Coordinatore per la sicurezza: quando va nominato?

Il coordinatore per la sicurezza è un professionista che opera esclusivamente sui cantieri edili, ecco le sue funzioni e i requisiti.

Il Coordinatore per la Sicurezza

I cantieri edili, mobili o temporanei, sono luoghi di lavoro molto particolari infatti qui il rischio di malattie professionali legate all’uso di determinati strumenti che producono rumori e vibrazioni e di sostanze che possono essere inalate, è elevato. Inoltre in cantiere vi è anche il rischio di infortuni che spesso sono di rilevante entità. Le note dell’INAIL sottolineano una riduzione degli stessi negli ultimi anni, ma i dati restano comunque preoccupanti anche perché devono essere confrontati con la riduzione delle giornate lavorative a causa dei vari lock down.

Proprio in ragione della maggiore incidenza degli infortuni e delle malattie professionali in questo settore, rispetto ad altre tipologie di attività sono previsti degli accorgimenti diversi ed ulteriori. Tra questi vi è senz’altro la figura del coordinatore per la sicurezza.

Requisiti professionali del coordinatore per la sicurezza

Il coordinatore per la sicurezza è una figura, prevista dal decreto Legislativo 81 del 2008, obbligatoria nei cantieri edili e deve avere una formazione professionale specifica. I requisiti professionali sono indicati nell’articolo 98 del TUSL, deve essere in possesso di un titolo attinente al settore, ad esempio un diploma da geometra o da perito tecnico, una laurea in ingegneria, architettura, scienze forestali o agraria.

Deve seguire inoltre un corso specifico, della durata di almeno 120 ore, in materia di sicurezza sul luogo di lavoro ed effettuare aggiornamenti costanti. Gli aggiornamenti hanno cadenza quinquennale e durata minima di 40 ore. Si può notare fin da subito che rispetto al Responsabile del Servizio per la Prevenzione e Protezione (RSPP) i requisiti professionali sono diversi, infatti questi deve avere un diploma di scuola secondaria con qualunque indirizzo e seguire un corso specifico.

Le funzioni del coordinatore per la sicurezza

Il coordinatore per la sicurezza svolge due funzioni specifiche, in primo luogo in fase di progettazione dei lavori si occupa della redazione del piano di sicurezza e coordinamento, mentre in fase di esecuzione dei lavori deve controllare l’andamento dei lavori e in particolare verifica che siano adottate tutte le misure per la prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro.

Nel caso in cui nel cantiere siano presenti più imprese devono essere valutati anche i potenziali rischi provenienti dalle interferenze tra i lavori delle diverse imprese. Tra i compiti del coordinatore vi è anche la predisposizione del fascicolo dell’opera che contiene le informazioni sui rischi per i lavori siccessivi alla realizzazione dell’opera.

Per conoscere nel dettaglio le caratteristiche del piano di sicurezza e coordinamento, leggi l’articolo: Sicurezza e lavoro: il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC).

Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione

La nomina del coordinatore per la sicurezza spetta al committente dei lavori o al responsabile dei lavori. Il ruolo del coordinatore per la sicurezza nella fase di progettazione e del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione può essere affidato allo stesso soggetto o a soggetti diversi.

Il ruolo per coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione è molto importante perché deve:

  • controllare che il POS, Piano Operativo per la Sicurezza, sia congruo ( è bene non confondere il POS con il PSC, si tratta infatti di cue documenti diversi che hanno funzioni diverse, inoltre il POS è di spettanza del datore di lavoro, seguendo il link si possono avere i dettagli) ;
  • verificare che sia rispettato il Piano di Sicurezza, ma deve anche coordinare le attività delle varie imprese esecutrici in modo da avere sempre sotto controllo i rischi presenti in cantiere;
  • far in modo che le varie imprese adeguino il loro POS al piano coordinato;
  • Ha il compito di segnalare al committente e al responsabile dei lavori le eventuali inosservanze del Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro, decreto legislativo 81 del 2008, inoltre deve proporre la sospensione dei lavori e l’allontanamento dal cantiere delle imprese edili e la sospensione dei lavori nel caso in cui lo consideri opportuno e cioè se ritiene che le condizioni di lavoro siano tali da esporre a rischi di malattie professionali o infortuni. In particolare può optare per tale scelta nel caso in cui in seguito a segnalazione della violazione del Testo Unico comunque non siano adottati opportuni provvedimenti.

Nel caso in cui ravvisi urgenza e pericolo grave può da solo sospendere i lavori, cioè senza passare per la fase della proposta.

Piano operativo per la sicurezza: quali imprese devono redigerlo?

Se sei un’impresa i cui addetti lavorano fuori dall’azienda hai l’obbligo di redigere il POS, Piano Operativo per la Sicurezza, previsto dal decreto legislativo 81 del 2008. Vediamo di cosa si tratta e quali sono i suoi contenuti.

Chi è obbligato ad avere il Piano Operativo per la Sicurezza

Devono redigere il POS le ditte che operano attraverso cantieri esterni e mobili, si tratta in particolare delle imprese edili o  che eseguono lavori di ingegneria. L’obbligatorietà del Piano Operativo per la Sicurezza era già prevista nel decreto legislativo 626 del 1994, oggi invece è disciplinato dall’articolo 89 del decreto 81/2008 (Testo Unico Sicurezza sul Lavoro) che rimanda all’allegato XV per delineare i contenuti obbligatori di questo importante documento.

