Dichiarazione Iva 2024 entro il 30 aprile, a cosa fare attenzione

Entro il 30 aprile 2024 i titolari di partita Iva devono presentare la dichiarazione Iva 2024 relativa alle operazioni effettuate nel 2024.  Nel modello vengono riportate tutte le entrate e le uscite avvenute nell’anno precedente a quello in cui si presenta il modello.

Chi deve presentare la dichiarazione Iva 2024

Sono obbligati a presentare la dichiarazione annuale Iva i contribuenti che svolgono attività di impresa, professionali o artistiche. Inoltre, devono presentare la dichiarazione Iva le organizzazioni di soggetti non residenti, aziende estere che operano in Italia.

Non vi è l’obbligo di presentazione diretta da parte del contribuente, la dichiarazione annuale Iva 2024, oltre a poter essere presentata direttamente dal titolare della partita Iva, può essere presentata da:

  • intermediario;
  • soggetti incaricati, nel caso in cui la dichiarazione debba essere presentata da Amministrazioni dello Stato;
  • tramite società appartenenti al gruppo.

La dichiarazione si intende presentata nel giorno in cui termina la ricezione telematica, ne è prova la comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento dei dati, rilasciata sempre per via telematica.

Come esercitare le opzioni Iva nella dichiarazione Iva 2024

Per la dichiarazione Iva sono possibili due opzioni, cioè è possibile presentare in modo autonomo la dichiarazione Lipe relativa al 4° trimestre dell’anno precedente e in questo caso la dichiarazione Iva può essere presentata entro il 30 aprile oppure si può optare per la presentazione della Lipe nel Quadro VP della dichiarazione annuale dove è possibile inserire i dati contabili riepilogativi delle liquidazioni periodiche dei mesi di ottobre, novembre e dicembre. In questo caso la dichiarazione Iva deve comunque essere presentata entro il 28 febbraio.

È bene ricordare che non la dichiarazione Iva in scadenza al 30 aprile è possibile anche esercitare le opzioni per il passaggio dal regime ordinario al regime forfetario e viceversa. L’articolo 1 del Dpr 442 del 1997 stabilisce che l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. L’opzione e la sua revoca è generalmente valida per un triennio. Vi sono però dei casi in cui è necessario esercitare l’opzione per il passaggio da un regime fiscale all’altro. Si tratta di un’operazione molto semplice che comporta pochissimi passaggi.

Devono compilare il Quadro VO della dichiarazione Iva anche coloro che pur potendo restare nel regime forfetario perché ne mantengono i requisiti, decidono di passare al regime ordinario. Ricordiamo che l’opzione esercitata ha valenza per il triennio.

Chi ha adottato per la prima volta il regime forfetario nel 2024, nella dichiarazione Iva 2024 relativa al periodo di imposta 2023 deve barrare la casella VA14 per indicare che si tratta dell’ultima dichiarazione Iva presentata, infatti nel 2025 saranno esonerati dalla presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno di imposta 2024.

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Influencer: in quali casi è obbligatorio aprire la partita Iva?

Il mondo degli influencer diventa sempre più nutrito e, sebbene questa professione non sia ancora del tutto riconosciuta, ci sono in realtà delle regole da rispettare per quanto riguarda tasse da pagare sui guadagni, obblighi Iva e contributi da versare. Ecco cosa sapere per fare l’influencer nel rispetto della legge.

Chi è l’influencer?

Partiamo dalla definizione, l’influencer è una persona che ha un certo seguito e quindi riesce a influenzare gli altri, in particolare riesce a influenzarne le scelte di acquisto. Riconosciute queste capacità, basate soprattutto sul numero di follower, le imprese possono scegliere un influencer per pubblicizzare i loro prodotti o servizi e quindi aumentare la clientela.

Naturalmente trattasi di un servizio a pagamento che di conseguenza genera un reddito e quindi è necessario essere in regola dal punto di vista fiscale. Tra gli influencer più conosciuti al mondo vi è sicuramente Chiara Ferragni che però gestendo un’attività piuttosto complessa viene definita anche “imprenditrice digitale” infatti la sua attività è ormai molto ampia e comprende diverse funzioni, tra cui anche stilista. Non è però l’unica, in Italia ogni giorno c’è un nuovo personaggio che si definisce influencer, ormai sono un piccolo esercito e non va diversamente nel resto del mondo, complice anche la diffusione di social come Instagram, il più utilizzato, facebook, tik tok. Molti però iniziano per gioco non rendendosi conto dei riflessi che qualunque attività generi reddito può avere.

