Fattura elettronica, come la riceve una partita Iva a regime forfettario?

Tante le domande relative alla ricezione della fattura elettroniche da parte delle partite Iva a regime forfettario. Devono riceverle obbligatoriamente? Oppure possono scegliere una via alternativa? Il quesito si crea soprattutto quando il fornitore della partite Iva a regime forfettario è obbligato a utilizzare la fattura elettronica. E dunque quella che il soggetto a regime forfettario riceve è una fattura elettronica, anche se non è ancora obbligato ad adottare questa formula. Risulta pertanto necessario distinguere se la partita Iva a regime forfettario abbia adottato il formato elettronico di fatturazione oppure stia utilizzando ancora la fatturazione tradizionale e cartacea.

Partita Iva a regime forfettario senza fattura elettronica: come riceve i documenti?

La partita Iva a regime forfettario non è obbligata a ricevere le fatture elettroniche. La conferma è arrivata anche dall’Agenzia delle entrate in risposta a una Faq. Pertanto la partita Iva ha a disposizione quattro modalità per ricevere la fattura dal proprio fornitore, la prima delle quali prevede di continuare a utilizzare il documento nel formato cartaceo o in pdf.

Partita Iva a regime forfettario che non aderisce alla fatturazione elettronica: ricezione cartacea o in pdf

La partita Iva a regime forfettario che non aderisce alla fatturazione elettronica può ricevere le fatture dai fornitori in modalità analogica, ovvero cartacea o in pdf. Pertanto, prima che il fornitore emetta il documento in formato elettronico è necessario comunicargli l’esonero dalla fattura elettronica e di non voler ricevere la fattura tramite indirizzo di posta elettronica certificato (pec) e nemmeno tramite il codice destinatario. In tal caso, il fornitore dovrà emettere una copia della fattura nel formato cartaceo o in pdf e consegnarlo o inviarlo al cliente.

Ricezione della fattura elettronica sul portale dell’Agenzia delle entrate o via Pec

In alternativa, anche le partite Iva a regime forfettario possono verificare e scaricare le fatture elettroniche sul portale dell’Agenzia delle entrate, all’interno della propria area riservata. Oppure, se si ha un indirizzo di posta elettronica certificata lo si può comunicare al fornitore e farsi arrivare la fattura via Pec.

Codice destinatario per le partite Iva forfettarie che non adottano la fattura elettronica

Ulteriore alternativa, anche per le partite Iva che non hanno mai adottato la fattura elettronica, è la registrazione al canale telematico dell’Agenzia delle entrate del Sistema di interscambio (Sdi). Grazie a questo canale si possono inviare e ricevere le fatture elettroniche compilandole attraverso un software dedicato. Con la registrazione si ottiene il Codice destinatario da comunicare al fornitore. In questo modo, la fattura elettronica arriva direttamente all’interno del canale scelto.

Se ricevo una fattura in formato elettronico, si è obbligati a usare sempre questa modalità?

Anche se si è scelto di utilizzare il canale telematico per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche, si può continuare a utilizzare la fattura in formato cartaceo, sia in entrata che in uscita. Se si riceve la fattura in formato elettronico, si dovrà comunque conservarla in formato analogico (cartaceo o pdf pronto da stampare all’occorrenza). Lo ha specificato l’Agenzia delle entrate con la circolare 9/E del 2019.

Cosa cambia se la partita Iva forfettaria aderisce alla fattura elettronica?

Pur rimanendo al momento escluse dall’obbligo di fatturazione elettronica, le partite Iva a regime forfettario possono trovare conveniente aderire al formato elettronico. Infatti, anche se può capitare di ricevere una fattura via posta elettronica certificata oppure via email, la partita Iva deve comunque stampare e conservare la fattura.

Come conservare le fatture analogiche o elettroniche ricevute?

Si tratta di una soluzione di certo non comoda rispetto all’utilizzo definito della fattura elettronica. Per avere l’insieme delle fatture ricevute ed emesse rispetto a un soggetto, la partita Iva che ancora non ha aderito alla fattura elettronica dovrà procedere con la stampa, la conservazione e il riporto di tutte le fatture su un foglio di calcolo per calcolare i rapporti, le entrate e le uscite con un determinato soggetto.

Quali sono i vantaggi se una partita Iva aderisce alla fattura elettronica?

L’adesione alla fattura elettronica comporta dei vantaggi anche per le partite Iva a regime forfettario. Infatti, si possono ricevere, creare e inviare, e infine registrare tutte le fatture utilizzando un solo programma. Ogni qual volta se ne abbia di bisogno, si potranno consultare quelle ricevute da un determinato fornitore. La compilazione delle fatture può risultare molto più semplice salvando i propri dati e quelli di un soggetto con i quali si hanno rapporti più frequenti. In questo modo non si dovranno inserire ogni volta. Si può compilare più velocemente anche la prima nota. Infine la conservazione delle fatture risulta facilitata e non si dovrà procedere con la stampa e la conservazione cartacea.

Fattura elettronica: come emetterla se si è una partita Iva forfettaria?

Come devono emettere la fattura elettronica le partite Iva a regime forfettario? Ecco una semplice spiegazione, passo passo, che aiuta nella compilazione della fattura elettronica e nell’invio attraverso il Sistema di interscambio (Sdi) dell’Agenzia delle entrate. È importante utilizzare un software che consenta di compilare tutti i campi della fattura fino ad arrivare alla firma digitale.

Fattura elettronica partite Iva a regime forfettario: il software per la compilazione

Per compilare ed emettere una fattura elettronica è indispensabile possedere un software di fatturazione elettronica. Più precisamente, il programma consente di generare le fatture nel formato Xml, ovvero nel linguaggio richiesto dalla normativa. Il software, inoltre, consente di inviare la fattura al Sistema di interscambio dell’Agenzia delle entrate affinché il documento possa essere recapitato al destinatario. I software si possono trovare sulla rete e sono di facile utilizzo.

