Piccole e medie imprese italiane premiate in Europa

Le piccole e medie imprese italiane si fanno valere in Europa e vincono premi e finanziamenti. Sei piccole e medie imprese del nostro Paese, che fanno parte di un gruppo di 42 selezionate dalla fase 2 del cosiddetto “Strumento Pmi”, riceveranno in totale 6 milioni e 700mila euro dal programma quadro per la ricerca Horizon 2020, messo in campo dalla Commissione europea.

Le piccole e medie imprese premiate sono soprattutto del Nord, ma non manca anche un esempio di eccellenza manifatturiera che proviene dal Sud: Società Agricola Serenissima (Conselve, PD), Aleph (Lurate Caccivio, CO), ML Engraving (Onore, BG), Mobiltech (Varedo, MB), Cimberio (San Maurizio d’Opaglio, NO) e Atp (Angri, Salerno).

Le piccole e medie imprese premiate riceveranno fino a 2,5 milioni di euro per ciascun progetto (raddoppiati a 5 milioni per i progetti in materia sanitaria) con i quali finanziare le attività innovative e l’elaborazione e la messa in opera dei propri piani aziendali.

Tra i Paesi europei, quello che ha visto il maggior numero di piccole e medie imprese premiate è la Spagna (7), dopo la quale ci sono appunto l’Italia, la Finlandia, la Francia, i Paesi Bassi, il Regno Unito.

L’Italia non è un Paese per giovani

L’Italia continua ad essere ostile ai giovani, nonostante sia ormai chiaro che, se non si dà loro lo spazio che meritano, si mette a repentaglio il futuro di un intero Paese, troppo ancorato su convinzioni e tradizioni ormai obsolete.

La Cgia Mestre ha confermato questo trend, che non accenna a calare né tantomeno ad invertire la rotta, mettendo in evidenza un preoccupante squilibrio tra gli assegni staccati ai pensionati e gli investimenti destinati all’istruzione.

Dati alla mano, è emerso che l’Italia è il Paese europeo che spende di più per pagare le pensioni (poco meno di 270 miliardi di euro, pari al 16,8% del Pil) ed è, invece, al penultimo posto per le risorse destinate alla scuola (65,5 miliardi di euro corrispondenti al 4,1% del Pil).
Ciò significa che la spesa pensionistica del Belpaese è quattro volte superiore a quella scolastica.

Ma non basta. In nessun altro Paese dell’Unione europea, il gap tra questi due capitoli di spesa risulta così marcato.
La media europea si attesta a 2,6, con pensioni che costano mediamente 2,6 volte ciò che costa l’istruzione), mentre in Paesi come la Francia e la Germania, dove il numero complessivo dei pensionati risulta addirittura superiore al nostro, il rapporto tra spesa pensionistica e spesa scolastica è rispettivamente di 2,7 e 2,5.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha aggiunto: “I dati riferiti all’Italia sono in parte condizionati dal trend demografico. Tuttavia, non possiamo disconoscere che le politiche di spesa realizzate negli ultimi quarant’anni abbiano privilegiato, in termini macroeconomci, il passato, ovverosia gli anziani, anziché il futuro, cioè i giovani”.

Vera MORETTI

A settembre, bene l’export nei Paesi extra Ue

Le produzioni italiane sui mercati internazionali hanno fatto registrare dati positivi per il mese di settembre.
In particolare, buone notizie arrivano dalle esportazioni dirette al di fuori dell’Unione europea, che infatti sono cresciute del 4,1% rispetto al mese precedente e del 3,5% su base annua.

L’Istat, che ha condotto l’indagine e, di conseguenza, ha reso note queste cifre, sostiene che le vendite di beni strumentali sono incrementate dell’11,8% grazie ai trasporti su mezzi di navigazione marittima.

Anche le importazioni, tra agosto e settembre, sono tornate a registrare numeri con segno positivo (+3,4%), anche se rimangono negative su base annua (-0,4%) a causa della forte contrazione degli acquisti di energia, altrimenti la crescita sarebbe molto più consistente: +8,4%.

Nel complesso, l’avanzo commerciale registrato a settembre è stato di 1.533 milioni contro i 322 milioni di settembre 2013. Depurato dall’interscambio commerciale l’avanzo avrebbe raggiunto i 4,7 miliardi.

