Cos’è e come funziona il regime forfettario opzionale per i neo residenti

Per i cittadini stranieri prendere la residenza in Italia, nel rispetto dei requisiti previsti, può essere davvero conveniente a livello fiscale. E questo perché, con la Legge di bilancio del 2017, nel nostro Paese è stato introdotto un regime fiscale che è opzionale e forfettario proprio a favore dei neo residenti per quel che riguarda i redditi prodotti all’estero. Vediamo allora, nel dettaglio, cos’è e come funziona il regime forfettario opzionale per i neo residenti.

Regime forfettario opzionale per i neo residenti, cos’è e come funziona

In particolare, per ogni periodo di imposta in corrispondenza del quale viene esercitato il regime opzionale, con l’imposta sostitutiva applicata il neo residente in Italia, per i redditi prodotti all’estero, pagherà una tassa piatta e fissa che è pari a 100mila euro. Così come si legge proprio sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.

L’adesione al regime opzionale forfettario può avvenire al momento della dichiarazione dei redditi in corrispondenza dell’anno di imposta corrispondente al trasferimento della residenza in Italia. Oppure, nel periodo di imposta immediatamente successivo. Inoltre, nella scelta o meno del regime opzionale forfettario per i neo residenti, l’interessato può presentare un’istanza preventiva di interpello. Da recapitare, nella fattispecie, alla Divisione Contribuenti dell’Agenzia delle Entrate.

Come si presenta la domanda di adesione al regime opzionale forfettario per i neo residenti

Riguardo a come si presenta la domanda di adesione al regime opzionale forfettario per i neo residenti, l’Agenzia delle Entrate al riguardo offre tante opzioni. In quanto l’istanza si può consegnare a mano, con raccomandata con ricevuta di ritorno, in modalità telematica e pure con la posta elettronica certificata.

Nella domanda di adesione al regime opzionale forfettario occorre indicare, oltre ai propri dati anagrafici, pure il codice fiscale se questo è stato già attribuito. Nonché, tra l’altro, l’ultima giurisdizione o le ultime giurisdizioni dove il neo residente in Italia ha avuto l’ultima residenza fiscale.

Ai fini dell’accesso al regime, inoltre, occorre attestare lo status di non residente in Italia, dall’inizio di validità del regime opzionale, da almeno 9 periodi di imposta nel corso dei 10 precedenti. Il regime opzionale si rinnova tacitamente di anno in anno, e decade comunque dopo 15 anni dal primo periodo di imposta.

Il regime forfettario opzionale per i neo residenti si può estendere anche ai familiari

In più, il regime forfettario opzionale per i neo residenti si può estendere anche ai familiari. Indicandoli nella dichiarazione dei redditi. Ed in tal caso, per ogni familiare beneficiario del regime opzionale forfettario per i redditi prodotti all’estero, la tassa piatta è pari a 25.000 euro. Con il pagamento dell’imposta o delle imposte sostitutive che deve avvenire in un’unica soluzione. E seguendo quelle che sono le scadenze previste per il saldo in Italia delle imposte sui redditi.

Regime forfettario 2022, quali sono i requisiti per accedere

Il Regime forfettario 2022 è un regime agevolato molto utilizzato dagli italiani. In questa guida indichiamo i requisiti per accedervi.

Regime forfettario 2022, chi può accedere?

Il Regime forfettario 2022 non ha grandi differenze con quello degli anni passati. Tuttavia è davvero il regime più scelto dai piccoli imprenditori e professionisti. Inoltre la sua applicazione e quindi collaudata e pari davvero che funzioni, anche se a breve sarà applicato l’obbligo della fatturazione elettronica.

Quindi è fruibile dalle persone fisiche esercenti un’attività d’impresa, di arte o professioni, purché in possesso dei requisiti stabiliti. Mentre sono escluse tutte le associazioni professionali, le società di persone e i soggetti equiparati di cui all’art. 5 del Tuir.

I requisiti del regime forfettario 2022, le condizioni di accesso

L’art. 1 del D.D.L. Bilancio 2020 ha modificato le condizioni di accesso e le cause ostative previste per l’adozione del regime forfettario. Le condizioni prevedo che:

  • il totale dei compensi percepiti e dei ricavi non possono superare 65.000 euro;
  • introduzione del limite delle spese sostenute per il personale dipendente o per lavoro accessorio per un ammontare non superiore a 20 mila euro lordi.

 

Requisiti Dal 2020
Limite dei ricavi e compensi € 65.000 per tutte le attività
Spese per lavoro dipendente e assimilati € 20.000 lordi
Beni strumentali Abrogato dal 2019

Inoltre le modifiche apportate al regime forfetario decorrono dall’1° gennaio 2020, pertanto per coloro che sono già in attività i requisiti vanno verificati sulla base dei dati dell’anno precedente (2019) mentre per chi intende iniziare una nuova attività, i requisiti vanno verificati su dati presunti. Infine la perdita dei requisiti comporta l’uscita dallo stesso regime già dall’anno successivo.

