Stufe a pellet, e se non fossero così ecocompatibili?

Le stufe a pellet sono state la rivelazione degli acquisti per lo scorso anno. Ma oggi ci si chiede se è vero che siano davvero così ecocompatibili come si pensa.

Stufe a pellet, il prezzo del combustibile

L’aumento spropositato del prezzo del gas e del petrolio dello scorso hanno ha fatto registrare un’impennata delle vendite di pellet e delle relative stufe. Tanto che il tema ha infuocate.  Soprattutto il combustibile sul finire dell’estate era diventato introvabile, e quello disponibile veniva pagato a prezzi fuori dal normale. Oggi il prezzo sembra aver trovato una tregua, intorno a 10-12 euro per un sacco di 15 Kg, e comunque rimane il doppio degli anni passati.

Tuttavia la manovra del Governo Meloni è intervenuta sul prezzo del pellet, riducendo l’Iva dal 22% al 10%, almeno fino a marzo. Del resto sono i mesi in cui si acquista di più, visto che a causa delle temperature se ne consuma di più. . Com’è noto il combustibile si ottiene dalla pressatura degli scarti che derivano dalla lavorazione del legno, perciò la produzione del pellet è del tutto ecologica. Ma è davvero così?

Stufe a pellet, il problema dello smog

Quest’anno è un inverno decisamente molto strano. Freddo rigido al nord e caldo tepore al sud, ma il vero problema è la carenza delle piogge. Un grave problema di cui di solito si parla in estate, ma adesso anche in inverno. Anche le associazioni di categorie degli agricoltori annunciano la sofferenza nei campi da nord a sud. E nelle città la carenze delle pioggie crea un altro problema, l’alto livello di smog. Sembra appunto che i vecchi modelli di stufe a pellet, camini a legno contribuiscano all’inquinamento dell’aria.

Infatti legna e pellet sembra che rilascino inquinanti che sono tipici della combustione. Tra di loro c’è anche il benzopirene, classico come cancerogeno. Il pellet inquina ed è nocivo, addirittura cancerogeno, lo dicono vari studi condotti negli ultimi anni da enti quali l’Enea e il Royal Institute of International Affair. In questi ultimi anni c’è stato un aumento di stufe domestiche e caminetti che utilizzano il pellet come combustibile

La scelta di alcune Regioni

Ad esempio in Trentino, si sta spingendo tantissimo alla rottamazione delle vecchie stufe e camini comprati prima del 2010. Quindi poi sostituirli con quelli di nuova generazione,  pompe di calore e solari termici. Questa scelta è volta a diminuire l’inquinamento dell’aria nella Regione. Tuttavia anche altre Regioni come la Lombardia hanno preso provvedimenti simili o addirittura introducendo delle multe per il  mancato controllo dei fumi. Quindi stufe a pellet e camini si, ma solo se di nuova generazione e sempre sotto il controllo da parte dei tecnici addetti alla revisione.

Stufa a pellet, fioccano la multe per l’istallazione e le revisioni

La stufa a pellet si trova all’interno di molte case degli italiani. Ma potrebbe arrivare anche una multa in merito alla sua istallazione, ecco il perché.

Stufa a pellet, è mania di istallazione

Quest’anno, come non mai, gli italiani si stanno muovendo verso il pellet e altre soluzioni per il riscaldamento di casa . Tuttavia, già lo scorso anno, l’Italia era il primo Paese a livello europeo per numero di apparecchi domestici a pellet istallati, circa 2,2 milioni. Di questi, il 99% è costituito da stufe, inserti e termo camini, cucine e caldaie con potenza inferiore a 35Kw, mentre solo l’1% è composto da caldaie di potenza superiore.

A causa del caro bollette dell’energia e del gas, molte famiglie si stanno spostando dal classico termosifone a metano, ad una scelta più ecologia, puntando sul pellet. Anche se a dire il vero, il suo prezzo rispetto allo scorso anno è raddoppiato. Ebbene un sacco costa circa 12-30 euro contro i 5- 6 dello scorso inverno. Tanto che molti si chiedono se è davvero ancora così conveniente.

