Agricoltura, in arrivo contributi per la crisi Ucraina: aiuti imprese per 35mila euro

In arrivo contributi e aiuti in agricoltura per le imprese del settore e della pesca colpite dalla crisi scatenata dalla guerra in Ucraina. Complessivamente, per i Paesi membri dell’Unione europea sarà messo a disposizione mezzo miliardo di euro per il sostegno delle imprese agricole e per gli agricoltori. In più ci sarà una deroga per la coltivazione di quattro milioni di ettari di terreni incolti e maggiore flessibilità sui requisiti inerenti le importazioni di mangimi. Si tratta di alcune delle misure incluse nel “pacchetto Ucraina” approvato nella giornata del 23 marzo dalla Commissione europea.

Contributi imprese agricole e della pesca, quanti fondi sono a disposizione per la crisi Ucraina del 2022?

I provvedimenti in arrivo per l’agricoltura e le imprese agricole e della pesca sono a carattere straordinario e temporaneo. Il nuovo framework di aiuti alle imprese agricole terminerà il 31 dicembre 2022. Lo chiarisce la stessa Commissione europea. L’obiettivo è garantire la sicurezza alimentare all’interno dei Paesi membri dell’Unione europea. Per l’Italia le risorse a disposizione sono di 48 milioni di euro di contributi diretti. I fondi derivano dalle riserve della Politica agricola comune (Pac) messe a disposizione per le eventualità di crisi. Ma i fondi possono essere integrati fino a 148 milioni di euro (+ 200%) grazie alle risorse nazionali. L’integrazione dei terreni da coltivare corrispondono a 200 mila ettari.

Quanti contributi potranno ricevere le imprese agricole con gli aiuti della Commissione europea nel 2022?

In base alla comunicazione della Commissione europea, il massimale che le imprese agricole potranno ricevere di contributi per il 2022 arriva a 35 mila euro. L’importo va rapportato a ogni singola impresa agricola oppure della pesca. La soglia minima, rispetto alla bozza della comunicazione della Commissione europea dei giorni scorsi, è dunque aumentata. Si ipotizzavano aiuti di 20 mila euro per ciascuna impresa. Ma nella fase di stesura finale della comunicazione, si prevedevano aiuti che potevano arrivare fino al limite dei 40 mila euro.

Quando partiranno i contributi a fondo perduto per le imprese agricole e per la pesca della Commissione europea?

La distribuzione dei contributi a favore delle imprese agricole e della pesca per il sostegno della crisi della guerra in Ucraina, necessiterà di provvedimenti che gli Stati membri dovranno adottare entro il termine massimo del 30 giugno 2022. Nel dettaglio, gli Stati membri dovranno notificare entro fine giugno le misure che verranno adottate, i criteri per l’elargizione dei contributi e l’impatto atteso.

Cosa si sa dei contributi a favore delle imprese agricole e della pesca?

Le risorse che ciascun Paese avrà a disposizione per il sostegno delle imprese agricole e della pesca dovranno essere distribuite in base a un budget previsionale. L’importo massimo del sostegno economico alle imprese, pari a 35 mila euro, potrà prevedere le seguenti formule:

  • la sovvenzione diretta;
  • le agevolazioni fiscali e di pagamento;
  • le altre formule di aiuto che prevedano un rimborso. Ad esempio, finanziamenti o prestiti, garanzie o anticipi;
  • gli aiuti dovranno essere al lordo di ogni detrazione d’imposta o di ogni altro onere.

Quali altre condizioni potranno prevedere i contributi e i finanziamenti alle imprese agricole e della pesca?

Inoltre, la comunicazione della Commissione europea sugli aiuti alle imprese agricole e della pesca prevede che non potranno essere concessi contributi alle imprese oggetto di sanzioni economiche adottate dall’Unione europea; il divieto vige anche per le imprese controllate da entità o da persone russe o bielorusse. Inoltre, i contributi per le imprese agricole non dovranno essere stabiliti in base alla quantità oppure al prezzo dei prodotti immessi sul mercato.

Aiuti Commissione europea anche al mercato delle carni

Ulteriori aiuti alle imprese del settore primario sono assicurati dalla Commissione europea anche per il mercato delle carne suine. Saranno a vantaggio delle imprese agricole anche le misure che assicurino maggiori anticipi sui pagamenti diretti. Inoltre, gli Stati membri potranno decidere di ridurre le aliquote Iva.

