Un accordo per portare il Made in italy all’estero

E’ stato firmato un importante accordo tra il Comitato fiere industria di Confindustria e Assocamerestero, che è l’associazione che riunisce le 78 Camere di commercio italiane all’estero, presenti in 54 Paesi.
Obiettivo di questa importante intesa appena sancita è quella di creare un sistema di interazione tra i due organismi che sappia coinvolgere le imprese nelle maggiori manifestazioni estere che celebrano ed ospitano le eccellenze del Made in Italy, con lo scopo di promuovere ulteriormente i prodotti italiani di qualità oltre i nostri confini.

Massimo Goldoni, presidente del Comitato fiere industria, ha dichiarato a proposito: “Il processo di internazionalizzazione delle imprese, specie delle pmi, passa prioritariamente tramite lo strumento delle fiere che si svolgono in Italia e la collaborazione istituzionale con Assocamerestero contribuirà positivamente a valorizzare le eccellenze del Made in Italy che in esse si identificano”.

Ha poi aggiunto Giandomenico Auricchio, presidente di Assocamerestero, entusiasta e convinto dell’efficacia del progetto: “Questo accordo testimonia la crescita dell’azione delle Camere italiane all’estero nella realizzazione di servizi fieristici avanzati, che potranno supportare Cfi soprattutto nell’importante fase di follow up delle manifestazioni con gli operatori esteri, grazie al radicamento della nostra rete all’interno delle comunità d’affari locali”.

In particolare, l’azione delle 78 Camere estere si svilupperà in una diffusione capillare del calendario fieristico italiano presso un target mirato di operatori di settore, e nel monitoraggio delle opportunità d’affari e dei trend nei settori più rilevanti per il sistema fieristico.

Ha concluso Goldoni: “L’intesa è finalizzata a uno scambio di informazioni puntuali sulla politica fieristica e sull’evoluzione del sistema nazionale nel contesto della competizione globale che viene monitorata in sede locale”.

Vera MORETTI

A maggio fiducia in calo sia per le famiglie sia per le imprese

Maggio con il semaforo rosso per la fiducia dei consumatori e delle imprese.
Istat, infatti, fa sapere che gli indici, a questo proposito, sono passati rispettivamente da 107,4 a 105,4 e da 106,8 a 106,2. Dopo nove mesi in positivo, da agosto 2016, è la prima volta che entrambi sono in diminuzione.

Per quanto riguarda le imprese, si denota in particolare una riduzione della fiducia del settore manifatturiero (da 107,7 a 106,9), dove peggiorano sia i giudizi sugli ordini sia le attese sulla produzione, e nei servizi (da 107,2 a 105,5), dove calano sia i giudizi sia le aspettative sul livello degli ordini, e nemmeno i giudizi sull’andamento degli affari si salvano.
Nelle costruzioni l’indice rimane sostanzialmente stabile (da 128 a 128,1), con un lieve calo dei giudizi sugli ordini ma le aspettative sull’occupazione migliorano, mentre nel commercio al dettaglio registra un incremento passando da 110,8 a 111,1, con un aumento del saldo dei giudizi sulle vendite correnti mentre le attese sulle vendite future sono in lieve diminuzione e le scorte di magazzino sono giudicate in accumulo.

Considerando sempre le imprese, ci sono sostanziali differenze tra grande e piccola distribuzione perché, se nel primo caso si registra un aumento di 3,7 punti percentuali, nel caso del dettaglio tradizionale si assiste ad un vero e proprio crollo dei giudizi: – 8,6 punti.
A soffrire di più è il giudizio sulle vendite, che registra ben 11 punti in meno.

Passando alle famiglie, il clima economico e il clima personale passano rispettivamente da 125 a 124,7 e da 101,5 a 100,2, mentre il clima futuro diminuisce da 110,1 a 108,1 e quello corrente passa da 105,6 a 105,2.
Le aspettative sulla situazione economica del paese peggiorano e ciò provoca, ovviamente, un calo anche delle aspettative occupazionali, che incidono molto sulla fiducia e sulla propensione a spendere.