La prima cosa da fare è delineare cosa si intende per cantiere mobile: si ritiene tale ogni spazio esterno rispetto alla sede dell’impresa in cui si svolgono lavori di edilizia o di ingegneria civile. Il POS deve essere redatto anche da eventuali imprese che lavorano in subappalto, in questo caso quindi se in cantiere ci sono addetti dell’impresa principale e quelli dell’impresa in subappalto sarà necessario avere due documenti. Il lavoratore autonomo che non si avvale della collaborazione altrui, non ha obbligo di POS.

Nel caso in cui il cantiere mobile o esterno sia gestito da un’impresa pubblica, il POS viene sostituito dal PSS (Piano Sostitutivo per la Sicurezza) i contenuti in realtà non sono divergenti.

Come redigere il POS

Si è visto quali imprese sono obbligate ad avere il Piano, ora vedremo in concreto cosa è necessario inserire in esso.

L’allegato XV al D.lgs 81/2008 (TUSL) sottolinea che per redigere in modo corretto il POS è necessario indicare:

  • i dati identificativi dell’impresa, nome del datore di lavoro, numero di telefono, sede legale e uffici del cantiere;
  • le attività svolte in cantiere (intonaci, scarriolatura materiali sciolti, realizzazione tetti, ponteggi…) e dei lavoratori subaffidatari;
  • il nominativo del medico competente ( questo va nominato solo nei casi in cui è necessario organizzare il servizio di sorveglianza obbligatoria, cioè i lavori comportano rischi specifici, ad esempio in caso di vibrazioni, rumori);
  • il nominativo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione;
  • nominativo del responsabile del servizio antincendio ed evacuazione, gestione delle emergenze in cantiere e pronto soccorso;
  • generalità del direttore tecnico e del capo cantiere;
  • nel POS deve essere indicato il numero e le qualifiche delle persone che sono destinate a essere in cantiere e le mansioni che gli stessi devono svolgere, in questo modo è possibile individuare in modo preciso anche i rischi;
  • Il piano deve inoltre indicare i macchinari, le strumentazioni, i ponteggi e tutti gli altri elementi presenti in cantiere che possono generare pericoli di particolare entità per i lavoratori;
  • devono altresì essere indicate le sostanze presenti in cantiere che potrebbero essere dannose, ad esempio nel caso in cui sia presente calce o altri materiali che possono risultare potenzialmente dannosi se non usati nel modo giusto.
  • deve fornire un elenco dei dispositivi di sicurezza forniti e gli altri dispositivi e protocolli utilizzati al fine di prevenire infortuni e danni alla salute, l’indicazione di tali misure deve essere correlata all’indicazione dei rischi presenti in cantiere;
  • il POS deve indicare i percorsi di formazione e informazione forniti a coloro che occupano il cantiere.

Ulteriori informazioni sul Piano Operativo per la Sicurezza

Può capitare che una stessa impresa edile o ditta che esegue lavori di ingegneria abbia diversi cantieri esterni rispetto alla sede, in questi casi la normativa prescrive che per ogni cantiere deve essere predisposto un POS, naturalmente non può trattarsi di un documento fotocopia in quanto nella maggior parte dei casi i lavori che si eseguono nei vari cantieri non sono identici e di conseguenza per ognuno devono essere date le giuste indicazioni inerenti mansioni svolte, rischi connessi e misure preventive. Inoltre è molto probabile che per ogni cantiere siano diversi gli “attori”, cioè il RSPP e gli altri soggetti che hanno incarichi inerenti la sicurezza.

Anche in questo caso, come in quello del Documento di Valutazione Rischi, l’obbligo della predisposizione del POS ricade sul datore di lavoro.

Per chi vuole redigere correttamente il POS è possibile richiedere il decreto interministeriale 9 settembre 2014 in cui è presente un modulo da compilare per avere un Piano a norma.

Il Piano Operativo di Sicurezza deve essere consegnato dal datore di lavoro al Coordinatore per l’esecuzione dei lavori almeno 15 giorni prima l’inizio dell’esecuzione dei lavori, nel caso in cui si tratti di un’impresa in subappalto, il POS deve essere consegnato da questa all’impresa affidataria almeno 30 giorni prima dell’ingresso in cantiere, che a sua volta deve consegnare il POS al coordinatore.

In caso di mancata adozione del POS è prevista l’applicazione di sanzioni da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 15.000 euro, a questi si aggiunge la pena detentiva di durata fino a 8 mesi. Le sanzioni si applicano anche nel caso in cui il POS sia stato redatto, ma non contenga tutte le informazioni necessarie.

Imprese: datore di lavoro deve convocare la Riunione sulla Sicurezza

Conoscere i rischi specifici del proprio luogo di lavoro è essenziale per prevenire infortuni e patologie. Proprio la consapevolezza di tutti gli “attori aziendali” è spesso un punto nevralgico per le imprese e di conseguenza è prevista la Riunione sulla Sicurezza obbligatoria con cadenza annuale.

Aziende in cui deve svolgersi la Riunione sulla Sicurezza obbligatoria

Il decreto legislativo 81 del 2008 all’articolo 35 pone l’obbligo per il datore di lavoro di convocare almeno una volta l’anno la Riunione sulla Sicurezza. Tale obbligo vige solo nelle aziende con più di 15 dipendenti. Le unità produttive con meno di 15 dipendenti potranno comunque tenere la Riunione sulla Sicurezza, sebbene la stessa non sia obbligatoria. In questi casi solitamente la stessa viene richiesta al datore di lavoro da parte del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. La riunione deve inoltre essere convocata ogni volta in cui in azienda ci siano delle innovazioni che possano portare a una modifica delle condizioni di salute e sicurezza. Ad esempio nel caso in cui siano introdotti nuovi macchinari, nuove tecnologie, nuovi protocolli, cioè tutti quegli elementi che richiedono l’adozione di specifiche misure di prevenzione.

