Monitoraggio fiscale: cambia la soglia per la comunicazione antiriciclaggio

Pubblicato il decreto Semplificazione e porta numerose novità che andranno a impattare nella vita di tutti i giorni di numerosi cittadini. Tra le norme previste vi è una nuova soglia per la comunicazione antiriciclaggio che devono inviare gli intermediari finanziari all’estero al fine di attuare il monitoraggio fiscale.

Monitoraggio fiscale: qual è la nuova soglia prevista nel decreto Semplificazioni?

Detenere patrimoni mobiliari all’estero è uno dei modi che le persone adottano per nascondere il patrimonio ed evitare l’imposizione fiscale. Il livello dell’evasione è però in Italia preoccupante e riguarda soprattutto soggetti che non hanno il sostituto di imposta. Il livello è tale che desta preoccupazioni anche nell’Unione Europea che ha sollecitato più volte l’Italia a una decisa inversione di tendenza e ad attuare misure strategiche più efficienti nel contrasto all’evasione. L’obiettivo dell’Unione Europea è sostenere l’Italia nella ripresa economica attraverso riforme strutturali, ma anche senza dover sempre attendere misure economiche dall’Unione necessarie anche perché le casse dello Stato soffrono la mancata riscossione erariale.

La nuova disciplina del monitoraggio fiscale è contenuta nell’articolo 16 del decreto Semplificazioni. Prevede che le comunicazioni riferite alle operazioni compiute dall’anno 2021 la soglia è fissata a 5.000 euro. In passato la soglia che attivava il monitoraggio fiscale era di 15.000 euro. La comunicazione deve essere effettuata da banche e intermediari finanziari presso i quali i cittadini italiani effettuano l’apertura e tenuta del conto ed è diretta all’Agenzia delle Entrate. In base alla normativa gli intermediari sono tenuti a comunicare tutti i dati relativi a transazioni da e per l’estero, eseguite per conto e in favore di persone fisiche, enti non commerciali, società semplici, associazioni e soggetti equiparati.

Quali operazioni sono sottoposte a monitoraggio fiscale?

Una delle novità importanti è rappresentata dal fatto che le comunicazioni devono essere eseguite non solo quando le transazioni avvengono in moneta “reale” ma anche nel caso in cui le stesse avvengano con moneta virtuale.

Tra le operazioni oggetti di comunicazione vi sono:

  • assegni (bancari e postali e strumenti equiparabili);
  • polizze;
  • vaglia postali;
  • carte di credito e altri strumenti di pagamento;
  • qualunque strumento consenta di trasferire e movimentare, anche per via telematica, dei fondi.

Comunicazione non obbligatoria per le operazioni frazionate

Un’altra novità è rappresentata dal fatto che in passato il limite per il monitoraggio fiscale e il relativo obbligo di comunicazione acarico di banche e intermediari era più alto, cioè 15.000 euro, ma tali soggetti dovevano comunicare all’Agenzia delle Entrate le movimentazioni anche se erano frazionate. Ora il limite per le comunicazioni è stato ridotto a 5.000 euro ma non vi è più l’obbligo di comunicare le operazioni frazionate.

La modifica della soglia per il monitoraggio fiscale dei conti all’estero è solo una delle misure intraprese dal Governo e dall’Agenzia delle Entrate al fine di contrastare l’evasione fiscale, la stessa si inserisce nel più ampio campo della lotta all’evasione aperto con la Circolare 21/E dell’Agenzia delle Entrate del 20 giugno 2022  in cui sono disposte direttive meticolose per le Direzioni Regionali e Provinciali al fine di adottare un’efficace strategia volta a scovare i grandi evasori, in particolare coloro che applicano schemi frodatori, iniziare una proficua collaborazione con i contribuenti e combattere le frodi fiscali internazionali.

Agenda verde: stop auto benzina e diesel e caricabatteria universale

Il programma FitFor55 dell’Unione Europea punta a ridurre del 55% le emissioni inquinanti di CO2, ma naturalmente per raggiungere questo obiettivo è necessario un impegno costante e l’Unione Europea sta andando in questa direzione. Il Parlamento Europeo infatti ha compiuto un ulteriore passo verso la realizzazione dell’agenda verde con l’approvazione dello stop alla produzione di auto a benzina e diesel e l’introduzione del caricabatterie universale.

Agenda verde: stop alla produzione e vendita di auto diesel e benzina dal 2035

FitFor55 è il programma dell’Unione Europea che si propone di ridurre le emissioni inquinanti del 55% entro il 2030, per raggiungere il traguardo sono state adottate diverse misure come la crescita dell’uso delle energie rinnovabili. Tra le misure che però andranno a impattare di più sui cittadini c’è l’intenzione di vietare la produzione e vendita di auto diesel e benzina dal 2035. Questo non vuol dire che da tale momento non potranno più circolare veicoli di questo tipo, infatti coloro che già li hanno comunque potranno continuare il loro percorso. Si andrà quindi verso una dismissione graduale che però dovrebbe impattare molto sui livelli di inquinamento.

