BYOD e Pmi, quali i rischi?

Di BYOD, su Infoiva, abbiamo parlato in abbondanza in questa settimana e nei mesi scorsi. Ai più distratti ricordiamo ancora una volta che BYOD è un acronimo inglese dall’espressione “Bring Your Own Device”, ossia utilizza il tuo dispositivo personale (tipicamente tablet e smartphone) per lavoro, sul posto di lavoro, con la benedizione della tua azienda.

Abbiamo più volte ricordato i vantaggi dell’utilizzo del BYOD per le piccole e medie imprese, ma anche le cautele che è necessario prendere, soprattutto in termini di sicurezza informatica e di protezione dei dati, quando si utilizza un dispositivo di proprietà in azienda.

Ebbene, su questo filone arriva uno studio di Kaspersky Lab, società che produce e commercializza soluzioni di sicurezza per gli endpoint, dal quale emerge che molti piccoli imprenditori sono convinti che il BYOD non rappresenti una minaccia per l’azienda e, di conseguenza, non si dimostrano interessati a investire in soluzioni di sicurezza per i dispositivi mobile.

Dall’indagine è emerso che i due terzi (62%) degli imprenditori e dei dipendenti intervistati, utilizzano dispositivi mobile personali per lavoro. Un dato che evidenzi come il BYOD non sia più un trend in crescita, quanto piuttosto una pratica diffusa e presente nelle aziende di ogni dimensione, da quelle molto grandi (con più di 5000 dipendenti) a quelle piccole (con meno di 25 dipendenti).

Nonostante ciò, proteggere la sicurezza dei dati in ambito BYOD è spesso un aspetto trascurato. Secondo la ricerca Consumer Security Risks 2014 di Kaspersky Lab, il 92% degli intervistati ha dichiarato di archiviare dati aziendali sensibili su smartphone e tablet utilizzati sia per lavoro sia per motivi personali. Sei intervistati su dieci (60%) si sono dimostrati preoccupati delle minacce legate alla privacy e al furto di informazioni attraverso i dispositivi mobile, ma nonostante questo non hanno attivato alcun tipo di protezione perché attribuiscono questa responsabilità all’azienda, nonostante il dispositivo sia il proprio.

Il 32% dei dipendenti e piccoli imprenditori, infatti, non riconosce alcun pericolo per la propria attività nel fatto che i dispositivi mobile personali siano utilizzati per lavoro. I piccoli imprenditori non prestano molta attenzione al fatto che le informazioni presenti sui dispositivi dei dipendenti che utilizzano il BYOD, possano essere rubate e si dimostrano poco preoccupati di questa eventualità. Al contrario, le aziende di grandi dimensioni, dimostrano una maggiore preoccupazione: il 58% teme che l’azienda possa venire danneggiata dal furto o dalla perdita del dispositivo da parte dei dipendenti.

Le piccole imprese ritengono che gli strumenti di sicurezza gratuiti possano essere sufficienti e non vedono alcun valore aggiunto ad investire in soluzioni supplementari a tutela del BYOD. Più dell’80% degli intervistati ha dichiarato di non essere interessato ad avere informazioni sulla gestione della sicurezza delle informazioni dei dispositivi mobili.

E per cercare di modificare la percezione generale, secondo la quale la perdita di un dispositivo mobile utilizzato per il BYOD non può essere causa di danni all’azienda, un’altra ricerca di Kaspersky Lab ha rilevato come, nel 2014, un utente Android su 5 abbia subito una minaccia mobile e come il 53% di questi attacchi siano stati causati da trojan di tipo SMS o bancario.

Mobile economy, numeri da paura

Si chiama mobile economy, è l’economia generata dai dispositivi wireless collegati tra loro e, in Italia, è in decisa rampa. Merito soprattutto dell’enorme quantità di device circolanti nel nostro Paese che costituiscono un terreno fertilissimo per lo sviluppo della mobile economy: alla fine del 2014, infatti, in Italia erano attivi 35 milioni di smartphone (le previsioni per fine 2015 parlano di 40 milioni di pezzi) e 9,5 milioni di tablet (oltre 10 entro fine anno).

