Nordest: la città più ricca è Padova

Tra i comuni del Nordest, quello che risulta essere il più ricco è Padova, poiché ha il reddito Irpef medio più elevato della zona, pari a un imponibile per contribuente di 29.915 euro: segue il Comune di Moruzzo (Udine), con 29.660 euro e quello di Treviso, con 29.645 euro.
Appena fuori dal podio troviamo Brunico (Bz), con un‘Irpef media di 29.065 euro, Noventa Padovana (Pd), con 28.715 euro e Monteviale (Vi), con 28.709 euro.

La Cgia ha fornito anche i dati delle località dove il reddito è, invece, minore.
Fanalino di coda è Dambel (Tn), con un imponibile Irpef di soli 14.344 euro per contribuente, al penultimo posto troviamo Drenchia (Ud), con 15.165 euro, mentre al terzultimo posto si piazza Velo Veronese (Vr), con 15.848 euro.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha dichiarato in proposito: “Seppur in calo, a seguito della crisi che ha aumentato il numero dei cassaintegrati e dei disoccupati, i dati medi riferiti all’imponibile Irpef rimangono ancora abbastanza elevati. Tuttavia, la crisi ha impoverito un po’ tutte le fasce sociali e gli effetti più negativi hanno colpito soprattutto le famiglie numerose e quelle che si sono ritrovate senza reddito o con una forte decurtazione dello stesso“.

Vera MORETTI

Lotta alla contraffazione sempre più serrata

La lotta alla contraffazione in Italia è sempre molto accesa e offre ancora molto lavoro alla Guardia di Finanza, che nel solo 2013 ha sequestrato 130 milioni di prodotti contraffatti, o considerati non sicuri per i consumatori o con falsa indicazione d’origine.

Si tratta di un dato che non accenna a diminuire, anzi, semmai ad aumentare: nell’anno appena trascorso, infatti, la percentuale è salita del 25%.
Ma non è tutto: nel 2013, infatti, le Fiamme Gialle hanno denunciato 9.445 persone, di cui 252 per associazione a delinquere in quanto presunti affiliati di organizzazioni criminali dedite alla produzione e alla vendita di prodotti contraffatti.

Per bloccare l’invasione di prodotti falsi, la Guardia di Finanza ha effettuato 11.409 interventi, una media di 30 al giorno.
I sequestri hanno riguardato tutte le tipologie di prodotti: dall’abbigliamento (quasi 22 milioni di pezzi), ai giocattoli (quasi 13 milioni), dall’elettronica (quasi 42 milioni) ai beni di consumo (53 milioni di pezzi) tra cui cosmetici, pezzi di ricambio per auto e prodotti per l’igiene.

Le imprese del falso si concentrano in particolare nelle regioni della Toscana, il Veneto, la Campania, le Marche, la Lombardia e il Lazio.

Inoltre, i controlli effettuati dalla Gdf hanno riguardato anche gli acquisti online, dove la diffusione dei prodotti contraffatti sembra inarrestabile. Proprio in questo campo, sono state bloccate 84 piattaforme web utilizzate per il commercio di prodotti falsi o per consentire agli utenti il download illegale di software, giochi e prodotti multimediali, con una crescita del 60% rispetto all’anno precedente.

L’azione a tutela dei mercati e dei consumatori ha portato anche a 3.744 controlli sulla disciplina dei prezzi e 1.107 attività ispettive nei settori della concorrenza, degli appalti, dell’energia elettrica e del gas, delle comunicazioni e della privacy.

Dal 1 gennaio è attivo il Sistema Informativo Anti Contraffazione (Siac), una piattaforma creata e gestita dalla Gdf che mette in sinergia tutti gli operatori del settore con lo scopo di migliorare la conoscenza e l’analisi delle dinamiche di sviluppo dei fenomeni illeciti.

Vera MORETTI

Annunci a norma: nel Nord le regioni più virtuose

Quando si cerca casa, sia in vendita sia in affitto, è importante che anche gli annunci siano corretti e a norma.
Forse, però, si tratta di un aspetto che non tutti conoscono, né se si è proprietario né se si sta cercando una nuova sistemazione.

A questo proposito, il Centro Studi di Casa.it ha monitorato gli annunci sugli appartamenti in vendita in tutta Italia e ha stilato la classifica delle cinque regioni più virtuose in quanto ad annunci a norma.