Questa proposta sta naturalmente seguendo tutto l’iter previsto dalle normative dell’Unione Europea. Il primo via libera era arrivato dalla Commissione Ambiente del Parlamento Europeo. Ieri, 8 giugno 2022, invece c’è stato il secondo passo importante, infatti l’emendamento ha ottenuto il voto favorevole del Parlamento Europeo con 339 voti a favore, 249 contrari e 24 astenuti. Il provvedimento contiene però il “salva Ferrari” che consente delle deroghe per i produttori di auto di nicchia come Ferrari e Lamborghini. La deroga sarà in vigore fino al 2036 e consentirà ai produttori di piccole dimensioni ( da 1.000 auto a 10.000 auto l’anno) di continuare la loro produzione. La deroga è prevista anche per i piccoli produttori di furgoni ( da 1.000 a 22.000 pezzi).

Perplessità sul divieto di produzione e vendita di auto diesel e benzina da parte dell’Italia

Occorre sottolineare che, passata la fase di approvazione della normativa, si aprirà un’ulteriore fase di negoziazione a cui parteciperanno anche i Paesi Membri dell’Unione Europea che potranno quindi presentare le loro ragioni e chiedere “aggiustamenti”.

All’interno della compagine politica italiana sembra che l’unico partito a sostenere questa norma sia il Pd, mentre perplessità sono state espresse dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, preoccupato soprattutto della ricaduta di queste norme sul settore automotive italiano, mentre Salvini ha parlato di un regalo alla Cina che effettivamente sulla produzione di auto elettriche è tecnologicamente avanti.

Nell’agenda verde approvato l’obbligo di caricabatteria universale

L’agenda verde ieri ha anche segnato un altro passo, infatti le istituzioni europee hanno raggiunto l’accordo per il caricabatterie universale che dovrebbe essere obbligatorio dal 2024. Per il consumatore questo vuol dire poter utilizzare un solo caricabatterie per tutti i dispositivi di cui è in possesso, ad esempio smartphone, tablet. Inoltre al cambio dello smartphone o di altro dispositivo non dovrà nuovamente comprare anche il caricabatterie perché potrà continuare a usare quello già in suo possesso. L’obiettivo è ridurre i rifiuti tecnologici, ma anche consentire ai consumatori di risparmiare infatti il caricabatterie non sarà incluso nelle confezioni di tutti i dispositivi, potrà essere acquistato separatamente quando ve ne sarà bisogno. Naturalmente non mancano perplessità da parte dei costruttori, di queste avevamo già parlato nell’articolo: Unione Europea: arriva la proposta di legge per il caricabatteria universale.

Dichiarazione aiuti di Stato: istruzioni e termini. Il 30 giugno è definitivo?

Con provvedimento del 27 aprile 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso note le modalità operative attraverso le quali le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato devono provvedere a darne comunicazione. Il termine previsto è il 30 giugno, ma vedremo a breve che sono molti a richiedere il posticipo.

Chi deve inviare la dichiarazione aiuti di Stato?

In base alla normativa devono presentare l’autodichiarazione sostitutiva aiuti di Stato tutti coloro che hanno ricevuto sostegni economici previsti per l’emergenza Covid 19 ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge 41 del 2021. Sono invece esonerati coloro che hanno ricevuto misure ascrivibili alla sezione 3.1 e 3.12 del Temporary Framework, trattasi di aiuti di tipo locale.

Per conoscere i nuovi limiti c’è la guida: Aiuti di Stato e pandemia: l’Unione Europea ammette deroghe

Non devono presentare la dichiarazione i soggetti che nel presentare l’istanza per ricevere tali aiuti hanno già dichiarato gli aiuti ricevuti e di non superare i limiti previsti dalla normativa.

Sono sempre tenuti a presentare l’autodichiarazione aiuti di Stato coloro che:

  • hanno fruito degli aiuti IMU senza aver compilato la dichiarazione sostitutiva;
  • se risultano superati i limiti e di conseguenza devono essere rimborsate le eccedenze;
  • coloro che hanno hanno fatto ricadere le risorse in parte nella misura 3.1 e in parte nella misura 3.12.

Come effettuare la dichiarazione aiuti di Stato

La dichiarazione aiuti di Stato deve essere effettuata entro il 30 giugno 2022. La normativa prevede che la stessa possa essere effettuata solo telematicamente ( via web utilizzando le credenziali rilasciate dall’Agenzia delle Entrate oppure attraverso i canali telematici). Deve essere utilizzato il modello messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Per scaricare il modello per la dichiarazione degli aiuti di Stato e le istruzioni, c’è la pagina dedicata dell’Agenzia delle Entrate

Al termine della procedura c’è il rilascio di una certificazione che attesta l’avvenuta presa in carico, o lo scarto della dichiarazione. Questo avviene quando nella compilazione vi sono errori materiali. Le dichiarazioni sostitutive oggetto di scarto  vanno nuovamente compilate, prestando maggiore attenzione. Ricordiamo che sono comunque previsti controlli sugli aiuti di Stato ricevuti.

