Spese mediche detraibili, ecco l’elenco completo

Quali sono le spese mediche detraibili ai fini della dichiarazione dei redditi e la relativa franchigia? Ecco l’elenco completo di tutte le spese mediche suddivise per spese mediche generiche di beni e di prestazioni, spese mediche specialistiche e chirurgiche, spese per assistenza specifica e spese veterinarie.

Detrazione delle spese mediche generiche, quali sono?

Le spese mediche generiche detraibili nella dichiarazione dei redditi, hanno la franchigia fissata a 129,11 euro. Nello specifico, rientrano in queste spese:

  • i medicinali;
  • l’acquisto o l’affitto di dispositivi medici marchiati “Ce”;
  • gli occhiali, le montature (a esclusione dell’utilizzo di metalli preziosi), le lenti a contatto e le varie soluzioni;
  • gli apparecchi acustici, le garze, le siringhe, le medicazioni avanzate, i cerotti e i termometri;
  • le apparecchiature per l’aerosol, i saturimetri o gli apparecchi per misurare la pressione;
  • i beni dell’ortopedia come tutori, stampelle, ginocchiere, materassi antidecubito e materassi ortopedici, gli ausili per i disabili come padelle e cateteri, i pannoloni per l’incontinenza;
  • i prodotti per le dentiere come le compresse disinfettanti o le creme adesive;
  • le mascherine se rientrano tra i dispositivi medici ed hanno il marchio “Ce”;
  • i tamponi per il Covid.

Servizi sanitari, quali sono ammessi alla detrazione fiscale?

Anche i servizi sanitari sono ammessi alla detrazione fiscale del 19% con franchigia fissata a 129,11 euro. In particolare, rientrano in questa categoria:

  • le prestazioni mediche generiche, incluse quelle omeopatiche;
  • i vari certificati. Rientrano in questa categorie i certificati necessari per lo sport e per la patente; le visite mediche e legali per le assicurazioni. Sono invece escluse la Consulenze Tecniche (CTU o perizie) che vengono disposte dal giudice all’interno di un procedimento giuridico (civile o penale, sia per adulti che per minorenni);
  • i vari esami di laboratorio e di diagnostica per immagini come l’Eco, l’Eeg, l’Ecg, la Tac, la Rmn;
  • i vaccini antinfluenzali e i tamponi per il Covid;
  • la teleassistenza e la telemedicina purché svolte da sanitari abilitati.

Spese mediche per servizi specialistici e chirurgici, quali sono ammessi alla detrazione fiscale?

Le spese mediche per servizi specialistici e chirurgici possono essere ammesse alla detrazione fiscale con franchigia di 129,11 euro. Rientrano in questa categoria:

  • le prestazioni offerte dai medici specialisti;
  • le indagini delle diagnosi prenatali. In questa tipologia di prestazione rientrano anche la villocentesi e l’amniocentesi, l’inseminazione artificiale, la crioconservazione degli ovociti e degli embrioni. È compresa anche l’anestesia epidurale;
  • le prestazioni dei fisioterapisti, degli igienisti dentali, dei dietisti, dei podologi, dei logopedisti e le altre prestazioni sanitarie;
  • i trattamenti di ozonoterapia e di mesoterapia purché siano stati prescritti dal medico;
  • le prestazioni di chiropratica purché prescritti dal medico e svolte in centri autorizzati. Per la detrazione queste prestazioni devono essere, inoltre, svolti sotto la responsabilità tecnica di uno specialista;
  • gli interventi chirurgici fino alla degenza. Sono escluse dalla detrazione fiscale le spese extra per gli accompagnatori, la televisione, e cosi via.

Spese mediche per l’assistenza specifica, quali sono detraibili?

Rientrano nella detraibilità nella dichiarazione dei redditi anche le spese medica per l’assistenza specialistica, con franchigia fissata a 129,11 euro. In particolare, questa categoria comprende:

  • le spese per l’assistenza riabilitativa e infermieristica;
  • le prestazioni del personale qualificato per l’assistenza di base o degli operatori tecnici e assistenziali che operano, in via esclusiva, per l’assistenza della persona;
  • le prestazioni degli educatori professionali o quelle offerte da personale specializzato per le attività di terapia occupazionale o di animazione.

Spese veterinarie nella dichiarazione dei redditi, quali possono essere detratte?

Sulle spese veterinarie sostenute nel periodo di imposta, con franchigia fissata a 129,11 euro, è possibile la detrazione fino a un valore massimo di 550 euro (elevato da 500 euro). In particolare, sull’acquisto di beni, si possono detrarre le spese sostenute per comprare dei farmaci ad uso veterinario. Sui servizi, sono detraibili le prestazioni effettuate presso medici veterinari o le analisi di laboratorio e gli interventi nelle cliniche veterinarie.

Novità per le imprese: è online il sito incentivi.gov.it

E’ online dal giorno 2 giugno 2022 il sito www.incentivi.gov.it dedicato alle imprese. Qui è possibile trovare il catalogo di tutti gli incentivi governativi disponibili per le imprese.

Tutti gli incentivi per le imprese in un clic

Fare impresa è bello, questa è una delle scritte che gli utenti del sito www.incentivi.gov.it si ritrovano davanti, ma vediamo le caratteristiche del sito annunciato nei giorni passati e online dal 2 giugno 2022.

Negli ultimi anni il modo di lavorare è molto cambiato, le persone sono sempre meno attratte dal lavoro dipendente al punto che durante la pandemia sono numerosi gli italiani, soprattutto al Nord, ad aver lasciato il lavoro per iniziare nuove esperienze professionali che lasciano maggiore libertà rispetto al canonico lavoro dipendente con orari impostati e poca libertà.

