Flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti, addio

Non si possono fare riforme fiscali strutturali che prevedano minori entrate basandosi escsluivamente sulla supposta diminuzione dell’evasione fiscale che dovrebbe comunque mantenere in equilibrio i conti. Questa sembra essere ora la base della riforma fiscale e di conseguenza in Commissione Finanze crollano molti dei punti base che erano alla base della proposta. Salta la flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti.

Flat tax incrementale per i lavoratori dipendenti, non si può fare

In commissione Finanze alla Camera si lavora in modo celere si punta a smaltire in breve tempo i 600 emendamenti presentati alla legge di delega fiscale. Tra le ipotesi che prendono sempre più piede c’è l’eliminazione della tassa piatta sugli aumenti di stipendi per i lavoratori dipendenti, la flat tax incrementale. La stessa resterebbe però per i lavoratori autonomi che naturalmente non applicano già la flat tax.

Questo non impica che non ci siano novità per i lavoratori dipendenti sulla tassazione Irpef, infatti si sta lavorando all’ipotesi di una tassa piatta su premi di produttività, straordinari (ma solo oltre una determinata soglia) e tredicesime. Un’aliquota ancora non è stata definita, ma sembra che si vada verso il 15%. Ricordiamo che la prima aliquota Irpef attuale è al 23%.

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Superbollo, rateizzazione imposte e aumento tassazione per cannabis light

Dai lavori in Commissione emerge la volontà di confermare l’eliminazione del Superbollo auto.

Sembra andare verso la conferma anche la rateizzazione delle imposte per autonomi e professionisti, l’idea è quella di distribuire il carico fiscale in modo più equo o proporzionato nell’arco dell’anno.

Brutta notizia invece per i produttori di cannabis light, infatti dovrebbe aumentare la tassazione ed essere parificata agli altri prodotti “da fumo”. Naturalmente un aumento di tassazione si riverserebbe comunque sui prezzi. L’emendamento presentato prevede anche il divieto di vendita ai minori di 18 anni e un’autorizzazione dell’Agenzia dogane per la commercializzazione.

Restano in piedi le altre proposte, cioè la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a tre, l’eliminazione delle microtasse, tra cui anche la tassa di laurea, l’estensione dell’uso del modello F24 per i versamenti delle imposte. Il Governo punta a terminare i lavori prima dell’arrivo della chiusura estiva ed è quindi corsa contro il tempo.

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Tredicesima 2022, alcuni pensionati non la percepiranno

La tredicesima 2022, tanto utile alle famiglie, non sarà per tutti. Di seguito i pensionati che non la percepiranno quest’anno e la motivazione.

Tredicesima 2022,  aiuta molto le famiglie

La tredicesima mensilità è un grande aiuto per le famiglie. Soprattutto in vista del Natale e del Capodanno permette di sostenere le spese delle feste senza troppe rinunce. Tanto che un tempo veniva chiamata “gratifica natalizia“, proprio perché concessa a dicembre prima del periodo natalizio. Tutt’oggi spetta a chi ha un contratto di lavoro, sia a tempo determinato che indeterminato. A percepirla sono anche i pensionati che spesso sono proprio coloro che maggiormente contribuiscono ai nuclei familiari dei figli.

Tuttavia la tredicesima è sempre attesissima dai lavoratori e dai pensionati. Proprio perché si ha “un’entrata/stipendio” in più nel mese di Dicembre. Quindi si tratta di avere a disposizione dei soldi in più. Possibilità che ovviamente non hanno i lavoratori autonomi o i disoccupati.

I soggetti che non la percepiranno

La regola di base è che la tredicesima spetta a tutti i pensionati. Ma ci sono dei pensionati che non potranno contare sulla doppia mensilità dicembrina. Infatti non la percepiranno tutti coloro che hanno avuto acceso alle pensioni anticipate. La pensione anticipata con 64 anni di età e 38 anni di contribuzione è una prestazione economica erogata, a domanda, ai lavoratori dipendenti e autonomi che maturano, entro il 31 dicembre 2022, un’età anagrafica di almeno 64 anni e un’anzianità contributiva minima di 38 anni.

