Colf e badanti, arriva la stangata per la messa in regola

Colf e badanti sono un valido aiuto per le famiglie. Ma la stangata per le famiglie che le assumono è dietro l’angolo, e vi spieghiamo il perché.

Colf e badanti, attenzione al 18 gennaio 2023

Colf e badanti sono oggi un valido aiuto per le famiglie che hanno in caso qualche persona anziana o con disabilità. Il loro lavoro è molto prezioso, ma sono dei lavoratori pertanto hanno diritto al rispetto di tutte le norme di tutela e di salario previste dal nostro ordinamento. Però sono anche un costo per coloro che le assumono e una stangata potrebbe arrivare al partire dal 18 gennaio 2023.

A partire a questa data scatterà l’adeguamento degli stipendi con molta probabilità del 9,2% delle retribuzioni minime previste per i lavoratori del settore. Un incremento molto consistente, visto che lo scorso anno l’incremento era stato solo del 2,8%. Un valore cresciuto anche a causa dell’impennata dell’inflazione che quindi renderà i contratti di lavoro per i domestici molto più onerosi.

Colf e badanti, a quanto ammontano gli aumenti?

A conti fatti gli aumenti dovrebbero essere di circa 120 euro al mese per un lavoratore medio. Secondo i dati forniti dall‘Istat una collaboratrice domestica con uno stipendio medio pari a 926 euro al mese ed un lavoro di trenta ore settimanali porterebbe a casa un bell’aumento. Infatti a partire dal 2023 il suo stipendio passerebbe a 1.012 euro mensili. Un bel salasso per chi non può fare a meno di avere qualcuno in casa che possa offrire il suo lavoro quotidiano.

Le associazioni di categoria dei datori di lavoro avvertono che con questi adeguamenti le famiglie potrebbero evitare di mettere in regola il personale. Quindi un ritorno vero il “lavoro in nero“, con un evidente passo indietro per tutti i lavoratori della categoria. Inoltre le associazioni propongono di defiscalizzare il lavoro domestico. Una situazione già di per se difficile, visto che ad oggi sono circa 2 milioni gli irregolari nel nostro Paese. Mentre solo il 41% sarebbe messo in regola.

Aumentano anche i contributi previdenziali

Aumenteranno anche i contributi previdenziali mensili dell’8,4%, passando da 107,90 a 117 euro, per un costo totale annuo che da 14.236 diventa di 15.544 euro. Gli aumenti saranno compensati solo in parte dagli aumenti delle pensioni che recupereranno il 7,3% solo nel caso di assegni fino a quattro volte il minimo e dal rinnovo dei contratti collettivi scaduti di altri comparti, ove venissero rinnovati nel corso del 2023. Non resta quindi che capire quale sarà la decisione presa dal prossimo vertice previsto per il 16 gennaio tra le associazioni di categoria dei lavoratori e dei datori di lavoro.

 

 

Bonus benzina prorogato e obbligo di esporre il valore medio

Bonus benzina prorogato e obbligo di esporre il valore medio al distributore, sono le novità del nuovo Decreto Trasparenza, ecco cosa contiene.

Bonus benzina prorogato, ma senza taglio delle accise

Il vertice sulla benzina ha fatto si che il Governo prendesse delle scelte in merito al prezzo della benzina. Ma è chiaro che non ci sarà nessun intervento sulle accise. Quindi il taglio sulle accise non sarà prorogato, anche perché in questi mesi sembra essere costato circa un miliardo al mese sulle casse dello Stato. Troppo oneroso continuare su questa strada.

Il Capo del Governo, Giorgia Meloni, in un lungo video sui social spiega il motivo della sua scelta che detto essere di “Giustizia sociale“. Questo perché i soldi risparmiati saranno destinati a calmierare il costo delle bollette di gas e luce. Ma anche aiutare chi si trova in difficoltà economica. Secondo la premier il taglio delle accise aiuta tutti in modo indiscriminato, mentre in questo momento c’è bisogno di misure mirate ad aiutare chi sta peggio.