Un segno di questo cambiamento è anche dato dal fatto che gli ultimi concorsi pubblici sono stati disertati e vi è difficoltà a trovare candidati idonei alla copertura dei posti disponibili. D’altronde l’impresa è il cuore del Paese, senza persone in grado di creare lavoro difficilmente il Pil potrà tornare a livelli positivi. Al fine di aiutare le aziende esistenti e che vogliono nascere sono stati introdotti molti incentivi governativi. Allo stesso tempo si è notato che famiglie e imprese fanno fatica a stare dietro a tutti i bandi, questo nonostante il fatto che quelli relativi alle imprese siano spesso gestiti da Invitalia e di conseguenza diventa più semplice reperire informazioni. Nasce così l’idea di creare un sito che raccolga tutti gli incentivi rivolti alle imprese.

Ecco il sito incentivi.gov.it

Scopriamo insieme come funziona il sito. Nel sito cliccando alla voce “Chi Siamo” si scopre che trattasi di uno strumento messo a disposizione dal Ministero dello Sviluppo economico che ha l’obiettivo di facilitare la ricerca di incentivi da parte delle imprese e dei professionisti.

La parte essenziale del sito è il catalogo, qui sono disponibili le schede degli incentivi in arrivo segnalati con il colore giallo ocra e di quelli attivi, segnalati dal colore verde, ci sono quindi i bandi chiusi caratterizzati dal colore rosso. Ogni scheda è caratterizzata dal nome dell’incentivo, ad esempio: Contratti di sviluppo filiere, contratti di sviluppo “Rinnovabili e Batterie”… Il lettore potrà quindi cliccare su quelli di suo interesse, oppure potrà visionarli tutti.

A questo punto si apre una scheda con la sintesi del bando, con indicazione della data di apertura e della data di chiusura dell’incentivo. Se leggendo questa scheda ci si accorge che lo stesso è fruibile, o comunque se si è interessati al bando, si può selezionate il tasto “scopri i dettagli” e quindi leggere l’intero bando.

Sul sito è anche disponibile la sezione Glossario, questa mira ad aiutare cittadini che vogliono fare impresa e imprese già esistenti a capire i termini tecnici presenti all’interno dei vari bandi.

La ricerca dei bandi con incentivi per le imprese

La ricerca dei bandi può essere fatta anche in base alle proprie caratteristiche, infatti nella homepage, si può selezionare tra diverse voci:

  • sono un aspirante imprenditore;
  • sono un’impresa o un professionista;
  • sono un ente, un’istituzione;
  • sono un cittadino.

Cliccando su una delle voci si può compilare una piccola scheda che aiuta a trovare l’incentivo adatto alla propria situazione, ad esempio chi clicca su “sono un aspirante imprenditore” potrà trovare una scheda in cui viene chiesto sesso ed età. In base alla risposta, sono selezionati i bandi disponibili per l’imprenditoria femminile oppure per i giovani imprenditori. L’obiettivo è facilitare la ricerca degli incentivi disponibili.

Scorrendo invece la homepage è possibile selezionare i bandi per categorie. Si può scegliere tra:

  • Start up/ sviluppo d’impresa;
  • imprenditoria femminile;
  • digitalizzazione;
  • innovazione e ricerca;
  • sostegno liquidità;
  • sostegno investimenti;
  • crisi di impresa;
  • transizione ecologica;
  • inclusione sociale;
  • internazionalizzazione.

Il sito è semplice e di facile navigazione, questo implica che anche le persone meno avvezze all’uso delle nuove tecnologie possono trovare informazioni e bandi in modo molto semplice.

Come conservare ed esibire una fattura elettronica

I processi di gestione delle fatture elettroniche, per i titolari di partita IVA, non si limitano solo a quelli relativi alla generazione ed alla trasmissione del documento digitale, attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) che è gestito dall’Agenzia delle Entrate. Ma riguardano pure la corretta conservazione delle fatture elettroniche. Per le quali, tra l’altro, può poi sorgere l’esigenza di esibirla. Vediamo allora nel dettaglio, passo dopo passo, come si fa non solo a conservare, ma anche ad esibire una fattura elettronica.

Conservazione ed esibizione delle fatture elettroniche, ecco come fare

Selezionata l’utenza di lavoro, accedendo con le credenziali al portale ‘Fatture e Corrispettivi’ dell’Agenzia delle Entrate, è possibile selezionare il campo ‘Accedi alla sezione conservazione‘ proprio al fine di accedere al servizio di conservazione delle fatture elettroniche.

Con il servizio che permette di richiedere la conservazione della fattura elettronica in modalità manuale. A patto di aver aderito al servizio di conservazione delle fatture. Inoltre, sia per chi ha aderito, sia per chi ha revocato il servizio di conservazione, la sezione ‘Accedi alla sezione conservazione’ permette pure di effettuare per la fattura elettronica la richiesta di esibizione.

Al riguardo l’Agenzia delle Entrate, attraverso il sito Internet istituzionale, ricorda che il servizio di consultazione delle fatture elettroniche non è rivolto solo agli operatori economici, ma anche a coloro che le fatture elettroniche le ricevono includendo pure gli eventuali intermediari abilitati e incaricati per delega.

Quali sono le opzioni collegate al servizio di conservazione delle fatture elettroniche

Gratuitamente, nel sistema dell’Agenzia delle Entrate, i contribuenti possono conservare non solo le fatture elettroniche singole, ma anche quelle contenute in file archivio. Inoltre, il servizio permette di accedere allo storico degli esiti e delle messaggistica di ritorno del sistema di conservazione dell’Agenzia delle Entrate.

In più, si può richiedere, come sopra accennato, l’esibizione delle fatture conservate nonché, a valle di motivazione specifica, l’Agenzia delle Entrate permette pure di effettuare il download dei ‘Pacchetti di distribuzione‘ che contengono proprio le fatture elettroniche per le quali è stata chiesta l’esibizione.

