Come funzionano le operazioni aziendali di fusione e acquisizione

Tra le operazioni che sono più comuni e più frequenti, e che portano ad una variazione sostanziale dell’assetto societario, ci sono quelle che rientrano nella sigla ‘M&A’ che sta per ‘Mergers and Acquisitions‘. Ovverosia si tratta delle operazioni aziendali di fusione e di acquisizione che permettono a due o più imprese di consolidarsi e di espandersi in mercati ed in settori economici di riferimento che spesso sono sia complementari, sia sempre più competitivi. Vediamo allora, nel dettaglio, di spiegare che cos’è una fusione e che cos’è invece un’operazione di acquisizione, ed anche di definire e di fissare quali sono le differenze.

Cos’è un’acquisizione e cos’è invece un’operazione di fusione

Nel dettaglio, un’operazione societaria di acquisizione non è altro che un passaggio di proprietà. Con la società acquirente che rileva le quote societarie di un’altra impresa. Quest’ultima, inoltre, viene incorporata dalla società acquirente che diventa, in tutto e per tutto, proprietaria di tutti gli asset dell’azienda acquisita. Includendo pure i marchi e gli eventuali brevetti.

L’operazione di fusione, invece, è l’unione tra due società che è finalizzata a creare una nuova entità. Precisamente, una nuova azienda che, dalla combinazione degli asset, è più grande e, di conseguenza, è anche più forte e più competitiva sul mercato relativo ai settori economici in cui opera.

Come avvengono le operazioni aziendali di fusione e di acquisizione in termini dimensionali

In linea generale, possiamo inoltre dire che l’operazione di acquisizione avviene tra società di dimensioni diverse. Con un’impresa più grande o molto più grande che in genere acquisisce la società più piccola. Mentre le operazioni di fusione spesso avvengono tra società che hanno all’incirca la stessa dimensione. In tal caso si parlerà infatti di operazione di fusione alla pari tra le due aziende.

Pur tuttavia, al netto delle dimensioni delle imprese in gioco, nell’ambito di un’operazione di fusione un’azienda rispetto all’altra può far spesso leva su un maggior potere contrattuale. Per esempio, un’azienda in salute che si fonde con un’azienda che, pure avendo magari dimensioni simili, è invece in qualche modo in difficoltà.

Per esempio, in quanto al momento della fusione ha perso importanti quote di mercato nel settore economico in cui opera. Oppure ha fatto registrare di recente degli indicatori economici e finanziari in peggioramento.

Chi sono le persone giuridiche e quali sono le differenze con le persone fisiche

In Italia a livello fiscale i contribuenti possono essere suddivisi e identificati all’interno di due grandi categorie. Ovverosia le persone fisiche e le persone giuridiche. Con queste ultime che, a loro volta, possono essere costituite da due o più persone fisiche.

In altre parole, la persona giuridica è un soggetto di diritto che, nel momento della sua costituzione, acquisisce dei diritti ma ha pure dei doveri. Vediamo allora, nel dettaglio, chi sono le persone giuridiche. Ed anche quali sono le differenze con le persone fisiche.

Le persone giuridiche con e senza fine di lucro

Le persone con capacità giuridica, in particolare, possono essere suddivise in due grandi categorie. Ovverosia le persone giuridiche con scopi di lucro, e quindi orientate al profitto, e quelle che invece non perseguono delle finalità economiche.

Per semplificare, una società è una persona giuridica che, rappresentante un’organizzazione di persone, ha scopi di lucro. Mentre un’associazione è sempre costituita da un insieme di persone, ma tra i suoi scopi non ha quello di promuovere e di portare avanti attività per fini di lucro.

Quali sono le persone giuridiche pubbliche e quelle private

Inoltre, le persone giuridiche possono essere distinte tra pubbliche e private. Per esempio, rientrano tra le persone giuridiche pubbliche i comuni, le regioni, gli enti territoriali ed altri enti pubblici come le Università. Mentre un’associazione o una fondazione è una persona giuridica privata al pari delle varie forme di società che si possono costituire. Dalla società a responsabilità limitata alla società per azioni.