Non siamo noi a snocciolare queste cifre, bensì l’Osservatorio Mobile Economy del Politecnico di Milano, che le ha presentate nei giorni scorsi durante il convegno “Mobile Economy: la via per la digitalizzazione del Paese”.

Secondo l’Osservatorio, la mobile economy vale 25,7 miliardi di euro, cifra pari all’1,65% del Pil italiano, e le previsioni di crescita parlano di 37 miliardi (2,3% del Pil) al 2017. E, se i servizi tradizionali di telefonia mobile fanno segnare una frenata a due cifre (-16%), la mobile economy cresce invece a doppia cifra (+23%), spinta dal mobile commerce (+55%) e dagli investimenti effettuati dagli operatori sulle reti 3G e 4G (+39%).

E la mobile economy fa bene anche ad aziende e Pubblica amministrazione che, stando ai dati dell’Osservatorio aumentano i propri fondi destinati allo sviluppo di app a supporto dei processi aziendali (+24%) e dei servizi di marketing e comunicazione mobile (+41%).

Da sottolineare la crescita significativa del cosiddetto mobile commerce (+55%), che da solo costituisce il 10% dei consumi della mobile economy e il 18% dell’intero e-commerce in Italia. Tanto che gli estensori del rapporto dell’Osservatorio commentano: “Nello scenario macro-economico italiano che continua a essere negativo, la mobile economy è uno dei pochi comparti che cresce, generando valore economico e posti di lavoro. Coerentemente con lo scenario internazionale, infatti, anche in Italia, una componente via via più significativa dei consumi di famiglie, imprese e pubblica amministrazione e degli investimenti del settore pubblico e privato viene orientata verso il mondo mobile”.

Oltre alla diffusione dei device mobili e al miglioramento e allo sviluppo di infrastrutture e reti, alla base della crescita della mobile economy in Italia c’è anche un altro importante fattore: la concorrenza tra gli operatori che, nel tempo, ha fatto abbassare le tariffe per accedere ai servizi mobile.

Le tariffe di accesso al Mobile Internet sono oggi alla portata di tutti – commenta infatti l’Osservatorioe l’offerta di App ha superato i 3 milioni di unità dall’apertura degli store. Questo ha portato ad avere in un giorno medio quasi 18 milioni di utenti unici che navigano in Internet dai propri Smartphone e Tablet, contro meno di 13 milioni che navigano dal Pc”.

Il mercato dell’ internet delle cose in Italia

Forse non tutti sanno che cos’è il cosiddetto internet delle cose. Si tratta dell’ecosistema formato dagli oggetti di uso quotidiano connessi tra di loro attraverso internet, dagli smartphone agli smart watch, dalle lavatrici agli impianti domotici. E si tratta, per l’ internet delle cose, di un mercato che, in Italia, vale la bellezza di 1,55 miliardi di euro.

Questa, almeno, è la valorizzazione che ne ha fatto l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, secondo il quale, nel 2014, l’ecosistema italiano dell’ internet delle cose era composto da 8 milioni di oggetti connessi tramite Sim cellulare (+33% rispetto al 2013) e generava un controvalore di 1,15 miliardi. A questo andava aggiunto il mercato delle app con tecnologie differenti dalla Sim dati (tipicamente wi-fi e Bluetooth), il cui controvalore era pari a 400 milioni.

Secondo l’osservatorio del Politecnico, l’ internet delle cose italiano è destinato a crescere, in questo 2015, almeno in 3 ambiti: Smart Car, Smart Home e Smart City. Nel primo ambito, attualmente in Italia ci sono 4,5 milioni di veicoli interconnessi, che cresceranno sempre di più soprattutto grazie ai box Gps/Gprs che permettono di registrare i parametri di guida a scopo assicurativo.