Chi, compilando la dichiarazione si accorge di avere superato i limiti previsti dal temporary framework, deve indicare nella dichiarazione sostitutiva se intende restituire le eccedenze e le modalità con le quali vuole procedere, ad esempio sottraendoli da aiuti approvati e non ancora ricevuti.

I commercialisti chiedono la proroga dei termini previsti per l’invio della comunicazione

Per i soggetti che devono presentare l’autodichiarazione sostitutiva degli Aiuti di Stato potrebbero però presto esservi delle novità.

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in un comunicato stampa del 1° giugno 2022 ha sottolineato che urge la necessità di posticipare il termine per la presentazione della dichiarazione. Tale necessità emerge perché nel mese di giugno si sovrappongono diverse scadenze importanti e di conseguenza diventa difficile riuscire a rispettare anche questo termine.

Tra le scadenze che i professionisti devono rispettare vi sono quelle relative ad Irap, Imu, siamo inoltre nel pieno della stagione della dichiarazione dei redditi, di conseguenza diventa impossibile espletare anche questa incombenza con la dovuta diligenza professionale richiesta. Il termine richiesto per il differimento è fino al 31 ottobre 2022. L’invio del comunicato ha avuto come destinatari anche il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al Ministro dell’Economia Daniele Franco e al Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Non è dato sapere in questo momento quale risposta sarà data, ma è molto probabile che si saprà di più nei prossimi giorni.

Stop al patto di stabilità, ma l’Unione avverte “tagliate le tasse sul lavoro”

L’Unione Europea annuncia la deroga al Patto di stabilità anche per il 2023, questo potrebbe portare enormi benefici soprattutto alle imprese visto che il suggerimento all’Italia per rientrare nei limiti previsti è di abbassare le tasse.

Cos’è il Patto di stabilità e cosa prevede?

Gli italiani non aspettavano notizia migliore, infatti, che sia proprio l’Unione Europea a suggerire di alleggerire il carico fiscale permette di sperare in un futuro più roseo. Il Patto di Stabilità, o meglio Stability and Growth Pact, cioè patto di stabilità e crescita, PSC, è un accordo tra i Paesi Membri dell’Unione Europea. Prevede una politica di controllo dei bilanci interni che mira a garantire la stabilità economica attraverso il controllo del debito pubblico e del PIL, cioè del Prodotto Interno Lordo. Si tratta dei principali indici che consentono di valutare lo “stato di salute” economica di un Paese.

La normativa prevede che il rapporto tra deficit e Pil non sia superiore al 3% mentre il rapporto tra debito pubblico e Pil non deve superare il 60% con applicazione dell’articolo 104 del Trattato.

Al fine di impegnare i Paesi a rispettare il patto di stabilità sono previste sanzioni.

Vi sono però dei casi eccezionali in cui il Patto di stabilità viene accantonato.  Ne consegue che se anche non si rispettano i parametri fissati comunque i Paesi non sono sottoposti a sanzioni.

Questo è ciò che si sta verificando ora. Non si tratta però di una sorta di regalo senza conseguenze, infatti l’Unione Europea nell’applicare la sospensione del Patto di stabilità anche per il 2023 ha dato delle raccomandazioni particolari soprattutto all’Italia che si trova in una situazione di particolare difficoltà.

Unione Europea: stop al Patto di stabilità per il 2023, ma l’Italia deve tagliare le tasse

L’Unione Europea, consapevole della particolare congiuntura economica del periodo, cioè uscita dalla pandemia che ha danneggiato l’economia di molti Paesi Membri e in particolare dell’Italia, inflazione galoppante, crisi in Ucraina, perturbazioni della catena di approvvigionamento sia per quanto riguarda il settore energetico, sia per quanto riguarda quello alimentare, ha deciso un’estensione della clausola generale di salvaguardia con sospensione degli obblighi del Patto di Stabilità per il 2023.

L’Unione Europea però sollecita i Paesi Membri, e in particolare l’Italia, ad adottare misure di sostegno all’economia che possano aiutare ad essere più competitivi. L’Italia a giudizio dell’Unione Europea presenta squilibri macroeconomici eccessivi. Particolarmente preoccupante è la bassa crescita della produttività e la “debolezza strutturale dei mercati del lavoro e finanziari“.

L’aumento dell’occupazione registrato negli ultimi mesi è soprattutto di tipo temporaneo e pur trattandosi di un dato positivo, lo stesso non è sufficiente. Tra i suggerimenti vi è il taglio delle tasse sul lavoro al fine di aumentare l’efficienza del sistema. Inoltre suggerisce di continuare sulla strada della riforma fiscale attraverso la revisione delle aliquote marginali di imposta.

Via libera anche all’aggiornamento del catasto.