La compilazione della fattura elettronica: le informazioni sulla partita Iva

Nel momento in cui si ha il software, si può procedere con la compilazione della fattura elettronica iniziando dalle informazioni sulla partita Iva a regime forfettario che fa da mittente. Nei campi del software è necessario indicare il nome della ditta, ovvero la denominazione o la ragione sociale, il nome e il cognome, l’indirizzo e il numero della partita Iva. Inoltre, è necessario configurare anche il profilo di fatturazione. Ovvero bisogna indicare il regime fiscale (Rf 19 per le partite Iva forfettarie e Rf 02 per per i contribuenti minimi) e la cassa previdenziale, ovvero l’Inarcassa per gli ingegneri e gli  architetti, la cassa forense per gli avvocati e così via. Vari software permettono di impostare in automatico questi dati per non doverli inserire ogni volta che si compili una fattura.

Fattura elettronica, come inserire i dati del destinatario del documento?

Nella fattura elettronica è necessario indicare i dati del destinatario del documento, ovvero il nome della ditta o la denominazione o la ragione sociale, il nome e il cognome, l’indirizzo e il numero di partita Iva. Per l’invio della fattura elettronica è indispensabile indicare il codice destinatario (o codice univoco). Si tratta di un codice che differenzia la fattura elettronica da quella in formato cartaceo. Il codice destinatario, infatti, permette di identificare il destinatario della fattura elettronica aiutando il Sistema di interscambio a recapitarla correttamente.

Codice destinatario: che cos’è e cosa bisogna fare per averlo?

Il Codice destinatario della fattura elettronica ha sei cifre se si tratta di una impresa o di un libero professionista e sette cifre se si tratta di un ente della Pubblica amministrazione. Se la fattura elettronica è indirizzata a un soggetto privato senza partita Iva è necessario riempire il campo del Codice destinatario con sette zeri. Al suo posto va indicato il codice fiscale. Per ottenere il Codice destinatario si può richiederlo direttamente al destinatario della fattura.

Come cercare il Codice destinatario di una Pubblica amministrazione?

Oppure ricercarlo nelle banche dati: se si tratta di ente della Pubblica amministrazione ci si può servire del portale Ipa. Inoltre, se si digita la ragione sociale, il software può procedere a fare una ricerca degli altri dati. In alternativa al Codice destinatario si può indicare l’indirizzo di posta elettronica certificato (Pec). Infine, i dati immessi nella fattura si possono salvare nella rubrica del software in modo da non doverli compilare ogni volta che si deve emettere una nuova fattura.

Quali altri dati bisogna inserire nella fattura elettronica della partita Iva forfettaria?

Dopo i dati del mittente e del destinatario si procedere con i dati della singola fattura. Nel dettaglio, deve essere indicato il numero progressivo della fattura, spesso indicato in automatico dal software in base allo storico delle fatture emesse. Va inoltre indicata la data della fattura e i prodotti e i servizi. Quest’ultimo dato deve riportare le unità vendute, il prezzo e la natura dell’Iva. Anche questi dati possono essere salvati per la compilazione in automatico delle successive fatture. Infine vanno indicati i dati del pagamento.

Fattura elettronica regime forfettario, come inserire il bollo virtuale?

Tutte le fatture delle partite Iva a regime forfettario, per importi superiori a 77,47 euro, sono soggette alla marca da bollo da 2 euro. Nella fattura elettronica è possibile indicare di voler inserire il bollo virtuale indicando “sì” nel campo del “bollo virtuale”. Per ogni trimestre dell’anno, nell’area riservata del portale dell’Agenzia delle entrate, è visibile l’elenco delle fatture elettroniche emesse con il bollo virtuale. Si deve procedere al pagamento di tutte mediante l’Iban oppure compilando il modello F24. Il sistema consente di risparmiare tempo rispetto alla fattura cartacea sulla quale la marca da bollo da applicare è quella tradizionale con data dello stesso giorno o anteriore alla data di emissione del documento.

Fattura elettronica delle partite Iva a regime forfettario, quali sono le diciture obbligatorie?

Anche nella fattura elettronica delle partite Iva a regime forfettario, come in quella cartacea, è necessario inserire le diciture obbligatorie. Ovvero: “Operazione senza applicazione dell’IVA, effettuata ai sensi dell’articolo 1, commi da 54 a 89, l. n. 190 del 2014 così come modificato dalla l. n. 208 del 2015 e dalla l. n. 145 del 2018”; e “Operazione non soggetta a ritenuta alla fonte a titolo di acconto ai sensi dell’articolo 1, comma 67, l. n. 190 del 2014 e successive modificazioni”. Tali diciture possono essere memorizzate nel software della fattura elettronica in modo da ritrovarle sempre a disposizione nel momento in cui si abbia necessità di emettere un documento.

Fattura elettronica, la firma e l’invio del documento

Dopo aver compilato in ogni sua parte la fatture elettronica è necessario firmarla digitalmente e inviarla al destinatario attraverso il Sistema di interscambio (Sdi). Vari software permettono di fare entrambe le operazioni semplicemente con pochi click.

Fattura elettronica, quando è conveniente utilizzarla?

Quando e quanto conviene utilizzare la fattura elettronica? Per rispondere a questa domanda è necessario elencare i vantaggi dell’adozione della fatturazione elettronica per i soggetti obbligati. E quali sarebbero i vantaggi per le partite Iva del regime forfettario per i quali l’obbligo ancora non è scattato ma che presumibilmente, nel corso del 2022, dovranno abbandonare la fatturazione cartacea. Tra i vantaggi che si possono riconoscere nell’adozione della fattura elettronica, rientrano l’accesso al regime premiale, l’emissione e la ricezione delle fatture utilizzando un unico software e la facilità dei rapporti con la Pubblica amministrazione. E ancora le agevolazioni per i rapporti con i soggetti obbligati e, infine, la trasmissione delle fatture emesse al commercialista in maniera rapida.

Partite Iva, con la fatturazione elettronica si accede al regime premiale

Il primo vantaggio dell’adozione della fatturazione elettronica è l’accesso delle partite Iva al regime premiale. Si tratta di un meccanismo, previsto dal comma 74 dell’articolo 1, della legge numero 190 del 2014, che comporta l’abbassamento di un anno del termine di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento. La riduzione passa da cinque a quattro anni. È necessario che il fatturato dell’anno sia costituito solo da fatture elettroniche. La riduzione può arrivare anche a tre anni nel caso in cui le partite Iva a regime forfettario utilizzino gli strumenti di pagamento tracciabili importi superiori ai 500 euro.