Vera MORETTI

Agroalimentare italiano primo per riconoscimenti Dop

Ancora una volta, l’Italia si conferma al primo posto per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea, con un numero di prodotti di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2013 pari a 261, ben 13 in più rispetto all’anno precedente.
Di questi, sono 252 quelli che risultano attivi.

A rendere noti questi dati è stato l’Istat con il suo report sui prodotti agroalimentari di qualità.

Tra i settori con il maggior numero di riconoscimenti sono gli ortofrutticoli e cereali (101 prodotti), i formaggi (47), gli oli extravergine di oliva (43) e le preparazioni di carni (37).
Le carni fresche e gli altri settori comprendono, rispettivamente, cinque e 28 specialità.

Le regioni con più Dop e Igp sono Emilia-Romagna e Veneto, rispettivamente con 39 e 36 prodotti riconosciuti.

Il Made in Italy del settore agroalimentare dimostra di essere sempre più apprezzato, e sembra godere di buona salute, nonostante il rischio sempre costante causato dalla contraffazione.

Nel 2013 gli operatori certificati sono 80.435, in aumento di 204 unità (+0,3%) rispetto al 2012.
Di questi, il 91,2% svolge esclusivamente attività di produzione e il 6,6% di trasformazione; il restante 2,2% effettua entrambe le attività.

Per quanto riguarda le certificazioni, le nuove entrate di operatori, che risultano essere 8.809, dimostrano di superare le uscite, che sono 8.605.

Vera MORETTI

Dal 30 settembre la presentazione delle domande per Horizon 2020

I lavori per Horizon 2020 sono in pieno fermento e, dal prossimo 30 settembre, saranno aperti i battenti per chi vorrà presentare le domande per ottenere le agevolazioni del Fondo per la crescita sostenibile, che sosterranno progetti di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici individuati dal programma dell’Unione europea.

La dotazione finanziaria totale è di 300 milioni di euro, il 60% della quale è riservata a progetti proposti da imprese di piccole e medie dimensioni.

Ciò è previsto da un decreto del ministero dello Sviluppo economico che risale al 25 luglio scorso.
Il decreto firmato dal Direttore generale per gli incentivi alle imprese del ministero individua i termini e le modalità di presentazione delle domande per l’accesso alle agevolazioni del Fondo per la crescita sostenibile.

Tali agevolazioni mirano a sostenere la realizzazione di progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale negli ambiti tecnologici individuati dal programma Horizon 2020 dell’Unione europea.

Le domande di agevolazioni possono essere presentate a partire dalle ore 10.00 del 30 settembre 2014 utilizzando la procedura di compilazione guidata accessibile dalla sezione “Progetti di R&S negli ambiti tecnologici di Horizon 2020”.
I soggetti interessati possono iniziare la fase di compilazione della domanda e dei relativi allegati a partire dal 22 settembre 2014.

I progetti di ricerca e sviluppo devono prevedere un ammontare complessivo di spese ammissibili compreso tra 800 mila e 3 milioni di euro e possono essere presentati dalle imprese singolarmente o in forma congiunta, anche con Organismi di ricerca, fino a un massimo di tre soggetti proponenti.

Le agevolazioni sono concesse nella forma del finanziamento agevolato per una percentuale delle spese ammissibili articolata in relazione alla dimensione d’impresa, pari al 70% per le piccole imprese, al 60% per le medie imprese e al 50% per le grandi.
Il finanziamento agevolato ha una durata massima di 8 anni, oltre un periodo di preammortamento di 3 anni, e prevede un tasso agevolato pari al 20% del tasso di riferimento stabilito dalla Commissione europea, comunque non inferiore allo 0,8%.

Vera MORETTI

Accordo tra notariato italiano e cinese

E’ stato siglato venerdì 13 giugno a Roma, presso il Consiglio Nazionale del Notariato, un memorandum per il rafforzamento del sistema di cooperazione giuridica tra notariato italiano e notariato di Shanghai.

L’iniziativa, sostenuta da UINL, Unione internazionale del Notariato, conferma la collaborazione con il notariato cinese, che ha come obiettivo quello di incrementare lo scambio di informazioni a livello internazionale e far conoscere le peculiarità distintive del modello italiano riconosciute come eccellenza a livello mondiale.