Stufa a pellet, dove si può istallare in casa?

La stufa a pellet viene istallata da un tecnico specializzato e certificato che eseguirà il lavoro secondo la norma UNI 10683. Ma nel momento in cui non si esegue in tal modo si potrà incorrere a delle multe molte salate. Anche perché la stufa non può essere posizionata in qualsiasi posto della casa. Tuttavia non può essere messa nei bagni di casa, nella camera da letto o nei monolocali. Il divieto è anche per i box, i garage o in qualsiasi altro ambiente che non ha una buona areazione.

Sopra la stufa a pellet si consiglia di non mettere nulla, o per lo meno non sotto i 40cm. Esiste anche una norma per i mq minimi in cui può essere istallata ed è pari a 6 mq. Infine questo tipo di stufe spesso sono anche usate per arredare un locale, ma attenzione si consiglia sempre di rispettare la distanza di almeno 25 cm tra la stufa e qualsiasi altro elemento, soprattutto se si tratta di tende o tessuti che possono essere facilmente infiammabili.

Le sanzioni per una errata istallazione, quali sono?

La messa in funzione di una stufa di questo tipo non è particolarmente difficile, ma comunque deve essere fatta da un tecnico specializzato. Non solo, gli impianti hanno anche bisogno di una revisione obbligatoria annuale, cioè una manutenzione straordinaria. Gli interventi vanno poi registrati sul libretto di impianto, che contiene tutte le caratteristiche del dispositivo. Nel caso in cui non si abbia questo libretto, la sanzione varia da 500 a 3 mila euro.

Mentre per un errata istallazione, che può compromettere anche la salute delle persone che vivono in casa, le multe possono arrivare a 6 mila euro. Pertanto il consiglio è sempre quello di rivolgersi a professionisti del settore che possano evitare spiacevoli sorprese nel caso di controlli a campione.

 

 

Stufa a pellet: come trasformarla per bruciare nocciolino e risparmiare ?

Abbiamo visto in precedenti guide che il pellet, pur essendo attualmente più economico rispetto al metano, ha un costo più che raddoppiato rispetto a un anno fa, è difficile da trovare e questo porta ulteriori timori per chi ha una stufa a pellet. Un’ alternativa economica può essere il nocciolino, ma è possibile trasformare una stufa a pellet per poter bruciare nocciolino?

Come trasformare una stufa a pellet in stufa a nocciolino?

La prima cosa da dire è che chi ha una stufa a biomassa, cioè policombustibile, può utilizzare qualunque prodotto idoneo al riscaldamento, legna, pellet, nocciolino…

Chi invece ha una stufa esclusivamente a pellet può effettuare delle modifiche, le stesse sono reversibili, ma naturalmente ogni modifica ha un costo e non si può ritornare al pellet senza aver prima effettuato una nuova riconversione.

Un secondo avvertimento riguarda la garanzia, chi ha una stufa a pellet ancora coperta dalla garanzia di fabbrica può perderla se effettua la modifica.

Ora vediamo i componenti da cambiare. La prima modifica riguarda il braciere. Una stufa a pellet ha fori da 6 mm, questi sono troppo grandi per il nocciolino, non è necessario sostituirlo basta sovrapporre una lamina di metallo con fori da 2,5 / 3 mm a quella originale così che il nocciolino non esca dai fori e possa bruciare. Per consentire però un maggiore flusso di aria a questo punto potrebbe essere necessario effettuare dei fori laterali al braciere.

La seconda modifica riguarda la coclea, si tratta di quella specie di “fusillo” presente all’interno del vano pellet e che fa scorrere il pellet verso il braciere. Quella del pellet è poco adatta al nocciolino, dovrebbe essere sostituita, in questo caso occorre preventivare una spesa di almeno 80 euro.

Resta, infine, la parte più difficile del lavoro e cioè resettare i parametri della stufa. In questo caso è necessario rivolgersi a un professionista del settore e l’intervento può avere un costo non da poco e non è detto che il professionista riesca fin dal primo tentativo a trovare la giusta soluzione.

Perché il nocciolino è più conveniente?