Per quanto riguarda le Smart Home, secondo le rilevazioni dell’osservatorio il 46% dei proprietari di casa ha intenzione di acquistare prodotti collegato all’ internet delle cose, principalmente per incrementare il risparmio energetico e la sicurezza della casa.

Ancora più promettente l’ambito delle Smart City, dove quasi il 50% dei comuni italiani con oltre 40mila abitanti ha adottato, negli ultimi 3 anni, almeno un progetto basato su tecnologie legate all’ internet delle cose.

Wearable device, questi… conosciuti

La tecnologia è e sarà sempre più indossabile, anche in azienda. Lo testimonia una ricerca della società Trend Micro intitolata “Walking into Wearable Threats”, che fa il punto sulla diffusione e sull’utilizzo in azienda dei cosiddetti wearable device, ossia i dispositivi elettronici indossabili come, per esempio, gli smart watch, che dialogano con pc, tablet e smartphone.

Secondo la ricerca, il 79% delle aziende europee rileva una crescita del numero dei loro dipendenti che utilizzano i wearable device al lavoro e il 77% di queste aziende ne incoraggia l’uso. Il rovescio della medaglia è dato dalle possibili minacce alla sicurezza dei dati che i wearable device porterebbero con sé. Una minaccia reale, secondo il 95% dei decision maker che ha partecipato alla ricerca di Trend Micro.

La ricerca rileva anche che il 19% delle aziende europee sta implementando in maniera deciso l’utilizzo dei wearable device al proprio interno, con un altro 34% che, pur non avendo ancora cominciato, si dice comunque interessato a provare. A testimonianza che il 2015 potrebbe essere davvero l’anno della consacrazione dei wearable device.

Venendo alla situazione delle aziende italiane, che è quella che più ci interessa, dalla ricerca Trend Micro emerge che il 71% di esser è interessato a sostenere al proprio interno l’uso dei wearable device, in particolare degli smart watch, e il 27% di esse crede di avere già almeno 50-100 dipendenti che li utilizzano. Sono pari al 62% del campione le aziende italiane che si aspetta un incremento importante nell’uso dei wearable device entro l’anno. Purché si investa parallelamente in sicurezza: ben il 92% delle aziende italiane coinvolte nella ricerca crede infatti che sia da sostenere con decisione l’introduzione di adeguate policy di sicurezza indirizzate ai wearable device.

Un italiano su 5 non usa lo smartphone

Alla faccia della tecnologia e dell’amore per gli smartphone, sembra che gli italiani tanto tecnologici non siano. Almeno a guardare i risultati di un’indagine condotta da Demoskopea per Facile.it, nella sua veste di comparatore nel settore delle tariffe telefoniche. Da questa indagine risulta che oltre un italiano su 5 (il 20,5%) usa ancora un telefono tradizionale e non uno di nuova generazione.

Di questa percentuale, la maggior parte è costituita da donne, che sono il 24,2 contro il 16,3 degli uomini. Il campione intervistato da Demoskopea è rappresentativo degli italiani che hanno già compiuto i 15 anni (pari a circa 40,5 milioni di persone) e ha risposto a diversi quesiti che hanno messo in luce il suo rapporto con il terminale mobile, smartphone o no.

Nonostante l’opinione diffusa e lo stereotipo che dipinge l’italiano medio come un cellulare-dipendente o drogato di smartphone il 66% del campione ha dichiarato di possedere un unico numero di cellulare, per il quale spende in media molto poco. Il 67% del campione non supera la soglia dei 15 euro mensili e un italiano su 3 (33,2%) riesce a spendere una cifra compresa fra i 9 e i 10 euro, che si riducono a meno di 8 euro per il 16,6% degli intervistati .

