Oggi a Rapallo la finale del GI Startup Contest

In occasione del 47esimo Convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria in svolgimento oggi a Rapallo, verrà presentata la terza edizione di GI StartUp Contest, presentato nel 2015 con lo scopo di promuovere sinergie e scambio tra mondo delle imprese tradizionali e quello delle startup innovative.
In palio ci sono 250mila euro di investimento diretto, che permette alle startup più interessanti di portare a termine e concretizzare il proprio progetto.

Considerando che, tra le nuove imprese partecipanti nelle scorse edizioni, il 77% ha trovato finanziatori o soci nel giro di 12 mesi successivi al contest, si tratta sicuramente di un’opportunità da non perdere.

L’intuizione del GI StartUp Contest è venuta a sei giovani imprenditori per offrire alle realtà innovative l’opportunità di confrontarsi con gli eventuali investitori senza l’intervento di intermediari.

Fondatore del contest si chiama Andrea Cotrufo, il quale ha presentato il progetto così: “Il sistema italiano del credito non supporta sufficientemente le realtà innovative mentre gli industriali, in quanto investitori per eccellenza, possono rappresentare l’interlocutore corretto per sostenerne lo sviluppo, l’integrazione e in qualche caso anche l’incubazione o l’accelerazione. Le aziende sono la culla naturale della crescita”.

Le 13 finaliste del 2017 sono Archon Technologies, Brainer, Checkout Technologies, Demosend, Needo, Green Apes, Credi, Laborplay, M3dics, Oval Money, Raw (Endosight), SmarTv e Squid, che sono arrivate fino alla fine dopo un tour di quattro tappe che ha toccato le città di Milano, Torino, Firenze e Ascoli Piceno e ha selezionato più di 200 startup tra le iscritte e altre 30 aggiuntesi dopo una call promossa nel mese di maggio. Dieci tra le finaliste arrivano da questo iter mentre due provengono dall’ Unreasonable Institute Italian Chapter e la startup vincitrice del premio dedicato alle nuove imprese di EY, da quest’anno partner del GI StartUp Contest.

Alessio Rossi, nuovo presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, ha aggiunto: “In Italia le startup sono ancora considerate come una realtà acerba ed esterna all’impresa, mentre rappresentano il motore propulsore dell’innovazione a livello internazionale. Con questa iniziativa vogliamo sottolineare l’esigenza di contaminare l’impresa tradizionale e matura con il mondo delle startup, puntando su nuove sinergie industriali. Si tratta di un’operazione culturale necessaria per recuperare il ritardo del nostro Paese in tema di mercato dei capitali e fondi per i capitali di rischio a sostegno di imprese giovani e innovative”.

Vera MORETTI

Premio NIDI, per le imprese e le startup innovative

Fino all’11 luglio è possibile presentare la propria domanda per partecipare al concorso NIDI, ovvero Nuova Idea D’Impresa, un contest pensato e finalizzato a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria ma anche la cultura dell’innovazione, tramite l’attivazione di una competizione tra progetti innovativi promossi da imprese e da startup, innovative naturalmente.

Chi può partecipare al concorso? Sicuramente le imprese innovative e le startup che presentano idee innovative, purché inerenti ad uno dei settori di riferimento: meccatronica e motoristica, automazione, materiali, ambiente, energia, comunità urbane e/o locali (Smart Cities e communities) agribusiness, biomedicale.

I progetti che verranno giudicati i più interessanti ed innovativi potranno concorrere al premio finale, che consiste in un contributo pari a 26mila euro e a un bonus da utilizzare in servizi del valore di 10mila euro.
Verranno proclamati tre vincitori, che potranno accedere a un percorso di due anni di incubazione gratuita presso la sede di Innovami, che si trova ad Imola.
Per ricevere ulteriori informazioni e il regolamento ufficiale, è possibile collegarsi direttamente sul sito.

Vera MORETTI

Per le pmi, parte la quarta edizione di UniCredit Start Lab

Le startup e le piccole e medie imprese capaci di proporre progetti e servizi innovativi possono contare su un’iniziativa di UniCredit, arrivata alla sua quarta edizione proprio grazie al successo avuto negli anni scorsi, che vuole aiutare, sostenere ed incoraggiare la nascita di nuove pmi.