Il nocciolino è un prodotto di scarto derivante dalla lavorazione delle olive. In Italia molti frantoi oleari si stanno organizzando per la produzione e la vendita. Non è quindi un prodotto di importazione. Trattandosi di un materiale di scarto parte da un prezzo più basso, la lavorazione potrebbe richiedere solo l’essiccazione. L’Iva applicata al nocciolino è al 10%, fino al 2015 anche per il pellet si applicava questa aliquota, poi portata al 22%. Il nocciolino ha un’ottima resa del tutto paragonabile a quella del pellet. Il prezzo finale può arrivare ad essere il 40% inferiore rispetto al pellet. C’è uno svantaggio? Se aumenta la domanda, come è prevedibile, la scarsità della materia porterà a un aumento dei prezzi. Di quanto? Non possiamo dirlo.

Stufa a pellet: manutenzione, vantaggi e svantaggi

Negli ultimi mesi la richiesta di stufe a pellet sta aumentando vertiginosamente a causa dell’aumento del prezzo del metano. Vediamo quindi quali sono gli svantaggi e i vantaggi di questo prodotto.

Perché cresce la domanda per le stufe a pellet?

Il prezzo del pellet è in continua salita, nelle settimane passate avevamo anticipato una vendita a 10 euro per un sacco da 15 kg, ma solo chi ha spazio sufficiente ha potuto fare scorta. Chi invece deve comprare pochi sacchi alla volta, purtroppo vedrà aumenti ancora maggiori, facendo un giro nei vari spacci è difficile trovare oggi un sacco venduto a meno di 10,90 euro, mentre si trova anche a 14 euro. Molto dipende dalla tipologia e dalla qualità, non sempre al risparmio corrisponde efficienza del pellet.

Per capire le differenze tra le varie tipologie, leggi l’articolo: Riscaldamento a pellet: quanto dura un sacco? Quale resa?

Nonostante questo, visti gli aumenti del costo del metano e il rischio molto elevato di razionamento, sono in molti a cercare una stufa a pellet, vediamo però quali sono i vantaggi e gli svantaggi.

La prima cosa da sottolineare è che non sempre è possibile installare una stufa a pellet. Ne avevamo parlato nell’articolo: Pellet: requisiti per installare una stufa a pellet e quando non si può

La manutenzione della stufa a pellet: un impegno quasi quotidiano

Sappiamo che una caldaia a metano richiede poca manutenzione se non il controllo annuale. Tutto cambia per una stufa a pellet. In primo luogo spieghiamo sinteticamente come è fatta. Naturalmente c’è una camera di combustione, la stessa è collegata a un comparto per la raccolta delle ceneri e un vano per il pellet. Poi naturalmente c’è il sistema per convogliare il calore nel caso in cui la termostufa sia collegata all’impianto di riscaldamento.

Chi sceglie di comprare un bruciatore da installare all’esterno può avere il vantaggio di un vano per il pellet più ampio, questo vuol dire che una volta caricato, anche con più sacchi di pellet, è possibile stare tranquilli anche per più giorni. In caso contrario è necessario provvedere a ricaricare la stufa quando il pellet sta per finire.

In secondo luogo è necessario periodicamente svuotare il cestello della cenere, la cadenza dipende dall’uso più o meno intenso che si fa della stufa e dalla grandezza del cassetto. Generalmente la pulizia si fa una volta a settimana. In terzo luogo è necessario pulire la camera di combustione aspirando le ceneri e avendo cura di lasciare sempre ben puliti i pori presenti nella camera e che aiutano a una giusta circolazione dell’aria. Particolare attenzione deve essere posta anche alla pulizia del cannello di accensione. Questa pulizia dovrebbe essere fatta ogni 2-3 giorni, anche in questo caso dipende dal modello della stufa e dall’intensità dell’uso. Bastano comunque pochi minuti per entrambe le operazioni.

Infine, c’è la pulizia della canna fumaria, operazione che è necessario spesso delegare a un professionista. Questa operazione può essere fatta anche una sola volta l’anno, massimo due volte per un uso molto intenso.