Non potranno avere la tredicesima 2022 anche i percettori di indennità di frequenza. Secondo l’Inps si tratta di tutti coloro che ricevono una prestazione economica, erogata su domanda, finalizzata all’inserimento scolastico e sociale dei minori con disabilità fino al compimento della maggiore età. Rientrano nella categoria coloro che hanno difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età. Nonché ai minori ipoacusici che presentano una perdita uditiva superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore nelle frequenze di 500,1000, 2000 hertz, che soddisfano i requisiti sanitari e amministrativi previsti per legge. Infine sono esclusi dalla mensilità della tredicesima anche coloro che usufruiscono dell’indennità di accompagnamento.

Tredicesima 2022, l’elenco di chi la percepisce in misura ridotta

Riceveranno la tredicesima in forma ridotta i neo pensionati. Loro si la riceveranno, ma calcolata sugli effettivi mesi di pensione. Il calcolo non è difficile. Basta dividere l’importo mensile della propria pensione per dodici. La cifra ottenuta andrà poi moltiplicata per il numero dei mesi effettivi di pensionamento. L’importo ottenuto mediante il calcolo appena indicato sarà però soggetto a trattenute IRPEF.

 

 

Colf e bandati, cos’è la Certificazione unica di fine anno e come vanno gestite ferie e festività

Per colf e badanti entro la fine dell’anno il datore di lavoro rilascia la Certificazione unica (Cu) con la retribuzione lorda e i contributi versati. La certificazione unica che viene fornita ai lavoratori domestici corrisponde a quella del sostituto di imposta. Entro la fine dell’anno, dunque, la famiglia datrice di lavoro deve assolvere a determinati adempimenti: la tredicesima al lavoratore domestico, la certificazione unica e la gestione delle festività e dei giorni di ferie.

A cosa serve la Certificazione unica per colf, badanti e lavoratori domestici?

Il primo adempimento del datore di lavoro nei riguardi dei lavoratori domestici riguarda la Certificazione unica. Si tratta di mettere a disposizione di colf e badanti una dichiarazione che riporti le somme al lordo che sono state corrisposte durante l’anno. Nella certificazione devono essere riportate anche i contributi eventualmente trattenuti al lavoratore durante l’anno per i vari periodi di pagamento.

Certificazione unica a colf e badanti: vale come quella del sostituto di imposta

È importante chiarire che la Certificazione unica rilasciata al lavoratore domestico vale come quella del sostituto di imposta. Tuttavia, la famiglia datrice di lavoro non riveste la qualifica di sostituto di imposta. Pertanto, la famiglia non deve operare alcuna ritenuta sulla retribuzione. Nel momento in cui il datore di lavoro consegna la Certificazione unica al lavoratore domestico deve mantenere una copia della dichiarazione, debitamente firmata dal colf o dalla badante.

Come devono essere gestite le festività di colf e badanti?

Trattandosi, dicembre, di un mese con varie festività, è importante saper gestire queste giornate. Le festività sono disciplinate dall’articolo 16 del Contratto nazionale di lavoro che regolarizza le festività sia dei domestici conviventi che dei non conviventi. Colf e badanti hanno diritto al riposo e a vedersi pagata la normale retribuzione.

Festività cade in un giorno non lavorativo, bisogna pagarla a colf e badanti?

Può capitare che colf e badanti lavorino solo alcuni giorni della settimana. Ad esempio, il lunedì e il giovedì. Nel caso di festività ricadente in un giorno non lavorativo (quale può essere l’8 dicembre che nel 2021 capita di mercoledì), a colf e badanti va pagato 1/26 della retribuzione totale mensile.

Cosa avviene se il lavoratore domestico lavora nel giorno festivo?