Chi partecipa alla Riunione sulla Sicurezza

In base all’articolo 35, la riunione sulla sicurezza obbligatoria deve essere convocata dal datore di lavoro, ma devono partecipare anche il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, (RSPP), il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e il medico competente nei casi in cui lo stesso deve essere nominato, cioè quando è necessario attivare il servizio di sorveglianza sanitaria obbligatoria.

Oggetto della Riunione sulla Sicurezza

Durante la riunione il datore deve sottoporre ai lavoratori il Documento di Valutazione dei Rischi. Inoltre deve essere analizzato l’andamento degli infortuni sul luogo di lavoro, delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria. E’ buona norma che il Documento sia consegnato ai partecipanti in anticipo rispetto alla data prevista per la riunione, in modo che possano adeguatamente essere informati sul contenuto. Si tratta quindi di fare un punto della situazione in modo da poter poi successivamente individuare delle soluzioni opportune per poter migliorare la condizione lavorativa.

Durante la riunione il medico competente dovrebbe rendere noti anche i dati sugli infortuni, naturalmente in forma aggregata e anonima.

La riunione deve trattare ulteriori argomenti e in particolare è necessario affrontare i criteri di scelta dei dispositivi di protezione individuali e collettivi. A questo punto ricollegandosi alla prima parte, cioè alla valutazione degli infortuni e delle malattie professionali verificatesi, è necessario determinare se le misure adottate sono sufficienti oppure è necessario implementarle con l’uso di ulteriori dispositivi. Infine, occorre sottoporre all’attenzione di tutti gli addetti i programmi inerenti corsi di formazione e informazione per le varie parti coinvolte.

Naturalmente nel corso della riunione si può anche discutere di norme di comportamento da adottare per migliorare la sicurezza e di ulteriori misure che si vogliono intraprendere. Insomma la stessa ha l’obiettivo di fare il punto sulla situazione e può avere carattere propositivo.

Il verbale della Riunione sulla Sicurezza

Della Riunione sulla Sicurezza obbligatoria deve essere redatto un verbale scritto, lo stesso deve essere reso disponibile a tutti i partecipanti. Il verbale deve essere sottoscritto dal datore di lavoro RSPP, RLS e medico competente.

In caso di inadempimento, cioè se il datore di lavoro non dovesse convocare la riunione obbligatoria, sarà sottoposto a sanzioni amministrative di ammontare massimo 7.233,60 €. La sanzione si applica anche nel caso in cui la riunione si svolga, ma di essa non sia redatto il verbale.

Impresa familiare e sicurezza sul luogo di lavoro: deroghe al d.lgs 81

L’impresa familiare è una particolare modalità attraverso cui può essere esercitata l’attività di impresa ed è sottoposta a regole diverse rispetto a forme tradizionali. In questo caso ci concentreremo su impresa familiare e sicurezza sul luogo di lavoro, infatti non si applicano le stesse regole che abbiamo visto finora.

Cos’è l’impresa familiare

Il tessuto economico italiano è formato da molte realtà aziendali a conduzione familiare. Si tratta spesso di coniugi che decidono di avviare un’attività e che poi inseriscono nella stessa anche i figli o si fanno dare una mano dai genitori. In questi casi, al verificarsi di determinate condizioni, si può avere l’impresa familiare. Per avere la connotazione di impresa familiare è necessario che nella stessa si adoperino le persone della stretta cerchia familiare e che prestino il loro lavoro in modo continuativo.

In particolare in base all’articolo 230 bis del codice civile, l’impresa familiare è caratterizzata dalla collaborazione del coniuge, parenti entro il terzo grado (zii, nipoti, cioè di figli di sorelle o fratelli e figli dei propri figli, bisnipoti, fratelli e sorelle), affini entro il secondo grado (suoceri, cognati, nonni del coniuge). Per avere tale connotazione è altresì necessario che le parti non abbiano inteso dare un’altra connotazione al rapporto di lavoro.

Al verificarsi di tale circostanza molte norme del decreto legislativo 81 del 2008, cioè inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro, non trovano applicazione e adesso andremo a vedere quali.

Deroghe alla disciplina sulla sicurezza sul luogo di lavoro nell’impresa familiare

La disciplina sulla sicurezza sul luogo di lavoro nell’impresa familiare è prevista dall’articolo 21 del decreto legislativo 81. Per chi sceglie di attuare questa forma di organizzazione dell’attività imprenditoriale gli obblighi inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro sono molto attenuati. Restano inalterati gli obblighi inerenti dispositivi di sicurezza individuale e collettiva, quindi è necessario che ogni componente abbia le giuste protezioni, ad esempio maschere, guanti, abbigliamento antinfortunistico, dispositivi antincendio. Permane l’obbligo di utilizzare le attrezzature in conformità alle disposizione del decreto legislativo. Infine, in caso di lavoro in appalto o subappalto è necessario avere il tesserino di identificazione.

Facoltà in materia di sicurezza

Vi sono poi degli obblighi previsti nel decreto legislativo 81 del 2008 che si tramutano per le imprese familiari in facoltà. Abbiamo visto in precedenza che il datore di lavoro in alcuni casi è tenuto a predisporre il servizio di sorveglianza sanitaria e ciò avviene nei casi in cui le mansioni siano caratterizzate da un particolare pericolosità. Per le imprese familiari tale obbligo si trasforma in facoltà. Nel momento in cui cade l’obbligo di organizzare il servizio di sorveglianza sanitaria viene meno anche quello di nominare il medico competente.

