Pensioni lavoratori precoci con quota 41, chi può avere lo sconto nel 2022?

Per i lavoratori che abbiano iniziato a lavorare all’età dell’adolescenza, anche per il 2022 si potrà usufruire delle pensioni anticipate a quota 41. La misura dei precoci, infatti, consente ai contribuenti di uscire da lavoro al raggiungimento dei 41 anni di contributi con una finestra mobile di 3 mesi. Tuttavia, non si tratta di una quota 41 per tutti, anche se non esiste un’età minima per andare in pensione. Infatti, i precoci devono soddisfare determinati requisiti per lasciare il lavoro da “precoci”.

Pensioni precoci, quali sono i requisiti richiesti di contributi e condizioni lavorative?

Il primo requisito delle pensioni precoci per agganciare l’uscita con 41 anni di contributi è quello secondo il quale è necessario aver versato un anno di contributi prima del raggiungimento dei 19 anni di età. Si tratta di un requisito di carattere generale che deve essere soddisfatto da chiunque voglia uscire con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età di pensionamento. Tuttavia, a questo requisito è necessario abbinare, alternativamente, uno dei restanti quattro requisiti. Si tratta dello stato di disoccupazione, dell’assistenza di un familiare con handicap o della non capacità lavorativa e dell’appartenenza a una delle categorie di lavoratori impiegati in mansioni usuranti.

Andare in pensione con la misura per i precoci per chi è senza lavoro

Il primo dei tre requisiti richiesti delle pensioni per i precoci è quello di trovarsi nello stato di disoccupazione. Ovvero il richiedente la pensione deve trovarsi in questo stato in seguito alla cessazione del proprio rapporto di lavoro per licenziamento, risoluzione consensuale o per dimissioni per giusta causa. Il licenziamento può essere avvenuto anche in maniera collettiva. In tutti i casi, per ottenere la pensione è necessario aver già espletato da almeno tre mesi la prestazione prevista per la disoccupazione.

Pensioni con quota 41 per chi assiste convivente con handicap o ha riduzione capacità lavorativa

Ammessi alla pensione dei precoci anche i soggetti che assistano il coniuge o un parente di primo grado convivente in situazione di handicap grave. L’assistenza deve avvenire da almeno 6 mesi e può estendersi anche ai parenti e affini di secondo grado conviventi quando i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano almeno 70 anni, o con patologie invalidanti, o siano mancanti o deceduti. Sono ammessi alle pensioni con quota 41 anche i contribuenti che abbiano subito la riduzione della capacità lavorativa almeno al 74%.

Ammessi alle pensioni precoci anche i lavoratori impiegati in mansioni gravose o usuranti

Sono ammessi alla pensione dei precoci anche i lavoratori impiegati in mansioni gravose o usuranti. L’attività deve essere svolta da non meno di 7 anni rispetto agli ultimi 10. In alternativa il lavoro deve essere stato svolto, al momento del pensionamento, da almeno 6 rispetto agli ultimi 7 anni. Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2022 le categorie dei lavoratori ammesse per svolgimento di attività usuranti sono state estese. Le categorie, come i requisiti inerenti i disoccupati, i caregiver e gli invalidi civili, sono le medesime richieste per le pensioni con uscita Ape sociale.

Categorie lavorative ammesse alle pensioni precoci con quota 41 come usuranti nel 2022

Sono ammessi alle pensioni dei lavoratori precoci in quanto facenti parte di attività definite “usuranti” o “gravose” le seguenti categorie lavorative:

  • gli operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
  • i conduttori delle gru e di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • i conciatori di pelli e di pellicce;
  • i conduttori di convogli ferroviari e il personale viaggiante;
  • il personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere, con organizzazione del lavoro su turni;
  • i conduttori di mezzi pesanti e di camion;
  • gli addetti all’assistenza personale di soggetti in condizioni di non autosufficienza;
  • i docenti della scuola dell’infanzia, gli educatori degli asili nido e le professioni assimilate;
  • i facchini, gli addetti allo spostamento delle merci e gli assimilati;
  • il personale non qualificato per i servizi di pulizia;
  • gli operatori ecologici e gli altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
  • gli operatori agricoli, della zootecnia e della pesca;
  • i pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare sia dipendenti che soci di cooperative;
  • i lavoratori del settore siderurgico di prima e di seconda fusione; i lavoratori del vetro addetti a mansioni ad alte temperature non già rientranti nella normativa del decreto legislativo numero 67 del 2011 degli usuranti;
  • i marittimi imbarcati a bordo e il personale viaggiante dei trasporti marini e delle acque interne.

Pensionati con quota 41 dei lavoratori precoci, possono svolgere altri lavori?

Chi sia andato in pensione come precoce con la quota 41 non può cumulare i redditi relativi allo svolgimento di un lavoro (sia da dipendente che da autonomo) con la pensione. Il divieto vige per tutto il periodo di decorrenza della pensione, fino a raggiungere il diritto al pensionamento se non avessero beneficiato della deroga ai requisiti ordinari di uscita da lavoro. La domanda di pensione con quota 41 deve essere presentata entro il 1° marzo di ciascun anno. La seconda scadenza annuale è fissata al 15 luglio. L’ultima scadenza è relativa al 30 novembre, ma in questo caso è necessario verificare che siano residuate le risorse finanziare per beneficiare della misura.

Trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs) nel caso di pensione dei lavoratori precoci

Nel caso di pensione ottenuta con la quota 41 dei lavoratori precoci, il Trattamento di fine servizio (Tfs) dei subordinati del pubblico impiego e il Trattamento di fine rapporto (Tfr) dei lavoratori del settore privato decorreranno dal momento in cui il neopensionato abbia raggiunto i requisiti per andare in pensione con i requisiti ordinari. Alla decorrenza andranno sommati anche gli ordinari termini di differimento, consistenti in un anno per la vecchiaia e in 24 mesi per la pensione anticipata.

Pensione anticipata dal 2023: resta la riforma Fornero e poi? le ultime

La pensione anticipata è la misura che insieme alla pensione di vecchiaia rappresenta uno dei due pilastri del sistema. Una misura che salvo cose estreme e cambiamenti radicali da parte del governo, resterà attiva anche nel 2023.
Sarebbe diverso se il governo accettasse, cosa oggi assai improbabile, alcune proposte dei sindacati, soprattutto quella che mira ad estendere a tutti il beneficio di quota 41.