Nel caso in cui colf e badanti lavorino in giornate festive, oltre al normale pagamento della giornata lavorativa, è necessario versare una maggiorazione su tutte le ore lavorate. Quest’ultima si calcola incrementando del 60% la retribuzione globale di fatto.

Festivo coincidente con la domenica, come bisogna pagare colf e badanti?

Nel caso in cui la giornata di festività coincida con la domenica, colf e badanti hanno diritto a recuperare il riposo. Quest’ultimo deve essere fissato in un altro giorno della settimana. In alternativa, al lavoratore può essere proposto il pagamento maggiorato che si calcola aggiungendo 1/26 della retribuzione totale mensile.

Come si calcolano le ferie del lavoratore domestico?

Per quanto concerne la gestione delle ferie, a colf e badanti spettano 26 giorni all’anno. È necessario dunque considerare questo periodo di ferie per lavoratori domestici che abbiano lavorato continuativamente durante l’anno presso la stessa famiglia datrice di lavoro. I 26 giorni di ferie per ogni anno lavorato spettano a prescindere dalla distribuzione delle ore di lavoro e dalla durata.

Quando vanno fruite le ferie di colf e badanti?

In linea generale le ferie dei colf e delle badanti devono essere fissate tra giugno e settembre. Tuttavia, può essere prevista una diversa collocazione, a seconda delle esigenze della famiglia datrice di lavoro e del lavoratore domestico. Le ferie normalmente sono continuative e possono essere frazionate in non oltre due periodi dell’anno. Inoltre, la consumazione delle ferie deve avvenire per non meno di due settimane entro l’anno in cui maturano. Le restanti due settimane di ferie possono essere consumate entro i 18 mesi successivi. Per i lavoratori domestici senza cittadinanza italiana, per favorire il periodo di rimpatrio, è consentito accumulare ferie per chiedere un periodo più lungo nell’arco dei due anni.

Come devono essere pagate le ferie a colf e badanti?

Per ciò che riguarda il trattamento di paga dei periodi in cui colf e badanti usufruiscano delle ferie, è necessario calcolare 1/26 della retribuzione mensile. Questo calcolo deve essere fatto e il trattamento deve essere corrisposto per ogni giornata di ferie. Nella retribuzione delle ferie deve essere inclusa anche l’eventuale indennità sostitutiva dell’alloggio e del vitto.

Colf e badanti, come si calcola la tredicesima di dicembre e i contributi di fine anno?

Colf, badanti e lavoratori domestici a dicembre riceveranno la tredicesima mensilità. Ma non è solo quella l’unica rata che le famiglie datrici di lavoro devono versare. Infatti, il datore di lavoro entro i primi giorni di gennaio deve effettuare il versamento all’Inps dei contributi previdenziali a favore dei lavoratori relativi all’ultimo trimestre dell’anno. Vediamo nel dettaglio tutti i versamenti a favore dei colf e delle badanti.

Come si calcola la tredicesima a colf e badanti che va versata entro dicembre?

La tredicesima a colf, badanti e lavoratori domestici va calcolata e versata in prossimità del Natale o, in ogni modo, entro la fine del mese di dicembre. Per il calcolo è necessario rifarsi all’articolo 39 del Contratto nazionale di lavoro domestico. La tredicesima corrisponde esattamente a una mensilità aggiuntiva. E va calcolata sulla retribuzione globale del lavoratore incluse le indennità sostitutive di vitto e di alloggio, qualora il lavoratore conviva con la famiglia datrice di lavoro.

Come si calcola la tredicesima per un lavoratore domestico assunto da meno di un anno?

Se il lavoratore domestico è assunto da meno di un anno, è necessario riparametrare il calcolo della tredicesima sui mesi effettivi di lavoro durante l’anno. Pertanto, la famiglia datrice di lavoro deve versare al lavoratore tanti dodicesimi quanti sono i mesi in cui colf e badanti hanno lavorato nell’anno.