Si tratta di UniCredit Start Lab, che, una volta individuati i progetti più meritevoli, attiverà un programma di accelerazione e incentiverà nuovi investimenti.

Nel dettaglio, il bando si rivolge alle startup di meno di cinque anni, oltre che alle piccole e medie imprese innovative e alle persone fisiche con idee imprenditoriali vincenti.
E’ previsto inoltre un programma di accelerazione completo e strutturato in diverse fasi, con iniziative di mentoring e l’assegnazione finale di un premio in denaro.
Inoltre, i progetti innovativi proposti possono riguardare quattro aree distinte, quindi verranno divisi in tre categorie: Innovative Made in Italy, Digital, Clean Tech, Life Science.

UniCredit concede servizi di networking e mentorship, erogando contributi da 10 mila euro per ciascuna delle quattro categorie.

Le domande possono essere inviate entro il 2 maggio 2017.

Vera MORETTI

In Lazio un bando per le startup innovative

Per favorire la nascita di startup innovative e spin-off della ricerca sul territorio, la Regione Lazio ha presentato un nuovo programma che si pone come obiettivo quello di attirare nuovi investitori incentivare al contempo i processi di trasferimento tecnologico, in particolare nelle fasi di avviamento delle nuove imprese.

Per poter partecipare al bando pre-seed, le startup devono avere, tra i propri requisiti, quello di avere, tra i soci, una risorsa in possesso di un titolo di studio di alta formazione o che abbia lavorato come ricercatore per almeno 3 anni.

Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, ha così presentato il progetto: “Il bando pre-seed è un’opportunità che arriva grazie a una buona programmazione europea. Quella che stiamo mettendo in atto è una costruzione di un nuovo modello produttivo regionale. Una strada totalmente nuova, il vecchio modello di sviluppo – che era lo stesso del resto del Paese – non produceva più ricchezza. È importante sottolineare questo aspetto perché abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Prima non esisteva nulla, non esisteva Lazio startup, non esisteva Lazio creativo e nemmeno Lazio Innova che ha messo insieme sette società che si dedicavano allo sviluppo. E soprattutto non c’era programmazione europea. C’erano invece le eccellenze ma che operavano in un sistema complesso e frammentato”.

Vera MORETTI

Riparte Speed Mi Up, dedicato alle startup innovative

E’ ripartito il bando Speed Mi Up, promosso anche questa volta dall’Università Bocconi e dalla Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con il Comune.
Di cosa si tratta ormai lo sanno tutti: si tratta di una selezione di startup innovative che avranno accesso all’incubatore beneficiando di servizi e sostegno imprenditoriale.

Saranno in tutto 15 le nuove imprese che potranno beneficiarne, e che quindi avranno accesso ai servizi di tutorship continuativa e business review periodiche, formazione e servizi tecnici di alta qualità, Consulting Bureau in tema legale e in merito ai finanziamenti pubblici, al Marketing e ai Digital media.
Saranno offerte anche occasioni di Networking con investitori ed eventi di knowledge sharing.

Per partecipare alla selezione, occorre essere aspiranti imprenditori o aver fondato una nuova impresa da non più di 20 mesi. Si potrà presentare un elevator pitch, un business plan e il Curriculum Vitae dei partecipanti.

Per candidarsi, c’è tempo fino al 14 aprile, collegandosi con il sito che promuove l’iniziativa.

Vera MORETTI

Oltre 5mila imprese investono sulle startup innovative

Il primo Osservatorio sui modelli italiani di Open Innovation e di Corporate Venture Capital, promosso da Assolombarda, Italia Startup e Smau, in partnership con Ambrosetti e Cerved è una ricerca presentata al recente Smau che punta a due obiettivi, condivisi nel contesto dell’Industry Advisory Board di Italia Startup, in coordinamento con il progetto Startup Town di Assolombarda: dare una prima dimensione al fenomeno del Corporate Venture Capital italiano, inteso come investimento finanziario e industriale in startup innovative italiane; individuare modelli concreti e replicabili di Open Innovation.