L’indagine condotta da Demoskopea rivela anche che l’89% degli utenti preferisce ancora la scheda ricaricabile al contratto, riuscendo a limitare eventuali extra budget che potrebbero verificarsi con un abbonamento. Una tendenza al risparmio che si riflette anche nell’acquisto del terminale: secondo i dati di mercato, nell’ultimo anno le vendite di smartphone di prezzo compreso tra 85 e 130 euro sono cresciute del 65%.

Secondo Paolo Rohr, Direttore BU Utilities e Telefonia di Facile.it, «sono molti i fattori che hanno contribuito a ridurre le spese di telefonia cellulare degli italiani. Da un lato la forte concorrenza e la riduzione delle tariffe offerte sul mercato che, è bene ricordarlo, in un tempo relativamente breve si sono ridotte di quasi il 20%, ragion per cui diventa ancora più importante confrontare le proposte delle compagnie; dall’altro la diffusione sempre più massiccia di strumenti di messaggistica gratuita. Dall’indagine è emerso, ad esempio, che quasi il 58% degli intervistati usa abitualmente Whatsapp, con evidenti vantaggi sulle spese».

Italiani popolo hi-tech

Qualche dubbio già ce l’avevamo: gli italiani sono sempre più propensi ad utilizzare dispositivi digitali o, più generalmente, hi-tech.
E, a guardare cosa accade nelle strade delle nostre città, dove la maggior parte dei passanti ha in mano, o in tasca, o in borsa, smartphone e tablet, non si stenta a crederci.

Ora è stato presentato anche uno studio che attesta questa tendenza.
L’indagine, Accenture Digital Consumer Tech Survey 2014, ha coinvolto 23.000 persone in 23 Paesi, Italia inclusa.

Concentrando l’attenzione sul consumatore italiano, emerge un profilo attirato dai dispositivi digitali, anche più di uno a seconda dell’uso.
Qualche esempio? In media, gli italiani possiedono, oltre all’immancabile smartphone, almeno un televisore, una console per giochi e un GPS in auto.

La percentuale maggiore, il 77%, riguarda proprio lo smartphone, mentre il 58% possiede un televisore ad alta definizione. Si tratta, in entrambi i casi, di percentuali maggiori rispetto alla media mondiale, del 5 e del 6%.
Il 47% dichiara di possedere una game console che consente l’accesso ad Internet (e il 57% di loro la usa appunto per connettersi) ed il 45% di avere a bordo della propria auto un dispositivo GPS.

Il tablet sta diventando sempre più diffuso, tanto che è il 39% della popolazione a possederne uno e un ulteriore 14% ha intenzione di acquistarne uno a breve.
Il pubblico maggiormente interessato in questo caso è quello più giovane, appartenente, per il 46% dei casi, alla fascia di età 14-34 anni. La percentuale scende a 41% per i 34-54enni e al 13% gli over 55.

Il 31% possiede un dispositivo di gioco portatile e il 19% ha un lettore eBook.
Fanalino di coda (12%) si attestano i dispositivi di intrattenimento a bordo delle automobili.

Uno dei dati che certamente colpisce di più è che i consumatori italiani, per il 60% dei casi, usa più dispositivi contemporaneamente, contro il 49% della media globale ed ovviamente questa tendenza appartiene di più ai giovani.
Secondo Massimo Morielli, Responsabile Media & Entertainment di Accenture, “Every consumer is a digital consumer. Ogni persona è oggi naturalmente un consumatore digitale e questo è particolarmente vero per gli italiani: il nostro mercato mostra infatti un forte interesse nei confronti delle tecnologie più innovative e dei servizi di intrattenimento digitali. La tempestività con cui le aziende del settore media rendono disponibili contenuti e servizi di qualità sui vari device è sempre più un fattore critico di successo”.