Pensione anticipata nel 2023, ancora la riforma Fornero a farla da padrona

La pensione anticipata è quella misura che la riforma delle pensioni di Elsa Fornero ha introdotto in sostituzione delle pensioni di anzianità. Con il decreto “Salva Italia” del governo presieduto dal Premier Mario Monti, nel 2011 si decise di dare un taglio più aspro alle pensioni, inasprendo i requisiti di accesso. E così con la riforma “lacrime e sangue” della professoressa Elsa Fornero si arrivò a questa pensione anticipata.
Di inasprimento in inasprimento, la pensione anticipata si centra al raggiungimento di un unico requisito, quello contributivo. Nella misura inoltre è stato introdotto un trattamento differente in base al genere del richiedente. Le donne infatti hanno un trattamento agevolato, anche se di poco.

Pensione anticipata,i requisiti in sintesi

Ma quali sono i requisiti per la pensione anticipata nel 2022 e nei prossimi anni? Nel dettaglio la pensione anticipata nel 2022 si centra con:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne;
  • 35 anni di contributi effettivi, al netto dei figurativi da disoccupazione o malattia.

Sulla misura grava una finestra di 3 mesi. In sostanza, la pensione è erogata a partire dal quarto mese successivo a quello in cui si maturano i requisiti. Non si centra la pensione, come avviene per le quiescenze di vecchiaia, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti.

Come si è arrivasti a 42 anni e 10 mesi di contributi versati

Va detto che si è arrivati a quelle soglie, per via degli incrementi dell’aspettativa di vita, fattore che con la riforma Fornero è rimasto in piedi per adeguare i requisiti di accesso alle pensioni, alla stima di vita degli italiani come calcolato dall’Istat.
A salvaguardare la pensione anticipata però, un recente indirizzo dato dal governo nei primi mesi di questa legislatura. È stato, di fatto, congelato il collegamento delle pensioni anticipate alla stima di vita. In pratica, anche nel 2023 (ma sarà così fino al 2026,sempre al netto di interventi del legislatore) nessun adeguamento è oggi previsto e la pensione anticipata verrà congelata ai requisiti odierni, cioè 42,10 o 41,10 rispettivamente per uomini o donne e senza alcun limite anagrafico.

E se alla fine si arrivasse a quota 41 per tutti? Dal 2023 cambierebbe tutto, anche le pensioni anticipate

Tra le proposte dei sindacati figura sempre la pensione anticipata con quota 41 per tutti. La misura oggi esiste già, ma limitata come platee. Si chiama quota 41 precoci, ed è una misura che rispetto alle pensioni anticipata ha più di qualcosa in comune. L’attuale quota 41 per precoci è distaccata da limiti anagrafici proprio come la pensione anticipata ordinaria. Inoltre, dei 41 anni di contributi richiesti, almeno 35 devono essere al netto dei contributi figurativi da disoccupazione o malattia, alla stregua delle pensioni anticipate canoniche.
Ciò che varia è la platea di riferimento. La misura è indirizzata ai precoci, coloro che hanno completato almeno un anno di contributi versati, non necessariamente continui, prima dei 19 anni di età. Inoltre la prestazione conosciuta come quota 41 precoci si applica solo a 15 attività di lavoro gravoso che comprendono tra le altre, ostetriche e infermieri delle sale operatorie e delle sale parto, edili, camionisti e maestre o educatori di asili nido e scuole dell’infanzia.
Altre categorie a cui si applica l’attuale quota 41 sono i disoccupati, alcuni invalidi e chi assiste un parente stretto disabile grave (cd caregivers).

Quota 41 per tutti, misura che cancellerebbe la pensione anticipata

Tra le ipotesi allo studio del Governo per evitare l’applicazione della Legge Fornero dal 2023 anche Quota 41

Con la quota 41 per tutti invece, il vantaggio di un anno e 10 mesi per gli uomini, e di 10 mesi per le donne,  è evidente. Un discreto vantaggio rispetto alle quiescenze anticipate ordinarie che si estenderebbe alla generalità dei lavoratori, rendendo la pensione anticipata inutile. Chi resterebbe al lavoro fino a 42 anni e 10 mesi se si da la facoltà di uscire con 41 anni di versamenti e soprattutto, con le stesse regole di calcolo? A meno che non si colleghi la quota 41 per tutti al ricalcolo contributivo della prestazione. Soluzione questa che andrebbe a differenziare questa misura, dalla pensione anticipata rendendola penalizzante come importo.
Una via questa che potrebbe però essere determinante nella scelta del governo di arrivare per davvero alla quota 41 per tutti. Ogni cavillo, vincolo o requisito aggiuntivo volto a rendere meno appetibile una misura, permetterebbe al governo di avere più facilità nell’approvare una misura per via del contenimento della spesa previdenziale. Un principio questo che è stato alla base sempre, di qualsiasi misura previdenziale varata negli ultimi anni. In pratica, varare una misura e renderla il meno appetibile possibile.

Anche la pensione flessibile a 62 anni potrebbe rivoluzionare il sistema

Parliamoci chiaro, oggi e nel 2023 se non si vuole aspettare la pensione di vecchiaia a 67 anni l’alternativa fissa resta solo una. Ed è quella della pensione di vecchiaia ordinaria. Le altre misure, chi come vincoli di platea (anticipata contributiva, anticipata per invalidi, Ape sociale e così via) e chi come scadenza (la quota 102 nel 2023 sparirà), non rappresentano solide soluzioni. Non si tratta di vie atte ad evitare di dover arrivare ai 67 anni per mettersi a risposo.
Ma potrebbe essere introdotta un’altra misura che può essere definita insieme alla quota 41 per tutti, il cavallo di battaglia dei sindacati. Parliamo naturalmente della pensione flessibile dai 62 anni di età. Una misura che offrirebbe una opzione a tutti i lavoratori, cioè quella di decidere liberamente ed in base alle proprie esigenze, di centrare la quiescenza una volta raggiunta l’età minima di 62 anni e la carriera contributiva minima di 20 anni.

Soluzione questa che andrebbe anche nella direzione di diventare alternativa alla pensione anticipata. Statistiche alla mano, è proprio a 62 anni l’età più frequente con cui escono i lavoratori con la quiescenza anticipata con 42,10 o 41,10 anni di contributi versati. Evidente quindi che permettere a tutti di accedere alla pensione a 62 anni, anche a coloro a cui mancano pochi anni dal raggiungimento dei 42,10 o 41,10 anni di contributi per le anticipate, sarebbe una autentica manna dal cielo.

Pensione prima dei 60 anni è possibile, le 3 vie

Non è vero che per andare in pensione bisogna attendere per forza i 67 anni. In alcuni casi il pensionamento è possibile anche prima dei 60 anni. Ma in questo caso è necessario aver iniziato a lavorare molto presto perchè laddove non c’è un’età avanzata serve almeno un buon numero di anni di contributi. In questo articolo vedremo quali sono le 3 vie per un pensionamento prima dei 60 anni.