Cause di esclusione ed alcuni esempi

La legge di Bilancio ha ribadito le cause di esclusione dal regime forfettario in merito ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati eccedenti l’importo di 30 mila euro. Tuttavia non possono applicare il regime:

  • le persone fisiche che usufruiscono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto o di regimi forfettari di determinazione del reddito;
  • i soggetti che si occupano di cessioni di fabbricato o di porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, co. 1, numero 8), del d.P.R. 633/1972 o di mezzi di trasporto nuovi di cui all’art. 53, co. 1, del D.L. 331/1993;
  • le persone che hanno percepito, nell’anno precedente, redditi di lavoro eccedenti l’importo di 30 mila euro. Però questa soglia non si conta se il contratto è già cessato;
  • i soggetti residenti in Italia. Ma anche quelli che sono residenti in uno Stato membro dell’Unione Europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni ma che producono redditi in Italia per almeno il 75% del reddito complessivo prodotto;
  • le persone fisiche la cui attività è stata esercitata nei confronti di rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai precedenti datori di lavoro;
  • gli esercenti un’attività d’impresa, arti o professioni che svolgono altre attività come la partecipazione a società di persone, associazioni professionali ed imprese familiari. Oppure che controllano società a responsabilità limitata o associazioni di partecipazione riconducibili ad attività svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni.

 

Regime forfettario, Inps: guida alla domanda per lo sconto sui contributi

Il regime forfettario ormai è diventato un regime fiscale tra i più utilizzati per via del risparmio che offre  ai contribuenti che lo adottano per scelta. Un regime a tassazione agevolata che tra le altre cose prevede pure il versamento ridotto dei contributi previdenziali obbligatori all’Inps. Ma occorre conoscere bene la materia per poter sfruttare questo vantaggio anche sui contributi. Infatti occorre fare domanda. Ecco una sintetica guida all’adempimento.

Regime forfettario, cos’è in sintesi

Il regime forfettario è uno dei regimi fiscali sostitutivi di quello ordinario Irpef. L’adesione a questo regime è opzionale, ma va detto che per potervi rientrare occorre rispettare le condizionalità che lo strumento prevede. Infatti tale regime si applica alle Partite Iva che hanno ricavi e compensi pari o al di sotto di 65.000 euro. Tale limite vale sia per ottenere l’accesso al regime di tassazione agevolato che per restare dentro lo stesso regime.

Occorre inoltre aver sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori. Inoltre l’interessato a rientrare nel regime forfettario deve rispettare un ultima condizione, che è quella di non aver percepito più di 30.000 euro come redditi da lavoro dipendente, assimilati o da pensione.

 

Vantaggi per i forfettari, la domanda per la riduzione dei contributi Inps

In primo luogo chi aderisce a questo regime forfettario ha una tassazione sui redditi nettamente vantaggiosa fissata com’è al 15%. Per le nuove partite Iva invece, ancora meglio, perché la tassazione è al 5%.

Inoltre, tornando al nostro argomento ,c’è il 35% di sconto sui contributi previdenziali obbligatori. In pratica con il regime forfettario si paga il 65% di quanto normalmente dovuto dai lavoratori autonomi nel regime ordinario. Per ottenere la riduzione dei contributi però occorre presentare una domanda all’Inps e questo adempimento va effettuato entro il 28 febbraio.

L’Inps ha confermato la scadenza classica annuale con una circolare pubblicata sul portale istituzionale della nostra Previdenza Sociale lo scorso 8 febbraio.

SI rammenda che lo sconto vale sia per i contributi fissi da versare per commercianti ed artigiani, che per quelli variabili in base al reddito di questi stessi contribuenti. La circolare in questione, che è la n° 22/2022, ricorda pure che l’istanza è obbligatoria solo per i nuovi ingressi nel regime forfettario. Chi ha già presentato domanda lo scorso anno o prima, potrà godere dello sconto contributivo in automatico.

La domanda si fa in maniera telematica collegandosi al sito ufficiale dell’Inps con le solite credenziali di accesso, ovvero con Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale), CIE (Carta di identità elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi). L’area di riferimento è il  “Cassetto Previdenziale Artigiani e Commercianti”.

Fattura elettronica: verso l’obbligo per tutte le partite Iva, anche forfettarie

Si va verso l’obbligo esteso a tutte le partite Iva della fattura elettronica, anche per ai forfettari. La novità arriva direttamente dall’Atto di indirizzo del ministero dell’Economia e delle Finanze per il triennio 2022-2024, dopo l’approvazione della Commissione europea e del Consiglio di dicembre scorso. Gli obiettivi sono quelli relativi alla lotta all’evasione e alla riforma fiscale, anche mediante i big data e le lettere di compliance.

