanziamenti e contributi per lo sviluppo del commercio elettronico delle Pmi: quali aiuti alle imprese?

Per i finanziamenti e i contributi a fondo perduto delle Pmi relativi allo sviluppo del commercio elettronico si aiutano le imprese nei progetti della creazione o miglioramento delle piattaforme di e-commerce (anche sviluppate da terzi). Le condizioni degli aiuti prevedono:

  • contributi a fondo perduto fino al 40% (imprese del Sud Italia) o del 25% per le restanti imprese;
  • finanziamenti a tasso agevolato rimborsabili in 4 ani di cui 1 di pre-ammortamento.

L’importo minimo dei progetti delle Pmi è di 10 mila euro, i massimali sono invece fissati in:

  • 300 mila euro per una piattaforma e-commerce propria (e fino a non più del 15% dei ricavi degli ultimi due bilanci);
  • 200 mila euro per una piattaforma e-commerce di terzi (nel limite del 15% dei ricavi medi degli ultimi due bilanci approvati).

Contributi a fondo perduto Pmi transizione ecologica e digitale: come si presenta la domanda?

Per la presentazione della domanda di contributi a fondo perduto o di finanziamento è necessario consultare l’area personale del portale Simest. Ciascuna piccola e media impresa può presentare una sola domanda di finanziamento. Sul portale sono presenti tre fac simile di istanza, una per ogni ambito di richiesta di contributo a fondo perduto e finanziamento. Dall’area personale è possibile verificare il possesso dei requisiti richiesti.

Bonus investimenti, come funziona il credito di imposta beni Industria 4.0?

Si amplia il credito di imposta sul bonus investimento per i beni Industria 4.0 secondo quanto dispone la legge di Bilancio 2022. L’agevolazione durerà fino a tutto il 2025, ma occorre prestare attenzione al fatto che il bonus rientra anche nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr): potrebbero nascere incompatibilità con altre agevolazioni fiscali. I beni oggetto di credito di imposta sono quelli materiali e immateriali 4.0, ai quali vanno aggiunte le disposizioni relative ai beni ordinari. Ovvero fuori dalle tabelle A e B di applicazione del bonus investimenti.

Credito fiscale del bonus investimenti su beni Industria 4.0: le scadenze della misura

Le agevolazioni fiscali del bonus investimenti in beni Industria 4.0 sono state modificate dalla legge di Bilancio 2022 al comma 44. Infatti le imprese, nell’applicare le detrazioni del credito di imposta relative al bonus investimenti, dovranno verificare che le agevolazioni non contrastino con le misure previste dal Pnrr. Il bonus investimenti rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2025. La proroga al 30 giugno 2026 avverrà con la prenotazione che deve essere confermata dal venditore di beni. Risulta necessario l’acconto di minimo il 20%. La regola del primo semestre dell’anno successivo vale per la maggior parte dei bonus.

Bonus investimenti su beni materiali 4.0: quali sono?

Le agevolazioni del bonus investimenti su beni materiali dell’Industria 4.0 risultano dalla tabella A allegata alla legge 232 del 2016. In particolare i beni che sono stati prenotati entro il 31 dicembre 2021 e che vengano consegnati entro il 30 giugno prossimo, prevedono il credito di imposta del:

  • 50% fino al valore di 2,5 milioni di euro;
  • 30% tra 2,5 e 10 milioni di euro;
  • 10% tra 10 e 20 milioni di euro;
  • il massimale risulta fissato a 20 milioni di euro.

Credito di imposta su beni materiali 4.0 dal 2022 al 1° semestre 2026

Per i beni materiali 4.0 acquistati nel 2022 e per quelli prenotati entro il 1° semestre del 2023 le percentuali si riducono, rispettivamente, al 40%, al 20% e al 10% con massimale di 20 milioni di euro. I beni acquistati nel 2023, 2024, 2025 e prenotati entro il 30 giugno 2026 hanno le percentuali di credito di imposta rispettivamente: del 20%, del 10% e del 5% con massimale di 20 milioni di euro.

Credito di imposta su acquisto software 4.0 rientranti nel bonus investimenti: quali sono le percentuali dal 2022 al 2026?

Per i beni immateriali e, in particolare, per l’acquisto di software è necessario consultare la tabella B della legge 232 del 2016. In particolare, la legge di Bilancio 2022 ha stabilito le percentuali di credito di imposta sull’acquisto di questi beni nel per i beni acquistati entro il 31 dicembre 2023 e per quelli prenotati entro il primo semestre del 2024 del 20%. Il massimale di acquisto è fissato in un milione di euro. Per i beni acquistati nel 2024 e prenotati entro il 30 giugno 2025 il credito di imposta si riduce al 15%; per i beni acquistati nel 2025 e per quelli prenotati entro il 30 giugno 2026 il credito di imposta è del 10%. Il massimale di spesa rimane fissato a un milione di euro.