Fattura elettronica, la convenienza di emetterla utilizzando un unico software

La convenienza dell’emissione della fattura elettronica, in termini pratici, risiede nel fatto che si può utilizzare un unico software per la gestione di tutta la fatturazione. Infatti, nel caso in cui si decida di utilizzare il software per generare le fatture elettroniche, è necessaria la semplice compilazione e l’invio al Sistema di interscambio (Sdi). Quindi il destinatario riceve la fattura. Il vantaggio è anche nella ricezione delle fatture elettroniche nel software e nella successiva registrazione in pochi attimi. Infine, il software permette di conservare in automatico le fatture sempre all’interno del cloud e di poterle consultare per tutto il tempo necessario. La gestione delle fatture in modalità elettronica permette di accorciare i tempi e lo sforzo e di aumentare la comodità di utilizzo.

Invio e ricezione delle fatture in modalità cartacea: come avviene per chi non aderisce alla fatturazione elettronica?

Per le partite Iva che ancora non aderiscono alla fatturazione elettronica, si ricorre alla consueta formula cartacea. È necessario compilare la fattura in modalità cartacea oppure tramite un programma al personal computer, quale può essere Excel o un programma specifico. Con la fine della compilazione, è necessario convertire la fattura in un formato più facile da gestire, quale può essere il pdf. Al termine, il documento generato può essere inviato tramite email. In caso di ricezione della fattura, le partite Iva possono ottenerle via email dai fornitori. Oppure, con l’adesione alla fattura elettronica, si può ricevere via Pec o tramite il codice destinatario il documento utilizzando il Servizio di interscambio dell’Agenzia delle entrate.

La conservazione delle fatture cartacee o elettroniche

Qualunque sia il modo in cui la partita Iva riceve la fattura, elettronica o cartacea, è necessario procedere con la conservazione. La partita Iva ha l’obbligo di produrre una copia della fattura in modalità cartacea, stampando il documento. La conservazione di consueto avviene in normali faldoni che archiviano tutti i documenti emessi e ricevuti. Aderendo alla fatturazione elettronica la partita Iva ha la possibilità di archiviare e di disporre delle fatture emesse e ricevute mediante il Servizio di interscambio dell’Agenzia delle entrate.

Partite Iva a regime forfettario: obbligo di fatturazione elettronica con la Pubblica amministrazione

Per tutti i soggetti obbligati vige già la necessità di utilizzo della fattura elettronica per i rapporti con la Pubblica amministrazione. L’obbligo vige anche per le partite Iva a regime forfettario. Dal 2015, infatti, i forfettari devono usare la fattura elettronica per i rapporti con le agenzie fiscali, i ministeri e gli enti nazionali di Previdenza. E ancora con le scuole, i Comuni, le Regioni, le Università, le Camere di commercio e le aziende sanitarie. Tutti gli enti della Pubblica amministrazione non possono ricevere o emettere fatture in formato cartaceo. Di conseguenza, non possono procedere con i pagamenti, anche in forma parziale, se i documenti non vengono trasmessi in modalità elettronica. Ed è proprio questo obbligo verso la Pubblica amministrazione che ha indotto molte partite Iva a regime forfettario ad adottare la fatturazione elettronica.

Fattura elettronica, quali sono i soggetti ad oggi obbligati?

L’obbligo della fattura elettronica vige, dunque, per tutte le partite Iva, sia a regime ordinario che forfettario. Mentre per le partite Iva che non siano forfettarie è necessario utilizzare la fatturazione elettronica anche nei confronti delle altre aziende, dei fornitori e dei consumatori già dal 2019. Ad oggi, dunque, nei rapporti privati, risultano esonerate solo le partite Iva forfettarie, dei minimi o in regime di vantaggio. Risultano altresì non obbligati alla fattura elettronica i professionisti che inviano i dati al Sistema Tessera Sanitaria, ovvero i fisioterapisti, i medici, gli igienisti e gli altri soggetti che svolgano prestazioni sanitarie alle persone fisiche private.

Cosa avviene quando una partita Iva obbligata alla fattura elettronica invia o riceve una fattura da un forfettario?

Le partite Iva obbligate all’emissione e alla ricezione delle fatture elettroniche, nei rapporti con un operatore del regime forfettario che non ha l’obbligo di adozione della fattura elettronica, devono adoperare il metodo tradizionale. Ovvero, per generare la fattura elettronica la devono inviare al Sistema di interscambio (Sdi) e poi predisporre una copia analogica (anche in pdf) da inviare alla partita Iva forfettaria. Nel caso di fatture ricevute in modalità cartacea da una partita Iva a regime forfettario, devono registrarla a parte rispetto alle fatture ricevute in modalità elettronica. Si tratta, dunque, di una procedura più complessa che si annulla se anche la partita Iva a regime forfettario adotta la fattura elettronica.

Fatturazione elettronica, la trasmissione delle partite Iva al commercialista

L’adozione della fattura elettronica facilita anche la trasmissione dei documenti al proprio commercialista. Per chi non utilizza la fattura elettronica (partite Iva a regime forfettario) l’invio delle fatture al commercialista avviene presentandole in modalità cartacea. La consegna avviene a mano o via email. Con questa modalità è necessario un lavoro di raccolta e di organizzazione delle fatture che richiede tempo e risorse. Utilizzando la fattura elettronica si ha a disposizione il servizio offerto dal software che permette di velocizzare l’invio dei documenti al commercialista. Il professionista, infatti, ha la possibilità di accedere alle fatture elettroniche della partita Iva e di scaricarle in autonomia.

Partita Iva regime forfettario: chiusura e riapertura dopo un anno, si perde l’aliquota del 5%?

La chiusura e la riapertura della partita Iva a regime forfettario può far perdere l’aliquota vantaggiosa del 5% per i primi cinque anni di attività del regime forfettario? La risposta è positiva, ovvero dovrà essere applicata l’aliquota della flat tax al 15%, se non dovessero essere rispettate determinate condizioni.

