Cosa c’è nel Milleproroghe? Superbonus, smart working e pensioni

Mentre ancora si lavora alla legge di Bilancio 2024, continuano i lavori per il decreto milleproroghe, ancora non vi sono novità certe, ma dalle prime indiscrezioni si lavora a una proroga delle condizioni del Superbonus per i condomini.

Superbonus nel decreto Milleproroghe

Il punto su cui molti sono in attesa è quello del Superbonus, il ministero dell’Economia ha più volte ribadito che non vi sono coperture per una proroga del Superbonus condomini, neanche in caso di cantieri già aperti, per tutti i lavori del 2024 la detrazione dovrebbe scendere al 70%. Nonostante questo, si continua a parlare insistentemente di una proroga perché in caso contrario i cantieri a rischio sarebbero circa 10.000.

L’ipotesi allo studio è quello di un Sal straordinario al 31 dicembre, che certifichi la detrazione completa per i lavori realizzati fino a fine anno, sarebbe quindi una misura molto ridotta. Non c’è molto spazio di manovra d’altronde in quanto si stima una spesa per il 2023 di 50 miliardi di euro, quattro volte rispetto alle previsioni iniziali.

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Pensioni e smart working, i nodi da sciogliere

Tra le ipotesi che sbucano c’è anche un nuovo innalzamento dell’età della pensione per i medici che da 70 anni potrebbe passare a 72 anni. Un’altra possibile novità potrebbe arrivare con lo smart working, prorogato dal decreto Anticipi fino al 31 marzo 2024 ma solo nel settore privato, sia per i fragili che per i genitori di under14. Nessuna novità per lo smart working per il settore pubblico, la misura è infatti in scadenza il 31 dicembre e sembra difficile una proroga a causa delle scarse coperture.

Queste le principali novità che dovrebbero entrare nel decreto Milleproroghe, ma per la prossima settimana c’è anche un’altra novità abbastanza importante, infatti dovrebbero arrivare nuovi decreto delegati per la riforma fiscale e in questo caso tra le novità più attese vi è la riduzione degli scaglioni Irpef da 4 a 3.

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Milleproroghe: balneari, smart working, mutui giovani

Con 198 voti favorevoli, 128 contrari e 4 astenuti è stata approvata la legge di conversione del decreto Milleproroghe. Lo stesso è stato approvato con tutti gli emendamenti già approvati al Senato, ecco le principali misure che riguardano gli italiani.

Nel decreto Milleproroghe la proroga delle concessioni balneari

Il decreto Milleproroghe è legge, è stato approvato dalla Camera, il Governo sulla manovra aveva presentato la questione di fiducia.

Uno dei provvedimenti che ha destato maggiore clamore e critiche è stata la proroga delle concessioni ai balneari per un altro anno. Nel frattempo sulla questione che interessa anche l’Unione Europea è stato costituito un tavolo di lavoro a Palazzo Chigi ed è stata avviata la mappatura delle spiagge interessate dalla scadenza delle concessioni.

Un ulteriore punto di interesse è la proroga dello smart working per lavoratori fragili e con figli fino a 14 anni, fino al 30 giugno 2023.

Tra le norme introdotte nel periodo Covid che trovano ulteriore proroga anche passata l’emergenza sanitaria, vi è la proroga dell’utilizzo della ricetta elettronica.

Medici di base e pediatri potranno posticipare il pensionamento fino al compimento di 72 anni.

Nel settore sanità è stato inoltre rifinanziato il piano oncologico.

Proroga del termini ai Comuni per lo stralcio delle cartelle esattoriali

Novità anche per quanto riguarda lo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro affidate all’agente di riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. È stato prorogato il termine concesso ai Comuni per poter comunicare la scelta di non aderire allo stralcio, lo stesso ora è al 31 marzo.

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Buone notizie anche per i giovani, infatti le agevolazioni previste per gli under 36 che decidono di acquistare casa sono prorogate al 30 giugno 2023. Ricordiamo che per poter accedere all’agevolazione è necessario un Isee di valore inferiore a 40.000 euro.

