Non presento la dichiarazione dei redditi, quali sanzioni?

Entro il 30 novembre è possibile presentare la dichiarazione dei redditi con il modello Redditi Persone fisiche. Si tratta dell’ultimo termine utile per dichiarare i propri redditi ma cosa succede se non si presenta la dichiarazione dei redditi? Ecco le sanzioni previste.

Cos’è l’omessa peresentazione della dichiarazione dei redditi?

Si parla di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi quando la stessa la stessa non viene presentata entro 90 giorni dal termine ultimo per la presentazione. Se la dichiarazione viene presentata dopo il termine di scadenza, ma prima che siano trascorsi 90 giorni si parla invece di presentazione tardiva. Le conseguenze sono diverse perché ovviamente nel secondo caso vi è una minore gravità.

Leggi anche: Dichiarazione dei redditi: tutte le scadenze da ricordare

Cosa succede se non presento la dichiarazione dei redditi?

In caso di omessa presentazione di dichiarazione dei redditi le conseguenze possono essere molteplici.

Il primo caso è quello in cui non viene presentata la dichiarazione, ma comunque il saldo dell’imposta Irpef da versare è pari a zero. Al verificarsi di questa ipotesi viene applicata la sanzione prevista nel primo comma dell’articolo 1 del decreto legislativo numero 471/1997 , cioè una multa di importo variabile tra 250 e 1000 euro. La sanzione è ridotta a un importo tra 150 euro e 500 euro se il contribuente provvede a presentare la dichiarazione entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione per il periodo di imposta successivo.

Tali sanzioni sono raddoppiate quando il soggetto passivo è obbligato per legge alla tenuta delle scritture contabili (titolari di partita Iva, esclusi i forfettari).

Omessa presentazione della dichiarazione in caso di imposta dovuta

Diverse sono le sanzioni applicate nel caso in cui dalla presentazione della dichiarazione omessa sarebbe derivato l’obbligo di versare l’Irpef. In questo caso trova applicazione la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250.

Se la dichiarazione viene presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione per l’anno di imposta successivo, senza che siano prima iniziate attività di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, le sanzioni sono ridotte a un importo compreso tra il 60% e il 120% dell’imposta dovuta. In nessun caso la sanzione può avere importo inferiore a 200 euro.

Non presento la dichiarazione dei redditi, è reato?

Le pene aumentano quando le imposte non versate in seguito a mancata presentazione della dichiarazione dei redditi sono superiori a 50.000 euro. In questo caso scatta l’ipotesi di reato penale punito con la reclusione da due a cinque anni. Stessa pena per chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro 50.000.

Leggi anche: Dichiarazione dei redditi, guida 2024. Novità, scadenza e come fare

Rottamazione quater, cosa succede se non si paga la prima rata

Il 31 ottobre 2023 è scaduto il termine del pagamento della prima rata, o unica rata, della rottamazione quater. Per effetto della tolleranza prevista di 5 giorni, è possibile effettuare il pagamento entro il 6 novembre senza conseguenze, ma cosa succede nel caso in cui non si dovesse rispettare neanche tale termine?

La decadenza dalla rottamazione quater per il mancato pagamento della rata

La rottamazione quater è una misura di pace fiscale introdotta dalla legge di bilancio 2023, prevede la possibilità di sanare la propria posizione con il Fisco versando gli importi dovuti indicati nella cartella di pagamento, ma senza sanzioni e interessi.

Nel caso in cui non sia rispettato il piano dei pagamenti vi è la decadenza. Cosa vuol dire?

La decadenza dalla rottamazione quater porta di nuovo a vita la vecchia cartella esattoriale. Questo implica che il contribuente dovrà versare gli importi originari comprensivi di sanzioni e interessi. Non solo, l’agente di riscossione potrà ricominciare le procedure di riscossione coattiva che possono prevedere diverse possibilità, come il pignoramento del conto corrente.

Leggi anche: Pignoramenti conti correnti, ecco gli intoccabili

La decadenza si verifica anche nel caso in cui non ci sia l’omesso versamento, ma il versamento parziale o insufficiente.