Ebbene, le “prime della classe” sono tutte appartenenti al Nord Italia, con il Trentino Alto Adige in testa, 88% degli annunci a norma, seguito da Veneto (80%), Friuli-Venezia Giulia (79%), Lombardia (78%) e Piemonte (74%).
In fondo alla classifica ci sono, invece, Basilicata (34 %), Calabria (32%) e Molise (30%).

Nella totalità, il 75% degli annunci di vendita riporta le indicazioni relative ai consumi energetici, percentuale che scende al 60% per gli appartamenti in affito.
Si tratta, però, di dati in crescita rispetto a gennaio 2013, quando le percentuali erano ferme rispettivamente a 58,3 e 41,7%.

Vera MORETTI

Il vino italiano re dell’export

Se, da una parte, rimangono i Paesi dell’Unione Europea quelli maggiormente interessati ai prodotti agroalimentari italiani, va detto che l’attenzione dei Paesi extra Ue nei confronti della nostra gastronomia sta crescendo sensibilmente.

Tra i prodotti che maggiormente hanno visto ingrandire il volume delle loro esportazioni c’è soprattutto il vino, che piace a russi, cinesi, americani ed australiani.
Verso queste popolazioni, infatti, le vendite sono aumentate regolarmente negli ultimi dieci anni, e i margini di miglioramento sono ancora molto elevati.

Nonostante la concorrenza diretta con la Francia, ma anche con Cile, Australia e Sudafrica, l’export di vini italiani ha saputo reggere il passo, e, anzi, registrare percentuali positive a doppia cifra, soprattutto in Francia (13,9%) e Regno Unito (12,4%), mentre Paesi dell’Est come la Polonia fanno rilevare un interesse crescente per i vini di qualità Made in Italy (+9,5% nei primi 9 mesi dello scorso anno).

I migliori risultati appartengono ai distretti delle Langhe, Roero e Monferrato in Piemonte, del prosecco di Conegliano-Valdobbiadene in Veneto e del Chianti in Toscana.

Paolo Scavino, azienda vitivinicola della regione del Barolo, ha assicurato con Sace 72.000 euro di forniture di vino commissionate da un’impresa di Hong Kong; Luciano Sandrone, azienda agricola specializzata nella produzione di Nebbiolo del Barolo e Roero, ha assicurato con Sace 18.000 euro di forniture di vino rosso (un totale di 780 bottiglie) commissionate da un’impresa cinese; Marenco, azienda di Strevi (Alessandria) specializzata nella produzione e commercializzazione di vini pregiati, ha assicurato 6.300 euro di forniture di vino a Taiwan.

Anche le produzioni della Toscana riscontrano un grande successo, dall’America Latina all’Asia.
Barone di Ricasoli ha ottenuto con la garanzia di Sace un finanziamento da 2,5 milioni di euro per i propri piani di crescita all’estero; Le Crete, azienda vinicola senese ha assicurato oltre 80.000 di euro alcune forniture di vino rosso in Messico; Franceschi Leopoldo, azienda vinicola di Montalcino ha assicurato oltre 25.000 di euro vendite di vino commissionate da due società cinesi.

Ma anche il Veneto non sta a guardare: Bisol, azienda trevigiana attiva nella produzione e commercializzazione di prosecco, ha ottenuto con la garanzia di Sace un finanziamento di 1 milione di euro per i piani di crescita in Italia e all’estero.
Zonin, nota casa vinicola di Vicenza attiva nella produzione di vini e spumanti, ha ottenuto con la garanzia di Sace due linee di credito del valore complessivo di 1 milione di euro per i propri piani di crescita negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

I vini della Puglia stanno muovendo i loro primi passi a livello internazionale: Sace ha garantito un finanziamento da 500.000 euro a favore di Cantine due Palme per l’acquisto di uve destinate alla produzione di vino pregiato per i mercati esteri e per sostenere i costi di partecipazione alla fiera Vinitaly.

Vera MORETTI

Campus 2 parla italiano

Steve Jobs fa ancora parlare di sé, nonostante non ci sia più.
L’ultimo suo progetto prima della sua morte, infatti, sta vedendo la luce proprio in questo periodo.

Non si tratta di un nuovo e super tecnologico dispositivo, ma di Campus 2, chiamato anche l’astronave, a causa della sua forma circolare, che occuperà una superficie totale di 260mila mq.

Ma per il Made in Italy la notizia più importante è che, per realizzare la sua facciata, Apple ha deciso di interpellare l’eccellenza italiana di Permasteelisa, azienda trevigiana leader mondiale nella progettazione e installazione di involucri architettonici per grandi edifici.