Partita Iva a regime forfettario con aliquota del 5%: i riferimenti normativi

Per verificare la continuità dell’aliquota del 5% del regime forfettario di partita Iva è necessario rifarsi a quanto previsto dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014. Il decreto è stato poi modificato dall’articolo 1 della legge numero 145 del 30 dicembre 2018. L’articolo 65, infatti, specifica che, “al fine di favorire l’avvio di nuove attività, per il periodo d’imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro successivi, l’aliquota di cui al comma 64 è stabilita nella misura del 5 per cento”.

Quali sono le condizioni per beneficiare dell’aliquota del 5% per le partite Iva a regime forfettario?

Affinché si possa applicare l’aliquota del 5% sui redditi delle partite Iva a regime forfettario è necessario che si verifichino tre condizioni:

  • il contribuente deve aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d’impresa. Tali attività non devono essere state svolte neanche in forma associata o familiare;
  • l’attività da esercitare non deve costituire, in alcun modo, la mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo. Rimane escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non deve essere superiore al limite di cui al comma 54. Tale condizione è richiesta qualora il lavoratore autonomo prosegua un’attività svolta in precedenza da altro soggetto.

Caso di chiusura e di riapertura della partita Iva a regime forfettario

La chiusura e la riapertura di una partita Iva a regime forfettario potrebbe precludere l’applicazione dell’aliquota vantaggiosa del 5%. E questa condizione potrebbe verificarsi anche all’interno dei primi cinque anni di attività. Prendiamo ad esempio un professionista che, nel 2017, ha avviato un’attività autonoma aderendo alla partita Iva a regime forfettario e applicazione dell’aliquota del 5%. Ammettiamo che il professionista abbia chiuso la partita Iva a regime forfettario nel 2020 per poi decidere di riaprirla nel 2021. Il professionista procede alla riapertura della partita Iva, a regime forfettario e sempre come libero professionista, ma con un codice Ateco diverso.

Partita Iva a regime forfettario, quando si applica l’aliquota vantaggiosa del 5%?

Nel caso in esame il libero professionista, nel momento in cui riapre la partita Iva a regime forfettario, potrebbe continuare a beneficiare dell’aliquota del 5% non avendo ancora terminato i 5 anni di “start up” della prima apertura di partita Iva? Oppure rimarrebbe obbligato all’aliquota normale di flat tax del 15%? Per rispondere a questo quesito è necessario dunque rifarsi a quanto specificato dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014. E dunque alle condizioni poste dalla norma per poter beneficiare (o continuare a beneficiare) dell’aliquota del 5%.

Partita Iva forfettaria al 5%, le condizioni poste dal comma 65, dell’articolo 1, della legge 190 del 2014

Non considerando in questo caso l’ultima opzione del comma 65, è necessario verificare le prime due opzioni. In particolare, il professionista con partita Iva a regime forfetario è subordinato alla condizione che non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti, un’altra attività di impresa o di lavoro autonomo. Allo stesso modo, è necessario che la nuova attività (con partita Iva di diverso codice Ateco) non si configuri come mera prosecuzione dell’attività svolta in precedenza, sia come lavoratore autonomo che come dipendente.

Quando non si può più beneficiare dell’aliquota del 5% della partita Iva forfettaria dei primi cinque anni?

Nel caso del professionista, le condizioni non sono tali da poter riprendere ad applicare l’aliquota del 5%. Infatti, con la riapertura della partita Iva a regime forfettario, non risulterebbe verificata la prima opzione posta dalla norma. Ovvero, quella secondo la quale la partita Iva non deve aver esercitato un’altra attività di impresa o di lavoro autonomo. Pur rientrando nei 5 anni di start up dall’apertura della partita Iva nel 2017, la chiusura della stessa nel 2020 determinerebbe l’impossibilità di poter beneficiare, di nuovo, dell’aliquota del 5% in riferimento alla nuova attività.

Partita Iva: passaggio da un regime a un altro, come funziona?

Come funziona il passaggio da un regime a un altro della partita Iva? Le partite Iva che abbiano i requisiti per poter aderire al meccanismo forfettario ma che non ne siano interessate, possono fuoriuscire da questo regime. In tal caso, si può adottare il regime ordinario della determinazione delle imposte sui redditi e di quella sul valore aggiunto.

Come avviene la scelta di aderire al regime ordinario di partita Iva?

Nel caso, dunque, che si voglia rinunciare alla partita Iva a regime forfettario per aderire a quella ordinaria è necessario comunicarlo nella dichiarazione annuale dell’Iva. Si procede con la scelta dello specifico campo del quadro VO della dichiarazione Iva che deve essere presentata. Tuttavia, il beneficiario che rinunci al meccanismo forfettario di partita Iva, oltre al regime ordinario, può scegliere quello semplificato.

Partita Iva a regime semplificato: che cos’è?

Possono aderire al regime semplificato di partita Iva:

  • le persone fisiche;
  • le società di persone;
  • gli enti non commerciali.

Per l’adesione è necessario che nel precedente esercizio il volume dei ricavi o dei compensi sia stato inferiore a 400 mila euro per le attività relative alla prestazione di servizi. Per le altre attività il limite è di 700 mila euro. Chi aderisce alla partita Iva a regime semplificato non deve tenere il libro giornale.

Il regime ordinario delle partite Iva: chi è obbligato?

La partita Iva a regime ordinario deve essere obbligatoriamente posseduta dai contribuenti che abbiano superato i limiti dei compensi e dei ricavi previsti per la contabilità semplificata. Sono altresì obbligate le società di capitali. Nel caso in cui una partita Iva che avrebbe i requisiti per il regime forfettario opti per il regime ordinario, permane il vincolo di tre anni. Al trascorrere del triennio, il regime si rinnova in maniera tacita per ogni anno susseguente. Il regime ordinario permane finché ci siano le condizioni della sua applicazione.

Dal regime di contabilità semplificata a quello forfettario delle partite Iva

Un contribuente che scelga di aderire al regime di contabilità semplificata della partita Iva può nuovamente tornare al regime forfettario. Lo può fare a partire dall’anno successivo a quello di adesione alla contabilità semplificata e non deve attendere il trascorrere dei tre anni. Rimane, in ogni modo, da verificare che abbia i requisiti per la partita Iva forfettaria e che non vi siano cause ostative.

Quando la partita Iva ordinaria può adottare il regime forfettario senza attendere i tre anni?