Inquadramento professionale e codice Ateco dell’influencer

La prima cosa da sottolineare è che dal punto di vista dell’inquadramento professionale un influencer è considerato un “addetto a campagne marketing”, di conseguenza nel momento in cui si vuole iniziare l’attività in modo professionale è necessario aprire la partita Iva utilizzando il codice Ateco 73.11.02. La partita Iva per svolgere l’attività di influencer deve essere obbligatoriamente aperta nel momento in cui si svolge l’attività in maniera continuativa e abituale. Viene considerata occasionale l’attività svolta per meno di 30 giorni.

Ricordiamo che è possibile aprire una partita Iva anche con più codici Ateco e che questi possono essere aggiunti anche in un secondo momento. Ad esempio si potrebbe aggiungere il codice Ateco 73.11.01 in caso di Ideazione di campagne pubblicitarie”, in questo caso non si va semplicemente a sponsorizzare il prodotto, ma si entra anche nella parte creativa della campagna. Questo è solo un esempio.

Una volta aperta la partita Iva è necessario trattare anche l’aspetto contributivo, gli Influencer non hanno una cassa previdenziale di riferimento (ad esempio per gli avvocati c’è la Cassa Forense), di conseguenza è necessaria l’iscrizione alla Gestione Separata Inps nella sezione riservata ai liberi professionisti.

Ricordiamo che nel momento in cui si percepiscono compensi da un’azienda per proporre un servizio, anche solo per indossare un abito facendo vedere il marchio senza invitare all’acquisto in modo diretto, è necessario indicare nel contenuto stesso che si tratta di una pubblicità, basta inserire la dicitura ADV ( abbreviazione di advertising, cioè pubblicità).

Regime ordinario o forfetario?

Deve essere ricordato che quando si apre la partita Iva è possibile scegliere tra diversi regimi fiscali e in particolare ordinario, oppure Forfetario. Nel secondo caso si applica un’aliquota agevolata per l’Irpef, ma non possono essere detratte in modo analitico le spese seguendo il principio dell’inerenza, ma le spese sono calcolate in modo forfetario applicando il coefficiente di redditività. Nei due codici Ateco che abbiamo visto, lo stesso è fissato al 78%.

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Regime forfetario al 5%: è ancora possibile aderire? A chi si rivolge?

Il regime forfetario è un regime fiscale agevolato che prevede per i titolari di partita Iva con ricavi e compensi non superiori a 85.000 euro (soglia innalzata con la legge di bilancio 2023) la possibilità di scegliere tra il regime ordinario e il regime opzionale, scontando nel secondo caso una tassazione al 15%. Questa è la regola generale, ma è bene ricordare che per alcune categorie di soggetti vi è la possibilità di avere un’ulteriore agevolazione cioè il regime forfetario al 5%. Ecco di chi si tratta.

Regime forfetario al 5%: a chi si applica?

La normativa prevede che per i soggetti che aprono una nuova partita Iva vi è la possibilità per 5 anni di veder applicata una tassazione onnicomprensiva al 5%. Sebbene la legge di bilancio 2023 sia intervenuta sul regime forfetario, questa parte della disciplina non ha avuto interventi e di conseguenza è ancora vigente, anche se non se ne parla molto.

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Affinché sia applicata la tassazione al 5% è necessario che si verifichino determinati requisiti e in particolare:

Il soggetto che apre la partita Iva nei tre anni precedenti non deve aver esercitato attività di impresa, artistica o professionale in forma singola o associata. In questo caso dal punto di vista temporale è necessario fare riferimento alla data a partire dalla quale si vuole accedere al nuovo regime e non semplicemente calcolando i tre periodi di imposta antecedenti, quindi eventuali altre attività devono essere cessate da almeno tre anni al momenti di iniziare la nuova attività.