Inoltre gli italiani sembrano essere più tech savvy rispetto alla media mondiale: il 43% si considera “innovatore” o early adopter, con una spiccata propensione a provare prodotti e servizi di ultima generazione, contro solo il 34% degli intervistati a livello globale.
Fra gli innovatori le differenze di genere sono sempre meno evidenti: si percepiscono tali il 56% degli uomini ed il 44% delle donne.
Una correlazione più diretta si può stabilire fra la propensione all’adozione di nuovi dispositivi tecnologici e il reddito disponibile: il 30% degli innovatori si colloca nella fascia di reddito più elevata (più di 35.000€ all’anno).
La stessa correlazione si ritrova nella fascia di età dei più giovani (14-34 anni).

Circa le motivazioni alla base dell’utilizzo di servizi e device digitali: il 90% ritiene che diano la possibilità di fare le cose più velocemente, il 87% che rendano la vita più piacevole, il 83% che contribuiscano a mantenere i contatti con il proprio giro di amici e parenti, il 72% che offrano nuove opportunità per esprimere la propria creatività, mentre è relativamente bassa la percentuale di coloro che percepiscono un rischio per la privacy, il 56%.
Per quanto riguarda le motivazioni, non ci sono differenze sostanziali a seconda delle diverse fasce di età.

Nuova era per BlackBerry

BlackBerry torna alla ribalta con nuovi e grandi progetti.
Quando sembrava che l’azienda fosse stata soppiantata dalla stretta concorrenza, ecco che ritorna ad essere protagonista puntando, ancora una volta, sul suo target preferito, ovvero le aziende.

Diego Ghidini, Business Sales Director di BlackBerry, ha illustrato così i nuovi progetti del brand: “Immaginate di essere direttore dei sistemi informativi di una media azienda e dovete dotare con strumenti di mobilità i vostri lavoratori. Prima domanda da porsi sarà se scegliere un preciso Smartphone o se lasciarlo scegliere agli utenti, aderendo al BYOD (Bring Your Own Device). La seconda riguarda il sistema operativo che deve garantire sicurezza dei dati, la gestione di una VPN aziendale e quindi trovare un partner per l’acquisto, gestione e manutenzione. Con Bes 12 siamo sicuri che la miglior offerta sul mercato sul lato sicurezza, manutenzione e gestione ce l’abbiamo noi”.

La versione 12 del BlackBerry Enterprise Service, il cui arrivo è previsto per l’estate, aiuterà le imprese a sviluppare applicazioni “Enterprise-grade” veloci da implementare sugli smartphone BlackBerry e sugli altri dispositivi mobili.
La piattaforma sarà compatibile con le soluzioni precedenti e future, unendo il BES10 e il BES5 in un’unica piattaforma. Flessibile e scalabile, l’architettura di BES12 proporrà ai clienti anche la possibilità di lavorare in sicurezza e con semplicità grazie al Cloud.

BlackBerry ha anche annunciato nuovi prezzi per BES e una nuova organizzazione delle licenze con due nuovi tipi di proposte: Silver e Gold.
Silver include il supporto completo del device, dell’applicazione, dell’email e della sicurezza per BlackBerry, iOS e Android, includendo BlackBerry Balance, la tecnologia che separa la vita privata da quella lavorativa sugli smartphone BlackBerry 10.
Gold aggiunge BlackBerry Secure Work Space per iOs e Android, funzioni dedicate alla gestione e alla sicurezza dei dispositivi BlackBerry10, ed è pensata per le aziende per cui la sicurezza e tra i principi più importanti, come i governi, i servizi finanziari e la sanità.

Le novità non riguardano solo i servizi sui server, perché, da sempre, anche la comunicazione tra utenti ha avuto un ruolo di primo piano per BlackBerry, a cominciare da BlackBerry Messenger, BBM, che per le aziende aggiunge una “e” minuscola, diventando eBBM.

Si tratta di una nuova famiglia di prodotti e servizi che si integra con gli smartphone e le soluzioni BlackBerry per le imprese, BES e BlackBerry Enterprise Service 10, per fornire un servizio di messaggistica istantanea professionale che unisce il meglio di BBM con caratteristiche pensate per le aziende. Tra queste, c’è BBM Protected, la soluzione che offre alle imprese un servizio di messaggistica mobile sicuro e affidabile.