Quali sono gli obblighi per le persone fisiche e per quelle giuridiche

Tra gli obblighi che possono accomunare le persone fisiche a quelle giuridiche, se questi sono soggetti passivi IVA, c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, l’obbligo della fatturazione elettronica è stato introdotto l’1 gennaio del 2019 per poi essere stato ulteriormente esteso anche ai forfettari, a partire dall’1 luglio del 2022, con un volume dei ricavi o dei compensi superiore alla soglia dei 25.000 euro.

Mentre l’obbligo di fatturazione elettronica verso la PA, anche per i forfettari, era invece già in vigore. Questo significa che, a partire dall’1 luglio del 2022, le persone fisiche titolari di partita IVA, e con ricavi o compensi sopra la soglia dei 25.000 euro, sono sempre obbligati ad amettere ed a trasmettere tutte le fatture attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) che è gestito dall’Agenzia delle Entrate.

La fusione di due o più società: come e perché avviene?

La fusione tra due o più società e qualcosa che permette di cambiare la compagine aziendale. Una guida per conoscere l’intero processo.

Fusione: la normativa di riferimento

La fusione è l’unificazione di due o più imprese in una sola. Così si dà luogo “mediante la costituzione di una società nuova, o mediante l’incorporazione in una società di una o di altre” (Art 2501). Nel primo caso, quando due o più società danno vita ad un’unica società nuova si ha la fusione in senso stretto. Mentre nel secondo caso,  si ha la fusione per incorporazione di una o più società in un’altra già esistente. E’ anche vero che quando si tratta di fusione di società appartenenti a diversi tipi, si pongono varie problematiche anche in sede di responsabilità dei soci che la compongono. Ma andiamo con ordine d’informazione.

Fusione: il procedimento

Per poter procedere ad una fusione tra imprese, occorre predisporre alcuni importanti documenti:

  • il progetto di fusione;
  • la situazione patrimoniale;
  • la relazione dell’organismo amministrativo;
  • la relazione degli esperti.

Questa documentazione raccoglie il contenuto informativo minimo che obbligatoriamente deve essere posto a disposizione non solo dei soci, ma anche dei terzi. Anche se possono anche essere richiesti dei documenti integrativi allo scopo di una maggiore chiarezza dell’operazione. Il progetto di fusione è redatto dagli amministratori delle società coinvolte. Inoltre il progetto deve contenere: il tipo, la deniminazione sociale, la sede, l’atto costitutivo, il concambio, eventuali conguagli in denaro da corrispondere ai soci. Ma anche deve essere indicata la modalità di assegnazione delle azioni e la partecipazione agli utili.

La situazione patrimoniale della nuova società

La situazione patrimoniale è un documento che mette a nudo la situazione patrimoniale della nuova società. Ma parte dall’analisi del bilancio infrannuale di ciascuna società. Il bilancio di ciascuna società deve essere redatto in forma analitica. Ciò avviene soprattutto per garantire l’interesse dei creditori sociali, che devono essere in grado di conoscere la solidità della neonata. I documenti, accompagnati dai bilanci degli ultimi tre anni, devono rimanere depositati presso la sede di ciascuna società nei trenta giorni che precedono l’assemblea. Questo per permettere ai soci di fare le loro valutazioni prima di votare.

La relazione dell’organo amministrativo e degli esperti

La relazione dell’organo amministrativo deve illustrare e giustificare il progetto di fuzione. Infatti essa deve indicare i criteri di determinazione del rapporto di cambio e deve indicare evenutali difficoltà di valutazione. Tuttavia il rapporto di cambio esprime la misura della parte delle azioni o quote della società risultante dalla fusione che i soci della società partecipanti ricevono in funzione del rapporto tra i patrimoni effettivi delle società partecipanti alla fusione stessa. Mentre la relazione degli esperti si sostanzia in un parere motivato sulla congruità del rapporto di cambio, che indichi il metodo seguito per i valori risultati. Nel caso in cui si tratta di società con titoli quotati nei mercato regolamentati l’esperto deve essere una società di revisione. Inoltre la norma attribuisce all’esperto il potere di ottenere dalle società tutte le informazioni e i documenti necessari per procedere alla verifica.