Vera MORETTI

Estate 2017 all’insegna di benessere e del gusto

Il ponte del 2 giugno, come ogni anno da quando è stati ripristinato, segna l’inizio ufficiale della stagione estiva e, dunque già si possono intuire i trend dell’estate, non solo per quanto riguarda i luoghi più gettonati ma anche i cibi che si prediligeranno.

A quanto pare, ad esempio, le vacanze targate 2017 saranno all’insegna del benessere ma soprattutto del gusto, e ciò verrà analizzato durante un focus l’1 giugno dalle ore 9,30 presso la sede di Coldiretti a Roma, sulle novità dell’anno su quanto offre l’Italia, che ha in cultura, cibo e territorio le principali attrazioni turistiche, anche e soprattutto per gli stranieri.
Durante questo incontro, al quale parteciperanno Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali e del Turismo, e Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, si discuterà dell’accordo per la valorizzazione dei circuiti nazionali di eccellenza, che servirà a valorizzare ancora di più l’offerta turistica al 100% Made in Italy.

Soffermandosi sull’aspetto gastronomico, l’Italia è sicuramente l’unico Paese al mondo che può contare su un patrimonio fatto di antiche produzioni agroalimentari che sono state tramandate da generazioni in un territorio assolutamente unico per storia, arte e paesaggio.
Ciò è ampiamente dimostrato anche dalla prima esposizione, di sicuro successo, dei superfood della nonna, che verrà inaugurata per far conoscere le antiche ricette di una volta, ovvero quelle che più di tutte rappresentano il Made in Italy e, di conseguenza, il benessere della buona tavola.
Tutto questo animerà le tavolate delle vacanze, ma anche i supermercati, per dare la possibilità a tutti di cimentarsi nella creazione dei piatti genuini italiani.

La ricerca del benessere con gusto e l’offerta del Made in Italy, sarà oggetto di approfondimenti da parte di nutrizionisti, ambientalisti, sociologi ed esperti di mercato con la presentazione del Rapporto realizzato da IPR Marketing con Coldiretti, Fondazione Univerde e Fondazione Campagna Amica. Tra gli ospiti che interverranno, anche il prof. Giorgio Calabrese (docente di alimentazione e nutrizione umana), il sociologo prof. Domenico De Masi, Antonio Noto (Direttore di IPR Marketing), Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente di Univerde e del Comitato scientifico di Campagna Amica), Dario Franceschini (ministro dei Beni Culturali e del turismo) Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole) e del Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo.

Vera MORETTI

Studi di settore al capolinea

Forse i liberi professionisti potranno dire addio agli odiati e invisi studi di settore.
Sembra, infatti, che questi verranno “rottamati” e definitivamente eliminati dal prossimo anno.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, ha dichiarato in proposito: “Per molti sarà la fine di un incubo anche se sarà necessario monitorare questo periodo di transizione con grande attenzione. I nuovi indicatori di affidabilità fiscale che sostituiranno gli studi di settore dovranno garantire una riduzione delle tasse e una maggiore semplificazione nei rapporti con il fisco. Altrimenti, questa novità servirà a poco. Per questo è determinante che nella fase di gestazione di questi indicatori siano coinvolte le associazioni di categoria dei lavoratori autonomi, che meglio di chiunque altro conoscono le specificità e le caratteristiche fiscali di queste attività imprenditoriali”.

Dopo 18 anni, le partite Iva sottoposte agli studi di settore attivati dall’Amministrazione finanziaria sono state oltre 2,5 milioni. Di queste, 2,6 milioni di attività, pari al 73% del totale, sono risultate congrue, ovvero in grado di rispettare le richieste avanzate dall’Amministrazione finanziaria in materia di ricavi.
Ma, nonostante ciò, questi contribuenti, dopo aver assolto il loro compito, rimangono comunque nel mirino del fisco, perché ogni anno rischiano di subire un accertamento fiscale, sebbene per gli studi di settore risultino soggetti fedeli al fisco. Nel 2016, infatti, sono stati poco meno di 368.500 gli accertamenti in materia di Iva, Irap e imposte dirette che hanno interessato le imprese potenzialmente soggette agli studi di settore.