Vera MORETTI

Le tematiche calde dell’Automotive Dealer Day

Alla fine di febbraio si è tenuto l’Automotive Dealer Day Network Meeting, evento riservato alle aziende leader della filiera dell’automotive che si è preposto l’obiettivo di fornire informazioni e spunti utili per la pianificazione dell’edizione 2014 dell’Automotive Dealer Day.

I temi trattati sono stati tanti, a cominciare dalle misure da osservare per far evolvere il settore fino all’evoluzione del sistema distributivo passando per l’importanza del corretto utilizzo del web e degli strumenti digitali, senza dimenticare una previsione sui nuovi format comunicativi.

Tra gli argomenti trattati:

  • le reti delle concessionarie nel contesto globale;
  • innovazione del marketing e distribuzione con integrazione fisica e digitale;
  • l’Automotive Dealer Day 2014;
  • il potenziamento della comunicazione;
  • il mercato e lo status delle reti di distribuzione italiane.

Ha dichiarato Gabriele Maramieri, di Quintegia: “Nel 2013 nel mondo c’è stato un record di vendite auto: più di 80 milioni di vetture sono infatti state consegnate. Di queste 21.902.056 sono state quelle consegnate in Cina, ove si è registrata una crescita del 14,9% a fronte delle 19.067.224 unità consegnate nel 2012. 15.581.519 sono invece stati gli esemplari immatricolati negli USA lo scorso anno, facendo così segnare una crescita del 7,5% rispetto all’anno precedente, quando il mercato si è chiuso con 14.492.411 di veicoli consegnati. In calo India e Italia, che diminuiscono rispettivamente del 5,4 e del 7,2%. Degno di nota in Europa il mercato inglese, che cresce dell’11,0% con 2.535.973 di esemplari immatricolati. Per quanto concerne il CADA, l’associazione dei concessionari cinesi, si punta verso una crescita qualitativa attraverso un percorso di crescita sostenibile. Notevole il numero di consumatori attivi nei canali digitali, con operatori dinamici in tutte le aree di business. Ci si attende una forte crescita in India, ove il mercato può raggiungere i 10 milioni, anche se il reddito pro-capite è ancora basso e solo il 44% dei concessionari ha chiuso il 2013 con un utile netto positivo. Per quanto concerne invece l’Italia è possibile notare un andamento ciclico del settore. Ci sono quindi buone opportunità per sostenere i concessionari in un mercato in cui l’età media del parco circolante ha circa 10 anni“.

Leonardo Buzzavo, dell’Università Ca’ Foscari, ha aggiunto: “In Italia vantiamo molti primati: dal 1° motore a combustione interna con Matteucci e Barsanti sino ad arrivare al primo PC con la Olivetti. Si può fare tantissima innovazione. Si possono sfruttare le piattaforme social per far crescere un mercato che dal 2007 al 2013 ha fatto segnare un calo del 48%. Si necessita di veicolare conoscenza“.

Gli ha fatto eco Tommaso Bortomiol, Quintegia: “Da quest’anno Quintegià analizzerà anche il mercato moto. Molte le iniziative previste: si possono sfruttare i QR-Code per raccogliere i contatti; ci saranno delle possibilità di workshop per le aziende, dei meeting dedicati e tante Case auto con cui dialogare“.

Daniele Bonomi, di MediaCom Italia, dal canto suo ha voluto commentare: “Rispetto a 5 anni fa ci sono state sensibili crescite nei campi dei social network, dei video e delle news on line. Gli utenti di Internet sono il 52% della popolazione italiana. In crescita anche l’utilizzo dei tablet e degli smatphone. Sono 22,3 milioni gli utenti delle piattaforme social (Facebook e Twitter), mentre l’80% dell’utenza usa Internet. Bisogna presidiare i canali web. Negli ultimi ultimi tre mesi stiamo assistendo a un lieve ridimensionamento degli utenti da PC, mentre gli smatphhone sono diventati una realtà ormai consolidata. Internet mobile diventa predominante fuori casa ma non solo. Anche in casa si accede ad Internet sempre più da smarthpone e tablet. Molto importante il fenomeno dei social network, che a volte influenzano anche la scelta dei prodotti. Grazie alla possibilità di confrontare i prezzi il web è diventato sempre più spesso una fonte privilegiata per le informazioni commerciali“.