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Novità concorsi scuola nel decreto Milleproroghe

Nel decreto Milleproroghe è inserita anche l’autorizzazione al Ministero dell’Istruzione a bandire nel 2023 il concorso per titoli ed esami per l’assunzione a tempo indeterminato nel 2024 di 59 dirigenti tecnici. Ulteriori assunzioni (87) sono previste nel 2025. Viene inoltre autorizzato l’avvio delle procedure concorsuali per l’assunzione di insegnanti di religione cattolica per la copertura del 50% delle posizioni vacanti. L’altro 50% delle assunzioni potrà essere effettuato in favore di docenti che abbiano già maturato 3 anni di incarico.

Novità importanti sono previste anche per i dirigenti che abbiano sostenuto il concorso nel 2017 e che abbiano sostenuto almeno la prova scritta. In questo caso, per coloro che hanno presentato ricorso avverso la procedura, vi è la possibilità di partecipare a un corso intensivo di formazione con relativa prova finale con costo a carico dei partecipanti. I dirigenti che superano il corso saranno inseriti in graduatoria, sebbene in coda rispetto alla graduatoria di merito derivante dal superamento di tutta la procedura del concorso indetto con DDG 1259/17 n° 194.

Hybrid working o lavoro ibrido, il nuovo modo di lavorare

Durante la pandemia le aziende hanno scoperto lo smart working con tutte le sue qualità positive, soprattutto risparmio economico e con i difetti, cioè il distacco del dipendente dall’azienda e il venir meno di un aspetto rilevante, la socialità. L’hybrid working è una formula ibrida che permette di superare questi ostacoli. Vediamo ora di cosa si tratta.

Cos’è il lavoro ibrido o hybrid working

Il lavoro ibrido nasce dalla commistione tra lavoro tradizionale in azienda e il lavoro in smart working, quindi da remoto. In Italia è già realtà in molte aziende ed è un modello che si sta diffondendo in modo veloce. Non si esplica in una sola formula ma in diverse tipologie che possono essere scelte dalle aziende tenendo in considerazione le loro esigenze e le loro peculiarità. Nella maggior parte dei casi i lavoratori hanno a disposizione comunque un ufficio virtuale in cloud quindi è come se si trovassero nello stesso luogo contemporaneamente e possono “socializzare” o comunque scambiarsi opinioni, collaborare, supportarsi.

Le aziende che sono interessate all’hybrid working possono già trovare in rete aziende disponibili a fornire piattaforme per il lavoro in cloud personalizzate sulle esigenze delle committenti.

I modelli di hybrid working

Nel modello base il lavoratore e l’azienda stabiliscono in quali giorni e orari il dipendente deve essere in azienda e in quali può lavorare da casa o comunque da remoto. Il vantaggio è il risparmio economico legato al fattore energetico anche perché la stessa postazione può essere usata a turno da vari dipendenti, inoltre l’azienda ha comunque in sede dei dipendenti per le esigenze che è necessario gestire sul luogo.

La seconda formula è particolarmente interessante, si tratta infatti del modello denominato Club House, questo prevede che l’azienda permetta al lavoratore di operare da remoto, ma, allo stesso tempo, per mantenere la socialità e per costruire il fattore identitario tra aziende e dipendente prevede l’uso di spazi comuni come sale meeting e sale convegni dove si possono svolgere diverse attività, ad esempio brainstorming, oppure elaborazione di progetti, discussione dei risultati aziendali o altre attività che mirano a rafforzare l’azienda stessa. Solo in tale contesto di riunione è necessaria la presenza in sede.

Infine il terzo modello di hybrid working viene denominato Hub & Spoke dove il termine hub rappresenta l’azienda mentre gli uffici spoke rappresentano delle postazioni di co-working, oppure degli uffici satellite. Questo modello è utilizzato soprattutto per le aziende che hanno una sede centrale e lavoratori dislocati in zone diverse. Con questa soluzioni si possono avere i migliori professionisti sul mercato, sebbene siano collocati in luoghi magari molto distanti. Le attività in azienda sono sporadiche ed essenziali mentre la maggior parte del lavoro è in remoto.