Vuoi sapere in quali casi deve essere attivato il servizio di sorveglianza sanitaria? Leggi l’articolo: la sorveglianza sanitaria obbligatoria per la sicurezza sul luogo di lavoro.

Si trasforma in facoltà anche l’obbligo previsto dall’articolo 37 del d.lgs 81 del 2008 inerente la partecipazione a corsi di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

Impresa familiare e sicurezza sul luogo di lavoro: quali obblighi cadono?

Vediamo adesso quali obblighi generalmente previsti per le aziende cadono nel caso in cui l’attività sia organizzata in forma di impresa.

Per le imprese familiari non vi è l’obbligo di:

Particolare attenzione deve invece essere posta al DVR (Documento valutazione Rischi), infatti non vi è l’obbligo di redigerlo, ma resta l’obbligo di avere il POS (Piano Operativo di Sicurezza). Tale documento può essere considerato una forma semplificata del primo documento. Nella redazione si può sorvolare tutta la parte inerente le nomine dei vari responsabili, medici. Devono comunque essere indicati i rischi inerenti le varie mansioni e le misure di prevenzione e protezione che sono state adottate e che si intendono adottare.

Per conoscere meglio il Documento di Valutazione dei Rischi, leggi la guida: Aziende: come redigere il Documento di Valutazione dei Rischi

Deve essere chiarito che le norme che ora abbiamo visto sono riservate esclusivamente alle imprese familiari. Vengono meno nel momento in cui c’è almeno un dipendente, in questo caso si applicano le norme generali ampiamente trattate negli altri articoli. Inoltre, se uno dei soggetti che abbiamo visto, ad esempio il suocero, lavora presso l’impresa con un contratto di lavoro subordinato, vengono meno le norme viste sull’impresa familiare.

Aziende: come redigere il Documento di Valutazione dei Rischi

Il DVR o Documento Valutazione Rischi, è previsto dal decreto legislativo 81 del 2008 ed è obbligatorio in tutte le aziende che abbiano almeno un dipendente o comunque un addetto ulteriore rispetto all’imprenditore, anche se trattasi di un socio. Il DVR deve essere conservato in azienda. L’unica eccezione prevista riguarda le imprese familiari che invece sono sottoposte alla disciplina  del codice civile.

Chi redige il Documento di Valutazione Rischi

L’articolo 17 del decreto legislativo 81 del 2008 stabilisce che la redazione del Documento di Valutazione Rischi spetta al datore di lavoro e si tratta di un’attività che questi non può delegare ad altri soggetti, anche se è tenuto a sentire il medico competente, in tutti i casi in cui esso deve essere nominato, del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del RLS, Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza. Ricordiamo che in alcuni casi il ruolo di RSPP può essere svolto dallo stesso datore di lavoro. Il datore di lavoro per la redazione del DVR può però consultare un tecnico specializzato nel campo della sicurezza sul luogo di lavoro.

Il DVR una volta redatto, deve essere consegnato anche al RSPP e al RLS per conoscenza.

L’obiettivo del Documento di Valutazione Rischi è individuare i potenziali rischi per la salute e l’incolumità delle persone che possono derivare dall’attività svolta in azienda e indicare le misure idonee a prevenire e ridurre i rischi stessi. Infatti in seguito alla redazione del documento devono essere predisposte le misure di sicurezza volte a prevenire il rischio stesso.

Come procedere alla redazione del DVR

La redazione del Documento di Valutazione Rischi deve seguire delle direttive molto precise, infatti non deve trattarsi di un testo generico, ma di un testato specifico.

In primo luogo si parte da un’anagrafica dell’azienda in cui deve essere indicato anche l’organigramma coinvolto nella gestione della sicurezza e quindi medico competente, RSPP, RLS, dirigenti e preposti.

Una parte molto rilevante è la descrizione del luogo di lavoro e delle strumentazioni adottate tra cui tipologie di impianti, materiali utilizzati, rischio chimico e tutto ciò che può generare un potenziale rischio.

Il secondo passo è identificare le mansioni che sono svolte in azienda e in relazione ad ognuna di essa devono essere individuati anche i potenziali rischi a cui gli addetti sono esposti. Ad esempio il rischio chimico, rischio inalazione sostanze, vibrazioni, rumori, campi elettromagnetici (CEM), radiazioni ottiche artificiali (ROA), rischi connessi alla Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC), rischi derivanti dall’esposizione a video terminali (VDT) e tutti gli altri rischi presenti in azienda.

Per una maggiore praticità e chiarezza, i rischi dovrebbero essere elencati partendo da quello di maggiore rilevanza a quello che invece ha meno probabilità di avvenire e allo stesso tempo comporta minori disagi.

Misure di prevenzione per ridurre i rischi

Una volta delineati tutti i potenziali rischi, all’interno del DVR devono essere indicate anche tutte le misure di prevenzione adottate per evitare che gli stessi divengano reali e che possano esservi dei sinistri sul luogo di lavoro. Ad esempio devono essere indicati i corsi di formazione a cui si intendono sottoporre i vari dipendenti/addetti, la periodicità degli aggiornamenti, deve essere indicato il piano di visite da parte del medico competente e la cadenza delle visite.