Per chi ha già effettuato il primo pagamento, si ricorda che la seconda rata è in scadenza al 30 novembre, anche in questo caso si applica la tolleranza di 5 giorni e di conseguenza si potrà effettuare il versamento entro il 5 dicembre senza il rischio di decadenza. Le rate successive sono 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

In caso di decadenza dalla rottamazione quater perdo gli importi già pagati?

Cosa succede se ho pagato la prima rata, ma non riesco a terminare il piano dei pagamenti? Questo è il quesito che si pongono molti contribuenti che temono di perdere anche quanto già versato, con la prima rata o con le altre rate eventualmente pagate.

La soluzione a questo dilemma è data dall’articolo 1 comma 244 della legge 197 del 2022 ( legge di bilancio 2023) che stabilisce: relativamente ai debiti per i quali la definizione non ha prodotto effetti, i versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico e non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero.”

Ciò implica che le somme eventualmente già versate non sono perse.

Leggi anche: Rottamazione quater, avvisi inviati, attivati i servizi ContiTu e la domiciliazione

Parcheggiare nel condominio è reato, ecco cosa si rischia

Quante volte è capitato di arrivare nel parcheggio del proprio condominio e accorgersi che il proprio posto auto è stato occupato? E allora tocca fare il giro del quartiere alla ricerca di un posto temporaneo fino a quando non si libera il proprio. Il fatto diventa ancora più fastidioso se la sosta è molto lunga, ma ora c’è una novità, infatti la Corte di Cassazione in una recente sentenza ha stabilito che parcheggiare nel cortile del condominio è reato, anzi chi lo fa commette due reati. Vediamo cosa si rischia parcheggiando nelle aree condominiali.

Violazione di domicilio se si parcheggia nell’area di sosta del condominio

La sentenza 31700, del 20 luglio 2023 della Sezione Penale della Corte di Cassazione può essere considerata storica, infatti stabilisce che chi parcheggia senza autorizzazione nel cortile condominiale può essere denunciato per due reati: violazione di domicilio e invasione di edifici.

Nel caso in oggetto un professionista, pur avendo ricevuto la revoca dell’autorizzazione a parcheggiare da parte dell’amministratore di condominio, aveva continuato a sostare con l’auto o la moto dell’area condominiale.

La Corte di Cassazione ha sottolineato che l’articolo 614 del codice penale stabilisce che il cortile rientra nella nozione di “appartenenza” dell’abitazione e chiunque vi sosta contro la volontà di coloro che hanno il diritto di escludere qualcuno da tale beneficio, commette reato di violazione di domicilio.

Inoltre, ha sottolineato che vi è violazione dell’articolo 633 del codice penale che prevede il reato di invasione di terreni o edifici, prevede infatti “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.

Nel caso in oggetto le parti avevano allegato foto della sosta e la delibera dell’assemblea che escludeva il diritto per il professionista, che aveva un contratto di locazione del solo studio, all’utilizzo dell’area di sosta pertinenziale all’edificio.

La sentenza va quindi a tutelare i condomini proteggendo il loro diritto ad escludere altri soggetti dall’uso degli spazi comuni.

Leggi anche: B&B in condominio, occorre un’assemblea che lo autorizzi?

Giardino in condominio, si può creare un orto senza alcun permesso?

Tabaccai, torna l’obbligo di accettare pagamenti con Pos

Cambiano di nuovo le regole per i Tabaccai, l’Agenzia Dogane e Monopoli ha infatti ripristinato l’obbligo di accettare i pagamenti con carta per acquisto di sigarette, marche da bollo e francobolli.

Tabaccai, obbligo del Pos anche per i micro-pagamenti. Sono cambiate le condizioni del mercato

Nello scorso mese di ottobre era stata pubblicata la determinazione dell’Agenzia Dogane e Monopoli con la quale veniva consentito ai Tabaccai di non accettare i pagamenti con carta per sigarette, marche da bollo e francobolli.