Regime forfetario al 5%: non si applica in caso di prosecuzione di attività svolta come lavoratore dipendente

La start up non deve essere la prosecuzione di altro lavoro effettuato in qualità di lavoratore dipendente o autonomo, salva la possibilità di prosecuzione nel caso in cui la precedenza attività era esercitata come periodo di pratica obbligatoria per l’accesso alla professione. Per quanto riguarda la prosecuzione dell’attività, sottolinea l’Agenzia delle Entrate che viene considerata tale la mera prosecuzione di un’attività già svolta tenendo in considerazione non l’aspetto formale, ma l’aspetto sostanziale. Ciò si verifica ad esempio nel caso in cui siano utilizzati gli stessi strumenti o locali in cui veniva esercitata la precedente attività.

Se si prosegue l’attività svolta da un altro soggetto, è necessario che tale attività non abbia generato nell’anno antecedente ricavi o compensi per un ammontare superiore alla soglia prevista per l’applicazione del regime forfetario.

L’Agenzia delle Entrate ha inoltre precisato che non si esclude la possibilità di aderire al regime forfetario al 5% nel caso in cui il soggetto in precedenza abbia svolto la medesima attività con contratto di collaborazione o a tempo determinato che siano caratterizzati da marginalità economica.

Ricordiamo che il regime forfetario al 5% non consente la detrazione delle spese con metodo analitico, ma con metodo forfetario in base ai coefficienti di redditità.

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Fatturazione elettronica forfetari sotto i 25.000 euro, ci sarà l’obbligo?

Chi ha scelto il regime forfetario e ha un reddito (ricavi o compensi) inferiori a 25.000 euro ha beneficiato dell’esenzione dall’obbligo di fatturazione elettronica, ma solo fino a gennaio 2024. Il Governo aveva però annunciato una proroga. Qual è l’attuale situazione? La proroga dell’esenzione dall’obbligo di fatturazione elettronica è stata adottata?

Dal 1° luglio 2022 fatturazione elettronica obbligatoria anche per i forfetari. Obbligo per tutti?

Con il decreto legge 36 del 2022 il governo ha introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica per coloro che hanno aderito al regime forfetario. Tale obbligo è entrato in vigore il 1° luglio 2022 per coloro che hanno dichiarato nel 2021 compensi o ricavi superiori a 25.000 euro annui, mentre dal 1° gennaio 2024 è prevista l’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica per tutti i contribuenti che hanno scelto il regime forfetario.

La normativa prevedeva un regime transitorio per il periodo luglio-settembre 2022, in forza di esso era possibile emettere la fattura elettronica entro un mese dalla prestazione che l’aveva originata.

Dal primo ottobre 2022 invece la fattura deve essere emessa:

  • entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione a cui il documento stesso si riferisce.

Cosa cammbia per i forfetari dal 1° gennaio 2023?

Il Governo aveva annunciato novità in merito all’obbligo di fatturazione elettronica per i forfetari e questo perché per i contribuenti può rappresentare un costo, le stesse potrebbero arrivare con il decreto mille proroghe che è attualmente allo studio del governo.

Se le cose dovessero restare immutate, chi oggi si trova nel regime forfetario e ha i requisiti per rimanervi, naturalmente i requisiti indicati nella legge di bilancio 2023 che ha previsto l’estensione della possibilità di aderire al forfetario con un limite massimo di 85.000 euro di compensi/ ricavi e la fuoriuscita automatica dal regime di favore in caso di superamento della soglia di 100.000 euro, al primo gennaio dovrà effettuare una piccola verifica.

In particolare sarà necessario controllare che il totale dei ricavi e compensi non superi la soglia del 25.000 euro, in caso contrario si dovrà optare per la fatturazione elettronica nel 2023. Ricordiamo che vi è sempre la facoltà di optare per la fatturazione elettronica pur senza aver superato il tetto visto, mentre è sempre obbligatoria per le fatture emesse nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Se le cose dovessero rimanere immutate, tutti gli aderenti al forfetario, dal 1° gennaio 2024 dovranno utilizzare la fatturazione elettronica.

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Flat tax incrementale e per regime forfetario: a chi sarà applicata e come si calcola?

La legge di bilancio 2023 prevede all’articolo 12 la flat tax incrementale. Rispetto alle previsioni iniziali cambia l’impostazione, ma questa dovrebbe essere, dopo numerose indiscrezioni trapelate, la versione definitiva, sebbene ancora passibile di modifiche durante l’iter parlamentare.