Devono essere delineati i dispositivi di protezione collettivi e individuali che sono stati adottati e che si intendono adottare. Questa parte del documento dovrebbe essere speculare rispetto alla parte in cui sono individuati i rischi, ad esempio se vi sono rischi correlati all’uso di sostanze chimiche, devono essere indicate tutte le misure che si intendono adottare per limitare i danni, ad esempio mascherine di protezione per occhi, naso e gola, programmi di aerazione dei locali, protocolli di conservazione dei vari materiali.

Per una redazione facilitata del Documento di Valutazione dei Rischi, sono disponibili modelli standard, ma il loro uso non sempre è consigliabile, in quanto ogni azienda ha delle specificità che possono rendere i modelli standard poco efficienti. Gli stessi possono comunque essere presi come misura di riferimento.

I termini dell’adozione del Documento di Valutazione dei Rischi

Il DVR deve essere redatto entro 90 giorni dall’inizio di una nuova attività, ma non basta, infatti è necessario che lo stesso sia aggiornato. Il Documento di Valutazione dei Rischi non ha una scadenza, quindi potenzialmente è possibile redigerlo al momento dell’apertura dell’attività e può restare valido nel tempo fino alla chiusura della stessa. Nella realtà però nel tempo cambiano processi produttivi, vengono introdotte nuove strumentazioni e nuove macchine, cambia il modo di lavorare e di conseguenza è necessario aggiornare il DVR. La normativa stabilisce che l’aggiornamento deve essere effettuato ogni qual volta ci siano modifiche inerenti:

  • il processo produttivo ( ad esempio c’è un nuovo protocollo di lavoro);
  • l’acquisto di un nuovo macchinario che quindi può portare nuove rischi in azienda;
  • l’aggiornamento deve esserre disposto nel caso in cui in azienda vengano affidate nuove mansioni che comportino nuovi o diversi rischi;
  • nuova organizzazione del lavoro (ad esempio viene introdotto il turno notturno che ha rischi specifici);
  • infine, il DVR deve essere aggiornato quando ci sono scadenze specifiche, ad esempio per i rischi specifici come rumore e vibrazioni.

Sanzioni per la mancata adozione/aggiornamento

Il DVR oltre ad essere consegnato, come visto prima, al medico competente, RSPP e RLS deve essere sempre disponibile in sede e a richiesta fatto ispezionare dal personale di ASL, INPS, INAIL o Vigili del Fuoco .

La mancata adozione del DVR espone il datore di lavoro al rischio di sanzioni, in particolare è prevista un’ammenda da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 15.000 euro, pena detentiva fino a 8 mesi. In caso di reiterazione del comportamento, quindi nel caso in cui in seguito a una prima sanzione non sia disposto il DVR o il suo aggiornamento nel caso in cui lo stesso sia richiesto, sarà possibile attuare la sospensione dell’attività di impresa.

Per conoscere l’impianto generale del sistema di sicurezza sul luogo di lavoro, leggi la guida: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

Sicurezza sul luogo di lavoro: la figura del medico competente

Ogni anno in Italia ci sono migliaia di infortuni sul luogo di lavoro e purtroppo alcuni sono mortali. Questo avviene nonostante sia previsto un quadro normativo complesso che prevede diverse tutele per i lavoratori e sistemi per rendere i luoghi di lavoro più sicuri. L’atto normativo principale è il decreto legislativo 81 del 2008 che prevede che le aziende debbano nominare un medico competente, ma di chi si tratta e quali sono le sue funzioni?

Quando è necessario nominare il medico competente

La prima cosa da dire è che non tutte le aziende hanno l’obbligo di nominare un medico competente, hanno tale obbligo le aziende che devono organizzare il servizio di sorveglianza, cioè quelle in cui è esposto a rischi come quelli:

  • inerenti l’emissione di rumori;
  • chimico;
  • vibrazioni (ad esempio nel caso in cui in azienda ci sia un costante uso del martello pneumatico);
  • rischio derivante dalla movimentazione manuale dei carichi;
  • il servizio di sorveglianza deve inoltre essere attivato per i luoghi di lavoro in cui gli addetti sono esposti per oltre 20 ore a settimane a videoterminali;
  • in presenza di lavoratori che svolgono lavori notturni;
  • rischio dovuto all’esposizione all’amianto e altri elementi dannosi.

Chi è il medico competente

In tutti i casi visti, oltre al servizio di sorveglianza deve essere nominato il medico competente, si tratta di un professionista sanitario, i requisiti specifici sono indicati nell’articolo 38 del decreto legislativo 81 del 2008, lo stesso indica i titoli che deve possedere, non è necessario che li abbia tutti, basta averne uno, si tratta di titoli specifici per la medicina del lavoro in particolare deve aver conseguito:

  • aver conseguito un titolo specialistico in medicina del lavoro o in medicina preventiva e psicotecnica, medicina legale, igiene;
  • essere docenti in medicina del lavoro, medicina preventiva, tossicologia industriale, igiene industriale;

In alternativa è possibile conferire tale ruolo a medici che prima dell’entrata in vigore del decreto avessero già prestato opera come medici del lavoro per almeno 4 anni, per accedere a tale possibilità l’articolo stesso prevede che deve essere presentata domanda entro 180 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento stesso all’assessorato regionale alla sanità territorialmente competente.

Per poter esercitare il ruolo visto, è comunque previsto che i medici seguano specifici percorsi formativi in ambito universitario, i medici che hanno tali requisiti possono quindi richiedere l’iscrizione presso gli elenchi tenuti dal Ministero della Salute.