Sottolinea l’Agenzia che la precedente determinazione nasceva dall’esigenza di tenere in considerazione che i costi delle commissioni erano elevati e quindi per la categoria dei Tabaccai l’obbligo di accettare i pagamenti con la carta anche per piccoli importi poteva costituire una effettiva perdita. Nel frattempo le condizioni sono però cambiate, sottolinea l’Agenzia che si applicano sempre più spesso tariffe flat per le commissioni, inoltre vi è un’aumentata diffusione dei pagamenti elettronici e di conseguenza non si può impedire il pagamento con tali strumenti per talune categorie di beni.

Contenuto della nuova determinazione

La determinazione prevede 355282 del 26 giugno 2023:

La Determinazione direttoriale prot. n. 487172/RU del 25 ottobre 2022 è revocata a decorrere dalla data di pubblicazione del presente provvedimento.

Rientrando in vigore l’obbligo di accettare i pagamenti con Pos riprendono vita anche le sanzioni prima applicate. Di conseguenza, nel caso in cui il tabaccaio dovesse rifiutare il pagamento elettronico, l’esercente potrà avere una sanzione di 30 euro in misura fissa a cui si aggiunge il 4% dell’importo della transazione. Naturalmnete la sanzione scatta in caso di denuncia da parte dell’acquirente, infatti se lo stesso accetta di pagare in contanti e non solleva la questione, non vi può essere l’applicazione delal sanzione.

La nuova determinazione entra in vigore fin dal momento della pubblicazione.

Leggi anche: Pagamento con Pos: cade l’obbligo per i tabaccai per sigarette e valori

Bollo auto in scadenza, chi non deve pagarlo?

Il bollo auto, anche conosciuto come tassa di possesso, è un’imposta da versare annualmente da tutti i possessori di un veicolo a motore circolante su strada. I contribuenti non amano molto questa imposta proprio per questo cercano sempre qualche escamotage per evitare il pagamento oppure pagano in ritardo con applicazione di sanzioni. Per quest’anno ci sono però delle novità infatti alcuni possessori saranno esonerati dal versamento del bollo auto in scadenza. Ecco chi sono.

Bollo auto in scadenza, ecco chi può evitare di pagarlo, senza sanzioni

Viste le difficoltà che stanno affrontando cittadini e imprese colpite dall’alluvione in Emilia Romagna, la Giunta regionale ha concesso ai residenti la facoltà di pagare il bollo auto in ritardo senza sanzioni.

I nuovi termini sono per i bolli in scadenza al 30 aprile che dovevano essere pagati entro il 31 maggio, vi è proroga fino al 30 settembre 2023, ricordiamo però che tale giorno è festivo, di conseguenza la scadenza slitta al 2 ottobre 2023. Slitta al 30 settembre anche il pagamento previsto entro il 30 giugno 2023 per i bolli auto in scadenza al 31 maggio 2023.

Quali territori sono esonerati dal pagamento del bollo auto?

Purtroppo lo slittamento dei termini per il pagamento del bollo auto in scadenza senza sanzioni non interessa tutti, ma sono le zone colpite dall’alluvione recente. La misura interessa le province di Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini in quanto territori colpiti dalle piogge anomale a partire dal 1° maggio 2023.

Ricordiamo che il bollo auto è tassa regionale, per questo la decisione di far slittare i termini è stata adottata dalla Giunta regionale, mentre le sospensioni di altre imposte sono state adottate a livello nazionale. Le altre misure di sostegno sono state adottate dal Governo con il decreto del 23 maggio e prevedono anche la sospensione dei pagamenti delle fatture energetiche, mutui e contributi per le imprese.

Leggi anche: Riforma fiscale, addio Tobin tax, Superbollo e aumento deducibilità fondo pensione

Agricoltura, come accedere al fondo Agricat per danni meteo

Dichiarazione redditi 2022 tardiva: fino al 28 febbraio è possibile sanare la mancata presentazione

Il termine regolare per la presentazione del modello Redditi 2022 era il 30 novembre 2022 ma per coloro che, pur essendo obbligati alla presentazione della dichiarazione, non hanno adempiuto vi è la possibilità di regolarizzare la posizione con la dichiarazione redditi 2022 tardiva entro il 28 febbraio 2023.