Bonus benzina prorogato per i lavoratori

Nel decreto trasparenza è previsto il rinnovo per il primo trimestre del 2023 dei buoni benzina destinati all’acquisto di carburante e ceduti a titolo gratuito dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti. Il valore massimo per ogni lavoratore è pari a 200 euro. Inoltre tale agevolazione è cumulabile all’esenzione dal reddito di lavoro per i beni ceduti e i servizi prestati come i buoni acquisto.

Tuttavia proprio in questo momento il prezzo della benzina sembra essere in discesa. Secondo l’elaborazione dei prezzi comunicati dai gestori all’Osservatorio del Mimit su circa 15mila impianti, la benzina self service si attesta a 1,820 euro al litro e il gasolio a 1,876 euro. La verde servita è a 1,961 euro al litro e il gasolio a 2,016 euro. In autostrada la benzina in self viaggia a 1,909 euro al litro (servito 2,165) e il gasolio a 1,959 euro al litro (servito 2,215).

Maggiori controlli e prezzo medio esposto

Il Governo ha anche deciso di potenziare i controlli sui rifornimenti e bloccare le speculazioni sui listini. Il monitoraggio deve essere svolto in maniera giornaliero e non più settimanale. Inoltre arriva l’obbligo per il gestore di esporre con evidenza, oltre il prezzo praticato, anche il prezzo medio pubblicato quotidianamente del Ministero delle imprese. Questo potrebbe aiutare il guidatore a capire se gli conviene o meno rifornirsi proprio in quel posto, piuttosto che un altro.

Qualora non si rispettano queste regole sono previste sanzioni che possono portare alla chiusura dei distributore da 7 a 90 giorni. Sarà inoltre irrobustita la collaborazione con la Guardia di finanza per garantire più controlli e verrà istituita una Commissione di allerta rapida sui prezzi, all’interno dell’Antitrust.

Bonus reddito energetico: cos’è, a chi spetta e come ottenerlo

Uno degli obiettivi del Pnrr è la transizione ecologica che vede il suo principale perno nell’efficientamento energetico e nella realizzazione di sistemi di produzione di energia elettrica che rendano le abitazioni autonome. Naturalmente gli impianti di autoproduzione, come il fotovoltaico oppure il mini-eolico hanno un costo e non tutte le famiglie sono in grado di sostenerlo, per aiutare le famiglie nasce quindi il reddito energetico, cioè un particolare contributo a fondo perduto.

Reddito energetico: cos’ è e a quanto ammonta?

Il reddito energetico è un incentivo il cui importo varia da 6.000 e 8.500 euro, l’obiettivo di questa misura è duplice, da un lato aiutare le famiglie bisognose a installare sistemi che consentano di ridurre i consumi energetici e di conseguenza le bollette, da un altro lato mira a ridurre l’inquinamento ambientale attraverso l’uso di fonti rinnovabili a zero emissioni.

Il bonus può essere sfruttato per:

  • l’installazione di impianti fotovoltaici di potenza non inferiore a 1,8 kW e in grado di produrre almeno 1.200 kwh;
  • installazione di impianti solari termici;
  • impianti microeolici;
  • installazione sistemi di accumulo.

Il 20% dell’importo può essere utilizzato per l’installazione di sistemi per la produzione di acqua calda, ma gli stessi devono comunque essere necessariamente abbinati a sistemi di produzione di energia elettrica. L’importo massimo di 8.500 euro può essere erogato nel caso in cui i beneficiari siano dei condomini.

Chi può richiedere il bonus reddito energetico?

La disciplina prevede la possibilità di ottenere questa particolare agevolazione nel caso in cui il richiedente abbia un reddito Isee inferiore a 20.000 euro.

Possono beneficiare della misura i proprietari degli immobili e gli usufruttuari.