 

Smart working: approvata all’unanimità la proroga al 30 giugno 2023

Un emendamento del Pd al decreto Milleproroghe prevede la proroga dello smart working fino al 30 giugno per determinati lavoratori. Ecco chi potrà continuare a lavorare da casa.

Proroga Smart Working al 30 giugno 2023

Lo smart working introdotto durante la pandemia ha avuto particolare successo tra i lavoratori e proprio per questo motivo sono numerosi i lavoratori che vorrebbero continuare a fruirne. Fortunatamente per alcuni lavoratori si sta procedendo a diverse proroghe e ci sono ottime probabilità di avere una nuova proroga fino al 30 giugno 2023. La disciplina attuale si trova nella legge di Bilancio 2023 e prevede lo smart working fino al 31 marzo.

L’emendamento presentato dal Pd prevede la possibilità di proroga al 30 giugno 2023 dello smart working per i lavoratori del settore privato anche in assenza di accordi individuali tra azienda e lavoratore. Possono usufruire di tale modalità agevolata i lavoratori fragili e i lavoratori con figli fino a 14 anni di età.

L’emendamento prevede che affinché si possa accedere allo smart working vi deve essere compatibilità con tale modalità di svolgimento delle mansioni e le prestazioni che sono oggetto del contratto di lavoro.

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Proroga smart working per Pubblica Amministrazione e con mansioni diverse

L’emendamento, come sottolineato, è stato presentato in sede di conversione del decreto Milleproroghe che deve essere convertito in legge entro il 27 febbraio. Trattasi di un emendamento presentato dal Pd, quindi dall’opposizione, con prima firma di Antonio Nicita, ma vi è una buona probabilità di conversione in quanto nella Commissione Bilancio e Affari Costituzionali del Senato ha ottenuto l’approvazione all’unanimità.

Questo non è il solo emendamento approvato, infatti nella stessa Commissione ha avuto il via libera anche l’emendamento che prevede la proroga dello smart working per i dipendenti della Pubblica Amministrazione e del settore Privato adibiti ad altre mansioni e a retribuzione piena. In questo caso era necessario provvedere alle coperture necessarie, proprio per questo i parlamentari hanno presentato. Le coperture sono necessarie al fine di “assumere” dei sostituti. Ad esempio, si verifica questo problema per gli infermieri, lavoratori fragili in quanto adibendoli ad altre mansioni era necessario coprire il loro posto. Le coperture previste sono di 16 milioni di euro. Non è mancato chi ha proposto una proroga al 31 dicembre 2023, ma si procede per gradi proprio perché è necessario avere le coperture finanziarie.

Smart working: in arrivo una nuova proroga. Chi potrebbe beneficiarne

In arrivo con il decreto mille-proroghe una nuova proroga per lo smart working, attualmente in vigore fino al 31 dicembre. La stessa riguarderà i lavoratori fragili e genitori con figli under 14.

Smart working: a lavoro per la proroga nel 2023

Lo smart working è entrato nella dinamica del lavoro in Italia con la crisi pandemica e sono in molti ad essersi abituati al lavoro da casa, proprio per questo sperano in proroghe per non tornare in ufficio. Il termine attualmente in vigore scade infatti il 31 dicembre 2022. Per molti la soluzione potrebbe essere vicina, infatti è allo studio un accordo tra il Governo e il Ministero della Pubblica Amministrazione volto a prorogarlo per lavoratori fragili e genitori con figli under 14. Naturalmente sarà possibile continuare il lavoro in smart working solo per le mansioni che effettivamente possono essere svolte da casa, non così per chi gestisce lavori a contatto con il pubblico.

A rendere noti i lavori in corso è stato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon.

I lavoratori interessati che ad oggi stanno godendo di questa agevolazione sono circa 3,6 milioni. La norma riguarda il pubblico impiego, mentre a livello privato sono molte le aziende che hanno provveduto ad accordi aziendali con possibilità anche di coordinare le due formule, lavoro da remoto e lavoro in sede.