In caso di avvenuto recesso per il servizio di conservazione, il contribuente, come sopra indicato, potrà richiedere solo ed esclusivamente l’esibizione delle fatture elettroniche. Precisamente, l’esibizione di tutte le fatture elettroniche che sono state conservate prima del recesso. Attualmente, come da accordo di servizio, il Fisco a livello temporale garantisce il servizio di esibizione per 15 anni.

Stipendi ed inflazione, le famiglie sempre più in difficoltà

Stipendi ed inflazione, i primi non crescono al variare della seconda, e le famiglie italiane sono sempre più in difficoltà, ecco perché.

Stipendi ed inflazione, sempre più difficile arrivare a fine mese

E’ sempre più difficile, per le famiglie italiane, arrivare a fine mese. Sembra essere tornati indietro nel tempo, quando a volte mettere insieme pranzo e cena era difficile. Sembra essere tornati agli anni ottanta, o per le meno questo lo dicono i dati rilevati su famiglie e consumi. Ma l‘inflazione più del 6.9% sta portando ad un aumento generale dei livello dei prezzi. E a volte, per riempire il carrello della spesa, occorre fare dei sacrifici e fare attenzione a ciò che si compra, rinunciano magari a qualche piacere in più.

E così famiglie, giovani, pensionati tutti attenti alle spese, anche sul settore alimentare. Dunque giorno dopo giorno, il potere d’acquisto degli italiani si riduce. La pasta che rappresenta il cibo base dall’alimentazione italiana è aumentata del 16%. Eppure è il vessillo della dieta mediterranea, anche se continuando così la dieta non sarà più una scelta, ma un’imposizione per riuscire ad arrivare alla fine del mese.

Stipendi ed inflazione, le offerte diventano l’unica via di uscita

Molti italiani stanno lasciando sempre di più i supermercati, per comprare frutta e verdura nei mercati. La speranza è quella di risparmiare qualcosa rispetto ai grandi marchi della distribuzione organizzata. Magari cercando una produzione locale, che saltando i costi della distribuzione offrono prodotti di buona qualità a costi più contenuti.

I supermercati a loro volta rispondono cercando di puntare sulle offerte e promozioni. Di solito sono queste strategie di marketing che permettono alla GDO di rifocillarsi. Anche perché, se i prodotti lo permettono, molte persone si trovano a “fare scorta” nelle dispense per non comprare a prezzo pieno. E’ quello che è successo soprattutto all’olio di semi, che dall’inizio del conflitto tra Russia ed Ucraina, ha subito un aumento del 70%. E poi c’è la Guerra del grano, che fa lievitare tutti gli altri prodotti.

Cosa si può fare per evitare un grave impoverimento della nostra Nazione?

In Italia con la pensione minima non si vive, ma si cerca di sopravvivere. Quindi il connubio inflazione ed aumento di salari e stipendi fa infiammare le parti sociali. Ad esempio i sindacati spingono per una revisione del sistema contributivo, e dei contratti, per far fronte alla situazione di crisi. L’Italia, in Europa, è fanalino di coda per stipendi bassi e costo della vita sempre più alto.

Ma accanto a questo problema c’è sempre quello legato alla carenza di posti di lavoro. Le imprese sono costrette a licenziare perché non riescono a sostenere i costi spesso legati all’energia. Le bollette di gas e luce sono raddoppiate e semplice cose, come il burro stanno per diventare beni di lusso. E’ ora di avviare politiche serie sul mondo del lavoro e smetterla con la “politica della sussistenza” di tutti coloro che rinunciano di lavorare, grazie alla comodità del reddito di cittadinanza. Occorre creare posti di lavoro, e magari puntare a programmi europei per ottenere questo obiettivo, magari investendo proprio sulle fonti energetiche che permettono anche di rispettare l’ambiente.

Detrazione spese sanitarie, tamponi Covid e mascherine: ecco come procedere

Quali spese sanitarie sono detraibili per acquisti effettuati nell’anno 2021 per la pandemia Covid? In particolare, ci si riferisce alle spese sostenute per tamponi, prestazioni sanitarie come analisi di laboratorio e mascherine. Ma per la detraibilità dei costi sostenuti nella dichiarazione dei redditi è necessario seguire specifiche regole.

Detrazione delle spese sanitarie nella dichiarazione dei redditi: ecco cosa spetta per le prestazioni

La prima regola delle spese sanitarie è di carattere generale e prevede la detraibilità del 19% sull’importo superiore a 129,11 euro. Le spese, inoltre, devono essere state sostenute nell’anno di imposta (il 2021 per la dichiarazione dei redditi di quest’anno) e il costo deve essere a carico del contribuente. Inoltre, sono da rispettare altre determinate regole. La prima è che si tratti di una spesa sostenuta per una prestazione sanitaria o di un bene sanitario. Rientrano nel primo caso, le spese sanitarie sostenute per visite spirometriche, analisi di laboratorio e di diagnostica per i casi di coronavirus. La prestazione può essere stata effettuata sia da un professionista che da una struttura sanitaria.

Acquisto di beni sanitari come mascherine e tamponi: quando si possono detrarre?

Nel caso di detrazione di beni comprati, come per esempio l’esecuzione di un tampone o l’acquisto delle mascherine, è opportuno far riferimento alle spese sostenute per i medicinali, per i dispositivi medici o degli altri prodotti detraibili. La detrazione si può esercitare a prescindere dall’utilizzo, unicamente per la natura del bene (o della prestazione medica) acquistato. Pertanto, è necessario verificare la classificazione merceologica, la conformità dei beni acquistati alle leggi italiane, la tracciabilità dei pagamenti e i documenti di spesa.