Flat tax incrementale solo per lavoratori autonomi e professionisti

La prima cosa da sottolineare è che l’articolo 12 è rivolto a persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni diverse da quelle che applicano il regime forfetario. Questi soggetti possono optare per la tassa piatta al 15% al posto dell’applicazione degli scaglioni progressivi. Naturalmente non si può applicare la flat tax incrementale su tutti i redditi percepiti ( altrimenti sarebbe applicato il regime forfetario), ma solo sulla differenza tra il reddito prodotto nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo, d’importo più elevato, dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare. La flat tax incrementale non può trovare applicazione su importi superiori a 40.000 euro.

Flat tax regime forfetario: cambiano i requisiti

L’articolo 11 della bozza della legge di bilancio 2023 prevede invece modifiche al regime forfetario introdotto con l’articolo 1 della legge 190. In particolare si applica una modifica del comma 54 e la soglia per poter optare per il regime forfetario passa da 65.000 euro a 85.000 euro. Cambiano inoltre i criteri di uscita dal regime forfetario. Si tratta infatti di un regime opzionale con tassazione piatta, ma il beneficio si perde nel momento in cui i requisiti “economici” superano la soglia prevista. Con la legge di bilancio 2023 viene introdotto un gap tra i requisiti per accedere al regime forfetario, quindi ricavi e compensi inferiori, dal 2023 al 85.000 euro, e i requisiti di uscita, infatti dal 2023 usciranno in modo automatico dal regime forfetario professionisti e lavoratori autonomi che superano la soglia di 100.000 euro di ricavi o compensi.

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Giorgetti: flat tax incrementale per le partite Iva in regime ordinario

Il Ministro dell’economia e delle finanze ha anticipato in audizione davanti alle commissioni speciali di Camera e Senato l’ipotesi di applicare la flat tax incrementale alle partite Iva che operano al di fuori del regime forfetario, quindi in regime ordinario.

Giorgetti anticipa: potrebbe arrivare la flat tax incrementale per le partite Iva in regime ordinario

Una novità importante potrebbe arrivare per professionisti e imprese che per limiti di reddito o per scelta operano in regime ordinario e quindi non si avvalgono delle semplificazioni fiscali del regime forfetario. Potrebbero infatti avere un vantaggio fiscale sui redditi prodotti in più rispetto agli anni precedenti. Andiamo con ordine.

Il regime forfetario è un regime fiscale opzionale che attualmente può essere scelto dalle partite Iva che hanno redditi e compensi inferiori a 65.000 euro.

Allo studio del Governo c’è l’ipotesi di estendere il regime forfetario alle partite Iva con reddito fino a 85.000 euro o 90.000 euro. Nel frattempo il Ministro Giorgetti nell’audizione al Senato per l’illustrazione del Nadef ( Nota di aggiornamento al documento economico finanziario) ha anticipato che vi è l’intenzione di applicare la flat tax incrementale per le partita Iva che operano al di fuori del regime forfetario. Questo vorrebbe dire che per i compensi percepiti in più rispetto agli esercizi economici precedenti non si applicherà l’aliquota ordinaria, ma quella più bassa del 15%.

Nella dichiarazione afferma: i contribuenti titolari di redditi da lavoro o di impresa non aderenti al regime forfetario che potranno assoggettare ad aliquota del 15% una quota dell’incremento di reddito registrato nel 2022 rispetto al maggiore tra i medesimi redditi dichiarati e assoggettati all’Irpef nei tre anni d’imposta precedenti.

Di converso non si è parlato di applicazione della flat tax incrementale per le persone fisiche che quindi con molta probabilità continueranno a pagare l’Irpef con scaglioni progressivi.

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Flat tax per regime forfetario a 85.000 o a 100.000 euro. Ipotesi del nuovo Governo

Nel prosieguo dei lavori per la scrittura della legge di bilancio 2023 emergono ulteriori dettagli, tra questi prendono sempre più piede le ipotesi della estensione della flat tax, o tassa piatta, per coloro che optano per il regime forfetario, ma la stessa è inferiore alle aspettative.