I bandi per il reddito energetico sono di tipo regionale/comunale, sono quindi le regioni e i comuni ad istituire i fondi, i soggetti interessati devono quindi presentare istanza e si procederà alla redazione di una graduatoria. Gli ammessi al beneficio devono stipulare un contratto con GSE per lo “scambio sul posto” di energia prodotta dagli impianti. Gli utenti che realizzano impianti (fotovoltaico e mini-eolico) per l’autoproduzione di energia devono però impegnarsi a cedere alla regione i crediti maturati verso il GSE. La regione a sua volta può investire le risorse in nuovi bandi per il reddito energetico.

Attualmente le regioni che hanno curato i bandi per il reddito energetico sono Sardegna e Puglia, ma a breve vi dovrebbe essere un incremento.

Il beneficio del reddito energetico non può essere cumulato con altre agevolazioni sullo stesso sistema di efficientamento. In poche parole chi sfrutta altre agevolazioni per la realizzazione di un impianto fotovoltaico non può ottenere il reddito energetico.

Leggi anche: Bonus sistemi di accumulo fonti rinnovabili: quando presentare la domanda

Carta risparmio per la spesa, ecco come richiederla

La carta risparmio per la spesa è un degli strumenti a sostegno delle famiglie per combattere l’inflazione. Come si richiede e cosa si può comprare?

Carta risparmio per la spesa, che cos’è?

L’inflazione, le bollette fuori controllo e la situazione economica difficile stanno generando sempre più nuovi poveri. La scelta del Governo Meloni è quella di puntare ad aiutare chi ne ha davvero bisogno, soprattutto coloro che non hanno un reddito o non basta per via del numero dei figli. Quindi la legge di bilancio 2023 ha introdotto la carta risparmio per la spesa. Un sussidio per coloro che hanno bisogno per sfamare se e la propria famiglia.

Si tratta più che altro di “buoni spesa” da utilizzare presso i punti vendita che aderiscono all’iniziativa con un ulteriore proposta di consto su un paniere di prodotti alimentari. Alla cara risparmio è stato dedicato un fondo pari a 500 milioni. Infine si ricorda che il Governo ha ridotto al 5% l’Iva sui prodotti per l’igiene femminile e sui prodotti per l’infanzia.

Carta risparmio dove si richiede?

Ancora non siamo in fase di attuazione, ma possiamo già dire a grandi linee in cosa consiste e come richiederla. La domanda dovrà presentarsi presso il proprio comune di residenza. Come quando si richiedeva la Social card, presso i comuni e agli uffici competenti. Possono richiederla coloro che hanno un reddito ISEE inferiore a 15 mila euro. L’importo dovrebbe essere di 40 euro mensili e si possono comprare solo prodotti alimentari o di prima necessità.

Quindi l’erogazione e la gestione spetterà ai Comuni, dopo aver accertato le condizioni di difficoltà economica. L’importo sembra essere di 40 euro mensili, ma possibilmente distribuita bimestralmente per un importo di 80 euro. Tuttavia proprio la scelta del Governo di decentrare “la responsabilità” dà maggiore autonomia agli enti locali, che meglio possono controllare e vigilare sulla corretta distribuzione della misura.

Da non confondere con il reddito alimentare

La carta risparmio per la spesa non deve essere confusa con il reddito alimentare. Si tratta di una misura sperimentale che tende a evitare lo spreco alimentare ed aiutare chi vive in situazione di povertà. Allo stato attuale sembra che il progetto partirà dalle città metropolitane a partire dal 2023. Saranno confezionati dei pacchi che contengono prodotti alimentari e consegnati. I pacchi dovrebbero essere prenotabili anche attraverso un app.

Si tratta di prodotti della grande distribuzione con difetti estetici o prossimi alla scadenza che, pertanto, non vengono presentati sugli scaffali, ma che sono comunque adatti al consumo umano. Una misura che se efficacemente controllata permette di evitare da una parte lo spreco alimentare e dall’altro aiutare chi si trova a vivere in condizioni di povertà estrema.