La multinazionale di Vittorio Veneto, controllata dai giapponesi di Js Group, a sua volta ha deciso di servirsi della padovana Pandolfo Alluminio per la lavorazione del metallo.

Nonostante non siano ancora pervenute conferme circa il buon esito della commessa, a Cupertino, in California, sede storica del brand della mela, si sta già lavorando per preparare l’area prescelta per la realizzazione di Campus 2.

I lavori in corso riguardano il primo lotto del progetto che, per la Pandolfo, sede a Padova ma stabilimenti nel Bellunese a Feltre e Lentiai, dovrebbero riguardare la fornitura di sette tonnellate di alluminio estruso (pari a circa il 5% della produzione annua dell’azienda) che, a prezzi di mercato medi, valgono un assegno da circa 3 milioni per l’azienda guidata dall’a.d. Vincenzo Pandolfo.

Queste le parole del numero uno di Pandolfo: “Abbiamo chiuso il 2013 abbastanza bene» spiega Pandolfo «con ricavi e marginalità superiori alle medie di mercato. Il mercato interno è ancora molto debole, bisogna cercare spazi all’estero“.

L’azienda, uscita da due anni di vera crisi, è riuscita a risollevare la testa e tornare ad essere competitiva grazie ad un piano di ristrutturazione basato su mobilità e terziarizzazione.
Le recenti terziarizzazioni in area logistica a valle della produzione “core” a Lentiai prima (2011) e a Feltre poi (2013), ci hanno permesso di essere più precisi nella formulazione dell’offerta“.

Nel frattempo la Pandolfo ha seguito con maggiore determinazione la pista dell’estero portando il peso dell’export al 38% dei ricavi (28% la media).
Qualche esempio: Nova Victoria Project a Londra (450mila euro), Ntv (sede della tv di stato) a Mosca (650mila euro), Fenchurch Street a Londra (400mila euro), One Tower Bridge a Londra (680mila euro).

Vera MORETTI

Nel Polesine, bando per la reindustrializzazione delle imprese

L’area del Polesine è interessata da un bando promosso dalla Regione Veneto in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico che riguarda la concessione di contributi volti a favorire il rilancio produttivo e la reindustrializzazione dellle imprese del territorio.

Le richieste di contributo possono essere presentate da aziende artigiane e del comparto turistico ubicate nella Provincia di Rovigo.
Possono presentare domanda anche le imprese che intendono attivare una sede operativa nel territorio dei Comuni della Provincia di Rovigo.

Obiettivo dell’iniziativa è sostenere il rilancio produttivo dell’area del Polesine attraverso interventi sostenuti a partire dal 1° gennaio 2013 ed entro il 31 marzo 2015 relativi a:

  • Acquisto o costruzione o ristrutturazione di immobile destinato all’attività di impresa;
  • Macchinari, impianti, attrezzature, beni materiali.

A tal fine sono ammissibili le seguenti tipologie di spesa:

  • Acquisto o costruzione di un bene immobile a destinazione strumentale (edifici e/o fabbricati);
  • Spese di progettazione e direzione lavori;
  • Opere edili relative ad interventi di ristrutturazione o manutenzione straordinaria;
  • Impianti tecnologici e spese di allacciamento alle reti tecnologiche;
  • Impianti produttivi, macchinari, attrezzature, e hardware e relative spese di installazione e collaudo, autocarri ad esclusivo utilizzo aziendale;
  • Brevetti e licenze d’uso;
  • Locazione finanziaria (leasing) di beni mobili e immobili.

A sostegno degli interventi l’aiuto è concesso sotto forma di un contributo a fondo perduto pari al 15% della spesa ammissibile nel limite di importo massimo erogabile pari a 200.000 euro, fermo restando una spesa minima ammissibile pari a 25.000 euro per intervento.

Le aziende interessate dovranno inviare la domanda di partecipazione a partire dal 31 gennaio 2014 al 30 giugno 2015 e comunque fino ad esaurimento fondi tramite pec all’indirizzo protocollo.generale@pec.regione.veneto.it.

Vera MORETTI

Nordest italiano al pari dei big europei

La Cgia, calcolando l’indice di competitività di 10 realtà territoriali appartenenti ai più grandi e sviluppati Paesi d’Europa, ed includendo anche quattro aree del Nordest italiano, ha avuto conferma di quanto aveva ipotizzato.

Le realtà nostrane incluse, ovvero Veneto, Friuli Venezia Giulia e le province autonome di Trento e Bolzano, non hanno per niente sfigurato, nemmeno se confrontate con alcune delle città e regioni europee tra le più avanzate.