Pensione prima dei 60 anni, le donne hanno una strada in più

Le donne nel pensionamento anticipato sono favorite, avendo un’alternativa in più offerta dall’opzione donna. Il regime sperimentale permette il pensionamento a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per quelle autonome che hanno maturato almeno 35 anni di contributi. Entrambi i requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2021 e per la decorrenza della pensione è necessario attendere una finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

Ovviamente questo anticipo così corposo ha un costo non indifferente visto che alle donne che scelgono questa misura è imposto il ricalcolo interamente contributivo della pensione.

Pensione prima dei 60 anni senza penalizzazioni

Ma non sempre il pensionamento prima dei 60 anni prevede penalizzazioni. per chi matura 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne bastano 41 anni e 10 mesi di contributi) è possibile l’uscita indipendentemente dall’età e con calcolo misto della pensione con l’anticipata ordinaria prevista dalla Legge Fornero.

Ovviamente per centrare questo tipo di pensionamento prima dei 60 anni è necessario aver iniziato prima della maggiore età.

Sempre per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni vi è un altra via di uscita prima dei 60 anni dal mondo del lavoro rappresentata dalla quota 41 per lavoratori precoci. La misura richiede soltanto 41 anni di contributi ma per poterla cogliere è necessario appartenere ad uno dei profili di tutela individuati dalla normativa: disoccupati, caregiver, invalidi, usuranti e gravosi.

L’alternativa a queste forma di pensionamento è quella di attendere i 63 anni richiesti dall’Ape sociale, i 64 anni richiesti dalla quota 102 o, in ultima analisi, i 67 anni necessari per accedere alla pensione di vecchiaia.

Inps, online il nuovo calcolatore del Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici

È stata implementata tra le funzionalità telematiche del sito dell’Inps il nuovo calcolatore del Trattamento di fine servizio (Tfs) o Trattamento di fine rapporto (Tfr) dei dipendenti del pubblico impiego. Le specifiche della nuova funzionalità sono contenute nel messaggio dell’Inps numero 3436 del 12 ottobre scorso. Nella comunicazione l’Istituto di previdenza presenta la “nuova modalità di domanda di quantificazione del TFR e del TFS finalizzata alla cessione ordinaria e alla cessione agevolata”.

Tfr o Tfs ‘in un click’ sul portale dell’Inps

La nuova funzionalità del sito dell’Inps di calcolo del trattamento di fine servizio o di fine rapporto rientra nel progetto “Tfr e Tfs in un click”, previsto dal Piano Strategico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict). Pertanto, sul portale dell’Istituto di previdenza i dipendenti del pubblico impiego possono adottare il nuovo servizio per la richiesta di quantificazione del Tfs o del Tfs finalizzato alla cessione ordinaria o alla cessione agevolata.

Come si accede al calcolo del Tfr o Tfs sul sito Inps?

Per poter accedere al servizio di determinazione del Tfr o Tfr sul sito dell’Inps i dipendenti pubblici dovranno, come primo passaggio, autenticarsi. Le credenziali per l’accesso sono:

  • quelle dello Spid (Sistema pubblico di identità digitale);
  • della Carta di identità elettronica (Cie);
  • della Carta nazionale dei Servizi (Cns).

Dopo l’autenticazione, è necessario andare nelle sezione “Prestazioni e servizi”, prima di procedere in “Servizi” e successivamente nella “Gestione dipendenti pubblici: servizi online Tfr” oppure in quella della “Gestione dipendenti pubblici: servizi online Tfs”.

Inps, sul portale il calcolo del Tfs o Tfr alle condizioni ordinarie o a quelle agevolate del Dl 4/2019

L’implementazione del nuovo servizio dell’Inps permetterà agli ex dipendenti del pubblico impiego di effettuare una cessione ordinaria del Trattamento di fine rapporto o del Trattamento di fine servizio, oppure accedere alle condizioni agevolate dei due istituti secondo quanto prevede il decreto legge numero 4 del 2019.

Calcolo Tfr o Tfs, per quali pensioni?

In particolare, le condizioni agevolate del Tfr o Tfs si applicano nel limite del trattamento corrispondente a 45 mila euro. Rientrano nel trattamento agevolato le uscite pensionistiche dei lavoratori del pubblico impiego con i requisiti della quota 100, della pensione di vecchiaia, della pensione anticipata, del cumulo pensioni, delle agevolazioni per le attività gravose. Fanno parte del calcolo anche le uscite per chi svolge attività particolarmente pesanti e faticose, oltre ai lavoratori precoci.

Quanto costa accedere al Tfr o Tfs agevolato?

Le condizioni fissate dal decreto legge numero 4 del 2019 per il Tfr o Tfs agevolato è pari al rendimento dei titoli di Stato. La durata dell’operazione è quella corrispondente al prestito. Inoltre l’agevolazione prevede il pagamento di uno spread calcolato sullo 0,4%.

Cosa cambia con il nuovo applicativo Inps per il Tfr o Tfs?

L’Istituto di previdenza aveva già al suo interno un applicativo per il calcolo del Tfr o Tfs dei lavoratori del pubblico impiego. La finalità era quella di fare una simulazione e una quantificazione del trattamento relativa alla cessione della prestazione a favore degli istituti di credito. La nuova funzionalità implementata in questi giorni permette di inserire solo dati minimali e di accedere automaticamente alla verifica della maturazione dei requisiti. Si può procedere con l’operazione anche dai dispositivi mobili (tablet e cellulari).

Quali informazioni chiede il servizio di Tfr e Tfs per il calcolo del trattamento?

Con l’accesso al servizio di calcolo del Tfr o Tfs, all’utente sono richiesti solo i dati che non siano già in possesso dell’Inps. Pertanto, l’utente chiede la prestazione in via telematica fornendo i dati minimi. Le informazioni saranno integrate con quelle già in possesso dall’Istituto previdenziale per il riscontro immediato della prestazione richiesta.

Pensione, vincolo di assenza rapporto di lavoro: si può essere riassunti dallo stesso datore?

Per andare in pensione l’unico vincolo per i lavoratori alle dipendenze è quello di non avere in essere un rapporto di lavoro subordinato. Il vincolo vige nel momento in cui si fa domanda di pensionamento. Successivamente si può riprendere a lavorare. Ma si può essere assunti nuovamente dallo stesso datore di lavoro, ovvero ci si può ritrovare nella stessa situazione lavorativa nella quale il dipendente si trovava prima di andare in pensione?