Ai passaggi tra regimi fiscali delle partite Iva è necessario specificare il funzionamento di un determinato meccanismo. Il contribuente che non ha i requisiti per adottare il regime forfettario deve transitare sul regime ordinario del reddito o nella contabilità semplificata. Si può tornare sempre al regime forfettario (in presenza dei requisiti richiesti) senza attendere il decorso dei tre anni pur trovandosi nel regime ordinario. Il legislatore, in questo caso, ha concesso la possibilità del transito perché la partita Iva ha adottato un passaggio che non è una sua opzione.

Partite Iva, cosa avviene nel passaggio dal forfettario al regime ordinario?

Risulta altresì importante stabilire cosa avviene nel passaggio dal regime forfettario delle partite Iva a quello ordinario. Il regime forfettario consente la rettifica dell’Iva per gli anni nei quali l’Imposta sul valore aggiunto è stata già detratta perché richiesto dall’ordinario. In questo modo, il meccanismo della rettifica permette la coerenza della detrazione avvenuta nei periodi susseguenti a quelli nei quali tale detrazione sia stata determinata. In tal caso si procedere ricalcolando l’imposta detraibile e versandola oppure recuperandone la differenza rispetto alla detrazione originaria.

Rettifica della detrazione Iva nel passaggio dal regime ordinario a quello forfettario

La rettifica della detrazione Iva deve essere eseguita sempre quando si passa dal regime ordinario di partita Iva a quello forfettario. Infatti, il primo consente la detrazione dell’Iva, il secondo no. Pertanto, l’Iva inerente i servizi e i beni non ancora ceduti o usati, deve essere rettificata in un’unica soluzione. Non si attende l’utilizzo dei beni e dei servizi. La rettifica dei beni ammortizzabili va fatta quando non siano stati superati i quattro anni dopo l’entrata in funzione dei beni stessi. In alternativa il termine sale a dieci anni dalla data di acquisto. Se si tratta di fabbricati o di loro porzioni, può essere adottato il termine di rettifica dei dieci anni.

Quando cessa il regime forfettario di partita Iva?

Il regime forfettario della partita Iva cessa a iniziare sempre dall’anno successivo. Non può cessare nel corso dell’anno, come avveniva in precedenza con il regime dei minimi, già abrogato nel 2016. Pertanto, l’adozione di un nuovo regime di partita Iva decorre dall’anno successivo a quello nel quale si sono manifestati i motivi per i quali si è avuta la fuoriuscita.

Partita Iva a regime forfettario: spese e ricavi da verificare a fine anno

A fine anno le partite Iva a regime forfettario sono chiamate a verificare le spese e i ricavi ai fini dei requisiti per mantenere la fiscalità di vantaggio. Restare nel regime dei forfettari comporta il soddisfacimento di determinati requisiti e l’assenza di cause ostative. Due, sono in particolare, i requisiti che devono essere verificati: il primo riguarda il limite dei ricavi o dei compensi percepiti nell’anno prima di quello nel quale si voglia aderire alla partita Iva a regime forfettario (o si voglia rimanere). Il secondo riguarda le spese che sono state sostenute per il lavoro accessorio.

Ricavi per le partite Iva del regime ordinario che vogliano passare al forfettario

In merito al requisito dei ricavi e dei compensi per l’accesso o il mantenimento della partita Iva a regime forfettario è necessario che questi non siano superiori al limite di flat tax al 15% o al 5% (per i primi cinque anni) dei 65 mila euro. Il che significa che, per chi voglia entrare nel regime forfettario, il limite è riferito all’anno precedente a quello dell’adesione. Dunque, per le partite Iva che volessero aderire al regime forfettario nel 2022, è necessario che il volume dei ricavi e dei compensi del 2021 non sia eccedente i 65 mila euro.

Mantenimento del regime forfettario per le partite Iva che già ne fanno parte

Per le partite Iva che già sono nel regime forfettario, la verifica da fare è quella di controllare che i ricavi e i compensi dell’anno non siano superiori a 65 mila euro. Pertanto, i ricavi al 31 dicembre 2021 non devono sforare la soglia della flat tax se si intende permanere nel regime forfettario anche nel 2022. In caso contrario, la partita Iva non può permanere nel regime forfettario a partire dal 1° gennaio 2022.

Partite Iva a regime forfettario, il controllo dei costi del lavoro accessorio a fine anno

La seconda verifica da fare per le partite Iva a regime forfettario (e per il mantenimento della fiscalità di vantaggio) è quella inerente le spese per il lavoro accessorio. In questa categoria rientra il lavoro svolto dal personale alle dipendenze o dai collaboratori. Il limite di costo per il lavoro accessorio è pari a 20 mila euro all’anno. Analogamente ai ricavi, anche questo requisito deve essere verificato a fine anno. In particolare il limite deve essere soddisfatto nell’anno prima di quello nel quale si voglia entrare o continuare a usufruire del regime forfettario. Se al 31 dicembre 2021 la partita Iva ha superato i 20 mila euro di lavoro accessorio, per l’anno 2022 si decade dal regime forfettario.

Partite Iva forfettarie: la verifica di assenza di cause ostative

Oltre ai requisiti per la permanenza o per l’adesione alla partita Iva a regime forfettario sono da verificare che non vi siano delle cause ostative. Si tratta di situazioni che, a differenza dei requisiti, possono ritrovarsi anche nello stesso anno nel quale si fruisce del regime forfettario. Non possono pertanto rientrare nella partita Iva agevolata le seguenti categorie:

  • chi si avvale dei regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito. In quest’ultima categoria rientra chi vende sali e tabacchi, gli agriturismi e l’editoria;
  • i soggetti che non siano residenti. Fanno eccezione i residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea, quelli residenti in uno Stato che aderisce all’Accordo sullo Spazio economico europeo purché fornisca adeguati scambi di informazioni. La partita Iva è, in ogni modo, assoggettata al limite minimo del 75% di produzione del reddito in Italia.