Agricoltura: esonero contributivo 2023 per coltivatori diretti e Iap

Nella legge di bilancio 2023 ci sono importanti novità anche per gli imprenditori agricoli e per i coltivatori diretti che potranno usufruire di sgravi di varia natura e tra questi anche l’esonero contributivo per gli under 40 fino al 31 dicembre 2023.

Esonero contributivo 2023 under 40 per coltivatori diretti e Iap

L’agricoltura per l’Italia è un settore strategico, ma nel tempo le persone interessate ad investire in questo ambito sono diminuite a causa della scarsa remunerazione che lo stesso offre. Negli ultimi anni sono state adottate, anche a livello europeo, delle politiche volte ad assicurare un reddito equo e in linea con quello degli altri settori all’agricoltura andando anche a sostenere gli investimenti in innovazioni tecnologiche.

Leggi anche: Agricoltura: Cosa sono i PSR Programmi di Sviluppo Rurale e come accedere ai fondi?

Tra le novità che invece sono previste nella legge di bilancio 2023 vi è l’esonero contributivo in favore dei giovani lavoratori agricoli autonomi.

L’esonero si applica a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali (IAP), under 40. Occorre sottolineare che si può usufruire dell’agevolazione per un periodo non superiore a 24 mesi, inoltre possono accedervi gli imprenditori agricoli e coltivatori diretti che siano iscritti per la prima volta alla previdenza agricola.

Quali contributi sono oggetto di esonero contributivo 2023?

I contributi oggetto dell’agevolazione sono il 100% della quota di contributi per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (IVS) e del contributo addizionale di cui all’articolo 17, comma 1, della legge 3 giugno 1975, n. 160 . Tale decontribuzione non va ad incidere sulla maturazione dei requisiti pensionistici e sulla misura della prestazione.

Sono esclusi dall’esonero contributivo previsto in favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, i contributi di maternità che risultano quindi dovuti, i contributi Inail.

Affinché si possa ottenere l’agevolazione è necessario che l’imprenditore risulti aver adempiuto a tutti gli obblighi normativi e quindi:

  • essere in regola con il versamento dei contributi;
  • aver osservato gli obblighi di legge relativi alla tutela della salute dei lavoratori;
  • rispetto degli accordi e dai contratti collettivi nazionali;
  • rispetto di tutti gli obblighi di legge.

Il riconoscimento dell’esonero contributivo non è automatico, ma deve essere presentata istanza  entro 120 giorni dalla data di comunicazione di inizio attività. L’istanza deve essere presentata telematicamente attraverso il sito Inps con il percorso al “Cassetto previdenziale per Autonomi Agricoli”, alla sezione “Comunicazione bidirezionale” > “Invio comunicazione”.

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Superbonus 2023 per efficientamento energetico: il quadro attuale

Il Superbonus per l’efficientamento energetico è stato introdotto con il decreto legge 34 del 2020. Da quel momento ha subito molte modifiche tendenti, da un lato a dare un quadro uniforme della disciplina (vista la lacunosità di quella iniziale) e dall’altro ad evitare truffe. Attualmente la disciplina del Superbonus 2023 ha subito modifiche con la legge di bilancio 2023 e con il decreto Aiuti Quater. Ecco il quadro di insieme finale attualmente in vigore per le diverse tipologie di immobili.

Superbonus 2023 per immobili unifamiliari

La prima novità importante riguarda gli immobili unifamiliari, in base alle recenti modifiche in alcuni limitati casi potranno continuare ad usufruire del Superbonus 110%. La prima cosa da fare è individuare quali sono gli immobili unifamiliari, si tratta di: edifici unifamiliari e unità immobiliari funzionalmente indipendenti site in edifici plurifamiliari, cioè villette e appartamenti in palazzina aventi però ingresso autonomo.