Flat Tax: ancora molti i nodi da sciogliere

I lavori per la scrittura della legge di bilancio proseguono e naturalmente ci sono indiscrezioni forse rilasciate anche per testare il polso, tra queste le più rilevanti riguardano la riforma del sistema pensionistico e la flat tax che appare essere sempre meno rivoluzionaria rispetto a quanto ipotizzato all’inizio. In campagna elettorale si era parlato di una flat tax per tutti, senza però fare i conti con le difficoltà economiche che anche le Casse dello Stato potrebbero dover sostenere. Nelle settimane scorse invece si è delineato un provvedimento più blando con flat tax incrementale, inizialmente pensata sulla differenza tra il reddito dell’anno precedente e il reddito corrente e in seguito delineata come flat tax incrementale con parametro determinato dal reddito medio degli ultimi tre anni.

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Per le partite Iva si era invece ipotizzato un allargamento della platea dei potenziali aderenti al regime forfetario fino a ricavi e compensi compresi nel limite di 100.000 euro. Dalle indiscrezioni sembra invece che si stia lavorando esclusivamente a una flat tax allargata per ricavi e compensi massimi fino a 85.000 euro. Non mancano le polemiche soprattutto ora che con inflazione alle stelle e reddito nominale che sta leggermente crescendo sono numerosi i lavoratori e i pensionati che pur non avendo un aumento di reddito reale, rischiano di dover pagare un’aliquota più alta a causa del drenaggio fiscale.

La exit tax dal regime forfetario

C’è però anche un’altra ipotesi allo studio, infatti il caro bollette rappresenta ad oggi il problema principale. Quelle del gas dovrebbero scendere già dalla prossima fatturazione, ma è stato già detto che probabilmente sarà un ribasso temporaneo e che per la restante parte dell’inverno le tariffe ricominceranno a salire. Questo vuol dire che le risorse devono essere concentrate su questo problema e potrebbe non esserci spazio per una riduzione delle tasse come quella che arriverebbe da una eventuale flat tax.

Proprio per questo sembra ci sia allo studio l’ipotesi della introduzione di una exit tax, si tratterebbe di una tassa di accompagnamento all’uscita dalla flat tax per coloro che hanno superato i requisiti reddituali per la permanenza nel regime di favore, cioè che hanno maturato ricavi e compensi superiori a 65.000 euro. Per la exit tax si ipotizza un’aliquota che salirebbe dal 15% attuale al 20%.

Regime forfetario: si punta sulla easy tax con uscita graduale

Si prevede una primavera molto calda sul fronte della Riforma Fiscale.  I vari partiti sono al lavoro per determinare i contenuti di quella che dovrebbe essere una riforma epocale e ridisegnare l’intero sistema fiscale. A creare malumori c’è anche il regime forfetario.  Archiviata l’ipotesi di una flat tax fino a 100.000 euro si lavora di una easy tax (tassa facile) che dovrebbe aiutare, agevolare, il passaggio dal regime forfetario al regime ordinario.

Regime forfetario: allo studio diverse ipotesi per l’uscita dal regime agevolato

Il regime forfetario prevede una tassazione al 15% per coloro che aderiscono e un calcolo delle spese effettuato applicando un criterio forfettario che abbiamo già visto nell’articolo Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Il regime forfetario può essere scelto da coloro che hanno ricavi e compensi non superiori a 65.000 euro nell’arco dell’anno di esercizio. Superata tale soglia si va in automatico al regime ordinario che però prevede un’aliquota Irpef del 41% (con possibilità di dedurre le spese con il metodo analitico e quindi una base imponibile anche inferiore). Sono in molti però a ritenere questo passaggio eccessivamente brusco. Proprio per questo si sta lavorando a soluzioni intermedie che possano consentire un passaggio morbido tra il regime forfetario e il regime ordinario. La prima ipotesi, poi scartata, è quella di innalzare la soglia per il regime forfetario a 100.00 euro, proposta portata avanti dal leader della Lega Matteo Salvini. Spunta quindi la easy tax.

Cosa prevede la easy tax per il regime forfetario?

Specifichiamo ora che la easy tax, proposta dal M5S, non è stata approvata, ma semplicemente proposta e di conseguenza non è una certezza. Vediamo come dovrebbe funzionare. La proposta prevede che al primo anno dall’uscita dai requisiti del regime forfetario, si applichi un’aliquota del 20% . Per poter avere questa agevolazione è però necessario che i compensi e ricavi dichiarati siano almeno pari a quelli del primo anno di attività e non superiori del 10%.