E’ dal 1993 che i notai cinesi mostrano un certo interesse nei confronti del sistema notarile di controllo preventivo dei Pubblici Registri (Immobiliare, Societario, dello Stato Civile), all’analisi delle tecniche giuridiche per la redazione dei contratti in materia immobiliare e societaria, nonché allo studio della normativa fiscale, di antiriciclaggio e all’esame del sistema di censimento e mappatura della proprietà immobiliare.

Dal 2003 la Cina, dopo aver approfondito il funzionamento e il rapporto tra costi e benefici dei sistemi di common law e civil law per lo sviluppo economico generale, ha deciso di adottare il sistema del Notariato Latino presente in 85 paesi nel mondo tra cui 22 dei 28 paesi membri dell’Unione Europea.

Vera MORETTI

Il successo dell’high-tech anche in Europa

Anche il Vecchio Continente si sta attrezzando per essere competitivo nel settore dell’high-tech, come ha anche confermato la ricerca “High Technology Employment in the European Union“ presentata recentemente a Bruxelles.

A crescere sono anche le risorse impiegate nel comparto, dove a quanto pare le proposte di lavoro non mancano, ed abbracciano tutti i macro settori in esso compresi, da quello scientifico a quello matematico, fino ad arrivare al tecnologico ed ingegneristico.
In questo campo, l’unico a dir la verità, la richiesta di lavoro è cresciuta del 20% nel periodo 2000-2011, più del doppio rispetto alla crescita totale dell’occupazione.

E proprio queste cifre, in costante aumento, hanno permesso al settore dell’high-tech di arrivare a ricoprire il 10% dell’occupazione totale nell’Unione Europea.
Questo bilancio positivo riguarda anche l’Italia, dove è stato registrato un incoraggiante, e sorprendente, +28,5% dal 2000 ad oggi, con particolare concentrazione nelle regioni del nord, Lombardia ed Emilia Romagna in testa, e nel Lazio.

A vantaggio del comparto ci sono anche i salari: forse anche a causa di una elevata preparazione accademica e professionale, coloro che lavorano nel settore percepiscono stipendi elevati rispetto agli altri ambiti, e in Italia può raggiungere picchi del 20% in più.

E non è tutto, poiché dal 2005 al 2010 la crescita dei salari dei lavoratori high-tech è stata più alta della crescita media dei salari totali in 20 dei 26 paesi europei considerati.
In Italia, i salari di questo settore sono cresciuti del 4,4%, il doppio degli impieghi non high-tech.

Ma i vantaggi derivano anche da altri fattori, a cominciare dagli effetti secondari che l’high-tech ha sull’economia: le analisi stimano che, a livello locale, la creazione di un impiego high-tech crea un effetto moltiplicatore, ed è associata alla creazione di più di 4 posti di lavoro in altri segmenti non high-tech, nella stessa zona (il risultato è statisticamente significativo all’ 1%).
In breve, la forza lavoro high-tech genera una somma considerevole di reddito, aiutando a sostenere le economie locali.

Vera MORETTI

Fondi BEI a sostegno delle pmi

A sostegno delle piccole e medie imprese operanti in particolari zone geografiche e in possesso di determinate caratteristiche strutturali, l’Unione Europea ha deciso di stanziare fondi per agevolare l’accesso a prestiti europei con tassi di interesse vantaggiosi.

I finanziamenti, dunque, volti a promuovere lo sviluppo economico locale e nazionale, arrivano dalla Banca Europea degli Investimenti, denominati Fondi B.E.I., a favore delle piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti.

Per ottenere i fondi, questi devono essere utilizzati per investire in settori che si occupano di beni materiali, come immobili, macchinari, attrezzature, impianti, da utilizzare per realizzare attività di produzione e commercializzazione di beni e servizi, e di beni immateriali, come lo sviluppo, la ricerca, la progettazione, la realizzazione di reti distributive, per il miglioramento dei servizi.

Questi finanziamenti possono arrivare a coprire fino al 100% dell’investimento effettuato dalla pmi per un importo massimo di 12,5 milioni di euro, da rimborsare in un periodo che va dai 10 anni, con due anni di preammortamento, ad un massimo di 12 anni, compresi sempre due anni di preammortamento, le agevolazioni fiscali previste comprendono l’esenzione dell’applicazione dell’imposta sostitutiva e tassi d’interesse agevolati.

Vera MORETTI

Dall’UE arriva l’accordo sul fallimento ordinato delle banche

Frutto di due notti di contrattazioni, l’accordo sul fallimento ordinato delle banche è stato raggiunto dai ministri delle Finanze dell’Unione Europea.
Ciò significa che gli Stati non dovranno pagare in situazioni di evidente criticità, come è avvenuto nel caso di Cipro.