Al primo posto della classifica spicca Stoccolma (100 punti), seguita dall’Alta Baviera (94,6 punti) e la Zuid-Holland (84,2 punti).
Dopo Stuttgart al quarto posto (82,7) ecco al quinto Bolzano (72,5), mentre Trento (48) è all’ottavo posto e il Veneto (43 punti) al decimo.
Tra le nostre realtà chiude al dodicesimo posto il Friuli Venezia Giulia (35,3 punti).

Gli indicatori presi in esame sono stati ben 12: sette che riguardano il mercato del lavoro; due la ricchezza prodotta, uno la produttività, un altro la povertà e l’ultimo la ricerca e l’innovazione.

Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, ha dichiarato: “Se la crisi ha penalizzato la nostra posizione riferita agli indicatori del mercato del lavoro e del Pil recuperiamo alcune posizioni quando analizziamo la produttività. Perdiamo meno degli altri quando osserviamo il trend del rischio di povertà, anche grazie alla presenza sia delle piccole imprese a conduzione familiare sia delle associazioni di volontariato che garantiscono un buon livello di coesione sociale”.

Vera MORETTI

CafèNoir debutta nell’abbigliamento femminile

CafèNoir è pronto ad un importante debutto: l’azienda di San Miniato Basso, in provincia di Pisa, che dagli anni Novanta produce calzature e pelletteria di lusso, sta per lanciare i modelli della nuovissima collezione di abbigliamento femminile.

Dopo scarpe ed accessori di alta gamma, dunque, arrivano felpe, capispalla e pantaloni dedicati a un pubblico femminile di età compresa fra i 25 e i 40 anni.
Saranno capi easy e casual che, da gennaio, approderanno in 400 speciality store dislocati su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto nei nuovi glam store firmati CafèNoir, ovvero quattro negozi monomarca, due dei quali si trovano a Firenze, mentre gli altri due sono all’interno di OrioCenter, mall dell’aeroporto di Orio al Serio, e a Pechino, nello shopping center Solana.

Ma i lavori fervono per la prossima apertura di un monomarca a Villesse.

Stefano Peruzzi, socio e direttore generale del marchio, ha presentato così il progetto: “L’abbigliamento, grazie anche a congrui investimenti pubblicitari, sta già dando ottimi risultati di vendita, ed è stato testato nelle nostre boutique dal settembre 2012. Oggi ci sembra il passo più importante di una strategia di crescita che, passando per la diversificazione mediante il lancio di nuove categorie merceologiche, culmina nell’apertura di nuovi negozi monomarca: per il 2014 ne abbiamo in programma almeno 4 nei paesi dell’ex Unione Sovietica, Russia compresa dove siamo approdati dal 2008“.

Ovviamente l’export è considerato importante per il lancio della nuova linea, anche perché il 30% del fatturato del brand viene coperto dall’eurozona, con Germania, Francia, Spagna e Portogallo in testa, che nel 2012 ha fruttato 35 milioni di euro: un risultato che secondo le previsioni dei piani alti della società tricolore oggi guidata oltre che da Peruzzi anche da Riccardo Panzarasa e Fabrizio Mazzantini, rimarrà stabile per il 2013, anche se penalizzato dalla perdita di quote in Grecia, recuperate dagli altri mercati di Eurolandia, “ma entro tre anni è nostro obbiettivo portare l’export a generare il 50% del nostro giro d’affari“.

Nonostante ciò, comunque, l’Italia rimane il mercato più importante, a dimostrazione che il punto di forza di CafèNoir è l’essenza Made in Italy che da sempre si porta con sé: “La parte più artigianale delle nostre collezioni di borse e calzature è realizzata dai laboratori terzisti di Toscana, Emilia Romagna e Veneto che lavorano in esclusiva per noi; e poi la nostra sede si trova a pochi chilometri da Santa Croce sull’Arno, ribattezzato il “comprensorio del cuoio”, ossia il distretto conciario a cui attingono i grandi marchi del lusso italiano per la ricerca sui pellami più pregiati applicati a borse e scarpe”.

A bollire in pentola c’è anche un importante progetto che coinvolge gli Stati Uniti: “Stiamo esplorando il mercato americano e abbiamo ottimi contatti ma per ora non possiamo dire di più“.