Al secondo anno dal superamento della soglia per il regime forfetario si applicherà la easy tax del 20% se l’incremento ulteriore di ricavi e compensi non supera il 10%. Infine, dal terzo anno si applica l’aliquota ordinaria. Ricordiamo che attualmente è possibile rientrare nel regime forfetario appena si ripresentano le condizioni previste per l’applicazione di questo regime di favore, quindi se si rientra nei 65.000 euro.

L’obiettivo è evitare la strage di partite Iva che si è vista negli anni precedenti caratterizzati anche dalla crisi economica dovuta alla crisi pandemica.

Tra le altre ipotesi allo studio del Governo per la legge di delega fiscale c’è il cashback fiscale, ma anche su questo ci sono molti malumori ed è stato sottolineato che l’emendamento è tecnicamente errato in quanto non sono indicati gli oneri a carico dello stato che potrebbero derivarne.

Coefficienti di redditività nel regime forfetario: quali sono?

Molte persone si chiedono se effettivamente è conveniente aderire al regime forfetario, infatti questo ha un metodo particolare per la deduzione delle spese dal reddito imponibile. Le spese sono calcolate attraverso i coefficienti di redditività per il regime forfetario. Ecco come funziona.

Il regime forfetario

Il regime forfetario è caratterizzato da una flat tax al 15% o al 5%, quindi una tassazione agevolata rispetto alle aliquote ordinarie. Non solo le tariffe sono agevolate, ma sono ridotti anche gli adempimenti, infatti nella flat tax sono riunite le imposte sul reddito, non si applica l’IRAP, inoltre non è necessario il registro IVA e il pagamento dell’imposta. Allo stesso tempo però non prevede la possibilità di dedurre i costi sostenuti con il metodo analitico, ma solo con quello forfetario. Essenziale per determinare le spese è il coefficiente di redditività che cambia in base alla tipologia di attività condotta. Ecco i vari coefficienti di redditività applicati al regime forfetario.

Quali sono i coefficienti di redditività nel regime forfetario?

Il coefficiente di redditività per il regime forfetario varia da una percentuale del 40% a una percentuale dell’80% e viene determinato tenendo in considerazione gli investimenti mediamente necessari nelle varie tipologie di attività.

  • Industrie alimentari e bevande : 40%;
  • commercio all’ingrosso e al dettaglio con codici Ateco da 46.2 a 46.9 e da 47.1 a 47.7 e codice Ateco 47.9: 40%;
  • ristorazione e servizi di alloggio: 40%;
  • commercio al dettaglio di prodotti alimentari e bevande codice Ateco 47.81: 40%;
  • commercio ambulante di altri prodotti con codici Ateco 47.2 e 47.89: 54%;
  • costruzioni e attività immobiliari: 86%;
  • intermediari del commercio 46.1: 62%;
  • Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi con codici Ateco 64, 65, 66, da 69 a 75 e da 85 a 88: 78% ( questa aliquota si applica anche a molte professioni ancora non regolamentate come social media manager, copywriter, web designer, sviluppatore);
  • per tutte le altre attività non elencate in questa sede il coefficiente di redditività per il regime forfetario è del 67%. Si tratta dell’aliquota applicata nella maggior parte dei casi, tra cui parrucchieri, tatuatori, estetiste, make up artist e tutto ciò che è afferente ai servizi alla persona.

Come si applica il coefficiente di redditività?

Chi è in regime forfetario come detto non può sottrarre dal totale dei compensi e dei ricavi le spese sostenute. Questo però non vuol dire che questi non sono considerati, ma che lo sono in modo forfetario. Ad esempio se Tizio in regime forfetario ha un’attività per la quale è previsto un coefficiente di redditività al 67%, la maggior parte dei codici Ateco, vuol dire che potrà determinare il reddito imponibile al 67%, quindi su ricavi di 1.000 euro pagherà imposte su una base imponibile del 67%, cioè 670 euro. Le spese saranno il 33%.

Ne deriva che la scelta del regime forfetario sicuramente è conveniente per chi ha delle spese inferiori rispetto a quanto è possibile far valere attraverso il coefficiente di redditività. Ad esempio se lo stesso Tizio sui 1.000 euro di ricavi ha sostenuto spese per 200 euro, troverà sicuramente conveniente avere il regime forfetario. Calcoli più elaborati devono invece essere effettuati nel caso in cui le spese siano invece superiori a 330 euro. In questo caso per una differenza lieve, la flat tax al 15% potrebbe continuare ad essere vantaggiosa, ma se i costi superano di molto tale soglia, potrebbe essere maggiormente conveniente un regime ordinario.

