Risultati sondaggio: più ottimismo che reale ripresa

Come ogni domenica proviamo a decifrare i risultati emersi dal sondaggio proposto ad inizio settimana e reso possibile grazie alla vostra partecipazione. Gli argomenti presi in considerazione questa settimana sono stati i timidi segnali di ripresa economica di cui (quasi) tutti parlano, ma ancora impercettibili ad occhio nudo per il consumatore.

Nonostante il risultato finale sembri indicare un sostanziale ottimismo, è impossibile non notare l’irrisoria percentuale ad un cifra della risposta oggettivamente più fiduciosa (“In effetti il vento sembra cambiato”) ferma ad un malinconico 8%. L’ironica “Provate a fare la spesa e poi ne parliamo” ha fatto registrare poco meno un quarto dei voti (23%), sottolineando come i timidissimi segnali di ripresa siano ancora difficilmente tangibili per gran parte della popolazione. Poco sopra il 30%, invece, “Forse ripresa è una parolona” che dimostra la volontà di gran parte della platea di consumatori e commercianti di non sbilanciarsi troppo, nonostante qualche lieve margine di miglioramento nei prossimi mesi sia comunque atteso. Infine la risposta più votata è stata nettamente “La strada è ancora lunga, ma c’è ottimismo” con il 38% delle preferenze totali.

 

Jacopo MARCHESANO

Ripresa economica, ecco chi ci crede

Dopo svariati pareri pessimisti riguarda i timidi segnali di ripresa registrati nelle settimane scorse, finalmente un punto di vista completamente opposto. I dati forniti dal Centro studi di Confindustria vedrebbero l’Italia a un “punto di svolta fondamentale per il terzo trimestre dell’anno”. Le previsioni sembrerebbero parlare chiaro: si arresterebbe la caduta del Pil e si tornerebbe a variazioni positive, calcolate intorno a + 0,3 %.

Fondamentale per la ripresa soprattutto la riduzione dell’imposizione sul reddito da lavoro e impresa: “l’emergenza del mercato del lavoro fatica a rientrare spontaneamente, perciò sono urgenti provvedimenti sia per innalzare la crescita sostenibile del Paese sia per aumentare l’occupabilità delle persone» ha aggiunto il Csc.

Speranzoso anche il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, nel suo consueto discorso all’europarlamento: “Abbiamo fatto molto dall’inizio della crisi. I nostri sforzi hanno cominciato a convincere i cittadini e i partner internazionali, gli spread si restringono, la fiducia dei mercati sta tornando, le prospettive dell’economia vanno bene, la fiducia migliora e i Paesi vulnerabili cominciano a vedere i risultati dei loro sforzi. La ripresa è vicina”.

In attesa di poter toccare realmente con mano i segnali di ripresa economica, a chi dovremmo credere?

 

Jacopo MARCHESANO 

Segnali di ripresa? Ecco cosa ne pensa l’Europa

La nostra settimana dedicata all’approfondimento dei, seppur timidi e contenuti, segnali di ripresa economica che hanno fatto “gridare al miracolo” il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nei giorni scorsi, dopo aver interpretato con cura i numeri di tali crescita e aver ascoltato le voci delle principali associazioni di categoria, continua attraverso i commenti che arrivano direttamente da Bruxelles

“Nonostante qualche piccolo segnale di crescita in Italia l’economia mostra ancora segni di debolezza e l’incertezza politica frena gli investimenti e di conseguenza una ripresa più decisa e risolutiva”, dichiara il commissario Ue agli Affari economici e vicepresidente della Commissione Europea Olli Rehn. Per descrivere la delicata situazone italiana, il politico finlandese si è lanciato in una metafora sportiva sempre attuale nel nostro Paese: “l’Italia è come la Ferrari, ci vuole un motore più competitivo ed essere pronti a cambiare e ad adeguarsi”.

Scontata invece la paternale sull’abolizione dell’Imu, provvedimento mai digerito a Bruxelles, perché “ha suscitato e scuscita preoccupazioni, rispetto allo spostamento degli oneri fiscali dai fattori produttivi verso altri cespiti” e aggiungendo che “sarà doveroso verificare la nuova service tax”. 