La deliberazione da parte dei soci

La norma impone che tutta la documentazione finora citata venga depositata presso la sede sociale, trenta giorni prima dell’assemblea dei soci. Inoltre le società quotate sono tenute ad una particolare informazione sia della Consob che dei risparmiatori. Secondo la riforma societaria del 2003 per l’approvazione della fusione, nelle società di persone è sufficiente il consenso della maggioranza dei soci. Invece per le società di capitali occorre la deliberazione dell’assemblea straordinaria. Mentre per le società in accomandita per azioni l’approvazione di tutti i soci accomandatari. Infine nelle società a responsabilità limitata i soci che non acconsentono, hanno il diritto di recedere dalla società. La deliberazione e tutta la documentazione devono essere iscritte nel registro delle imprese, previa verifica dalle condizioni stabilite dalla legge e dal notaio.

L’atto di fusione

L’atto di fusione può essere stipulato subito dopo l’iscrizione delle deliberazioni. Ma deve esserci il consenso dei creditori, il pagamento degli stessi, il deposito delle somme presso la banca o l’asseverazione della società di revisione. Oppure dopo 60 giorni dall’iscrizione delle deliberazioni se nn vi sono opposizioni. La fusione deve essere redatta per atto pubblico. Ma non solo, deve essere di sostanza e di forma richiesti nell’atto costitutivo della società risultante dalla fusione. Questo documento deve quindi contenere tutte le regole della nuova società, che spesso sono diverse da quelle di origine. Infine l’atto di fusione va registrato come pubblicità costitutiva.

 

Come si determina il reddito delle società e degli enti non residenti?

In Italia le società e gli enti non residenti possono esercitare la loro attività anche in Italia, se al riguardo non ci sono disposizioni che lo vietano come, ad esempio, il rilascio di una licenza o di una concessione. Ma esercitando la loro attività anche in Italia è chiaro che scattano gli obblighi nei confronti del Fisco. In altre parole, come e quando le società e gli enti non residenti pagano le tasse all’Agenzia delle Entrate? Al riguardo, e di conseguenza, vediamo come si determina il reddito delle società e degli enti non residenti.

Ecco come si determina il reddito delle società e degli enti non residenti

Nel nostro Paese le società e gli enti non residenti pagano le tasse, come soggetti IRES, limitatamente ai redditi prodotti in Italia. Inoltre, su come si determina il reddito delle società e degli enti non residenti, c’è da fare una netta distinzione. Ovverosia, quella tra gli enti non residenti commerciali, e gli enti non residenti non commerciali.

Ed in entrambi i casi queste società e questi enti non residenti, pur avendo prodotto reddito in Italia, non solo non hanno una sede legale o amministrativa nel nostro Paese, ma non hanno in Italia nemmeno l’oggetto principale dell’attività.

La determinazione del reddito per le società e per gli enti commerciali non residenti

Nel dettaglio, per la determinazione del reddito per le società e per gli enti commerciali non residenti, si deve distinguere tra la presenza di una stabile organizzazione sul territorio dello Stato italiano, e l’assenza di tale requisito. Gli enti commerciali non residenti con la stabile organizzazione, sempre limitatamente al reddito prodotto in Italia, pagano infatti le tasse allo stesso modo degli enti commerciali che sono residenti.

Il che significa, tra l’altro, che gli enti commerciali non residenti la con stabile organizzazione, sempre limitatamente al reddito prodotto in Italia, sono chiamati a redigere il conto economico sulla gestione e su tutte le attività che hanno prodotto utili e ricavi nel nostro Paese.

Per gli enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione in Italia, invece, il reddito complessivo imponibile si determina andando a sommare i singoli redditi che sono stati prodotti in Italia. I singoli redditi, a loro volta, devono essere determinati dagli enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione in base alle regole che sono previste per le singole categorie economiche nelle quali rientrano. In più, ai sensi della normativa fiscale vigente, gli enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione in Italia possono portare in deduzione alcuni oneri dal reddito prodotto nel nostro Paese.

La determinazione del reddito per le società e per gli enti non commerciali non residenti

Per le società e per gli enti non commerciali non residenti, la determinazione del reddito segue il principio applicato per gli enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione in Italia. Quindi, anche in questo caso il reddito imponibile è dato dalla somma dei singoli redditi. Ed anche per le società e per gli enti non commerciali non residenti, come sopra detto, è ammessa la deducibilità fiscale di alcuni oneri.