Ricordiamo che ci sono attività escluse dalla flat tax, per conoscerle leggi l’articolo: Regime forfetario: quali sono le attività escluse? Ecco l’elenco

Alcuni chiarimenti sul regime forfettario ai tempi delle nuove aliquote Irpef

Tempo di grandi cambiamenti in materia di fisco in Italia, anche per la Partita iva. La riforma delle aliquote e degli scaglioni Irpef, l’abolizione dell’Irap, le nuove detrazioni. La riforma del fisco sta prendendo piede ed ormai tutti ne parlano e tutti si stanno adoperando per conoscere i suoi punti salienti. Ma restano in piedi alcuni pratici meccanismi di tassazione che per esempio riguardano imprenditori e liberi professionisti, o aspiranti tali. Resta infatti utilizzabile da questi soggetti, il regime di tassazione agevolata meglio conosciuto come forfettario. Si tratta di un regime fiscale di favore per questi soggetti. E statistiche alla mano, è il regime più usato ancora oggi da chi apre una nuova Partita Iva.

Chi si chiede se alla luce delle nuove aliquote Irpef abbia perso appetibilità il regime forfettario può stare tranquillo. Come vedremo è ancora un regime di favore.

Il regime forfettario in sintesi per la Partita Iva

Aprire una Partita Iva e aderire al regime forfettario significa godere di una tassazione ridotta rispetto a quella ordinaria. L’aliquota in oggetto è al 5%. Occorre però rispettare alcune condizionalità.

Al regime forfettario possono accedere coloro i quali prevedono (nel caso di nuova apertura) o hanno ottenuto, ricavi e compensi per anno solare, sotto la soglia dei 65.000 euro.

Poi occorre non superare 20.000 euro come spese per lavoro accessorio, lavoro dipendente o per compensi dati ai propri collaboratori. Un occhi particolare a queste spese, perché molti non sanno che rientrano anche quelle sostenute per utili da partecipazione erogati a soci lavoratori, o a familiari del diretto interessato.

Per quanto detto, il regime forfettario non si applica a persone fisiche che utilizzano già regimi speciali. Inoltre non è ammesso il regime forfettario per chi risiede all’estero, tranne che per chi risiede in uno Stato UE con cui l’Italia ha convenzione per scambio di informazione sui redditi e sugli utili di questi imprenditori. Per essere ammesso al regime forfettario un residente all’estero che rientra nella casistica prima citata, deve dimostrare di aver prodotto in Italia non meno di 3/4 del reddito complessivo.

Un vincolo molto importante è quello del lavoro nei confronti di un datore di lavoro con cui si lavorava prima. In pratica, se un lavoratore decide di mettersi in proprio, svolgendo una attività che va tutta nei confronti del suo vecchio datore di lavoro (con cui ha lavorato negli ultimi 2 anni), il regime forfettario non può essere applicato.

La guida al regime forfettario 2022

Ferme restando le condizioni precedentemente esposte, chi rientra nel regime forfettario deve sapere come determinare il reddito su cui si va ad applicare l’aliquota agevolata.

Il cosiddetto reddito imponibile non si ottiene solo sommando ricavi e compensi. Infatti occorre applicare al risultato il coefficiente di redditività che la normativa fiscale vigente prevede in misura differente in base alla tipologia di attività svolta.

Al netto dei contributi previdenziali versati, il titolare della Partita Iva deve applicare una aliquota fissa del 15%. Nettamente inferiore a quelle della tassazione ordinaria sui redditi.

L’aliquota ancora più bassa è appannaggio di chi apre una attività e vale per il periodo di imposta iniziale. Tale aliquota è al 5%. Anche in questo caso una agevolazione non neutra da condizionalità.

L’interessato infatti non deve aver esercitato nei tre anni che precedono l’inizio della nuova attività,  una riguardante l’arte, la professione o l’impresa. Inoltre non deve essere una attività, quella in avvio, che di fatto ne prosegue una dello stesso tipo precedentemente instaurata.