In questo caso sarà possibile usufruire del Superbonus 110% per le spese sostenute fino al 31 marzo 2023, ma solo nel caso in cui al 30 settembre 2022 siano stati effettuati il 30% dei lavori (ricordiamo che nel 30% possono essere ricompresi anche lavori non rientranti nelle detrazioni).

Questa tipologia di immobile potrà inoltre usufruire del Superbonus 90% per i lavori eseguiti a partire dal 1° gennaio 2023.

Tali immobili potranno però usufruire delle detrazioni ora viste solo nel caso in cui il beneficiario ( titolare di un diritto di proprietà o diritto reale di godimento) abbia un reddito dichiarato inferiore a 15.000 euro, calcolati con il criterio del quoziente familiare e l’immobile sia adibito ad abitazione principale.

Leggi anche: Quoziente familiare: in quali casi può essere svantaggioso

Superbonus 2023 per gli edifici condominiali

Il Superbonus 110% ha avuto conferma anche per gli edifici condominiali ma solo in limitati casi, cioè:

  • l’approvazione dei lavori da parte dell’assemblea condominiale sia intervenuta prima del 18 novembre 2022 (nel caso in cui la nomina dell’amministratore non sia obbligatoria, condomini fino ad 8 unità immobiliari, la data deve essere attestata in una dichiarazione sostitutiva resa dal condomino che ha presieduto l’assemblea in cui vi è stata la deliberazione);
  • Cila presentata entro il 31 dicembre 2022;
  • resta il Superbonus 110% anche nel caso in cui la deliberazione dell’assembloea sia intervenuta tra il 19 e il 24 novembre 2022 e con presentazione della Cila al 25 novembre 2022.

Escluse queste opzioni, per i lavori di efficientamento energetico effettuati dai condomini, si può ottenere il Superbonus 90%.

Il quadro per la cessione del credito

Ricordiamo, infine, che per quanto riguarda la cessione del credito continua ad essere possibile la cessione alle imprese costruttrici, ai fornitori e agli istituti di intermediazione finanziaria. Tali soggetti possono a loro volta effettuare altre due cessioni, ma solo in favore di  soggetti “vigilati”, vale a dire banche e intermediari finanziari iscritti all’albo, società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo, imprese di assicurazione autorizzate a operare in Italia. Mentre alle banche e alle società appartenenti a un gruppo bancario è sempre consentita la cessione del credito a correntisti che non siano persone fisiche e quindi a società, professionisti e titolari di partita Iva.

Per chi ha un vecchio immobile è bene ricordare che questo è il momento giusto per una ristrutturazione con efficientamento energetico, infatti, nonostante la riduzione delle detrazioni fiscali spettanti, a breve, con l’entrata in vigore della direttiva UE sulle case green potrebbero essere costretti ad effettuare i lavori.

Leggi anche: Direttiva case green: ecco chi dovrà ristrutturare casa nei prossimi anni

Idrogeno, l’Italia ai primi posti in Europa per i brevetti

L’idrogeno è la transizione ad esso legato è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paeso, tanto da essere tra i primi posti nella classifica europea.

Sempre più transizione verso l’idrogeno

La ricerca in Italia riveste sempre più un comparto importante della crescita della nostra Nazione. L’Italia è fra i primi posti, in Europa, nei brevetti per la transizione verso l’idrogeno, specie quello che non deriva da fonti non fossili. Sembra proprio che il nostro Paese si stia specializzando nel cos detto “idrogeno verde”. Si ottiene attraverso l’elettrolisi dell’acqua in speciali elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili.

L’industria siderurgica italiana e l’acciaio green. Tenaris, Snam ed Edison hanno sottoscritto il primo accordo italiano per produrre idrogeno verde nell’acciaieria di Dalmine, in provincia di Bergamo. Un grande passo avanti perché l’idrogeno verde è totalmente green e quindi permette di raggiungere gli obiettivi a lungo termine stabiliti nell’Accordo di Parigi per la tutela dell’ambiente.