La tutela della salute dei lavoratori e compiti del medico

Ora che abbiamo delineato quando è necessario per l’azienda avere questo professionista e quali sono i requisiti richiesti per poter svolgere tale funzione, si passa a capire quali sono i compiti che deve svolgere inerenti la sicurezza sul luogo di lavoro e le misure di prevenzione e protezione.

Naturalmente il primo ruolo di un medico è capire se le condizioni di salute del lavoratore sono compatibili con le mansioni che deve svolgere, proprio per questo è previsto che il medico competente debba visitare i lavoratori prima dell’assunzione e successivamente con periodicità annuale tenendo in considerazione non i rischi generici, ma i rischi specifici di quella determinata mansione. Inoltre i controlli devono essere eseguiti nel caso in cui il dipendente sia assegnato a mansioni diverse rispetto al passato e nel caso in cui il dipendente sia stato assente dal lavoro per più di 60 giorni e, infine, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro.

I controlli devono essere diretti a valutare se il lavoratore è idoneo alle mansioni, non idoneo alle stesse oppure se è idoneo ma vi sono limitazioni specifiche per alcune mansioni. Il giudizio di idoneità o di non idoneità comunque può essere oggetto di revisione.

Compiti del medico competente ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 81 del 2008

Quelle ora viste non sono però le uniche mansioni a cui è addetto il medico competente, infatti l’articolo 25 del decreto legislativo 81 del 2008 individua tutta una serie di compiti che non riguardano i singoli lavoratori, ma sono riferiti all’ambiente di lavoro e i rischi ad esso connessi. L’articolo 25 stabilisce che il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il RSPP al fine di elaborare misure di prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro e la loro predisposizione, collabora alla organizzazione del servizio di primo soccorso e alla formazione dei dipendenti sulla gestione della sicurezza e del soccorso sul luogo di lavoro. In funzione dei rischi specifici, il medico competente elabora anche il sistema di sorveglianza sanitaria.

Per ogni lavoratore è tenuto a redigere e custodire una cartella sanitaria, nel caso in cui l’azienda abbia più di 15 dipendenti il medico deve concordare con il datore di lavoro un luogo per la custodia delle cartelle. Naturalmente è tenuto al segreto professionale anche perché i dati che detiene possono essere classificati come sensibili e super sensibili. In base alla lettera F dell’articolo 25, nei casi previsti dalla legge invia telematicamente all’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) abolito nel 2010 con decreto legge 78 del 2010 e le cui funzioni sono oggi dell’INAIL, le cartelle sanitarie e di rischio inerenti i lavoratori.

Comunicazioni del medico competente

Il medico competente deve informare i lavoratori sui rischi inerenti il rapporto di lavoro, nel caso di esposizione ad agenti che possono avere un effetto a lungo termine deve anche indicare ai lavoratori i controlli medici da eseguire periodicamente e anche alla cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso in cui dalle visite emerga una particolare condizione di rischio o patologica deve darne informazione al lavoratore, inoltre su richiesta deve fornirgli una copia della cartella sanitaria.

Il medico competente deve anche consegnare al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, in forma anonima collettiva, i dati aggregati inerenti la condizione “globale” di salute dei lavoratori, in questo modo è possibile porre in essere misure collettive, ad esempio se dalle visite periodiche dovesse emergere che molti addetti a una determinata unità produttiva o mansione, hanno particolari problemi respiratori, deve darne indicazione al RSPP che dovrà tenerne conto, insieme al datore di lavoro, nella redazione del DVR e nella predisposizione di misure di prevenzione. Tale comunicazione deve avvenire per iscritto e deve avere come destinatari anche il datore di lavoro e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Infine il medico competente deve visitare almeno una volta l’anno i luoghi di lavoro per verificare che siano a norma.

Per conoscere le linee generali sulla predisposizione dei sistemi di sicurezza sui luoghi di lavoro, leggi l’articolo: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

Sicurezza sul luogo di lavoro e la figura del RSPP: requisiti e funzioni

La sicurezza sul luogo di lavoro dovrebbe essere uno di quei pilastri su cui non dovrebbero mai esserci dubbi e titubanze, purtroppo l’Italia su questo tema non sembra essere molto sensibile, infatti pur avendo una legislazione puntuale, non diminuiscono gli incidenti sul lavoro, anzi gli stessi diventano sempre più gravi al punto che si parla frequentemente di morti sul lavoro. Tra le figure previste dal nostro sistema di prevenzione di infortuni c’è  il RSPP, Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione.

Chi è il RSPP

I dati sulla sicurezza sul lavoro in Italia sono allarmanti, dalle statistiche emerge che in 14 anni ci sono stati 15.000 morti sul lavoro, in media oltre 1.000 morti l’anno, e 10 milioni di infortuni, proprio per questo si sta pensando di potenziare il sistema per la prevenzione dei rischi e soprattutto si auspicano maggiori controlli sui sistemi di sicurezza adottati dalle imprese.

Naturalmente la sicurezza costa soprattutto per le Piccole e Medie Imprese che fanno fatica a investire, proprio per questo ogni anno viene proposto il bando ISI INAIL che concede aiuti alle aziende che propongono piani per migliorare la sicurezza.

Se vuoi conoscere come funziona il bando ISI INAIL, leggi l’articolo: Bando ISI INAIL: fissato il click day

Per le imprese ulteriori vantaggi possono arrivare anche con le agevolazioni previste dalla Nuova legge Sabatini che consente di acquistare nuovi macchinari che naturalmente aumentano la sicurezza. Nell’attuale sistema volto a prevenire infortuni, un ruolo centrale è svolto dal RSPP che si inserisce nell’attuale sistema di prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro. Tale figura è prevista dal decreto legislativo 81 del 2008 e il suo ruolo è coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Viene nominato dal datore di lavoro che può scegliere tra un dipendente che abbia i requisiti previsti dall’articolo 32 del decreto, oppure può conferire l’incarico a un soggetto terzo, che naturalmente abbia i requisiti, infine, in alcuni casi e vedremo quali, il datore di lavoro può assumere tale ruolo.

Requisiti previsti dall’articolo 32 del decreto legislativo 81

La funzione di RSPP può essere conferita a soggetti che abbiano un diploma di scuola secondaria superiore, devono inoltre frequentare dei corsi specifici in materia di prevenzione e protezione dai rischi sul luogo di lavoro. Al termine del corso devono superare una verifica, inoltre è necessario seguire costantemente corsi di aggiornamento. Il corso di formazione è diviso in moduli, c’è un modulo base uguali per tutti i settori, c’è poi un modulo specifico il cui contenuto è strettamente correlato alla tipologia di attività svolta nelle varie aziende, quindi un RSPP che deve occuparsi del settore zootecnico avrà una formazione specifica sui rischi che sono connessi a tale attività, lo stesso vale per chi è impegnato nel settore metallurgico o chimico.

In base al comma 3 dell’articolo in oggetto possono svolgere il ruolo di RSPP anche i lavoratori che pur non essendo in possesso di un diploma di scuola secondaria abbiano svolto per almeno 6 mesi alla data del 13 agosto 2003 le funzioni di RSPP e abbiano svolto i corsi visti in precedenza.

In alcuni casi è possibile ricoprire il ruolo di RSPP pur senza aver seguito il corso di formazione, occorre però avere una laurea che ricada nelle classi di laurea indicate nel comma 4, cioè L07, 08, 09, 17, 23. Si tratta di lauree in ingegneria civile, architettura, materie scientifiche o tecnologiche.

Quando il datore di lavoro può assumere il ruolo di RSPP?

Si è detto in precedenza che ci sono dei casi in cui il datore di lavoro può assumere il ruolo di RSPP, questi però sono strettamente correlati alla dimensione aziendale e alla tipologia.

In particolare è previsto che il datore di lavoro possa assumere tale ruolo:

  • nelle aziende artigiane e industriali se il numero dei dipendenti non supera le 30 unità;
  • imprese impegnate in agricoltura e zootecnia che non superano le 30 unità;
  • pesca con impiegati fino a 20 lavoratori;
  • altre aziende fino a 200 lavoratori.

Il ruolo del Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione RSPP

Il ruolo di questa figura è molto importante, infatti è suo compito individuare i fattori di rischio presenti in azienda, valutarne la potenzialità e di conseguenza individuare le misure al fine di mantenere la salubrità dell’ambiente di lavoro. Tale compito deve essere svolto tenendo in considerazione la normativa vigente e le peculiarità del lavoro svolto. L’articolo 33 del decreto 81 stabilisce anche che spetta al RSPP proporre dei programmi di formazione e informazione per i lavoratori, gli stessi mirano a fornire ai dipendenti la conoscenza dei rischi connessi alle loro mansioni e allo stesso tempo prevenire i rischi e conoscere come comportarsi nel caso in cui si verifichino degli eventi pericolosi. Ad esempio tra le attività che può proporre vi sono esercitazioni per la corretta evacuazione in caso di incendio o di altro evento strettamente correlato ai lavori che si svolgono all’interno dell’unità produttiva.

Il RSPP partecipa anche alle consultazioni in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, in particolare collabora con il datore di lavoro e con il medico competente al fine di realizzare il DVR, di cui si parlerà in una successiva guida.

Deve essere sottolineato che l’articolo 33 del decreto legislativo 81 del 2008 precisa al comma 2 lettera F che ci sono per il RSPP anche degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, infatti nella sua posizione, più di altri lavoratori, può venire a conoscenza di particolari tecniche di produzione e processi organizzativi che fanno parte del Know How aziendale e che di conseguenza devono essere protetti dalla concorrenza, il decreto quindi stabilisce che il Responsabile deve tenere il segreto sulle informazioni di cui viene a conoscenza.

Ultime informazioni

Si è visto che il ruolo del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione è molto delicato in quanto si tratta di una figura che fa da collante, spesso, tra lavoratori e datore di lavoro. Nel suo ruolo può essere affiancato dall’ASPP (Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione).

Occorre infine ricordare che la mancata nomina di un RSPP da parte dell’azienda costituisce un reato e comporta per il datore di lavoro una saznione penale che varia da 2.740,00 a 7.014,40 euro (articolo 55 decreto 81 del 2008).

Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

Nel tempo si è data sempre maggiore importanza alla sicurezza sui luoghi di lavoro, sebbene al quadro normativo non sempre sia corrisposto un reale aumento di essa, infatti ancora oggi si sente spesso parlare di morti sul lavoro o infortuni. In linea generale si può dire che il responsabile per la predisposizione di misure di prevenzione e protezione è l’azienda, o semplicemente  il datore di lavoro, ma vedremo nel prosieguo che si tratta in realtà di una responsabilità condivisa con più soggetti che insieme devono cooperare.

Disciplina su misure di prevenzione e protezione

La prima importante normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro è la legge 626 del 1994 che è stata poi abrogata dal decreto legislativo 81 del 2008 che è denominato proprio “Testo Unico sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro”, a sua volta integrato dal decreto legislativo 106 del 2009.