Fattura elettronica, verso l’obbligo anche alle partite Iva a regime forfettario

In arrivo dunque la fattura elettronica per tutte le partite Iva. Il ministro dell’Economia Daniele Franco punta tutto sul potenziamento dello strumento della fattura elettronica con l’estensione agli autonomi del regime forfettario. L’obiettivo è quello di contrastare l’evasione fiscale e l’omessa fatturazione dei soggetti obbligati, rendendo di fatto obbligatoria l’emissione e la trasmissione telematica delle fatture anche alle partite Iva a regime forfettario. Da ultimo anche il potenziamento dell’incentivo a effettuare i pagamenti in modalità elettronica.

Fattura elettronica per tutte le partite Iva, maggiori controlli anti-evasione

L’allargamento dell’obbligo della fattura elettronica anche ai forfettari risponde alla necessità di avere a portata di mano i dati dei contribuenti per contrastare l’evasione fiscale, soprattutto dei soggetti a più elevato rischio di frode. Con la trasmissione telematica delle fatture, il Fisco potrà svolgere in maniera più capillare i controlli incrociati tra le varie operazioni e monitorare i relativi pagamenti, anche elettronici.

Fattura elettronica e lettere di compliance, per quali contribuenti?

I contribuenti potrebbero vedersi recapitare le cosiddette “lettere di compliance”. Si tratta di comunicazioni del Fisco nelle quali si invita a favorire il venir fuori delle basi imponibili per l’applicazione dell’Iva, delle imposte di bollo e di quelle dirette. In vista delle novità della riforma fiscale, il ministero punterà a rafforzare le infrastrutture telematiche e l’accesso alle banche dati. Riceveranno le lettere di compliance i contribuenti che verranno selezionati dagli algoritmi utilizzati per studiare i flussi dai dati delle fatture elettroniche generate e dei corrispettivi delle transazioni.

 

Fattura elettronica in arrivo e verifica requisiti: cosa devono fare le partite Iva forfettarie?

Tempo di scelte e di verifiche per le partite Iva a regime forfettario in merito ai requisiti di accesso o di permanenza nel regime di favore e di preparazione all’arrivo della fattura elettronica. L’attenzione dei lavoratori autonomi deve essere concentrata ai principali requisiti. Tra questi, i limiti dei ricavi o la compatibilità con lo svolgimento di un lavoro alle dipendenze. Sugli adempimenti del 2022, il consiglio per i forfettari è quello di non farsi trovare impreparati all’adeguamento alle nuove regole dell’e-fattura. Per quest’ultimo adempimento è sufficiente iniziare a utilizzare i servizi offerti in via telematica del sito dell’Agenzia delle entrate.

Partite Iva a regime forfettario: le verifiche da fare per mantenere i requisiti richiesti

Innanzitutto, deve essere buona abitudine per le partite Iva a regime forfettario controllare i requisiti di accesso a inizio anno, e dunque anche all’inizio del 2022. Il primo requisito da verificare è quello dell’ammontare dei ricavi o dei corrispettivi fissato a 65 mila euro annui. La verifica va fatta sulle entrate registrate nell’anno 2021. In tal senso va utilizzato il principio di cassa, ovvero del momento in cui siano stati incassati effettivamente i corrispettivi. Il limite dei ricavi, in ogni modo, consente al contribuente di avere la facoltà di uscita o di entrata nel regime forfettario a seconda del superamento della soglia prevista o meno.

Partite Iva a regime forfettario, la verifica delle spese e lavoro dipendente e pensione a inizio 2022

Un altro requisito che richiede un’attenta verifica per il mantenimento del regime forfettario della partita Iva è quello delle spese sostenute. In particolare, è necessario verificare quelle complessive a favore dei lavoratori dipendenti. Nel 2021 il volume di dette spese per collaboratori, dipendenti e lavoro accessorio non devono eccedere i 20 mila euro lordi. Particolare attenzione va posta qualora, oltre ai redditi da lavoro autonomo, la partita Iva possegga anche un reddito da pensione. Oppure da lavoro dipendente riferito all’anno 2021. In tal caso, il lavoro dipendente o la pensione incassata deve non superare il limite dei 30 mila euro per il 2021. L’eventuale pensione, inoltre, non va considerata singolarmente, ma deve essere cumulata con gli eventuali altri redditi da lavoro dipendente non cessati.

Partite Iva, gli altri requisiti da rispettare per mantenere il regime forfettario

Tra gli altri requisiti che le partite Iva devono rispettare per mantenere il regime forfettario vi è quello del non possesso di quote nelle società di persone. Tale divieto è inerente anche al possesso di quote nelle società a responsabilità limitata nel caso in cui vi sia un controllo diretto o indiretto. L’attività della società a responsabilità limitata non deve essere inoltre riconducibile a quella del contribuente. Ulteriore requisito è quello inerente il divieto di intrattenere o di aver intrattenuto, nei due anni precedenti e in modo prevalente, rapporti con gli ex datori di lavoro.