La classifica europea, Italia al quinto posto

Da un recente studio effettuato dall’Ufficio europeo dei brevetti (Epo) e dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) il nostro Paese si piazza al quinto posto per numero di brevetti legati alle nuovo tecnologie sull’idrogeno. Mentre i primi quattro posti sono occupati da: Germania, Francia, Paesi Bassi e Danimarca. Un impegno quello europeo per l’energia pulita non indifferente e che denota una grande voglia di salvaguardare il nostro unico Pianeta.

Tuttavia lo studio, consultabile anche sul sito dell’Epo, prende in esame i brevetti registrati nel mondo tra il 2011 e 2020 in tutta la gamma di tecnologie legate appunto all’idrogeno. Si va dalla produzione allo stoccaggio, alla trasformazione e distribuzione fino alle possibili applicazioni finali. Poi nel 2020 sono leggermente calate, ma del resto il 2020 è stato l’anno della pandemia da Covid-19

La classifica a livello mondiale

Dando uno sguardo a livello mondiale l’Unione Europea si colloca al primo posto, con una fetta pari al 28% del totale. Al secondo posto troviamo il Giappone, mentre gli Stati Uniti si trovano al terzo posto. Questo perché gli Stati uniti hanno attuato una controtendenza. In Europa e Giappone sono aumentati, mentre negli Stati Uniti sono diminuiti. Attività interessanti anche in Cina e Corea del sud.

Il governo italiano ha come obiettivo una penetrazione dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 (e fino al 20% entro il 2050). Sulla base dei dati statistici nazionali sull’energia, questo corrisponde ad ulteriori 850 kton l’anno di idrogeno verde. Se l’obiettivo sarà raggiunto il nostro Paese si muoverà in via definitiva verso una rivoluzione energetica nel totale rispetto dell’ambiente e magari verso una nuova energia domestica del futuro.

 

 

Vertice sulla benzina, è davvero tutta colpa delle accise?

Il vertice sulla benzina si è concluso, per capire come mai il prezzo della benzina sia schizzato così in alto, ma è davvero tutta colpa delle accise?

Vertice sulla benzina, cosa farà il Governo?

Fare rifornimento in questi giorni, soprattutto lungo le autostrade italiane è un incubo con prezzi di benzina e diesel alle stelle. Cos’ il Governo ha subito chiesto un vertice per capire cosa sta succedendo. Un incontro molto importante quello tra il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana.

Subito dopo è seguito in Consiglio dei Ministri in cui il tema principale è stato il caro carburante. Più che altro capire se la colpa dell’enorme rincaro è dovuto alla scelta di ripristinare le accise, oppure in fondo c’è qualche manovra poca corretta e comportamenti speculativi.

Vertice sulla benzina, arriva anche l’antitrust

Proprio per verificare la presenza di comportamenti scorretti è anche intervenuta l’Antitrust. Quest’ultima ha chiesto alla Guardia di Finanza di fornire i dati relativi ai controlli effettuati, in questi giorni, presso vari distributori. Il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Roberto Rustichelli, ha scritto al Comandante Generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana, chiedendo la collaborazione del Corpo al fine di acquisire la documentazione inerente ai recenti controlli effettuati sui prezzi dei carburanti, con particolare riferimento alle violazioni accertate.

Ma a conti fatti l’introduzione delle accise avrebbe dovuto fare lievitare il prezzo di solo 20 centesimi circa. E non rincari che si sono registrati in questi prima otto giorni del 2023. In alcuni distributori si parla anche di quasi tre euro a litro, ben oltre i venti centesimi. Invece il rincaro dice anche l’Unione consumatore è legato solo alla reintroduzione delle accise e niente altro. Pareri discordanti e al vaglio anche del Governo,

Cosa può fare a questo punto il Governo?