Ha aggiunto Renato Mason, segretario della CGIA: “Chi nel prossimo futuro rispetterà le disposizioni previste dagli indici di affidabilità fiscale non dovrà più essere sottoposto ad alcuna attività accertativa. Inoltre, bisognerà limitare al massimo il numero di controversie per togliere quell’ansia da fisco che, purtroppo, continua a investire molti piccoli imprenditori. Per questo sarà necessario introdurre un regime premiale a beneficio di coloro che sono in regola con le richieste dell’Amministrazione, così come era stato annunciato verso la seconda metà degli anni ’90 in sede di presentazione degli studi di settore che, in seguito, è stato clamorosamente disatteso”.

Negli anni gli studi di settore hanno garantito un grosso apporto di gettito alle casse del Stato. Dal 1998, anno della loro introduzione, al 2015 (ultimo dato disponibile), a fronte di 49,2 miliardi di euro di maggiori ricavi ottenuti attraverso l’adeguamento spontaneo in sede di dichiarazione dei redditi, questi si sono tradotti, secondo una stima elaborata dall’Ufficio studi della CGIA, in 19,6 miliardi di euro di tasse in più versate all’erario.

Ha concluso così Zabeo: “Certo è difficile stabilire quanti di questi soldi siano il frutto di una graduale emersione della base imponibile e quanti, invece, siano riconducibili a tasse aggiuntive che i contribuenti hanno pagato perché l’asticella dei ricavi imposta dagli studi di settore era troppo elevata. Molto probabilmente la verità sta nel mezzo. Per questo è necessario che i nuovi indicatori di affidabilità non ricalchino queste vecchie abitudini”.

Vera MORETTI

Premio NIDI, per le imprese e le startup innovative

Fino all’11 luglio è possibile presentare la propria domanda per partecipare al concorso NIDI, ovvero Nuova Idea D’Impresa, un contest pensato e finalizzato a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria ma anche la cultura dell’innovazione, tramite l’attivazione di una competizione tra progetti innovativi promossi da imprese e da startup, innovative naturalmente.

Chi può partecipare al concorso? Sicuramente le imprese innovative e le startup che presentano idee innovative, purché inerenti ad uno dei settori di riferimento: meccatronica e motoristica, automazione, materiali, ambiente, energia, comunità urbane e/o locali (Smart Cities e communities) agribusiness, biomedicale.

I progetti che verranno giudicati i più interessanti ed innovativi potranno concorrere al premio finale, che consiste in un contributo pari a 26mila euro e a un bonus da utilizzare in servizi del valore di 10mila euro.
Verranno proclamati tre vincitori, che potranno accedere a un percorso di due anni di incubazione gratuita presso la sede di Innovami, che si trova ad Imola.
Per ricevere ulteriori informazioni e il regolamento ufficiale, è possibile collegarsi direttamente sul sito.

Vera MORETTI

Mercato immobiliare in crescita dopo la crisi economica

La crisi economica dovrebbe essere passata anche per il mercato immobiliare, poiché, come hanno confermato anche l’Agenzia delle Entrate e l’Abi, Associazione Bancaria Italiana, il settore sembra aver finalmente dimostrato di essere in ripresa.

Il Rapporto Immobiliare 2017 segnala, prima di tutto, che le compravendite sono in continuo aumento e sono passate a 533.741 unità vendute, cifra che segna un incremento del 18,9% in confronto al 2015. Cresce anche la superficie media degli immobili oggetto di compravendite: si passa da 105,2 a 106,6 metri quadrati.
Nel complesso si parla di un valore di scambio pari a 89 miliardi di euro, totale aumentato del 17,4% rispetto al 2015. In parallelo al mercato delle abitazione segna un incremento del 19% anche quello delle pertinenze, soprattutto nelle regioni del Nord.

I dati più incoraggianti arrivano dalla Lombardia, dove le compravendite sono aumentate, rispetto al 2015, del 21,4%. Questo significa che la regione rappresenta da sola un quinto di tutto il mercato italiano.
Seguono poi Veneto (+23,1%), Toscana (+20%), Emilia Romagna e Piemonte (+22,8%). Nel Lazio l’aumento è più contenuto e il numero delle compravendite sale del 13,2% per un totale di 55mila abitazioni scambiate, il 10% di tutto il mercato nazionale. Nessuna regione ha segnato decrescita, ma il minor aumento di compravendite si registra nel Molise (+7,8%) e in Calabria (+10,8 %).