Jacopo MARCHESANO

Timidi segnali di ripresa? Ecco tutti i numeri

A sentire i presidenti di Federconsumatori e Confcommercio, notoriamente non proprio in sintonia, i piccoli e timidi segnali di ripresa economica di queste ultime settimane sarebbero solo annunci propagandistici impercettibili per il consumatore italiano. Andando ad analizzare i dati statistici in effetti una, seppur minima, inversione di tendenza nei numeri sembrerebbe oggettiva, anche se lieve e realmente impercettibile.

Il recente ottimismo del ministro Saccomanni deriverebbe dal fatto che il Pil, nel secondo trimestre 2013, sarebbe diminuito solo dello 0,2% anziché dello 0,4% previsto dagli economisti. Più deciso il miglioramento del saldo tra aperture e chiusure degli esercizi commerciali che per la prima volta dopo anni torna ad essere positivo: i dati dell’Osservatorio Confesercenti rivelano un +1.422 imprese nel commercio tra maggio e giugno 2013. Inoltre nel terzo bimestre di quest’anno si sono registrate 7.546 nuove aperture (+88% sul bimestre precedente).

Tra i più ottimisti verso una possibile ripresa economica l’Inps, con il calo della cassa integrazione autorizzata a luglio: 80,6 milioni di ore tra interventi ordinari, straordinari e in deroga con una diminuzione del 30,3% rispetto ai 115,7 milioni di ore dello stesso mese dell’anno precedente.

Qualche timida schiarita si intravede anche sul fronte mutui, Nomisma e MutuiOnline prevedono un aumento dei crediti erogati nei prossimi mesi, con una crescita del 2% a luglio e del 4% ad agosto.

 

Jacopo MARCHESANO

Saccomanni: “Niente manovra bis”

«Gli scostamenti eventuali da qui a fine anno sono perfettamente gestibili con le operazioni di finanza pubblica programmate», quindi niente manovra bis. A dichiararlo è il ministro dell’Economia Saccomanni alla fine del vertice informale dei ministri economici dell’Ue svoltosi a Vilnius, in Lituania.

Nel fine settimana si è fatto sentire anche il premier Enrico Letta, preoccupato per la delicata fase politica che anticipa in questi giorni il voto sulla decadenza da parlamentare dell’ex presidente del Consiglio Berlusconi: «la legge di stabilità la scriveremo noi, ma se si aprirà una crisi di governo, la politica economica la farà l’Ue. Dovesse cadere il mio esecutivo si dovrebbe tornare all’imposizione dell’Imu».

Presente a Vilnius in compagnia del ministro Saccomanni, anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco«ovviamente c’è incertezza tra i ministri europei responsabili dell’Economia e questa si riflette su imprese e attività produttiva, però ci sono segnali di ripresa, ma sarà abbastanza lenta»

Piano B per Mario Draghi, se la ripresa tarda ad arrivare

Nonostante le previsioni fossero quasi certe, ora anche gli addetti ai lavori cominciano a storcere il naso e non credono più ad una possibile ripresa economica per la seconda metà dell’anno.

Per questo motivo, Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, starebbe valutando un piano B se davvero l’Eurozona non riuscisse a uscire da questa grave crisi economica e finanziaria.
Tra le mosse drastiche da attuare, Draghi sta considerando nuove misure straordinarie di politica monetaria, a cominciare da un taglio dei tassi e una nuova serie di prestiti a lungo termine alle banche, oltre ad un programma per incoraggiare i prestiti alle imprese.

Martin Van Vliet, economista senior della banca Ing, ha dichiarato: “Devono iniziare a pensare un piano di misure non convenzionali nel caso in cui la ripresa non dovesse materializzarsi. Questo mese è probabilmente troppo presto per un annuncio, ma mi aspetto che Draghi sia consapevole che l’economia non sta migliorando e le possibilità di una sorpresa sono in crescita”.

Vera MORETTI

Apprendistato, un aiuto concreto per i giovani?