Credito di imposta su altri beni rientranti nel bonus investimenti ma non 4.0

Per quanto concerne il credito di imposta ordinario applicato per l’acquisto di beni materiali non rientranti nelle tabelle A e B – e dunque non rientranti nell’Industria 4.0 – con beneficio anche per i liberi professionisti, le percentuali (in riduzione) sono le seguenti:

  • il 6% del credito di imposta per i beni acquistati nel 2022 e prenotati nel 1° semestre del 2023. La percentuale fino al 31 dicembre 2021 (e valida per i beni consegnati o ultimati entro il 30 giugno 2022) è del 10%. Si applica il 15% per i dispositivi utili al lavoro agile;
  • per gli anni 2023, 2024 e 2025 non è previsto alcun credito di imposta su questi beni Industria 4.0;
  • i limiti di spesa sono fissati a 2 milioni di euro per gli acquisti sia del 2022 che del 2023.

Acquisto di beni immateriali ordinari non rientranti nell’Industria 4.0: quale credito di imposta dal bonus investimenti?

Per l’acquisto di beni immateriali ordinari, non rientranti tra quelli Industria 4.0, l’applicazione del bonus investimenti permette i seguenti crediti di imposta:

  • per i beni immateriali ordinari del 2021 e prenotati entro il 30 giugno 2022, il credito di imposta è del 10% con un massimale di un milione di euro;
  • l’acquisto dei beni nel 2022 e fino e prenotati entro il 30 giugno 2023 la percentuale si riduce al 6% con massimale di spesa di un milione;
  • per gli acquisti degli anni 2023, 2024 e 2025 non è previsto alcun credito di imposta per l’acquisto di questi beni.

Cumulabilità bonus investimenti dei beni Industria 4.0 con altri benefici fiscali

Sulla cumulabilità dell’acquisto dei beni rientranti nel bonus investimenti dell’Industria 4.0 con altri benefici fiscali vale la regola generale fissata dalla legge di Bilancio 2021 (ultimo comma dell’articolo 1059). Nel dettaglio, il beneficio del credito di imposta del bonus investimenti risulta cumulabile con altri benefici fiscali sugli stati costi purché tale cumulo rientri all’interno del limite del costo sostenuto.

Cumulabilità bonus investimenti dei beni Industria 4.0 con le misure del Pnrr

Per quanto concerne la cumulabilità del credito di imposta del bonus investimenti dei beni Industria 4.0 con le misure del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) è necessario rifarsi alla circolare del ministero dell’Economia e delle Finanze numero 21 del 2021 che recepisce il Regolamento Ue numero 241 del 2021. In particolare, l’articolo 9 del Regolamento comunitario prevede il divieto di cumulo delle misure del Pnrr con le risorse ordinario del bilancio statale.

Cumulabilità credito di imposta beni 4.0 con le disposizioni del Pnrr: i codici tributo da utilizzare

Nel dettaglio, la cumulabilità del credito di imposta del bonus investimenti deve integrarsi con le disposizioni contenute nella misura “Investimento 1, Transizione 4.0 del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (M1 C1-1). Tale misura prevede il credito di imposta per l’acquisto di beni materiali e immateriali 4.0 e di quelli standard da non cumulare con il credito di imposta del bonus investimenti. Nella compilazione del quadro RU, in particolare, è necessario prestare attenzione agli errori o alle omissioni di difficile risoluzione. I codici tributo da utilizzare sono contenuti nella risoluzione numero 68/E del 2021.

Cumulabilità beni materiali e immateriali bonus ordinario con beni immateriali Pnrr

Sulla cumulabilità del bonus ordinario sul credito di imposta per l’acquisto di beni materiali e immateriali previsti dal codice tributo 6935 (ovvero i beni non rientranti nelle tabelle A e B, perciò ordinari), la quota finanziata dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza è unicamente quella relativa ai beni immateriali ordinari. Tuttavia, quanto descritto deve integrarsi con la circolare del ministero dell’Economia e delle finanze numero 33 di fine 2021. Tale comunicazione ha chiarito che le diverse misure, quella comunitaria e quella nazionale, possono finanziare l’acquisto di uno stesso bene purché i due incentivi non si sovrappongano e riguardino quote diverse di costi senza superare il 100% del costo relativo all’acquisto stesso.