In parole povere se l’Italia dovesse dar seguito ai consigli dell’Unione Europea le imprese potrebbero giovarsi di una tassazione ridotta sul lavoro che da molti decenni rappresenta per le imprese italiane un fardello difficile da gestire. Ulteriori vantaggi potrebbero esservi con la riduzione delle aliquote delle imposte, come sembra suggerire l’Unione Europea. Infine, dall’Europa arriva un altro monito: deve essere ridotta la complessità del codice tributario, anche andando a razionalizzare le agevolazioni fiscali.

Pannelli fotovoltaici obbligatori? Ecco le novità dall’Unione Europea

Negli ultimi mesi le varie istituzioni hanno più volte affrontato il problema della dipendenza energetica dell’Unione Europea, e in particolare dell’Italia, dalla Russia. Questo tema è anche al centro del dibattito per la strategia REPowerEU e tra le proposte avanzate vi sono i pannelli fotovoltaici obbligatori in ogni edificio.

Energie rinnovabili e pannelli fotovoltaici obbligatori sugli edifici

La proposta arriva direttamente da Ursula von der Leyen che ha annunciato una vera e propria transizione verso l’energia verde che allo stesso tempo porterà ad una riduzione del fabbisogno energetico  Entro il 2030 ci dovrà essere un aumento della quota di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili  inizialmente prevista al 40% e ora innalzata al 45%. Attualmente la quota di energia prodotta con rinnovabili è al 22%.

Al fine di facilitare l’iter per la realizzazione degli impianti destinati a produrre energia da fonti rinnovabili, vi è l’intenzione dell’Unione Europea di individuare in tutti i Paesi Membri delle aree specifiche per accogliere fotovoltaico ed eolico.

L’Unione Europea ha anche proposto di rendere obbligatoria l’installazione dal 2026 di pannelli solari su tutti gli edifici pubblici ed edifici commerciali. Lo stesso obbligo dovrebbe essere esteso a tutti gli edifici dal 2030. Da quanto emerge il nuovo obbligo dovrebbe riguardare solo gli edifici di nuova costruzione.

Infine, tra gli obiettivi dell’Europa indicati nel RePowerEU vi è l’aumento di produzione di biometano. Si tratta di un gas 100% rinnovabile derivante dalla digestione anaerobica delle biomasse come la FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani), sottoprodotti agricoli, effluenti zootecnici e scarti agroindustriali, oltre ai fanghi della depurazione.

Non  solo pannelli fotovoltaici obbligatori: avvio di una campagna di comunicazione efficiente

L’obiettivo di queste proposte è stimolare la transizione ecologica e allo stesso tempo affrancarsi sempre più dalla dipendenza energetica.

Il piano dell’Unione Europea prevede anche un impegno da parte dei Paesi Membri ad avviare efficienti campagne di comunicazione per famiglie e industrie in modo che possano adottare comportamenti più consapevoli al fine di ridurre nell’immediato del 5% la domanda di petrolio e gas.

Il mercato comune europeo per gas e idrogeno

Un ulteriore e ambizioso obiettivo è creare in breve termine un mercato comune europeo per gas, gas naturale, gas liquefatto e idrogeno attraverso l’ottimizzazione dell’uso delle infrastrutture. Dovrebbe essere utilizzato lo stesso schema previsto per l’acquisto comune dei vaccini. L’obiettivo è ottimizzare la distribuzione andando anche in questo caso a incidere su importazioni di gas. In questa direzione va anche l’obiettivo di raddoppiare la diffusione di pompe di calore, che hanno minori consumi, snellire i processo autorizzatori per grandi progetti su energie rinnovabili e riconoscere le fonti verdi come interesse pubblico prioritario.

Oltre a questi progetti, vi è l’intenzione dell’Unione Europea di presentare un pacchetto di misure volto a ridurre l’impatto ambientale derivante dal trasporto merci.

Sistema Swift: cos’è, perché è importante e cosa comporta il blocco?

Negli ultimi giorni sentiamo spesso parlare di sistema Swift in relazione alle sanzioni comminate alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, ma cos’è esattamente il sistema Swift e perché è così importante?

Cos’è il codice SWIF e perché è importante?

Il codice Swift è una realtà quotidiana che riguarda ognuno di noi, ma fino a pochi giorni fa nessuno lo sapeva, oppure conosceva la sua esistenza senza però capirne utilità e funzionalità. Il termine Swift è acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, si tratta di una società cooperativa nata nel 1973 e che è sottoposta al controllo della BCE, Federal Reserve e la Banca Centrale Belga e altri istituti centrali dislocati in varie parti del mondo.

L’obiettivo è consentire transazioni rapidissime a livello globale e questo perché la cooperativa è impegnata nel rendere tutte le transazioni sicure e rapide attraverso controlli telematici. Il fatto che sia sottoposta a controllo di banche centrali praticamente di tutto il mondo e che sia utilizzato da 10 mila aziende e istituti finanziari per le transazioni, rende il sistema SWIFT un nodo centrale nell’economia mondiale. Ordini, acquisti, pagamenti di soggetti privati o di aziende, e quindi anche con alti volumi, passano attraverso questo sistema.