Ed è proprio dagli archivi di Cerved sui soci e sulle partecipazioni – considerate le partecipazioni dirette e indirette di persone fisiche e persone giuridiche fino al terzo livello – che sono stati individuati oltre 40mila soci delle 6,5 mila startup innovative iscritte al registro delle imprese.

Sono 34.963 le persone fisiche che hanno quote di partecipazione, diretta o indiretta fino al terzo livello, in almeno una delle 6.466 startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese. Gli investitori corporate sono invece 5.149, la maggior parte dei quali sotto la veste di società di capitale.

La ricerca continua evidenziando come gli investitori in CVC concentrano le loro quote in 1.901 startup innovative iscritte al Registro delle Imprese. Nelle restanti 4.565 startup la compagine dei soci è rappresentata esclusivamente da persone fisiche.

I dati di bilancio delle società (di capitale) che sono nel capitale delle start-up innovative iscritte indicano che oltre il 60% di questi investitori sono large corporate, con un giro d’affari di oltre 50 milioni di euro. Sono circa 400 le Pmi e 31 le microimprese.

Quasi la metà delle corporate che hanno investito in startup innovative operano nel campo dei servizi non finanziari (48,2%); oltre un terzo nei servizi finanziari e assicurativi (34,1%), il 5,2% nell’industria tradizionale, il 2,9% nella meccanica. Il 2,1% nella produzione di apparati hi tech.

Oltre due terzi dei soci corporate delle startup innovative iscritte hanno sede nel Nord Italia (69%).

Il Nord ospita anche la maggior parte delle startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese, ma la percentuale è significativamente inferiore (55%). Questo significa che un flusso consistente di investimenti di società del Nord vanno a beneficio di start-up che operano nel Centro-Sud.

Infatti, i dati evidenziano anche che il 59% dei soci corporate investe in startup fuori regione. “Questo dato evidenzia il superamento della logica del distretto industriale, un fenomeno che come Smau conosciamo molto bene grazie all’ormai consolidato presidio dei territori attraverso il Roadshow – spiega Pierantonio Macola, Presidente di Smau -. E’ evidente che la strategia di specializzazione intelligente a cui le Regioni sono chiamate in ambito ricerca e innovazione ha come naturale conseguenza la creazione di un mercato dell’innovazione di respiro nazionale a cui le imprese dimostrano di essere già pronte.”

La ricerca evidenzia, infine, che le imprese corporate che hanno investito in start-up innovative hanno prevalentemente optato su imprese che fanno R&D o producono software e servizi informatici: l’industria tradizionale nel 77% dei casi ha investito in startup che fanno R&D, le imprese che operano nel settore della meccanica scelgono nel 61% dei casi start-up che operano nel campo del software e dell’informatica, così come le aziende che si occupano di produzioni hi-tech (76% dei casi).

Federnotai: regole e controlli per lo sviluppo delle startup innovative

A quasi tre mesi dall’entrata in vigore della norma che rende facoltativo l’intervento del notaio in fase di costituzione, Federnotai, l’associazione sindacale di categoria, fa un bilancio del “fenomeno startup“, per individuare gli strumenti idonei a favorirne lo sviluppo.

Ancora oggi, le startup sono solo lo 0,38% delle società di capitali italiane, una su 263. E nove volte su dieci, chi costituisce una startup preferisce rivolgersi al notaio.

Il Mise ha infatti diffuso nei giorni scorsi il rapporto sul numero di startup innovative create dal 20 luglio 2016, da quando ciò è diventato possibile costituirle senza passare dal notaio. Federnotai ha realizzato un sondaggio su un campione di 200 notai sul territorio nazionale, dal quale emerge una tendenza chiara: le startup innovative rappresentano, a quasi quattro anni dalla loro introduzione, un fenomeno poco diffuso nel panorama dell’imprenditoria italiana.

Carmelo Di Marco, presidente di Federnotai afferma in proposito: “Per incentivare veramente la nascita delle startup innovative bisognerebbe prevedere una reale semplificazione: oggi, per ottenere agevolazioni limitate e a termine, occorrono requisiti difficili da possedere, da documentare e da conservare nel tempo. Eliminare l’intervento del notaio non aiuta a lanciare questo tipo di società, e i dati lo dimostrano chiaramente: dal 20 luglio al 30 settembre di quest’anno ne sono state iscritte mediamente 101,30 al mese, contro una media mensile di 141,38 da quando l’istituto è stato introdotto nell’ordinamento”.