Meglio un’associazione culturale o società? Scopriamolo insieme

Le persone hanno sempre avuto il desiderio di vivere in comunità e perseguire degli obiettivi comuni, proprio per questo l’uomo si definisce generalmente un animale sociale. Allo stesso tempo ha la necessità di regolare i rapporti che possono nascere al fine anche di evitare problemi e realizzare quella che viene definita la certezza del diritto. Purtroppo, soprattutto in Italia, per poter svolgere le attività “sociali” sono disponibili diverse forme giuridiche e non sempre è facile scegliere quella giusta perché ognuna ha dei pro e dei contro. Vedremo ora quali sono le differenze tra queste due forme in modo da poter scegliere tra associazione culturale o società.

Associazione culturale o società?

Nel precedente articolo sono stati esaminati i vantaggi e gli svantaggi di un’associazione culturale e in particolare è stato posto l’accento sui vantaggi fiscali che possono ottenere gli enti del terzo settore, con o senza personalità giuridica. Ciò che però molti si chiedono è se conviene di più scegliere di esercitare l’attività sotto forma di associazione culturale o società. Non è semplice rispondere al quesito, molto dipende dall’obiettivo che si intende perseguire, di fatto non esiste una risposta univoca, ma occorre analizzare bene la situazione concreta della singola realtà che si vuole costituire e capire come agire. Deve essere sottolineato che in Italia è possibile avere anche la società unipersonale, mentre per quanto riguarda le associazioni occorre che siano presenti almeno tre soci fondatori che possano ricoprire le cariche essenziali. Già questa è una prima nota che può fare la differenza.

Occorre ricordare che l’attività delle associazioni culturali deve essere svolta senza fini di lucro, si tratta infatti di un ente no profit, e  quindi gli associati non possono dividere gli utili. E’ vero che l’associazione culturale può avere dei dipendenti e che gli stessi naturalmente devono essere retribuiti, ma questo non fa venire meno il divieto di dividere gli utili, che è un’operazione diversa rispetto al pagamento delle retribuzione e dei contributi per dipendenti.

Si è detto in precedenza che le associazioni culturali possono anche avere una partita IVA e che possono avere anche natura commerciale, ma questo non vuol dire che vi sono degli utili da dividere, infatti eventuali ricavati dalle attività commerciali sono utilizzabili per pagare i dipendenti e per svolgere attività inerenti la stessa associazione e più in particolare il raggiungimento dello scopo.

La principale differenza tra associazione culturale e società

Questa breve disamina non vuole essere una inutile ripetizione di contenuti già presenti, ma un modo per far capire che vi è una fondamentale differenza tra l’attività svolta da un’associazione culturale e quella invece svolta da una società, di fatto sia scegliendo la formula della società di persone, sia quella di società di capitali  si ha la possibilità di dividere gli utili e quindi di avere un lucro. Tra le varie forme societarie presenti nel diritto italiano quella che molto probabilmente si avvicina di più all’associazione culturale è la società cooperativa in quanto ha comunque uno scopo mutualistico e ha come obiettivo la divisione degli utili tra tutti coloro che partecipano alla stessa società cooperativa.

Regime forfettario e associazione culturale

Ci sono inoltre altri risvolti da tenere in considerazione, ad esempio chi ha una partita IVA, professionista o con altra attività professionale, ed opera con il regime forfettario non può detenere quote o azioni di società e continuare ad operare con il regime fiscale forfettario. Tale limite però non vi è nel caso in cui si sia soci di un associazione culturale, questo vale anche nel caso in cui nella stessa associazione culturale si ricopra il ruolo di membro del consiglio direttivo.

Questo implica che se si vuole svolgere attività di promozione culturale ma professionalmente si lavora con una partita IVA e si gode del regime agevolato, è conveniente svolgere l’attività di promozione culturale con il vincolo associativo e non societario. L’unico caso in cui si può essere membri di una società e allo stesso tempo conservare il regime forfettario è quello della società cooperativa, ecco perché ancora una volta questa forma societaria potrebbe essere la soluzione.