Dove trovo il codice Swift della mia banca e quando devo usarlo?

Ad ogni banca che usa il sistema Swift viene assegnato un codice da 8 o 11 caratteri denominato appunto codice SWIFT, si tratta di un codice univoco che identifica la singola banca.

  • I primi 4 caratteri rappresentano il codice bancario;
  • i successivi 2 caratteri il Paese, ad esempio per l’italia IT;
  • seguono 2 lettere o due numeri che individuano la località;
  • gli ultimi 3 caratteri sono opzionali e individuano la filiale di riferimento, in alternativa a questi sono indicate XXX ed indicano uffici centrali della banca.

All’interno di un bonifico il codice Swift viene indicato solo per i pagamenti internazionali, si tratta di una sorta di IBAN che però opera a livello sovranazionale. Proprio il fatto che l’indicazione esplicita sia richiesta solo per queste tipologie di pagamento, fa in modo che generalmente le banche segnalino al cliente tra le coordinate bancarie solo il codice IBAN, mentre non segnalano il codice Swift, che potrà comunque essere richiesto alla propria filiale nel caso in cui dovesse essere necessario utilizzarlo.

Il blocco dello Swift delle banche russe sta creando problemi alla popolazione che quotidianamente effettua pagamenti, ma l’obiettivo non è questo, o almeno non è questo il principale. Tra i cambiamenti immediati c’è stata l’impossibilità di accedere ai pagamenti attraverso i sistemi Visa e Mastercard, quindi con i pagamenti digitali bloccati si ritorna all’uso prevalente del contante.

Perché il blocco del sistema Swift si utilizza come “arma di guerra”?

Tra le transazioni che passano attraverso il sistema Swift ci sono quelle per l’acquisto di gas dalla Russia da parte dell’Europa, ma non solo, anche da parte di tutti gli altri Paesi che sfruttano le risorse energetiche di questo Paese. Affari di diversa natura intercorrono invece con gli Stati Uniti. Ne consegue che escludere la Russia dai sistemi di pagamento vuol dire tagliare di netto la fornitura economica che alimenta le casse della Russia e consente di avere armi che saranno poi utilizzate contro l’Ucraina.

Non si tratta di una decisione senza conseguenze perché questo taglio, da un lato rischia di mettere in ginocchio la Russia, ma dall’altro mette in difficoltà i Paesi che non hanno autonomia energetica, tra cui l’Italia che sicuramente per un breve periodo può garantirsi una certa autosufficienza, ma nel tempo potrebbe avere notevoli difficoltà. L’Italia dipende dal gas russo per circa il 46% del fabbisogno. Dai dati resi noti dal Ministero della Transizione Ecologica emerge che nel 2020, l’Italia ha importato quasi 66,4 miliardi di metri cubi di gas naturale, di cui il 43,3% (pari a circa 28,6 miliardi di metri cubi) dalla Russia.

Al fine però di evitare il blocco del gas proveniente dalla Siberia, la Commissione UE al tavolo Coreper che riunisce gli ambasciatori dei 27 Paesi Membri dell’Unione Europea ha proposto di escludere dal blocco dei codici Swift quello di Gazprombank cioè la banca attraverso la quale l’ENI effettua le transazioni per l’approvvigionamento del gas.

Escludere la Russia del sistema Swift non vuol dire bloccare ogni flusso di denaro, ma semplicemente costringe il colosso ad adottare circuiti lenti per le sue transazioni.

I precedenti

Deve essere ricordato che non è l’unica volta in cui si è proceduto a questa tipologia di sanzione, infatti già nel 2012 si era provveduto all’esclusione dal sistema Swift dell’Iran. L’obiettivo in quel caso era fermare il programma nucleare. Da quella decisione derivò un notevole calo di PIL dovuto proprio a questa sanzione.

Rispetto al 2012 però qualcosa è cambiato, infatti, la Cina non si è schierata, ma da sempre esprime posizioni vicine alla Russia. Entrambe queste potenze avevano provato in passato a creare un sistema analogo, tentativo poi fallito a causa delle scarse adesioni, ma ora la Cina lavora in modo assiduo alla creazione di piattaforme digitali (yuan) e crypto asset che potrebbero essere rese disponibili alla Russia, superando così anche questo ostacolo. Rispetto al blocco all’Iran c’è anche un’altra differenza e cioè il livello di operazioni internazionali eseguite che per la Russia è molto più elevato e proprio a causa di questo fattore, oltre che al bisogno di gas, si è pensato non a un blocco totale, ma parziale con salvaguardia di alcuni istituti finanziari.

Aiuti di Stato: controlli sul rispetto dei limiti e autodichiarazione

Gli Aiuti di Stato devono rispettare le normative previste dall’Unione Europea che, nel Quadro Temporaneo di aiuti determinato nel periodo Covid ha però stabilito delle deroghe e nuovi limiti agli aiuti alle imprese. Con decreto del MEF sono invece indicati i criteri per il controllo dei requisiti per le imprese beneficiarie.