Dichiarazione redditi 2022 tardiva: conseguenze della omissione e regolarizzazione entro il 28 febbraio

In base all’articolo 13, comma 1, lettera c), Dlgs n. 472/1997 è possibile sanare la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi entro 90 giorni dal termine previsto per la presentazione. In base però a quanto stabilito nella circolare 42 del 2016 dell’Agenzia delle Entrate tale ravvedimento operoso non è senza conseguenze, infatti viene applicata una sanzione amministrativa di 250 euro (articolo 1, comma 1, del D.lgs. n. 471 del 1997 ).

Tale sanzione si applica nel caso in cui il soggetto obbligato alla presentazione comunque non ha un debito fiscale. In presenza di debito fiscale, oltre a questa, si applica anche la sanzione per omesso o carente versamento. A questa naturalmente si aggiungono le somme da versare in qualità di imposta e gli interessi di mora che dal 1° gennaio 2023 sono al 5%.

Come presentare la dichiarazione redditi 2022 tardiva

In base a quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate, la dichiarazione redditi 2022 tardiva può essere trasmessa entro il 28 febbraio 2023 in modalità telematica oppure attraverso l’intermediario. Nel caso in cui per il versamento debbano essere utilizzati crediti in compensazione o in caso di F24 a saldo zero, devono essere utilizzati i servizi “F24 web” o “F24 online” dell’Agenzia delle entrate, attraverso i canali telematici Fisconline o Entratel.

Negli altri casi il modello F24 può essere presentato anche con il proprio servizio di internet banking. La sanzione deve essere versata con il codice tributo 8911.

Nel caso in cui il contribuente non sani la propria posizione, è molto probabile l’avvio di controlli con successive sanzioni più pesanti.

Leggi anche: Detrazione spese universitarie 2023: i nuovi limiti

Ravvedimento speciale per la regolarizzazione degli errori sostanziali nelle dichiarazioni fiscali

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 2 del 2023 ha fatto il punto sulla possibilità per i contribuenti di provvedere al ravvedimento speciale per sanare irregolarità sostanziali nelle dichiarazioni e nella determinazione delle imposte da versare, tra cui quelle prodromiche, per le dichiarazioni regolarmente presentate nel 2021.

Ravvedimento speciale: cos’è?

Sappiamo che in questo periodo è in atto un importante processo di pace fiscale che consente di sanare tutte le irregolarità anche se in maniera diversificata in base all’anno di riferimento e agli importi. Tra le varie possibilità vi è appunto il ravvedimento speciale. Questo si perfeziona con il pagamento entro il 31 marzo 2023 di imposta, interessi e sanzione minima (ridotta a un diciottesimo) con rimozione delle irregolarità e omissioni in applicazione articolo 1, commi 174-178, legge 197/2022 cioè la legge di Bilancio 2023.

Violazioni per le quali è possibile provvedere al ravvedimento speciale

Si applica il ravvedimento speciale esclusivamente per i tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate, per violazioni riguardanti le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2021 validamente presentate. Per validamente presentata si intende presentate nei termini o al massimo entro 90 giorni dal termine prescritto e che in base all’articolo 2 comma 7 del DPR 322 del 1998 non si considerano omesse.

Si è detto in precedenza che possono essere sanate con il ravvedimento speciale le violazioni sostanziali all’interno della dichiarazione, inoltre possono essere sanati anche gli errori prodromici rispetto alla dichiarazione stessa. Ad esempio nel campo della dichiarazione Iva possono essere sanati errori relativi alla mancata fatturazione di una o più operazioni che hanno generato di conseguenza un risparmio di imposta. Occorre però sottolineare che gli “errori sostanziali” in atti prodromici devono essere sanati in modo autonomo.

Il ravvedimento speciale non è disponibile per tutti, infatti non può essere effettuato se prima della data del versamento c’è già stata la contestazione delle irregolarità sostanziali che si intendono sanare. Ricordiamo che il termine ultimo è il 31 marzo 2023 e che entro tale data è possibile richiedere la rateizzazione degli importi, ma la prima rata deve comunque essere versata entro tale data.