Smart working: un costo o un beneficio?

In realtà in questi mesi le difficoltà economiche hanno portato molti dipendenti a chiedere di ritornare in ufficio per ottenere così risparmio energetico. A ciò deve essere aggiunto che in base ai dati rilevati dall’ Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) il 66% dei datori di lavoro sottolinea che lo smart working aumenta la produttività e consente il risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici, questi benefici appaiono particolarmente interessanti soprattutto nelle piccole imprese. Secondo il 72% dei datori di lavoro aumenta il benessere organizzativo dei dipendenti.

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Quiet quitting: l’abbandono silenzioso del lavoro che preoccupa le aziende

La locuzione Quiet Quitting vuol dire abbandono silenzioso ed è un fenomeno sottovalutato, ma sempre più frequente nell’epoca post covid e consiste in una nuova filosofia del lavoro (e di vita) che prevede di fare lo stretto indispensabile.

Post covid tra smart working, abbandono del lavoro tradizionale e quiet quitting

La dimensione post covid ha tratti riguardanti il mondo del lavoro nuovi. Sono nati dai lunghi periodi di isolamento in cui molti non hanno potuto lavorare e quindi sono stati “costretti” per un periodo a misurarsi con nuovi ritmi casalinghi. Altri hanno iniziato lo smart working rendendosi conto che non passare ore nel traffico, non dover sopportare il collega per tutto il giorno in ufficio, non avere il datore di lavoro sempre presente, migliora la qualità della vita, consente di gestire al meglio la vita privata e quindi di trovare una dimensione nuova.

È capitato così che al rientro post covid molti non ce l’hanno fatta e hanno abbandonato il lavoro tradizionale per impegnarsi in qualcosa di più aderente al proprio concetto di vita di qualità, altri lavoratori hanno chiesto di poter continuare lo smart working, altri ancora desiderano la settimana corta per poter trascorrere più ore fuori dall’ufficio. Ora c’è un altro fenomeno che si sta silenziosamente manifestando e che secondo molti dovrebbe preoccupare i datori di lavoro, si tratta del Quiet Quitting.

Come nasce il Quiet Quitting?

Il fenomeno Quiet Quitting nasce quando un ingegnere ventenne di New York, Zaid Khan ha lanciato su Tik Tok l’hashtag “#quietquitting” e a suon di like e visualizzazioni il fenomeno è diventato condiviso, sebbene già prima silenziosamente si stava verificando forse con poca consapevolezza.

Sempre più spesso i lavoratori rinunciano a ritmi frenetici di lavoro e preferiscono fare lo stretto necessario in termini di orario e mansioni. L’obiettivo è riprendersi la quotidianità, riprendersi la propria vita e mirare alla qualità della stessa.

In termini pratici questo vuol dire che i lavoratori rinunciano a fare più del necessario al fine di raggiungere la mission aziendale, è come se vi fosse una sorta di distacco dall’azienda per la quale si lavora. Ciò implica anche che i lavoratori smettono di essere propositivi e partecipativi rispetto ai nuovi progetti. I lavoratori una volta lasciato l’ufficio (senza straordinario) non pensano ai problemi lasciati a lavoro anche se l’azienda dovesse avere difficoltà. Per le aziende questo può voler dire avere dipendenti poco motivati, ma anche dover incrementare la forza lavoro visto che viene a mancare il lavoro straordinario.

Chi sposa questa filosofia di vita ritiene che il lavoro non definisca più il valore personale. Questo fenomeno è incrementato anche dal fatto che molti non vedono più nel ruolo occupato dinamiche di crescita, insomma essere sempre sotto pressione e sotto stress senza vedere una crescita personale porta molti lavoratori a perdere passione e dedizione al lavoro.

Lavoro e imprese: l’Italia va verso la settimana corta?

Il caro energia sta cambiando il modo degli italiani di approcciarsi al lavoro, molto probabilmente la settimana corta sarà il nuovo trend.