Aumenta anche il numero delle transazioni effettuate tramite un mutuo ipotecario: si è registrato un +27,3% rispetto al 2015 e in questo caso l’area con la più alta concentrazione di compravendite di questo tipo è il Nord-Ovest, dove le transazioni mediante mutuo rappresentano il 36,7% del totale. La cifra media erogata per l’acquisto di una casa è di 120mila euro, valore che si alza a 153mila euro nei capoluoghi delle regioni centrali.
Nel 2016 il tasso di interesse medio dei mutui è sceso ancora dello 0,44%, arrivando al 2,31% a livello nazionale, per arrivare al record di 2,56% nelle regioni meridionali. Rimane stabile la durata media del mutuo, pari a 22,5 anni. Si abbassa la rata media corrisposta ogni mese che è passata da 592 euro a 570.

In aumento anche i contratti di locazione, con appartamenti di superficie media di 92 mq per un prezzo medio di 60,7 euro al metro quadro (+0,3%). Più del 50% dei contratti è di lungo periodo e di tipo ordinario; un quarto degli affitti è stipulato con contratti agevolati di oltre tre anni; il 17% ha un contratto di tipo transitorio, mentre è inferiore al 3% il peso dei contratti agevolati con studenti.

Vera MORETTI

Gli agricoltori in difesa del Made in Italy in via di estinzione

Esiste un Made in Italy in via di estinzione che qualcuno sta cercando di salvaguardare.
Si tratta di semi antichi e piante rare che 40mila agricoltori nelle proprie aziende hanno cercato di proteggere e salvaguardare, come è stato confermato da un’indagine condotta da Coldiretti e Ixè presentata insieme alla Sis, Società italiana sementi.

La sparizione di alcune sementi appartenenti alla nostra tradizione è dovuta all’omologazione delle coltivazioni, senza pensare, invece, che la regionalità e la territorialità vanno rispettate, proprio per evitare che alcuni aspetti della tradizione si estinguano del tutto.

L’allarme era stato lanciato dalla Fao, la quale aveva denunciato la perdita del 75% della biodiversità vegetale, allarme poi raccolto e ripreso da Coldiretti, poiché c’è il rischio tangibile che da qui al 2050 si perda addirittura un terzo delle specie rimaste.
Questo accade anche a causa del fatto che il mercato delle sementi è per il 60% ad oggi nelle mani di tre multinazionali, con la ChemChina che ha acquisito la Syngenta e le fusioni tra Bayer e Monsanto e tra Dupont e Dow Chemical.

La risposta di Sis è stata la prima produzione certificata del grano duro Senatore Cappelli ma anche la riscoperta di semi di riso, come il Lido, che dopo essere quasi scomparso agli inizi degli anni ’90, torna in produzione perché sta conquistando il palato dei giapponesi, e l’erba medica Garisenda, storica varietà ottenuta con un attento lavoro di selezione dei semi delle piante migliori di una varietà romagnola, capace di resistere in terreni siccitosi e in aree marginali e di fornire fieno e farina disidratata per una alimentazione animale priva di Ogm.
L’attività della Sis è tesa a recuperare il legame tra seme e territorio e si svolge dalle Alpi alla Sicilia per una superficie di 14 mila ettari.

Vera MORETTI

RTI: la rivoluzione digitale va sostenuta da una formazione adeguata

Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, intervenuto a nome di Rete Imprese Italia in occasione dell’Audizione promossa dalla Commissione Lavoro del Senato sull’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale, ha dichiarato: “La quarta rivoluzione industriale impone una ‘rivoluzione’ anche delle politiche della formazione e del lavoro. Va costruita una ‘via italiana’ a Industria 4.0 che valorizzi le competenze e il saper fare delle persone, fattore chiave di competitività per le micro, piccole e medie imprese”.

Questo significa che, secondo Rete Imprese Italia, la rivoluzione digitale va gestita con misure legislative capaci di trasformarla in opportunità di lavoro sia indipendente sia dipendente, ma per farlo occorre che vengano sviluppate nuove politiche di istruzione e formazione continua per i giovani.