Temporary Framework: il quadro temporaneo degli Aiuti di Stato

L’Italia, sulla base della comunicazione inviata dalla Commissione Europea  inerente il Quadro Temporaneo (Temporary Framework) per le misure di Aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza da COVID-19, ha emanato il decreto 41 del 2021 in cui si provvedeva all’adeguamento della disciplina in base alle direttive date dall’Unione Europea per gli aiuti delle Sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro Temporaneo.

In questo modo è stato possibile per le imprese ottenere i massimali degli Aiuti di Stato che sono stati temporaneamente innalzati. Ora, con il decreto del MEF dell’11 dicembre 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 gennaio 2022, si provvede a definire i criteri per il monitoraggio. La prima cosa da sottolineare è che al fine di determinare il termine temporale da controllare per verificare il rispetto dei nuovi massimali, si deve avere in considerazione la data in cui l’impresa beneficiaria ha effettivamente avuto la disponibilità dell’aiuto.

Come sono effettuati i controlli sul rispetto dei massimali?

Al fine di controllare il rispetto dei massimali degli Aiuti di Stato fruibili, è necessario che l’impresa beneficiaria invii all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà avente ad oggetto il rispetto dei requisiti e dei limiti fissati nel Temporary Framework dell’Unione Europea. All’interno dell’autodichiarazione è necessario sottolineare di aver rispettato i  massimali previsti per gli Aiuti di Stato tenuto anche conto delle relazioni di controllo che vi possono essere tra le imprese ai fini della definizione di impresa unica.

Ricordiamo che la sezione 3.1 prevede per gli aiuti ricevuti dal 19 marzo 2020 al 27 gennaio 2021 tali massimali:

  • 800mila euro per impresa unica;
  • 120 mila euro per pesca e acquacoltura;
  • 100 mila euro per produzione primaria prodotti agricoli.

Per gli aiuti ricevuti dal 28 gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 i limiti sono:

  • 1 milione e 800 mila euro per impresa unica;
  • 270 mila euro per pesca e acquacoltura;
  • 225 mila euro per produzione agricola primaria.

Inoltre la Sezione 3.12 del Quadro Temporaneo prevede limiti di:

  • 3 milioni di euro per impresa unica, per gli aiuti ricevuti dal 13 ottobre 2020 al 27 gennaio 2021;
  • 10 milioni di euro per impresa unica per gli aiuti ricevuti dal 28 gennaio 2021 al 31 dicembre 2021.

In questo secondo caso sono però richiesti ulteriori requisiti per poter accedere agli aiuti, ovvero che ci sia una riduzione del fatturato di almeno il 30% rispetto al corrispondente periodo del 2019 e che il contributo richiesto non superi il 70% dei costi fissi non coperti e affrontati nel periodo di riferimento.

Termini e modalità per l’invio dell’Autodichiarazione

Il decreto pubblicato il 20 gennaio 2022 non specifica però i termini per l’invio dell’autodichiarazione e le modalità rimandando a un successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Per ulteriori informazioni sul Quadro Temporaneo di Aiuti di Stato, leggi l’articolo: Aiuti di Stato e pandemia: l’Unione Europea ammette deroghe 

Ricordiamo inoltre che vi è la possibilità di accedere a contributi a fondo perduto, per saperne di più:

Contributi a Fondo perduto per negozi e ambulanti. I Codici Ateco

Ristori fermo pesca: si può presentare la domanda

Organizzazione dei produttori agricoli: vantaggi per le aziende agricole

L’agricoltura è uno dei settori strategici dell’economia italiana e dell’Unione Europea. Nel tempo purtroppo è stata messa da parte e il settore abbandonato, sebbene non si possa fare a meno di esso in quanto rispondente alle esigenze primarie di ogni essere umano. L’allontanamento delle persone dall’agricoltura è dovuto principalmente alla difficoltà per le aziende agricole e per gli addetti ai lavori di raggiungere un reddito pari a quello di altre produzioni e di conseguenza sempre più persone hanno lasciato le città con l’obiettivo di ottenere condizioni di vita migliori. Negli ultimi anni c’è però una riscoperta e questa è dovuta alla valorizzazione delle produzioni e all’impegno dell’Unione Europea per tutelare il reddito di coloro che sono impegnati in agricoltura. Un forte aiuto a realizzare tale parità di reddito arriva dalla scelta di aderire all’Organizzazione dei Produttori agricoli (OP).

Organizzazione dei Produttori: cosa sono e quali compiti svolgono?

Molti provvedimenti dell’Unione Europea hanno come destinatarie le Organizzazioni di Produttori (OP) una sorta di enti intermedi tra le aziende agricole e i compratori di prodotti agricoli e tra le aziende e le autorità. L’insieme dei servizi forniti dalle OP rappresentano un vantaggio per le aziende agricole, che siano di piccola o grande entità . Il ruolo principale delle OP è di gestire i rapporti tra le aziende agricole e il mercato. L’Unione Europea sottolinea che vi è un particolare sostegno a tali organizzazioni e questo si manifesta soprattutto deroghe alle regole di concorrenza dell’UE per determinate attività e accesso ai finanziamenti per le aziende del settore ortofrutticolo.