Ora sembra che vi siano solo svantaggi, in realtà abbiamo visto che, nonostante i prezzi del pellet, continua ad essere un sistema più economico rispetto al metano, soprattutto nel caso in cui si propenda per un acquisto di una stufa a biomassa che quindi non brucia solo pellet. A ciò si aggiunge il piacere della fiamma che rende l’ambiente immediatamente più accogliente.

Pellet: requisiti per installare una stufa a pellet e quando non si può

Negli ultimi mesi sono molte le persone che stanno cercando informazioni sulle stufe a pellet e a biomassa, l’obiettivo è evitare gli effetti del razionamento del metano e del suo costo elevato. Occorre però sottolineare che non tutti possono installare una stufa a pellet. Ecco in quali casi non si può fare.

In quali casi è vietato installare la stufa a pellet?

Naturalmente il divieto di installare la stufa a pellet non è un capriccio, ma risponde a particolari esigenze soprattutto di sicurezza da applicare quando si usano sistemi di riscaldamento a combustione. La normativa da seguire è la UNI 10683 del 2012.

Occorre però fare una premessa. Le stufe a pellet possono essere a camera stagna, cioè una stufa che preleva l’aria direttamente dall’esterno tramite un tubo di collegamento diretto e dotate di un canale di scarico ermetico quindi con impossibilità di rilasciare fumi nell’ambiente, oppure tradizionale, in questo secondo caso è necessario che l’ambiente in cui è collocata sia ventilato, ad esempio con prese d’aria. Nel secondo caso è possibile installare la stufa a pellet solo avendo in considerazione determinati limiti:

  • non può essere installata in un monolocale;
  • non può essere installata in bagno o in camera da letto;
  • deve essere installata su una base ignifuga (piastrelle, marmo, mattoni, non può essere installata su legno);
  • non può essere installata in garage, box o locali in cui vi sia un elevato pericolo di incendio.

Requisiti generali per installare una stufa a pellet

Per tutte le stufe a pellet vige il divieto di installazione in un locale inferiore a 6 metri quadri o 15 metri cubi.

Per tutte le stufe a pellet è inoltre necessario considerare alcuni limiti o distanze. Ad esempio non può essere collocata a meno di 5 centimetri dal muro, deve inoltre essere collocata ad almeno 25 centimetri da altri oggetti, ad esempio arredi, su entrambi i lati, mentre sulla parte superiore della stufa devono esservi almeno 40 centimetri liberi. La canna fumaria non potrà essere condivisa, ad esempio chi ha un camino o una cucina economica non potrà convogliare i fumi della stufa a pellet nella canna fumaria pre-esistente.

Infine, occorre ricordare che nei pressi della stufa a pellet deve essere presente una presa per la corrente elettrica.

Leggi anche: Stufa a pellet: si può installare in casa se si è in affitto?

Per capire se è davvero conveniente installare una stufa a pellet leggi:

Riscaldamento a pellet: quanto dura un sacco? Quale resa?

Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

 

Stufa a pellet, si può istallare in casa se si è in affitto?

La stufa a pellet è un’ottima alternativa al tradizionale riscaldamento a gas. Ma quando si è in locazione, è possibile istallarla?

Stufa a pellet, l’istallazione nel caso della locazione

La stufa a pellet si può istallare all’interno delle abitazioni senza alcun problema, purché si messa in un ambiente areato per la combustione. Tuttavia per cominciare la stufa a pellet ha bisogno di un collegamento alla rete elettrica. Quindi occorre una presa libera per la corrente. Ma è consigliabile collocarla a ridosso di un muro perimetrale nel quale deve essere possibile aprire un foro per l’uscita dei fumi.

Ecco chiaro che l’istallazione della stufa a pellet prevede dei lavori da dover fare in casa, quindi come fare se si ha un contratto di locazione? Se una casa non ha riscaldamento, l’istallazione di una stufa a pellet può essere di aiuto, ma il proprietario di casa non è obbligato a fornirla. A maggior ragione se già in casa c’è un sistema di riscaldamento con i classici termosifoni. Ecco comunque alcuni consigli se ci si trova in locazione.