Calcolo della tredicesima a colf e badanti pagati a ore o mensile

Diverso è il calcolo nel caso in cui colf e badanti siano assunti con contratto a ore. In questo caso, si deve moltiplicare la paga oraria per il numero di ore che il lavoratore svolge durante la settimana. Il risultato va moltiplicato per 52 (che sono le settimane dell’anno) e infine dividere per 12. Nel caso in cui il lavoratore venga pagato mensilmente per il lavoro svolto, la tredicesima corrisponde esattamente a una mensilità normale.

Quando matura la tredicesima per un lavoratore domestico?

Diventa importante precisare che la tredicesima dei colf e badanti matura anche nel caso di assenze per:

  • infortunio sul lavoro;
  • malattia;
  • maternità;
  • malattia professionale.

In questi casi è necessario tener conto dei limiti dei periodi di conservazione del posto di lavoro e anche delle parti non liquidate dagli enti predisposti.

Versamenti Inps a colf e badanti ultimo trimestre dell’anno, entro quando la famiglia deve farli?

La famiglia datrice di lavoro deve effettuare i versamenti Inps dell’ultimo trimestre dell’anno a favore di colf, badanti e lavoratori domestici entro il 10 gennaio. In particolare, è questa la data per i versamenti Inps relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021. In caso di non rispetto di questa scadenza, il datore di lavoro subirà l’applicazione di sanzioni pecuniarie.

Avvisi PagoPa dall’Inps per il versamento dei contributi a colf e badanti

È l’Inps che invita tutte le famiglie datrici di lavoro a effettuare i versamenti con gli avvisi PagoPa. Negli avvisi Inps sono presenti il codice di avviso, quanto bisogna pagare, la data di scadenza entro la quale effettuare il pagamento e le istruzioni su come versare i contributi.

Come effettuare i versamenti dei contributi dell’ultimo trimestre dell’anno a favore di colf e badanti?

Il versamento dei contributi Inps a favore di colf e badanti dell’ultimo trimestre dell’anno può essere effettuavo in varie modalità. In particolare:

  • servendosi dei servizi telematici on line, attraverso il portale dei pagamenti disponibile sul sito dell’Inps;
  • attraverso gli uffici postali, le banche e gli altri istituti di pagamento che aderiscono al sistema PagoPa;
  • mediante il sistema bancario Cbill. Si tratta di un servizio offerto dalla banca presso la quale si ha un conto corrente, alternativo ai canali tradizionali, che permette ai cittadini e alle imprese di consultare e pagare online bollettini e avvisi di pagamento PagoPa.

Pagamento contributi ai lavoratori domestici, si possono ottenere due copie di ricevuta

Tutti i sistemi di pagamento sopra elencati relativi ai contributi da versare a favore dei lavoratori domestici permettono:

  • ai datori di lavoro di verificare che il pagamento sia stato effettuato;
  • a colf e badanti di ottenere l’accredito dei contributi sulla propria posizione lavorativa.

Per ogni versamento effettuato, si possono ottenere due copie di ricevuta del pagamento effettuato. Una delle due copie si può consegnare al lavoratore domestico.

Diritti del lavoratore in nero: denuncia e risarcimento

Abbiamo visto in precedenza quando si verifica il lavoro in nero e le sanzioni che sono applicate al datore di lavoro e in alcuni casi al lavoratore che attuano tale pratica, è possibile leggere l’approfondimento QUI, ora vedremo come si può denunciare il lavoro in nero e quali sono i diritti del lavoratore in nero.

Il lavoro nero

Il lavoro nero è un illecito  ed è considerato di particolare gravità perché toglie diritti e tutele al lavoratore, infatti non vengono versati contributi e oneri previdenziali, il lavoratore non ha diritto a percepire la tredicesima mensilità e le ferie retribuite, inoltre spesso il salario è molto più basso rispetto a quelli che sono i salari correnti. La legge riconosce al lavoratore in nero la qualità di dipendente e quindi a lui devono applicarsi tutte le normative previste per un lavoratore regolare. Questo implica che non può essere licenziato oralmente, che il licenziamento può avvenire solo per giusta causa o giustificato motivo e che, nel caso in cui sussistano i presupposti, ha diritto anche al reintegro sul posto di lavoro. C’è però una differenza sui tempi di prescrizione, che vedremo a breve, infatti nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, l’impugnazione deve essere fatta entro 60 giorni.