Regime forfettario delle partite Iva: le altre cause ostative

Tra le altre cause ostative al mantenimento o all’adesione del regime forfettario di partita Iva rientrano:

  • chi effettua operazioni di cessioni di fabbricati e porzioni inerenti o di terreni edificabili, o cessioni intracomunitarie di nuovi mezzi di trasporto. Tale attività deve essere svolta in maniera esclusiva o prevalente ai fini della causa ostativa;
  • le persone fisiche che abbiano delle quote di partecipazione alle società di persone o di controllo in società a responsabilità limitata (Srl) per attività economiche attinenti a quella che svolge il contribuente forfettario;
  • le persone fisiche che svolgano la propria attività in maniera prevalente nei confronti di datori di lavoro. Con il datore di lavoro, la partita Iva forfettaria per incontrare la causa ostativa deve avere dei rapporti di lavoro oppure i rapporti devono essere riconducibili ai due antecedenti periodi di imposta; i rapporti di lavoro possono essere ricondotti anche a soggetti attinenti ai datori di lavoro in via diretta o indiretta.

Partite Iva a regime forfettario e limite di attività di lavoro alle dipendenze

Una ulteriore causa ostativa può essere riconducibile al fatto che una partita Iva svolga del lavoro alle dipendenze o assimilato. Nel caso in cui il reddito da lavoro dipendente dovesse superare i 30 mila euro, si rientra in una delle cause ostative per l’ottenimento o il mantenimento del regime forfettario. La verifica da eseguire al 31 dicembre 2021 è quella che prevede che nell’anno 2021 il reddito percepito dal lavoro dipendente non superi i 30 mila euro. In caso contrario, la partita Iva non potrà mantenere il regime forfettario o non potrà accedervi nel 2022.

Cosa succede se nel nuovo anno la partita Iva emette fatture senza addebito Iva senza rientrare nel regime forfettario?

Fare un’errata valutazione della possibilità di mantenere il regime forfettario di partita Iva non comporta un’immediata esclusione dalla fiscalità di vantaggio. Se la partita Iva emette nel nuovo anno fatture senza l’addebito dell’Iva perché convinta di rientrare nel regime forfettario può sanare la propria posizione. In questo caso è necessario emettere una nota di variazione in aumento che andrà a integrare le fatture originarie.

Partita Iva a regime forfettario: quando conviene aderire per i costi da sostenere?

L’adesione alle agevolazioni tributarie assicurate dal regime forfettario della partita Iva (o dei minimi del 5%) deve essere valutata attentamente per la convenienza nella gestione della propria attività. Il regime fiscale forfettario di partita Iva assicura la determinazione facile del reddito per chi ha un volume di ricavi che non supera i 65 mila euro. A fronte dei vantaggi, è necessario fare un confronto dal punto di vista dei costi che possono essere portati in detrazione. E questo potrebbe rappresentare un punto a favore del regime ordinario di partita Iva, ammesso che l’ammontare delle detrazioni sia maggiore dell’ammontare determinato forfettariamente. Per i forfettari, invece, c’è il divieto di detrarre i costi, a eccezione dei contributi previdenziali. Inoltre, sono pochi gli adempimenti richiesti ai forfettari.

Partita Iva a regime forfettario, che cos’è?

La partita Iva a regime forfettario può essere adottata dai lavoratori autonomi e professionisti che hanno un volume di ricavi annuo non superiore a 65 mila euro. Si tratta di un regime fiscale opzionale e non obbligatorio. I lavoratori autonomi che ne posseggono i requisiti possono adottarlo al posto del regime ordinario. La scelta non è scontata. Infatti, sebbene vari soggetti ne posseggano i requisiti e il forfettario rappresenti un regime di favore, possono esserci dei casi in cui potrebbe essere conveniente adottare il regime ordinario.

Quali sono i vantaggi del regime forfettario di partita Iva?

Due, sono nel dettaglio, i vantaggi del regime forfettario delle partite Iva. Il primo riguarda il modo in cui deve essere determinato il reddito imponibile per l’imposizione fiscale. Il secondo è attinente agli adempimenti. Il calcolo del reddito da assoggettare alla flat tax del 15% (o del 5% per i primi cinque anni di attività) avviene in maniera forfettaria. Dal volume dei compensi e dei ricavi ottenuti in un anno va applicato il coefficiente di redditività che dipende dalla tipologia di attività svolta.

Quali sono i coefficienti di redditività del regime forfettario?

Sono nove i coefficienti di redditività corrispondenti alle attività inclusive delle partite Iva a regime forfettario:

  • le industrie alimentari e delle bevande, con coefficiente di redditività del 40%;
  • il commercio all’ingrosso e al dettaglio, con coefficiente di redditività pari al 40%;
  • commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande, con coefficiente di redditività del 40%;
  • il commercio ambulante di altri prodotti, coefficiente del 54%;
  • le costruzioni e le attività immobiliari, coefficiente del 86%;
  • gli intermediari del commercio, coefficiente del 62%;
  • le attività dei servizi di alloggio e di ristorazione, coefficiente di redditività del 40%;
  • le attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi, con coefficiente di attività pari al 78%;
  • le altre attività economiche, 67%.

Come si determina il reddito imponibile delle partite Iva a regime forfettario?

Per la determinazione del reddito imponibile annuo delle partite Iva a regime forfettario si prosegue moltiplicando il volume dei compensi e dei ricavi per il coefficiente di redditività. Ad esempio, un commerciante ambulante di prodotti alimentari e bevande che abbia un volume di ricavi di 60 mila euro, avrà un reddito imponibile di 24 mila euro. Nel caso in cui la partita Iva abbia più attività (e dunque più codici Ateco), si procede con il calcolo dei singoli settori di attività, applicando ai ricavi il relativo coefficiente di produttività. Risulta importante che, ai fini del mantenimento della fiscalità di vantaggio, non si superino i 65 mila euro complessivi di ricavi e di compensi in un anno.

Quante tasse paga una partita Iva a regime forfettario?

Con l’applicazione del coefficiente di redditività al volume di compensi e di ricavi annui, si ottiene il reddito imponibile. A quest’ultimo deve essere applicata la percentuale del 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni). È importante sottolineare che i costi sostenuti dalla partita Iva a regime forfettario non sono deducibili, proprio perché si applica la forfettizzazione del coefficiente di redditività. Risultano deducibili, invece, i contributi previdenziali.