 

Garantisce un costo del lavoro più basso, perchè ne riduce il costo contributivo, ma è ancora troppo poco adottato dalla piccole e medie imprese per la sua complessità normativa e di gestione. Il contratto di apprendistato potrebbe rivelarsi un valido strumento per incentivare l’assunzione dei giovani in un momento in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto picchi storici e in cui la crisi economica non può più fungere da unico capro espiatorio.

Ma perchè le aziende faticano ancora a preferire il contratto di apprendistato? Oggi Infoiva ne discute con il Professor Maurizio Del Conte, Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Bocconi di Milano. Perchè per garantire un futuro a un’intera generazione che oggi viaggia ‘sul filo del rasoio’ della disoccupazione occorre agire adesso.

L’apprendistato avrebbe dovuto essere il canale d’ingresso principale dei giovani nel mercato del lavoro, ma a oggi pare fatichi ancora a decollare? Perché? Quali sono i suoi limiti?
Purtroppo l’apprendistato sconta una storia fatta di incertezze regolative, dove la indicazione del tipo di formazione – on the job o in aula – ed i suoi stessi contenuti sono rimasti appesi all’inerzia delle Regioni e della contrattazione collettiva nel regolare la materia. Il testo unico del 2011, rilanciato dalla riforma “Fornero”, dovrebbe spingere nel senso di un pieno completamento della disciplina, ma è necessario un maggiore impegno di Regioni e parti sociali.

La complessità normativa di questo tipo di contratto gioca a suo sfavore?
Il maggior ostacolo al ricorso all’apprendistato da parte delle imprese è proprio la complessità della disciplina e della gestione operativa degli apprendisti. Molto spesso i direttori del personale preferiscono rinunciare ai vantaggi del contratto di apprendistato, ritenuto troppo oneroso in termini di tempo e risorse organizzative da dedicare per ogni apprendista. Oltretutto, con il rischio di vedersi condannati a restituire gli sgravi contributivi nel caso si commetta qualche errore nella complicata gestione burocratica del contratto.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere questo tipo di contratto piuttosto che un altro?
L’apprendistato potrebbe essere estremamente interessante per le imprese perché, da un lato, riduce significativamente il costo contributivo del lavoro e, dall’altro, garantisce la possibilità di formare il giovane neoassunto secondo le esigenze specifiche dell’organizzazione aziendale. Insomma un investimento nella qualità del lavoro ad un costo ragionevole. Nel panorama contrattuale a disposizione delle imprese non c’è nulla di altrettanto appetibile.

Ad oggi, alle piccole e medie imprese conviene stipulare contratti di apprendistato?
In teoria sì, ma la realtà ci dice che sono proprio le imprese meno strutturate ad essere maggiormente diffidenti nei confronti dell’apprendistato. Questo perché, vista la complessità di cui si è detto, all’interno delle piccole aziende non ci sono le risorse organizzative sufficienti per seguire gli apprendisti. Un’iniziativa importante, che dovrebbe essere estesa a tutto il territorio, è quella appena lanciata da Regione Lombardia, che finanzia le piccole e medie imprese che si avvalgano di operatori esterni accreditati per la gestione degli apprendisti.

Esistono, secondo lei, strumenti migliori per incentivare l’occupazione giovanile?
In questi tempi di grave congiuntura economica lo strumento più efficace per incentivare l’assunzione dei giovani sarebbe una decisa riduzione del costo del lavoro dovuto al carico fiscale/previdenziale. In attesa di vedere provvedimenti legislativi in questo senso, l’apprendistato garantisce un costo del lavoro più basso anche se, dobbiamo ricordarlo, un apprendista alterna il lavoro alla formazione e, dunque, nel breve periodo rende di meno di un lavoratore già formato.