Così ha concluso Luca Montagner, Quintegia ICDP: “Sul mercato italiano le immatricolazioni di autovetture sono crollate dal 2007 al 2013, passando da 2.493.819 a 1.303.382 unità, anche se l’inizio del 2014 sembra indicare una lieve crescita, mentre per quanto concerne le tipologie di vetture notiamo che dal 2007 al 2013 l’unico segmento a crescere è stato quello dei crossover insieme a quello delle piccole monovolume. In calo le Station Wagon e i monovolume compatti. Più stabile, anche se in calo, il mercato dell’usato in Italia rispetto al nuovo. Per quanto concerne le reti di vendita notiamo una continua crescita delle concessionarie multi-brand. Gli automobilisti si informano sempre di più sul web e vengono utilizzate diverse fonti nel corso di svariati momenti del processo d’acquisto“.

Vera MORETTI

Pro e contro dei dispositivi personali in azienda

E’ stata condotta una ricerca da Vanson Bourne e commissionata da Samsung su 490 CIO e decisori IT di aziende con almeno 1.000 dipendenti in 8 Paesi europei (Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito).
E’ emerso che, negli ultimi 2 anni, ben un terzo delle imprese italiane di grandi dimensioni ha subito una perdita di dati a causa di violazioni della sicurezza rese possibili dall’adozione di policy di Bring Your Own Device (BYOD).

Ma, al contempo, grazie a questa stessa policy, il 26% delle aziende in Italia ha ottenuto un incremento nel coinvolgimento dei dipendenti, con un aumento della produttività sul lavoro nel 28% dei casi.

Il BYOD, quindi, può offrire alle aziende grandi vantaggi sia in produttività, sia in riduzione dei costi di comunicazione, per traffico telefonico e utilizzo dati, pari al 17% su base annua, che corrisponde a 7 milioni di euro all’anno per azienda.

Nonostante questi vantaggi, il 94% dei CIO italiani è comunque preoccupato per gli impatti sulla sicurezza derivanti dall’utilizzo di dispositivi personali a fini lavorativi, in linea con quanto riscontrato nel resto d’Europa.

La Spagna si rivela il più scettico tra i Paesi presi a campione, con il 70% dei CIO “significativamente preoccupati” per la sicurezza della propria impresa in relazione all’utilizzo di smartphone e tablet personali a scopi lavorativi.
Al contrario, i più fiduciosi sembrano essere i francesi, benchè il 36% degli interpellati esprima una grossa preoccupazione al riguardo.

Ad influire sullo stato d’animo dei CIO è anche il settore di impiego delle aziende: oltre la metà dei decisori IT operanti nel settore dei servizi finanziari (55%) considera il BYOD come una minaccia alla sicurezza dei dati aziendali, percentuale che scende leggermente nel caso dei settori retail, distribuzione e trasporti (44%) e manifatturiero (42%).
In Italia, però, solo un’azienda su 4 (27%) ha aggiornato la propria policy sul BYOD (17%) o ha in programma di farlo (10%).