Sei ancora indeciso tra associazione culturale o società? L’aiuto di un professionista inq uesto caso potrebbe esserti molto utile.

Qual è il presupposto oggettivo dell’Ires?

Al pari dell’Irpef, che è una tassa che viene applicata in Italia sul reddito delle persone fisiche, nel nostro Paese c’è una tassa che, avente sostanzialmente le stesse caratteristiche, viene applicata a carico delle imprese. Si tratta, nello specifico, di un’imposta che è proporzionale e che è chiamata Ires, una sigla che sta per imposta sul reddito delle società. L’Ires è, nello specifico, una tassa che viene applicata, con una determinata aliquota, sui profitti che vengono conseguiti in Italia dalle società. Ma detto questo, qual è il presupposto oggettivo dell’Ires?

Ecco qual è il presupposto oggettivo dell’Ires, imposta sul reddito delle società

Il presupposto oggettivo dell’Ires è legato al possesso, da parte di un’impresa, di redditi in denaro oppure in natura. Con tutti questi redditi che, qualunque sia la loro fonte di provenienza, sono considerati redditi d’impresa. E quindi soggetti a tassazione attraverso l’imposta sul reddito delle società.

Questo vale, per esempio, per le società di capitali e per gli enti commerciali residenti. Ma anche per enti non commerciali e per le società di capitali che, pur non essendo residenti in Italia, hanno sul territorio dello Stato italiano una stabile organizzazione.

Il presupposto oggettivo dell’Ires prevede l’applicazione delle tasse sui redditi a tutte le persone giuridiche che, soggette all’imposta, sono residenti in Italia. E questo senza alcuna distinzione a livello geografico. In altre parole, l’Ires su tutti i redditi dell’impresa residente in Italia scatta sempre indipendentemente dal luogo di produzione dei beni o dell’erogazione dei servizi. Mentre le persone giuridiche non residenti sono tenute al pagamento dell’Ires limitatamente a tutti i redditi che sono prodotti in Italia.

Presupposto oggettivo Ires anche in caso di esterovestizione

Tra la residenza in Italia e la residenza al di fuori dei confini nazionali, ai fini dell’applicazione dell’Ires, c’è pure una via di mezzo che è rappresentata dalla cosiddetta esterovestizione, e che presenta fini elusivi. In tal caso, infatti, si parlerà di società esterovestite per le quali l’Amministrazione Finanziaria applicherà sempre la presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia.

In altre parole, una società identificata come esterovestita sfugge al pagamento dell’Ires se e solo se è in grado di dimostrare di non essere tale. Altrimenti sarà considerata una società avente all’estero, ed in maniera fittizia, la residenza fiscale con il chiaro intento di avvalersi di un regime fiscale che è agevolato rispetto a quello nazionale. Quando invece, in tutto e per tutto, persegue in realtà in Italia il suo oggetto sociale.

L’Ires è una tassa per molti ma non per tutti, ecco chi è esente dall’imposta sui redditi

In qualità di imposta proporzionale, l’Ires è comunque una tassa che include una larga casistica di esenzione. Prima di tutto, in Italia non sono soggetti all’Ires i comuni, le province, le regioni, le comunità montane nonché tutti gli organi organi e tutte le amministrazioni dello Stato italiano. Tra gli altri, non sono soggetti all’imposta Ires nemmeno i consorzi tra gli enti locali, e numerose realtà dell’associazionismo come, per esempio, le associazioni di donatori volontari di sangue.

Che differenza c’è tra una cooperativa ed un’azienda?

Quando nasce un’azienda, per esempio una società per azioni oppure una società a responsabilità limitata, lo scopo primario è quello di conseguire dall’attività un utile da andare a distribuire ai soci. Non a caso le società per azioni e le società a responsabilità limitata rientrano tra le cosiddette società lucrative, ma non sempre una società viene costituita con il fine di lucro.

Differenza tra aziende e cooperative, dai fini di lucro agli scopi mutualistici

Ci sono infatti società che, a favore dei soci, non puntano alla distribuzione di profitti ma al soddisfacimento di determinati bisogni che possono essere rappresentati da beni e servizi oppure da bisogni di natura occupazionale. Come impresa della comunità, rispetto ad un’azienda, la cooperativa differisce dalle società lucrative proprio perché persegue degli obiettivi e degli scopi mutualistici.