La procedura per la denuncia del lavoro nero

Per denunciare il lavoro in nero sono previste diverse  procedure. La denuncia può essere presentata all’Ispettorato del Lavoro oppure alla Guardia di Finanza, in alternativa è possibile rivolgersi ad un’associazione sindacalista che può aiutare a compiere i vari passi in modo adeguato.

Per presentare la denuncia all’Ispettorato del lavoro è necessario fornire dati e prove del lavoro stesso. Il lavoratore deve indicare i dati relativi alla ditta/datore di lavoro, quindi la ragione sociale, l’indirizzo, le mansioni svolte, gli orari di lavoro, inoltre deve fornire delle prove documentali che possano far ritenere all’Ispettorato che effettivamente si è di fronte a lavoro nero. Quando i rapporti con l’azienda sono durati molti anni è facile dimostrare il proprio lavoro alle dipendenze della stessa, soprattutto se si tratta di lavori in cui si è molto a contatto con terze persone, ad esempio i clienti, nei rapporti di breve durata ci possono essere delle difficoltà.

A questo punto sono attivati i servizi di controllo presso le autorità sanitarie, l’INAIL e l’INPS e quindi inizia una fase di accertamento. La denuncia  presso l’Ispettorato del lavoro ha come obiettivo la conciliazione bonaria tra le parti (datore di lavoro/lavoratore) che solitamente arrivano ad un accordo ( in materia di lavoro il tentativo di conciliazione è obbligatorio). Nel caso in cui non dovesse esservi accordo tra le parti sarà il Giudice del Lavoro a dover dirimere la controversia. Spesso questa procedura non è molto apprezzata dai lavoratori, in tal caso l’alternativa è la denuncia alla Guardia di Finanza, questa può essere anche resa in forma anonima.

I diritti del lavoratore in nero

Ciò che molti non sanno è che chi ha prestato lavoro in nero ha dei diritti. Una volta accertati i fatti e la loro entità può essere calcolato l’ammontare del risarcimento che comprende:

  • il diritto alla retribuzione mensile calcolata applicando il CCNL per il settore e le mansioni svolte ( in questo caso è corretto parlare di differenze di retribuzione, quindi viene calcolato quanto avrebbe dovuto effettivamente versare il datore di lavoro e viene sottratto ciò che è stato pagato, ciò che residua costituisce il risarcimento);
  • il pagamento delle ore di straordinario eventualmente svolte e non retribuite ( non è molto facile provarle);
  • pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR);
  • ferie non godute;
  • tredicesima mensilità per tutti gli anni in cui effettivamente il lavoratore ha prestato la propria opera;
  • quattordicesima se prevista dal contratto applicabile in base a settore e mansioni effettivamente svolte.

Diritti del lavoratore in nero: note finali

Deve essere ricordato che se il datore di lavoro ha pagato il lavoratore in nero in contanti, cosa del tutto normale, avrà anche un’ulteriore sanzione in quanto ha utilizzato strumenti non tracciabili.

Un’altra cosa da ricordare è che il lavoro in nero non si può denunciare sempre, infatti, sono previsti termini di prescrizione, di conseguenza il lavoratore può denunciare il lavoro in nero entro 5 anni dall’ultimo giorno lavorato. Si ritiene che durante il rapporto di lavoro, il lavoratore possa essere in una condizione subalterna tale da avere paura di denunciare l’accaduto infatti il potere contrattuale del datore di lavoro è sicuramente maggiore e il lavoratore si trova in una situazione di soggezione, spesso dovuta anche a condizioni economiche precarie e alla difficoltà di collocarsi nel mondo del lavoro.