I proprietari dei rifornimento respingono ogni accusa dando la colpa all’aumento delle accise. Anzi si sentono parte lesa fanno sapere. L’ipotesi della reintroduzione del taglio delle accise sembra essere una scelta impossibile. Il taglio del costo è costato alle tasche dello stato circa un miliardo al mese ed il nuovo Governo lo ha tolto proprio per questo.

A questo punto non restano molte scelte al governo se non quello di avviare una ristrutturazione del sistema fiscale che avvicini le accise italiane con quelle europee, ma anche di maggiore i controlli lungo tutta la filiera. Anche perché la situazione è davvero impossibile e spesso di ribalterà sui costi dei prodotti alimentari e sulle famiglie, ed è rischio di aumento dell’inflazione. Ma anche le imprese, soprattutto quelle che operano sui trasporti di ogni tipo, come il commerciale e turistico sono in difficoltà. Così come le imprese agricole che non solo devono fare i conti con le problematiche legate al tempo e l’aumento del costo dei mangimi, ma anche con il costo elevato del carburante da utilizzare per le macchine agricole.

 

 

 

Direttiva case green: ecco chi dovrà ristrutturare casa nei prossimi anni

I cambiamenti climatici sono diventati una vera emergenza e la prima causa è l’inquinamento. Secondo le stime dell’Unione Europea un terzo delle emissioni inquinanti deriva dagli immobili e il 75% degli edifici è poco efficiente. Proprio per questo è in arrivo la direttiva case green dell’Unione Europea che prevede diverse tappe entro le quali si dovrà arrivare alle emissioni zero. Ecco cosa prevede la normativa.

Case green: ristrutturazione entro il 2030 per il 60% degli edifici

La nuova direttiva dell’Unione Europea sulle case green dovrebbe essere approvata il 24 gennaio 2023 dalla Commissione Energia, in seguito dovrebbe essere l’approvazione definitiva del Parlamento nel mese di marzo 2023. In base alle bozze circolanti dovrebbe prevedere un’importante stretta sulle case inquinanti che dovranno essere man mano eliminate anche attraverso lavori volti all’efficientamento energetico.

La direttiva prevede diversi obiettivi, in primo luogo entro il 2030 tutti gli edifici dovranno essere almeno in classe energetica E, hanno tali caratteristiche edifici costruiti dagli anno 80-90 in poi. Oggi in Italia il 60% degli edifici è in realtà in una classe energetica inferiore rispetto alla E, di conseguenza sarà necessario effettuare degli interventi che possano riequilibrare. Proprio per questo motivo molti sottolineano che se la direttiva UE sulle case green dovesse essere confermata, saranno necessari molti interventi di ristrutturazione che possano prevedere un cappotto termico interno o esterno, la sostituzione dei vecchi infissi, l’installazione di pannelli fotovoltaici o comunque altri interventi in grado di migliorare le prestazioni energetiche.

Questo non è l’unico obiettivo, infatti entro il 2033 si dovrà invece arrivare a edifici tutti in categoria almeno D, il consiglio quindi è effettuare direttamente lavori che possano portare a tale classe energetica.

Sanzioni previste

In base al piano attualmente in approvazione entro il 2040 o 2050 sarà necessario arrivare ad emissioni zero, un obiettivo davvero molto importante e non semplice da realizzare. Naturalmente i nuovi edifici dovranno essere già costruiti con criteri green.

Dalla bozza della direttiva sono state eliminate le sanzioni inizialmente previste in caso di mancato adeguamento, tra cui l’impossibilità di concedere l’immobile in locazione o effettuare compravendite, ma questo non vuol dire che non saranno applicate, infatti spetterà agli Stati Membri curare l’esecuzione della direttiva anche attraverso delle sanzioni volte a “punire” i proprietari di immobili residenziali che non dovessero adeguarsi alla direttiva.