Le Organizzazioni di Produttori hanno regole e servizi differenti in base al principio di autoregolazione, ma nella maggior parte dei casi si occupano di ritirare i prodotti agricoli, ad esempio le organizzazioni di produttori di nocciole, ritirano dalle piccole aziende le nocciole e fanno in modo che le stesse arrivino al mercato e alle grande distribuzione, alle grandi aziende cosa che sarebbe difficile per un piccolo produttore. Le OP spesso mettono a disposizione anche locali per la corretta conservazione dei prodotti, evitando così che prodotti ortofrutticoli possano perdersi ed evitando alle aziende agricole di acquistare strumentazioni costose, come possono essere le celle frigorifero.

Le OP offrono anche il vantaggio di evitare l’invenduto, infatti non sarà compito della azienda agricola che può avere anche piccole dimensioni, cercare un compratore, lo stesso è spesso interessato a grandi quantitativi e che quindi si rivolgono alle organizzazioni di produttori.

Ulteriori vantaggi dell’adesione a un’Organizzazione di produttori

La possibilità di accedere più facilmente a bandi comunitari, nazionali, regionali e locali e di evitare l’invenduto e perdite sono sono i vantaggi principali che possono avere le aziende agricole che aderiscono alle OP. Ulteriori vantaggi possono essere:

  • ridurre i passaggi commerciali;
  • avere a disposizione professionisti che aiutano nella gestione delle varie pratiche, ad esempio offrono assistenza per accedere ai fondi;
  • allargare l’accesso ai mercati con la possibilità di accedere anche a quelli esteri;
  • ottenere garanzie sui crediti da riscuotere, infatti avere un’organizzazione di produttori che si occupa di intermediazione tra piccole aziende e compratori offre maggiori tutele;
  • gestire direttamente la trasformazione dei prodotti;
  • programmare la produzione in base al fabbisogno del mercato evitando così anche che i prezzi possano ribassare eccessivamente (ad esempio i contratti di filiera del grano);
  • gestire sistemi di qualità e certificazioni.

Le Organizzazioni di Produttori in Italia e in Europa

In Italia l’organizzazione di produttori agricoli più conosciuta è sicuramente Coldiretti che offre alle aziende agricole assistenza a 360°, ma non solo, infatti ci sono organizzazioni di produttori di settore, come quelle della mela annurca, delle castagne, del miele. In Italia le OP attualmente in attività sono circa 300 e sono destinatarie di Piani Operativi di livello nazionale ed europeo. Nell’Unione Europea sono invece presenti 11 milioni di aziende agricole, molte delle quali operano a livello familiare, ci sono invece circa 3400 OP. A queste organizzazioni possono aderire anche produttori che hanno produzioni irrisorie e che più difficilmente riescono a collocarsi sul mercato, magari anche con prodotti agricoli di qualità che rischierebbero l’invenduto.

Agricoltura: aiuti dell’Unione Europea ai settori vitivinicolo e ortofrutticolo

L’Unione Europea ha particolarmente in considerazione le sorti degli agricoltori, proprio per questo prevede diverse misure di sostegno alle loro attività e soprattutto al reddito. Abbiamo visto in precedenza gli aiuti riconosciuti alle piccole e medie imprese che operano in agricoltura, ora vediamo gli aiuti dell’Unione Europea specifici per i singoli settori. In questa sede ci occuperemo in particolare del sostegno previsto per il settore vitivinicolo e ortofrutticolo.

Aiuti dell’Unione Europea ai settori vitivinicolo e ortofrutticolo: perché?

Janusz Wojciechowski, Commissario per l’Agricoltura, ha sottolineato che gli ultimi anni per i settori vitivinicolo e ortofrutticolo sono stati molto difficili e questo a causa delle gelate primaverili, inondazioni e condizioni meteorologiche estreme. Queste condizioni si sono sommate alle difficoltà generate dal Covid che hanno portato perdite importanti sia a causa delle difficoltà a trovare manodopera, sia a causa della contrazione dei consumi. Questo naturalmente ha portato pesanti perdite per i produttori e quindi difficoltà per gli agricoltori, proprio per questo l’Unione Europea ha varato un pacchetto di aiuti specifico per gli agricoltori che lavorano in questi settori.

Agricoltura: aiuti dell’Unione Europea per il settore vitivinicolo

Gli aiuti sono divisi e diversi in base alle peculiarità delle tipologie di produzione.