Andrea Mills, Ceo B2B di Samsung Electronics Europe, ha commentato così questa ricerca: “I risultati dello studio indicano chiaramente che le aziende hanno tantissimo da guadagnare dall’adozione di policy a favore del BYOD. In un contesto lavorativo in cui la mobilità rappresenta un trend sempre più affermato, non cogliere le opportunità offerte dall’utilizzo di dispositivi mobili personali ad uso lavorativo oggi significa finire in una posizione di svantaggio competitivo. La nostra analisi mette in evidenza anche come il Bring Your Own Device rappresenti per molte aziende una potenziale minaccia alla sicurezza di dati e altre informazioni riservate. Per questo le imprese hanno bisogno di una strategia di mobilità aziendale che poggi su un’infrastruttura altamente sicura, oltre che di un sistema di policy chiaro ed efficace, implementato in modo coerente”.

A livello europeo, la metà delle imprese di grandi dimensioni ha messo in atto in modo formale (31%) o informale (21%) una policy a favore del BYOD, con tassi di implementazione molto alti in Italia (70%), che scendono fino al 43% in Germania.
Nelle aziende in cui viene data la possibilità di utilizzare i propri dispositivi mobili a scopi lavorativi, ad aderire è circa il 30% dei dipendenti, percentuale che le imprese prevedono aumenterà del 7% nei prossimi due anni.

Vera MORETTI

Accordo Poste Italiane-Confesercenti per favorire l’e-commerce

E’ stato siglato, a Firenze, un accordo tra Poste italiane e Confesercenti, che permette agli associati di poter usufruire, a condizioni agevolate, di soluzioni innovative, e-commerce in primis.

A presentare l’avvenuta intesa è stata Tiziana Morandi, responsabile AreaCentro1: “In Provincia di Firenze puntiamo sulla rete degli uffici Poste Impresa esclusivamente dedicata ai servizi per le piccole e medie imprese, ben otto nella nostra provincia, che rappresentano un punto di riferimento per le aziende del territorio. Con il valore aggiunto del presidio fisico degli uffici postali, dei servizi di telefonia mobile e dell’utilizzo integrato degli asset di pagamento on line, riusciamo ad offrire soluzioni modulari vantaggiose rispondenti alle esigenze del mercato ed adatte ad ogni tipologia di azienda”.

A queste parole hanno fatto seguito quelle di Nico Gronchi, presidente provinciale Confesercenti: “L’accordo con Poste Italiane consente alla nostra associazione di svolgere pienamente il proprio compito: offrire cioè ai nostri associati condizioni particolarmente vantaggiose per sviluppare un settore, quello dell’innovazione ed in particolar modo quello dell’e-commerce, oggi davvero strategico per tenere il passo coi tempi che corrono e che impongono un adeguamento veloce alle nuove tecnologie”.

L’offerta di Poste e-Commerce è aperta a tutte le pmi della provincia di Firenze, che possono attraverso questa iniziativa aprire un sito di commercio elettronico, semplicemente contattando i quattro Uffici PosteImpresa di Firenze e gli Uffici PosteImpresa di Empoli, Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino e Scandicci. Le imprese possono anche rivolgersi ai i Referenti Supporti Imprese, contattabili anche tramite i normali uffici postali.

Le piccole e medie imprese che aderiscono possono gestire i propri affari interagendo con un unico interlocutore e un set completo di servizi. Il venditore, infatti, si avvale di una sola interfaccia, tecnica e commerciale, per gestire il suo shop virtuale, la piattaforma per i pagamenti on line, la logistica di magazzino e la spedizione in Italia e all’estero.

Il call center di Poste Italiane è a disposizione anche dei clienti finali, che possono, tramite questa via, ricevere assistenza durante i propri acquisti. La sicurezza è garantita non solo da Poste italiane ma anche dai protocolli Visa e Mastercard. Con Poste e-Commerce si può accedere a servizi evoluti di pagamento come il Virtual POS BancoPosta e usufruire così del Conto Corrente InProprioPOS e di tutti i suoi vantaggi. E’ quindi possibile verificare gli incassi, gestire storni e autorizzazioni e accedere ad un sistema di reportistica completo.

Completa l’offerta la possibilità di utilizzare smartphone e tablet, nonché creare campagne marketing con sconti e promozioni, come nei negozi veri e propri.

Vera MORETTI