Pensioni, oltre ai requisiti contributivi e di età, anche il vincolo di assenza rapporto di lavoro

È, pertanto, importante distinguere i casi di ripresa dell’attività lavorativa dopo la pensione. Per la maturazione del pensionamento, infatti, oltre ai requisiti di età e di contribuzione, le norme stabiliscono la condizione che il richiedente la pensione abbia cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze. Lo stesso vincolo non sussiste per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i parasubordinati o gli imprenditori. Infatti, chi non è alle dipendenze può accedere alla pensione senza procedere con l’interruzione dell’attività lavorativa.

Chi prende la pensione può riprendere a lavorare?

Può riprendere a lavorare anche chi prende la pensione. Esiste, dunque, la possibilità di cumulo tra redditi da pensione e quelli da lavoro. La regola è fissata dal decreto legge numero 112 del 2008 che ha abolito la non cumulabilità tra le due fonti di reddito. Pertanto, il vincolo dell’assenza di attività lavorative per accedere alla pensione vige nel momento in cui si accede alla pensione stessa. Successivamente, il neopensionato può riprendere a lavorare.

Il pensionato può riprendere a lavorare presso lo stesso datore di lavoro?

Diverso è il caso in cui il pensionato si faccia assumere nuovamente dallo stesso datore di lavoro presso il quale era dipendente prima di andare in pensione. Sull’opportunità di farsi riassumere dallo stesso datore di lavoro è intervenuta anche la sentenza della Corte di Cassazione, la numero 14417 del 2019. Per la Giurisprudenza la cessazione del rapporto di lavoro deve essere effettiva. La situazione nella quale il neopensionato venga assunto nuovamente presso lo stesso datore di lavoro farebbe cadere, infatti, la certezza di un’effettiva interruzione del rapporto di lavoro.

Pensionato riassunto dallo stesso datore di lavoro: quando si configura la simulazione?

La situazione nella quale il contribuente che ha interrotto il rapporto di lavoro e sia andato in pensione e venga poi assunto nuovamente dallo stesso datore di lavoro farebbe presumere la possibilità di simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Soprattutto se le condizioni di lavoro e la mansione risultassero essere le stesse esercitate prima dell’interruzione per la pensione.

Cosa fare per essere riassunti dallo stesso datore di lavoro di prima della pensione?

È altrettanto presumibile che il lavoratore che sia andato in pensione, per riprendere a lavorare presso lo stesso datore di lavoro, debba far trascorrere un ragionevole lasso di tempo per non incorrere nella simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro. Diversamente, l’assunzione presso lo stesso datore di lavoro potrebbe avvenire con un effettivo e nuovo rapporto di lavoro, diverso da quello precedente la pensione. In ogni caso, anche nel caso di un nuovo e diverso rapporto di lavoro, è consigliabile far passare un lasso di tempo ragionevole prima di iniziare la nuova attività lavorativa.

Cosa avviene con l’interruzione del lavoro per la pensione?

Affinché non si verifichi la simulazione del rapporto di lavoro, il lavoratore deve aver percepito tutte le spettanze della fine del precedente rapporto. Dunque, deve essere stato versato al dipendente il Trattamento di fine rapporto (Tfr) e il saldo delle ferie maturate e non utilizzate. Nel momento in cui si instauri un nuovo rapporto di lavoro, i redditi della nuova attività sono cumulabili con quelli della pensione. Entrambi i redditi andranno a sommarsi e a costituire il reddito complessivo del contribuente, fiscalmente soggetto alle imposte.

Quando la pensione non è cumulabile con i redditi da lavoro?

Per i lavoratori del sistema contributivo, ovvero che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, il decreto legge numero 112 del 2008 pone altre condizioni per l’incumulabilità dei redditi da lavoro e da pensione. In particolare, i “contributivi puri” per il cumulo dei redditi devono avere almeno l’età di 65 anni (uomini) o di 60 anni (donne) oltre a 40 anni di contributi versati. Il requisito viene mitigato a 61 anni di età in presenza di almeno 35 anni di versamenti.

Casi di incumulabilità parziale e totale di redditi da lavoro e da pensione

È da ritenersi totalmente incumulabile il reddito da lavoro con le pensioni ottenute mediante lo strumento dell’opzione donna. La ragione risiede nel fatto che i requisiti richiesti alle lavoratrici sono inferiori rispetto ai limiti di cumulo dettati dal decreto 112 del 2008. Caso parziale di incumulabilità è quello di chi va in pensione con quota 100. In questa situazione, non è consentito svolgere, da pensionato, un lavoro alle dipendenze o autonomo. La cumulabilità è consentita solo per un lavoro autonomo meramente occasionale per un reddito limite di 5 mila euro lordi all’anno.

Cosa succede se cumulo il reddito da lavoro con la pensione da quota 100?

Il lavoratore andato in pensione con quota 100 che violi il divieto di cumulo dei redditi da pensione e da lavoro, si vedrà sospendere dall’Inps l’assegno erogato come pensione. Lo stesso Istituto previdenziale provvederà a recuperare il trattamento erogato nell’anno in cui si sia verificata la violazione dell’incumulabilità dei redditi. Il divieto di cumulo per un lavoratore andato in pensione con quota 100 cessa alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

Pensione anticipata con quota 41, quanto dura l’incumulabilità tra pensione e lavoro?

Un limite di incumulabilità parziale simile a quello di quota 100 ma meno netto è quello dei lavoratori andati in pensione con la quota 41 dei precoci. In questo caso, il divieto di cumulo vige dal momento della maturazione dei 41 anni di contributi e quindi di uscita dal lavoro, al momento (prospettico) in cui il lavoratore avrebbe maturato i contributi necessari per la pensione anticipata. Nel dettaglio, il pensionato da quota 41 dovrà attendere un anno e 10 mesi (maturazione dei 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata), mentre la lavoratrice 10 mesi (maturazione pensione anticipata a 41 anni e 10 mesi).

Pensione anticipata di soli contributi e pensione anticipata contributiva: le differenze

Sono due le formule di pensione anticipata ammesse dalla normativa per uscire prima dal lavoro rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia. La prima è la pensione anticipata raggiungibile con i soli contributi versati e a prescindere dall’età anagrafica di uscita. La seconda, invece, è la pensione anticipata contributiva che combina requisiti di età anagrafica e un minimo di contributi versati.

Pensione anticipata di soli contributi: ecco i requisiti

I requisiti per andare in pensione anticipata con i soli contributi consistono:

  • in 42 anni e 10 mesi di versamenti contributivi per gli uomini, sia dipendenti che autonomi, a prescindere dall’età anagrafica al momento dell’uscita;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le lavoratrici.

A differenza dei requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata conserva la differenza di requisiti tra uomini e donne. In questo caso è assegnato un anno di sconto di contributi alle lavoratrici.