Per non perdere di vista gli obiettivi principali, dunque, la strada obbligata da percorrere è quella del sistema duale, che prevede da un lato l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro e dall’altra l’apprendistato di primo e terzo livello, che possono contribuire a superare il gap ancora esistente, e purtroppo molto profondo, tra scuola e mondo produttivo, fornendo così ai ragazzi che ne usufruiscono le giuste e dovute competenze richieste dalla rivoluzione digitale.

Non si tratta di un accompagnamento che deve interessare solo i ragazzi ma anche i lavoratori, che avranno necessariamente bisogno di formazione ed aggiornamenti continui, per essere all’altezza dei cambiamenti repentini delle tecnologie digitali.

Anche la contrattazione collettiva dovrà essere capace di governare e interpretare i cambiamenti tecnologici con maggiore flessibilità del rapporto di lavoro, con azioni finalizzate ad aumentare la produttività e con incentivi dei programmi di welfare contrattuale.

Vera MORETTI

Pil italiano in crescita, ma non ancora in linea con l’Ue

In una nota mensile relativa all’andamento dell’economia italiana, l’Istat ha fatto sapere che nel 2017 si prevede un aumento del prodotto interno lordo pari all’1,0%, in termini reali. Ciò significa che il tasso di crescita è lievemente superiore a quello registrato nel 2016 e, rispetto a novembre, la previsione del tasso di crescita del Pil per l’anno in corso è stata rivista di un +0,1%.

Ma il rialzo potrebbe anche essere maggiore, perché, come si evince da una nota dell’Istat: “Nel primo trimestre del 2017 il Pil ha registrato un ulteriore miglioramento (+0,2% la variazione congiunturale, +0,5 quella dell’area euro), consolidando in tal modo la fase di recupero avviata agli inizi del 2015. La diversa intensità della crescita rispetto a quella dell’area euro costituisce una caratteristica dell’attuale ciclo economico. Prendendo come riferimento il primo trimestre del 2015, il livello del Pil italiano è cresciuto dell’1,9% nei primi tre mesi del 2017. Nello stesso periodo il Pil dell’area euro è aumentato del 3,5%. Tra i principali paesi europei solo la Francia ha mostrato miglioramenti simili a quelli italiani (+2,1%). Nel 2017 il Pil è previsto in aumento dell’1,0% supportato dal proseguimento della fase espansiva della domanda interna (1,1 punti percentuali il contributo al netto delle scorte). I consumi delle famiglie forniranno un apporto rilevante alla crescita seppure con una intensità meno accentuata di quella registrata nel biennio precedente. Anche gli investimenti contribuiranno in misura significativa al miglioramento del Pil con tassi di crescita in linea con quelli dell’anno precedente. La ripresa del commercio internazionale è attesa rafforzare la dinamica delle esportazioni e delle importazioni. Nel complesso nel 2017 il contributo estero risulterebbe lievemente negativo (-0,1 punti percentuali)”.

La dinamica positiva è avvenuta grazie all’aumento sostanziale del comparto dei mezzi di trasporto e a quello, seppur più contenuto in verità, degli impianti, macchinari e armamenti.
Aumento ancora più moderato per il settore delle costruzioni, 1,1%, anche se prosegue nella ripresa iniziata nel 2015.

Il 2017 dovrebbe segnare un consolidamento della ripresa del processo di accumulazione 8+3,0%9, grazie agli investimenti in macchine ed attrezzature ma anche alle costruzioni residenziali.

Nel 2016, poi, le esportazioni italiane di beni e hanno registrato una dinamica più debole di quella dell’anno precedente (+2,4%), ma comunque in linea con l’evoluzione degli altri paesi dell’area euro, in particolare Germania e Francia. Aumento più contenuto per le importazioni (+2,9%), sempre confrontato con i dati dell’area euro.