Convenienza adesione alla partita Iva a regime forfettaria per costi e per la flat tax

Proprio in merito ai costi sostenuti da una partita Iva, si possono fare ragionamenti sulla convenienza dell’adesione al regime forfettario. Infatti, se i costi che si sostengono risultano maggiori dell’ammontare determinato forfettariamente, l’adesione al regime forfettario risulta poco conveniente. Ciò avviene, ad esempio, per i costi elevati di avvio della propria attività. Si consideri inoltre che l’aliquota per i primi 5 anni di attività è pari al 5%. La deducibilità dei costi del regime ordinario della partita Iva deve essere quindi raffrontato con la bassa percentuale di imposte. Con il regime ordinario l’aliquota minima è pari al 23%, superiore anche a quella del regime forfettario dopo i primi 5 anni di attività (15%).

Partita Iva a regime forfettario, i minori adempimenti fiscali

Infine, gli adempimenti fiscali della partita Iva a regime forfettario sono in numero nettamente inferiori a quelli del regime ordinario. Le partite Iva forfettarie non applicano l’Iva e, pertanto, non devono preoccuparsi di tutti gli adempimenti inerenti l’Imposta sul valore aggiunto. Rimangono obbligati solo a mantenere la certificazione dei corrispettivi e a versare l’Iva per determinate operazioni comunitarie.

 

Dal 2022 addio all’IRAP per 835.000 contribuenti. Chi sono?

Presentato in commissione Bilancio del Senato l’emendamento che esonera dal pagamento dell’IRAP persone fisiche esercenti attività commerciali ed esercenti arti e professioni. Ecco chi potrà dire addio all’IRAP.

Addio all’IRAP: chi potrà avvalersi del taglio?

L’IRAP è l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive e i suoi introiti sono utilizzati per la copertura delle spese sanitarie. Introdotta nel 1997, da sempre molto osteggiata e proprio per questo si è più volte pensato all’eliminazione o riduzione, ma di fatto è necessario prima trovare una fonte alternativa per sorreggere il Sistema Sanitario Nazionale. L’emendamento presentato in Commissione Bilancio rappresenta il primo passo verso l’eliminazione e per compensare la perdita, presso il MEF è stato stanziato un fondo di 192.52.000 euro.

L’emendamento è contenuto nell’articolo 2 ter che viene rubricato proprio “esclusione IRAP per le persone fisiche”.

E stato calcolato che questa misura beneficia 835.000 soggetti che dal periodo di imposta che parte dal 1° gennaio 2022 non dovranno più pagare l’IRAP. La platea totale di coloro che pagavano l’IRAP era 2.028.888, quindi la nuova esenzione favorisce il 41,2% del totale dei contribuenti IRAP. Il provvedimento non è retroattivo, quindi entro il mese di giugno 2022 dovranno essere saldati gli importi previsti per l’anno di imposta 2021.

Chi paga l’IRAP?

Ricordiamo che attualmente non sono assoggettati a tale imposta le imprese individuali e i lavoratori autonomi che hanno scelto il regime forfettario o comunque si sono avvalsi di un regime fiscale di vantaggi. Naturalmente per rientrare nel regime forfettario è necessario rientrare in determinati limiti che sono soprattutto economici.

Per saperne di più leggi la guida Regime forfettario 2022, tutte le novità introdotte per il prossimo anno.

Tra coloro che sono esentati dal pagamento dell’IRAP ricordiamo che ci sono anche le aziende agricole.

Questo emendamento va ad anticipare il contenuto della legge di delega fiscale, infatti l’articolo 5 del disegno di legge prevede un graduale superamento dell’IRAP.

Addio all’IRAP per dirimere le controversie su “autonoma organizzazione”

In realtà questo emendamento aiuta dirimere questioni controverse che finora aveva risolto il giudice. Le controversie girano intorno alla locuzione “autonoma organizzazione” infatti questa ha portato più volte a interpretazioni diverse su tale concetto. In base a numerose pronunce della Corte di Cassazione, non è tenuto al versamento dell’IRAP il professionista che esercita l’attività in maniera individuale non avvalendosi di collaboratori. Eliminare dai soggetti passivi del tributo le persone fisiche esercenti attività commerciali contribuisce a eliminare dubbi e controversie inoltre può essere considerato un primo passo verso una semplificazione del sistema delle imposte a carico delle partite IVA.

Per una disamina completa sul tributo e in particolare sulle controverse che sono sorte, è possibile leggere l’articolo: Chi è obbligato a presentare la dichiarazione IRAP? Scopriamolo insieme. 

Superbonus 110%: forfettari, pagamenti, Sal e comunicazione Enea, cosa fare entro il 31 dicembre?

Sono vari gli adempimenti richiesti a chi usufruisce del superbonus 110% in vista della fine dell’anno. Chi ha la partita Iva a regime forfettario può arrivare alla cessione del credito o allo sconto in fattura, ma seguendo opportune indicazioni. Altri adempimenti sono richiesti per gli stati di avanzamento dei lavori (Sal) e  i relativi pagamenti. Infine, risulta opportuno soffermarsi sull’invio della comunicazione all’Enea entro il 16 marzo prossimo. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Partite Iva forfettarie: non possono detrarre l’agevolazione del superbonus 110% direttamente

Le partite Iva del regime forfettario, nell’utilizzo del superbonus 110%, non possono detrarre in modo diretto nella dichiarazione quanto spettante. Possono procedere però con la cessione del credito di imposta, trasferendo il beneficio a terzi. L’impossibilità della detrazione diretta nella dichiarazione deriva, come ha spiegato l’Agenzia delle entrate, dal fatto che si tratterebbe di una detrazione dall’imposta lorda. La spiegazione vale per i redditi assoggettati all’imposta sostitutiva o alla tassazione separata.

Partite Iva a regime forfettario e superbonus 110%: cosa fare per la cessione del credito

Per questa ragione, la detrazione del superbonus 110% può essere effettuata dalle partite Iva del forfettario con lo sconto in fattura o con la cessione del credito a terzi. E il credito di imposta si può trasferire anche ai fornitori o a chi risulta cessionario nel contratto di appalto che siano in regime di partita Iva forfettaria o dei minimi. Questi soggetti terzi possono, a loro volta, usare il credito di imposta per pagare l’imposta sostitutiva spettante.