Contributi richiesti per la pensione anticipata e speranza di vita

I contributi richiesti per la pensione anticipata dei soli versamenti sono soggetti alle variazioni della speranza di vita. Tuttavia, secondo quanto prevede il decreto numero 4 del 2019, gli adeguamenti all’aspettativa di vita sono stati sospesi fino alla fine del 2026. Ciò significa che l’aumento di 5 mesi dei contributi previsto dal 1° gennaio 2019 (al quale sarebbero seguiti ulteriori aumenti nel corso degli anni) è stato neutralizzato dal decreto che ha introdotto la quota 100.

Pensione anticipata: quando bisogna attendere per l’uscita per le finestre mobili?

A loro volta, i benefici dei mancati aumenti di contributi per l’aumentare della speranza di vita sono stati neutralizzati dal meccanismo delle finestre mobili. Infatti, fino al termine del 2018 chi aveva i requisiti in regola per uscire dal lavoro con la pensione anticipata riceveva l’assegno di pensione a partire dal mese susseguente alla maturazione dei requisiti contributivi richiesti. A partire dal 2019, il decreto numero 4 ha previsto la reintroduzione delle finestre mobili per un totale di tre mesi. Ciò significa che tra il momento in cui si può presentare domanda per la pensione anticipata perché il contribuente ha maturato i requisiti richiesti e la decorrenza dell’assegno mensile di pensione devono passare tre mesi.

Pensione anticipata, il contribuente può lavorare durante i 3 mesi delle finestre mobili?

In attesa della decorrenza dell’assegno mensile, il contribuente che ha maturato i requisiti ed ha presentato domanda di pensione anticipata può continuare a lavorare. E, pertanto, può continuare a esercitare la propria attività fino all’esaurimento dei tre mesi della finestra mobile. Terminato questo lasso di tempo, il contribuente può accedere direttamente alla pensione. È tuttavia necessario che il lavoratore dipendente cessi il proprio rapporto di lavoro. Si tratta di un requisito necessario per accedere alla pensione anticipata stessa.

Pensione anticipata contributiva: a chi spetta?

Diversa dalla pensione anticipata dei soli contributi è la pensione anticipata contributiva. Questa formula di pensione anticipata spetta solo ai lavoratori che rientrino nel sistema contributivo puro. Ciò significa che i lavoratori devono aver aperto la propria posizione contributiva a partire dal 1° gennaio 1996, altrimenti ricadrebbero nei sistemi retributivo o misto, non riconosciuti come idonei per la pensione anticipata contributiva.

Quali sono i requisiti della pensione anticipata contributiva?

La pensione anticipata contributiva necessita della maturazione di requisiti sia anagrafici che contributivi. Infatti, possono accedere a questa formula di pensione i lavoratori del contributivo puro che abbiano compiuto 64 anni di età ed abbiano versato almeno 20 anni di contributi effettivamente accreditati. Il requisito anagrafico dei 64 anni è soggetto alle variazioni e agli incrementi della speranza di vita.

Come si calcolano i contributi per la pensione anticipata contributiva?

I 20 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata contributiva includono i soli contributi obbligatori, quelli volontari e quelli da riscatto. Non possono essere inclusi i contributi accreditati figurativamente. Dunque rimangono fuori i contributi figurativi per disoccupazione, per malattie o per prestazioni equivalenti.

Il requisito dell’importo minimo per le pensioni anticipate contributive

La pensione anticipata contributiva necessita di un ulteriore requisito consistente nell’importo calcolato dell’assegno di pensione. Infatti, l’importo mensile della pensione deve essere pari o superiore di 2,8 volte all’ammontare dell’assegno sociale. Per l’anno in corso, il valore dell’assegno sociale è pari a 460,28 euro. Tale importo deve essere moltiplicato per 2,8 volte (risultato 1.288,78 euro per il 2021) per ottenere il requisito minimo da soddisfare sul valore della pensione.

Requisito importo minimo per la pensione anticipata e per quella di vecchiaia dei 67 anni

L’importo è poco meno del doppio di quello previsto per la pensione di vecchiaia dei 67 anni. Infatti, per la vecchiaia è necessario che l’importo della futura pensione sia di 1,5 volte superiore all’assegno sociale. Dunque, 460,28 euro per 1,5 uguale 690,42 euro corrispondente all’importo minimo della pensione per il 2021 per accedere alla vecchiaia.

Pensione anticipata e quota 41 dei precoci: le differenze

Le due formule di pensione anticipata non devono essere confuse con la quota 41 dei lavoratori precoci. Quest’ultima formula di pensione anticipata è riservata ai lavoratori che abbiano 41 anni di contributi versati. L’uscita può avvenire a qualsiasi età, purché siano soddisfatti tutti i requisiti. Infatti, essendo una misura riservata ai lavoratori precoci, è necessario che almeno 12 mesi di contributi siano stati versati entro il compimento dei 19 anni.

Requisiti per la quota 41 dei lavoratori precoci

La pensioni a quota 41 dei lavoratori precoci sono soggette, altresì, a ulteriori requisiti. Oltre all’anno di contributi in età adolescenziale, infatti, è necessario che i precoci abbiano altri requisiti di ordine economico o sociale. In particolare questi requisiti sono in comune con l’Ape sociale e riguardano:

  • la situazione di essere disoccupati e aver concluso da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione (se spettante);
  • essere un caregiver, ovvero prendersi cura, da almeno 6 mesi, del coniuge o di un parente di primo grado con disabilità grave;
  • presentare una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
  • aver svolto mansioni usuranti per sei degli ultimi sette anni oppure per sette degli ultimi dieci anni di lavoro, oppure per metà della vita lavorativa prima della pensione.

Pensioni anticipate: ecco quali sono gli strumenti per lasciare il lavoro prima

Quali sono gli strumenti di pensione anticipata per andare via prima dal lavoro? È importante identificare i meccanismi previdenziali conoscendo, innanzitutto, l’età prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria, attualmente fissata a 60 anni di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi. Gli strumenti di pensione anticipata consentono di abbreviare l’uscita lavorativa rispetto, proprio, a questo limite di età. Nel dettaglio, rientrano tra gli strumenti di anticipo previdenziali la quota 100, l’opzione donna, l’anticipo pensionistico (Ape) sociale, la quota 41 dei lavoratori precoci e alcuni altri.

Pensione anticipata dei soli contributi: quanti ne servono per uscire?

La prima formula di uscita prima è la pensione anticipata dei soli contributi. Si esce a qualsiasi età purché i lavoratori maturino almeno 42 anni e 10 mesi di contributi. Per le donne è previsto lo sconto di un anno sui contributi (36 anni e 10 mesi). I requisiti contributivi resteranno in vigore senza variazione fino al 2026.