Partite Iva, in arrivo la fattura elettronica anche per il regime forfettario

Nel mese di dicembre scorso, il Consiglio dell’Unione europea ha autorizzato l’Italia a includere nell’obbligo di utilizzo della fattura elettronica anche le partite Iva a regime forfettario. Il formato da utilizzare per l’emissione delle fatture anche per i forfettari è quello Xml. Ad oggi, dunque, si è in attesa di un provvedimento del governo italiano che renda effettiva l’indicazione proveniente dall’Europa, non arrivato finora né nella legge di Bilancio del 2022 e nemmeno nel successivo decreto “Milleproroghe”.

Fattura elettronica, da quando l’obbligo ai forfettari?

Anche se non è possibile indicare una data precisa, l’obbligo della fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettario si concretizzerà mediante un provvedimento in arrivo. Tuttavia, proprio anche per i forfettari l’incedere dell’obbligo di fattura elettronica comporterà dei cambiamenti organizzativi e amministrativi. L’adeguamento, in primis, comporterà un essenziale vantaggio. Infatti se i forfettari, oltre a utilizzare la fattura elettronica, garantissero la tracciabilità dei pagamenti sia in uscita che in entrata sulle fatture di oltre 500 euro di importo, potrebbero beneficiare dell’abbassamento per due anni degli accertamenti ai fini dell’Iva e delle imposte dirette.

Partita Iva a regime forfettario, come prepararsi alla fattura elettronica?

Nel frattempo, le partite Iva a regime forfettario possono prepararsi all’imminente obbligo di fatturazione elettronica. Provenendo dall’emissione della fattura in formato cartaceo, i forfettari potrebbero agevolare con il formato elettronico alcuni adempimenti in modalità via telematica. Ad esempio, la conservazione e la consultazione on line delle fatture, il servizio del bollo virtuale e l’accesso al servizio di “Fatture e corrispettivi” dell’Agenzia delle entrate. Per accedere al servizio è necessario avere le credenziali Spid o Carta di identità elettronica (Cie), oppure i codici Fisconline. Con l’accesso, è possibile peraltro visualizzare il proprio cassetto fiscale. Ma anche emettere fatture elettroniche dalla piattaforma “Fatture e corrispettivi”.

Fatture elettroniche sul sito Agenzia delle entrate, il servizio è a pagamento?

Peraltro, i servizi resi dal sito e dalla piattaforma dell’Agenzia delle entrate sono del tutto gratuiti. Si può razionalizzare il numero dei documenti cartacei, disporre un ordine on line e consultare e conservare le fatture in uscita dei contribuenti forfettari. Il pagamento del bollo virtuale avviene per fatturi i cui importi eccedono i 77,47 euro. Tale adempimento può essere fatto virtualmente, con il pagamento trimestrale e in un’unica soluzione dei bolli sulle fatture in uscita.

 

Fattura elettronica: come deve essere conservata dalle partite Iva forfettarie?

Come conservare le fatture elettroniche se si è una partita Iva a regime forfettario? Anche i forfettari possono essere obbligati alla conservazione sostitutiva dei documenti. Altrimenti devono procedere con l’archiviazione cartacea. Leggiamo cosa fare in questi casi. Se la partita Iva a regime forfettario riceve una fattura elettronica deve comunque conservarla. Si tratta delle fatture di acquisto.

Quali sono le modalità di conservazione della fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettario?

E pertanto, se la fattura elettronica viene ricevuta da una partita Iva a regime forfetario è necessario conservarla. La scelta dovrà ricadere su una delle due opzioni, ovvero:

  • conservarla in formato cartaceo, ad esempio anche in pdf pronta da stampare all’occorrenza;
  • conservare la fattura elettronica attraverso la conservazione sostitutiva.

Partita Iva a regime forfettario: conservazione delle fatture elettroniche in modalità cartacea

È da precisare, innanzitutto, che le partite Iva a regime forfettario non sono obbligati a procedere con la conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche. Tuttavia, le partite Iva devono necessariamente ottemperare all’obbligo di conservazione almeno cartacea. Questa regola vale anche nel caso in cui la ricezione della fattura elettronica sia stata fatta tramite la posta elettronica certificata (Pec) oppure attraverso il Codice destinatario. La modalità di ricezione è stata chiarita dall’Agenzia delle entrate con la circolare numero 9/E del 2019.

Come conservare la fattura elettronica in modalità cartacea?