Occorre sottolineare che l’effetto immediato dell’entrata in vigore della direttiva green sugli edifici a uso residenziale sarà la riduzione del valore degli immobili che non rispettano i requisiti.

Immobili esonerati dall’obbligo

Sono esonerati dall’applicazione della disposizione:

  • gli immobili di interesse storico, nella versione iniziale della bozza non era prevista questa possibilità, ma questo avrebbe messo in difficoltà soprattutto l’Italia in quanto ha un parco di edifici storici ampio e quindi si presentava il rischio di deturpare il panorama o comunque rovinare siti di interesse storico archeologico con l’uso di pannelli fotovoltaici oppure con coibentazioni. Tale esenzione riguarderà soltanto gli edifici il cui interesse storico è stato dichiarato, cioè dove è presente un vincolo;
  • Saranno inoltre esentate chiese ed edifici di culto, in questo caso senza particolari limitazioni o requisiti;
  • potranno essere esentate le seconde case a patto che siano abitate per meno di 4 mesi l’anno, ad esempio la casa in montagna o al mare;
  • L’ultima esenzione spetta alle case indipendenti di dimensioni inferiori a 50 metri quadri.

Ricordiamo che, anche se in misura limitata, è possibile ancora sfruttare il Superbonus al 90% per il recupero di due classi energetiche.

Bonus verde 2023, risplendono giardini e terrazze fino al 2024

Il bonus verde 2023 è l’agevolazione più green che c’è, capace di rendere giardini, terrazzi e balconi splendidi da vedere, anche per il prossimo anno.

Bonus verde 2023, confermata la proroga

Il bonus verde è l’agevolazione che permette di riqualificare giardini, balconi e terrazzi privati. Introdotto la prima volta con la legge di bilancio 2018, ha fatto si che molti privati rendessero più belli e funzionali i loro spazi aperti delle abitazioni. Anche la legge di bilancio 2022 ha prorogato questa importante agevolazione fiscale che quindi scadrà nel 2024.

Tuttavia si tratta solo della proroga con le stesse condizioni. Infatti consente uno sconto fiscale del 36% fino ad un tetto massimo di 5 mila euro. Quindi a conti fatti la detrazione Irpef massima sarà pari a 1.800 euro per immobile. Infine le spese comprendono anche le spese relative alla progettazione e alla manutenzione degli spazi.

Bonus verde 2023, chi può richiederlo?

Questa agevolazione è tra le più amate dagli italiani, ma deve essere richiesto da proprietario dell’immobile. Infatti possono aderirvi sia chi possiede un appartamento, sia chi ha una villa, un palazzo di prestigio o una casa indipendente, senza nessuna differenza. In sede di richiesta occorre allegare la visura catastale dell’immobile per comprovare la proprietà dello stesso. Quindi chi richiede il bonus deve essere anche il proprietario/o i proprietari dell’immobile su cui si chiede l’agevolazione.

Hanno diritto all’agevolazione i contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi e che hanno sostenuto le relative spese.

Quali sono gli interventi ammessi?

Gli interventi ammessi al bonus sono davvero molti. Infatti è possibile sfruttare l’agevolazione per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, recinzioni, pertinenze che appartengono a giardini, balconi e terrazzi. In particolare i lavori devno riguardare:

  • la realizzazione di pozzi;
  • la sostituzione di siepi;
  • il rifacimento di impianti di irrigazione;
  • il recupero del verde di giardini di interesse storico;
  • i giardini pensili;
  • le grandi potature.

Sono agevolabili anche le spese sostenute per interventi eseguiti sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, fino a un importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare a uso abitativo.
In questo caso, ha diritto alla detrazione il singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

La detrazione non spetta, invece, per le spese sostenute per la manutenzione ordinaria periodica dei giardini preesistenti non connessa ad un intervento innovativo o modificativo nei termini sopra indicati e i lavori eseguiti in economia.