Pensione anticipata con quota 100, ma la scadenza dei requisiti è per il 31 dicembre 2021

Una delle ultime in ordine di tempo tra le misure di pensione anticipata e, molto probabilmente destinata a durare fino al 31 dicembre, è la quota 100. Ciò significa che i requisiti richiesti – l’età minima di 62 anni e almeno 38 anni di contributi versati – devono essere maturati entro la fine di quest’anno. Chi rientra nelle possibilità di uscita con la quota 100 può decidere di andare in pensione anche successivamente: con il diritto cristallizzato nel 2021, è possibile posticipare l’uscita effettiva da lavoro anche nel corso del 2022 o successivamente.

Con l’anticipo pensionistico Ape sociale uscita dai 63 anni

Più articolata, e con maggiori requisiti richiesti, è la pensione con Anticipo pensionistico (Ape) sociale. Introdotta nel 2017 insieme all’Ape volontaria, la versione sociale dell’anticipo permette di andare in pensione a partire dai 63 anni di età unitamente a 30 o a 36 anni di contributi, a seconda della situazione socio-economica nella quale rientra il richiedente. La misura riguarda tanto i lavoratori dipendenti (sia statali che del settore privato) che i lavoratori autonomi, a esclusione dei professionisti iscritti alle Casse previdenziali.

Requisiti pensione Ape sociale: uscita dei disoccupati

La pensione Ape sociale è stata introdotta per andare incontro a  determinate situazioni di disagio socio-economico dei lavoratori. La prima categoria tutelata è quella dei disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento. Sono necessari almeno 30 anni di contributi previdenziali versati. Con lo stesso numero di anni di contributi escono i caregiver, ovvero i contribuenti che assistano, da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente convivente entro il primo grave che si trovi in situazione di handicap grave o di non autosufficienza.

Ape sociale, la pensione per gli invalidi e per addetti ad attività gravose

Sono richiesti 30 anni di contributi anche agli invalidi con una percentuale di almeno il 74% per andare in pensione con l’Ape sociale. Il requisito contributivo sale a 36 anni per gli addetti ad attività gravose o a lavori usuranti. In particolare, sono 15 le categorie riconosciute come gravose. Il meccanismo, inoltre, richiede lo svolgimento del lavoro gravoso per almeno 6 degli ultimi 7 anni o per 7 degli ultimi 10.

Pensione anticipata per i lavoratori precoci: la quota 41

Anche per tutto il 2021, in attesa della legge di Bilancio 2022, è stata confermata la pensione anticipata dei lavoratori precoci con la quota 41. Il meccanismo previdenziale è stato introdotto nel 2017 a favore dei lavoratori che abbiano iniziato a lavorare in età adolescenziale. Infatti, nei 41 anni di contributi deve rientrare un anno di contributi versato entro i 19 anni di età. I lavoratori che possono ricorrere alla quota 41 sono i dipendenti del settore privato, gli iscritti alla Gestione separata Inps e gli aderenti alle forme sostitutive ed esclusive dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago).

Pensione precoci: i requisiti comuni con l’Ape sociale

Oltre ai 41 anni di contributi, chi presenta domanda di uscita pensionistica (a qualsiasi età) con la quota 41 deve rientrare nelle stesse situazioni di disagio economico e sociale dell’Ape sociale. Pertanto, è da dimostrare la situazione di disoccupazione, di assistenza a persona non autosufficiente, di riduzione della capacità lavorativa almeno del 74% o di svolgimento di attività usuranti o gravose, con lo stesso numero di anni continuativi di lavoro prima della pensione previsti per l’Ape sociale.

Pensione anticipata per le lavoratrici: opzione donna

Fino al 31 dicembre 2021, in attesa della proroga, sarà in vigore la pensione anticipata con opzione donna. La misura consente alle lavoratrici di 58 anni di età (59 per le autonome) di anticipare la pensione con 35 anni di contributi versati. La condizione essenziale per le donne che presentino richiesta per l’opzione donna è accettare il ricalcolo dell’assegno di pensione interamente con il meccanismo contributivo. Il ricalcolo comporta un taglio del futuro assegno di pensione tra il 20 e il 30%, per sempre.

Pensioni anticipate, con il contratto di espansione uscita dai 62 anni

Introdotto nel 2019, il contratto di espansione consente di anticipare la pensione di vecchiaia a 62 anni rispetto ai 67 anni previsti. Oppure, se l’obiettivo è anticipare rispetto alla pensione anticipata dei soli contributi, lo sconto di 5 anni è sui versamenti. Infatti, gli uomini escono con 37 anni e 10 mesi di contributi, le donne con 36 anni e 10 mesi. Ma per questa formula è necessario che il datore di lavoro trovi l’accordo con i sindacati da siglare per ricorrere all’esodo volontario dei dipendenti.

Chi può accedere al contratto di espansione?

L’anticipo di 5 anni sulla pensione con il contratto di espansione è consentito ai lavoratori che lavorino in realtà aziendali con almeno 100 unità lavorative. Il requisito dimensionale è stato abbassato nel corso del 2021 dal decreto “Sostegni bis”: la legge di Bilancio 2021, infatti, aveva abbassato il tetto a 250 addetti. Per ottenere maggiori benefici, anche per l’indennità Naspi che accompagna i lavoratori alla pensione (fino a 3 anni), le aziende devono procedere al ricambio generazionale e alla ristrutturazione del personale mediante nuove assunzioni. La misura sicuramente verrà confermata anche nel prossimo anno con la legge di Bilancio 2022.

Con l’isopensione si va in pensione in anticipo fino a 7 anni

Si può beneficiare dell’uscita anticipata fino a 7 anni con l’isopensione. Il meccanismo, già in vigore con la riforma delle pensioni di Elsa Fornero, consente ai lavoratori del settore privato impiegati in imprese di almeno 15 dipendenti, di usufruire di uno scivolo già dai 60 anni di età con oneri interamente a carico dell’azienda. Il periodo di prepensionamento, dunque, dura fino a 7 anni, in attesa della pensione di vecchiaia. È proprio durante questi anni che il datore di lavoro si impegna a versare l’indennità al lavoratore. Tale indennità corrisponde alla pensione maturata fino al momento dell’uscita con l’esodo. I sette anni di anticipo saranno in vigore fino al 2024, poi si tornerà a un limite di anticipo di 4 anni.

Pensione quota 41: perché non spetta con assegno ordinario di invalidità?

Può un contribuente con pensione di invalidità ordinaria (AIO) presentare domanda per la quota 41 dei lavoratori precoci? La risposta è negativa, innanzitutto perché la legge non lo consente. In secondo luogo, nel campo delle ipotesi, sarebbe necessario analizzare anche l’opportunità del passaggio dall’AIO alla pensione dei precoci.