Settimana corta per i dipendenti del Comune di Milano

Con la pandemia le imprese e i lavoratori hanno sperimentato lo smart working e ad alcuni lavoratori è piaciuto talmente tanto che hanno deciso di continuare a lavorare da casa. Naturalmente questo è possibile solo quando l’azienda decide di concedere tale possibilità. Con l’aumento del prezzo dell’energia molti lavoratori rimasti in smart vorrebbero invece tornare in ufficio e le aziende invece vorrebbero tenerli a casa. Insomma sembra che il panorama nel mondo del lavoro stia nuovamente cambiando.

Poi ci sono le imprese e le Pubbliche Amministrazioni che stanno sperimentando soluzioni alternative e che coordinano entrambe le possibilità, cioè il lavoro in sede e quello in smart. Ad aprire a questa possibilità è stato per primo il comune di Milano che prevede per i dipendenti il lavoro in sede fino al giovedì, mentre il venerdì si lavora in smart working.

Settimana corta e stesso stipendio per Intesa San Paolo

Più incisiva è invece Intesa San Paolo. Che ha proposto ai sindacati una nuova articolazione dell’orario di lavoro. I lavoratori interessati, secondo la proposta, dovrebbero lavorare solo 4 giorni a settimana, ma viene aumentato l’orario di lavoro giornaliero, questo viene portato a 9 ore. La settimana lavorativa dovrebbe quindi prevedere 36 ore, contro le 37,5 ore attuali. Intesa San Paolo a fronte di questa proposta, prevede che comunque non ci sia alcun taglio allo stipendio. In termini economici dovrebbe esserci un risparmio legato ai consumi energetici spalmati su 4 giorni lavorativi.

Più tempo libero o un carico di lavoro eccessivo?

Su questa proposta i sindacati hanno preso tempo e affermato che devono eseguire verifiche legali. Sarebbe però un’opportunità importante per tutti coloro che cercano di ritagliarsi del tempo libero in più. La proposta è diretta solo a coloro che lavorano negli uffici, in poche parole non dovrebbero essere coinvolti gli impiegati che sono a contatto con il pubblico e devono fornire servizi a questi ultimi. In teoria la scelta del giorno libero dovrebbe essere su base volontaria, molti probabilmente sceglieranno il venerdì, ma il responsabile della filiale può proporre soluzioni alternative.

Le sigle sindacali coinvolte hanno espresso perplessità proprio sul fatto che la settimana lavorativa di 4 giorni dovrebbe essere riservata solo a coloro che lavorano in ufficio e questa potrebbe essere una disparità di trattamento, in quanto una parte dei lavoratori vedrebbe l’orario di lavoro ridotto a 36 ore, mentre un’altra parte no. Di sicuro se si raggiungesse un accordo tra le parti, lo stesso potrebbe essere utilizzato come termine di paragone per le altre realtà aziendali che vogliono sperimentare

Smart Working e caro energia: gli italiani vogliono tornare in ufficio

Con l’emergenza pandemica l’Italia introduce lo smart working, o lavoro agile, tra le modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative. Molti lavoratori lo hanno apprezzato al punto da voler continuare questa esperienza, ma ora lo scenario sta cambiando, infatti, a fronte dell’aumento del costo dell’energia, i lavoratori chiedono di tornare in ufficio.

Smart working: boom di richieste dopo la pandemia

Lo smart working, o lavoro agile, consente a chi effettua lavori che è possibile gestire anche dalla propria abitazione di lavorare da casa, magari andando in ufficio solo qualche volta nell’arco della settimana. Per molti lavoratori è stato una manna dal cielo perché ha consentito di gestire meglio il ruolo genitoriale e il lavoro e in molti casi ha evitato l’incontro quotidiano con i colleghi non sempre apprezzati. Nel solo 2021, 2 milioni di persone hanno lavorato da casa, dopo la pandemia le richieste di poter continuare a lavorare da casa sono continuate. Il successo è stato tale che è stata prorogata la disciplina emergenziale per lo smart working fino al 31 dicembre 2022, inoltre è stato regolamentato lo smart working strutturale.