Azienda vs cooperativa, le differenze sulla governance e sul capitale sociale

Come impresa della comunità, infatti, nella cooperativa, rispetto per esempio alla società per azioni, tutti i soci hanno pari diritti ed hanno lo stesso peso. Il principio che regge una cooperativa, in termini di governance, non a caso, è quello che prevede una testa ed un voto. Ovverosia, il socio della cooperativa corrisponde sempre al peso di un solo voto mentre nella società per azioni il peso di un socio è in proporzione alla sua partecipazione e, quindi, al numero di azioni possedute.

In più, la cooperativa per definizione è una società a capitale variabile in quanto nell’atto costitutivo non possono essere presenti delle clausole tali da vietare del tutto l’ingresso a nuovi soci. E se per la governance vige il principio di una testa un voto, il principio che vieta per una cooperativa le clausole nell’atto costitutivo, che impediscano l’ingresso dei nuovi soci, è definito come principio della porta aperta.

Ecco perché la cooperativa non è mai una società lucrativa

Tra le società mutualistiche per antonomasia, la cooperativa non ha fini di lucro in quanto, ai sensi di legge, sul patrimonio vige il vincolo di indivisibilità. In altre parole, con lo scioglimento di una cooperativa i soci possono al più riappropriarsi delle quote di capitale versate, ma non possono incassare alcun valore legato alla vendita in quanto tutto va ai fondi mutualistici. Mentre con lo scioglimento di una società di capitali l’eventuale attivo, valorizzato e monetizzato, viene distribuito ai soci, dopo aver saldato tutti i debiti, in proporzione alle quote possedute.

Come si costituisce una cooperativa, dai soci alla comunicazione di inizio attività

Attualmente per la costituzione di una cooperativa servono almeno 3 persone con la redazione dell’atto costitutivo e dello statuto per atto pubblico. Ai sensi si legge, inoltre, la cooperativa deve iscriversi nel registro delle imprese, deve ricevere l’attribuzione del codice fiscale e della partita Iva, ed occorre altresì comunicare alla Camera di Commercio ed all’Agenzia delle Entrate l’inizio dell’attività.

Per settore economico, la cooperativa può operare nei settori più svariati. Per esempio, è possibile costituire una cooperativa agricola, una cooperativa di servizi oppure di produzione e lavoro. Ma ci sono, tra le altre, pure le cooperative culturali, le cooperative edilizie di abitazione e le cooperative di consumo.

Che differenza c’è tra società lucrative e società mutualistiche?

Tutte le società che sono orientate al profitto, ed in particolare al conseguimento di utili da ripartire poi tra i soci, sono dette società lucrative. La maggioranza delle aziende rientra proprio nella categoria delle società lucrative, ma non sempre la costituzione della società ha come scopo, come fine, e quindi come oggetto sociale, quello di ottenere dei profitti da andare poi a ripartire tra coloro che hanno investito nel capitale di rischio.

In opposizione alle società lucrative, infatti, ci sono pure le cosiddette società mutualistiche che non hanno come scopo quello di ottenere utili per poi procedere alla ripartizione, ma quello di rispettare e di perseguire il cosiddetto principio della mutualità. Ed allora, che differenza c’è tra le società lucrative e le società mutualistiche?

Società lucrative e società mutualistiche, le caratteristiche e le differenze

Per il fine di lucro, da parte di un’impresa che esercita un’attività economica, sussiste la distinzione tra le società di persone e le società di capitali. Sia le società di capitali, sia le società di persone, puntano alla realizzazione di utili, mentre le società mutualistiche nascono per permettere ai soci di accedere a benefici che non prevedono mai la distribuzione e quindi la ripartizione di profitti.

Nel dettaglio, la società mutualistica nasce con l’obiettivo di permettere ai soci di accedere ad occasioni di occupazione con condizioni più vantaggiose, a partire dalla retribuzione, rispetto a quelle che si otterrebbero sul mercato del lavoro. Così come una società mutualistica come scopo può avere pure quello di operare con il fine di fornire ai soci l’accesso a beni ed a servizi sempre a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle offerte dal mercato.