I requisiti che devono avere tamponi, mascherine e beni sanitari per la detrazione fiscale del 19%

Ai fini della detrazione fiscale del 19% nella dichiarazione dei redditi dei beni sanitari acquistati, è necessario dunque che:

  • suddetti beni rientrino nella relativa classificazione merceologica quali medicinali, dispositivi medici e presidi sanitari;
  • che vi sia conformità alle norme italiane e dell’Unione europea. Nel dettaglio, i beni devono riportare il codice Aic se si tratta di medicinali industriali. Per i medicinali omeopatici, ancora sprovvisti del codice Aic, è necessario il codice identificativo certificato da istituti privati. I galenici, invece, devono avere la natura di farmaco o di medicinale con indicazione sul titolo di spesa. I dispositivi medici devono avere la marcatura “Ce”;
  • il pagamento deve essere stato effettuato con mezzi tracciabili. Sono esclusi dalla regola i dispositivi medici e i medicinali;
  • è necessario il documento di spesa. Ovvero lo scontrino parlante o la fattura.

Spese sanitarie, cosa devono riportare lo scontrino e la fattura?

Sull’ultimo punto, è necessario che i documenti di spesa riportino il codice fiscale di chi provvede a comprare i beni sanitari e la natura del bene, con abbreviazioni “Ad”, “M” e “Pi”. Tali codici sono quelli per l’invio dei dati al sistema della Tessera sanitaria. Le regole si applicano, dunque, anche ai beni e ai dispositivi per l’emergenza Covid-19.

Spese sanitarie nel modello 730 di dichiarazione dei redditi: dove si trovano?

Nel modello 730 per la dichiarazione dei redditi, le spese sanitarie possono essere sommate all’importo riportato nel rigo E 1 della colonna numero 2. È tuttavia importante sottolineare che non per tutti i beni sanitari utilizzati per il Covid, che nello scorso anno avevano l’Iva al 5%, si può procedere con la detrazione. Si deve verificare che i beni rientrino nelle categorie di presidi sanitari, di farmaci o di dispositivi. Per esempio, i guanti monouso risultano esclusi dalla detrazione fiscale se non sono classificati come dispositivo.

Quali tipi di mascherine possono essere detratte nella dichiarazione dei redditi 2022?

Particolare attenzione nella detrazione deve essere prestata alle mascherine chirurgiche ed Ffp2 e Ffp3. Questi dispositivi sono classificati in 3 classi:

  • la prima riguarda le mascherine chirurgiche e, in generale, quelle autorizzate dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) sulla base del comma 2, dell’articolo 15, del decreto legge numero 18 del 2020;
  • i dispositivi di protezione individuali (Dpi) e quelli usati secondo il comma 3, dell’articolo 15, del decreto legge numero 18 del 2020;
  • le mascherine di comunità previste dal comma 2, dell’articolo 16, del decreto legge numero 18 del 2020.

Spese sanitarie, si possono detrarre i costi sostenuti per le mascherine chirurgiche?

L’ultima classe di mascherine, quelle di comunità, non si possono detrarre dalla dichiarazione dei redditi 2022. Le mascherine chirurgiche invece, costituendo dispositivo medico, si possono detrarre. Ma c’è bisogno che riportino la marcatura “Ce” nel documento di spesa oppure il codice “Ad” necessario all’invio dei dati al sistema della Tessera sanitaria (Ts). Infine possono avere anche il richiamo alla direttiva numero 94/42/Ce o al Regolamento europeo numero 745 del 2017 con certificazione Uni En 14683 2019.

Spese sanitarie, si possono detrarre i costi sostenuti per le mascherine Ffp2 o Ffp3?

Non sono detraibili ai fini della dichiarazione dei redditi le mascherine Ffp2 ed Ffp3. Si tratta, in questo caso, di dispositivi di protezione individuale (Dpi) che non prevedono la detrazione. Tuttavia, se oltre alla certificazione tecnica Uni En 149:2001 + A1:2009 la mascherina ha la classificazione anche di dispositivo medico (oltre dunque alla certificazione Dpi), è possibile procedere con la detrazione. In quest’ultimo caso, il contribuente deve conservare la scheda tecnica o la confezione delle mascherine che riporta, oltre alla marcatura “Ce”, anche la certificazione di mascherina come “dispositivo medico” (Dm).

Dichiarazione dei redditi 2022, come detrarre le spese sanitarie per tamponi antigenici e sierologici?

Capitolo a parte meritano i tamponi, sia antigenici che sierologici. Infatti, per la detrazione fiscale del 19% di queste prestazioni sanitarie è necessario:

  • che siano eseguiti da laboratori privati autorizzati, pubblici o professionisti sanitari;
  • il pagamento tracciabile nel caso in cui questi esami sono eseguiti da laboratori privati non accreditati presso il Servizio sanitario nazionale (Ssn);
  • i tamponi acquistati nelle farmacie costituiscono dispositivi medici e diagnostici in vitro, dunque si può procedere con la detrazione anche se la spesa è stata pagata con denaro contante.

Modalità di pagamento dei tamponi in farmacia, a cosa prestare attenzione?

C’è un’eccezione per le farmacie che svolgano i tamponi. Alcune farmacie, infatti, considerano il tampone come una fornitura di dispositivi medici e di servizi strettamente connessi, altre come prestazioni sanitarie. Tutte e due le tipologie di prestazioni sono detraibili nella dichiarazione dei redditi, ma è necessario prestare attenzione al modo in cui sono state pagate. Infatti, se sullo scontrino c’è il codice “As”, il tampone è classificato come un servizio e dunque, prudentemente, si può detrarre la spesa solo se pagata con mezzi  tracciabili; invece, se nello scontrino è riportata la dicitura “cessione di dispositivo medico” mediante codice “Ad”, la detrazione fiscale è consentita anche con il pagamento in contanti.

