Superbonus 90%, cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi?

Il superbonus 90% funzionerà come quello attuale, ma potrebbe avere delle ripercussioni peggiori o migliori? Facciamo il punto della situazione.

Superbonus 90%, le linee guida

La premier Meloni lo aveva già detto il campagna elettorale che il superbonus sarebbe stato modificato. Ed infatti già dal prima gennaio 2023 il suo valore passerà dal 110% al 90%. Da sparti acqua ci penserà la data odierna 25 Novembre 2022. Infatti solo chi avrà presentato entro oggi, la cilas contenente tutti i documenti richiesti avrà diritto al completamento dei lavori al 110%.

Il superbonus 90% si applicherà sia ai condomini che alle villette. Ma in questo ultimo caso occorre che si tratti di abitazione principale e solo se il quoziente familiare di chi la abita è inferiore a 15 mila euro. Inoltre i lavori che rientrano nel superbonus 90% sono tutti quelli che migliorano la classe energetica dell’immobile di almeno due categorie.

Superbonus 90%, ma cosa potrà accadere nei prossimi mesi?

Il decreto aiuti quater ha abbassato la soglia da 110% a 90%, ma non ha sciolto il nodo della cessione del credito. Ad oggi Poste italiane ha dichiarato di portare a conclusione solo le pratiche che hanno già incamerato. Anche le banche sono dello stesso avviso, quindi il problema principale rimane proprio legato alle cessioni dei crediti. A questo punto ci si chiede, cosa potrà accadere dal 25 novembre 2022 in poi?

Come sopra detto entro oggi dovevano presentarsi le CILAS. La cilas è la modifica al modello tradizionale CILA che comprende anche i permessi e le regole del Superbonus 110% (la “S” di CILAS infatti sta proprio per “Superbonus”). Ma molte cilas, avendo appunto a disposizione poco tempo, saranno considerate non valide, perché scarne di documenti allegati. Tra questi ci sono:

  • i soggetti coinvolti;
  • ricevuta di versamento dei diritti di segreteria;
  • copia del documento di identità dei o del titolare;
  • il documento del tecnico;
  • notifica preliminare;
  • copia della procura o della delega;
  • l’elaborato progettuale che consiste nella descrizione dell’intervento da realizzare.

Molti verbali di assemblea saranno inefficienti, perché?

A questo punto con cilas incompleta molti verbali condominiali  saranno inefficienti, se non correlate dalle tabelle con la divisione dei lavori per singolo immobile. Ma i condomini che avranno fatto approvazione, dovranno comunque pagare i tecnici che hanno realizzato lo studio di fattibilità, e che quindi emetteranno lo stesso fattura sulla loro prestazione. Spese che pagheranno i condomini, visto che il superbonus non sarà approvato.

Le banche e Poste italiane hanno già manifestato la loro idea di portare in chiusura solo le pratiche già esistenti. Quindi quelle nuove che prenderanno in esame, se lo prenderanno, saranno davvero poche. A fine anno, visto che i lavori non saranno partiti, saranno gli stessi condomini a voler bloccare il tutto visto o a fare causa alle imprese. Questa dal canto loro hanno i cassetti pieni di crediti che in realtà nessuno compra, quindi non prenderanno altri lavori da eseguire. Quindi se la situazione non si sblocca sarà un fallimento con tantissimi lavori bloccati e cause in tribunale.

Cancellazione cartelle esattoriali con il nuovo saldo e stralcio. Guida

La legge di bilancio 2023 all’articolo 45 regola lo stralcio delle cartelle esattoriali con carichi fino a 1000 euro. Per gli altri contribuenti invece c’è la definizione agevolata. Ecco chi potrà beneficiarne.

Cancellazione delle cartelle esattoriali fino a 1000 euro: come funziona?