Per la conservazione delle fatture elettroniche in modalità cartacea, le partite Iva a regime forfettario devono:

  • scaricare la fattura che hanno ricevuto, sia tramite email, che Pec o Codice destinatario;
  • procedere con una stampa della fattura;
  • conservare la fattura in appositi archivi cartacei (come i faldoni);
  • è importante conservare la fattura per almeno dieci anni. È l’articolo 2220 del Codice civile a disciplinarne la modalità.

Quanto conviene conservare le fatture elettroniche in modalità cartacea?

Sicuramente il metodo di conservazione fisica e cartacea della fattura elettronica rappresenta una modalità classica e, pertanto, meno comoda di strumenti oggi utilizzabili. In primo luogo perché la conservazione cartacea delle fattura implica dei costi rappresentati dalla carta, dal toner per stampare e dagli spazi. Vi è anche il rischio di perdere o smarrire le fatture. Inoltre, la conservazione cartacea delle fatture rappresenta un costo in termini di tempo. Archiviare e ritrovare la fattura una volta che è stata messa da parte rappresenta un’operazione che può richiedere diverso tempo.

Conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche delle partite Iva a regime forfettario: perché conviene?

Si può procedere, dunque, a utilizzare modalità più al passo con i tempi con la conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche anche per le partite Iva a regime forfettario. In tal modo, la conservazione avviene nella modalità digitale, che permette:

  • di mantenere il valore legale della fattura stessa;
  • di non dover conservare la fattura in modalità cartacea (proprio per questo “conservazione sostitutiva”);
  • si può non dover stampare e archiviare le fatture nei faldoni;
  • di non danneggiare o perdere le fatture archiviate, come avviene per la conservazione delle fatture cartacee.

Fatture elettroniche, come si fa con la conservazione sostitutiva?

La conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche consente, dunque, attraverso una procedura informatica, di conservare il documento elettronico. In tal caso, la fattura elettronica conserva il valore legale con il passare del tempo. Inoltre, il file elettronico della fattura è equiparato al formato cartaceo.

Cosa bisogna fare per la conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche?

Per procedere alla conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche è necessario prima applicare la marca temporale e la firma digitale. In tal modo, la fattura avrà una data e un orario dell’avvenuta creazione, oltre a identificare chi ha creato il documento. Nel momento in cui la fattura elettronica è pronta, bisogna conservarla per almeno dieci anni.

Quali software per conservare le fatture elettroniche?

L’area personale del portale dell’Agenzia delle entrate permette di conservare le fatture elettroniche emesse e ricevute. Tuttavia, esistono vari programmi, di tipo gestionale, che permettono di conservare le fatture elettroniche oltre a fornire tutti i servizi idonei a emettere e a ricevere i documenti. In molti casi si tratta di permettere al software di fare tutto il processo. Il software, infatti, provvede ad apporre la firma, la marca temporale, a verificare i requisiti legali, a procedere con l’archiviazione di tutti i documenti elettronici per tutto il tempo richiesto dalla normativa in materia. E dunque, nel caso in cui si utilizzi la fattura elettronica, diventa obbligatorio procedere con la conservazione dei documenti emessi e ricevuti.

Riforma Irpef lavoratori autonomi: quali partite Iva ci guadagnano di più?

La riforma fiscale, con il taglio delle aliquote Irpef contenuto nella legge di Bilancio 2022, produrrà determinati vantaggi anche ai lavoratori autonomi e alle partite Iva. Nonostante la revisione fiscale, in ogni modo, permane il divario di trattamento ai fini delle imposte tra i lavoratori dipendenti e quelli autonomi a parità di reddito prodotto. Il peso fiscale continua a risultare diverso. Tuttavia, anche tra le partite Iva vi sono differenze di imposizione fiscale: i maggiori vantaggi si hanno in corrispondenza di redditi medio-alti, più elevati rispetto a quelli dei lavoratori dipendenti. In più, tra i divari fiscali, pesa la possibilità o meno per le partite Iva di optare per il regime forfettario con aliquote del 5% e del 15% fisse.

Lavoratori autonomi e partite Iva: la revisione e il taglio delle aliquote Irpef

Pure i lavoratori dipendenti e le partite Iva beneficeranno della riforma fiscale, del taglio delle aliquote Irpef e della revisione degli scaglioni di reddito. In primis per l’allargamento della no tax area che sale dai 4.800 euro ai 5.500 euro. Nella revisione delle aliquote Irpef, il taglio avviene per il secondo e il terzo scaglione che passano, rispettivamente, dal 27% al 25% (per redditi da 15.001 a 28.000 euro) e dal 38% al 35% (per redditi da 28.001 euro a 50.000 euro). Il quarto e il quinto scaglione risultano unificati dall’aliquota Irpef del 43% applicata ai redditi oltre i 50 mila euro. Per i redditi fino a 15 mila euro è stata confermata l’aliquota del 23%.