Gli atti che vanno a sospendere la possibilità di addivenire a ravvedimento speciale sono:

  • atti di accertamento, liquidazione, recupero delle somme, sanzioni;
  • rientrano tra gli atti che ostacolano la possibilità di ravvedimento speciale anche le comunicazioni inviate dall’amministrazione finanziaria in seguito a errori riscontrati in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni.

Infine, occorre ricordare che non rientrano nella possibilità di ravvedimento speciale le dichiarazioni che possono essere corrette con la regolarizzazione di violazioni di natura formale.

Vantaggi e procedura per il ravvedimento speciale

Il ravvedimento speciale rispetto al ravvedimento ordinario ha due vantaggi, cioè la possibilità di avere la riduzione delle sanzioni a un diciottesimo e la possibilità di ottenere la rateizzazione degli importi da versare.

In una successiva Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate si provvederà ad indicare i codici tributo da utilizzare per sanare le irregolarità. Questi codici tributo dovranno essere inseriti nel modello F24 utilizzato per effettuare il pagamento volto a sanare le irregolarità. L’Agenzia delle Entrate sottolinea che non essendo espressamente vietato dalle norme che regolano il ravvedimento speciale, si deve ritenere che è possibile utilizzare il modello F24 in compensazione, quindi gli importi dovuti in seguito a ravvedimento speciale potranno essere compensati con altri crediti vantati dal contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Occorre ricordare che chi decide di rateizzare gli importi, sulle rate in scadenza successivamente al 31 marzo 2023 dovrà versare gli interessi in misura del 2%. Il mancato pagamento o il ritardo anche in una sola rata comporta la decadenza del beneficio con iscrizione a ruolo delle somme.

Leggi anche:

Definizione agevolata anche per la dichiarazione Lipe. Precisazioni

Stralcio delle cartelle esattoriali: come sapere se il proprio Comune ha aderito?

Definizione agevolata anche per la dichiarazione Lipe. Precisazioni

La legge di Bilancio 2023 prevede la possibilità di definizione agevolata degli avvisi bonari, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti in corso di question time ha precisato che la tregua fiscale in questo caso trova applicazione anche per gli avvisi bonari inerenti la dichiarazione Lipe. Ecco i dettagli.

Cosa vuol dire che la definizione agevolata si applica anche alla dichiarazione Lipe?

La Lipe è la comunicazione della liquidazione periodica Iva che i titolari di partita Iva devono inviare all’Agenzia delle Entrate ogni 3 mesi. Gli avvisi bonari sono invece comunicazioni che l’Agenzia delle Entrate invia ai contribuenti nel caso in cui, in seguito a controllo automatizzato delle dichiarazioni, dovessero emergere degli errori formali. Ad esempio incongruenze tra la dichiarazione Lipe e quanto effettivamente versato al Fisco per l’Iva.

Con la legge di Bilancio 2023 si prevede che per le maggiori somme da versare al Fisco emerse in seguito a controllo automatizzato delle dichiarazioni relative al periodo di imposta 2019, 2020 e 2021 è possibile beneficiare di sanzioni ridotte dal 10% al 3% . La normativa specifica che sono dovute per intero le somme da versare a titolo di imposte, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive.

Erano sorti dubbi a molti contribuenti inerenti il fatto che potessero o meno rientrare nella definizione agevolata gli errori rilevati in seguito a controllo automatizzato per le comunicazioni trimestrali delle liquidazioni Iva. Proprio per questo è stato proposto il question time a cui il ministro Giorgetti ha risposto il 1° febbraio 2023.

Question Time del ministro Giorgetti: le comunicazioni Lipe rientrano nella definizione agevolata

Ha precisato il ministro Giorgetti che senza alcun bisogno di intervento normativo ulteriore, la definizione agevolata con riduzione delle sanzioni sarà applicata anche per le somme dovute in seguito al controllo automatizzato delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA, con pagamento rateale ancora in corso al 1° gennaio di quest’anno. Infatti, precisa il Ministro, il controllo eseguito su tali comunicazioni, ai sensi dell’articolo 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che gli esiti siano comunicati ai contribuenti con avvisi bonari proprio come per le altre dichiarazioni e di conseguenza trova immediata applicazione la normativa prevista per tutte le altre dichiarazioni.