Per chi ha l’assegno di invalidità ordinario niente domanda di pensione con quota 41

La domanda potrebbe interessare i contribuenti che abbiano intorno ai quattro decenni di versamenti e un’invalidità, ad esempio, dell’80% che permette già di avere la prestazione di invalidità. Le pensioni anticipate con la quota 41 dei precoci sono incompatibili con gli assegni di invalidità ordinari perché i due trattamenti sono alternativi. E, dunque, il contribuente, finché percepisce l’assegno di invalidità ordinario non potrà presentare domanda della prestazione prevista per i precoci con 41 anni di contributi.

Pensione di invalidità e quota 41 precoci: quali differenze?

La natura delle due prestazioni pensionistiche è, inoltre, diversa. L’assegno ordinario di invalidità rappresenta una prestazione economica pur sempre calcolata sui contributi versati e, dunque, sottostante alle medesime regole ai fini della misura. Tuttavia l’invalidità è regolata da requisiti sottoposti ad accertamenti dopo la presentazione della domanda che solo in parte potrebbero soddisfare quelli della pensione con quota 41.

Requisiti richiesti dall’Inps per la domanda di assegno di invalidità ordinario

Pur non essendo prevista la cessazione dell’attività lavorativa, chi presenta domanda di pensione di invalidità deve aver subito la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo a causa dell’infermità fisica o mentale. Inoltre, per ottenere l’assegno di invalidità, è necessaria una contribuzione di almeno 260 settimane, pari a 5 anni di contribuzione e di assicurazione, delle quali 156 settimane, pari a 3 anni di contribuzione e di assicurazione, devono rientrare nei cinque anni che precedono la data di presentazione della domanda.

Riduzione della capacità lavorativa nell’invalidità e nella pensione con quota 41

Un punto importante da tener presente sia nell’assegno di invalidità che nella pensione con quota 41 è la riduzione della capacità lavorativa. Infatti, mentre l’Inps per la domanda di invalidità parla di una riduzione a “meno di un terzo della capacità lavorativa”, per la quota 41 dei precoci la riduzione accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile deve essere superiore o per lo meno uguale al 74%.

Quando la ridotta capacità lavorativa va bene per l’invalidità ma non per la quota 41?

C’è una zona grigia nella quale l’invalidità dell’una non è sufficiente per i requisiti richiesti dall’altra misura di pensione. Ciò significa che una ridotta capacità lavorativa al 30% soddisferebbe il requisito per la pensione di invalidità ma non quello della quota 41 dei precoci. È facile intuire che per quest’ultima misura la ridotta capacità al 30% rappresenterebbe una condizione non sufficiente (una delle quattro situazioni nelle quali può trovarsi un lavoratore per chiedere la quota 41 insieme alla condizione di disoccupazione, all’assistenza di persone non autosufficienti o allo svolgimento di mansioni usuranti o gravose) per presentare la domanda.

I requisiti dei contributi richiesti per le pensioni con quota 41

È altrettanto vero che la pensione con la quota 41 richiede ulteriori requisiti per la presentazione della domanda. In merito al versamento dei 41 anni di contributi, infatti, la legge richiede che almeno 12 mesi siano stati versati, anche in maniera non continuativa, prima dei 19 anni di età del contribuente. Pertanto, l’ipotetica richiesta del passaggio dall’assegno di invalidità alla pensione con quota 41 necessiterebbe di una verifica:

  • sia del montante dei contributi versati, con traguardo dei 41 anni di versamenti a qualsiasi età venga raggiunto;
  • che dell’inizio della prima attività lavorativa in età adolescenziale.

Trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia a 67 anni

Tornando nel campo di applicazione delle norme previdenziali, chi percepisce una pensione di invalidità ordinaria deve aspettare la maturazione della pensione di vecchiaia per vedersi trasformato l’assegno di invalidità in, appunto, pensione di vecchiaia. Questo passaggio avviene al compimento dei 67 anni di età. Pertanto, il contribuente già titolare di assegno di invalidità definitivo ha come obiettivo del suo trattamento solo quello della trasformazione in pensione di vecchiaia. Risulta pertanto incompatibile il passaggio a una formula di pensione anticipata come la quota 41 dei precoci.

 

Pensione 2022: senza una riforma quali modi restano per accedere?

Quali saranno le alternative per andare in pensione nel 2022 in assenza di una riforma e nell’anno della fine della sperimentazione della quota 100? Ecco dunque la descrizione di quelli che sono, ad oggi, le possibilità di uscita del prossimo anno. Oltre alla pensione di vecchiaia, i lavoratori prossimi alla pensione potranno scegliere tra le alternative della pensione anticipata, Ape sociale, quota 41 dei lavoratori precoci, isopensione, opzione donna e contratto di espansione.

Pensione di vecchiaia, i requisiti di uscita del 2022

La classica formula di pensione, quella di vecchiaia, anche nel 2022 manterrà inalterati i requisiti di uscita. Per andare in pensione anche l’anno prossimo servirà l’età anagrafica di 67 anni unitamente ad almeno 20 anni di contributi, sommati anche presso più gestioni previdenziali, Inps e Casse professionali. Quest’ultimo passaggio è possibile grazie a una delle misure adottate negli ultimi anni, ovvero il cumulo contributivo. La pensione di vecchiaia assicura una prestazione della quale beneficiano tutti i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (Ago), agli aderenti alla Gestione separata Inps e ai lavoratori aderenti ai fondi pensione esclusivi e sostitutivi dell’Assicurazione generale obbligatoria.

Pensione anticipata, anche nel prossimo anno requisiti contributivi invariati

Per chi ha un alto numero di anni di contributi avendo iniziato a lavorare in giovane età, è possibile sperare nella pensione anticipata. Anche per il 2022 i requisiti contributivi rimarranno invariati (e lo saranno fino al 2026). Per l’uscita anticipata occorrono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Non vi è differenza tra lavoratori dipendenti del settore privato o pubblico e nemmeno per gli autonomi.

Quota 100 nel 2022 solo per chi matura il diritto di pensione entro il 31 dicembre 2021

La quota 100 terminerà la sperimentazione triennale al 31 dicembre 2021. Tuttavia,  i contribuenti che abbiano maturato o matureranno i requisiti entro la fine di quest’anno potranno scegliere di uscire nel 2022 o anche negli anni successivi. Occorre, dunque, maturare l’età minima di 62 anni entro il 31 dicembre prossimo unitamente ad almeno 38 anni di contributi. La possibilità di differire l’uscita anche nel 2022 dipende dal fatto che il diritto al pensionamento anticipato con quota 100 rimane “cristallizzato”.