Qual è il vero problema del mercato del lavoro in Italia? Pensa sia ancora troppo rigido, specialmente per quanto riguarda i vincoli di ingresso?
A mio avviso il vero problema è la bassa produttività del lavoro nel confronto con i paesi nostri diretti concorrenti. Mentre si profondevano fin troppo tempo ed energie in operazioni di ingegneria contrattuale e del mercato, il lavoro si andava drammaticamente assottigliando e quello che ancora resta è sempre meno produttivo. Il risultato è che stiamo scivolando verso un lavoro che produce minor valore aggiunto, rendendo le nostre imprese meno competitive nei mercati più ricchi e deprimendo ulteriormente i salari e la domanda interna. E’ un circolo vizioso che deve essere interrotto, pena un declino irreversibile del nostro sistema industriale nel mercato globalizzato.

Situazioni straordinarie come quella attuale per le imprese, l’economia e il lavoro, necessitano di iniziative e progetti straordinari: secondo lei il Paese e il governo stanno dando segnali positivi in tal senso?
Finora il governo si è concentrato nel ridurre la spesa per riportare i parametri del bilancio pubblico entro limiti accettabili dai mercati finanziari. Tuttavia senza l’impulso della spesa pubblica nessuna economia è mai riuscita ad uscire stabilmente da una fase di recessione economica grave come quella che stiamo attraversando. Dunque si pone un problema di dover sostenere la spesa pubblica in questa congiuntura straordinariamente negativa. Personalmente credo che non si possa più affrontare una disoccupazione che tocca ormai oltre un terzo dei giovani come se si trattasse di un semplice effetto collaterale della crisi. Quando raggiunge questa magnitudine, la disoccupazione diventa essa stessa causa della recessione. Per combatterla occorrono misure straordinarie, mettendo in campo risorse finanziarie straordinarie. Come ho già detto, la riduzione del cuneo fiscale è la prima e ormai indifferibile misura da prendere se si vuole produrre uno shock positivo sul mercato del lavoro. Dall’inizio della crisi sono state investite enormi risorse finanziarie per conservare i posti di lavoro già esistenti, ma pochissimo è stato speso per aiutare un’intera generazione di giovani che rischia di restare tagliata fuori anche dalla ripresa economica, quando finalmente ci sarà. Se si vuole scongiurare questo rischio occorre agire adesso.

Alessia CASIRAGHI

Roma: simposio italo giapponese

Si terrà a Roma presso l’Unioncamere il 21 marzo 2012 dalle ore 17:00 il Simposio italo giapponese “Recovery after Crisis: Japanese and Italian experience”, organizzato dall’Ambasciata del Giappone in Italia e dalla Fondazione Italia Giappone, con il patrocinio di Unioncamere ed il supporto di Nomura.

Il Simposio affronterà il tema della ricostruzione dopo il disastro naturale avvenuto in Giappone l’11 marzo 2011 e  della ripresa economicaPresenteranno il Simposio il Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello e l’Ambasciatore del Giappone Masaharu Kohno e porterà il saluto del Sindaco di Roma il Presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone.

Interverranno per il Giappone il Professor Heizo Takenaka dell’Università Keio già Ministro della Politica Economica e Finanziaria sotto il governo Koizumi e il Professor Hiroo Ichikawa, preside del Master specialistico in politica urbanistica dell’Università Meiji, esperto dell’urbanistica e dell’economia giapponese nel post terremoto e presenteranno il volume “Lessons from the disaster”.

Da parte italiana parleranno della ricostruzione dopo i disastri naturali e della ripresa dalla crisi economica, il Senatore Mario Baldassarri, Presidente della Commissione Permanente Finanza e Tesoro e Professore di Economia all’Università di Roma La Sapienza e il Vice Segretario Generale di Unioncamere Sandro Pettinato. Modererà l’incontro l’Ambasciatore Umberto Vattani, Presidente della Fondazione Italia GiapponeAl termine del simposio si terrà un concerto di koto in commemorazione delle vittime del terremoto del Giappone orientale eseguito da Yoko Nishi, artista di livello internazionale, che si è esibita all’Esposizione Universale di Shangai e successivamente ci sarà un rinfresco con assaggi di cucina giapponese. E’ necessario prenotarsi per partecipare. Rivolgersi a fondazione@italiagiappone.it o chiamare lo 0636914182 

Fonte: camcom.gov.it

Il credito alle piccole imprese: ancora troppo poco secondo Confartigianato

Sarebbe meno di un terzo della media nazionale la crescita su base annuale (aprile 2010-aprile 2011) del credito alle aziende artigiane del Piemonte secondo quanto rilevato da Confartigianato secondo i dati diffusi da Banca Italia, ”segno che la crisi ancora morde e la ripresa appare lontana”.