Comunicazione all’Agenzia delle entrate dello sconto in fattura o del credito di imposta

Ulteriori indicazioni sono da seguire per la comunicazione all’Agenzia delle entrate dello sconto in fattura e della cessione del credito. Tale comunicazione deve essere inoltrata entro il 16 marzo 2022 per le spese effettuate durante il 2021. Ragione per la quale non risulterebbe possibile asseverare uno stato di avanzamento dei lavori (Sal) con data al 31 dicembre 2021 rispetto al giorno in cui verrà predisposta la pratica e inviata telematicamente all’Enea, adempimento che va effettuato a gennaio, febbraio e fino al 10 marzo prossimo.

Comunicazione all’Enea dei Sal risultanti al 31 dicembre 2021

L’impossibilità, in particolare, è dettata dal fatto che non è possibile inserire manualmente nell’allegato numero 2 della comunicazione, la data dello stato di avanzamento dei lavori e dell’effettiva asseverazione al 31 dicembre 2021, che è antecedente rispetto all’invio della pratica all’Enea. L’alternativa, per i tecnici, è quella di effettuare l’asseverazione per lo stato di avanzamento dei lavori di corsa, entro il 31 dicembre 2021. Ciò rendendo di fatto inutile la scadenza della comunicazione del 16 marzo 2022.

Superbonus 110% e stato di avanzamento dei lavori al 31 dicembre 2021

In merito al superbonus 110% e allo stato di avanzamento dei lavori al 31 dicembre 2021 è da osservare, inoltre, che devono essere rispettate determinate condizioni per avvalersi dello sconto in fattura e della cessione del credito di imposta. La prima condizione è che, al 31 dicembre 2021, i lavori devono essere della percentuale non inferiore al 30% del Sal e devono risultare per lo meno iniziati. Questo adempimento viene osservato mediante il rilascio dell’asseverazione dei requisiti tecnici e l’effettivo avanzamento dei lavori, oltre alla congruità delle spese.

Condizioni per ottenere lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta nel superbonus 110%

Inoltre, per i lavori del superbonus 110% riguardanti i condomini e i privati che vogliano adottare lo sconto in fattura o la cessione del credito di imposta, è necessario che le inerenti spese debbano essere state già pagate. Tutti e due le condizioni (il Sal del 30% minimo certificato e le spese già pagate) devono essere verificate nello stesso anno di imposta. Pertanto, i lavori svolti nel 2021 devono rispettare le condizioni entro il prossimo 31 dicembre. In attesa di ulteriori chiarimenti dell’Agenzia delle entrate, l’allegato 2 della comunicazione da inviare all’Enea contiene come unica data quella nella quale si predispone la pratica per l’invio.

Comunicazione all’Enea dei lavori in superbonus 110%: in attesa di chiarimenti sull’asseverazione del Sal

Pertanto si dovrà considerare, ai fini dello sconto in fattura o della cessione del credito di imposta, che:

  • nello spazio della comunicazione relativo alla data, non si può inserire come data quella nel quale il tecnico asseveri lo stato di avanzamento dei lavori al 31 dicembre 2021. Ciò però creerebbe problemi con la data effettiva e successiva di invio della comunicazione all’Enea essendoci un solo spazio;
  • il successivo inoltro della comunicazione all’Enea nel 2022 (entro il 16 marzo) dovrebbe recare la data di invio;
  • si attendono eventuali correzioni della procedura di comunicazione all’Enea.

Fattura elettronica, obbligo per le partite Iva forfettarie: c’è l’ok della Commissione europea

Si avvicina l’obbligo di utilizzare la fattura elettronica anche per le partite Iva forfettarie, dopo il via libera dell’8 dicembre da parte della Commissione europea. Si attendono adesso solo gli ultimi passaggi: il primo, l’approvazione del provvedimento in uno dei prossimi Consigli dell’Unione europea. Infine, la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale della Comunità europea (Guce).

Quante potrebbero essere le partite Iva del regime forfettario obbligate alla fatturazione elettronica?

Con la pubblicazione del provvedimento comunitario nella Gazzetta Ufficiale, l’Italia dovrà recepire l’estensione anche alle partite Iva a regime forfettario dell’obbligo di fatturazione elettronica mediante un norma ad hoc. Il provvedimento potrebbe essere la delega fiscale. L’obbligo scatterebbe per circa un milione e mezzo di partite Iva che, nel 2022, potrebbero diventare di più per via dell’entrata in vigore dell’assegno unico.

Perché obbligare le partite Iva a regime forfettario alla fattura elettronica?

L’obbligo della fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettarie consentirebbe di arginare ulteriormente l’evasione fiscale. Peraltro, in ambito di progetti del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), l’Italia dovrà portare a termine entro il 2021 uno studio relativo alla mancata fatturazione da parte dei soggetti obbligati. Nello stesso studio dovranno essere illustrate le misure da introdurre per contrastare la mancata emissione della fattura elettronica dei soggetti obbligati.

Incentivi anche ai consumatori finali per l’obbligo di emissione della fattura elettronica

Lo studio sulla fattura elettronica consentirà anche di porre l’attenzione sugli incentivi a favore dei consumatori finali in merito all’obbligo dei fornitori. Anche in questo caso, si tratterà di misure che il governo metterà in campo per fare in modo che il consumatore chieda l’emissione dello scontrino, della fattura  o della ricevuta. L’allargamento dell’obbligo dell’emissione della fattura elettronica consentirebbe, peraltro, all’Agenzia delle entrate di avere dei dati completi e puntuali delle operazioni effettuate dalle partite Iva a regime forfettario.

Fattura elettronica e rispetto dei requisiti per rimanere nel regime forfettario

In tal senso, l’obbligo di fattura elettronica consentirebbe al Fisco di controllare anche il rispetto dei parametri per poter rimanere nel regime forfettario. Respinta, infine, l’obiezione di un maggior costo per la gestione del regime forfettario, soprattutto per i soggetti più piccoli. Infatti, il Consiglio dell’Unione europea, nella decisione finale che prenderà, terrà conto degli strumenti gratuiti, dei software e dei programmi messi a disposizione delle partite Iva per la predisposizione, per l’invio e per la conservazione delle fatture elettroniche.