La bozza della legge di bilancio 2023 all’articolo 45 prevede lo stralcio delle cartelle esattoriali affidate all’agente di riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015. La norma prevede che: “Sono automaticamente annullati, alla data del 31 gennaio 2023, i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore della presente legge, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni”. Questo implica che il contribuente non dovrà fare nulla per far valere tale cancellazione.

La norma prevede inoltre che “L’agente della riscossione trasmette agli enti interessati, entro il 30 giugno 2023, l’elenco delle quote annullate su supporto magnetico, ovvero in via telematica”.

Definizione agevolata per altre cartelle esattoriali

L’articolo 46 del disegno di legge di bilancio 2023 definisce invece gli importi diversi da quelli compresi nell’articolo 45 e affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022.

In questo caso viene applicata la definizione agevolata con la possibilità di estinguere il debito fiscale senza il pagamento delle somme previste a titolo di interessi e di sanzioni, ma versando esclusivamente le imposte e il rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento. Per il versamento degli importi è possibile procedere a un unico versamento entro il 31 luglio 2023 oppure chiedere la rateizzazione degli importi fino a un massimo di 18 rate, la prima e la seconda di queste devono però corrispondere al 10% complessivamente dovute, le rimanenti di minore importo uguale per ogni mese. Le scadenze saranno:

  • 31 luglio;
  • 30 novembre 2023;
  • 28 febbraio;
  • 31 maggio;
  • 31 luglio;
  • 30 novembre di ciascun anno fino a completare il pagamento.

In caso di pagamento rateale dal 1° agosto 2023 sugli importi sono caricati interessi legali pari al 2%.

I contribuenti che vogliono addivenire alla definizione agevolata, devono farne richiesta all’agente di riscossione entro il 30 aprile 2023.

Per conoscere in sintesi tutte le misure approvate con il disegno di legge di bilancio 2023, leggi l’articolo:

Manovra finanziaria: tutte le misure in breve, sigarette, carburanti, benzina, pace fiscale

 

 

Moka, come fare un caffè perfetto e tradizionale, alcuni consigli

La moka è la croce e delizia degli italiani. Vi sveliamo alcune curiosità e soprattutto come fare un caffè perfetto e tradizionale, secondo vecchi consigli.

La moka ed una piccola curiosità

Una tazzina di caffè è un momento di pausa dal lavoro o dalla routine della vita quotidiana. A colazione, a pranzo o cena, sono pochi minuti per concedersi una piccola coccola. Al bar, a casa, a casa di amici il caffè è una delle bevande più consumate in Italia. Ne esistono davvero tantissime tipologie, aromi, gusti che riescono davvero ad accontentare i gusti di tutti i consumatori. Un interesse che spinge anche a scegliere il miglior caffè per moka e cercare di farlo nel migliore dei modi.

Ma prima una piccola curiosità, perché si chiama Moka? Eppure il caffè fatto alla napoletana sembra essere il migliore. Una spiegazione potrebbe essere questa. L’origine del nome è legata ad una città dello Yemen, Mokha, conosciuta per la produzione del caffè e in particolare della qualità arabica, che poi è la più pregiata.

Moka, alcuni consigli per un caffè perfetto

La tradizione italiana prevede di fare il classico caffè, in cucina, con la moka. Magari oggi ci sono le capsule, le macchinette elettriche, ma la moka rimane sempre il simbolo della buona bevanda fatta all’italiana. Ma ecco alcuni consigli che magari molti non sanno. Ad esempio è opportuno mettere la giusta quantità di acqua naturale, meglio se minerale. Se si guarda nel fondo, spesso ci sono delle tacche che ne indicano la quantità ottimale. Ma se non ci dovesse essere basta mettere l’acqua fino al centro della valvola circolare, senza sommergerla.

Mentre per quanto riguarda il caffè va messo quello in polvere. Si consiglia di metterlo nel filtro metallico, e riempirlo, senza schiacciarlo con il cucchiaio. Una volta chiusa la moka, va messa sul fuoco a fiamma lenta, senza fretta. Questo fa si che esce tutto l’aroma che spesso profuma anche tutto l’ambiente.  Quando la caffettiera inizia a bollire, non spegnere subito il fuoco: lascia che finisca di erogare tutto il caffè fino a riempire il serbatoio.

Ultimi consigli finali

Prima di mettere la bevanda nella tazzina è meglio dare una bella mischiata con il cucchiaino. Questo permette di amalgamare tutto il contenuto. Servire il caffè nella tazzina, accompagnata da una bustina di zucchero, perché c’è chi ama un gusto più semplice. Molte volte nei bar, insieme alla tazzina, viene anche servito un bicchiere di acqua.

Attenzione anche a lavare la moka. La caffettiera si lava con acqua abbondante e molto calda. Si fa a mano e non si usano spugne abrasive. I pezzi si lavano singolarmente e si lasciano asciugare bene, prima di rimontarla e riposarla in dispensa. Così si conserva pulita, senza lavarla prima di riutilizzarla.

Quoziente familiare: in quali casi può essere svantaggioso

Negli ultimi mesi si parla frequentemente del quoziente familiare e attualmente trova applicazione in Italia per il Superbonus riaperto per le villette unifamiliari a patto che il richiedente abbia un quoziente familiare inferiore a 15.000 euro. Ma il quoziente familiare è sempre vantaggioso? C’è chi ritiene che non lo sia.

Il quoziente familiare

Nei piani del Governo il quoziente familiare dovrebbe sostituire l’Isee (indicatore della situazione economica equivalente) che, come noto, oltre a tenere conto dei redditi prodotti, tiene in considerazione anche il patrimonio mobiliare e immobiliare. Il quoziente familiare invece non ha questo limite. Tale strumento è di derivazione francese, si applica in modo ordinario in Francia al fine di determinare le imposte dovute e prevede il cumulo dei redditi percepiti da tutti i membri della famiglia e la divisione del valore complessivo per il coefficiente familiare, questo a sua volta dipende dal numero complessivo degli appartenenti al nucleo e dalla loro età.

Come è applicato il quoziente familiare al Superbonus

Attualmente si può avere come punto di riferimento solo il quoziente familiare così come determinato per usufruire del Superbonus, in questo caso è prevista la somma dei redditi del nucleo familiare. Se lo stesso è composto da:

  • una sola persona il coefficiente è 1;
  • 1 familiare a carico coefficiente 1,5;
  • 2 familiari a carico, coefficiente 2;
  • 3 o più familiari a carico, coefficiente 3;
  • 1 familiare convivente coefficiente 0,5.

In quali casi potrebbe essere svantaggioso rispetto all’Isee

Secondo alcuni questo sistema potrebbe portare svantaggio ad alcuni nuclei familiari. In particolare fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 in Italia il reddito della moglie era attratto nel reddito familiare e quindi tassato con un’aliquota unica. Questa norma ebbe il sigillo di incostituzionalità in quanto imponeva una tassazione diversa alle famiglie formate da due coniugi rispetto a quella formata da conviventi. Questo effetto era ampliato dal fatto che la donna generalmente aveva (ed ha) redditi inferiori e quindi con il reddito cumulato veniva attratta nell’aliquota del coniuge economicamente forte scontando un’aliquota più elevata. Si passò quindi alla tassazione separata dei redditi dei due coniugi.

Applicando il quoziente familiare al calcolo dell’Irpef si potrebbe ritornare a una situazione simile. Ad esempio una famiglia con un reddito alto ma derivante da un unico membro del nucleo potrebbe pagare meno tasse rispetto a un nucleo in cui lo stesso importo è percepito da due coniugi. Infatti se il coniuge lavora, il coefficiente per il coniuge è 0,5, lo stesso sale a 1 se non lavora ( quindi complessivamente si applica un coefficiente 2), se si impegna a fare figli, sale ancora di più. Un nucleo in cui anche il figlio lavora, magari ha redditi inferiori rispetto a una famiglia in cui lavora solo una persona e produce redditi alti, ma sconta un coefficiente minore e paga più tasse, o riceve maggiori benefici.

Questo è uno dei motivi per i quali, sebbene in Italia si parli da molti anni del quoziente familiare e ci siano stati diversi disegni di legge, tutti alla fine siano stati affossati.

Manovra finanziaria: tutte le misure in breve, sigarette, carburanti, benzina, pace fiscale

La manovra finanziaria appena varata e inviata alla Commissione Europea porta numerose novità, alcune sono state trattate sinteticamente, altre invece ancora no. Ecco una breve sintesi su tutte le novità della manovra finanziaria.

La sintesi di tutte le misure della manovra finanziaria

  • – Taglio delle accise sui carburanti: non sarà più di 30,5 centesimi, ma scende a 18,3 centesimi, dal 1° dicembre il carburante aumenta di 12,2 centesimi;
  •  aumento del prezzo delle sigarette, in media un pacchetto da 20 sigarette costerà circa 20 centesimi in più;
  • criptovalute, diminuzione della tassazione;
  • pensioni, arriva Quota 103 e sono modificati i criteri per accedere a Opzione donna;
  • riduzione Iva su assorbenti al 5%;
  • riduzione Iva prodotti per l’infanzia al 5% (pannolini, seggioloni auto, biberon, omogeneizzati);
  • reddito di cittadinanza, restrizioni dei percettori occupabili che potranno fruirne solo per 8 mesi e non 12 ( dal 2024 totale riforma);
  • superbonus al 90% con riapertura dei termini per le unifamiliari in base al quoziente familiare;
  • aumenta a 15.000 euro l’Isee per accedere al bonus energia (sconto in bolletta);
  • aumenta il credito di imposta in favore delle imprese energivore;
  • incentivi per chi assume donne under 36 e percettori di reddito di cittadinanza;
  • Rivalutazione della pensione minima al 120%;
  • proroga dei termini per applicazione sugar tax e plastic tax;
  • proroga dei termini per l’aumento delle sanzioni per le violazioni al Codice della Strada;
  • pace fiscale, cancellazione delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro per le cartelle affidate all’agente di riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015;
  • aumento tassazione degli extra profitti, passa dal 25% al 35%;
  • aiuti alle Marche colpite dall’alluvione recente;
  • flat tax applicata fino a 85.000 euro;
  • commercio, cade l’obbligo di accettare i pagamenti con il Pos per importi inferiori a 30 euro ( già nei mesi scorsi erano caduti alcuni obblighi per i tabaccai);
  • aumento limite all’uso del contante fino a 5.000 euro;
  • istituito fondo di 500.000 euro per la social card destinata alle famiglie con reddito inferiore a 20.000 euro e utilizzabile per acquisto beni di prima necessità;
  • maggiorazione per l’assegno unico;
  • agevolazioni per l’acquisto della prima casa;
  • ripristinato il fondo per le scuole paritarie;
  • riattivazione della società Ponte-Stretto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina;
  • detassazione delle mance ricevute dal personale impiegato nel settore ricettivo;
  • detassazione premi di produttività;
  • taglio del cuneo fiscale;
  • rifinanziamento  bonus decoder.

Salta invece l’ipotesi della Amazon tax o tassa verde che era stata ipotizzata. Ricordiamo che l’iter di approvazione della manovra finanziaria non è terminato, spetta ora al Parlamento l’ultima parola e non è detto che vi siano delle modifiche ulteriori.

Pellet di girasole, è l’alternativa più conveniente dell’anno

Il pellet di girasole è una novità che permette di riscaldare casa in modo economico. Ecco le caratteristiche, i costi, vantaggi e svantaggi.

Pellet di girasole, le caratteristiche del prodotto

Il pellet di girasole è uno dei combustibili più economici e che sta prendendo piede per il riscaldamento di casa. Può essere una valida alternativa, al gas di città e alle sue bollette pazze. Inoltre ha un costo medio del 50% inferiore rispetto al pellet di legno, l’Iva è al 10% rispetto a quella del pellet classico che è al 22%. Il pellet di girasole è come quello classico, cioè composto da cilindretti. La loro misura oscilla tra i 10 e i 30 mm di lunghezza. Mentre il diametro va dai 6 ai 10 mm.

Inoltre hanno un valore calorifero netto intorno a 4.5 Kw/kg e un’umidità media di circa 8%. Una produzione di CO2 in fase di combustione pari a quella prodotta della decomposizione della materia base, pertanto pari allo zero. Anche l’odore non è sgradevole e una quantità di olio minima che impatta meno sulla caldaia e sull’impianto dei fumi.

Pellet di girasole, gli svantaggi

Gli svantaggi del pellet di girasole sono sostanzialmente tre. Il primo è la reperibilità. In Italia il pellet di girasole viene per lo più importato da altri Paesi. Questo purtroppo nel limita la disponibilità, infatti non è sempre molto facile reperirlo. La maggior parte della produzione di questo combustibile avviene in Russia meridionale, o alcuni Paesi dell’Est Europa coma la Bulgaria, l’Ungheria e l’Ucraina. Quest’ultima ha maggiore difficoltà in questi mesi a causa della guerra contro la Russia. Tuttavia la richiesta di questo prodotto sta aumentando, quindi senza dubbio anche la quantità disponibile sul mercato.

Altro svantaggio invece è nella quantità di ceneri residue che sono maggiori, soprattutto se bruciato in stufe per vecchie. Infatti il pellet di girasole necessita di impianti moderni, capaci di gestire l’alta produzione di ceneri. Quindi potrebbe essere necessario dover cambiare la stufa che si ha in casa.

Alcuni dei vantaggi di questo combustibile

Il prezzo conveniente è uno dei maggiori vantaggi. In media un sacco da 15 Kg di pellet di girasole costa € 4.20. E’ circa la metà del classico pellet. Ma si può comprare anche online, ci sono offerte anche per l’acquisto di grossi quantitativi. Inoltre le ceneri possono essere smaltite direttamente in casa. Questo perché rappresentano un ottimo fertilizzante organico per le piante. Quindi si risparmia sui costi di trasporto e di smaltimento delle ceneri dopo la combustione. Ed in più si avranno anche piante più rigogliose.

 

 

 

Tonno in scatola, le migliori marche secondo Altroconsumo

Il tonno in scatola è un prodotto molto consumato nelle tavole delle italiane. Ma qual’è il migliore? A rivelarlo è una ricerca fatta da Altroconsumo.

Tonno in scatola, piace molto agli italiani

Il tonno in scatola è un elemento molto amato dagli italiani. Si mangia ad insalata, come condimento di molte pietanze, sulla pasta, come semplice secondo con olio e limone. Insomma il tonno piace, crudo o cotto, si mangia. Basta andare al supermercato e nel reparto dedicato c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Al naturale, all’olio d’oliva ci sono tanti prodotti da scegliere a seconda delle proprie esigenze e dei propri gusti.

Ma l’attenzione a ciò che si mangia sta diventando sempre più importante. I consumatori stanno diventando esigenti e conoscere cosa si mette sotto i denti può fare la differenza. Anche conoscere il rapporto tra qualità prezzo è uno degli aspetti presi in considerazione da Altroconsumo che ha stilato una classifica. Del resto l’associazione fornisce molte di queste classifiche passando dal miglior caffè, alle stufe, le migliori offerte per le luce e gas e tanto altro.

Tonno in scatola, la classifica dei migliori secondo Altroconsumo

Qual’è il miglior tonno in scatola venduto nei supermercati italiani? Ecco come ha risposto Altroconcumo a questa domanda, le migliori 10 marche:

  • As Do Mar Tonno Trancio Intero – Voto 78 – Qualità Ottima – Migliore del Test – Prezzo medio 5,39 euro a confezione
  • As Do Mar Tonno all’Olio di Oliva – Voto 75 – Qualità Ottima – Prezzo medio 4,51 euro a confezione
  • Selex Tonno all’Olio di Oliva – Voto 73 – Qualità Ottima – Prezzo medio 2,55 euro a confezione
  • Callipo Tonno all’Olio di Oliva – Voto 71 – Qualità Ottima – Prezzo medio 4,10 euro a confezione
  • Fratelli Carli Tonno all’Olio di Oliva – Voto 70 – Qualità Ottima – Prezzo medio 3,40 euro a confezione
  • Rio Mare Tonno all’Olio di Oliva Pescato a Canna – Voto 69 – Qualità Buona – Prezzo medio 5,00 euro a confezione
  • Consorcio Tonno in Olio di Oliva – Voto 69 – Qualità Buona – Prezzo medio 7,40 euro a confezione
  • Conad Piacersi Tonno Leggero in una Goccia di Olio di Oliva – Voto 69 – Qualità Buona – Prezzo medio 3,71 euro a confezione
  • Nostromo Tonno all’Olio di Oliva – Voto 69 – Qualità Buona – Prezzo medio 3,20 euro a confezione
  • Angelo Parodi Trancio di Tonno in Olio di Oliva – Voto 68 – Qualità Buona – Prezzo medio 4,25 euro a confezione

Alcune considerazioni sulla classifica

I primi due posti sono occupati da As Do Mar. E’ la seconda azienda nel mercato italiano tra i produttori di conserve ittiche; prima per produzione di tonno ad intero. L’azienda nata negli anni 80 è diventata un’importante realtà con un fatturato che nel 2020 si è chiuso con oltre 160 milioni di euro, generati per la quasi totalità dalle vendite sul mercato italiano. Mangiare bene e a buon prezzo è una buona soluzione anche per la salute.

 

 

 

Opzione donna: cosa cambia dal 2023 per chi vuole andare in pensione

Il Governo Meloni ha confermato Opzione donna anche per il 2023, ma con modifiche rispetto al passato.

Gli scivoli pensionistici per il 2023

Opzione donna è l’anticipo pensionistico specifico per le donne che vogliono uscire prima dal mondo del lavoro. Insieme ad Ape Sociale e a Quota 103 rappresenta gli scivoli pensionistici utilizzabili per uscire prima dal mondo del lavoro rispetto alla Legge Fornero. Si tratta però di misure che vengono prorogate di anno in anno e che in tali proroghe possono subire delle modifiche. Come le altre due opzioni prevede dei requisiti, ma anche degli svantaggi, o meglio prevede una perdita netta sull’assegno pensionistico.

Nuovi requisiti anagrafici per Opzione donna

Mentre Ape Sociale ha ottenuto la proroga senza sostanziali modifiche, quindi potrà essere usata anche dai care giver che assistono disabili, non è così per Opzione Donna. Vediamo cosa cambia per chi vuole andare in pensione nel 2023 utilizzando Opzione donna. Attualmente prevede per le donne la possibilità di uscita dal lavoro avendo maturato 35 anni di contributi e con il requisito anagrafico di 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le lavoratrici autonome. In base alle prime indiscrezioni trapelate su Opzione donna 2023 cambia invece il requisito anagrafico e viene correlato al numero di figli della donna. In particolare potranno andare in pensione le donne a:

  • 58 anni se hanno due o più figli;
  • 59 anni se hanno 1 solo figlio;
  • 60 anni se non hanno figli.

Opzione donna 2023 è discriminatoria?

Naturalmente non sono mancate critiche a questo ritocco, sono in molti infatti a pensare che il criterio sia discriminatorio nei confronti delle donne che non hanno figli o che comunque hanno un solo figlio. La ratio di tale scelta dovrebbe essere nel fatto che spesso, a causa di un welfare insufficiente, le donne che hanno dei figli devono lasciare il lavoro. In seguito, quando ormai i piccoli sono pronti per la scuola materna (spesso per il nido trovare un posto non è semplice), le donne fanno fatica a rientrare nel mondo del lavoro. Questo porta uno scompenso alle donne che decidono di mettere su famiglia rispetto a chi invece non ne ha o ne ha uno solo.

In realtà se la ratio della norma fosse questa, la differenza di trattamento più che essere fatta sull’età pensionabile dovrebbe essere fatta sul requisito contributivo, infatti la donna con più figli fa fatica ad accumulare i contributi necessari per andare in pensione con Opzione Donna e non certo a compiere gli anni necessari.

Rivalutazione al 120% per queste pensioni, ecco l’annuncio della Meloni

La coperta è corta e quando ciò capita, cioè spesso, è necessario fare scelte impopolari, questa sembra essere la linea adottata dal Governo che di fatto ha scelto di porre dei limiti alla rivalutazione delle pensioni, in particolare sarà rivalutata al 120% la minima, mentre per le altre ci sono diverse soglie. Vediamole tutte.

Le rivalutazioni delle pensioni in base all’inflazione

Ogni anno dal primo gennaio, nel caso in cui si sia registrato un aumento del costo della vita, c’è l’adeguamento delle pensioni. L’adeguamento scatta il 1° gennaio in base all’inflazione rilevata dall’Istat nel mese di novembre. Questa nel 2022 si è fermata, per così dire, al 7,3%. È ormai noto che il 2022 è stato un anno particolarmente difficile per i prezzi e proprio per questo i pensionati già dal mese di ottobre hanno ricevuto un anticipo di aumento della pensione pari al 2%, mentre nel mese di gennaio riceveranno la rimanente parte. Con il decreto collegato alla bozza della manovra finanziaria, che deve ora passare al vaglio dell’Unione Europea e dopo essere approvata dal Parlamento, ci sono però state delle modifiche, infatti, non tutte le pensioni avranno lo stesso adeguamento, molto dipende dagli importi.

Rivalutazione al 120% delle pensioni minime: ecco gli importi

La prima notizia positiva riguarda i pensionati che percepiscono l’assegno minimo: le pensioni minime saranno rivalutate al 120% e non al 100%. Questo vuol dire che gli incrementi per questa categoria di persone saranno più importanti rispetto a quelli della generalità dei pensionati.

L’importo dell’assegno minimo attualmente è di 524,34 euro. Con la rivalutazione del 2% del mese di ottobre è arrivata a 534,30 euro, a questo si deve aggiungere il conguaglio 2022 pari allo 0,2% applicato a novembre che ha portato le pensioni minime a 535,86. Occorre però sottolineare che la rivalutazione del 7,3% di gennaio va a riassorbire l’anticipo del 2%

Per aiutare le famiglie più bisognose si è quindi optato per una rivalutazione sul 120% e non sul 100%. La rivalutazione al 120% ha come base il minimo di 524,34 euro, quindi la base di partenza su cui calcolare gli aumenti dovrebbe essere di 629,20 euro e l’aumento di 45,93 euro rispetto ai 38,35 euro di aumento nel caso di rivalutazione al 100%. Ora sommando tale aumento all’importo della minima si ottiene un importo finale di circa 571 euro mensili. Appare evidente che siamo lontani rispetto ai 1.000 euro promessi in campagna elettorale e la differenza tra la rivalutazione al 100% e al 120% non è altissima, viste le somme siamo anche lontani dalla cifra di quasi 600 euro ventilata in conferenza stampa.

La rivalutazione delle altre pensioni

Per quanto riguarda le pensioni differenti dalla minima la rivalutazione sarà al 100% per gli importi fino a 4 volte il trattamento minimo (2100 euro), negli altri casi la rivalutazione viene calcolata solo su una parte dell’assegno pensionistico. Le rivalutazioni oscillano dal 75% fino alla soglia di 5 volte il minimo, scendono poi al 50% e al 35% per gli importi pensionistici fino a 10 volte superiori al minimo.

Leggi anche: Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Taglio dell’Iva nella manovra finanziaria. Quanto si risparmia?

La manovra di bilancio porta il taglio dell’Iva su alcuni prodotti di largo consumo, ecco su quali prodotti il prezzo subirà una diminuzione per effetto della riduzione Iva dal 10% al 5% e in alcuni casi dal 22% al 5%.

Taglio dell’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia e tampon tax

L’Iva è una voce che incide in modo importante sul prezzo dei prodotti. Naturalmente l’importanza dipende dall’aliquota applicata, inizialmente si parlava di eliminare l’Iva sui beni di prima necessità come pane, pasta, farina, latte, cioè prodotti sui quali l’Iva si applica al 4%. Poi questa strada è stata abbandonata e si è passati a una riduzione dell’Iva al 5% su altri prodotti e in particolare su prodotti per l’infanzia e la più conosciuta tampon tax.

La tampon tax

Sulla tampon tax sono anni che si discute, non solo in Italia, ma in molti Paesi del mondo. Inizialmente l’Iva applicata agli assorbenti igienici femminili era del 22%, un importo secondo molti elevato considerato che le donne per un lungo arco della loro vita hanno bisogno di assorbenti mensilmente e non si tratta certo di un capriccio. Il governo Draghi, in seguito a pressioni varie, un anno fa ha portato l’Iva sugli assorbenti femminili dal 22% al 10%, ora si passa al 5%. In media un pacco di assorbenti costa 3 euro con una riduzione dell’Iva dal 10% al 5% il risparmio è di circa 15 centesimi per una confezione. Naturalmente stiamo parlando di prezzi medi ed esigenze diverse da donna a donna.

Secondo le stime de Il Sole 24 ore, in totale, cioè tra la riduzione iniziale dal 22% al 10% e questa ulteriore, il risparmio annuale per una donna dovrebbe essere circa di 13 euro.

Riduzione Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia. Quali beni sono coinvolti?

Non solo gli assorbenti, infatti viene ridotta al 5% anche l’Iva su prodotti per l’infanzia, qui però è necessario fare un passo indietro, infatti non è ancora stato reso noto l’elenco dei prodotti che effettivamente ne beneficeranno, per ora vi è certezza solo sui pannolini. In questo caso il risparmio è notevole.

Considerando che un bambino indossa pannolini almeno per i primi due anni di vita e che ogni giorno il numero di cambio minimo è di 3 al giorno, si può ottenere un buon risparmio economico. Questa misura può essere inserita tra quelle che intendono favorire le famiglie. Tra gli altri prodotti che dovrebbero essere interessati dal taglio dell’Iva ci sono biberon e si spera prodotti alimentari, come omogeneizzati e latte in polvere, ma si dovrà aspettare il decreto attuativo per conoscere tutti i dettagli.

Taglio dell’Iva sui beni di prima necessità sarà sostituito dalla social card

Per quanto riguarda invece l’iniziale ipotesi di eliminazione dell’Iva sui beni di prima necessità, il viceministro Maurizio Leo ha dichiarato che questa proposta è per ora accantonata. Si sta studiando una social card da consegnare alle famiglie con reddito inferiore a 15.000 euro e da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità presso negozi convenzionati. L’erogazione sarà gestita dai Comuni.

Come rilevato dallo stesso vice-ministro e da molti esperti del settore, il rischio vero quando si va ad operare sull’Iva è che rivenditori e produttori possano in un certo senso mangiare tale riduzione mantenendo inalterato il prezzo finale e andando a “trasformare” questa riduzione in un maggiore guadagno. Questo implica che i consumatori potrebbero neanche accorgersene delle riduzioni dell’Iva.