Nello stesso periodo – prosegue Di Marcosono state iscritte complessivamente 233 startup innovative: il 90% di queste, ben 208, con l’ausilio dei notai. È la dimostrazione che gli imprenditori, di fronte ad un’operazione che richiede competenze professionali specialistiche, scelgono un servizio che coniughi in modo efficiente, e quindi economico, la nascita della nuova impresa con l’applicazione delle regole e dei controlli di legalità. Non è solo una questione di numeri, il passaggio dal notaio garantisce anche la semplificazione di un procedimento complesso e articolato. È significativo leggere nel rapporto del Mise che, su 54 società costituite senza notaio in quell’arco temporale, solo 25 sono già iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese”.

Adottare misure demagogiche che scardinano il sistema di controlli previsto dalla normativa europea e nazionale – conclude Di Marconon serve ad attrarre gli imprenditori, che esprimono un forte bisogno di regole certe e affidabili, applicate in modo efficiente”.

Rispetto alle società di capitali tradizionali, le startup attraggono di meno le donne e gli stranieri; i giovani le preferiscono alle società tradizionali, utilizzandole come strumento per una propria attività lavorativa, che faticano a prestare in altro modo.

Il numero medio dei soci di startup è superiore a quello delle normali società di capitali, le quali invece hanno mediamente circa il quadruplo dei dipendenti: nelle startup i soci sono spesso lavoratori in prima persona, non solo imprenditori che investono.

Infine, i dati diffusi dal Registro delle Imprese nel luglio 2016 (riferiti alla fine del 2014) dicono che solo il 43,46% delle startup ha conseguito un utile, contro il 61,74% delle società di capitali tradizionali.

L’Europa pensa alle startup innovative

In un’Europa sempre più connessa e sinergica, anche e soprattutto per quello che riguarda le realtà d’impresa, le startup innovative hanno opportunità molto interessanti per il loro sviluppo. Una di queste opportunità è Speed Up, un progetto europeo per favorire e aiutare le startup innovative, realizzato grazie a partner di diversi Paesi, Italia compresa.

Speed Up vuole favorire le startup innovative, migliorando gli interventi dei fondi strutturali per il sostegno dell’imprenditorialità e degli incubatori di impresa, mettendo in rete le best practice a livello locale e internazionale.

Un’opera sostenuta anche da partner internazionali, pronti a scommettere sulle potenzialità delle startup innovative: Anci Toscana e Comune di Firenze (Italia), Lisbona (Portogallo), Agenzia per la Promozione Economica del Brandeburgo dell’Est (Germania), Anversa (Belgio), Città metropolitana di Reims (Francia), Camera di commercio di Siviglia (Spagna), Varsavia (Polonia), Parco Scientifico-Tecnologico di Tallin (Lettonia).

Speed Up mira a favorire lo scambio di esperienze tra Paesi e istituzioni europei in modo che la messa a fattore comune di queste esperienze in materia di startup innovative possa aiutare a individuare i settori che necessitano di miglioramenti, in modo da ottimizzare la qualità dei servizi forniti dagli incubatori d’impresa.

Importante è anche il fatto che, a tutela delle startup innovative sostenute, questi incubatori d’impresa garantiscano la propria sostenibilità finanziaria, approfondendo la cooperazione tra imprese, enti pubblici, università e i centri di ricerca. Il tutto per consentire lo sviluppo e il sostegno alle startup femminili, giovanili e a quelle guidate da immigrati, monitorandone costantemente le performance, insieme a quelle degli incubatori che le sostengono.

Italia e startup, i numeri di un amore

Le startup italiane sono in salute, almeno stando ai dati contenuti nel Report sulle startup elaborato annualmente da Infocamere. Basta un dato a certificare questa affermazione: nell’ultimo trimestre 2015 hanno dato lavoro a quasi 1200 persone in più rispetto all’anno precedente.

Nel dettaglio, parliamo di un +21,9% negli ultimi 3 mesi del 2015, percentuale che porta il totale degli addetti a oltre 6500, con la metà delle aziende con dipendenti che ne impiega al massimo 2.