Per le modalità volte ad ottenere la definizione agevolata, precisa il Ministro, è necessario seguire le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n°1 e pubblicata il 13 gennaio.

Leggi anche: Stralcio delle cartelle esattoriali: come sapere se il proprio Comune ha aderito?

Direttiva case green: ecco chi dovrà ristrutturare casa nei prossimi anni

I cambiamenti climatici sono diventati una vera emergenza e la prima causa è l’inquinamento. Secondo le stime dell’Unione Europea un terzo delle emissioni inquinanti deriva dagli immobili e il 75% degli edifici è poco efficiente. Proprio per questo è in arrivo la direttiva case green dell’Unione Europea che prevede diverse tappe entro le quali si dovrà arrivare alle emissioni zero. Ecco cosa prevede la normativa.

Case green: ristrutturazione entro il 2030 per il 60% degli edifici

La nuova direttiva dell’Unione Europea sulle case green dovrebbe essere approvata il 24 gennaio 2023 dalla Commissione Energia, in seguito dovrebbe essere l’approvazione definitiva del Parlamento nel mese di marzo 2023. In base alle bozze circolanti dovrebbe prevedere un’importante stretta sulle case inquinanti che dovranno essere man mano eliminate anche attraverso lavori volti all’efficientamento energetico.

La direttiva prevede diversi obiettivi, in primo luogo entro il 2030 tutti gli edifici dovranno essere almeno in classe energetica E, hanno tali caratteristiche edifici costruiti dagli anno 80-90 in poi. Oggi in Italia il 60% degli edifici è in realtà in una classe energetica inferiore rispetto alla E, di conseguenza sarà necessario effettuare degli interventi che possano riequilibrare. Proprio per questo motivo molti sottolineano che se la direttiva UE sulle case green dovesse essere confermata, saranno necessari molti interventi di ristrutturazione che possano prevedere un cappotto termico interno o esterno, la sostituzione dei vecchi infissi, l’installazione di pannelli fotovoltaici o comunque altri interventi in grado di migliorare le prestazioni energetiche.

Questo non è l’unico obiettivo, infatti entro il 2033 si dovrà invece arrivare a edifici tutti in categoria almeno D, il consiglio quindi è effettuare direttamente lavori che possano portare a tale classe energetica.

Sanzioni previste

In base al piano attualmente in approvazione entro il 2040 o 2050 sarà necessario arrivare ad emissioni zero, un obiettivo davvero molto importante e non semplice da realizzare. Naturalmente i nuovi edifici dovranno essere già costruiti con criteri green.

Dalla bozza della direttiva sono state eliminate le sanzioni inizialmente previste in caso di mancato adeguamento, tra cui l’impossibilità di concedere l’immobile in locazione o effettuare compravendite, ma questo non vuol dire che non saranno applicate, infatti spetterà agli Stati Membri curare l’esecuzione della direttiva anche attraverso delle sanzioni volte a “punire” i proprietari di immobili residenziali che non dovessero adeguarsi alla direttiva.

Occorre sottolineare che l’effetto immediato dell’entrata in vigore della direttiva green sugli edifici a uso residenziale sarà la riduzione del valore degli immobili che non rispettano i requisiti.

Immobili esonerati dall’obbligo

Sono esonerati dall’applicazione della disposizione:

  • gli immobili di interesse storico, nella versione iniziale della bozza non era prevista questa possibilità, ma questo avrebbe messo in difficoltà soprattutto l’Italia in quanto ha un parco di edifici storici ampio e quindi si presentava il rischio di deturpare il panorama o comunque rovinare siti di interesse storico archeologico con l’uso di pannelli fotovoltaici oppure con coibentazioni. Tale esenzione riguarderà soltanto gli edifici il cui interesse storico è stato dichiarato, cioè dove è presente un vincolo;
  • Saranno inoltre esentate chiese ed edifici di culto, in questo caso senza particolari limitazioni o requisiti;
  • potranno essere esentate le seconde case a patto che siano abitate per meno di 4 mesi l’anno, ad esempio la casa in montagna o al mare;
  • L’ultima esenzione spetta alle case indipendenti di dimensioni inferiori a 50 metri quadri.

Ricordiamo che, anche se in misura limitata, è possibile ancora sfruttare il Superbonus al 90% per il recupero di due classi energetiche.

Regolarizzare errori delle dichiarazioni senza sanzioni con legge di bilancio 2023

Al fine di fornire supporto alle imprese e ai contribuenti che sono ancora in affanno con le conseguenze dell’emergenza pandemica e del caro energia, con la bozza della manovra di bilancio 2023 si provvede a dettare una serie di norme volte ad agevolare i contribuenti che hanno commesso delle irregolarità nelle dichiarazioni e nei pagamenti. Si tratta di misure diverse rispetto allo stralcio delle cartelle previsto dall’articolo 46. Ecco le diverse opportunità per regolarizzare le dichiarazioni.

Regolarizzare errori materiali nelle dichiarazioni

La prima è prevista dall’articolo 38 della bozza della legge e trova applicazione per le maggiori imposte rilevate in seguito a controllo automatizzato di errori materiali nelle dichiarazioni dei redditi e Iva. Si può ottenere lo “sconto” delle sanzioni per le cartelle per le quali il termine di pagamento non sia ancora scaduto all’entrate in vigore della legge di bilancio 2023 e per quelle recapitate successivamente all’entrata in vigore. La posizione può essere sanata pagando:

  • l’imposta dovuta;
  • interessi e somme aggiuntive ( spese );
  • sanzione al 3%.

L’applicazione di questa agevolazione è limitata alle dichiarazioni inerenti i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2019, 31 dicembre 2020, 31 dicembre 2021.

Nel caso in cui per le imposte viste sia in corso un pagamento rateale la definizione agevolata può essere richiesta per le somme residue, le somme versate prima della definizione agevolata e acquisite dall’erario non sono rimborsabili. Per le rate rimanenti viene riconosciuta la possibilità di estendere il pagamento in un numero di rate maggiore, fino a 20.

Regolarizzare errori formali nelle dichiarazioni

L’articolo 39 permette la definizione agevolata per gli errori formali nelle dichiarazioni Irap, Iva e imposte sui redditi. Per poter essere regolarizzate deve trattarsi di errori che non vanno a incidere sulla determinazione della base imponibile. Rientrano nella definizione agevolata le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze commesse fino al 31 ottobre 2022, vi sono però limiti:

  • le violazioni non devono essere già state contestate e diventate definitive ( quindi deve trattarsi di una definizione volontaria);
  • la procedura non può essere utilizzata dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoni detenuti all’estero;
  • sono infine escluse dalla regolarizzazione gli atti di contestazione o irrogazione di sanzioni già oggetto di procedura di collaborazione volontaria.

Per regolarizzare la posizione prevede, oltre il pagamento dei tributi anche una somma pari a 200 euro per ogni periodo di imposta a cui si riferiscono le violazioni. Il pagamento può avvenire in due rate di uguale importo entro il 31 marzo 2023 e il 31 marzo 2024.

L’articolo 40 prevede invece la regolarizzazione di violazioni che non rientrano nei due casi precedenti relative a periodi di imposta fino al 31 dicembre 2021. In questo caso per la regolarizzazione è necessario versare 1/18 del minimo edittale previsto per la violazione posta in essere. A ciò si aggiungono gli interessi legali e l’imposta. Il pagamento può essere rateizzato per un numero massimo di rate di 8 e primo versamento entro il 31 marzo 2023. Le successive scadenze sono:

  • 30 giugno;
  • 30 settembre;
  • 20 dicembre;
  • 31 marzo di ciascun anno.

Al mancato rispetto delle scadenze consegue la decadenza dal beneficio.

In caso di liti tributarie pendenti è possibile regolarizzare attraverso la procedura specifica prevista sempre nella legge di bilacio 2023. Puoi leggere l’approfondimento all’articolo:

Liti tributarie pendenti nella legge di bilancio 2023: sconti per la chiusura