Quota 100, diritto cristallizzato, ma valgono le finestre mobili di 3 o 6 mesi

Conta dunque il momento in cui si maturano i requisiti della misura. Invariato rimane, invece, il meccanismo delle finestre mobili. L’introduzione della misura nel 2019 ha previsto una finestra di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e di 6 mesi per quelli del pubblico. Ciò significa che dal momento in cui si può inoltrare la domanda di pensione a quello in cui effettivamente si inizia a ricevere l’assegno mensile passano 3 o 6 mesi.

Ape sociale, uscita per la pensione dai 63 anni ma attenzione ai requisiti richiesti

Verrà confermato ancora l’anticipo pensionistico Ape sociale, la misura di pensione anticipata che consente ai lavoratori di uscire a partire dai 63 anni. Tuttavia, è necessario prestare attenzione ai requisiti richiesti. La misura, fin dall’inizio, è stata ideata per andare incontro a determinate categorie di lavoratori in condizioni disagiate dal punto di vista economico e sociale. E, pertanto, è necessario rientrare tra i disoccupati, tra gli inabili con almeno il 74% per invalidità o tra i caregivers, ovvero tra coloro che si occupano dell’assistenza di un familiare in condizione di disabilità. Gli anni di contributi minimi sono 30 o 36 a seconda delle condizioni individuali.

Pensioni, l’Ape sociale potrebbe essere potenziata

Proprio la pensione Ape sociale è una delle misure deputate a essere potenziate per il 2022. In particolare, l’uscita a 63 anni per le persone in condizioni lavorative di disagio potrebbe riguardare più categorie rispetto a quelle attuali dei lavoratori impiegati in attività usuranti. Attualmente, le categorie previste sono in numero di 15 e vi rientrano, a titolo di esempio, gli infermieri per la sanità e le maestre e gli educatori per la scuola. Tuttavia, una delle due Commissioni istituite dall’allora ministro del lavoro Nunzia Catalfo, potrebbe procedere a includere nuove categorie lavorative tra gli usuranti, mansioni precedentemente escluse.

Precoci con quota 41, la pensione è una corsa a ostacoli tra i requisiti

Non è una ‘quota 41 per tutti‘ la misura di pensione anticipata prevista dalla normativa attuale per i precoci. Si tratta, piuttosto, di una misura che implica il possesso di specifici requisiti per lasciare prima il lavoro. Innanzitutto occorrono 41 anni di contributi previdenziali, dei quali almeno uno versato prima dei 19 anni. Nel raggiungimento dei requisiti sono validi anche i periodi di lavoro all’estero riscattati e i periodi riscattati per omissioni contributive.

Pensioni precoci, come si calcolano i contributi per la quota 41?

Inoltre, i 41 anni di contributi possono essere stati versati anche in maniera non continuativa, ma è necessario (e anche matematico) che i lavoratori precoci debbano avere l’anzianità contributiva anche prima del 1996. Infine, per andare in pensione è necessario rientrare in una delle categorie tutelate dall’Ape sociale (disoccupazione, caregivers, disabilità). La maturazione di tutti i requisiti permette al contribuente di uscire indipendentemente dall’età anagrafica.

Con l’isopensione si può andare in pensione fino a 7 anni prima

Tra le possibilità di andare in pensione prima dei 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia c’è l’isopensione. Si tratta di una formula di prepensionamento che può essere attivata dai datori di lavoro, con costi unicamente a carico dell’azienda. Il risparmio in anni di uscita da lavoro arriva fino a 7 per gli esodi collocati entro la fine di novembre del 2023 (dal 2024 l’isopensione si potrà fare per un massimo di 4 anni di anticipo). Dunque con l’isopensione si può uscire anche a 60 anni, ma è necessario l’accordo sindacale per favorire l’uscita dei lavoratori aziendali.

Come viene calcolato l’assegno di pensione con l’isopensione?

Con l’isopensione, l’azienda riconosce al lavoratore in uscita un assegno dello stesso importo della pensione maturata fino al momento dell’uscita. Inoltre, il datore di lavoro assicura anche una contribuzione previdenziale piena calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi due anni di lavoro. Nel periodo di isopensione, quindi fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia, è possibile svolgere qualsiasi lavoro da dipendente o da autonomo. Cosa che non è possibile nel periodo di anticipo con la quota 100: è possibile cumulare la pensione con redditi da lavoro purché siano occasionali, non alle dipendenze e dal valore lordo massimo di 5.000 euro annuali.

Pensioni con opzione donna, uscita dai 58 anni anche nel 2022

La misura di pensione anticipata per le lavoratrici nota come “Opzione donna” è stata confermata per tutto il 2021 dalla scorsa legge di Bilancio. Per il 2022 la misura potrebbe registrare una ulteriore proroga. Anzi, è possibile che l’Opzione donna diventi proprio strutturale, almeno da quanto trapela sulle intenzioni del governo Draghi. In ogni modo, i requisiti richiesti sono l’età di 58 anni per le lavoratrici alle dipendenze e 59 per le autonome. Inoltre, sono necessari 35 anni di contributi. Tuttavia, in tema di futuro assegno mensile, è necessario che le lavoratrici accettino il ricalcolo al 100% della pensione con il meccanismo contributivo. Ciò comporta un taglio che, mediamente, si attesta tra il 20 e il 30% e dura per tutta la vita da pensionate.

Pensione anticipata, le possibilità del contratto di espansione

Infine, tra le misure che consentiranno ai lavoratori di andare in pensione anticipata nel 2022 ci sarà anche il contratto di espansione. La formula prevede il prepensionamento con 5 anni di anticipo, sia che si punti a uscire prima rispetto alla pensione di vecchiaia (62 anni anziché 67 anni), sia che l’obiettivo diventi quello di anticipare cinque anni di contributi rispetto alla pensione anticipata. Il meccanismo, dunque, permettere ai lavoratori di andare in pensione con 37 anni e 10 mesi di contributi. Rimane in vigore l’anno di sconto per le donne (36 anni e 10 mesi di contributi).

Contratto di espansione, cosa serve per andare in pensione 5 anni prima?

Il contratto di espansione, già in vigore dal 2019, ha visto nel tempo modificare i requisiti di uscita, soprattutto quelli riguardanti l’azienda datrice di lavoro. Inizialmente potevano accedere alla misura le aziende con almeno 1.000 unità lavorative. Con la legge di Bilancio 2021, il requisito dimensionale minimo è stato abbassato a 250 unità lavorativa, ulteriormente ridotto a 100 unità con il decreto Sostegni bis di Mario Draghi. Serve l’adesione volontaria del lavoratore, l’accordo sindacale e la presentazione della lista dei lavoratori in uscita con la misura all’Inps.