Dalla nota Istat: “Nel 2017 l’occupazione, espressa in termini di unità di lavoro, è prevista crescere (+0,7%) ma in decelerazione rispetto agli anni precedenti, mentre il tasso di disoccupazione è atteso in moderata diminuzione (11,5%), mantenendosi distante da quello della media dell’area euro. Nell’anno in corso, le retribuzioni per dipendente continueranno a mostrare una dinamica moderata ma superiore a quella dello scorso anno (+0,9%). La dinamica della produttività tornerebbe positiva. La riduzione della disoccupazione osservata negli ultimi anni proseguirebbe anche nel 2017, con un tasso previsto pari all’11,5%. Nel 2016, gli occupati sono aumentati di 293mila unità (+1,3%), mentre l’input di lavoro, è salito di 323mila unità di lavoro (+1,4%), con un ritmo superiore a quello del Pil. Anche in Germania si è registrata un’elevata reattività dell’occupazione alla crescita dell’output: all’aumento del Pil (+1,9%) si è associata un’accelerazione dell’occupazione (+2,9%). In Spagna la dinamica dell’occupazione (+2,7%) si è invece mantenuta su tassi inferiori alla crescita del Pil (+3,2%). L’espansione dell’occupazione in Italia ha interessato in particolare i servizi: l’aumento nel terziario ha costituito il 96,4% dell’incremento totale netto degli occupati, con tassi più significativi nei comparti dell’attività dei servizi di alloggio e ristorazione, di trasporto e magazzinaggio e dei servizi alle imprese. Nell’area euro tale quota è stata pari all’83,3%”.

Nonostante il miglioramento del PIL nel primo trimestre, comunque, il gap tra Italia e Ue non è ancora colmato. Se, infatti, il Pil italiano è aumentato dell’1,9%, nell’aera euro è cresciuto del 3,5%, quindi di strada da fare ce n’è ancora tanta.

La spesa delle famiglie e delle Isp in termini reali è stimata in aumento dell’1,%, ma in rallentamento rispetto al 2016. Tutte le componenti di spesa hanno contribuito in maniera diffusa al rallentamento ad eccezione dei beni non durevoli. In particolare, la spesa per servizi ha seguito una dinamica molto contenuta. Nel 2016 nel confronto con l’area euro la spesa per famiglie residenti e Isp ha evidenziato una dinamica più vivace (+2,0%). Tra i maggiori Paesi europei, la Spagna ha segnato il tasso di crescita più elevato della spesa per consumi (+3,2%) mentre Germania e Francia hanno registrato aumenti in linea con la media dell’area euro (rispettivamente +2,0% e +1,9%). Nel 2017, in Italia, la spesa delle famiglie residenti e Isp è attesa aumentare, seppure a un tasso più contenuto rispetto al biennio precedente (+1,0%) influenzata dai miglioramenti sul mercato del lavoro, dalla ripresa dell’inflazione e del conseguente contenimento del potere di acquisto”.

Vera MORETTI

Mercato immobiliare in crescita nel primo trimestre 2017

Dal sondaggio trimestrale condotto da Banca d’Italia, in collaborazione con Tecnoborsa, sull’andamento del mercato immobiliare e lo stato d’animo degli agenti che operano nel settore, per capire la situazione delle compravendite e degli affitti nel residenziale, è emerso che si è verificato un aumento della domanda tra gennaio e marzo.

A confermarlo, sono stati gli operatori intervistati, che hanno visto aumentare sia i potenziali acquirenti sia gli incarichi di vendita, con un saldo tra chi percepisce un incremento e chi invece denuncia una diminuzione salito al 13,8%, contro il 12,6% di gennaio.

A contribuire a questo aumento sono state soprattutto le percezioni di chi opera nelle aree non urbane e non metropolitane.

Inoltre, i tempi di vendita si sono ridotti a 7,1 mesi, anche se risulta di poco positivo il saldo tra chi ha rilevato un aumento delle giacenze di incarichi e chi invece ne ha notato una diminuzione. Sale invece il saldo fra le attese positive e quelle negative, attestandosi sul 18,1%.

Conseguenza di ciò è un ottimismo crescente nelle aspettative per il medio periodo, che corrisponde ai prossimi due anni. Il 50% degli agenti immobiliari, infatti, è fiducioso, contro il 43,6% verificatosi nell’ultimo sondaggio dello scorso trimestre.
È aumentato di mezzo punto percentuale lo sconto medio sul prezzo di vendita chiesto inizialmente. Per quanto riguarda gli affitti, infine, sale la percezione di pressioni al ribasso per i canoni ma si attende il miglioramento del comparto.

Vera MORETTI