Quali sono le società mutualistiche e quali invece sono quelle lucrative

Tra società di persone, e le società di capitali, le società lucrative sono le seguenti: le società semplici, le società a responsabilità limitata, le società in accomandita semplice, le società in accomandita per azioni, le società in nome collettivo ed anche le società per azioni. Tutte le società non costituite con il fine di lucro, invece, rientrano nella categoria delle società mutualistiche, e tra queste spiccano le società cooperative.

Cooperative, ecco le società mutualistiche per antonomasia

Le cooperative sono infatti società che, a capitale variabile, sono quelle mutualistiche per antonomasia. Ad ogni socio di una cooperativa corrisponde un voto indipendentemente dal valore della quota posseduta.

La qualificazione mutualistica di una società cooperativa è sancita, in ogni caso, dalla sua iscrizione ad apposito albo, ovverosia all’albo delle cooperative. Altrimenti non solo una società cooperativa non sarà ritenuta tale ai sensi di legge in Italia, ma non potrà nemmeno invocare e quindi accedere alle agevolazioni di settore previste dalla normativa vigente.

L’albo delle società cooperative, che risulta essere disciplinato dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 23 giugno del 2004, e da successive integrazioni, è pubblico ed è consultabile proprio dal sito Internet del MiSE. La gestione dell’albo, ed il relativo aggiornamento, è invece a cura di InfoCamere. Ovverosia da parte della società consortile di informatica delle Camere di Commercio Italiane.

In che cosa consiste e che cosa comporta il fine di lucro che caratterizza le società lucrative?

Quando una società viene costituita, questa deve avere non solo uno scopo, ma anche una forma giuridica ben definita e rispettante, per quel che riguarda l’Italia, il codice civile ai sensi di legge. Nel dettaglio, le società possono essere suddivise in due grandi categorie, ovverosia le società cosiddette mutualistiche, e quelle cosiddette lucrative. Ed allora, per queste ultime, in che cosa consiste e che cosa comporta il fine di lucro che caratterizza le società lucrative?

Quali sono le società lucrative e qual è lo scopo primario

Al riguardo c’è da dire che il fine di lucro per una società lucrativa, come scopo primario, è quello di ottenere degli utili al fine di ripartirli poi tra i soci. Per esempio, rientra tra le società lucrative la società a responsabilità limitata, la società in nome collettivo e la società semplice. E lo stesso dicasi per la società in accomandita per azioni, la società in accomandita semplice e la società per azioni.

L’autonomia patrimoniale perfetta e imperfetta delle società lucrative

In base alla loro autonomia patrimoniale, inoltre, le società lucrative possono essere a loro volta distinte e suddivise in due categorie, ovverosia in società di persone ed in società di capitali. Nel dettaglio, le società di capitali hanno un’autonomia patrimoniale perfetta, mentre per le società di persone l’autonomia patrimoniale è detta imperfetta. E questo perché, per definizione, l’autonomia patrimoniale è perfetta quando sussiste una netta separazione tra il patrimonio dei singoli soci ed il patrimonio della società che è stata costituita.

Una società di capitali presenta un’autonomia patrimoniale perfetta proprio perché è dotata di un patrimonio che è distinto da quello dei soci. Non a caso i creditori sociali possono aggredire per essere pagati il patrimonio di una società di capitali, ma non quello posseduto dai singoli soci essendo questo completamente separato.

Tra le società lucrative, di conseguenza, sono dotate di autonomia patrimoniale perfetta le società per azioni, le società a responsabilità limitata e le società in accomandita per azioni. Mentre hanno un’autonomia patrimoniale imperfetta le società semplici, le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice.

Per la precisione, le società in accomandita per azioni e le società in accomandita semplice hanno in realtà un’autonomia patrimoniale che è mista. In quanto, a differenza dei soci accomandatari, i soci accomandanti per le obbligazioni sociali rispondono solo nei limiti del patrimonio che è stato conferito. Mentre i soci accomandatari, sempre per le obbligazioni sociali, rispondono insieme alla società anche con il loro patrimonio personale.