Detrazioni partite Iva a lavoratori autonomi con la riforma Irpef 2022

In merito alle detrazioni, la riforma del Fisco sui redditi delle partite Iva e dei lavoratori autonomi prevede l’incremento delle detrazioni di cui al comma 5, dell’articolo 13, del Testo unico imposte sui redditi (Tuir). Le detrazioni si applicano ai redditi da lavoro autonomo prodotti fino al limite dei 50 mila euro. Inoltre, è prevista dalla legge di Bilancio 2022 la novità di una micro detrazione aggiuntiva corrispondente a 50 euro per i lavoratori autonomi compresi nella fascia di reddito da 11.001 a 17 mila euro. Questa ulteriore detrazione ha la finalità di premiare i redditi delle partite Iva che non beneficiano di altre misure contenute nella riforma fiscale.

Riforma fiscale Irpef per partite Iva e lavoratori autonomi: chi ci guadagna di più?

In valori assoluti, la riduzione delle aliquote Irpef e le detrazioni producono il maggior beneficio fiscale in corrispondenza dei redditi di 50 mila euro. Il totale degli interventi producono risparmi in termini fiscali di 810 euro per il 2022 rispetto allo scorso anno. Più nel complesso, le detrazioni e le riduzioni delle aliquote Irpef producono i maggiori vantaggi fiscali per redditi da 45 mila a 60 mila euro. Il risparmio fiscale si attesta tra 664 euro e 670 euro nel 2022 rispetto al 2021.

Taglio Irpef nella riforma fiscale: quali sono i maggiori risparmi per le partite Iva e i lavoratori autonomi?

Rispetto al 2021, i risparmi fiscali derivanti dalla revisione delle aliquote Irpef e dalle detrazioni della riforma fiscale saranno nell’ordine di:

  • 146 euro per redditi fino a 8 mila euro (imposta netta 2021 pari a 806 euro rispetto ai 660 euro del 2022);
  • 122 euro per redditi di 10 mila euro (imposta netta 2021 pari a 1.310 euro rispetto ai 1.188 euro del 2022);
  • 148 euro per redditi di 12 mila euro (imposta netta 2021 pari a 1.814 euro rispetto ai 1.666 euro del 2022);
  • 74 euro per i rediti di 14 mila euro (imposta netta 2021 pari a 2.318 euro rispetto ai 2.244 euro del 2022);
  • 270 euro per i redditi a partire da 75 mila euro.

 

Obbligo fattura elettronica, i forfettari titolari di partita IVA sono in fibrillazione

I contribuenti forfettari titolari di partita IVA sono in fibrillazione. Visto che presto, anche per questa categoria di contribuenti, dovrebbe scattare l’obbligo della fatturazione elettronica. Mentre al momento l’adesione all’e-fattura è opzionale.

Quando sarà introdotto l’obbligo di e-fattura pure per i titolari di partita Iva che sono contribuenti forfettari?

In particolare, stando a quella che è la tabella di marcia del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in Italia l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per i contribuenti forfettari dovrebbe concretizzarsi entro e non oltre il secondo trimestre del corrente anno.

Con l’obbligo di e-fattura pure per i forfettari, di conseguenza, si chiuderà praticamente il cerchio. In quanto per tutti i titolari di partita IVA poi non sarà più possibile emettere le fatture cartacee. Per l’introduzione in Italia dell’e-fattura obbligatoria pure per i forfettari titolari di partita IVA è arrivato già da tempo il via libera da parte dell’Ue.

Obbligo di fattura elettronica per i contribuenti forfettari, attenzione: al momento nulla è definito

Ora spetterà al Governo italiano fissare un provvedimento che, tra l’altro, punta nella direzione di contrastare la piccola evasione fiscale. Considerando il fatto che un contribuente è forfettario se, tra l’altro, non fattura annualmente più di 65.000 euro. In termini di ricavi o di compensi. Al momento, in ogni caso, per tale obbligo nulla è definito proprio fino a quando il Governo italiano, guidato dal presidente del Consiglio Mario Draghi, non varerà eventualmente l’apposito provvedimento.

In pratica serve una norma ad hoc visto che non c’è traccia di introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica per i contribuenti forfettari titolari di partita IVA nel recente decreto fiscale del Governo Draghi. E nemmeno nella legge di Bilancio per il 2022. La platea dei forfettari, che sarà eventualmente obbligata all’e-fattura, è rappresentata da 1,8 milioni di contribuenti. Che grazie al regime fiscale agevolato pagano una tassa piatta al 15%.

Qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1500-2000 euro?

Avere una partita IVA implica la necessità di dover pagare le imposte e i contributi previdenziali, questo vuol dire che dagli importi lordi che ogni mese si guadagnano devono poi essere sottratte le imposte. Cercheremo di capire qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro al mese. Ricordiamo che sono stime molto approssimative.

Quanto pesano le imposte sul reddito delle partite IVA?