Per conoscere i dettagli leggi l’articolo: Smart Working: dal 1° settembre entrano in vigore nuove norme strutturali.

Nel frattempo per le aziende avere dei lavoratori a distanza ha portato qualche vantaggio, cioè un risparmio energetico.

Ora lo scenario cambia. Molti lavoratori stanno chiedendo di poter rientrare in ufficio, i motivi sono presto spiegati.

Perché gli italiani rinunciano al lavoro agile?

L’inverno è alle porte con un costo del metano alle stelle e con limiti agli orari di accensione del riscaldamento. A ciò si aggiunge l’aumento del costo dell’energia elettrica. A fronte di stipendi sempre uguali, questo si traduce in maggiori costi per i lavoratori che lavorano da casa. Proprio per questo, sebbene molti lavoratori in smart working dichiarano di voler proseguire questa esperienza, ci sono molti che stanno chiedendo formule miste, cioè di lavorare alcuni giorni da casa e altri in azienda.

Alcuni lavoratori stanno invece chiedendo di poter ritornare in azienda full time.

Tra questi ultimi, abbondano i lavoratori che hanno chiesto di avere un sostegno economico per far fronte ai costi connessi al lavoro da casa e hanno ricevuto un diniego dall’azienda. A ciò deve aggiungersi che molte aziende e pubbliche amministrazioni non riconoscono ai lavoratori in smart working il diritto a percepire i buoni pasto e anche questa viene rappresenta per i lavoratori una perdita rilevante.

Da un’indagine svolta da Inapp, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche del lavoro, a fronte di tali perdite, solo il 20% dei lavoratori inmodalità agile è  disposto a continuare sebbene con una riduzione dello stipendio.

Quanto conviene alle aziende lo smart working?

Non è facile determinare quanto convenga alle aziende avere lavoratori in smart working, ma basti ricordare che ENI ha chiuso la sede principale e ora ha solo piccole sedi dove i dipendenti ruotano, cioè non tutti sono presenti tutti i giorni e usano spazi comuni. Tim ha svuotato 4 palazzi con un risparmio economico davvero notevole in manutenzione e costi energetici. Il comune di Milano ha deciso che i dipendenti il venerdì sono in smart working, in questo modo c’è risparmio di riscaldamento ed elettricità. Da un calcolo del Politecnico di Milano con il lavoro agile le aziende risparmiano il 30%.

Smart working: proroga al 31 dicembre 2022. Ultime novità

Nella giornata del 13 settembre 2022 il Senato ha approvato la legge di conversione del decreto Aiuti Bis che dovrà ora passare all’esame della Camera, ma con molta probabilità non vi saranno qui problemi per la conversione. Tra le novità c’è la proroga dello smart working per i genitori di ragazzi under 14 e per i lavoratori fragili. Ecco cosa cambia.

Proroga smart working al 31 dicembre per i genitori lavoratori

Con l’emergenza Covid sono state approvate norme emergenziali anche per gestire il lavoro agile o smart working. Le stesse sono però venute meno con il decadere dello stato di emergenza. Alcune misure specifiche hanno avuto la proroga di volta in volta e tra queste vi è l’applicazione della possibilità per i genitori di ragazzi under 14 di continuare a usufruire dello smart working, così come disciplinato dalle norme di emergenza.

Deve quindi essere sottolineato che lo smart working di cui si parla ora è diverso rispetto alla disciplina prevista in via ordinaria e di cui abbiamo parlato nell’articolo:

Smart working: dal 1° settembre entrano in vigore nuove norme strutturali

La misura prevista in modo strutturale infatti deriva da un accordo tra le parti, mentre lo smart working prorogato al 31 dicembre 2022 è il riconoscimento di un diritto del lavoratore al verificarsi di determinate condizioni.

Quali sono le condizioni per usufruire della proroga dello smart working?