Partita Iva, ecco tutte le novità in arrivo con la legge delega fiscale

In arrivo numerose novità per le partite Iva dalla legge delega di riforma fiscale. È stato infatti depositato un pacchetto di emendamenti alla legge delega che prevede, tra le varie novità, anche la mensilizzazione degli acconti e la riduzione progressiva della ritenuta di acconto. Il tutto al fine di riformare il metodo di calcolo delle imposte da versare delle partite Iva e dei lavoratori autonomi.

Legge delega di riforma fiscale: a che punto è l’approvazione?

Ad oggi, sono 27 gli emendamenti presentati alla legge delega di riforma fiscale. A questi si aggiunge anche l’emendamento relativo al catasto. Sugli emendamenti si concentrerà dunque il lavoro delle Commissioni parlamentari in vista dell’accordo della maggioranza parlamentare. A essere revisionati, in particolare, saranno gli articoli 2 di riforma Irpef e superamento del sistema duale, e l’articolo 6 relativo alla riforma del catasto.

Legge delega di riforma fiscale: tutte le novità delle partite Iva

L’elenco degli emendamenti presentati nella legge delega di riforma fiscale per le partite Iva e i lavoratori autonomi prevede, nel dettaglio:

  • l’eliminazione del sistema duale di tassazione;
  • l’exit tax per 2 anni per le partite Iva che superino il tetto dei 65 mila euro;
  • l’introduzione del principio dell’equità orizzontale;
  • il ribasso dell’Irpef per i redditi medi e bassi;
  • l’avvio del sistema di rimborso tramite cashback fiscale per le spese sanitarie;
  • l’abolizione dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) per gli studi associati, le società di persone e le società di professionisti;
  • la riforma del catasto con l’introduzione dei valori del mercato con allentamento del valore patrimoniale;
  • l’armonizzazione delle tasse sul risparmio;
  • i controlli fiscali mediante l’utilizzo di algoritmi.

Quali altre novità sono previste per le partite Iva dalla legge delega di riforma fiscale?

Sono previste inoltre, altre novità dalla legge delega di riforma fiscale per le partite Iva. In particolare:

  • l’allargamento degli adempimenti da effettuare per via telematica;
  • l’integrazione delle banche dati fiscali;
  • la revisione delle sanzioni amministrative che saranno improntate sulla proporzionalità e sulla gradualità;
  • la mensilizzazione, da adottare in via progressiva, degli acconti e dei saldi;
  • il ribasso della ritenuta di acconto;
  • la garanzia del rispetto dell’autonomia tributaria a favore degli enti territoriali;
  • la revisione dei costi indeducibili, in via parziale o totale, dell’Ires;
  • la destinazione di una parte delle imposte del contribuente al suo comune di residenza;
  • la revisione periodica della legislazione tributaria codificata.

Partite Iva, le novità in arrivo sulla revisione dell’Irpef

Sulla revisione dell’Irpef delle partite Iva con obiettivo di rispetto del criterio di progressività, le novità in arrivo consistono:

  • nel considerare le modalità di versamento dell’Ipef degli imprenditori individuali, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori ai quali si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale;
  • nel mantenimento del meccanismo attuale di calcolo dei saldi e degli acconti;
  • nella revisione del carico fiscale con la mensilizzazione in via progressiva degli acconti e dei saldi stessi;
  • nell’abbassamento della ritenuta di acconto.

In cosa consiste nella pratica la riforma dell’Ipef delle partite Iva per saldi e acconti?

Le novità sull’Irpef delle partite Iva e dei lavoratori autonomi potrebbero consentire, già a decorrere dal 2022, di far pagare la metà delle imposte a novembre rateizzate nell’anno susseguente. Inoltre, a decorrere dal prossimo 1° gennaio, si procederebbe alla riduzione del 20% della ritenuta di acconto versata dalle partite Iva e dai lavoratori autonomi. Siffatto meccanismo andrebbe ancora ampliato affinché possano essere tutelati i redditi medi e bassi dei lavoratori autonomi. A tal proposito, è previsto dalla legge delega fiscale la progressiva diminuzione delle aliquote medie dei redditi più bassi.

Detrazioni e deduzione delle partite Iva nella legge delega fiscali: quali sono le novità in arrivo?

Ulteriori novità sono in arrivo per le partite Iva e per i lavoratori autonomi dalla legge di delega fiscale per quanto concerne le detrazioni e le deduzioni. La revisione dei due istituti, infatti, saranno oggetto di trasformazioni che metteranno al primo posto le detrazioni spettanti per le spese sanitarie e sociale. Si punterà, per l’acquisto di beni e servizi rientranti nel paniere delle spese sociali e sanitarie, al rimborso immediato attraverso l’utilizzo di piattaforme telematiche che consentano l’accredito diretto del 19%.

Legge delega fiscale, in arrivo il cashback sulle spese socio-sanitarie con rimborso immediato del 19%

Pertanto, tali piattaforme di cashback fiscale consentiranno al contribuente di poter ottenere il rimborso immediato del 19% di detrazione. Il meccanismo prevede il trasferimento dello sconto sull’Iban comunicato dal contribuente tramite l’applicazione IO. Un meccanismo, dunque, che riproduce quello già sperimentato tra la fine del 2020 e il 2021 del Cashback di Stato.

Contributo unificato 2022: cos’è e come funziona

L’ammontare delle tasse da versare per un procedimento civile è noto come contributo unificato. Andiamo, in questa rapida ma esaustiva guida, a vedere cosa c’è da sapere in merito a questo contributo, nel 2022 e nello specifico come esso funziona.

Contributo unificato: di cosa si tratta

Il contributo unificato è stato introdotto il 1° marzo 2002, con l’intenzione di semplificare il pagamento delle spese indispensabili per aprire una causa di tipo penale, civile, od anche amministrativa.