La prima cosa da dire è che molto dipende dalla situazione concreta del singolo titolare di partita IVA e dal regime fiscale a cui aderisce. I calcoli inoltre saranno abbastanza flessibili perché molto poi dipende dalle addizionali regionali e comunali che possono avere diverse forbici. Una volta ricavato il netto devono essere considerati i costi di gestione della Partita IVA, ad esempio i costi della fatturazione elettronica e del commercialista, questo ha una media di 800-1000 euro l’anno.

Chi ha un fatturato mensile tra 1.500-2.000 euro in media guadagna su base annuale dai 18.000 ai 24.000 euro. Calcoliamo quindi quanto gli resta in tasca dopo aver pagato le tasse.

Calcolo della base imponibile per il regime forfettario

Per capire quanto resta in tasca al contribuente titolare di partita IVA che fattura 1500-2000 euro al mese la prima cosa da fare è calcolare la base imponibile. Su questa sarà poi applicata l’aliquota IRPEF che cambia in base al regime a cui si aderisce. Per il regime ordinario la base imponibile viene calcolata sottraendo le spese sostenute. Per chi aderisce al regime forfettario, la base imponibile viene determinata in base al codice ATECO, attraverso il coefficiente di redditività. Ad esempio per il commercio all’ingrosso e al dettaglio è al 40%, per le attività professionali è al 78%, per il settore immobiliare al 86%. Le differenze tra i vari coefficienti dipendono dai costi che solitamente le varie tipologie di attività devono sostenere.

A questo punto per un guadagno lordo di 24.000 euro l’anno, se applichiamo il coefficiente del 78%, cioè quello dei professionisti, il reddito imponibile sarà 18.720 euro, mentre per un reddito di 18.000 euro, l’imponibile sarà 14.040 euro.

Da questo reddito imponibile devono essere sottratti i contributi previdenziali che dipendono dal reddito, ma anche dalla Cassa di appartenenza, ad esempio Cassa Forense, Gestione Separata INPS, le aliquote sono naturalmente diverse. L’aliquota per la Gestione Separata INPS varia dal 24% al 34%. Si applica, ad esempio, il 25,98% per soggetti non assicurati presso altre casse.

Sottratte queste somme, si può calcolare effettivamente l’IRPEF.

Qual è il guadagno netto di una partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro al mese?

Un titolare di partita IVA che fattura 1.500-2.000 euro è nella condizione di aderire al regime forfettario. Questo prevede una tassazione IRPEF del 5% per le nuove attività (fino a 5 anni) e del 15% per le altre attività. Nel regime forfettario non è possibile dedurre le spese dal reddito maturato, quindi abbiamo la base imponibile determinata da coefficiente di redditività, sottrazione dei contributi (INPS o altra cassa) e applicazione dell’aliquota.

A questo punto su un reddito di 2.000 euro abbiamo una base imponibile di 18.720 euro, se il coefficiente di redditività è al 78%, a cui sottraiamo per comodità, viste le differenze tra le varie casse, una media di 5.000 euro di contributi annui e arriviamo a 13.720 euro. A questi applichiamo l’aliquota del 5% e abbiamo 686 euro di IRPEF. L’importo annuale che resta è di 18.131 euro, circa 1.510 euro il mese.

Nel caso in cui l’aliquota IRPEF sia del 15% l’imposta dovuta sarà di 2.058 euro, quindi ci sarà un netto di circa 16.942 pari a 1.411 euro al mese.

Regime ordinario

Se il titolare di partita IVA si trova in un regime IVA ordinario, occorre ricordare che si possono scalare le spese quindi la base imponibile diminuisce e devono essere applicati i nuovi scaglioni IRPEF. Gli stessi sono:

  • 23% se il reddito è compreso tra 0-15.000 euro;
  • 25% per redditi compresi tra 15.001 e 28.000 euro.

In questo caso l’ammontare del reddito netto dipende dalle spese.

Si deve ricordare che questi calcoli sono molto approssimativi perché non possiamo considerare le aliquote contributive delle varie Casse e non possiamo valutare le addizionali IRPEF regionali e comunali, inoltre abbiamo applicato un coefficiente di redditività unico, ma ve ne sono diversi.

Infine, consigliamo una consulenza presso uno specialista visto che gli importi netti dipendono da numerose varianti che a loro volta dipendono dalla condizione del singolo.

Costi della fatturazione elettronica per i forfettari obbligatoria e tempistiche

Come ormai sanno tutti coloro che hanno aderito al regime forfettario, il 17 dicembre 2021 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la decisione del Consiglio che autorizza l’Italia a estendere l’obbligo di fatturazione elettronica e ad applicarlo anche a soggetti finora esclusi, cioè coloro che appunto adottano il regime forfettario, minimi e associazioni sottosoglia. Naturalmente questo si traduce in nuovi adempimenti e sappiamo che ai nuovi adempimenti sono solitamente correlati dei nuovi costi. Cerchiamo quindi di capire quale potrebbero essere i costi della fatturazione elettronica per i forfettari che potrebbe diventare obbligatoria già da quest’anno.