Autorizzazione prima o dopo il contratto di locazione

In linea di massima è poco probabile che un proprietario di casa non autorizzi delle migliorie nella propria casa. Una cosa importante è l’autorizzazione del proprietario. Questa deve essere fatta rigorosamente per iscritto secondo la legge n.392 del 1978. Ma è opportuno distinguere i due momenti in cui questa deve essere concessa.

Se si è all’inizio del contratto di locazione, e il futuro inquilino fa questa richiesta, le parti possono accordarsi su come realizzare l’opera. L’autorizzazione può essere inserita tra le varie clausole contrattuali, in modo che quando le parti firmeranno il contratto tutto viene convalidato. Mentre se si ha già un contratto di locazione da tempo, e l’inquilino vuole comprare una stufa a pellet, deve richiedere autorizzazione per iscritto al proprietario. Quindi anche in questo caso occorre l’autorizzazione per iscritto, anche se successiva al firma del contratto di locazione.

Stufa a pellet, chi deve pagare le spese?

Una volta ottenuta l’autorizzazione per l’istallazione di una stufa le parti si chiedono chi deve pagare le spese. Di solito è una miglioria che vuole fare il conduttore che vive nell’immobile. Pertanto spetterà a lui pagare tutte le spese. Tuttavia nessuno vieta al proprietario di poter partecipare ai costi per la realizzazione. Ma in ogni caso nell’autorizzazione deve essere specificato il modo in cui verranno affrontate questi costi. Mentre in merito alla manutenzione è a carico del reale utilizzatore. Quindi sarà il conduttore a gestire la manutenzione della stufa a pellet.

 

 

 

Riscaldamento a pellet: quanto dura un sacco? Quale resa?

Si è visto in precedenza che per il costo del pellet c’è un vero e proprio allarme perché, rispetto al pre-stagionale di un anno fa, il prezzo è praticamente raddoppiato, per capire se però effettivamente conviene occorre determinare in linea di massima quanto dura un sacco di pellet.

Da cosa dipende la durata del sacco di pellet?

La durata di un sacco di pellet da 15 kg dipende da diversi fattori, proveremo qui ad elencare i principali e poi procederemo a una simulazione media, solo in questo modo sarà possibile capire quanto consuma una stufa a pellet in una giornata.

Le variabili da considerare sono:

  • fascia climatica: l’Italia è divisa in sei regioni climatiche, ad esempio nelle zone del sud solo raramente le temperature arrivano sotto lo zero, in queste zone i consumi sono ovviamente ridotti. Una stufa fa più fatica, quindi impegna più energia a riscaldare se l’immobile è collocato in una fascia climatica fredda;
  • dimensioni dei locali da riscaldare: non contano solo i metri quadri, ma anche il volume, lo stesso può essere leggermente ridotto con uso di cartongesso che ha anche un buon livello di isolamento termico;
  • isolamento termico dell’immobile;
  • temperatura che ci vuole raggiungere;
  • qualità del pellet utilizzato.

Leggi anche: Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

Simulazioni: quante ore dura un sacco di pellet?

Queste sono le principali variabili. La simulazione fatta riporta i risultati di un immobile con un buon isolamento termico, in fascia climatica appenninica, quindi intermedia caratterizzata da inverni lunghi, ma con precipitazioni nevose solo ad elevata quota. L’immobile della simulazione consiste in 120 mq calpestabili e adotta un bruciatore a pellet collegato all’impianto di riscaldamento con potenza 14Kw e ha una temperatura impostata intorno a 21°C.

Questa tipologia di stufa funziona in automodulazione, cioè appena messa in funzione brucia una maggiore quantità di pellet, la stessa va poi a diminuire nel momento in cui la temperatura del liquido riscaldante diventa man mano più elevata. Raggiunta la temperatura pre-impostata il bruciatore ha un consumo ridotto, circa 700 grammi a ora. Naturalmente vi possono essere delle piccole varianti in base alle varie marche di bruciatore per il pellet.