Affinché il lavoratore possa ottenere il riconoscimento dei diritto al lavoro agile e quindi a distanza, è necessario che:

  • nel nucleo familiare sia presente un under 14, cioè un ragazzo che ancora non abbia compiuto 18 anni di età;
  • non deve esservi un membro del nucleo beneficiario di strumenti di sostegno al reddito per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa;
  • non vi sia nel nucleo familiare un genitore non lavoratore.

Lo smart working in proroga può essere richiesto anche in assenza di accordi individuali ed è questa la principale differenza con la normativa prima citata. La ratio di questa norma deriva dal fatto che durante il periodo emergenziale le attività didattiche erano gestite in DAD, vi era difficoltà a stipulare contratti con baby sitter e quindi si dava la possibilità ai genitori lavoratori di lavorare da casa per non lasciare i bambini soli. Certamente ora con le scuole in piena attività può essere difficile individuare la ratio della norma. Proprio per questo le precedenti norme erano decadute il 30 giugno 2022 e questa più che essere una proroga è un nuovo inserimento dello smart working.

Smart working per lavoratori fragili

Lo smart working viene prorogato anche per i lavoratori fragili, cioè lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagio e per i quali lo stesso a causa di comorbilità potrebbe portare conseguenze di particolare rilevanza. La maggiore rischiosità deve essere accertata da medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria eccezionale attivata con l’emergenza covid, oppure deve essere rilevabile da certificato medico che attesti l’immunodepressione derivante da patologie oncologiche o dallo svolgimento di attività salvavita.

Smart working: dal 1° settembre entrano in vigore nuove norme strutturali

Con la conversione del decreto Semplificazioni sono state introdotte nuove norme per la stipula dei contratti di smart-working, o lavoro agile. Ecco cosa cambierà per le imprese/datori di lavoro.

Smart working: amore a prima vista

Lo smart workingha avuto una disciplina in modalità “emergenziale” nel periodo della pandemia. Il lavoro agile è però stato molto apprezzato dai lavoratori, per la maggiore facilità di coniugare vita familiare e lavoro, e dalle aziende per il risparmio economico dovuto alla necessità di gestire meno strutture fisiche, quindi risparmio energetico e in alcuni casi anche risparmio dei canoni di locazione. Proprio per questo motivo sono numerosi i lavoratori e le aziende che intendono continuare ad adottare lo smart working.

Nasce così l’esigenza di una disciplina non emergenziale ma strutturale che però sia in grado di assicurare la stessa efficienza avuta nel periodo della pandemia. Le nuove norme sono contenute nel decreto Semplificazioni, convertito in legge 122 del 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 agosto 2022 e che entreranno in vigore il 1° settembre.

Nuovo contratto smart working: cosa cambia dal 1° settembre 2022

Nel periodo pandemico per poter attivare un contratto di smart working, o lavoro agile, non era richiesta la sottoscrizione di un contratto individuale che regolasse le nuove modalità di lavoro. Per poter procedere bastava utilizzare la modulistica e l’applicativo informatico  resi disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Dal 1° settembre, in applicazione dell’articolo 41 bis della legge 122 del 2022, invece ci saranno nuove regole.

In particolare il lavoratore dovrà sottoscrivere un accordo individuale che preveda le modalità di lavoro agile. Il datore di lavoro sarà invece tenuto a comunicare la data di inizio e di fine del rapporto di lavoro in modalità agile al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, utilizzando l’apposito applicativo che sarà reso disponibili si spera a breve.

Tale comunicazione sarà inviata anche all’Inail. Il datore di lavoro non sarà tenuto alla trasmissione dell’accordo individuale. Questo per esigenze di semplificazione e perché la finalità della disciplina è semplicemente rendere strutturale un sistema che aveva già funzionato perfettamente durante il periodo della pandemia. Non viene meno però l’obbligo della sottoscrizione dell’accordo individuale. Lo stesso dovrà essere mostrato/trasmesso in caso di richiesta. In caso di mancata comunicazione in seguito alla richiesta sarà applicata una sanzione amministrativa di ammontare compreso tra 100 euro  e 500 euro per ogni lavoratore interessato.

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