 

Agricoltura, per le imprese in arrivo il fondo di garanzia Pmi dal 16 marzo 2022

Sono in arrivo le garanzie sui finanziamenti per le piccole e medie imprese dell’agricoltura grazie alla possibilità di nuovo accesso al relativo fondo. Infatti, a decorrere dal 16 marzo 2022 le Pmi del settore agricolo potranno contare nuovamente sul Fondo centrale di garanzia delle piccole e medie imprese. La misura applica quanto prevede il comma 2, dell’articolo 8, del decreto numero 17 del 2022, cosiddetto “Energia”. Maggiori vantaggi sono riservati alle imprese che presenteranno domanda di garanzia tra il 1° aprile e il 30 giugno 2022.

Adesione al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese agricole: convenienza per il caro energia

La misura prevista dal decreto legge “Energia” permette alle piccole e medie imprese del settore dell’agricoltura di ottenere le garanzie dello Stato. È necessario che le Pmi si trovino nella situazione di comprovata esigenza di liquidità. Inoltre, l’intervento di garanzia tra il 1° aprile e il 30 giugno prossimi sarà del tutto gratuito. L’obiettivo è quello di sostenere le imprese agricole dall’aumento generalizzato dei costi, in primo luogo di quelli energetici. Per le imprese del settore dell’acquacoltura e della pesca, la richiesta di ammissione al Fondo centrale di garanzia potrà avvenire a decorrere dalla data che verrà comunicata con successiva circolare.

Agricoltura, come si presenta la domanda per l’ammissione al Fondo centrale di garanzia?

Per la presentazione delle domande di ammissione al Fondo centrale di garanzia, le imprese agricole dovranno servirsi degli appositi moduli presenti sul portale internet. Sul sito del Fondo centrale di garanzia, infatti, è presente la versione del nuovo Allegato 4, da compilarsi per le richieste che arriveranno a partire dal prossimo 16 marzo. Sull’Allegato 4, inoltre, si possono inserire le seguenti indicazioni:

  • si può selezionare il regime di esenzione nel settore agricolo, della pesca o dell’acquacoltura;
  • è possibile effettuare la dichiarazione per l’accesso gratuito al Fondo centrale di garanzia secondo quanto dispone il comma 2, dell’articolo 8 del decreto legge numero 17 del 2022.

Aumento dei massimali di contributi e di aiuti a favore delle imprese: quanti finanziamenti si possono ottenere?

Inoltre, la Commissione Europea ha rivisto in aumento le nuove soglie di aiuti di Stato da destinare alle imprese. Per l’agricoltura, i massimali applicati sono riportati di seguito:

  • 225 mila euro (rispetto ai 100 mila euro precedenti) per le aziende che operano nella produzione di prodotti agricoli;
  • 270 mila euro (rispetto ai 120 mila euro precedenti) per le aziende che operano nei settori dell’acquacoltura e della pesca;
  • otto milioni di euro per le aziende che operano in tutti gli altri settori produttivi.

Gli aumenti dei massimali nel settore dell’agricoltura permettono, alle imprese agricole, di poter ottenere finanziamenti fino a sei anni con garanzie fino a 5 milioni di euro.

Contributi agricoli più cari nel 2022

I contributi a carico delle imprese agricole per i dipendenti impiegati nel settore saranno più cari nel 2022. La percentuale di contribuzione totale è fissata infatti al 46,8465%. L’aumento dei contributi nel 2022 rispetto al 2021 è dovuto a quanto prevede l’articolo 3 del decreto legislativo numero 146 del 1997. Il provvedimento fissa le aliquote dovute dalle aziende agricole per il fondo pensioni dei lavoratori impiegati nell’agricoltura e vengono riviste anno per anno. La revisione delle aliquote contributive, dunque, va a modificare le percentuali fino a raggiungere quella della generalità dei datori di lavoro del settore.

Contributi agricoli del 2022, l’aumento dell’aliquota del fondo pensioni

Pertanto, l’aliquota da versare per i contributi delle pensioni (per invalidità, vecchiaia e superstiti, detta Ivs) aumenta dello 0,20% portandosi al 29,70% rispetto al 29,59 del 2021. Di questa aliquota pensionistica, il 20,86% è a carico dell’azienda e l’8,84% a carico del lavoratore agricolo. Quest’ultima percentuale è l’unica a carico del lavoratore. Le percentuali di aumento dei contributi agricoli sono riportate dalla comunicazione dell’Inps numero 31 del 2022.

Quali altre aliquote contributive sono a carico del datore di lavoro delle aziende agricole?

Le altre percentuali di contributi agricoli dovute dai datori di lavoro consistono:

  • nella quota base dello 0,11% (non è dovuta alcuna percentuale da parte del lavoratore agricolo);
  • nell’assistenza per gli infortuni sul lavoro per una percentuale del 10,1250%. Tale percentuale Inail è rimasta invariata rispetto allo scorso anno;
  • nell’addizionale per gli infortuni sul lavoro del 3,1185%, anche questa invariata e a carico del solo datore di lavoro;
  • nella percentuale per la disoccupazione pari all’1,41%;
  • nelle prestazioni economiche relative alla malattia per una aliquota dello 0,683%;
  • nella cassa integrazione per l’1,5%;
  • nel fondo di garanzia per il Trattamento di fine rapporto (Tfr) per lo 0,20%. Questa quota non è dovuta per gli operai con contratto a tempo determinato per i quali, dunque, l’aliquota complessiva dei contributi dovuti è ridotta al 46,6465%.

Contributi per la disoccupazione Naspi dovuti per gli operai agricoli dovuti anche dalle imprese cooperative

Inoltre, la legge di Bilancio 2022 (legge numero 234 del 30 dicembre 2021), al comma 221 dell’articolo 1, ha modificato e integrato il comma 1 dell’articolo 2, del decreto legislativo numero 22 del 4 marzo 2015. In base alla modifica, a partire dal 1° gennaio 2022, risulta estesa la tutela delle prestazioni di disoccupazione Naspi anche a favore degli operai agricoli a tempo indeterminato (Oti), agli apprendisti e ai soci lavoratori con contratto alle dipendenze delle cooperative e dei loro consorzi inquadrati nel settore dell’agricoltura. Il versamento della contribuzione di finanziamento Naspi è dovuto, pertanto, ai dipendenti, ai soci e agli apprendisti che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici in prevalenza propri oppure conferiti dai loro soci secondo quanto dispone la legge numero 240 del 15 giugno 1984.

Contribuzione dovuta dalle imprese agricole per il finanziamento della Naspi: in cosa consiste?

In base a quanto spiegato dall’Inps, pertanto, dal 1° gennaio 2022 le imprese agricole, le cooperative e i loro consorzi operanti nel settore dell’agricoltura, devono versare la contribuzione di finanziamento Naspi per i lavoratori:

  • assunti a partire dal medesimo giorno a tempo indeterminato con qualifica di operaio agricolo;
  • già assunti in precedenza e ancora in forza alla data del 1° gennaio 2022 (secondo quanto spiegava la circolare Inps numero 2 del 4 gennaio 2022).

Tutti i lavoratori agricoli, per l’applicazione dell’aliquota di finanziamento della Naspi, non devono essere più assoggettati all’aliquota contributiva del 2,75% per la disoccupazione agricola secondo quanto prevedeva l’articolo 11 del decreto legge numero 402 del 29 luglio 1981. Il decreto è stato convertito, con modifiche, dalla legge numero 537 del 26 settembre 1981.

Riduzione dei contributi agricoli per le aziende del settore nell’anno 2022

Anche per l’anno 2022 sono previste le agevolazioni e le riduzioni per le imprese agricole che siano ubicate o che comunque operino in territori montani, classificati come particolarmente svantaggiati. Le stesse agevolazioni sono godute dalle imprese agricole situate nei territori delle aree della ex Cassa del Mezzogiorno. Pertanto, se i contributi agricoli sono dovuti nella misura del 100% dalle imprese del settore operanti in territori non svantaggiati, le riduzioni operano:

  • per le imprese agricole situate in territori particolarmente svantaggiati (ex zone montane) per il 75% con aliquota applicata a carico dell’azienda pari al 25%;
  • per le imprese dei territori classificati come svantaggiati. In questo caso la misura della riduzione è pari al 68%. Rimangono a carico dell’impresa agricola contributi per il 32%.

Patto di famiglia per la continuità dell’azienda agricola

Chi ha un’impresa, e in particolare un’azienda agricola, sogna che la stessa un giorno possa passare agli eredi che spesso vi lavorano e hanno contribuito a renderla produttiva. Ognuno vorrebbe effettuare questo passaggio generazionale senza eccessivi oneri traducendo in diritto una situazione di fatto già esistente. Per raggiungere questo obiettivo c’è il patto di famiglia che può essere utilizzato anche per le aziende agricole.

La disciplina del patto di famiglia

Il patto di famiglia è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge 55 del 2006 e consente al titolare dell’impresa di stabilire mentre è ancora in vita quale dei suoi discendenti potrà godere del trasferimento dell’azienda (i beneficiari assegnatari possono in realtà essere anche più di uno). L’obiettivo è favorire chi in azienda già lavora in modo stabile e magari già la conduce ed evitare fermi e problemi alla continuità legati a questioni ereditarie che potrebbero avere termini lunghi.

In base all’articolo 768 quater del codice civile il patto di famiglia è un contratto inter vivos a cui devono partecipare non solo chi intende trasferire (disponente) un’azienda, una ramo della stessa o quote societarie e il soggetto beneficiato (beneficiario assegnatario), ma anche l’eventuale coniuge e gli altri eredi legittimari (beneficiari non assegnatari).

La tutela dei legittimari

Naturalmente il nostro diritto non prevede la possibilità di danneggiare dei soggetti che sarebbero eredi legittimari e di conseguenza l’articolo 768 quater del codice civile al comma 2 stabilisce che gli assegnatari dell’azienda o delle quote/azioni devono liquidare il valore di ciò che “ereditano” agli altri eredi legittimi, ovviamente sottraendo il valore della propria quota. Costoro possono però rinunziarvi. Questo punto merita di essere sottolineato, infatti la liquidazione deve essere fatta dal beneficiario assegnatario dell’azienda e non dal soggetto disponente.

Nel caso in cui provveda il disponente si potrebbe proporre in seguito un problema successorio perché queste potrebbero essere considerate delle donazioni autonome rispetto al patto di famiglia ed essere oggetto di collazione e azione di riduzione. Proprio per questo si ritiene che nel caso in cui sia il disponente a pagare le quote, diventerà automaticamente titolare di un diritto di credito verso il discendente-assegnatario.

Collegata a questa disposizione vi è il comma 4 il quale stabilisce che quanto ricevuto dai contraenti nel patto di famiglia (beneficiari assegnatari dell’azienda) è esente da eventuali successivi atti di collazione.

Cosa succede se vi sono legittimari sopravvenuti?

La collazione è esclusa anche nel caso in cui successivamente al patto di famiglia ci siano dei legittimari sopravvenuti (figli nati successivamente, un nuovo coniuge, figli riconosciuti successivamente). In questo caso c’è un diritto potestativo del beneficiario, o dei beneficiari, del patto di famiglia che possono liquidare la quota spettante all’erede sopravvenuto. Solo nel caso in cui il beneficiario rifiuti di liquidare le somme sarà possibile chiedere l’annullamento del patto art. 768-sexies cod. civ.

Tra l’altro, la quota del legittimario sopravvenuto deve essere ricostruita attraverso la liquidazione delle somme che deve essere richiesta non solo al beneficiario assegnatario, ma anche a tutti coloro che hanno partecipato al patto di famiglia, cioè gli altri legittimari che hanno accettato il patto di famiglia e sono stati liquidati in qualità di beneficiari non assegnatari.

Con questa disciplina il legislatore regola un caso di eccezione al divieto di patti successori contenuto nell’articolo 458 del codice civile.

L’obiettivo dell’ordinamento con questa disciplina è favorire coloro che operano già all’interno dell’azienda e hanno dimostrato una certa capacità manageriale. In questo modo è possibile salvaguardare la stessa azienda che passa di generazione in generazione senza traumi dovuti magari ad inesperienza degli eredi o alla necessità di stabilire quote e ruoli al momento del decesso. In questo modo è come se si evitasse un trauma aziendale.

Il patto di famiglia nell’azienda agricola

All’interno dell’azienda agricola il patto di famiglia evita ulteriori problemi e cioè che in fase di apertura della successione ci possano essere dei soggetti che vantino il diritto di prelazione forte ( in favore del coltivatore diretto e IAP che ha in locazione i terreni) o diritto di prelazione debole (da parte del proprietario confinante).

Per maggiori informazioni sulla prelazione agraria, leggi l’articolo: Prelazione agraria: aspetti pratici per l’individuazione dei beneficiari

Il vantaggio del patto di famiglia per le aziende agricole non finisce qui, infatti gode dell’esenzione dalle imposte sul trasferimento dell’azienda agricola, insieme all’azienda agricola possono essere trasmessi con patto di famiglia sia i terreni sia i fabbricati strumentali. Per aziende di grandi dimensioni questo implica un risparmio davvero notevole. Questo è possibile in base all’articolo 3, comma 4-ter, D.lgs. 346/1990.

Affinché questa esenzione sia però valida, il beneficiario deve continuare l’attività dell’azienda agricola per almeno 5 anni.

Se il titolare vuole trasferire la sua azienda agricola a più beneficiari avendo però tutti i vantaggi dell’esenzione dalle imposte dirette legati al patto di famiglia, è necessario che gli eredi/beneficiari formino una società agricola.

Per saperne di più sulle caratteristiche della Società Agricola, leggi l’articolo: Società agricola: cos’è, come funziona e i vantaggi che si possono avere

Società agricola: cos’è, come funziona e i vantaggi che si possono avere

Svolgi attività agricola? Il modo più semplice per esercitare tale attività in forma societaria è scegliere le società agricola. Si tratta della forma più semplice di società e soprattutto gode di vantaggi fiscali. Ecco come si costituisce e quali attività può compiere.

Oggetto della società agricola

La società agricola è regolata dal decreto legislativo 99 del 2004 il cui articolo 2 definisce i requisiti che deve avere questa tipologia di società. La prima cosa da sottolineare è che la denominazione della società deve contenere espressamente la dicitura “società agricola”. La seconda cosa da sottolineare è che l’ambito delle attività che questa può porre in essere è ristretto e comprende l’elenco delle attività previste dall’articolo 2135 del codice civile. Si tratta quindi di attività agricola diretta alla coltivazione di terreni, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Le attività connesse devono essere individuate in trasformazione, manipolazione, commercializzazione, valorizzazione e conservazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dall’attività condotta dall’azienda agricola stessa. A ben vedere la definizione comunque è abbastanza ampia e proprio per questo tra le attività che possono essere organizzate sotto forma di società agricola vi è anche l’agriturismo.

Affinché si possa parlare di società agricola è necessario che le attività siano comunque connesse, cioè la trasformazione dei prodotti, la commercializzazione degli stessi deve avere a oggetto prodotti che provengono dalla stessa azienda agricola. Ad esempio una coltivazione di pesche può avere tra le attività connesse la realizzazione di pesche sciroppate, le stesse devono provenire dalla stessa azienda agricola. In questo caso si può utilizzare la forma della società agricola.

Requisiti soggettivi per la società agricola

La società agricola diventa particolarmente utile quando ci sono diversi imprenditori agricoli che vogliono organizzare l’attività in forma societaria. Per la costituzione si possono scegliere diversi schemi, cioè è possibile avere una società agricola di persone o di capitali e si possono scegliere le varie formule, ad esempio SRL, SNC, società cooperativa.

Oltre questi requisiti vi sono quelli sostanziali e gli stessi dipendono dallo schema sociale che si vuole adottare. Ecco di cosa si tratta.

Per le società di persone (ricordiamo che le società di persone sono la SS, Società Semplice, SNC, Società in Nome Collettivo, e SAS, Società in Accomandita Semplice) è necessario che almeno uno dei soci abbia la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale,  IAP, o coltivatore diretto, nel caso in cui la società sia organizzata in forma di SAS, la qualifica di imprenditore agricolo deve essere detenuta dal socio accomandatario.

Per le società di capitali (SRL, SPA e SAPA, Società in Accomandita Per Azioni), la qualifica di imprenditore agricolo professionale o coltivatore diretto deve essere tenuta da almeno uno degli amministratori. Da qui emerge un dato particolare, infatti nelle società di capitali la carica di amministratore può essere conferita a una persona diversa rispetto ai soci. Ne deriva che può esservi una società agricola organizzata in forma di società di capitali (quindi con capitale della società completamente separato rispetto a quello dei soci) senza che nessuno dei soci stessi sia imprenditore agricolo. Tale orientamento è stato anche confermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello 909-216/2006 del 20 luglio 2006.

Nelle società cooperative la qualità di imprenditore agricolo professionale o coltivatore diretto deve essere in capo almeno un amministratore che però deve anche essere socio.

Per informazioni sull’imprenditore agricolo professionale puoi consultare l’articolo: Chi è l’imprenditore agricolo e attività connesse

Perché è importante scegliere la società agricola?

La scelta di organizzare l’attività in forma di società agricola porta numerosi vantaggi. In primo luogo vi è la possibilità di svolgere l’attività in forma di società di capitali con l’opportunità di rispondere dei debiti solo con il capitale della società stessa e non con il patrimonio personale. Ci sono inoltre vantaggi di tipo fiscale, infatti permette di riconoscere alle attività organizzate in forma societaria gli stessi vantaggi fiscali che sono riconosciuti agli imprenditori agricoli e coltivatori diretti. Le società agricole possono ottenere  agevolazioni per l’acquisto di macchinari e terreni. Per le aziende agricole inoltre non è prevista l’IRAP e questa agevolazione si trasferisce anche alle attività organizzate in forma di società agricola. Sottolineiamo ancora che per avere i vantaggi la società deve avere la denominazione specifica di Società Agricola.

Per conoscere i vantaggi fiscali riconosciuti alle società agricole, leggi la guida: Tassazione delle aziende agricole: il regime delle imposte sul reddito

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