Vera MORETTI

Confcommercio Verona contro il turismo abusivo

L’abusivismo sembra destinato a proliferare indisturbato in tutti i settori.
In questo caso, arriva la protesta di Confcommercio Verona, che chiede provvedimenti seri contro l’abusivismo nel settore turistico.

A scagliarsi contro coloro che, lavorando illegalmente, mettono a repentaglio le tante imprese che, invece, svolgono il loro lavoro con onestà e professionalità, è Paolo Arena, presidente di Confcommercio Verona: “In questo momento di grave crisi è fondamentale assicurare il pieno rispetto delle regole da parte delle imprese che operano sul territorio: per questo Confcommercio Verona sta studiando, insieme alla Polizia Municipale, la possibilità di attivare congiuntamente sistemi di prevenzione e di denuncia immediata per debellare le tante, troppe realtà che ancora agiscono fuori dal campo della liceità“.

Nonostante il pieno appoggio della Polizia Municipale, che effettua controlli a tappeto per arginare questa piaga, le evasioni nel comparto sono ancora molte e, per questo, si richiedono indagini ancora più capillari, per smascherare chi aggira le normative regionali e locali operando in parallelo e sfuggendo all’imposta di soggiorno e ai tributi locali.

Molto importante, per Arena, è che la legge regionale preveda l’obbligo della partita Iva per tutte le attività complementari agli hotel e aggiunge: “Per debellare il fenomeno delle attività ricettive che non rispettano le regole o che sono abusive è necessario uno sforzo congiunto di tutte le Forze di Polizia, dell’Assessorato al turismo della Provincia, dei Vigili del fuoco, dei Settori igiene degli alimenti e dell’ambiente delle U.L.S.S. e degli stessi cittadini costretti a convivere, nei loro immobili, con attività ricettive che generano un via vai di persone non conosciute e che non sottostanno ad alcun controllo. L’abusivismo sta assestando colpi pesanti all’imprenditoria regolare, già fiaccata da una crisi senza precedenti: bisogna agire in fretta“.

Vera MORETTI

La green economy contro la crisi

Di dubbi, Ermete Realacci di Fondazione Symbola e Ferruccio Dardanello di Unioncamere, ne hanno ben pochi: la green economy e le sue molteplici potenzialità, ci salveranno dalla crisi.

I due hanno dichiarato in coro: “La green economy, è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia. Dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative“.

A testimoniarlo, i dati di GreenItaly 2013, il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola che racconta le eccellenze della green economy nazionale e che è stato presentato a Milano presso la sede di Expo 2015.
Dal 2008, infatti, hanno investito, o lo faranno entro la fine dell’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale ben 328mila aziende italiane appartenenti ai settori dell‘industria e dei servizi, che corrispondono al 22% del totale.

E proprio da queste imprese quest’anno arriverà il 38% delle assunzioni totali, segnale che l’economia green non solo traina il mercato italiano, ma crea anche buone opportunità di lavoro. Se si considerano, poi, le assunzioni destinate a ricerca e sviluppo, la percentuale si alza fino al 61,2%.

Ha dichiarato Ferruccio Dardanello: “GreenItaly ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader. L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti“.

Altri interessanti numeri arrivano dal rapporto, giunto ormai alla sua quarta edizione: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno.
Il 30,4% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici.
Il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.

Cosa significa ciò? Semplicemente che la green economy aiuta ad aver maggior successo anche all’estero, oltre che ad aumentare produttività e reddito.

Anche i dati relativi all’occupazione giovanile sono incoraggianti, poiché il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente, verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti.

Sostengono Unioncamere e Symbola: “Non stiamo parlando, evidentemente, di un settore dell’economia, ma di un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo made in Italy“.

I settori che maggiormente si sono dimostrati sensibili ed attenti all’economia green, sono
il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%), il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).

Il Nord del Paese si sta dimostrando più partecipativo in questo senso, con 170mila imprese sul totale delle 327mila, ossia il 52% del totale.
Di queste, 94mila sono al Nord Ovest (28,7%) e circa 75.600 nel Nord-Est (23,1%).
Aziende verdi si trovano anche al Sud, con 93.500 imprese (28,5%), mentre nel Centro si fermano a 64.800 (19,8%).

Per quanto riguarda la distribuzione a livello regionale, spicca la Lombardia, dove le aziende green sono più di 60mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese.
Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito davanti all’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28mila imprese (8,6%).
Seguono Piemonte, Campania, Toscana e Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green.

Ha dichiarato Ermete Realacci: “Non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ’a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Lo deve fare scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy“.

Vera MORETTI