Mentre a livello nazionale la crescita risulta dell’1,7%, il Piemonte si ferma allo 0,5%. C’è grande differenza per la concessione del credito in base alle province: crescita per Cuneo (+12,8%) e Biella (+4,9%) a cui seguono però Vercelli che non supera lo +0,5%, mentre tutte le altre province presentano un segno negativo. ”Dopo il primo trimestre 2011 in cui gli indicatori economici di base inducevano ad un modesto ottimismo – dichiara Silvano Berna, segretario regionale di Confartigianato – i dati odierni ci confermano che siamo ancora avviluppati in una crisi molto complessa e dagli esiti incerti. Segnali preoccupanti riguardano, in particolare, il settore del credito che si conferma insufficiente per consentire una significativa ripresa“.

Quest’anno gli italiani produrranno più ricchezza

Nell’ambito della 133ª Assemblea dei presidenti delle Camere di commercio – Consiglio generale di Unioncamere, sono stati presentati i dati relativi alla ricchezza prodotta dai cittadini. Ogni italiano produrrà mediamente 23.500 euro di valore aggiunto, che, al lordo dell’inflazione, significa 570 euro in più rispetto al 2010. La crescita, però, non sarà uniforme: Milano raggiungerà quota 35mila, aumentando la ricchezza prodotta dai cittadini di 1.360 euro.

A seguire troviamo Bologna e Belluno con una crescita di oltre 1000 euro rispetto all’anno precedente. Il primato alla fine del 2011 spetterà però a Milano. Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello afferma: “I dati di oggi segnalano che l’Italia sta ripartendo, anche se permangono notevoli divari territoriali. Perché il sistema Paese riprenda pienamente il suo percorso di crescita, è indispensabile facilitare la vita delle imprese. Con questa convinzione le Camere di commercio hanno investito nella semplificazione amministrativa. Ma c’è ancora molto da fare, a cominciare dal pieno decollo dello Sportello unico per le attività produttive”.

Il presidente ha proseguito: “Allo stesso modo, bisogna confermare il principio dell’obbligatorietà della mediazione civile, sancito dalla recente riforma. Le imprese, però crescono quando il territorio in cui operano si arricchisce di nuove infrastrutture, materiali e immateriali. Con un obiettivo: avvicinare gli operatori economici ai mercati. Nonostante un fisco che pesa il doppio sulle nostre aziende esportatrici, siamo il primo paese del Vecchio continente, dopo la Germania, per presenza sui mercati extra-europei; il primo, dopo la Cina, per quantità esportata nei paesi emergenti. Sono segnali chiari di un sistema fortemente competitivo. Tuttavia solo il 5% delle imprese che esportano lo fa in modo stabile. E’ prioritario ampliare questo universo”.

Il divario nord-sud continuerà ad esistere: Considerando pari a 100 il valore aggiunto per abitante previsto a livello nazionale per il 2011, il Nord-Ovest registrerà 120,2, il Nord-Est, 119, il Centro 111,7, il Mezzogiorno soltanto il 67,1. L’Italia, insomma, resterà fortemente divisa in due.

La ricchezza per abitante prodotta a Milano sarà nel 2011 pari a 35mila euro a prezzi correnti (ossia, al lordo dell’inflazione); a Crotone di soli 13.200 euro. . C’è poi un consistente gruppo di province del Centro-Nord (prima di queste Torino), in cui la differenza dell’indicatore sarà superiore agli 800 euro. Due, invece, le (sole) buone performance meridionali: quella di Chieti (dove l’incremento sarà di 640 euro) e quella di Bari, che, con 570 euro, si posiziona esattamente in linea con la media nazionale.

Mirko Zago