Precedentemente era necessario pagare alcune tipologie di tributi in modalità separata, invece allo stato attuale, queste sono state inglobate in un’unica tassa. Il tributo unificato al suo interno prevede:

  • le imposte di bollo da pagare sugli atti giudiziari;
  • diritti di cancelleria;
  • la tassa di iscrizione a ruolo;
  • i diritti di chiamata in causa dell’ufficiale giudiziario.

Va ricordato, che il contributo unificato va versato per ciascun grado di giudizio e il rispettivo costo cambia in base al valore della controversia.

Di norma, aumenta per ogni grado di giudizio, il suo costo.

Come deve essere pagato il contributo unificato 2022

E’ bene sapere che per il pagamento del contributo unificato, vi sono diverse modalità, sia telematiche che fisiche. Vediamo di seguito le opzioni:

  • si può pagare presso gli uffici postali con il bollettino postale, effettuando il versamento sul conto corrente dello Stato;
  • il pagamento può essere effettuato acquistandolo nelle tabaccherie sotto forma di valore bollato, od anche attraverso gli agenti di riscossione;
  • attraverso l’uso del modello F23 in banca;
  • con i sistemi di pagamento telematici PagoPa che permette ai cittadini e alle imprese di effettuare pagamenti digitali verso la pubblica amministrazione accedendo all’apposita sezione, quando il pagamento è collegato al deposito degli atti in modalità telematica;
  • previa pagamento telematico anche attraverso l’applicazione “processo tributario telematico”, in caso di pagamento durante l’operazione di costituzione in giudizio.

Cosa accade se non si paga il contributo?

Nella eventualità in cui il pagamento del contributo unificato venga omesso, oppure risulti insufficiente o non corrispondente alla causa avviata, si andrà incontro a delle sanzioni.

Il non pagamento del contributo unificato equivale al mancato pagamento delle tasse, infatti.

Se l’avvocato si dimentica del pagamento ci si troverà di fronte a un’irregolarità fiscale, la quale però non avrà ripercussioni sul piano giudiziario, non andando ad intaccare la causa, ma evolvendosi in contravvenzione.

In tal caso, dunque sarà necessario pagare il contributo unificato, e una maggiorazione che varia dal cento per cento al duecento per cento della maggiore imposta dovuta.

Va aggiunto che nell’importo iscritto al ruolo devono essere calcolati gli interessi al saggio legale, con inizio di decorso dalla data in cui è depositato l’atto a cui il pagamento si collega o l’integrazione del contributo.

Esenzioni dal contributo unificato, quali casi

Occorre sottolineare che vi sono casi di esenzione in merito al pagamento del contributo unificato.

Tra questi casi rientrano anche le situazioni in cui si può beneficiare del gratuito patrocinio.

Tra le casistiche in cui non si è tenuti al pagamento vi sono i ricorsi per violazione della ragionevole durata del processo, noti anche come ricorsi legge Pinto.

Si tratta di quei processi per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie, od anche processi individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego.

Se un lavoratore dipendente di fatto vuole agire in tutela dei propri diritti, a causa del mancato pagamento dello stipendio, può fare causa al datore, rivolgendosi in modo gratuito al giudice del lavoro, a patto che il suo reddito complessivo compreso quello del coniuge, non superi i 34.481,46 euro annui.

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile ed esaustivo da sapere in merito al contributo unificato 2022, tra funzioni, esenzioni e modalità di pagamenti.

Reddito di cittadinanza: bonus 200 euro si può avere in contanti?

Cosa c’è da sapere in merito al nuovo bonus 200 euro in relazione col reddito di cittadinanza, lo scopriamo in questa piccola ma esaustiva guida. Ma, soprattutto è possibile ricevere il bonus in contanti se si è possessori del RDC?

Bonus 200 euro per chi ha reddito di cittadinanza

Dunque, pure coloro che percepiscono il reddito di cittadinanza rientrano tra i beneficiari del bonus 200 euro una tantum previsto dal decreto Aiuti (decreto – legge n. 50 del 2022). A prevederlo espressamente è il comma 18 art. 32 del provvedimento sopra citato.

Va ricordato che il contributo, annunciato per pensionati, disoccupati, dipendenti e partite iva, non è in realtà per tutti. La norma infatti, invece di riferirsi al reddito del lavoratore, chiarisce che il sostegno spetti a chi in almeno uno dei quattro mesi del primo quadrimestre di quest’anno, abbia beneficiato della riduzione contributiva dello 0,80%, prevista dalla legge di Bilancio 2022.

Ad ogni modo, stando alle categorie, il bonus anti-inflazione da 200 euro andrà, oltre che ai dipendenti pubblici e privati, anche ai lavoratori autonomi, ai disoccupati, a colf e badanti. E ai i titolari del reddito di cittadinanza.

La norma stabilisce, al contempo, anche come e quando sarà pagato il beneficio. Nello specifico, il pagamento avverrà nelle modalità di seguito:

  • in automatico (da parte dell’INPS), quindi senza necessità di fare alcuna domanda
  • nel mese di luglio 2022, insieme alla rata mensile di competenza.

Quindi, anche per il bonus 200 euro avverrà la ricarica sulla carta RDC, in contemporanea col pagamento mensile.

Ma è possibile prelevare in contanti il bonus 200 euro?

Qui, dunque arriva la domanda cruciale che si pone alla base della nostra piccola guida. E’ possibile prelevare il bonus 200 euro in contanti?

Innanzitutto, occorre necessariamente ricordare che il legislatore, stabilisce che attraverso l’uso della carta reddito di cittadinanza è possibile acquistare solo specifici tipi di beni e servizi. Ad esempio, beni di prima necessità pagare le utenze (luce, gas, ecc.), pagare la rate del mutuo e l’affitto di casa.