In tali condizioni un sacco di pellet, di qualità medio-alta (abete), ha una durata di circa 7 ore continuate. La stufa a pellet consuma di più se durante l’arco della giornata viene accesa e spenta più volte. Ad esempio la mattina presto e poi di nuovo al pomeriggio, mentre ha un consumo inferiore se si opta per un’unica accensione.

Ricordiamo che un immobile con un buon isolamento termico disperde poco calore, questo vuol dire che in una zona climatica intermedia, al mattino la casa è ancora calda.

Come gestire la stufa a pellet senza sprechi

Dalla premessa fatta emerge che nei periodi non particolarmente freddi, ad esempio nei primi mesi dell’autunno e in primavera è possibile con una buona gestione consumare meno di un sacco di pellet al giorno, nei mesi invece con temperature più basse si può arrivare ad avere la stufa a pellet in funzione per 12 ore con 1,5 sacchi di pellet al giorno. Naturalmente un appartamento più piccolo consuma meno, uno più grande tende a consumare di più. Così come incrementi vi possono essere in zone climatiche molto fredde, ad esempio Valle d’Aosta o Piemonte.

Per risparmiare è bene anche installare delle valvole termostatiche.

Ecco quanto fa risparmiare una valvola termostatica sui termosifoni, ma quanto costa?

L’aumento del costo dei combustibili per il riscaldamento, come metano, pellet, legna da ardere sta incutendo paura a tante famiglie, ma non è detto che si debba per forza passare un inverno al freddo, è possibile infatti adottare degli accorgimenti per risparmiare. Tra questi vi è l’uso della valvola termostatica.

Valvole termostatiche: quanto si può risparmiare?

L’adozione delle valvole termostatiche in Italia è obbligatorio dal mese di giugno 2017, ma mentre negli impianti di nuova costruzione l’inserimento è quasi automatico, non tutte le famiglie si sono adeguate a questo obbligo e questo perché troppi hanno considerato le valvole termostatiche un costo e non un modo per risparmiare energia. L’obiettivo di una valvola termostatica è regolare la temperatura nei singoli ambienti in base all’uso fatto degli stessi evitando così di riscaldare eccessivamente spazi poco usati o usati prevalentemente solo in alcune ore della giornata .

Il risparmio che si può ottenere dipende dall’uso che viene fatto delle valvole termostatiche, ma può arrivare a circa il 20%, inserendo questa piccola accortezza all’interno di una serie di accorgimenti volti al risparmio energetico, la differenza in bolletta si fa sentire.

Perché la valvola termostatica fa risparmiare?

La valvola termostatica consente di risparmiare regolando la temperatura nei vari ambienti. Ad esempio se al mattino in casa resta solo una persona perché magari lavora in smart working, mentre i figli sono a scuola, ha poco senso avere i termosifoni nelle camere dei ragazzi aperti del tutto, si possono impostare a un regime minimo e quindi concentrare il riscaldamento sull’unica zona della casa utilizzata, ad esempio l’ufficio.

La valvola termostatica consente anche di scegliere la temperatura ideale in base all’ambiente, ad esempio si consiglia di impostare la temperatura della cucina a 18°C questo perché si tratta di un ambiente che tendenzialmente tende ad essere già caldo, la zona living invece non dovrebbe superare i 19°C.

L’obiettivo della valvola termostatica è regolare il flusso di liquido riscaldante nei termosifoni in modo da regolare anche l’esercizio del bruciatore che può essere una caldaia a condensazione, ma anche una stufa a pellet o un bruciatore a biomassa.

Quanto costa una valvola termostatica?

Questa la domanda che molti si stanno ponendo, dipende molto dal modello che si vuole installare. Il modello più semplice costa circa 10-20 euro e funziona in modo discreto. Chi vuole una valvola termostatica di maggiore precisione nella regolazione della temperatura, può scegliere un modello digitale il cui prezzo in media è di 50-60 euro.

Chi invece vuole una valvola termostatica smart, cioè che può essere comandata a distanza con l’uso di uno smartphone dovrà essere disposto a spendere anche 100 euro per ogni valvola.

Leggi anche: Come risparmiare in bolletta, piccoli accorgimenti che fanno la differenza