Tempi previsti per l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfettari

La prima cosa da sottolineare è che attualmente, siamo al 13 gennaio 2022, non c’è ancora l’obbligo di fatturazione elettronica per chi aderisce, o ha derito, al regime forfettario. Possiamo ipotizzare un’entrata in vigore nei prossimi mesi, si dovrà prima procedere a un atto normativo che vada a modificare il decreto legislativo 127 del 2015. Naturalmente tale atto dovrà prevedere un termine congruo entro il quale adeguarsi, almeno 30 giorni. Solo da quel momento ci sarà l’obbligo di fatturazione elettronica.

Gli scenari più probabili sono però un avvio da gennaio 2023 in modo da coprire un intero anno solare e non cambiare regime di fatturazione in corso d’anno. In alternativa luglio 2022 in modo da dare comunque un giusto termine per adeguarsi partendo così dal terzo trimestre che comunque sarebbe scomodo. Infine, vi è la possibilità di una partenza dal primo aprile 2022, ma appare poco probabile. Naturalmente chi vuole anticipare e adeguarsi già, è libero di farlo. Vediamo però quali sono i costi per la fatturazione elettronica dei forfettari che potrebbe dover sostenere un professionista.

Come procedere alla fatturazione elettronica per i forfettari

Per delineare i potenziali costi per la fatturazione elettronica dei forfettari obbligatoria è bene capire quali sono le possibili modalità per operare. Per poter utilizzare la fatturazione elettronica che consente di trasmettere le fatture in formato Xml attraverso il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate ci sono tre possibili strade. La prima è utilizzare il servizio di invio predisposto dall’Agenzia delle Entrate e il modello Xml messo a disposizione. In questo caso il servizio è completamente gratuito e di conseguenza l’uso della fatturazione elettronica da parte di chi è in regime forfettario potrebbe essere particolarmente economico e ridurre anche i costi relativi al commercialista. Si tratta però di una soluzione base che potrebbe far cadere in errore chi è poco pratico.

La seconda soluzione, perfetta per chi vuole essere sicuro di non commettere alcun tipo di errore, è affidarsi a un professionista,  il commercialista, e quindi delegare a lui il compito di gestire la fatturazione elettronica. In questo caso i costi dipendono dal volume d’affari del professionista/impresa in regime forfettario. In genere oscillano tra i 500 euro e i 1.000 euro annuali per la gestione della fatturazione elettronica di una piccola attività ( il regime forfettario è comunque rivolto alle piccole attività). Il vantaggio di questa soluzione è la certezza di non commettere errori anche se si dovrà avere un rapporto costante con il commercialista inviandogli tutti i dati delle varie operazioni, potrebbe essere semplice per chi nell’arco di un anno compie poche operazioni, mentre per chi magari emette molte fatture di importi ridotti, potrebbe essere pesante.

Costi della fatturazione elettronica per i forfettari obbligatoria con software gestionali

Infine, la soluzione che potrebbe essere definita intermedia è utilizzare un software gestionale per la fatturazione elettronica. I software attualmente disponibili per la fatturazione elettronica sono numerosi, alcuni sono ad elevata personalizzazione quindi l’utente entra nell’interfaccia e trova la fattura pre-compilata in molte sue parti, con le idonee diciture che l’utente può inserire in base alla tipologia di attività, altri sono molto più semplici e quindi richiedono un maggiore impegno dell’utente al fine di evitare errori.

Quali sono i costi di un software gestionale per la fatturazione elettronica per le partite IVA con regime forfettario? Naturalmente la fascia di costi è varia, cioè non c’è un prezzo unico. Il costo di un software per la fatturazione elettronica dei forfettari oscilla dai 29 euro +IVA l’anno ai 50 euro +IVA l’anno. La scelta dovrebbe essere fatta non pensando esclusivamente al costo, ma anche alle proprie abilità, alla possibilità di personalizzazione e quindi attraverso l’uso di programmi che consentano di avere un modello pre-compilato in cui inserire esclusivamente i prezzi fatturati, la data e i dati del destinatario.

Ricordiamo che nel momento in cui dovesse entrare in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica per i forfettari, non vi sarebbe solo l’obbligo di emettere fatture in formato Xml da inviare tramite il Sistema di Interscambio, ma anche l’obbligo di ricevere le fatture elettroniche con questo sistema e di conservarle digitalmente attraverso il sistema sistema di conservazione SOGEI fornito dall’Agenzia delle Entrate.

Per conoscere nel dettaglio come redigere una fattura elettronica è possibile leggere la guida: Fattura elettronica: come emetterla se si è una partita IVA forfettaria.