Inoltre è ammesso anche prelevare in contanti, ma fino ad un massimo mensile.  In dettaglio, il prelievo massimo in contanti che è possibile effettuare è di 100 euro mensili che è poi moltiplicato per una scala di equivalenza.

L’importo che si potrà quindi, prelevare aumenta in relazione al numero dei membri del nucleo familiare ed all’eventuale presenza di disabili gravi o non autosufficienti. Di seguito troviamo le somme massime prelevabili dalla carta reddito di cittadinanza:

  • 100 euro per singolo individuo
  • 140 euro per un nucleo familiare composto da due adulti
  • 180 euro per un nucleo familiare di due adulti e due figli minorenni
  • 210 euro per un nucleo familiare che ha raggiunto il valore massimo di 2,1 nella scala di equivalenza ai fini ISEE
  • 220 euro per un nucleo familiare numeroso in cui è presente un componente disabile grave o non autosufficiente.

Dunque, il punto di domanda è sarà possibile prelevare con la carta, oltre ai 100 euro mensili (se si tratta di singolo individuo), anche i 200 euro del bonus?

Di norma, dunque come detto nella lista poco sopra citata, il totale massimo prelevabile in contanti non potrà superare in nessun caso i 210 euro mensili complessivi (220 euro se nella famiglia è presente un disabile).

Ma, in tal senso ancora non è stata definita con chiarezza la questione, in quanto manca ancora l’ultima parola ministeriale.

Non resta che attendere ulteriori aggiornamenti in merito alla questione, per il ricevimento una tantum di questo tanto agognato Bonus 200 euro, anche per i percettori del Reddito di Cittadinanza.

Questo, dunque è quanto vi fosse di più utile e necessario da sapere in merito alla questione, in attesa di ulteriori preziosi cambiamenti.

Addio obbligo vaccinale e nuove regole su mascherine e Green pass dal 16 giugno

Da diversi mesi ormai anche le notizie di cronaca e le altre notizie riportate da tutti i siti e i quotidiani, non sono più incentrate sul Covid. La pandemia con la sua emergenza sanitaria per ben due anni è stata il problema principale in Italia come nel resto del mondo. Adesso il conflitto in Ucraina e il calo dei contagi ha portato a cambiare le priorità dell’informazione. Certo il Coronavirus è ancora in circolazione, ma come dimostrano i provvedimenti recenti del governo, l’emergenza se non proprio alle spalle sembra quantomeno limitata. In questi casi la cautela è sempre un fattore predominante. A maggior ragione se si pensa che anche l’estate 2021 e l’estate 2020 sono passate in maniera più leggera in fatto di Covid rispetto alle stagioni fredde. Ma come riporta il quotidiano Repubblica, stavolta sembra che qualcosa sia seriamente cambiato. Dopo questa specie di via libera che si sta vivendo oggi, alcuni provvedimenti del governo che verranno, sembrano indirizzati sulla stessa via dello stop alle limitazioni. La via di restrizioni ridotte all’osso.

Anche l’obbligo vaccinale via

Da 15 giugno è assai probabile che gli italiani diranno addio all’obbligo vaccinale. Si tratta dell’obbligo imposto dal governo per gli over 50. Quella dell’obbligo per chi aveva più di 50 anni di età è stata una decisione che ha fatto tanto discutere. A maggior ragione dopo che si è deciso di provvedere a comminare  le multe comminate dall’Agenzia delle Entrate sono arrivate a casa agli over 50. Come si legge sul quotidiano prima citato pare che ci sarà l’addio all’obbligo vaccinale dal 15 giugno.  La data è importante perché proprio il 15 giugno è quella della scadenza dell’obbligo vaccinale. L’intenzione del governo sembra quella di non ripristinarlo e quindi non prorogarlo più.

Quali misure resteranno in materia di restrizioni per il Covid

Come dicevamo l’obbligo vaccinale è stato imposto per le persone sopra i 50 anni di età. Si tratta della fascia che comunemente è stata quella più a rischio per le conseguenze più gravi in materia di Covid. Ad oggi oltre 3 milioni sono gli over 50 che non sono ancora in regola con la vaccinazione. Resta il fatto che per gli over 50 l’obbligo di vaccinazione resta in vigore fino al 15 giugno. Dopo tale data nessun obbligo perché il governo pare intenzionato a non prorogarlo. Il 12% del totale quindi è privo di vaccini e di conseguenza assoggettato a quella multa da 100 euro che ha fatto così tanto discutere. Ma la multa riguarda anche chi ha fatto solo una dose, o chi entro febbraio non aveva completato ancora il ciclo con la dose booster. Naturalmente ci saranno sempre delle eccezioni. Per alcune categorie infatti l’obbligo vaccinale resterà in atto. Non sarà così per la scuola, per i militari, per le forze dell’ordine. Solo per i lavoratori del settore sanità quelli più a diretto contatto con le problematiche del Coronavirus, l’obbligo resterà fino al 31 dicembre prossimo.

Dalle mascherina al Green pass,  cos’altro cambia?

Oltre che sull’obbligo vaccinale il governo è chiamato ad intervenire anche sulle altre misure di sicurezza che in questi mesi hanno fatto da corollario alla vita di milioni di Italiani. In primo luogo mascherine e Green pass. Infatti il Governo è chiamato a decidere anche sul proseguo dell’esperienza con i dispositivi di sicurezza e con il certificato verde. Ad oggi per esempio le mascherine sono ancora obbligatorie per gli eventi sportivi e per gli spettacoli al chiuso, oltre che per i mezzi di trasporto pubblici. Anche in seno al governo le posizioni sono differenti. Ci sono quelli che vorrebbero maggiore cautela mentre altri che vorrebbero addirittura il liberi tutti. La direzione dovrebbe essere quella di mantenere la cautela almeno nei posti dove inevitabilmente i rischi salgono. Nei trasporti per esempio, le regole dovrebbero continuare con lo stesso trend. In pratica mascherine sui mezzi di trasporto pubblici anche in estate. Diverso il caso di cinema teatri e palazzetti, dove l’uso delle mascherine potrebbe essere revocato. Una decisione spinta probabilmente dal fatto che in estate si tratta di strutture poco utilizzate che lasciano il campo alle strutture all’aperto.

E per le multe come funzionerà?

Ricapitolando l’obbligo vaccinale dovrebbe terminare come da previsione. Discussioni da questo punto di vista non esistono come dice Repubblica, perché è un passaggio quasi scontato vista la situazione emergenziale. Il risultato dell’obbligo vaccinale è stato raggiunto, o almeno,  lo è stato più o meno. Infatti una grande fetta di quelli over 50 che sembravano restii alla vaccinazione alla fine l’hanno effettuata. Certo restano sempre i più rigidi, quelli che nonostante la multa da 100 euro hanno mantenuto ferma la loro posizione. Va ricordato anche che il limite per completare la vaccinazione era fissato per il 15 febbraio. Di conseguenza anche coloro che hanno fatto qualche dose, ma senza completare il ciclo, adesso sono assoggettati a sanzione. Al momento, degli oltre 3 milioni di over 50 non vaccinati più o meno la metà hanno già ricevuto la lettera con l’avviso di pagamento. Fare che in questi giorni l’agenzia delle entrate completerà la procedura inviando le missive anche agli altri.

Congedo straordinario legge 104 e contributi figurativi: cosa si perde sulla pensione?

In questa rapida ma esaustiva guida faremo chiarezza sulle possibilità di perdita in termini economici di coloro che ricorrono al congedo straordinario, della legge 104, sulla propria pensione. Scopriamolo nei prossimi paragrafi.

Congedo straordinario 104: di cosa si tratta

Innanzitutto, è bene fare chiarezza sul punto cruciale di questa questione, ovvero cosa vuol dire il congedo straordinario, inerente alla legge 104.

In maniera molto essenziale, possiamo dire che il congedo straordinario è un periodo di assenza dal lavoro retribuito che viene concesso ai lavoratori dipendenti, i quali assistono familiari con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Tutto ciò, per un massimo di 24 mesi indennizzato come se lo stesso periodo fosse stato lavorato.

Il requisito indispensabile per poter ottenere il congedo straordinario per la 104 è che il familiare sia un disabile con handicap grave. La persona da assistere deve essere in stato di handicap in situazione di gravità e inoltre non deve essere ricoverato a tempo pieno in istituto specializzato o altro centro.

Congedo straordinario: cosa c’è da sapere

Stando a quanto detto nel paragrafo precedente, va aggiunto che l’ assenza è coperta da contribuzione figurativa, con l’Inps che prende carico della spesa necessaria in modo che il congedo straordinario possa ritenersi valido ai fini della pensione.

Tutto ciò, però, non vuol dire che durante il congedo straordinario non ci sia alcuna perdita sulla pensione, anzi.

come è previsto per la retribuzione, in egual misura per il versamento della contribuzione figurativa vi è posto un limite oltre il quale non è possibile andare.

Congedo straordinario: i danni sulla pensione

Vediamo, dunque come e quando si rischia di perdere soldi sulla propria pensione, ricorrendo al congedo straordinario.

Come detto poco sopra, durante il periodo di fruizione del congedo straordinario per assistere familiare con handicap grave, il lavoratore ottiene il diritto alla copertura contributiva figurativa e proprio per questo motivo tale periodo è valido anche a livello pensionistico.

Di fatto, i contributi figurativi sono validi sia per raggiungere i requisiti di pensionamento ed anche per il calcolo dell’assegno pensionistico. Pertanto, il lavoratore, nella gran parte dei casi, sul versante pensionistico non perde nulla.

Ma troviamo in tal caso alcune considerazioni da fare, poiché ci sono comunque possibilità di ricevere una decurtazione sulla pensione futura a causa del congedo utilizzato.

Ciò accade anche se l’accredito di contributi figurativi non abbassa l’importo della pensione, poiché per il congedo straordinario è fissato un limite oltre il quale non è possibile andare.

Alcuni esempi sulla pensione

Per fare un esempio, se in un suddetto periodo spetta un’indennità pari al 100% della retribuzione totale, entro un certo tetto massimo appunto che nel 2022 è pari a 37.341 euro (102,30 euro al giorno).

In base a quanto riconosciuto va poi calcolata la contribuzione dovuta, che è pari al 33% della retribuzione globale. Su questa troviamo ugualmente un limite che non può essere superato.

Un limite rivisitato ogni anno, ad esempio dal primo gennaio 2022 la soglia massima di contributi figurativi riconoscibili ammonta a 12.322,53 euro annui.

Nei casi in cui il lavoratore abbia una retribuzione lorda inferiore all’importo visto poc’anzi, l’indennità annua sarà più bassa e in qualunque caso la sua copertura figurativa risulterà completa.

A tal punto, la contribuzione diviene penalizzante per la pensione solo in caso in cui la retribuzione lorda del lavoratore ecceda i 37 mila euro l’anno, poiché in tal caso l’indennità massima riconosciuta sarà sempre pari all’importo massimo di 37.341 euro, mentre i contributi figurativi non potranno comunque superare i 12.322,53 euro. L’eccedenza, invece, verrebbe persa.

Questo è, dunque, quanto di più utile ed essenziale da sapere in merito alla questione legata alle perdite possibili, sulla pensione, per chi usufruisce del congedo straordinario della legge 104.