Di conseguenza, se una banca fallisce, a pagare saranno in primis gli azionisti, poi gli obbligazionisti meno assicurati e alla fine i depositi, tranne quelli sotto i centomila euro.

Per Fabrizio Saccomanniè un buon compromesso nella direzione dell’unione bancaria, contribuisce a spezzare il circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario”, e alla sua dichiarazione hanno fatto seguito le parole del francese Pierre Moscovici, secondo il quale l’accordo “aumenta la stabilità finanziaria in Europa”.

L’intesa rappresenta un compromesso tra chi come Francia e Gran Bretagna voleva più flessibilità, cioè la possibilità di scegliere da soli a chi far pagare il conto delle banche che falliscono, e quelli che come la Germania invece volevano regole uguali per tutti.

Il ministro irlandese Michael Noonan sostiene che questa decisione porta l’UE dal salvataggio da parte degli Stati alla suddivisione delle perdite all’interno della banca stessa, “tutelando così i contribuenti”.

Parole soddisfatte sono arrivate anche dal commissario UE al mercato interno Michel Barnier, autore della direttiva originale, al quale si è aggiunta Angela Merkel: “Questo è quello che davvero è necessario. Una questione centrale è come le banche europee possano recuperare fiducia”.

Vera MORETTI

Rischio di declino per le imprese

E’ un dato di fatto, meno del 10 per cento delle aziende italiane riesce a superare la seconda generazione. Il tessuto imprenditoriale del nostro Paese è composto, soprattutto, da imprese familiari, dove il capo famiglia è anche a capo dell’impresa. Per ragioni anagrafiche, ad un certo punto il capo dell’impresa dovrà cedere la propria impresa o a terze persone o a qualche membro della sua famiglia. Se la cede a terzi, incassa il valore stabilito e la storia finisce lì, se la cede a un familiare… la storia spesso finisce lo stesso. Nel senso che, spesso, i familiari dell’imprenditore non sono capaci di dare continuità a quanto costruito dal fondatore dell’impresa e l’azienda chiude. Perché? Il fondatore non riesce a trasferire le sue capacità.

Come si fa? Prima di tutto, bisognerebbe capire se i suoi eredi le hanno, queste capacità. O se sono più portati per altre attività. È inutile e dannoso portare a tutti i costi in azienda una persona che invece vuole insegnare a scuola (ad esempio).

Poi sarebbe utile capire come trasferire al meglio queste capacità, possibilmente potenziandole. E nello stesso tempo come non far sentire del tutto inutile il “vecchio” fondatore.

È un’attività di coaching, se vogliamo usare un termine anglosassone di moda. In un momento così difficile per l’economia, non possiamo permetterci di perdere anche le aziende che funzionano, di perdere posti di lavoro.

Poi bisogna curare anche gli aspetti successori dal punto di vista legale e finanziario, in modo che nessun erede sia trascurato o che siano lesi i suoi diritti. Per fare tutto ciò, è necessario che un professionista abbia il quadro complessivo della situazione sotto controllo. Un notaio? No, perché si occupa di formalizzare gli aspetti legali di una successione, ma è il cliente a dovergli dire come vuol redigere un testamento, ad esempio, e di sicuro il notaio non si occupa del futuro dell’azienda.

Un avvocato si occupa della questione legale, ma non di quella aziendale. Il commercialista si occupa di aspetti fiscali e tributari dell’azienda, non certo di passaggi generazionali e successioni. Tra tutte le figure, il commercialista è colui che conosce meglio l’azienda e ha una grande responsabilità nel fornire risposte adeguate quando l’imprenditore deve mollare il timone a qualcun’altro.

Ma se il commercialista non è il professionista più adatto, sarebbe bene che indirizzasse il proprio cliente verso chi può effettivamente dare un aiuto. E’ ora insomma che i commercialisti utilizzino i consulenti patrimoniali per fornire quei servizi che loro non possono dare, nell’interesse esclusivo del cliente. E che la smettano di dire al cliente “non si può fare”, solo perché loro non sono in grado di farlo. Bisogna che ogni professionista abbia il coraggio di ammettere i propri limiti e utilizzi degli specialisti quando è il caso. Auspico un futuro di collaborazioni proficue.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis