Proroga contratto di espansione al 2025 per le imprese in difficoltà

Nel decreto Milleproroghe 2022 è stata prevista la possibilità per le imprese che vogliono collocare i lavoratori in pensione di attivare il contratto di espansione fino al 2025.

Cos’è il contratto di espansione?

Il contratto di espansione è una misura di supporto alle imprese in difficoltà e mira a favorire il ricambio generazionale e l’innovazione. È stato inserito per la prima volta all’interno del Job Act, la prima formulazione era molto restrittiva, infatti potevano accedervi solo le imprese con un numero di dipendenti superiore a 1000. Nel tempo i requisiti sono cambiati e dal 2021 potevano accedere al contratto di espansione le aziende che occupavano fino a 100 unità.

L’articolo 9 comma 1 lettera a del decreto Milleproroghe lo proroga al 2025, non solo, infatti, conferma i requisiti aziendali previsti dalla manovra del 2022, ovvero la possibilità di accedere al contratto di espansione per le aziende con non meno di 50 unità di lavoratori. Questo vuol dire che anche per i prossimi anni potranno accedere al contratto di espansione anche le aziende di dimensione ridotta. Per il calcolo del requisito occupazionale occorre avere come punto di riferimento la media dei dipendenti dell’ultimo semestre. Per le aziende di nuova costituzione, invece, si ha come punto di riferimento la media degli occupati del periodo di effettiva attività.

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Cosa deve contenere il contratto di espansione?

Il contratto di espansione per poter essere valido deve rispettare requisiti minimi quindi deve prevedere:

  • un piano di accompagnamento alla pensione,
  • l’assunzione di nuovo personale;
  • piani di formazione per il personale che resta;
  • l’eventuale ricorso alla CIGS.

I dipendenti devono a loro volta ricadere in una determinata casistica:

  • devono essere a non più di 60 mesi dalla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia;
  • devono aver maturato il requisito minimo contributivo.

Naturalmente la sottoscrizione del contratto di espansione è frutto di accordo tra le parti, cioè l’azienda non può obbligare il dipendente ad accedervi. Oltre all’accordo tra il singolo lavoratore e l’azienda, vi deve essere anche un accordo stipulato con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative all’interno dell’azienda.

Il costo del contratto di espansione 2023 come è suddiviso?

Il contratto di espansione prevede che il costo dell’operazione sia suddiviso tra Stato e azienda, in particolare il lavoratore accede alla Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) a cui viene aggiunta un’indennità mensile a carico del datore di lavoro in modo che si raggiunga l’importo potenziale della pensione lorda in base ai contributi che il lavoratore ha effettivamente maturato. Terminato il periodo della Naspi, cioè massimo 24 mesi, l’importo deve essere corrisposto dall’azienda.

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La prestazione economica viene erogata dal mese successivo rispetto alla risoluzione del rapporto di lavoro. L’azienda è inoltre tenuta al versamento dei contributi previdenziali.

Come possono accedervi le aziende?

Le aziende che vogliono stipulare un contratto di espansione devono proporre istanza all’Inps, devono inoltre presentare una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Mensilmente devono provvedere a versare all’Inps i contributi previdenziali di cui sopra. Nel momento in cui l’azienda non versa i contributi, l’Inps non eroga le prestazioni a cui sarebbe tenuta.

Con il decreto Milleproroghe sono state previste ulteriori agevolazioni per le imprese che occupino mediamente almeno 500 dipendenti, in questo caso possono fruire della riduzione del contributo da versare per 36 mesi in vece di 24 mesi, devono però presentare un piano di ristrutturazione aziendale.

Trattamento integrativo Naspi 2023: a chi spetta?

Il governo Meloni ha confermato la possibilità di ricevere il trattamento integrativo ( ex bonus Renzi) anche sulla Naspi per il 2023. Naturalmente affinché si possa percepire questo importo è necessario che ci verifichino i requisiti previsti dalla normativa.

Trattamento integrativo Naspi 2023: sarà ancora erogato?

La Naspi è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e viene corrisposta a coloro che perdonbo il lavoro involontariamente. Si tratta di un sussidio di durata temporanea corrisposto in base a quanto percepito in costanza di lavoro.

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L’attuale disciplina del trattamenti integrativo Irpef sulla Naspi è frutta delle modifiche intervenute con la legge di bilancio 234/2021. Il trattamento integrativo Irpef spetta lavoratori dipendenti, disoccupati in Naspi e pensionati con Ape social, con un reddito complessivo annuale tra gli 8.150,00 euro e 15.000 euro. Per i redditi compresi tra i 15.000 e i 28.000 euro spetta solo in determinate situazioni e cioè tenendo in considerazione il reddito complessivo ai fini Irpef. L’intero trattamento integrativo spetta comunque solo ai redditi inferiori a 15.000 euro e in media ha valore di 100 euro, anche se per i mesi con 31 giorni sarà erogato un trattamento integrativo Naspi pari a 101,92 euro, mentre per i mesi con 30 giorni saranno corrisposti 98,63 euro.

È necessario richiedere il trattamento integrativo Naspi 2023?

Il trattamento integrativo sulla Naspi  2023 viene riconosciuto senza bisogno di presentare alcuna domanda, ma in modo automatico, tenendo in considerazione i redditi presunti nel 2023. Nel caso in cui nel corso dell’anno la situazione reddituale dovesse cambiare è probabile che al momento di effettuare il conguaglio ci sarà la necessità di restituire le somme indebitamente percepite.

Ecobonus casa 2023, tutte le novità e quello che è stato eliminato

Ecobonus casa 2023 è l’insieme di tutte le misure che permettono un miglioramento energetico del proprio immobile. Ecco quali sono le novità e cosa è stato eliminato.

Ecobonus casa 2023, l’iva sulla casa green

La prima grande novità che porta con se l’anno nuovo in merito agli ecobonus casa 2023 riguarda il bonus acqusito casa green. Si tratta di un emendamento del Governo rivolto all’acquisto di nuovi immobili che sono costruiti in classe A e B. In tali classi energetiche rientrano gli immobili dotati di cappotto termico e fonti energetiche rinnovabili o quelli dotati di pannelli isolanti. Ebbene è previsto uno sconto del 50% dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto da portare in detrazione ai fini Irpef in 10 anni.

Dunque lo sconto del 50% sarebbe per gli acquisti di nuova costruzione, da impresa costruttrice, e l’iva che si verrebbe a pagare sarebbe ridotta del 50%. Mentre lo sconto non è previsto per la compravendita immobiliare tra privati, anche perché in questo caso non si applica l’imposta sul valore aggiunto.

Ecobonus casa 2023, il superbonus 90%

In merito alla casa resiste il superbonus ma nella sua versione al 90%. Inoltre sono introdotte delle regole che danno la stretta alla platea di coloro che vogliono accedere al contributo. In particolare per le opere edilizie attivate dal primo gennaio 2023, la detrazione del 90% sarà assegnata solo per le spese effettuate entro il 31 dicembre 2023. Non sono devono esserci altre due condizioni:

  • l’immobile deve essere utilizzato come abitazione principale;
  • il contribuente non abbia un reddito superiore a 15 mila euro. 

Infine i proprietari di unità singole, come le villette o le case indipendenti che hanno completato almeno il 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022 potranno beneficare ancora del massimo contributo al 110%. Ma tutti i lavori devono essere completati entro il 31 marzo 2023. Per le villette in cui non si rispetta il limite del reddito, la percentuale scende all’85%.

Altre misure per la casa

Tra le misure per la casa sono rimaste in vigore il bonus al 50% per gli impianti fotovoltaici e i sistemi di accumulo. Si possono detrarre dalla dichiarazione dei redditi nella percentuale del 50% le spese sostenute fino al 31/12/2024 per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, fino ad un massimo di 96.000 euro di spesa. La detrazione viene spalmata in 10 anni tramite dieci rate annuali di uguale importo.

Mentre per il solare termico, le caldaie a pompa di calore la percentuale è pari al 65%. Tra questi interventi rientrano l’acquisto, installazione e messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda, di climatizzazione delle unità abitative.

Addio al bonus facciate

Si è detto addio al bonus facciate.  L’agevolazione fiscale, non più prorogata dopo il 31/12/2022, consiste in una detrazione dall’imposta lorda (Irpef o Ires) ed è concessa quando si eseguono interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, anche strumentali.

Bonus energia 2023, ecco tutti i possibili beneficiari

Il  bonus energia 2023 sarà richiedibile dalle imprese che stanno facendo i conti con il caro energia. Ecco chi potrà richiederlo e le modalità.

Bonus energia 2023, il comunicato di Confcommercio

Il bonus energia è un valido aiuto per le imprese che da mesi lottano per restare a galla a causa delle bollette che hanno dei costi esorbitanti. A sostegno delle attività arriva la Confcommercio con un comunicato ben accolto dagli imprenditori. Infatti la Confcommercio della Regione Sicilia interviene con una misura volta a sostenere tutte le imprese operanti nel territorio regionale per la mitigazione del maggior costo energetico.

L’aiuto è calcolato nella misura percentuale del 30% sull’aumento (rispetto alle tariffe 2021) del costo energetico (gas o elettrico o entrambi) riferito al periodo dal 1° febbraio 2022 alla data dell’ultima fattura di fornitura disponibile. Il consumo di energia può riferirsi fino ad un massimo di tre unità operative in Sicilia. L’aiuto sarà concesso unicamente alle imprese che hanno registrato un aumento minimo di € 5.000,00. L’importo massimo di aiuto concedibile ammonta ad € 20.000,00 per impresa.

Chi sono i soggetti beneficiari?

I soggetti beneficiari sono le attività economiche con le seguenti caratteristiche:

  • con determinati codici ATECO;
  • con unità operativa in Sicilia almeno a partire dal 01/02/2021;
  • DURC in regola.

Il Durc è il documento unico che attesta la regolarità contributiva dei pagamenti agli enti INPS, INAIL e Cassa edile. Infine tale documento serve anche contro il lavoro nero e le irregolarità assicurative e contributive. Altre informazioni in merito al bonus energia sono consultabili sul sito: https://www.regione.sicilia.it/la-regione-informa/avviso-pubblico-bonus-energia-sicilia

Come presentare la domanda al bonus energia 2023

Le domande possono essere presentata a partire dalle ore 12 del 14/12/2023. Tuttavia c’è circa un mese per la presentazione delle stesse e cioè il 14/03/2023. Infine tutte le domande di agevolazione devono contenere il pagamento di una marca da bollo da 16 euro. Un importante aiuto per le imprese siciliane che, come tutte quelle mondiali, risentono dell’aumento dei costi dovuti alla guerra tra Russia ed Ucraina e l’aumento in generale del prezzo di tutte le risorse energetiche, sia elettriche che gas. Anche se la Regione sta puntando sempre più ad un piano che preveda l’utilizzo del fotovoltaico, come maggiore fonte rinnovabile.

Anche il Governo ha dimostrato un interesse in tal senso dichiarandosi pronto ad investire proprio nel sud Italia. E soprattuto proprio nel settore fotovoltaico visto la presenza del sole praticamente tutto l’anno. Infatti già negli ultimi mesi nella Silicon Valley catanese c’è fermento di attività operanti nel settore e in quelli che possiamo definire “annessi”. Vedremo se questi buoni propositi si trasformeranno in soluzioni di crescita economica nei prossimi anni.

Modello Red: cos’è, chi deve presentarlo e i termini da rispettare

I pensionati che usufruiscono di prestazioni previdenziali e assistenziali correlate al reddito devono annualmente presentare il modello Red. Ecco i termini da rispettare per l’anno 2023.

Chi deve presentare il modello Red

Il modello Red e un modello dichiarativo di redditi, si tratta però di redditi particolari, generalmente non dichiarati in altri modelli. Deve essere presentato entro il 28 febbraio 2023 da pensionati:

  • presentano il modello 730 o il modello Persone Fisiche ma possiedono anche altri redditi che non vanno indicati in dichiarazione;
  • presentano il modello redditi 730 o Persone Fisiche e sono titolari di pensioni estere o redditi da lavoro autonomo;
  • persone che non hanno fatto la dichiarazione dei redditi.

In particolare in base alle precisazioni fornite dall’Inps, devono presentare il modello Red:

  • tutti i pensionati che nell’anno di verifica hanno avuto delle variazioni reddituali percependo redditi ulteriori rispetto a quelli da pensione;
  • persone titolari di prestazioni previdenziali e assistenziali correlate al reddito che nell’anno di verifica hanno percepito redditi che non devono essere dichiarati nei modelli generalmente predisposti, ad esempio redditi da lavoro autonomo prestato all’estero, interessi bancari, postali, da BOT o altri titoli di Stato, proventi di quote di investimento, redditi sottoposti a ritenuta d’acconto. Insomma trattasi di redditi che vengono tassati separatamente e che quindi possono non essere dichiarati, che di fatto vanno ad incidere sulla misura di prestazioni previdenziali o sul diritto a percepire queste prestazioni;
  • devono presentare il modello Red anche soggetti che non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi e che percepiscono un reddito ulteriore, ad esempio da abitazione;
  • Infine, l’Inps ha precisato che devono presentare la dichiarazione Red i titolari di tipologie di redditi che devono essere dichiarati in maniera diversa ai fini fiscali, ad esempio redditi derivanti da collaborazione coordinata e continuativa.

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Come presentare il modello Red

Attualmente sono attive due campagne per il modello Red, la prima ordinaria ed è relativa a coloro che nel 2021 hanno ricevuto tali prestazioni.

La seconda campagna è definita “solleciti” ed è riservata a coloro che nel corso del 2021 non hanno provveduto alla comunicazione ordinaria relativa al 2020 e quindi hanno ricevuto un sollecito da parte dell’Inps.

La presentazione può avvenire da parte del pensionato utilizzando il sito Inps e accedendo con:

  • codice Spid;
  • Carta di identità digitale;
  • CNS.

Occorre seguire il percorso “Prestazioni e servizi” e selezionare la voce “Dichiarazione Reddituale – RED Semplificato” (per la dichiarazione RED).

In alternativa è possibile presentare il modello attraverso il Contact Center Inps utilizzando i numeri:

  • 803 164 da rete fissa e gratuito;
  • 06 164 164 da rete mobile e con tariffa del proprio operatore.

Infine è sempre possibile rivolgersi a Caf e patronati.

Arriva la Rem, è ora di dire addio per sempre alla pec?

Arriva la Rem uno strumento avanzato e con maggiori garanzie europee rispetto alla Pec. Ecco le sue caratteristiche e come funzionerà.

Arriva la Rem, di cosa si tratta?

Novità per l’agenda digitale del nostro Paese. Infatti arriva la REM (Registered Electronic Mail) la “Pec Europea” che include la nuova normativa europea. Come noto, la posta elettronica certificata PEC, è un tipo particolare di posta elettronica che permette di mandare un messaggio di posta elettronica, ma che ha il valore di raccomandata. Per questo motivo è dotata di avviso di consegna e di ricezione che rappresenta la prova dell’invio e della consegna del messaggio.

Ormai la Pec ha fatto il suo ingresso una ventina di anni fa, e piano piano tutte le attività, aziende e professionisti sono stati obbligati a dotarsene. Tanto che adesso molte comunicazioni, anche quelle con la pubblica amministrazione, avvengono tramite questo mezzo. Rapido, sicuro e veloce è ormai diventato molto in uso. Talmente importante se un’impresa economica non la tiene, rischia fino a due mila euro di sanzione.

Arriva la Rem, ecco come supera i limiti della pec

Ad oggi però la pec sta per essere superata. Ma il lavoro svolto per la pec non deve essere messo da parte. Anzi è davvero importante per il nuovo passaggio verso la Rem. Anche se ad oggi non esiste fissata una data per la migrazione da Pec a Rem. Tuttavia la Rem supera il limite territoriale subito dalla pec. Infatti la pec aveva “valore” solo all’interno dello stato italiano. Mentre con la Rem si può anche scambiare mail all’interno dei Paesi dell’Unione Europea.

Questo permette quindi di proteggere gli utenti anche a livello europeo. Soprattutto da tutti quegli attacchi hacker o violazioni informatiche che possono capitare. Ma la Rem e i suoi protocolli sembrano propri determinati a offrire una maggiore sicurezza delle comunicazioni ufficiali e con la valenza legale tra i cittadini europei.

Cosa cambia per l’utente finale?

Sembra che per gli utenti non ci siano grossi cambiamenti da affrontare. Inoltre l’interfaccia di utilizzo della posta elettronica certificata dovrebbe rimanere lo stesso. Ma quello a cambiare è il formato delle ricevute e la loro conservazione. Anche se un problema da gestire potrebbe essere quello della interconnessione tra i sistemi di protocollo della pubblica amministrazione, i fornitori e i clienti che si trovano in diversa stati Europei.

L’accesso al sistema richiede un doppio fattore di autenticazione per conformità con le norme comunitarie, ma questo vincolo è sempre più necessario per una adeguata sicurezza del sistema. Ma del resto la Rem deve proprio risolvere questo tipo di problemi e migliorare le comunicazioni all’interno dell’Unione Europea.

 

 

Carburanti, ritornano gli sconti? Ecco quando. Indagini sui prezzi

Ha destato scalpore e malcontento la decisione del governo Meloni di non confermare il taglio delle accise sui carburanti dal 1° gennaio 2023. I prezzi sono aumentati subito, ma a calmare il malcontento c’è l’annuncio di probabili nuovi tagli che dovrebbero arrivare presto.

Taglio delle accise sui carburanti a marzo? Ecco cosa potrebbe accadere

In base a quanto emerge dalle indiscrezioni trapelate da esponenti del centro destra e riportati in un articolo di Affari Italiani, sembra che il Governo stia studiando una soluzione per calmierare il prezzo dei carburanti. In particolare viene sottolineato che tutti gli interventi sulle accise messi in atto dal mese di marzo 2022 fino al 31 dicembre 2022 sono stati frutto di scelte straordinarie e confermate periodicamente. Ciò è dovuto al fatto che per poter operare tale taglio è necessario avere coperture finanziarie.

Con la riduzione dei prezzi dei carburanti è venuto meno l’extragettito fiscale che aveva permesso quei tagli, proprio per questo motivo al 1° gennaio  2023 è stato impossibile il rinnovo. Le fonti vicine al centro-destra però sottolineano che nei prossimi mesi dovrebbe crearsi un nuovo gruzzoletto derivante dai saldi che dovrebbero far ripartire il commercio. Di conseguenza si sta pensando a un nuovo taglio, ma ridotto a 10 centesimi a partire dal mese di marzo e confermato per circa 2-3 mesi. Naturalmente molto dipende anche dall’andamento dei prezzi dei carburanti.

Codacons: allarme prezzi carburanti. Avviare un’indagine sulle speculazioni delel società petrolifere

Fatto sta che dal 1° gennaio 2023 gli automobilisti hanno visto i prezzi aumentare e la benzina al self service costa oltre 1,80 euro al litro, il diesel ha raggiunto 1,90 euro al litro. Il servito sfiora i 2 euro al litro. Nel frattempo nella discussione sulla mancata conferma del taglio delle accise è intervenuta anche l’associazione dei consumatori Codacons che ha sottolineato che eventuali aumenti ulteriori dei prezzi dei carburanti sono esclusivamente speculazioni dei distributori.

Di conseguenza sono pronti a presentare un esposto alla Guardia di Finanza e alle Procure della Repubblica in caso di ulteriori aumenti. Il presidente Codacons, Carlo Rienzi, sottolinea che tali aumenti sono ingiustificati in quanto le quotazioni internazionali del petrolio sono al ribasso e quindi non giustificano l’andamento dei prezzi alla pompa.

La Codacons chiede quindi l’apertura di un’indagine per aggiotaggio con sequestro delle bolle di acquisto dei carburanti da parte delle società petrolifere. Secondo i calcoli effettuati, l’eliminazione del taglio delle accise se confermato per tutto l’anno dovrebbe portare per le famiglie italiane un maggiore esborso pari a 366 euro.

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Incentivi auto ecologiche 2023: la piattaforma apre il 10 gennaio

Inflazione in calo, la notizia che tutti stavano aspettando

Iva sul pellet: ridotta al 10% dal 1° gennaio, ma fino a quando?

La legge di bilancio 2023 prevede la riduzione dell’Iva sul pellet, ma purtroppo non si tratta di una misura strutturale. Ecco cosa dice la legge di bilancio 2023.

Iva sul pellet: sospiro di sollievo per i consumatori

Il pellet è uno dei combustibili maggiormente apprezzati dagli italiani, abbiamo però scarsa produzione e questo obbliga ad importare i prodotti. Negli ultimi tempi il pellet è andato incontro a forti rincari e questo ha determinato anche un aumento dell’Iva da versare che viene calcolata sul prezzo finale. Il pellet nella vendita prestagionale (agosto/settembre 2022) costava in media 10 euro al sacchetto, nelle ultime settimane ha abbondantemente superato la quota 12 euro al sacchetto. Naturalmente i prezzi possono leggermente variare in base alla qualità, al marchio e alle politiche aziendali. Chi non ha spazio per fare scorte ha scontato i maggiori rincari.

Si è quindi generato un extra-gettito fiscale per lo Stato, ma per i contribuenti si è creato anche un esborso particolarmente importante. Proprio per questo motivo all’ultimo momento nella legge di bilancio è stato inserito l’emendamento che prevede la riduzione dell’Iva sul pellet dal 22% al 10%. A determinare questa modifica è il comma 73, dell’articolo 1 della legge di bilancio 2023 che recita: In deroga al numero 98) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per l’anno 2023 i pellet di cui al medesimo numero 98) sono soggetti all’imposta sul valore aggiunto con l’aliquota del 10 per cento.

Fino a quando l’Iva sul pellet sarà ridotta al 10%?

Si tratta però di una buona notizia solo a metà. Chi nel tentativo di risparmiare ha fatto scorta di pellet per tutto l’inverno non potrà ottenere vantaggi dalla riduzione dell’Iva sul pellet, mentre per tutti c’è la brutta notizia che questo particolare sconto potrà essere applicato solo per il 2023, non si tratta quindi di una misura strutturale, come molti auspicavano, quindi con molta probabilità il pellet dal 2024 ricomincerà ad avere l’Iva al 22%, percentuale che incide in modo davvero apprezzabile sul prezzo finale. Chi acquista il pre-stagionale ad agosto/settembre facendo scorte potrà sicuramente avere un buon vantaggio.

Questa scelta è un po’ fuori rispetto alle aspettative perché l’Italia all’interno dell’Unione Europea è uno dei Paesi con aliquota Iva sul pellet più alta. Anche prendendo come punto di riferimento la tassazione Iva alla legna da riscaldamento l’effetto è simile, infatti questa sconta un’aliquota minore. Inoltre in Italia fino al 2015 l’Iva sul pellet era già al 10% e in questo caso si trattava di un’aliquota strutturale non straordinaria applicata per breve periodo. Proprio per questi motivi sono in tanti a sperare che la scelta del Governo possa essere rivista entro l’anno in modo da rendere l’aliquota al 10% fissa.

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A ciò deve essere aggiunto che non è detto che gli effetti si possano vedere a breve sugli scaffali, infatti i venditori potrebbero anche decidere di aumentare il loro guadagno a scapito dei consumatori soprattutto nel caso in cui abbiano scorte in magazzino derivanti da ordini del 2022. Vedremo nei prossimi giorni quali effetti si verificheranno.

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Gas in discesa, potremmo dire addio al salasso per le famiglie?

Gas in discesa è una bella notizia per famiglie ed imprese. Ma basta per scongiurare il tanto paventato salasso previsto per il 2023, alcune riflessioni.

Gas in discesa, continua a scendere il suo prezzo

Il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam sembra abbia preso a scendere. Ad oggi il prezzo è pari a 65 euro per kwh, un costo che non si registra da prima della pandemia e della Guerra tra Russia ed Ucraina. Ma allora ci si chiede perché Arera ha annunciato degli aumenti nei prossimi mesi? Invece sembra che a gennaio le bollette potrebbero scendere del 30%, sempre se non arriva un freddo polare che può sbaragliare tutte le più rosee previsioni.

Ad oggi gli stoccaggi di gas sono pari all’84%, mentre lo scorso anno nello stesso periodo pari al 68%. Quindi vuol dire che sembra avere abbastanza scorte per affrontare l’inverno ed il fabbisogno italiano. Insomma si parla di due mesi di copertura in più e anche di poter aiutare l’organizzazione estiva del riempimento dei serbatoi.

I fattori che stanno incidendo

Per le famiglie uno dei fattori di notevole aiuto sono le temperature miti di questi giorni. Con un clima, certamente non da inverno rigide, le famiglie scelgono di non accendere le caldaie e di risparmiare sulla bolletta. E sicuramente questo fa registrare una domanda minore di gas ed un risparmio per il portafogli.

L’Arera intanto ha chiarito anche che come previsto dalla Legge Bilancio, per il primo trimestre 2023 ha già azzerato gli oneri generali di sistema anche per il gas.  Ma tra gli altri fattori ci sono anche il calo dei consumi industriali, l’importazione di gas liquefatto, la sempre maggiore attenzione alle fonti rinnovabili hanno preservato le scorte. Infine funziona anche la strategia del risparmio, aver abbassato di un grado ed aver definito le temperature dei riscaldamenti per singole Regioni, sta dando i suoi frutti. E anche fa ben sperare verso una coscienza più responsabile del Paese.

Cosa c’è da aspettarci sulle bollette?

Tutti questi fattori dovrebbero portare ad una riduzione della bolletta del gas, già dai primi di febbraio. Anche perché sembra che il calcolo mensile delle tariffe su cui stabile le bollette stia funzionando. E l’impatto della riduzione potrebbe essere quindi immediato e positivo sul cliente, rispetto al vecchio sistema trimestrale. Bollette in discesa anche per la luce, pur mantenendo i bonus sociali.

Per gli italiani che sono sul mercato tutelato il Governo ha posticipato di un anno la sua fine dello stesso, quindi al primo gennaio 2024. Secondo stime recenti sono circa 7,3 milioni gli italiani sotto il regime tutelato. Mentre sono quasi il doppio quelli che hanno scelto il mercato libero, circa 13 milioni. Ma per tutti potrebbe arrivare un inizio anno più sereno.

 

 

 

 

 

Contratto di locazione scaduto, come e quando si deve rinnovare?

Il contratto di locazione scaduto può essere rinnovato, o prorogato. Ecco la differenza tra le due operazioni e quando devono essere svolte.

Contratto di locazione scaduto, cosa si deve fare?

Il contratto di locazione ha una durata che viene indicata all’interno dello stesso contratto. Qualora le parti decidono di proseguire possono prorogarlo. La proroga è il prolungamento della durata del contratto per un periodo ulteriore che deve essere obbligatoriamente comunicata all’Agenzia delle entrate.

Al pari della prima registrazione si calcola di 2% del canone annuo che può essere versato in unica soluzione o annualmente. Inoltre l’imposta di versa entro 30 giorni dalla scadenza del contratto attraverso:

  • l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia delle entrate e richiesta di addebito dell’importo su conto corrente;
  • con modello F24 elide (Elementi identificativi) con il tributo 1504.

Tuttavia si ricorda che in caso di contratti pluriennali, oggi anno occorre fare il rinnovo attraverso il pagamento l’imposta di registro può essere anche annualmente. Il versamento può essere effettuato:

  • utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia (software RLI o RLI-web) tramite richiesta di addebito su conto corrente
  • con il modello F24 Elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1501.

L’imposta di registro non si applica nel caso in cui le parti decidano di sottoscrivere un contratto in regime di cedolare secca. 

Contratto di locazione scaduto, cosa si intende?

A volte si utilizza la parola “scaduto” per definire un contratto che ha finito la sua durata, oppure per contratti pluriennali che hanno solo bisogno di essere rinnovati con il pagamento dell’imposta di registro. Vediamo un caso specifico di errore comune.

La Signora V. ha sottoscritto a gennaio 2021 un contratto di locazione con di durata 4+4 per un immobile che le piaceva tantissimo. Al momento della sottoscrizione ha regolarmente registrato il suo accordo presso l’Agenzia delle entrate, pagando il 2% del suo canone annuo per tutto il 2021. Affitto mensile 500 euro. Il suo contratto scadrà nel 2005, ma poi essere rinnovato con modo tacito. A questo punto ci chiede cosa deve pagare a gennaio, visto che il suo contratto è scaduto a dicembre?. E perché deve ripagare 120 euro all’anno divise con il suo proprietario?”.

Rassicuriamo che il contratto della Signora V, non è scaduto per nulla, ma lo farà nel 2025. Ma la tassa che ha pagato nel 2021 è solo l’imposta al 2% del canone annuo che deve essere versata con modello F24 elide tutti gli anni. Il calcolo è molto semplice 500 euro di affitto moltiplicati per 12 mesi, dà un importo di 6000 euro. A tale somma si calcola il 2% del canone annuo, da cui si ottiene 120 euro. E’ il valore dell’imposta annua del contratto della Signora V, che deve pare diviso a metà tra il proprietario, cioè 60 euro ciascuno. Si paga con ModelloF24 elide e causale 1501 come annualità successiva alla prima registrazione.

Cosa occorre fare nel 2025?

Ebbene il contratto della Signora V. scadrà nel 2025. Sei mesi prima può decidere il recesso del contratto, comunicandone disdetta attraverso una raccomandata, oppure prorogarlo per altri 4 anni come prevede la normativa sulle locazioni. Nel caso specifico, le parti possono prorogare di altri 4 anni, e la nuova scadenza sarà nel 2029. Ma occorrerà sempre dare comunicazione all’Agenzia delle entrate, attraverso il modulo RLI. Il modello Rli denominato Registrazione Locazioni Immobili (RLI) serve per richiedere all’Agenzia delle entrate la registrazione dei contratti di locazione ed affitti di immobili. Ma il modulo serve anche per comunicarne eventuali proroghe, risoluzioni, cessioni o subentri. La tassazione annuale dell’imposta rimarrà sempre al 2% del canone annuo.