In primo luogo per i produttori di uva e vino, cioè il settore vitivinicolo è prevista flessibilità dei piani di aiuto: i Paesi dell’Unione Europea godono, grazie al regime straordinario previsto per il 2022, di una maggiore flessibilità nella gestione dei piani di aiuto agli agricoltori. In genere gli stessi possono essere modificati solo 2 volte l’anno, entro il 1° marzo ed entro il 1° giugno, invece ora potranno modificare in base all’andamento dell’anno i piani e questo si traduce in minori vincoli e limiti anche per coloro che lavorano nel settore vitivinicolo.

La maggiore flessibilità prevista dall’Unione Europea prevede anche che fino al 15 ottobre 2022 per le aziende vitivinicole che si occupano di riconversione dei vigneti, promozione, ristrutturazione, informazione, vendemmia verde e investimenti, ci siano maggiori aiuti rispetto a quelli inizialmente previsti.

Grazie alle nuove misure aumenta anche la partecipazione dell’Unione Europea a fondi e assicurazioni a tutela del raccolto, in particolare il contributo dell’Unione Europea all’assicurazione sul raccolto aumenta dal 70% all’80%. Aumenta anche la partecipazione dell’Unione Europea ai costi di costituzione dei fondi di mutualizzazione, il contributo è stato raddoppiato: dal 10%, 8% e 4% nel primo, secondo e terzo anno di attuazione al 20%, 16% e 8% .

Aiuti al settore ortofrutticolo

Per il settore ortofrutticolo gli aiuti alle organizzazioni di produttori, che poi naturalmente devono ricadere sui singoli agricoltori, è solitamente calcolato sui livelli di produzione. Per il 2022 l’Unione Europea provvede alla compensazione dei fondi fino a raggiungere i livelli ordinari di produzione.

Ricordiamo che il settore ortofrutticolo riceve aiuti soprattutto attraverso le OP (Organizzazioni dei Produttori) a questi l’Unione Europea in misura ordinaria riconosce un aiuto comunitario pari al 4,1% del valore della produzione commercializzata dalle OP, questo aiuto può essere elevato al 4,6% al fine di attivare o estendere le misure di prevenzione e gestione delle crisi.

Ricordiamo che oltre agli aiuti dellè’Unione Europea ci sono misure previste anche dall’Italia, per ulteriori informazioni si consiglia la lettura: Agricoltura: tutte le novità nella legge di bilancio 2022

Agricoltura: aiuti dall’Unione Europea per imprenditori agricoli e PMI

L’Unione Europea riconosce che, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, il settore dell’agricoltura sta dando prova di coraggio e resilienza, proprio per questo ha pensato una serie di aiuti concreti per coloro che lavorano in questo settore. Ciò anche al fine di continuare a garantire la sicurezza alimentare. Gli aiuti dall’Unione Europea per imprenditori agricoli e PMI sono rivolti agli agricoltori e alle zone rurali. Ecco di cosa si tratta.

Stanziamenti per prestiti e finanziamenti a tasso agevolato in agricoltura

Le agevolazioni previste dall’Unione Europea per aiutare il settore dell’agricoltura sono diverse. In primo luogo è previsto uno stanziamento di 200.000 euro a copertura di costi operativi per l’accesso a prestiti e finanziamenti a tasso agevolato o piani di pagamento particolarmente convenienti.

La politica europea prevede inoltre la possibilità per gli agricoltori e le PMI di ricevere versamenti anticipati più elevati. Si tratta dei versamenti previsti dalla PAC, Politica Agricola Comune, che passano, quelli per il sostegno al reddito dal 50% al 70% e quelli per lo sviluppo rurale passano dal 75 all’85%.

Deroghe alla disciplina degli Aiuti di Stato e aiuti de minimis per il settore dell’agricoltura

L’Unione Europea ha inoltre previsto aiuti di Stato più elevati per gli agricoltori e per le aziende impegnate nel comparto della trasformazione dei prodotti alimentari. In base alla normativa, gli agricoltori e PMI impegnate in agricoltura possono ricevere fino a 100.000 euro di aiuti di Stato mentre le aziende impegnate nella trasformazione e nella commercializzazione dei prodotti alimentari possono ottenere fino 800.000 euro. Tali importi possono essere integrati con gli aiuti de minimis specifici per il settore agricolo e che possono avere un tetto massimo di 20.000 euro, in alcuni casi elevabili a 25.000 euro.

Sappiamo che gli aiuti di Stato sono generalmente incompatibili con il mercato interno, ma tali aiuti di Stato sono possibili grazie all’articolo 107, paragrafo 2, lettera b) del TFUE che ammette la possibilità di aiutare questo settore in quanto trattasi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da calamità naturali o da altri eventi eccezionali, come appunto può essere la pandemia.

Il paragrafo 3 dello stesso articolo, alla lettera C, sottolinea invece la compatibilità con il mercato interno degli aiuti all’agricoltura al fine di agevolare lo sviluppo economico dei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali.

Per gli approfondimenti sugli “aiuti de minimis” e sugli “aiuti di Stato” leggi gli articoli:

Aiuti de minimis: cosa sono, limiti, ammontare e come ottenerli

Aiuti di Stato e pandemia: l’Unione Europea ammette deroghe