La normativa sulle misure di prevenzione e protezione per la sicurezza sui luoghi di lavoro è abbastanza complessa perché molto dipende dalla tipologia delle prestazioni poste in essere dalle aziende, dalla strumentazione utilizzata che può essere più o meno pericolosa e dal numero di dipendenti presenti in azienda. In questa sede ci si occuperà delle linee generali, riservandoci in seguito di entrare nel dettaglio per quanto riguarda le responsabilità, gli obblighi e i doveri dei diversi attori, tra questi ci sono anche i lavoratori, che non sono esenti da doveri al fine di rendere l’ambiente di lavoro sicuro.

Occorre ricordare che spesso il Ministero per le Attività Produttive e del Lavoro mettono a disposizione risorse rivolte soprattutto a Piccole e Medie Imprese, che hanno maggiori difficoltà economiche ad affrontare i costi relativi a misure di prevenzione e protezione sul lavoro, delle risorse specifiche, si può trovare un esempio nel bando ISI INAIL, clicca per avere Maggiori Informazioni.

Il Documento di Valutazione dei Rischi

Il primo obbligo del datore di lavoro è quello di predisporre il Documento di Valutazione dei Rischi, anche chiamato semplicemente DVR, questo è obbligatorio in tutte le aziende che abbiano almeno un dipendente e deve essere naturalmente reso disponibile ai dipendenti, ma anche consegnato a richiesta in caso di controlli e ispezioni. Tra i soggetti che sono obbligati a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi vi sono anche gli istituti scolastici, in questo caso l’obbligo ricade sul dirigente scolastico.

Si tratta di un atto essenziale e obbligatorio che deve tenere in considerazione diversi elementi, quindi la tipologia di lavoro che viene svolta in azienda, le mansioni e i rischi specifici legati ad esse, lo stress psicologico a cui può andare incontro il lavoratore, i rischi connessi all’uso di determinati materiali, ad esempio elementi chimici, i rischi relativi all’uso di strumentazioni particolari. Oltre a delineare i rischi deve anche individuare tutti gli accorgimenti ed eventuali dispositivi da utilizzare per ridurre il rischio stesso e quindi per prevenire infortuni e patologie legate al mondo del lavoro.

Chi redige il DVR

Tale relazione oltre a indicare i rischi, deve indicare anche i criteri adottati per ridurli o eliminarli. Può essere redatta dal datore di lavoro in collaborazione con altri soggetti, come:

  • medico competente (articolo 18 d.lgs 81 del 2008 prevede obbligo di nominare un medico competente in tutte le aziende in cui si svolgono mansioni che possono portare malattie professionali o in cui vi è un elevato rischio di sinistri), le sue mansioni sono previste nell’articolo 25 che approfondiremo in seguito;
  • Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, RSPP (ruolo che in alcuni casi può essere ricoperto dal datore di lavoro, a determinate condizioni) e che prevede una formazione specifica che resta un costo a carico del datore di lavoro anche se tale ruolo è svolto da persone diverse rispetto al datore stesso;
  • Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza RLS (figura scelta dai lavoratori).

Dispositivi di sicurezza individuali e collettivi

Tra gli obblighi del datore di lavoro vi è anche quello di organizzare il lavoro in modo che i rischi siano ridotti e in questo caso si distingue tra Dispositivi per la Protezione Individuale  (DPI) e Dispositivi per la Protezione Collettiva (DPC), ad esempio in un locale in cui il rischio incendio è elevato devono essere predisposti tutti i mezzi adatti a ridurre i rischi, come la presenza di estintori, la loro accessibilità e la corretta manutenzione degli stessi. Le impalcature in sicurezza in edilizia sono a loro volta DPC.

 Negli esempi fatti si tratta di dispositivi di sicurezza collettiva, ma l’azienda (datore di lavoro) è obbligata anche a fornire ai lavoratori Dispositivi di Protezione Individuale, gli stessi devono essere conformi alle normative CE e devono essere scelti tenendo in considerazione le mansioni da svolgere, ad esempio caschi per chi lavora in altezza, guanti, scarpe antinfortunistiche, ma anche maschere di protezione con filtri di varia natura in base al tipo di materiale che viene utilizzato. Ad esempio ci sono normative specifiche per coloro che lavorano in ambito farmaceutico o per coloro che sono addetti al recupero e allo smaltimento dell’amianto.

Obbligo di formazione su misure di prevenzione e protezione

Tra gli obblighi del datore di lavoro vi è quello di dare informazioni ai lavoratori sulla corretta gestione della sicurezza sul luogo di lavoro e in caso di necessità predisporre corsi di formazione il cui costo è a carico dell’azienda.  Ad esempio deve fornire informazioni sulle corrette procedure di evacuazione in caso di incendio in azienda, oppure deve illustrare come funzionano i macchinari, come deve essere eseguita la manutenzione ordinaria degli stessi a termine del ciclo di lavoro. Tali informazioni devono essere fornite facendo in modo che siano perfettamente comprensibili a tutti i lavoratori, compresi gli stranieri.

Un’ultima nota deve essere fatta con riguardo al Covid 19, infatti l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) ha predisposto per le aziende un documento tecnico per le aziende volto a contenere il rischio di contagio da Covid 19, si tratta di una serie di misure suppletive dirette alle aziende che hanno continuato a essere operative durante il periodo di emergenza e che prevede una serie di indicazioni per valutare il rischio Covid in ambiente lavorativo e predisporre le misure adatte al contenimento del contagio.