Prevalgono le startup di servizi alle imprese (72%), seguite da quelle attive nei settori dell’industria (18,8%) e del commercio (4,2%). Come è facile intuire, sono molte le startup che hanno fondatori o personale giovane, sotto i 35 anni: 1207, il 22,2% del totale, una percentuale che straccia quella dei giovani presenti nelle società di capitali con prevalenza giovanile, ferma al 6,4%. Quelle con almeno un giovane nella compagine societaria sono 2.108, il 38,8% del totale.

Oltre a produrre innovazione, le startup producono ricchezza, almeno stando ai dati delle 2.821 startup delle quali sono disponibili i bilanci dell’esercizio 2014; queste hanno infatti un valore della produzione media di 116mila euro, con la metà di loro che ha prodotto poco più di 22mila euro. E, se l’attivo medio è di circa 220mila euro a impresa, la metà di loro arriva a poco più di 63mila.

Sul fronte della produzione, sempre nel 2014 le startup hanno totalizzato poco più di 328 milioni di euro, con un reddito operativo complessivo di -61 milioni. Per restare in tema di segni meno, il 56,8% di loro nel 2015 ha chiuso in con un esercizio in passivo.

Infine, un’occhiata alla distribuzione geografica delle startup. Ce ne sono di più in Lombardia, 1.183 (il 21,8% del totale), seguita da Emilia-Romagna (625, 11,5%), Lazio (548, 10,1%), Veneto (404 ,7,4%) e Piemonte (365, 6,7%).

Milano è la provincia più fertile, con 802, aziende (14,8% del totale), seguita da Roma (475, 8,7%), Torino (273, 5%), Napoli (172, 3,2%) e Bologna (154, 2,8%).

Confassociazioni e la cultura digitale

Una delle chiavi per lo sviluppo del sistema Italia è la diffusione della cultura digitale. Lo sa bene Confassociazioni che, attraverso le parole del vice presidente con delega alle Pmi, Giorgio Roveri, ha commentato i dati di “Report Startup Seo 2016”, ricerca redatta da Instilla, società milanese che si occupa di ottimizzare i processi di marketing digitale.

InfoCamere – ha scritto in una nota il vice presidente di Confassociazioniha comunicato che nei primi tre mesi del 2016 il numero delle startup innovative è cresciuto del 5,8%, toccando quota 5.439: un dato che fa ben sperare per la ripresa della nostra economia. Preoccupa, però, il fatto che anche una buona parte di queste imprese, attive soprattutto nel settore dei servizi, non disponga di un adeguato supporto digitale”.

L’analisi – ha proseguito Roveri, sottolineando l’attenzione di Confassociazioni per questa tematica – tratteggia un quadro, a mio avviso, molto preoccupante, perché ricorda da vicino tutte le criticità digitali delle Pmi mature. Secondo la società milanese, delle 5.143 imprese iscritte al Registro italiano a fine dicembre 2015 solo poco più della metà (58,3%) ha dichiarato di possedere un sito web, di cui risulta funzionante poco meno del 30%. Il che vuol dire che un solo sito su tre è operativo: troppo poco se pensiamo che oggi gli strumenti digitali sono di fatto la chiave strategica per la crescita delle Pmi italiane. Non penso solo all’importanza di avere un sito, ma anche a tutti gli altri supporti tecnologici utili per fare comunicazione, marketing, vendita e customer care”.

Oggi più che mai investire in cultura d’impresa significa investire in cultura digitale – ha concluso il vice presidente di Confassociazioni -. Questi nuovi mezzi realmente possono attivare significativi cambiamenti nei tradizionali modelli di business aziendali. Ben vengano, dunque, percorsi di aggiornamento e di formazione come il Master Italiano sull’Innovazione Digitale per le Vendite recentemente bandito da una delle nostre associazioni aderenti, l’ADICO. Saper utilizzare ciò che i nostri tempi moderni e digitalizzati ci offrono è una necessità a dir poco strategica. Sta a noi saper maneggiare, questi strumenti, con cura e a nostro vantaggio che, se vissuto in un’ottica di condivisione, rappresenta il vantaggio di tutti”.