Quali sono le società diverse da quelle lucrative

In contrapposizione al fine di lucro che caratterizza le società lucrative, le società cosiddette mutualistiche, come sopra accennato, non hanno invece come scopo primario quello di conseguire un utile da distribuire tra i soci. E’ il caso delle società di mutua assicurazione ed anche delle società cooperative per le quali tutti i soci sono imprenditori di se stessi. Mutualità, solidarietà e democrazia, infatti, sono non a caso i principi cardine di una società cooperativa senza alcun fine di speculazione privata.

Società in liquidazione: cosa succede ai dipendenti

La chiusura di un’azienda, soprattutto in tempi di crisi economica non è purtroppo un evento raro. Una società può cessare la propria attività economica a causa di motivi involontari, come una procedura fallimentare aperta a suo carico da creditori. Oppure per motivi volontari, come la decisione di chiudere per mancanza di prospettive future o per debiti contratti troppo alti che si realizza con la sua messa in liquidazione.

I lavoratori dipendenti di una società che viene messa in liquidazione, in linea di massima si preoccupano nel caso l’amministratore non provveda al pagamento degli arretrati prima della cessazione di un’attività volontaria o involontaria.

Società in liquidazione: di cosa si tratta

C’è da fare un distinguo tra la liquidazione di una società e il suo fallimento. La liquidazione concerne la chiusura volontaria della società e si rende necessaria al fine della sua cancellazione dal Registro delle Imprese. Il soggetto liquidatore nominato assume il compito di soddisfare i debiti in essere e di procedere con la riscossione dei crediti. Successivamente, vengono venduti i beni del patrimonio aziendale e con i ricavi conseguiti chiudere tutte le passività. L’iter può concludersi in perdita, in pareggio o con un attivo da ripartire tra i soci.

In realtà, la liquidazione di una società avviene anche in caso di procedura fallimentare avviata da un giudice con il supporto di un curatore, a seguito di un’istanza di fallimento richiesta dai creditori. La differenza sostanziale, è che nel caso di fallimento, l’imprenditore è privato di ogni potere.

Conseguenze per i dipendenti di una società in liquidazione

Nel caso di fallimento di una società, il Fondo di Garanzia dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale provvede al pagamento delle ultime tre retribuzioni mensili maturate dai dipendenti nell’ultimo anno dalla dichiarazione fallimentare e al Trattamento di Fine Rapporto.

L’erogazione non avviene in modo automatico. I dipendenti a cui devono essere pagati gli stipendi arretrati, devono presentare un’istanza all’Ente a seguito dell’ammissione allo stato passivo del fallimento che avviene tramite udienza da parte del giudice, il quale accerta il credito e autorizza l’INPS a pagarli. Il credito va comprovato previo domanda effettuata al Curatore con il Cud o le buste paga o il contratto di lavoro.

Nel caso di società in liquidazione, con i dipendenti che avanzano ancora delle retribuzioni, per riceverne il pagamento devono inoltrare domanda alla società tramite Posta Elettronica Certificata o raccomandata con prova di consegna all’indirizzo della sede legale della società.

Se la società non dovesse provvedere al saldo degli arretrati, i lavoratori possono presentare un’istanza fallimentare in tribunale. Nel momento in cui essa viene accolta e si procede con l’apertura del fallimento, interviene l’INPS per pagarli tramite il proprio Fondo di Garanzia. La richiesta deve essere formale, eventualmente redatta da un avvocato.

In attesa dell’eventuale accoglimento della suddetta istanza, il debito resta in capo alla società e i lavoratori, nel caso non dovessero ricevere nemmeno in seconda battuta il TFR o le retribuzioni arretrate dalla stessa, saranno costretti ad attendere la decisione del tribunale.

Durata della liquidazione di una società

Purtroppo per i dipendenti che non hanno ricevuto gli arretrati dalla società in liquidazione per cui hanno lavorato, la durata della stessa può corrispondere anche a diversi anni. Dipende da quanti beni deve vendere la società e dalla platea degli acquirenti. Per questo motivo e nel caso ci si possa fare un’idea della possibile solvenza della società, a volte è consigliabile ricorrere all’istanza di fallimento.

Per approfondire l’argomento: